IL RICHIAMO DELLA FORESTA I.I.S. «G. Cantoni» - Treviglio (BG) 4°A -4°E a.s. 2012/2013.
Daniele Cantoni
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Transcript of Daniele Cantoni
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Daniele Cantoni
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Questo libro è pubblicato in occasione dei trent’anni dell’attività artistica
di Daniele Cantoni
Redazione e progettazione
Laura Floriani
Testi
Antonella Imolesi Pozzi
Antonello Rubini
Fotografie
Marco Isola
Francesco Minarini
Luigi Nelli
Vincenzo Zaccaria
Traduzioni
Elena Floriani
Stampa
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Il catalogo è stato realizzato con il contributo di:
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DANIELE CANTONI
Testi di
Antonella Imolesi Pozzi
Antonello Rubini
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Il percorso di un artista davvero autentico
di Antonello Rubini
Nel suo recente volume su Gino Marotta, Maurizio Calvesi afferma nella
Premessa, motivando l’impostazione del suo saggio: «Il mio venerato
maestro Lionello Venturi ci raccomandava, ovviamente a proposito degli studi
che commissionava sul Cinque e Seicento, di sempre corredare le proprie
considerazioni con un preciso resoconto di quanto precedentemente scritto
da altri». Mi pare, oltre che una metodologia più che valida, un criterio
adottabile anche nei riguardi di un artista che non possiede una vasta
antologia critico-giornalistica come Daniele Cantoni. E l’adotto cercando di
pari passo, anche attraverso cenni biografici e/o lucide dichiarazioni dell’
artista stesso al sottoscritto, e di ricostruire, ove mi è possibile, le fasi del suo
operato.
«Ho sempre amato i colori, sin da quando ero un bambino, quando con
disappunto degli adulti mi divertivo a colorare tutto ciò che mi capitava, mi
bastava avere un pastello fra le dita...era affascinante vedere come tante
forme potessero prendere vita in una giostra di colori». Così Cantoni inizia ad
esporre per iscritto la sua storia di artista. Un’attitudine, la sua, che
successivamente trova il giusto sbocco alla frequentazione dell’Istituto d’
Arte per la Ceramica di Faenza, città nota in tutto il mondo per le sue
maioliche. Qui entra in contatto, in qualità di allievo del Corso Speciale di
Formatura, con un maestro della scultura non soltanto in ceramica: Angelo
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Attrazione
Amore Informatico
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autentico “bagno di luce” di colori primari. La sua conoscenza fu per me
stimolo di approfondimento del mondo dell’arte”. “I Decalage”, per chi
non lo sapesse, è la denominazione di un gruppo fondato nei primi anni
Cinquanta, di cui fanno parte i torinesi Attilio Aloisi, Nando Girardi e appunto
Felix dè Cavero. Questi artisti, sulle tracce dell’Arts and Crafts, lavorano, per
dirla con Raffaele De Grada, ad “opere” il più possibile distaccate dai loro
problemi soggettivi, riprendendo i problemi dell’artigianato artistico
medioevale, il senso della “bottega”. A Cantoni, come si può evincere dalla
sua dichiarazione in merito, più che l’aspetto dell’arte applicata (che è
comunque importante per la sua formazione, anche perché, come vedremo,
la sua ricerca di lì a poco comincia a non disdegnare affondi nella, seppur
alta, decorazione, oserei dire a volte con intenzioni alquanto arredative),
interessa il linguaggio di matrice divisionista utilizzato da tale gruppo.
Grazie a questa esperienza inizia a maturare la sua identità di artista, tuttavia
prima di approdare con piena consapevolezza e decisione alla “prepotente”
icastica figurazione con accenti visionari ora più ora meno forti che lo
caratterizza lungo gli anni Ottanta e i Novanta, egli sperimenta anche su altri
versanti, come dimostra Ritratto del 1979, che ha a che fare col secondo
futurismo, sperimentando anche dal punto di vista tecnico; scrive: «Nei primi
anni Ottanta mi interessai alla materia (malta, intonaco, affresco); queste
tecniche antiche sono tuttora parte integrante del mio lavoro ma con
proiezioni moderne, forse affascinato dalle opere ad effetto intonaco di Franco
Gentilini». Anche su altri versanti, dicevo, intendendo compreso l’ambito
dell’astrazione, come rivela il comune amico artista Alberto Mingotti: «Di
Cantoni ho già scritto una volta nel 1981 in occasione di una sua esposizione
in una galleria di Imola. Allora Daniele si trovava, come spesso succede a molti
artisti, ad un bivio: una parte del suo lavoro si esprimeva nell’astrazione, l’
altra nella figurazione. Da allora questa ambivalenza si è risolta a favore della
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Studente
Il cerchio
La famiglia Paesaggio
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allegorica. Gli elementi della composizione, i personaggi, sono già infatti
entità che assumono in sé un significato di testimonianza di una condizione
o di una problematica. In questo senso la rappresentazione, mantenendo
elementi reali o metafisici insieme a specchio della commistione di esplicito ed
enigmatico della realtà, vede ancor più rafforzato il suo contenuto di lucida
verità». Da questa sintetica ma attenta lettura si evince come già allora il
lavoro del Nostro sia profondamente impegnato, lavoro che trova pochi anni
dopo un solido terreno ove, felicemente, assestarsi, come l’artista stesso
conferma: «Nel 1983 ha inizio per me il percorso propriamente figurativo e
paesaggistico, motivato dalla ricerca e conoscenza tecnica (anatomia, luci,
ombre e sfumature); era un’esperienza che mi sarebbe servita per passare
alle fasi contemporanee di interpretazioni (sintesi dei colori attuali)».
E siamo alla fase più ricca di documentazione dal punto di vista critico-
giornalistico. Cantoni va realizzando quindi opere in cui confluiscono il reale e
l’onirico, lo storico e il mitico, la sfera sociale e quella individuale. Lo fa
condividendo certi caratteri soprattutto estetici del postmoderno, attraverso
una fluttuante pittura che via via giunge a far compenetrare non di rado la
figurazione e l’astrazione, che indubbiamente per vari motivi attinge al
passato ma, si badi bene, non per questo non s’innerva nella
contemporaneità, anzi in alcuni dipinti più recenti è proprio lampante
contenutisticamente il riferimento al presente (penso ad esempio ad Amore informatico del 2000, dove attraverso il ricorso a singole lettere, a codici
geometrici sparsi e al turbinio di fondo si evince il rimando alla nostra era
tecnologica). D’altronde Ivo Gigli parla di «Un simbolismo diffuso che trae i
suoi soggetti umani da un lascito ricco di passato e tradizione classica, ma
insieme intelaiato in una modernità che traspare insopprimibile». Mario
Domenico Storari in merito dichiara che «La tematica di Daniele Cantoni scava
nel vivere della nostra vita attuale ed è incentrata sulla condizione dell’
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Giacché, dice Gigli, il suo è sì «un interesse per la contemporaneità, per i
problemi esistenziali della nostra storia, ma anche per ciò che di speranza v’
è in essa, come i motivi ritmici di corporeità e della natura che balenano,
lasciano intuire, rinsanguato esteticamente da un gusto classico e dal
talento».
