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Dalle parole ai fatti: l’attuazione del programma di governo Nicolò Conti Introduzione Il paper si propone di analizzare la capacità del governo italiano di implementare il suo programma e di avanzare alcune valutazioni sulla capacità complessiva dell’esecutivo di esercitare un controllo sull’agenda politica, dando seguito alle promesse elettorali. Si tratta di un tema di tutto rilievo se non altro perché, come già osservato da Verzichelli (2002), gli esecutivi maggioritari della Seconda Repubblica for matisi all’indomani delle elezioni in un contesto di competizione avversariale e non più a seguito di alleanze post-elettorali hanno segnato una discontinuità rispetto al passato, con un passaggio dal modello della transazione, che privilegia il negoziato sulle nomine rinviando a un momento successivo la messa a punto delle politiche, al modello di adempimento a un programma. Tale cambiamento sistemico avrebbe permesso unevoluzione che, andando oltre il confine delle micro-politiche prevalenti nella Prima Repubblica, si struttura intorno al concetto della responsiveness, i cui cardini prevedono una maggiore attenzione da parte delle élite rappresentative verso le domande dei cittadini, gli impegni presi con gli elettori e gli outcome erogati. Tracciare un bilancio e definire i caratteri del più recente governo di derivazione elettorale, il Berlusconi IV, sotto il profilo della performance rispetto agli specifici impegni assunti nella fase di genesi e di investitura, costituisce l’oggetto primario di questa analisi. Il confronto con i precedenti governi (in particolare Prodi II) e con altri paesi permetterà, inoltre, una ricognizione più ampia sullo stato del governo italiano. Dal punto di vista teorico, nella letteratura comparata il programma di governo viene considerato di un certo rilievo per definire le relazioni tra i partiti (il principale) e l’esecutivo (l’agente): attraverso delle priorità di policy i primi vincolano il secondo nelle sue decisioni, impegnandolo anche rispetto a una serie di aspettative maturate nell’elettorato. Questo meccanismo di delega costituisce il principale strumento per l’attuazione di un sistema di party government (Katz 1986), dove i partiti svolgono un ruolo di “guardiani” delle politiche pubbliche (Cotta, Della Porta e Morlino 2004, 299), rispondendone ai cittadini in occasione delle elezioni. Si tratta di un meccanismo attraverso il quale anche un principale più remoto (i cittadini) attribuisce alla classe di governo uno specifico mandato (Budge e Hofferbert 1990), un passaggio importante per la vita

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Dalle parole ai fatti:

l’attuazione del programma di governo

Nicolò Conti

Introduzione

Il paper si propone di analizzare la capacità del governo italiano di implementare il suo

programma e di avanzare alcune valutazioni sulla capacità complessiva dell’esecutivo di esercitare

un controllo sull’agenda politica, dando seguito alle promesse elettorali. Si tratta di un tema di tutto

rilievo se non altro perché, come già osservato da Verzichelli (2002), gli esecutivi maggioritari della

Seconda Repubblica – formatisi all’indomani delle elezioni in un contesto di competizione

avversariale e non più a seguito di alleanze post-elettorali – hanno segnato una discontinuità rispetto

al passato, con un passaggio dal modello della transazione, che privilegia il negoziato sulle nomine

rinviando a un momento successivo la messa a punto delle politiche, al modello di adempimento a

un programma. Tale cambiamento sistemico avrebbe permesso un’evoluzione che, andando oltre il

confine delle micro-politiche prevalenti nella Prima Repubblica, si struttura intorno al concetto

della responsiveness, i cui cardini prevedono una maggiore attenzione da parte delle élite

rappresentative verso le domande dei cittadini, gli impegni presi con gli elettori e gli outcome

erogati. Tracciare un bilancio e definire i caratteri del più recente governo di derivazione elettorale,

il Berlusconi IV, sotto il profilo della performance rispetto agli specifici impegni assunti nella fase

di genesi e di investitura, costituisce l’oggetto primario di questa analisi. Il confronto con i

precedenti governi (in particolare Prodi II) e con altri paesi permetterà, inoltre, una ricognizione più

ampia sullo stato del governo italiano.

Dal punto di vista teorico, nella letteratura comparata il programma di governo viene

considerato di un certo rilievo per definire le relazioni tra i partiti (il principale) e l’esecutivo

(l’agente): attraverso delle priorità di policy i primi vincolano il secondo nelle sue decisioni,

impegnandolo anche rispetto a una serie di aspettative maturate nell’elettorato. Questo meccanismo

di delega costituisce il principale strumento per l’attuazione di un sistema di party government

(Katz 1986), dove i partiti svolgono un ruolo di “guardiani” delle politiche pubbliche (Cotta, Della

Porta e Morlino 2004, 299), rispondendone ai cittadini in occasione delle elezioni. Si tratta di un

meccanismo attraverso il quale anche un principale più remoto (i cittadini) attribuisce alla classe di

governo uno specifico mandato (Budge e Hofferbert 1990), un passaggio importante per la vita

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democratica di un paese. Pur configurando una relazione principale-agente disciplinata dal

programma lungi dall’essere perfetta, o consolidata, come in altri sistemi (per un quadro comparato

si vedano Dalton, Farrell e McAllister 2011, Müller e Strøm 2008, Naurin 2011, Strøm 2000), ciò

anche in ragione di una lunga esperienza di segno contrario sedimentata negli anni della Prima

Repubblica, gli studi che hanno fatto luce su questo aspetto hanno documentato la tendenza del

governo italiano a muoversi in quella direzione. Anche perché l’evoluzione generale

dell’organizzazione partitica ha portato a una sempre maggiore sovrapposizione tra i suoi organi

centrali (il party in central office) e il partito nelle istituzioni (il party in public office) – nella Prima

Repubblica alquanto distinti – con uno spostamento della principale fonte di autorità dagli apparati

esterni alle sedi parlamentare e di governo (Bardi et al. 2007). Si è rinsaldato, di riflesso, il

collegamento tra queste componenti anche per quanto attiene alle preferenze di policy. Alla luce di

quanto descritto, il programma di governo può rappresentare un referente empirico importante per

comprendere le relazioni all’interno della triade partiti-governo-elettori.

A partire dal 1994, i partiti che hanno governato si sono presentati con programmi separati

in alcune elezioni (1994, 2008) e di coalizione in altre (1996, 2001 e 2006). Il sistema elettorale può

aver influenzato questo tipo di scelta spingendo all’unità programmatica nel caso del maggioritario

e a una maggiore distinzione nel caso del proporzionale. Una prassi sembrava essersi imposta a

partire dal 1996, con una tenuta anche nel 2006 malgrado il passaggio al proporzionale, ma con

l’elezione del 2008 la definizione di un programma di coalizione è una pratica che si è interrotta.