Melania Medri sostiene che «Attraverso un segno indagatore la figura umana
viene scrutata, messa a nudo fino a rivelare il tormento dell’anima, scossa da
un’angoscia esistenziale che non lascia un attimo di tregua». Licinio Boarini
aggiunge e precisa su Arteoggi, parlando dei nuovi dipinti: «La vissuta, sentita
e meditata sintonia di Daniele Cantoni con la figura si va vieppiù affinando,
colma com’è di un intimismo sentimentale, intensamente inseguito pur in
un’ambienza estesa che dilata così l’inserimento del pittore tra i palpiti
ontologici e nello sconfinato ambito di quell’alveo dove convergono le ansie
e le passioni, i desideri e le sofferenze, e ad ogni tornata con quella
convergenza tiepida e attenta che allarga così a dismisura le risultanze
comportamentali che affiorano ad ogni tornata con singolare ed immediata
disponibilità». Ed Elio Succi afferma: «Con Daniele Cantoni la figura è
pienamente rivalutata, diviene protagonista che esprime con efficacia
inusitata i suoi moti interiori, la sua visione-valutazione dell’esistere, la sua
struggente voglia di luce».
Egli opera alternando un fare propriamente pittorico, conscio della migliore
tradizione, ad un fare invece in parte più grafico. Muovendosi comunque
entro un’operatività basata sostanzialmente sulla valorizzazione del
binomio luce-colore, di tanto in tanto sfociando localmente, come in Mio padre del 1996 e in La famiglia del 1997, nella nobile decorazione. Sul colore e
sulla luce Succi dichiara: «Il linguaggio cromatico, pur essendo del tutto
nuovo, sa subito e completamente coinvolgere. I colori spaziano in uno
spartito dai significati alti, le membra umane si affermano nella pienezza della
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verso zone più colte, convogliando echi diversi di tipo più moderno per
tentare il momento poetico attraverso una certa disciplina dove le sensazioni
si amplificano con tutti i mezzi della pittura». La Medri aggiunge: «Soggetto
privilegiato della pittura di Daniele Cantoni è la condizione umana, indagata
con un impeto che diventa furore attraverso l’esasperazione di un
cromatismo surreale dovuto all’accostamento di colori puri, con una tecnica
che si ispira al puntinismo: questa esplosione di colore esalta la figura umana,
unica protagonista e valore assoluto della realtà, al punto da annullare ogni
altra dimensione». Lido Valdrè, parlando di alcuni dipinti, dice che «il pittore
riveste i corpi di stoffa arlecchinata e immerge questa energia originaria
dentro una massa di punti e di apostrofi che s’impossessano del quadro fino
ad invaderne i margini e la stessa cornice». Sulla stessa linea Boarini: «La
disponibilità delle mistioni, impegnate con il cesello di raffinate, delicate e
sensuali diluizioni estensive, con l’assiemarsi quasi divisionistico di cellule
fluorescenti, con una meteorica pioggia di scintille corpose e radenti, giunte
da infiniti lontani, coopera, in questo turbinare vitale, a far emergere le voci
che sottendono gli arcani messaggi e i dialoghi avvolti sovente da un mistero
e da inconsce ed enigmatiche risposte e ogni volta con il preciso e trattenuto
espandersi di un misurato e vissuto racconto». Dopo questa corposa carrellata
di brani sul suo lavoro di quel periodo, continuiamo il nostro “racconto”
pervenendo al discorso degli anni Duemila, su cui è incentrata la presente
pubblicazione. Cantoni ad un certo punto abbandona la figura umana e si
dedica, mediante un graduale affondo astrattivo, ad una pittura esplicante
anzitutto le atmosfere della natura, di porzioni di paesaggio, con piglio
sempre esuberante, se si vuole a metà strada tra impressionismo ed
espressionismo (esemplare in tal senso è Notte estiva del 2002), giungendo
poco dopo alla totale aniconicità. Ma il suo astrattismo maturo è più vicino
a quello di un Klee che a quello di un Kandinskij, in quanto spesso e volentieri
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comunque evoca, seppure in maniera sottile, la realtà, condividendo l’affermazione del maestro svizzero
«io sono astratto con qualche ricordo», e la maggior parte dei titoli che dà ai quadri ne sono la riprova:
Africa, Savana, Autunno, Aratura, ecc. Con questa nuova esperienza in fondo egli è passato ad una forma
di manifestazione più immediata, tesa ad escludere il filtro dell’oggetto. Del resto l’astrattismo, per
dirla con Argan, è in genere «una comunicazione intersoggettiva, che va direttamente dall’uomo all’
uomo». Così l’artista spiega il senso di tali lavori: «vogliono essere una sintesi cromatica di ciò che
rimane dei miei ricordi di luoghi, del susseguirsi di stagioni, dei mutamenti umani. Suoni, emotività,
sensazioni… tutto in colore». Sono opere perlopiù composite,
Dedicato Steccato
Pioppi
Mio padre
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articolate per porzioni volumetriche a parete della stessa misura, di solito
distanziate regolarmente in senso verticale o orizzontale. Osservandole,
questa è la prima cosa che balza agli occhi, almeno ai miei. Mi sembra
evidente che ciò sia il frutto di un forte desiderio di operare in termini
tridimensionali; non a caso Mingotti mi scrive: «Negli ultimi tempi recupera
anche le originarie conoscenze scultoree che aggiunge alla sua esperienza di
pittore». Scelta adottata con fini anche ludici, come enunciatomi da Cantoni
stesso: «modifico le mie composizioni, come pezzi di puzzle che metti e togli
come in un gioco (il gioco della vita). Ed ecco che nascono le mie
“scomposizioni”, con profondità distanziate, creando illusioni ritmiche
quasi obbligando l’occhio a non percepire il particolare ma a vagare nel
tutto». Sì, a vagare nel tutto, facendosi prendere e trascinare da quei moti
vitali che sembrano continuare oltre i margini, come se tutto fosse esibito solo
in piccola parte, solo attraverso pochi frammenti dialoganti. Abbandonarsi a
quei sinuosi e sovrapposti itinerari di linee e colori, di forme morbidissime,
ridotte quasi allo stato embrionale, a volte vagamente “arlecchinate”, che
agiscono nell’animo del fruitore con estremo lirismo; ma la sua è quella
poesia che non necessita di essere spiegata, per essere gustata basta
semplicemente ascoltarla e aprire il cuore ai piacevoli profumi che emana.
Dunque un approdo più che felice, questo di Cantoni, un terreno che si rivela
assai fertile per la sua autentica immaginazione, per la sua folta, bella,
sapiente pittura, mai superficiale, mai approssimativa, ma sempre acuta,
penetrante, intensa. D’altronde questi quadri astratti se non fossero
permeati di vera energia lo si avvertirebbe subito, e quindi non avrebbero
proprio senso di esistere, giacché non potrebbero cercare di camuffare la loro
inconsistenza nemmeno dietro ad una figura ben dipinta (in arte, sia essa
figurativa sia essa astratta, non si può barare, ma sono convinto che con l’
astrazione si possa barare ancora meno in quanto dimensione più scoperta).
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Inerzia
Fauni
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Le strutture di luce di Daniele Cantoni
di Antonella Imolesi Pozzi
Sono trascorsi molti anni da quel lontano 1978 in cui un gruppo di ragazzi, con
fervore innamorato, si ritrovava per confrontarsi sui temi della pittura e per
“fare” arte negli stanzoni dell’ultimo piano di Palazzo Ginnasi a Castel
Bolognese.
Fra quei giovani c’era Daniele Cantoni che, per la determinazione con cui
inseguiva la sua vocazione artistica, divenne il più attivo animatore, fino al
1984, di quella conventicola di artisti, per la maggior parte autodidatti.
Allora come oggi c’era in Daniele un trasporto e una tensione entusiasta che
lo spingevano a percorrere i sentieri della pittura e che, come scrive l’amico
scultore Alberto Mingotti, erano “l’espressione di quell’onnipotenza dei
desideri che è presente negli ambiti dell’arte” e che hanno accompagnato
e sostenuto in questi anni la sua appassionata ricerca e la realizzazione delle
sue opere.
Accanto al talento e alla passione dell’artista è immediatamente percepibile
nel suo lavoro la sapienza artigianale acquisita negli anni della formazione
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Notte estiva
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di ricerca, secondo un’idea di ciclicità più che di progressione. Così, dopo
un avvio all’insegna dell’astrazione, una parte del suo lavoro negli anni
Novanta si è risolta in favore della figurazione e la pittura fortemente emotiva
di quel periodo ci appare come “una esplicita dichiarazione di stati d’
animo”, ottenuta con colori e forme espressive ed essenziali che irrompono
con violenza sulla superficie del quadro, raggiungendo esiti di una ricchezza
cromatica davvero sorprendente.
E questa forza cromatica ha caratterizzato le opere dell’artista anche
quando, in tempi più recenti, ha abbandonato la figurazione emancipandosi
nel contempo dalle influenze di tanta pittura astratta.
Oggi il suo segno grafico, frenetico e coinvolgente, che si è a lungo espresso
in sciabolate di colore, convoglia l’energia creativa in tessere colorate simili a
frammenti di caleidoscopio, che perdono le linee nette dei contorni per
espandersi sull’intera superficie del quadro oppure si organizzano nella
ripetizione modulare delle bande di legno dipinto, in un ordine rigoroso
imposto dall’artista al suo mondo poetico ed espressivo.
I suoi lavori scandagliano le possibilità non solo del segno, ma anche delle
infinite tonalità date dalla sovrapposizione dello stesso colore o da colori
diversi in una fitta texture che possiede una materialità visiva fatta di
addensamenti e rarefazioni.
La sua pittura si realizza attraverso la perizia artigianale nell’uso di materiali
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diversi come i cubetti di legno assemblati e dipinti, la carta di giornale, e
ancora il legno su cui interviene con la tecnica dell’intonaco creando
affascinanti strati di trama percettiva.
“Pittura concreta e non astratta, perché non c’è nulla di più concreto, di
più reale di una linea, di un colore, di un piano. Lo spirito ha raggiunto l’età
della maturità. Ha bisogno di mezzi chiari, intellettuali, per manifestarsi in
forma concreta” affermava Theo van Doesburg nel 1930, introducendo per la
prima volta il termine “concreto” a proposito dell’astrattismo. Questo
termine, poi ripreso nel 1936 da Max Bill, divenne, nel clima infuocato del
dopoguerra, convulso di schieramenti e dichiarazioni programmatiche, il
vessillo di quanti leggevano ancora nella parola “astratto” un qualche
compromesso con il dato naturale.
Di fronte ai lavori di Daniele tornano alla mente queste formulazioni teoriche e
si percepisce l’originalità di un operare artistico vicino alle esperienze dei
pittori riuniti da Lionello Venturi nel “Gruppo degli otto” alla XXVI Biennale
di Venezia del 1952 e la rivendicazione della continuità artistica di una
tradizione moderna in cui si intrecciano il percorso delle avanguardie
costruttiviste, Cézanne e il postcubismo, l’espressionismo, le ricerche post-
futuriste e quelle degli artisti firmatari del manifesto “Forma 1” del 1947,
fino a quelle di Piero Dorazio e di Franco Gentilini, a cui l’artista si rifà per la
scelta dei materiali nei suoi “intonaci”.
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Negli ultimi lavori di Cantoni, realizzati con l’assemblaggio di bande
orizzontali o verticali, dipinte con colori succosi e brillanti, si assiste all’
accumulo lento e progressivo della sostanza fisica della pittura, della materia
magmatica che esplode, si frantuma, si dissolve, si trasforma e si ricompone,
allontanandosi dalla realtà delle cose, per restituirci il ricordo di esse in puro
colore, traghettandoci al di là delle apparenze per mezzo della forza creatrice
che ci introduce nello spazio quieto dell’ordito modulare della sua arte che si
situa al di là della soglia della rappresentazione, nella libertà del suo spazio
articolato secondo una grammatica fatta di modulazioni cromatiche e viaggi
segnici, di pure metafore fenomeniche lontane da qualsiasi riferimento reale,
frutto di remote fantasie infantili, inseguite e recuperate nel corso di una
lunga ricerca artistica e da questa trasformate in esperienze cromatiche e
formali che si sostanziano nella sequenza spontanea delle tessere e dei
frammenti di un “romance sans paroles”, per dirla con Proust.
L’arte si fa teknè, immergendosi nella scala policroma e operando una
profonda erosione della pittura, utilizzando materie e tecniche diverse e
inusuali (il legno, l’intonaco).
Cantoni sottrae immagini all’esperienza oggettiva e ad ogni analogia
naturalistica fino a giungere ad un’impressione sintetica e fuggevole della
realtà ridotta all’essenzialità dei suoi elementi strutturali, la linea e il
colore, dissolti e confusi in pure vibrazioni ritmiche e luminose.
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Paure
Percorsi
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Si assiste allora all’addensarsi della materia in forme evocative piuttosto che
in simulacri della realtà, per giungere a creare un universo poetico scritto con
il colore. In un’operazione di sintesi e di riduzione estrema delle forme nello
spazio della coscienza, l’artista giunge alla pura illuminazione, all’
eliminazione di ogni orpello visivo, alla decantazione dell’emozione e arriva
al cuore delle cose, all’origine unica del visibile e dell’invisibile. L’arte
diviene pura esperienza spirituale che abbandonando l’esperienza visiva,
oltrepassando l’apparenza delle cose, rifiutando la rappresentazione,
conduce alla visione e a forme rivelatrici della verità ultima ed essenziale.