Neanche l’indicazione del leader di coalizione è stata sufficiente a determinare una strategia

univoca. Ad esempio, gli stessi partiti che hanno indicato Berlusconi per tale ruolo hanno adottato

talvolta un programma comune e altre volte programmi separati. A quanto pare, il sistema non ha

ancora sviluppato una prassi consolidata, che invece caratterizza altre democrazie la cui esperienza,

da questo punto di vista, appare più solida. Infatti, mentre in Italia la messa a punto di programmi

di coalizione è una tendenza recente, in altri paesi gli accordi programmatici sono più diffusi e

risultano spesso stilati in termini più realistici e con lo scopo di rappresentare una forma di contratto

non solo tra partiti ed elettori, ma anche tra le diverse forze della coalizione, per ridurre il conflitto

inter-partitico e i costi di transazione all’interno della maggioranza (De Winter 2004, Müller e

Strøm 2008). In questi casi, l’effetto vincolante del programma per la definizione delle politiche

pubbliche è più stringente; tuttavia, come dimostreremo più avanti, anche la capacità dei partiti

italiani di proporre programmi plausibili e verificabili è andata affinandosi nel tempo.

Sebbene nell’esperienza italiana il collegamento di una coalizione a uno specifico

programma sia un fenomeno più recente e ancora fluido, gli studi condotti sul tema dimostrano

come anche qui l’importanza di questo nesso non sia trascurabile. I programmi elettorali sono

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diventati progressivamente più articolati dal punto di vista dei temi trattati e i loro contenuti

rispondono sempre più alle logiche della competizione downsiana, caratterizzata dalla convergenza

programmatica tra le diverse formazioni (Green-Pedersen 2007) per la conquista dell’elettore

mediano in una cornice tendenzialmente bipolare (Conti 2008). Inoltre, è stato dimostrato come a

partire dal 1996, lo sforzo dei governi italiani di dare seguito alle promesse elettorali sia diventato

più rilevante, attraverso l’attivazione dell’esecutivo su provvedimenti di natura programmatica

(Marangoni 2010) e l’approvazione di leggi di implementazione da parte del Parlamento (Moury

2001, Moury e Timmermans 2008). Queste risultanze empiriche depongono quindi a favore del

superamento del tradizionale sistema basato sulla legiferazione di tipo particolaristico (Capano e

Giuliani 2001), sganciata da ogni collegamento a impegni ampi assunti durante la fase elettorale o

al momento della formazione del governo. Anzi, la tendenza a considerare gli impegni

programmatici come il terreno privilegiato sul quale innestare l’attività legislativa ha prodotto un

rafforzamento della dinamica avversariale della politica italiana, in quanto la contrapposizione tra

maggioranza e opposizione nell’aula parlamentare è risultata più marcata proprio quando sono state

in discussione le proposte programmatiche del governo (Marangoni 2010).

L’interesse primario di questa analisi è analizzare come il governo Berlusconi IV si sia

collocato rispetto al modello di governo di adempimento, un esecutivo per il quale non è ancora

stata condotta una ricognizione analoga in quanto altri studi si sono arrestati all’analisi dei governi

precedenti (Moury 2011). In ragione della centralità che gli impegni programmatici hanno assunto

in molti paesi nel disciplinare le relazioni tra partiti, e tra partiti ed elettori, il principale obiettivo di

questo lavoro sarà, quindi, quello di approfondire in quale misura l’attività legislativa abbia mirato

all’attuazione del programma. Adottando il sentiero tracciato dalle sole leggi collegate al

programma, l’obiettivo sarà quello di procedere alla definizione delle attività che il governo ha

effettivamente messo in opera nell’ottica dell’adempimento1. Potremo così testare, in chiave

empirica, la congettura emersa nella letteratura secondo la quale nel corso della sua lunga

transizione anche il sistema italiano si sarebbe avvicinato alla tendenza diffusa di dare vita a

governi di adempimento.

Metodo

La letteratura comparata definisce come proposte programmatiche le affermazioni che

esprimono un sostengo inequivocabile per specifiche azioni del governo, oppure per dei risultati

(outcomes) chiari e verificabili (Moury 2011, Naurin 2009, Thomson 2001). Per inequivocabile si

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intende un sostegno che non sia solo ipotetico ed eventuale (es: solo al presentarsi di determinate

circostanze), ma fermo e univoco. Inoltre, sotto il profilo dell’operazionalizzazione, è fondamentale

che ogni proposta risulti verificabile, vale a dire che abbia un referente empirico, per esempio un

atto legislativo oppure un obiettivo finale accertabile (es: ridurre il tasso di disoccupazione al 5%).

In questo modo, è possibile stilare una gerarchia delle dichiarazioni contenute nel programma,

mettendo in evidenza gli impegni programmatici più completi (le proposte vere e proprie, definiti

pledges nella letteratura comparata) e riservando un diverso trattamento alle affermazioni più

generiche (semplici enunciazioni).

I dati utilizzati in questo lavoro sono originali e sono stati raccolti nell’ambito del progetto

Party Pledges and Democratic Accountability, coordinato dall’ISCTE-IUL di Lisbona. In

particolare, mentre le informazioni relative ai governi Berlusconi IV e Prodi II vengono presentate

qui per la prima volta, quelle relative ai governi precedenti fanno riferimento a dati raccolti da altri

studiosi e già presentati in precedenti lavori (Moury 2008, Moury e Timmermans 2008). Attraverso

l’uso di un libro codice e una procedura di codifica standardizzata, per tutti questi governi sono stati

classificati i contenuti dei programmi distinguendo tra proposte e enunciazioni. Successivamente,

attraverso l’analisi della legislazione, integrata dove necessario facendo ricorso a documenti

ufficiali per verificare il perseguimento degli obiettivi più ampi (es: statistiche ISTAT), si è stabilito

se ciascuna proposta è stata oggetto di una reale attivazione da parte del Parlamento.

Sebbene in questo tipo di analisi risulterebbe troppo ambizioso pretendere di avanzare stime

su quanta parte del programma sia stata realizzata efficacemente - ciò richiederebbe un esame

approfondito degli effetti delle singole leggi e una verifica che gli obiettivi programmatici siano

stati soddisfatti in pieno - il metodo adottato consente di stabilire in che misura il governo abbia

attuato misure legislative in linea con i punti del programma per tradurne, in tutto o in parte, gli

obiettivi annunciati in concreta realtà. Rispetto ad altri metodi, lo studio dell’attività legislativa

presenta indubbi vantaggi. Per esempio, l’analisi empirica ha messo in luce una tendenza alla

sottostima da parte dei cittadini della misura in cui il programma di governo viene effettivamente

attuato (Naurin 2009): il ricorso a dati sull’opinione pubblica può essere quindi rappresentativo di

un sentimento popolare, ma non della realtà fattuale. Allo stesso modo, metodi di collegamento

della spesa pubblica agli impegni programmatici (Budge e Hofferbert 1990) possono documentare

lo sforzo del governo solo in maniera parziale, considerata l’avanzata in Europa di politiche

regolative a costo zero e la contrazione delle politiche di spesa. Infine, l’esame in profondità delle

politiche pubbliche e una stima di quanto il programma di governo contribuisca a influenzarle

imporrebbe una analisi di policy su vasta scala dai costi molto alti e con difficoltà di

standardizzazione (da paese a paese, ma anche da politica a politica) non trascurabili, come già

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documentato da alcuni tentativi pioneristici (Imbeau et al. 2001). Riteniamo che, essendo

sufficientemente parsimonioso, il metodo adottato in questo lavoro non imponga limitazioni al

numero di settori di policy da considerare, permettendo un esame esaustivo dei livelli complessivi

di attuazione del programma di governo. Inoltre, grazie all’inserimento in una agenda di ricerca

internazionale, questo metodo ha il vantaggio della standardizzazione e permette di generalizzare i

risultati oltre il caso di studio, attraverso la comparazione con altri paesi.

I contenuti del programma del governo Berlusconi IV

La natura del programma del governo Berlusconi IV, già presentato alle elezioni del 2008

come piattaforma del Popolo della libertà (Pdl) e poi adottato come programma di governo, è

sicuramente multi-tematica, ma presenta allo stesso tempo una netta prevalenza di alcuni temi. Sono

diversi gli argomenti trattati ma, più che in passato, si riscontra un orientamento attento a bilanciare

la salienza della sfera economica e di quella sociale. Questa particolare connotazione fa sembrare

superato ogni tentativo di specializzare, in chiave neo-liberista, l’offerta programmatica del centro-

destra, come invece era sembrato possibile negli anni novanta quando i discorsi di Silvio

Berlusconi, con la sua discesa in campo, più volte avevano fatto riferimento agli effetti benefici del

mercato. Nel tempo, si assiste invece alla progressiva convergenza dell’offerta programmatica di

centro-destra e centro-sinistra e del sistema partitico nel suo complesso, intorno al tentativo di

bilanciare aspetti di liberalizzazione economica e di welfare state (Conti 2008). Si tratta di un

fenomeno che non deve stupire nell’ambito di una competizione bipolare, dove una certa

convergenza è fisiologica e il voto tende a non proporsi come scelta tra visioni opposte del mondo,

ma come un atto di fiducia verso chi è considerato più capace ad attuare un programma largamente

condiviso. Infatti, più che nella sfera socio-economica, le differenze tra centro-destra e centro-

sinistra sono rilevanti in altre questioni, quali quelle etiche, la sicurezza, la giustizia e

l’immigrazione. Quello che colpisce nel caso italiano è certamente il baricentro della competizione

politica, complessivamente più vicino a un modello di economia sociale di mercato che a un

modello neo-liberista, e la sotto-rappresentazione di questo orientamento ideologico nel complesso

dell’offerta politica.

Il programma del governo Berlusconi IV si articola nelle seguenti sette aree tematiche. In

linea con il turbolento quadro economico e finanziario internazionale, la figura 1 evidenza la

(prevedibile) elevata salienza della dimensione economica, declinata nelle due aree tematiche

denominate “rilancio dello sviluppo” (24,4%) e “finanza pubblica” (6,1%). Tuttavia, è interessante

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rilevare come questa dimensione risulti superata dal welfare, declinato in “sostegno alla famiglia”

(26%) e “servizi ai cittadini”2 (15,7%). Nel complesso, economia e welfare sono le due dimensioni

che ricoprono gran parte del programma (72,2%). Seguono poi “sicurezza e giustizia” (18,1%),

“Sud” (6,1%) e “federalismo” (3,1%). Un simile livello di analisi non permette ancora di andare a

fondo nei contenuti nel programma. Per esempio, anche se quantitativamente ridotti, i riferimenti al

federalismo avrebbero potuto avere una portata dirompente se tradotti in legge. In particolare, tra le

enunciazioni di principio a favore del decentramento dei poteri e del federalismo fiscale, spicca una

proposta: l’indicazione di voler approvare una proposta di legge di attuazione dell’art. 119 della

Costituzione, nella versione già adottata dal Consiglio Regionale della Lombardia il 19 giugno

2007, la quale avrebbe comportato un ripensamento profondo dei rapporti tra stato e regioni. Questo

è un esempio del fatto che non tutte le affermazioni hanno lo stesso peso e che il dato quantitativo

può celare una diversa qualità dei contenuti. In effetti, da questa serie di confronti che descrivono a

maglie larghe il programma politico del governo Berlusconi IV, non è possibile stabilire con

precisione quali siano le aree di intervento più ambiziose sotto il profilo delle azioni di governo. Pur

riconoscendo i limiti di questo livello di analisi, insiti nel considerare tutte le proposte/enunciazioni

come aventi lo stesso peso, una prima gerarchia di impegni emerge chiaramente.

Volendo adesso approfondire la natura dei contenuti, è interessante sottolineare come il

78,8% del programma del PdL contenga proposte precise (pledges), vale a dire specifiche azioni

sulle quali il governo promette di impegnarsi fattivamente, mentre la parte rimanente riporta

semplici enunciazioni. In termini assoluti, la quantità di proposte (100) risulta più bassa rispetto ai

governi Prodi I (274) e II (294) e Berlusconi II-III (183)3. Si tratta di una differenza che depone a

favore di una maggiore precisione degli impegni e di un ambito d’azione più circoscritto e

verificabile in termini di responsabilità assunte dal governo: una logica che potremmo definire in

linea con l’esecutivo di adempimento. Le spiegazioni che si celano dietro questa scelta potrebbero

essere molteplici. A tal proposito, vale la pena rilevare che nessuno dei precedenti governi della

Seconda Repubblica è mai stato confermato alle successive elezioni e il problema ha riguardato tutti

gli esecutivi maggioritari, sia nel caso di governi più brevi (Prodi I nel 1996-1998, Prodi II nel

2006-2008) che di governi di legislatura (possiamo considerare tali Berlusconi II-III nel 2001-

2006). In un sistema di competizione bipolare dove i cittadini sono chiamati a scegliere il governo

anche sulla base di un programma, essi prestano maggiore attenzione agli impegni assunti dai

partiti, verificano la congruenza con le loro aspettative e una parte consistente di essi vota

aspettandosi che i rappresentanti politici non vengano meno alla parola data (Powell 2005). La

popolarità risente (anche se non esclusivamente) di questi fattori, così a impegni troppo estesi in

numero e ambizione corrispondono aspettative molto forti, o disorganiche, da parte dei cittadini.