Resta il ricordo, l’eco lontana, i riferimenti alla realtà fenomenica ormai
sconvolta dal potere metamorfico del colore e della luce che divengono
elementi linguistici dotati di referenzialità propria e autonoma rispetto ai
valori esterni del reale.
L’oggetto si dissolve totalmente nello spazio e l’elemento cromatico si
frantuma nelle tessere di una vetrata. Cantoni adegua progressivamente i
propri mezzi espressivi all’ampliarsi della visione e ci introduce alla verità
ritrovata, al di là delle concrete manifestazioni dei fenomeni, nella fusione di
luce-colore-spazio-tempo, per mezzo di una mutazione linguistica che
rinuncia ai termini narrativi e alla logica interna al linguaggio figurativo.
La rappresentazione dello spazio è resa mediante la vibrazione della luce e
del colore di un inedito cromatismo ad alta temperatura emozionale. L’
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Autoritratto
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artista opera una sorprendente trasfigurazione immergendosi nell’abisso materico per giungere all’
astrazione lirica, passando attraverso la distruzione e rigenerazione del reale.
La peculiarità delle opere più recenti di Cantoni sta proprio in questa capacità di trasformare il
“colore” in “struttura”, nell’esaltare gli elementi percettivi e l’esperienza ottica come fonte di
sensazione e di conoscenza, affidando al colore il compito di costruire le forme con l’ausilio di materiali
“impropri” come il legno e l’intonaco, sui quali la luce esterna, direzionata sulle bande orizzontali e
verticali in rilievo, esalta la fisicità dell’opera, creando mutevoli e inedite articolazioni spaziali.
—————————————
1-A. Mingotti, Pittura e primitivismo in Daniele Cantoni, in: Cantoni, catalogo con testi di A. Mingotti e
L. Valdré, Faenza, Stampa Offset Ragazzini & C., 1996.
2-A. Mingotti, Pittura e primitivismo in Daniele Cantoni, op. cit.
3-T. van Doesburg, Scritti di arte e di architettura, Roma, Officina Edizioni, 1979.
4-L. Venturi, Otto pittori italiani, Roma, De Luca Editore, 1952.
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Daniele Cantoni
Opere dal 2003 al 2008
30
Brezza
31
32
Trilogia
33
34
Incognito
35
36
Profumi
37
38
Evanescenze
(sopra particolare)
39
40
Residui
41
42
Caraibi
43
44
Visoni
45
Progresso
46
Catarinfrangenti
47
48
Africa
49
50
Savana
51
52
La Cattedrale
(sopra particolare)
53
54
Nebbie
55
56
Graffiti
57
58
Equinozio
59
60
Riflesso
61
62
Aquiloni
63
64
Vetrata
65
Ricordo Azteco
66
Turbolenze
67
68
Autunno
69
70
Primavera
71
72
Colline
73
Colline 2
74
Vascello
75
76
Aratura
77
78
Agglomerato
79
80
Chiocciole
(sopra particolare)
81
82
Sagra
(sopra particolare
83
84
Mercato
85
86
Caleidoscopio
87
88
Percorsi
(sopra particolare)
89
90
Evaporazione
91
92
Composizione n. 2
93
94
Rilievi
(sopra particolare)
95
96
Ciò che rimane
97
98
Composizione n. 1
99
100
101
Apparati
-Biografia
-Presentazioni in Lingua Inglese
di Antonella Imolesi Pozzi
e Antonello Rubini
-Stralci dell’itinerario critico
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103
Biografia
Daniele Cantoni nasce a Castel Bolognese (Ravenna) nel 1959.
Il suo interesse per la pittura emerge da bambino, fin dai primi anni di scuola.
Nel 1973 si iscrive all’Istituto d’Arte per la Ceramica di Faenza, dove
frequenta il Corso Speciale di Formatura per oltre un anno. In questo contesto
conosce lo scultore Angelo Biancini per il quale, all’interno dell’Istituto,
realizza degli stampi.
Nel medesimo periodo lavora presso la bottega “Gemi d’Arte” dove si
occupa della preparazione degli oggetti in argilla. Interrotta la collaborazione
con la bottega faentina si dedica per circa due anni alla scultura impiegando il
gesso.
Nel 1978, con alcuni amici fonda il Circolo Artistico Castellano del quale
diventa presidente. Il gruppo ottiene ospitalità nei grandi solai di Palazzo
Ginnasi. Tra gli ospiti che visitano lo studio c’è anche lo scultore Alberto
Mingotti con il quale stringe un’amicizia che tuttora perdura. Il Circolo
Artistico debutta nel medesimo anno nell’Auditorium comunale di Castel
Bolognese con una ampia collettiva; è questa un’epoca di particolare
fermento che durerà fino al 1984.
Nel 1978 conosce Alberto Gollini, giovane gallerista imolese, che accoglie nel
suo spazio, in maniera permanente, le opere di Cantoni. Sempre nel medesimo
anno a Sirmione conosce il pittore Felix dè Cavero che lo presenta al gallerista
Gianfranco Majorana il quale successivamente lo invita ad esporre alla galleria
San Michele di Brescia.
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lavoro in una personale a Castel Bolognese. Per alcuni anni si concentra sull’
attività in studio e riprende ad esporre a partire dal 1987. Dopo la mostra di
Castel Bolognese del 1987 interrompe l’attività espositiva per dedicarsi,
all’interno del proprio studio, alla ricerca pittorica. In questo periodo realizza
opere su tela e su tavola nelle quali continua ad affrontare i temi già
incontrati negli anni precedenti sviluppandone i presupposti. Negli ultimi
tempi recupera anche le originarie conoscenze scultoree che aggiunge alla sua
esperienza di pittore; su di una struttura volumetrica in legno,
preventivamente progettata, dipinge con intonaci e colori ad olio. Queste
opere sono per la prima volta messe in mostra nel 2006 nella Galleria
Comunale di Castel Bolognese.
Esposizioni
1978 Bottega d’Arte Gollini – Imola – (Personale)
1978 Galleria San Michele – Brescia – (Collettiva)
1979 Galleria d’Arte Alba – Ferrara – (Collettiva)
1980 Palazzo delle Manifestazioni a Salsomaggiore Terme – (Collettiva)
1980 Galleria d’Arte Alba – Ferrara – (Collettiva)
1987 Centro Culturale Polivalente – Castel Bolognese - Personale
1988 Galleria “Cidac” – Cervia – (Collettiva)
1988 Padiglione delle Terme di Riolo Terme (Ra) - (Personale)
1989 Galleria Centro Storico – Firenze – (Collettiva)
1989 Centro Culturale Polivalente – Castel Bolognese – ( Personale )
1989 Centro Culturale Polivalente – Castel Bolognese – (Collettiva)
1990 Galleria “Cidac” – Cervia – (Collettiva)
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Biography
Daniele Cantoni was born in Castel Bolognese (Ravenna) in 1959.He has been
interested in painting since childhood and his first school years. In 1973 he
joined the Ceramics Art Institute in Faenza, where he followed the Special
Course in Moulding for over a year. Here he met the sculptor Angelo Biancini,
for whom he worked out some moulds in the Institute.