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Guardando per esempio al recente passato, la natura troppo complessa del programma del governo

Prodi II aveva sollecitato forti critiche nei confronti del leader dell’Unione, in quanto contravveniva

al principio di responsabilità dell’esecutivo rispetto a impegni credibili. La lettura stessa del

programma risultava difficoltosa, dal momento che a un altissimo numero di dichiarazioni (717)

corrispondeva un più ridotto numero di vere proposte (294, pari al 41%), accompagnate da un

cospicuo numero di enunciazioni (423) che rendevano particolarmente complicata l’individuazione

degli impegni e ogni monitoraggio dell’attivazione su questi.

Diametralmente opposto è il caso del programma del governo Berlusconi IV che, pur

adottando un documento limitato nei contenuti, può essere ritenuto ad alto grado di propositività:

con vari livelli di specificità, le proposte corrispondono infatti a circa 4/5 del programma, mentre la

parte rimanente è costituita da un corollario di semplici enunciazioni. Ci troviamo, quindi, di fronte

a un programma articolato e al tempo stesso parsimonioso nei contenuti, dove la proposta prevale

nettamente sull’enunciazione, senza lasciare molto spazio all’incertezza legata a fattori esterni,

malgrado la presenza di una crisi economica ormai ben oltre la semplice fase di gestazione. Si tratta

in definitiva di un programma molto assertivo, meglio calibrato rispetto ai programmi del passato (e

al Prodi II in particolare) dal punto di vista della proposta, forse non del tutto in linea con la

congiuntura critica che ha investito l’Italia imponendo gravi vincoli di spesa e una traiettoria non

certo in armonia con gli obiettivi del governo. Berlusconi è stato attento a non esagerare la quantità

di impegni assunti dinanzi agli elettori, come invece era avvenuto per i governi precedenti sui quali

era pesato un conseguente senso di delusione da parte dei cittadini, ma al tempo stesso ha generato

molte aspettative quanto alla fattibilità delle proposte, presentando il campo degli interventi in un

quadro di isolamento dal difficile contesto esterno e dai problemi interni alla coalizione che, invece,

si sarebbero rivelati fatali.

L’attivazione sul programma

Sebbene il governo sia caratterizzato da un programma assertivo, le realizzazioni sono state

ben più limitate, come conferma un lavoro di Cotta et al. (2011) che, analizzando i contenuti delle

proposte di legge varate dal Consiglio dei Ministri, suddivide l’arco temporale in tre specifiche fasi.

Una prima, denominata “aurea” (primi 4 mesi), con livelli di concentrazione programmatica

dell’iniziativa legislativa superiori al 60%; una seconda “di crociera”, dove l’iniziativa

programmatica scende fino al 50% (inizi del 2010); una terza “critica”, in cui la percentuale di

iniziative da programma scende al 29% (dimissioni di Berlusconi a fine 2011). Dato l’evidente

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declino, gli autori ipotizzano una lunga fase di crisi del governo da far risalire già alla prima metà

del 2010.

In contrapposizione, si potrebbe però ipotizzare che l’impegno sul programma abbia avuto

un decorso per esaurimento, declinando man mano che le proposte trovavano una traduzione anche

dal punto di vista legislativo. Risulta quindi opportuno analizzare quante proposte sono state

effettivamente trasformate in legge. Detto in altri termini, quante delle iniziative di origine

governativa hanno trovato attuazione, diventando vere e proprie leggi dello Stato. E in che misura il

successo dell’iniziativa governativa della fase iniziale abbia ridotto il margine degli interventi da

compiere nelle fasi successive. Muovendo da questi due quesiti di ricerca, in questo e nei prossimi

paragrafi, si è ritenuto opportuno:

1) esaminare la totalità di realizzazioni rispetto agli impegni assunti nel programma;

2) mettere a confronto le iniziative programmatiche del governo e le leggi votate dal

Parlamento;

3) comparare la capacità degli esecutivi della Seconda Repubblica di tradurre in legge il

programma di governo.

Iniziando dal primo punto, la procedura adottata per discriminare tra i contenuti

programmatici, in linea con le prassi in uso in questo tipo di studi e per una migliore operabilità del

nostro metodo, è consistita nell’esclusione dall’analisi di quelle affermazioni che corrispondono a

una generica missione di programma o a semplici dichiarazioni di principio (che abbiamo già

definito enunciazioni). Si tratta di un metodo di per sé generoso, in quanto opera una riduzione della

base sulla quale calcolare la percentuale di realizzazioni perseguite. Un programma che contiene

una larga parte di enunciazioni finisce inevitabilmente per essere favorito da questo metodo, in

quanto queste vengono scartate dal computo. Abbiamo già visto nel paragrafo precedente come nel

programma del Berlusconi IV le proposte ricoprano in realtà la gran parte dei contenuti, mentre le

enunciazioni vi figurano più che altro come corollario. Quindi, utilizzare come base per il nostro

calcolo le sole proposte non comporta una distorsione sostanziale dei contenuti del programma, ma

permette una definizione più puntuale degli impegni assunti4. Diverso invece è il caso del

programma del Prodi II dove abbiamo visto le enunciazioni prevalere sulle proposte (presenti

comunque in grande quantità e in termini assoluti in misura perfino maggiore rispetto al Berlusconi

IV). La comparazione tra i due governi dovrà quindi tenere conto di queste differenze, insite nella

struttura originale dei programmi.

Soffermandoci quindi sulle sole affermazioni che prevedono un obiettivo programmatico

tangibile e verificabile (pledges), risulta che a conclusione di un periodo di vita di complessivi 43

mesi del governo Berlusconi IV sono state tradotte in legge (integralmente o parzialmente) 47

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proposte su un totale di 100: per ogni due proposte meno di una è stata implementata. In definitiva,

considerato che il valore complessivo delle realizzazioni attraverso leggi, sul totale delle proposte,

si attesta al di sotto del 50%, il bilancio non appare positivo. Certamente ha pesato lo scioglimento

anticipato del governo rispetto alla conclusione naturale della legislatura: l’esecutivo ha avuto una

vita più breve rispetto a un orizzonte temporale di cinque anni, che avrebbe lasciato maggior tempo

per l’attuazione del programma. Tuttavia, come documentato di seguito, considerata la tendenza

associata agli ultimi due anni di vita, probabilmente non sarebbe bastato un allungamento del

mandato a migliorare la performance complessiva dell’esecutivo.

Così come anticipato al punto due, un bilancio sulla capacità del governo Berlusconi IV di

mettere in atto il programma può essere meglio formulato alla luce di una comparazione con i dati

sull’iniziativa legislativa di origine governativa. Dall’analisi condotta da Cotta et al. (2011) risulta

che (escludendo i disegni di legge di ratifica internazionale) il 42,4% delle proposte del programma

ha in effetti dato luogo a una qualche iniziativa da parte dell’esecutivo5, un valore percentuale di

attivazione programmatica molto vicino a quello rilevato in questo lavoro (47%). Sovrapponendosi

abbastanza all’iniziativa del governo, tale similarità appare suggerire l’esistenza di una compagine

politica che, ponendo obiettivi programmatici chiari all’orizzonte della propria azione, ha operato in

maniera efficace per la loro realizzazione, secondo una attenta regia dei lavori di governo e

Parlamento. Tale immagine, però, sembra scontrarsi con quella di una maggioranza in realtà assai

litigiosa e destinata all’implosione a seguito della scissione di alcune sue componenti e sollecita un

approfondimento delle dinamiche che caratterizzano il fenomeno oggetto d’analisi.