During the same period Cantoni worked for the “Gemi d’Arte” Workshop
where he was responsible for the clay objects. After his collaboration with the
Workshop in Faenza he devoted himself to sculpture with plaster.
In 1978 with some friends he founded the “Circolo Artistico Castellano”, of
which he became the President. The group displayed in the large rooms of
Palazzo Ginnasi. Among the visitors who came to the studio there was also the
sculptor Alberto Mingotti, who is still Cantoni’s friend. In the same year the
“Circolo Artistico” gave their first group exhibition in the Town Auditorium
of Castel Bolognese. This was a period of intense commitment which was to
last until 1984. In 1978 Cantoni met Alberto Gollini, a young art gallery
manager in Imola, who displayed his exhibits permanently. In the same year in
Sirmione he met the painter Felix dè Cavero who introduced him to the art
gallery manager Gianfranco Majorana, who in turn invited him to exhibit his
works in the San Michele Gallery in Brescia.In 1979 he took part in a group
exhibition in the Alba Modern Art Gallery in Ferrara, where he received the
prize “Originality and Validity 1979”. In 1980 he took part in an important
exhibition in Salsomaggiore Terme (Parma) called “Contemporary European
Artists”. In the same year he joined another group exhibition for the
“Serenissima Accademia della Signoria” in Firenze where he was awarded
the “Golden Lion”.
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Exhibition
1978 Bottega d’Arte Gollini – Imola – ( Solo Exhibition )
1978 Galleria San Michele – Brescia – ( Group Exhibition )
1979 Galleria d’Arte Alba – Ferrara – ( Group Exhibition )
1980 Palazzo delle Manifestazioni a Salsomaggiore Terme ( Group Exhibition )
1980 Galleria d’Arte Alba – Ferrara – ( Group Exhibition )
1987 Centro Culturale Polivalente – Castel Bolognese - ( Solo Exhibition )
1988 Galleria “Cidac” – Cervia – ( Group Exhibition )
1988 Padiglione delle Terme di Riolo Terme (Ra) - ( Solo Exhibition )
1989 Galleria Centro Storico – Firenze – ( Group Exhibition )
1989 Centro Culturale Polivalente – Castel Bolognese – ( Solo Exhibition )
1989 Centro Culturale Polivalente – Castel Bolognese – ( Group Exhibition )
1990 Galleria “Cidac” – Cervia – ( Group Exhibition )
1990 Galleria Comunale di Castel Bolognese (Ra) - ( Solo Exhibition )
1992 Galleria “Cidac” – Cervia – ( Group Exhibition )
1992 Artexpo Convention Center – Los Angeles
1993 Artexpo Jacob Javits Convention Center – New York
1995 Galleria Malatestiana – Rimini - ( Solo Exhibition )
1995 Galleria Malatestiana – Rimini – ( Group Exhibition )
1995 Chiesa San Giovanni di Riolo Terme (Ra) - ( Solo Exhibition )
1996 Galleria Risorgimento – Imola - ( Solo Exhibition )
1996 Galleria Comunale di Castel Bolognese (Ra) - ( Solo Exhibition )
2006 Galleria Comunale di Castel Bolognese (Ra) - ( Solo Exhibition )
108
The progress of a really authentic artist
Antonello Rubini
In his recent book on Gino Marotta, Maurizio Calvesi states in the Forward, giving reasons for the lines of his essay: “My teacher Lionello Venturi urged
us, obviously about the studies he commissioned on the 16th and the 17th
centuries, to provide detailed references to other people’s writings when
expressing our opinions on any subject”. I think this is an appropriate
method we can adopt also for an artist like Daniele Cantoni, who does not
have a long list of critical reviews. And I will adopt it, trying to work out the
phases of his career, through biographical references and the artist’s words.
“I have always loved colours, since I was a child, when I enjoyed painting
anything in my hands, sometimes with the adults’ disapproval. A pastel was
enough for me….it was enchanting to see how many shapes could come alive
in a whirl of colours”. This is how Cantoni begins the story of his life as an
artist. Later, his gift found the right way into the Ceramics Art Institute in
Faenza, a town which is well-known all over the world for its majolica. Here he
met a master of sculpture, Angelo Biancini, for whom he made some moulds.
This experience led hom to carry out some plaster sculptures, and after a few
years he devoted himself to “an experimental technique in painting with
natural colours, earths and impastos prepared by myself”.
109
At the age of
1 9
110
something special occurred in his artistic life. “During a visit to the small
town of Sirmione, the painting exhibition “I Decalage” caught my curiosity
and here I had the opportunity to meet Felix dé Cavero, an artist whose
paintings have a tension and emotional suggestions which lead to an
authentic “light bath” of primary colours. Getting to know him drove me to
deepen my artistic experience”. “I Decalage”, for those who do not know,
is the name of a group founded in the early 50s, among whose members are
Attilio Aloisi, Nando Girardi and Felix dé Cavero. These artists, following the
“Arts and Crafts”, produced works that, to say that like Raffaele De Grada
did, are detatched from their subjective problems, resuming the experience
of the
medieval artistic craftsmanship. the purpose of the “workshop”.” Cantoni
was interested not only in applied arts but especially in the pointillist
language of the group.
Thanks to this experience he started to develop his identity as an artist,
reaching a second Futurism, as his painting Ritratto (1979) witnesses: “ In the
early 80s I was interested in the materials (mortar, plaster, fresco); these old
techniques are still part of my work, but with modern applications, as I was
deeply influenced by the works with plaster effects of Franco Gentilini”.
“In 1983 I took up figurative and landscape painting (anatomy, lights,
shadows and shades); it was an experience which would be useful for my
interpretative synthesis of colours.”
This phase is rich in criticism. In Cantoni’s works one can find the real and the
dream, history and myth, the social world and the individual, past and present.
such as in Amore Informatico, 2000, with its technology made up of letters
and geometrical codes.
Moreover, Cantoni gives life to the complex anxiety of our times through his
existential imagery, without any accusations or gloomy pessimism, but in a
purely formal chromatic vision.
He alternates pictorial to photographic works, pointing out the importance of
light and colour, every now and then reaching decoration, like in Mio Padre, 1996 and La Famiglia, 1997.
At a certain point Cantoni left the human figure and started painting the
atmospheres of nature, portions of landscapes, midway between
impressionism and espressionism, such as Notte Estiva, 2002. Yet, his mature
abstractionism is more reminiscent of Klee than Kandinskij, because it subtly
111
And here are my “decompositions”, which create rhythmic illusions,
making the viewer’s eyes wander about the whole without perceiving the
details”. Yes, wandering about the whole, letting oneself go through
meandering itineraries of lines, colours and soft shades, which move the soul
lirically. But his poetry does not need explaining. In order to enjoy it one
simply has to listen to it and open their souls to the pleasant fragrance it
exhales.
His authentic imagination fulfils itself in this fine, skillful kind of painting,
which is never imprecise or superficial, but always intense, perceptive and
incisive. Fine, I said, because his works are aesthetically refined, pleasant and
at the same time there is a drive which is a quality that all works of art should
have. These days when the non-aesthetic, even the vulgar is fashionable,
Cantoni’s works look unusual and, I would say, bold. But he knows.
112
evokes reality, and most of his titles prove that: Africa, Savana, Autunno, Aratura, etc. The artist explains the meaning of such works: “They are a
chromatic synthesis of what is left of my memories of places, seasons and
human changes, sounds, emotions, feelings...everything colourful”. These
works are often split up into vertical and horizontal volumetric portions,
equally spaced out. His purpose is to work tridimensionally. Mingotti wrote:
“Recently he has taken back his experience in sculpture and used it in
painting”. His choice is sometimes playful, as he said: “I change my works
like puzzle pieces, which you can put in or take out as in a game, the game of
life.
Daniele Cantoni’s structures of light
Antonella Imolesi
Pozzi
It is a long time since 1978, when a group of youngsters, mostly self-taught,
met on the top floor of Palazzo Ginnasi in Castel Bolognese, to discuss about
painting and “making” art in a different way.
Daniele Cantoni was among them and for his determination and artistic
vocation he became the most active member until 1984.
Daniele was driven onto the paths of painting by an urge and passion which
“are the expression of powerful artistic wishes”1, as his friend sculptor
Alberto Mingotti said. This vocation has supported his enthusiastic research
and the realization of his works.
Besides this artist’s talent and dedication, in his works you can immediately
notice the craft acquired during his studies at the Ceramics Art Institute in
Faenza, and the importance of meeting the artists who he recognizes as
teachers and who inspired him most: Angelo Biancini, Felix dè Cavero and
Germano Sartelli.Since the 70s Cantoni’s development can be seen in terms
of cycles rather than linear progression, because his works clearly suggest
future developments and further stages of research.
After starting from abstractionism, part of his works in the 90s tended toward
113
figurative painting. The deeply emotional paintings of that period look like
“an artistic declaration of states of mind”2, obtained with colors and
essential expressive forms, which violently break into the surface of the
painting, reaching surprising chromatic effects.Even when he left figurative
and abstract painting, his works were characterized by a special chromatic
strength.
Today his graphic sign conveys his creative energy in colorful pieces similar to
kaleidoscopic fragments deprived of their precise contours and expanding on
the whole surface of the painting, or arranging themselves in the repetition
of
painted wooden bars, which strictly order the artist’s poetic expressive
world.
His works explore the opportunities of endless shades overlapping in a
material texture made up of visual densities and rarefactions.
His painting comes out of a skillful use of different materials such as
assembled wooden cubes, newspaper sheets and plaster.
“Concrete” and not abstract painting, because there is nothing more
concrete than a line, a color, a surface. The spirit has reached the age of
maturity. It needs clear intellectual means to manifest itself concretely”,
claimed Theo van Doesburg in 19303, introducing the term “concrete” for
the first time in relation to abstractism.
In the turbulent after-war years, this term, later used again by Max Bill in 1936,
became the landmark for those who considered the word “abstract” as a
compromise with the natural world. This concept comes back to your mind
when you look at Daniele’s works and perceive the originality of the
materials he uses in his “plasters”.
In his latest works, made by assembling brightly colored bars horizontally and
vertically, the reality of experience is dissolved and transformed until its
memory can be brought back by the sheer color and physical substance of
painting itself.
His language of colors and signs is far from reality, the legacy of childhood
fantasies slowly recreated through artistic research into a peaceful sequence
114
of fragments, into a “romance sans paroles”, to put it in Proust’s terms.
Art becomes tekné by exploiting all hues of color and unusual materials and
techniques (wood, plaster). It gives back a concise fleeting impression of
reality reduced to its essential structural elements, namely lines and colors,
melted and merged into bright colorful rhythms.
His evocative poetic world is a condensation of emotions free from all
unnecessary visual details and reveals a spiritual experience which gets into
the
truths of things. The experience is contemplated and purified and finally
broken into the colorful pieces of a stained glass window.
Cantoni’s painting gives up the logical rules of figurative language in favor
of an unconstrained representation of distilled light, color, space and time.
The originality of Cantoni’s latest works lies in his ability to transform
“colors” into “structures”, in heightening perceptive elements into a
source of knowledge. His use of colors and new materials such as wood and
plaster, as well as horizontal and vertical bars in relief, poetically recreate the
concreteness of his original past experience, and re-arrange it into new
imaginative artistic shapes.
115
116
Stralci dell’itinerario critico
Gianfranco Majorana (Dizionario degli Artisti Europei Contemporanei,1980)
Pittore e scultore. Carica di elementi simbolici e metaforici, la sua pittura si
offre sempre come discorso teso alla comunicazione di significati inerenti i
problemi esistenziali dell’uomo e le giustificazioni delle sue scelte di vita. La
metafora o il simbolo non sfiorano mai però i confini dell’esplicita allegoria.
Gli elementi della composizione, i personaggi, sono già infatti entità che
assumono in sé un significato di testimonianza di una condizione o di una
problematica. In questo senso la rappresentazione, mantenendo elementi
reali e metafisici insieme a specchio della commistione di esplicito ed
enigmatico della realtà, vede ancor più rafforzato il suo contenuto di lucida
verità.
Alberto Mingotti, Daniele Cantoni originalità e passione (in La Torre, novembre
1987)
[ … ]La Romagna è un territorio in qui sussistono culture in forte
contraddizione tra loro: civiltà contadina e quella industriale, sapere popolare
ed esperienze legate ad esigenze di ordine diverso.
Cantoni, con la sua pittura, mi sembra che rifletta un colloquio con i linguaggi
che abitano questa realtà, di conseguenza nella sua opera sono avvertibili
quelle contraddizioni primarie che esistono tra le lingue. Per questo nella sua
pittura qualcosa parla per interferenze. In una sorta di ambivalenza stilistica
117
nei dipinti di Cantoni sono riconoscibili primitivismo e decorativismo
intrecciati ed aggrovigliati in molteplici segni. In lui disegno e pittura si
incontrano per fondersi in una unica forma espressiva. E il quadro diviene il
luogo dove si svolge l’azione e in cui, in modo indisciplinato, viene messa a
fuoco un’immagine fatta di tratti e sbavature dai vivaci timbri cromatici.
Con un’arte intrisa nel colore e nel gesto Cantoni si propone con immagini
bizzarre il cui dato che maggiormente mi colpisce è la disinvoltura e la
velocità con cui sono costruite.
velocità con cui sono costruite.