Alla luce dei dati raccolti è possibile affermare che la maggioranza a sostegno del governo

Berlusconi IV ha esordito come una compagine realmente disciplinata e impegnata su precisi

obiettivi di programma. Nel periodo fino al 2009, ben 81 convergenze tra atti normativi e proposte

del programma hanno caratterizzato il governo Berlusconi IV6. Pur trattandosi di un impegno di

tutto rilievo, la capacità della maggioranza parlamentare di dare seguito agli impegni assunti con il

programma si è però ridotta drasticamente nel tempo, lasciando la sua missione, come

precedentemente dimostrato, largamente incompiuta. A conferma di ciò, nel 2010 e 2011 si rilevano

rispettivamente solo 10 e 5 convergenze tra atti normativi e proposte programmatiche. Questo

significa che, in una fase iniziale, il governo è stato sostenuto da una maggioranza parlamentare ben

allineata sugli obiettivi, entrambi impegnati nell’adempimento al programma, coordinati da un

esecutivo la cui iniziativa ha potuto contare su un certo successo all’interno del Parlamento. Ma la

situazione è precipitata rapidamente quando le divisioni all’interno della maggioranza sono

diventate manifeste: la compagine ha cessato di lavorare per obiettivi disallineandosi rispetto al

programma. Molte iniziative di origine governativa, peraltro declinanti nel tempo, sono naufragate

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nelle aule parlamentari dove, nel medesimo lasso temporale, il livello di realizzazione

programmatica è risultato molto modesto. L’uscita dalla maggioranza dei parlamentari che hanno

aderito a Futuro e libertà (Fli) e la loro sostituzione con nuove aggregazioni, costituite in

Parlamento riunendo alcuni rappresentanti dell’opposizione (i Responsabili), segna effettivamente

un passaggio alla forma di governo di transazione, con una definitiva perdita di centralità del

programma nella definizione dell’indirizzo politico.

Integrando le risultanze empiriche del nostro studio con le osservazioni già avanzate da

Cotta et al. (2011) – disponendo così del quadro delle iniziative di governo e dell’attività

parlamentare – si può verosimilmente sostenere che la prima ‘fase aurea’ può essere estesa fino al

2009, quando molte proposte del programma sono state trattate e di tutto rilievo sono apparsi

(almeno dal punto di vista quantitativo) gli atti legislativi a esse collegate. Buono anche il raccordo

tra il governo e il Parlamento, un anno e mezzo è stato sufficiente per l’attivazione di entrambe le

istituzioni su una vasta serie di impegni. Se il governo ha avuto un ruolo-guida nel determinare

l’agenda politica fino al 2009, il Parlamento ha comunque portato a termine un numero rilevante di

atti collegati al programma. Questo è il segno di una certa armonizzazione tra l’esecutivo e la sua

maggioranza parlamentare e di una fusione tra queste due componenti del party public office in una

prospettiva di adempimento.

Successivamente l’andamento è stato invece di tipo negativo. A partire dal 2010, il numero

di leggi approvate dal Parlamento in attuazione del programma è apparso irrisorio. Da quel

momento, l’iniziativa legislativa di origine governativa appare più che altro di “bandiera”, destinata

a rimanere incompiuta malgrado i numerosi impegni rimasti irrealizzati. Le diverse componenti del

party public office attraversano una vera e propria disgregazione e non sembrano più rispondere a

una regia comune, rivelando invece una certa asimmetria, come dimostrano le divisioni trasversali

che hanno portano numerosi parlamentari ad abbandonare la maggioranza per aderire ad altri gruppi

parlamentari (Fli, Unione di centro), mentre più limitate risultano le defezioni all’interno

dell’esecutivo da parte di ministri7. Possiamo quindi parlare di una lunga fase di “naufragio” del

governo Berlusconi IV, osservabile nell’attività parlamentare a partire dal 2010 e destinata ad

acutizzarsi nel tempo.

In altri termini, la vita del governo Berlusconi IV, analizzata attraverso l’intera attività

legislativa, può essere riassunta in due fasi: una prima etichettabile come ‘aurea’, da far risalire fino

al 2009, e una successiva dove si assiste a un vero e proprio ‘naufragio’. Le ragioni di questi

sviluppi possono essere endogene, relative alle trasformazioni della maggioranza, così come

esogene, attinenti alle forti pressioni scaturite dalla crisi economica. Sebbene rilevanti, anche per

ragioni di spazio, nelle prossime pagine non tutti questi aspetti potranno essere approfonditi, mentre

Convegno SISP, Roma 13-15 Settembre 2012 N. Conti

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sarà sviluppata un’ampia descrizione della perdita di traiettoria della maggioranza, il dissolversi

della leadership politica del governo sul Parlamento e il definitvo abbandono del modello di

governo di adempimento.

La gerarchia degli interventi

Dal punto di vista dei contenuti, nel caso del Berlusconi IV le realizzazioni programmatiche,

pur seguendo un andamento altalenante, rivelano una chiara e certa gerarchia delle azioni. La

congiuntura economica può aver contribuito alla definizione di un mutato ordine di priorità rispetto

al programma, per esempio rendendo difficili le politiche distributive di welfare state. Tuttavia,

come vedremo, questa non può essere l’unica spiegazione del fenomeno e una precisa volontà

politica può invece aver determinato livelli di attivazione consistenti in altri settori. Infatti, una serie

di issues care all’elettorato di centro-destra e di quello leghista ha conosciuto effettivamente un

intervento legislativo (tra gli altri, le disposizioni in materia di sicurezza pubblica). Inoltre, non

possiamo non ricordare gli ampi sforzi che a lungo hanno impegnato il Parlamento nel tentativo di

intervenire sulla giustizia e sul processo, alcuni dei quali si sono poi rivelati fallimentari (legge sul

legittimo impedimento, lodo Alfano, legge sulle intercettazioni, processo breve). Nell’area

economica, l’andamento è stato migliore dal punto di vista del capitolo “rilancio dello sviluppo”,

grazie alla legiferazione su misure afferenti alla semplificazione burocratica, alle aziende e ai

distretti industriali, alla difesa del made in Italy (il riferimento è alla quantità di interventi, non al

loro outcome, ovvero alla capacità di risolvere in concreto il problema originario della bassa

crescita economica). Viceversa, il bilancio è più negativo quando si considera l’altro capitolo, il

“piano straordinario di finanza pubblica”, dove gli interventi collegati agli impegni programmatici

risultano più modesti, anche perché i pesanti vincoli di bilancio hanno imposto una diversa

direzione. Invece, contrariamente a quanto promesso nel programma, le realizzazioni hanno

riguardato solo in minima parte il welfare. Quando ciò è avvenuto, spesso si è trattato di interventi

regolativi a costo zero, o di interventi con una dotazione finanziaria molto contenuta (un’eccezione

è rappresentata dall’abolizione dell’Ici sulla prima casa). L’intervento nelle altre aree di policy è

apparso pure intermittente, come si osserva nella tabella 1.