Mario Domenico Storari (Arte Oggi, Cidac Editore – Cervia, 1988)
La tematica di Daniele Cantoni scava nel vivere della nostra vita attuale ed è
incentrata sulla condizione dell’uomo moderno con un contenuto
sostanzialmente realistico situato in una posizione dialettica che gli permette
di adottare le opposte esigenze in una visione unitaria, ricca di tensione.
Daniele Cantoni, pittore che prosegue con coerenza stilistica le sue idee,
interviene nei suoi elaborati con la fantasia per creare delle compenetrazioni
iridescenti, per dare spazio ad un’ombra, per variare una composizione
portando il rapporto spazio-luce alle più sottili e nascoste vibrazioni in
rapporti cromatici e superfici tese che proiettano una conclusione lirico-
simbolica.
Licinio Boarini, Daniele Cantoni (Arte Oggi, Cidac Editore – Cervia, 1990)
La vicenda pittorica di Daniele Cantoni, dopo essere passata attraverso vivide
ricerche tra gli slarghi di un colore trafitto da incandescenti luminescenze e
sempre sul filo di una appassionata indagine tra le problematiche esistenziali,
e tuttora impegnata in simile indirizzo estensivo con l’aggiunta tuttavia di
una tensione quasi spasmodica provocata dall’assidua e perenne analisi
nello spazio dei sentimenti, delle ansie e delle attese.
La nota di fondo si è tuttavia affinata ancor più in virtù di una cesellata e
preziosa linea anatomica, accurata nei particolari, plastica nei dettagli e nei
riverberi formali, elegante nelle espressioni di movimento, vibratile nei
118
rimandi chiaroscurali, partecipata e presente nei ruoli espressivi, sempre con
quella trepida ed appassionata misura nell’esplodere del turbinio delle ansie
e delle proposte.
Indubbiamente simile impostazione si estrinseca sempre in uno specifico
evidenziarsi dei ruoli e in un prorompere di un’evidenza etica di notevole
spinta allusiva sia che le proposte del Cantoni si inseriscono nella dialettica
degli affetti e delle passioni, sia che si proiettino tra le spire del fabulistico e
del mito, sia infine che recepiscono le loro scaturigini compositive tra le
lacerazioni di un trasmigrare vitale e la rigida fissità di una conclusione
fatale.
Ed è appunto a tale indirizzo che la linea tematica si esprime con una fluidità
descrittiva e con una doviziosa e cesellata estensione gergale che raggiunge la
possanza di un’inchiesta vissuta, condivisa, sentita, e mirata nell’
ininterrotto affollarsi del magma vitale con le sue più svariate vicissitudini ed
esplode in virtù dell’impegno tonale stirato fino alle più estreme tensioni
del colore, trafitte nei suoi ruoli più segreti e lucenti.
La disponibilità delle mistioni impegnate con il cesello di raffinate, delicate
sensuali diluizioni estensive, con l’assiemarsi quasi divisionistico di cellule
fosforescenti, con una meteorica pioggia di scintilli corposi e radenti, giunti da
infiniti lontani, coopera, in questo turbinale vitale, a fare emergere le voci che
sottendono gli arcani messaggi che si infiltrano tra le immagini ognora
accurate e quasi indomate tra i segni e le posture di un continuo avvicendarsi
di fremiti , di palpiti, di brame e di confronti e pure di dialoghi avvolti sovente
da un mistero e da inconsce ed enigmatiche risposte e ogni volta con il preciso
e trattenuto espandersi di un misurato e vissuto racconto.
La simbiosi così diligente ed accurata tra forma e colore in costante e sinuosa
armonia, conduce quelle intenzioni di lettura che gravitano tra le figurazioni
del pittore e facilitano con scorrevole dinamica quella comprensione delle voci
che risuonano tra le svariate posizioni compositive offrendo agevolmente una
risposta comprensibile, precisa, esaltante, coinvolgente ad ogni spinta
dialogica, ad ogni riflesso comportamentale a tutte le considerazioni in causa.
Ivo Gigli, Daniele Cantoni (Praxis, 1997.)
Un simbolismo diffuso che trae i suoi soggetti umani da un lascito ricco di
119
passato e tradizione classica, ma insieme intelaiato in una modernità che
traspare insopprimibile, il lavoro estetico di Daniele Cantoni, artista
romagnolo che ora ne fa un consuntivo nel corso del corrente 1996.
La conoscenza del corpo umano, che si evince dalle sue opere, ci dice quanto
Cantoni abbia fatto tesoro dei suoi studi e delle sue ricerche personali e le
membrature dei personaggi emblematici in quadri di grandi dimensioni
testimoniano dell’ accurato lavoro mimetico che è stato alla base delle
suc
successive creazioni fantastiche o etiche: in folti gruppi di umanità dolente
( come l’impegnativo L’indifferenza ) vi si legge in trasparenza la
conoscenza che l’autore ha ( ed ha amato ) dei grandi rinascimentali, un
michelangiolismo contemporaneo calato nelle nervature delle figure e nelle
sintassi drammatiche dei gruppi, icone sofferenti del nostro tempo.
Dunque, un interesse per la contemporaneità, per i problemi esistenziali della
nostra storia, ma anche per ciò che di speranza v’è in essa, come i motivi
ritmici di corporeità e della natura che balenano lasciano intuire, rinsanguato
esteticamente de un gusto classico e dal talento.
Ma la lettura di Cantoni ci dice pure quanto sia stato impressionato da
drammatici maestri della modernità, come il Kokoschka de La sposa del vento
o dal Dalì nelle figure ignude e simmetricamente volanti come anime
appassionate ( L’attrazione) o da un de Chavannes nel gotico longilineo dei
suoi personaggi evocatori di parabole o di miti.
In lui notiamo il gusto per il ritmo tout-court, un ritmo decorativo molto
gradevole che sa allineare sagome leggiadre, una accanto all’altra, in
contesti floreali naturalistici; il ritmo delle carte da gioco fortemente
ingrandite, divenute quadri; il ritmo dei covoni del grano nei campi assolati
apparentemente causali, ma con una loro ragnatela descrittiva armonica. [… ]
Elio Succi
Con Daniele Cantoni la figura è pienamente rivalutata, diviene protagonista
che esprime con efficacia inusitata i suoi moti interiori, la sua visione –
120
non costituisse nessun limite alla visione. E l’aria non può esistere negli
orizzonti dell’anima, dove vivono e sono concretamente presenti fantasmi
quasi scultorei. La pittura ha il vigore infinito del silenzio. In esso la sofferenza
ha le sillabe dell’assoluto. Oppure la luce è bellezza, anche speranza, anche
mistero. Ora la bilancia pende verso il baleno di una crocefissione
potentemente intesa, che galleggia sul nero della notte e culmina in uno
squarcio di azzurro, in un fremito di bianco, ora pende verso la carnalità
beffarda e demoniaca, che ci conquista e danna.
Il colore sempre così filtrato nella concentrazione, il segno sempre così
incisivo, costituiscono un linguaggio in arte che non si può confondere, che si
riconosce con estrema felicità anche se la produzione è varia. In essa la
figura umana prevale, ma ricorrono altresì le nature morte, gli interni, i
paesaggi alberati.
Lido Valdrè
Il quadro di Cantoni è dominato dalla dimensione dei corpi. Corpi di adulti e
di bambini un po’ appiattiti verso la terra quasi a raccoglierne il vigore. E’
una dimensione forte, gridata, urlata, da cui sprigiona una sorta di turbamento
che precede ogni tentativo di giudizio critico – secondo quel che è giusto
accada nelle arti figurative: prima la visione, e poi la lettura. Quei tre
personaggi, per esempio, del suo quadro più bello, trasmettono una forza
che si risolve in pura emozione sensibile. E’ così che si realizza la categoria
della visione, il tentativo del pittore di mostrare la sua immagine di un pezzo
di mondo. A questo punto il promeneur ha a disposizione solo le prime due
121
valutazione dell’esistere, la sua struggente voglia di luce. Il linguaggio
cromatico, pur essendo del tutto nuovo, sa subito e completamente
coinvolgere. I colori spaziano in uno spartito dai significati alti, le membra
umane si affermano nella pienezza della luce, la muscolatura è tesa, ha la
decisione della forza. Quella della bellezza e del pensiero. Ci sono brividi
cromatici nei suoi quadri, bagliori diffusi, energie magnetiche intorno ai corpi.
Rimbalzi e percorsi di luce nutrono la perfezione della purezza, come se l’
aria
forse paura della violenza di quei corpi che altrimenti emergerebbero dalla
tela solidi come rocce? Vuole smembrarli ricordandoci, in una specie di
metafisica delle particelle elementari, che l’autentica realtà della materia è
fatta di corpuscoli, che l’energia è nascosta dentro quei punti e che basta un
nulla per farla esplodere e distruggere tutto? Oppure vuole predisporre
davanti allo sguardo di chi guarda il quadro il materiale informe per
completare l’immagine, nella convinzione che non esista un quadro finito e
che spetti al fruitore assumerne la responsabilità, organizzando a proprio
piacere “proposte” di segni piuttosto che segni ordinati secondo in senso
comune?
Il quadro di Cantoni si muove lungo i due assi di visione e lettura, fra
ingenuità e finezze, aggressività e pentimenti, ritrosie e concessioni. Vi
appaiono un solido possesso delle abilità strumentali e la costante ricerca di
un equilibrio non banale.
122
parole magiche della visione artistica: “bello”, oppure “brutto”, che escludono l’indifferenza. E
questo è già un successo.
Ma poi il pittore riveste i corpi di stoffa arlecchinata e immerge questa energia originaria dentro una massa
di punti e di apostrofi che si impossessano del quadro fino ad invaderne i margini e la stessa cornice – lui
stesso squadra la tela con un segno deciso prefissarne i limiti e poi violarli in modo frenetico, invaso da
quel turbinio di atomi e molecole. E la visione non basta più. Il visitatore è condotto alla lettura, vuol
capire “che cosa significa”. Il pittore ha
123
Indice delle opere
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Attrazione Olio su tela Cm. 120 x 120 1995
Amore informatico Olio su tela Cm . 100 x 100 2000
Studente Olio su tela Cm. 100 x 100 1995
Il cerchio Olio su tela Cm. 150 x 100 1992
La famiglia Olio su tela Cm. 120 x 100 1997
Paesaggio Olio su legno Cm. 45 x 29 2002
Pioppi Olio su tela Cm. 60 x 70 2000
Mio padre Olio su legno Cm. 130 x 75 1996
Dedicato Olio su tela Cm. 50 x 50 2002
Steccato Olio su tela Cm. 70 x 70 2000
Fauni Olio su tela Cm. 100 x 100 2000
Inerzia Olio su tela Cm. 120 x 100 1996
Notte estiva Olio su tela Cm. 70 x 70 2002
Paure Olio su tela Cm. 120 x 70 1997
Percorsi Olio su tela Cm. 35 x 45 1997
Autoritratto Olio su tela Cm. 100 x 70 1990
Brezza Olio su legno Cm. 78 x 72 2006
Trilogia Olio su legno Cm. 61 x 96 2006
Incognito Olio- intonaco su legno Cm. 61 x 96 2006
Profumi Olio-intonaco su legno Cm. 52 x 106 2006
Evanescenze Oilo-intonaco su legno Cm. 87 x 70 2006
Residui Olio-intonaco su legno Cm. 55 x 40 2004
Caraibi Olio-intonaco su legno Cm. 102 x 51 2003
Visioni Olio-intonaco su legno Cm. 49 x 52 2004
Progresso Olio-intonaco su legno Cm. 56 x 44 2004
Catarinfrangenti Olio-intonaco su legno Cm. 93 x 44 2004
Africa Olio-intonaco su legno Cm. 87 x 100 2004
125
Savana Olio-intonaco su legno Cm. 106 x 53 2004
La Cattedrale Olio-intonaco su legno Cm. 98 x 87 2007
Nebbie Olio-intonaco su legno Cm. 85 x 103 2007
Graffiti Olio-intonaco su legno Cm. 70 x 85 2005
Equinozio Olio-intonaco su legno Cm. 44 x 51 2006
Riflesso Olio-intonaco su legno Cm. 110 x 105 2005
Aquiloni Olio-intonaco su legno Cm. 70 x 54 2007
Vetrata Olio-intonaco su legno Cm. 64 x 61 2005
Ricordo Azteco Olio-intonaco su legno Cm. 61 x 52 2004
Turbolenze Olio-intonaco su legno Cm. 50 x 44 2006
Autunno Olio-intonaco su legno Cm. 107 x 81 2007
Primavera Olio-intonaco su legno Cm. 102 x 70 2006
Colline Olio-intonaco su legno Cm. 59 x 62 2007
Colline 2 Olio-intonaco su legno Cm. 87 x 87 2007
Vascello Olio-intonaco su legno Cm. 62 x 87 2005
Aratura Olio-intonaco su legno Cm. 106 x 59 2005
Agglomerato Olio-intonaco su legno Cm. 107 x 69 2004
Chiocciole Olio-intonaco su legno Cm. 89 x 52 2004
Sagra Olio-intonaco su legno Cm. 85 x 70 2008
Mercato Olio-intonaco su legno Cm. 61 x 103 2007
Caleidoscopio Olio-intonaco su legno Cm. 104 x 104 2008
Percorsi Olio-intonaco su legno Cm. 62 x 40 2006
Evaporazione Olio-intonaco su legno Cm. 52 x 88 2007
Composizione n. 2 Olio-intonaco su legno Cm. 56 x 32 2007
Rilievi Olio-intonaco su legno Cm. 50 x 40 2008
Ciò che rimane Olio-intonaco su legno Cm. 43 x 67 2006
Composizione n. 1 Olio-intonaco su legno Cm. 51 x 41 2007
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Sito Web
www.danielecantoni.com
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