Complessivamente, il bilancio migliore si è avuto nelle aree “federalismo” (una sola

proposta che prevedeva un riequilibrio della fiscalità con un trasferimento importante di risorse alle

regioni e 100% di attuazione grazie alla legge delega 42/2009 sul federalismo fiscale, ma dovendo

ancora essere emanati molti dei decreti attuativi è doveroso sottolineare che lo sforzo potrebbe

Convegno SISP, Roma 13-15 Settembre 2012 N. Conti

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rivelarsi vano), “più sicurezza, più giustizia” (63,2%), “rilanciare lo sviluppo” (56,7%) e “Sud”

(50%). Seguono poi, in misura ben inferiore, “sostenere la famiglia” (34,4%), “servizi ai cittadini

(30%) e “piano straordinario di finanza pubblica” (25%).

I dati in nostro possesso permettono di confermare quanto già rilevato da Cotta et al. (2011),

secondo i quali a parte il Ministro degli Esteri (che ha firmato il 45% delle proposte di legge

presentate dall'esecutivo riguardanti principalmente ratifiche internazionali), all’interno del governo

vi è stato un “nucleo forte” che ne ha orientato le attività, firmando una gran parte delle iniziative

legislative: in primis il Presidente del Consiglio (coinvolto come firmatario, o co-firmatario, in circa

il 35% delle iniziative) e i ministri dell'Economia e della Giustizia (con percentuali di

coinvolgimento pari al 22% e al 17% circa), seguiti dai ministri della Difesa e dell’Interno.

Sicurezza e giustizia e economia sono, a esclusione del federalismo, le aree per le quali abbiamo

registrato i più alti livelli di attuazione programmatica. Questo dimostra una netta gerarchia nelle

priorità dell’esecutivo che si manifesta già nei lavori del Consiglio dei Ministri, ma forse perfino sin

dalla selezione degli stessi ministri. Per esempio, la coincidenza tra una bassa attivazione del

Ministro del welfare e le modeste realizzazioni programmatiche in questo ambito rivela un

problema (o una scelta?) di ordine strutturale, tanto più stridente rispetto alla già documentata

natura marcatamente “sociale” del programma.

In definitiva, esiste una certa incongruenza nell’attività del governo, tra impegni

programmatici e realizzazioni concrete. Difficile risulta stabilire se l’inversione di rotta rispetto agli

impegni assunti nella fase elettorale abbia portato benefici complessivi dal punto di vista del policy-

making, o se si sia trattato di scelte prive di alternativa considerato il deteriorato quadro economico

internazionale e le sopraggiunte pressioni sull’Italia. Non è obiettivo di questo lavoro formulare

questo tipo di valutazioni, mentre ai fini del nostro studio maggior rilievo assume

l’approfondimento delle congetture avanzate nel paragrafo precedente. Infatti, non solo dopo un

inizio positivo il governo ha abbandonato la modalità operativa di adempimento al programma, ma

anche quella parte del programma che ha potuto contare su un adempimento parziale è risultata

fortemente sbilanciata a favore di alcuni settori, tradendo l’impostazione complessiva degli impegni

che, come visto, enfatizzavano molto gli interventi a favore del welfare. In maniera un po’

grossolana, si potrebbe sintetizzare che la coalizione guidata da Silvio Berlusconi ha vinto le

elezioni sulla base di un programma, ma ha poi governato secondo un diverso programma e forse

addirittura in totale assenza a partire dal 2010. Nella fase elettorale e di insediamento del governo il

PdL ha coperto alcuni temi sociali vicini all’elettorato di centro-sinistra (come già rilevato da

Ricolfi, 2010), ma nell’attività che è seguita sono stati privilegiati i temi più cari all’elettorato di

centro-destra quali quelli relativi alla giustizia e alla sicurezza, complice certamente il ruolo giocato

Convegno SISP, Roma 13-15 Settembre 2012 N. Conti

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dalla Lega. Il PdL ha quindi adottato uno stile elettorale di tipo strategico, orientato a raccogliere

consensi anche nel campo avversario, ma ha poi stravolto la gerarchia degli impegni una volta al

governo rientrando nei ranghi delle priorità più vicine al centro-destra, prima di perdere

definitivamente ogni traiettoria di tipo programmatico.

Le pressioni causate dalla crisi finanziaria hanno certamente inciso negativamente sul

repertorio di policy del governo, legandone le scelte a una serie di vincoli esterni molto stringenti.

Questo potrebbe creare un problema più ampio dal punto di vista della riflessione teorica: per i

governi europei non è più possibile l’aderenza a un programma, data la preminenza assunta dagli

impegni con le istituzioni sovranazionali rispetto alle promesse fatte ai cittadini, soprattutto nelle

congiunture di crisi come quella attuale. Il modello di governo di adempimento potrebbe essere

messo in crisi da queste evoluzioni e nuove proposte teoriche dovrebbero intervenire per spiegare il

modus operandi dell’esecutivo. Nello specifico, il governo Berlusconi IV è apparso, comunque,

particolarmente deficitario dal punto di vista dell’adempimento, attraversato da una fase iniziale di

slancio (ancorché selettivo e non del tutto armonico con il programma), seguita a breve da una

totale perdita di rotta.

Il confronto con i precedenti governi

Nel confronto con i governi che lo hanno preceduto, dal punto di vista dell’implementazione

del programma, il governo Berlusconi IV risulta pure problematico. Dai dati della tabella 2 si

evince che la XVI legislatura è quella che ha conosciuto i livelli più bassi di realizzazione

programmatica. In realtà, vale la pena precisare che per questa legislatura abbiamo considerato solo

i tre anni e mezzo di durata del Berlusconi IV, mentre per le precedenti facciamo riferimento alle

realizzazioni complessive di una intera legislatura, anche a fronte dell’avvicendarsi di più governi

(Prodi I, D’Alema I e II e Amato II nella XIII legislatura, Berlusconi II e III nella XIV legislatura)

in quanto in questi casi nel quinquennio di riferimento la maggioranza parlamentare non è cambiata

in maniera sostanziale (come invece è accaduto nel 2008 con la formazione di un esecutivo tecnico

guidato da Monti). A fronte di questa precisazione, le legislature precedenti hanno conosciuto livelli

medi di attuazione del programma del 56%, con livelli più alti nella XIV (Berlusconi II-III, 58,5%)

e più bassi nella XV legislatura durata poco più di un anno e mezzo (Prodi II, 52,7%). Peraltro,

quest’ultima è stata particolarmente breve, ma l’attivazione sul programma appare di tutto di rilevo,

in quanto le proposte diventate oggetto di un intervento legislativo sono state ben 155, un dato

comparabile in termini assoluti a quello dei precedenti governi e più che triplo rispetto al Berlusconi

Convegno SISP, Roma 13-15 Settembre 2012 N. Conti

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IV. Tuttavia, nel caso del Prodi II pesano non poco le mancate realizzazioni. Infatti, come

precedentemente descritto, il programma risultava particolarmente sovraccarico dal punto di vista

propositivo (e lo sarebbe ulteriormente se si tenesse conto anche dei contenuti enunciativi, che non

consideriamo in questo lavoro e quindi non figurano nel calcolo sviluppato nella tabella 2). Più in

generale, questa tendenza riguarda soprattutto i governi guidati da Prodi, cui corrisponde però una

evidente capacità di attivazione in tempi molto brevi su numerosi punti del programma, segno di

una certa efficienza nell’organizzazione del governo, che però si è dovuta scontrare con i limiti di

una maggioranza risicata e sfilacciata.

A questo punto è d’obbligo avanzare una precisazione circa la congettura iniziale secondo la

quale il sistema italiano si sarebbe mosso verso un modello di governo di adempimento. In realtà, il

quadro è piuttosto discontinuo; questa tendenza può essere confermata solo nei casi in cui a guidare

l’esecutivo è il leader della coalizione che ha vinto le elezioni (Prodi I-II e Berlusconi II-III-IV).

Mentre ogni cambiamento nella leadership di governo o nella maggioranza che lo sostiene spinge il

sistema verso un modello di governo di transazione (si vedano i dati nella tabella 2 su D’Alema I-II,

Amato II, ma si pensi anche alla fase finale del Berlusconi IV e ai cambiamenti all’interno della sua

maggioranza). La tendenza non è quindi affatto lineare e ciò dimostra che la Seconda Repubblica

non è ancora approdata a un modello che privilegia chiaramente la responsabilità del governo

intorno a precisi impegni programmatici, sia tra partiti che verso gli elettori. Anzi, la migliore

definizione del programma di governo, che pure è andata affinandosi nel tempo, si scontra con le

spinte più centrifughe del sistema che causano governi instabili, concentrazione dell’attivazione

programmatica nella fase iniziale della legislatura, conseguente senso di delusione nei cittadini e

risultati negativi per i governi uscenti alle elezioni. Questi problemi non hanno riguardato solo il

centro-destra nel 2008-2011, ma anche i precedenti governi. Si tratta di fenomeni che possono

contribuire ad allontanare il governo dai cittadini, alimentando un’immagine diffusa di

autoreferenzialità della politica e disinteresse verso gli impegni che questa assume con gli elettori.

Anche con queste specificazioni su alcune linee generali del sistema, il bilancio del

Berlusconi IV appare ad ogni modo problematico. A fronte di una durata più che doppia del Prodi

II, l’attivazione sui punti del programma è stata percentualmente inferiore e molto

sottodimensionata in termini assoluti. Una serie di punti programmatici di portata ambiziosa

(riforma della giustizia) ha impegnato per molto tempo il governo e il Parlamento, ma non ha

trovato una compiuta realizzazione dal punto di vista legislativo, mentre altri punti del programma

sono stati evidentemente accantonati. Peraltro, Berlusconi ha potuto contare sul vantaggio iniziale

di una maggioranza ampia, ma evidentemente questa condizione ha inciso solo relativamente sulla

capacità di attuazione degli obiettivi enunciati. I governi a maggioranza più risicata guidati da Prodi

Convegno SISP, Roma 13-15 Settembre 2012 N. Conti

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hanno conosciuto livelli di attivazione sul programma molto alti, anche a fronte di un tasso di

successo parlamentare delle proposte di legge governative complessivamente limitato (poco più del

35% per Prodi II, cfr. Cotta, Marangoni e Verzichelli 2008). In questo caso, la macchina

governativa appare essersi mossa in maniera più sistematica per adempiere al programma, anche se

poi si è dovuta scontrare con un Parlamento diviso, anche all’interno della stessa maggioranza.

Questo fa capire che lo sforzo di Prodi di dare seguito alle proposte programmatiche è stato di tutto

rilievo, infatti in un tempo molto limitato molte di queste hanno conosciuto un intervento

legislativo, pure a fronte di un rapporto non proprio armonico tra governo e Parlamento sin dagli

inizi della legislatura. In definitiva, i livelli di implementazione del programma da parte di Prodi II

sono risultati superiori rispetto al Berlusconi IV. Su questo dato potrebbe pesare il sistema di

calcolo dei livelli di implementazione rilevato sulle sole proposte che, come abbiamo visto, nel caso

di Prodi II riguardano solo il 43% del programma (78,8% per Berlusconi IV). Si tratta, comunque,

in termini assoluti di 294 proposte (a fronte delle 100 proposte del governo Berlusconi IV), di cui

oltre la metà ha conosciuto una traduzione almeno parziale in un lasso di tempo breve. Questo

confronto può dare la misura di un esito non certo positivo dell’attività programmatica del governo

Berlusconi IV.

In chiave comparata, invece, i governi monopartitici britannici riescono ad attivarsi per

tradurre le promesse elettorali in decisioni autoritative in maniera più puntuale dei governi italiani.

Ma esiste evidentemente un complesso di fattori che determina il successo di un programma di

governo, dove la forza e la struttura monopartitica della maggioranza parlamentare, oppure la natura

pre-elettorale dell’accordo di coalizione, non costituiscono condizioni necessarie per un buon

risultato (come dimostra peraltro la comparazione tra Berlusconi IV e Prodi II). Per esempio, come

illustrato nella tabella 3, anche i governi di minoranza (es: Svezia), o le coalizioni post-elettorali

(es: Irlanda, Olanda), possono avere alti livelli di attivazione sul programma (Costello e Thomson

2008, De Winter et al. 2000, Naurin 2009, Thomson 2001). Peraltro, in chiave comparata, vediamo

che l’Italia si pone ai livelli più bassi, con delle oscillazioni importanti già documentate in questo

lavoro e che vedono il recente governo Berlusconi IV in una posizione piuttosto sfavorevole.

L’analisi empirica dimostra quindi l’esistenza di governi più impegnati sul programma, dotati di

maggiore capacità di guidare l’agenda e ricondurla a impegni prefissati, ma le ragioni di queste

diversità rimangono in larga misura inesplorate dalla letteratura. Per il caso italiano, alla luce dei

risultati dell’analisi la natura pre-elettorale 1) della coalizione 2) del leader e 3) del programma di

governo possono aver avuto un’influenza positiva sull’attuazione. Si tratta tuttavia di fattori

esplicativi che andrebbero esaminati più approfonditamente, mentre il presente studio si è limitato

essenzialmente a una analisi di tipo descrittivo. Da questo punto, la ricerca potrebbe trarre un sicuro

Convegno SISP, Roma 13-15 Settembre 2012 N. Conti

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arricchimento da una analisi approfondita delle spiegazioni, con l’esame dei fattori che hanno

determinato i diversi esiti del sistema italiano rispetto agli altri paesi, ma anche tra i diversi governi

della Seconda Repubblica.

Conclusioni

Il quadro complessivo delle realizzazioni del governo Berlusconi IV e il loro collegamento

al programma è risultato piuttosto frammentato. L’attuazione (misurata attraverso l’esame delle

leggi di implementazione del programma) non riflette pienamente gli impegni che l’esecutivo ha

assunto. Sono molti i punti che hanno conosciuto un’attivazione solo parziale e l’iniziativa

programmatica del governo è risultata progressivamente declinante e fallimentare. In realtà, il

governo ha avuto una fase di avvio molto promettente con livelli di attivazione sul programma

piuttosto elevati e un buon raccordo con il Parlamento. A questa fase breve ne è seguita una più

lunga di evidente perdita della traiettoria e abbandono del modello di governo di adempimento.

Abbiamo tuttavia documentato trattarsi di un fenomeno ricorrente nel caso italiano, dove a

un’immediata fase post-elettorale di intensa attivazione sul programma segue puntualmente una

fase di transazione incentrata più che altro sul negoziato per le nomine politiche cui non corrisponde

una definizione altrettanto puntuale delle policy, oppure di totale deriva della maggioranza (Prodi

II). Si tratta di una continua oscillazione tra due modelli - per certi versi opposti - che ben rende

l’idea della transizione che attraversa il sistema, tra spinte maggioritarie e per un governo

responsabile su precisi impegni di policy e pressioni di tipo proporzionalistico e perfino

consociativo.

Con riferimento alla congettura di partenza, nel complesso la nostra analisi mette in

evidenza come il governo italiano non abbia abbracciato il modello di adempimento in maniera

stabile. Alcune fasi hanno visto un avvicinamento a quel modello, segnando un cambiamento

importante rispetto al passato, ma solo in presenza di una maggioranza e un capo di governo di

derivazione elettorale, mentre ogni variazione a quel tipo di compagine ha comportato un

allontanamento. In questo quadro, il governo Berlusconi IV è apparso piuttosto distante

dall’adempimento al programma, abbandonato già a partire dal secondo anno di mandato; questo

caso pone quindi una sfida alle congetture che hanno anticipato la tendenza del caso italiano ad

allinearsi a un modello di responsabilità politica incentrato sul rispetto di precise proposte

programmatiche. In alcune fasi, questa tendenza è risultata effettivamente più evidente, ma nel

complesso il caso italiano può definirsi una forma ibrida, caratterizzata da pressioni di segno

Convegno SISP, Roma 13-15 Settembre 2012 N. Conti

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opposto che spingono a una continua fluttuazione tra la responsabilità e l’indifferenza verso ogni

impegno programmatico prefissato dall’esecutivo.

Convegno SISP, Roma 13-15 Settembre 2012 N. Conti

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Fig. 1 – L’articolazione del programma del governo Berlusconi IV per macro-aree tematiche

(%)

Tab. 1 – L’attuazione delle proposte programmatiche del governo Berlusconi IV secondo il

settore di policy (percentuali tra parentesi)

Proposte programmatiche …di cui interessate da intervento legislativo

Il federalismo 1 1

(100)

Rilanciare lo sviluppo 30 17

(56,7)

Più sicurezza, più giustizia 19 12

(63,2)

Sostenere la famiglia 32 11

(34,4)

Il Sud 4 2

(50)

Servizi ai cittadini 10 3

(30)

Piano straordinario di finanza

pubblica

4 1

(25)

Totale 100 47

(47*)

* la percentuale totale è calcolata sulle proposte totali del programma (N=100)

Convegno SISP, Roma 13-15 Settembre 2012 N. Conti

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Tabella 2: Attuazione del programma di governo (percentuali e valori assoluti tra parentesi)

XIII Legislatura

(1996-2001)

XIV Legislatura

(2001-2006)

XV Legislatura

(2006-2008)

XVI Legislatura

(2008-2011)

Attuazione almeno

parziale

Intera legislatura

56,9

(156)

Di cui Prodi I

40,9

(112)

58,5

(107)

52,7

(155)

47

(47)

Nessuna attuazione Intera legislatura

43,1

(118)

Di cui Prodi I

59,1

(162)

41,5

(76)

47,3

(139)

53

(54)

Tot. 100

(274)

100

(183)

100

(294)

100

100 Nota: L’attuazione è stata calcolata in termini di atti legislativi riconducibili alle proposte del programma di governo. Nel computo non rientrano invece i punti del programma codificati come semplici enunciazioni. I dati del 1996-2006 (legislature XIII e XIV) sono adattati da Moury (2011), gli altri dati sono stati calcolati dall’autore applicando lo stesso metodo.

Tabella 3: Attuazione del programma di governo in diversi paesi

Realizzazione almeno parziale

Svezia 1994-2002 89%

Regno Unito 1974-1997 85%

Stati Uniti 1976-2000 65%

Norvegia 2001-2005 60%

Francia 1997-2007 60%

Olanda 1986-1998 57%

Spagna 1993-2000 55%

Italia 1996-2011 54% Irlanda 1977-2007 52%

Repubblica Ceca 1992-2006 45%

Fonte: adattamento da Naurin 2009 (elaborazione dell’autore di Italia 1996-2011).

Convegno SISP, Roma 13-15 Settembre 2012 N. Conti

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1 Naturalmente, l’agenda del governo non si esaurisce con il suo programma, per forza di cose incompleto rispetto all’attività di un’intera legislatura, ma si attiva anche su altre questioni, per esempio sull’onda di emergenze o di nuove

priorità emerse in seno alla sua maggioranza, nella società, oppure sollevate dall’opposizione. L’analisi degli interventi

esterni al programma e la loro interazione con gli impegni programmatici rappresenta di per sé un problema di ricerca

(si vedano Baumgartner et al. 2011e Sulkin 2005) che non sarà trattato in questo lavoro. 2 Questa area tematica contiene circa 2/3 di riferimenti alla sanità e all’istruzione e circa 1/3 all’ambiente. 3 Per i governi Prodi I e Berlusconi II-III facciamo riferimento ai dati riportati da Moury (2011), mentre per Prodi II

trattasi di una elaborazione dell’autore. 4 La somma delle proposte (100) e delle enunciazioni (27) equivale a un totale di 127 dichiarazioni. 5 Nello studio di Cotta et al. (2011) non è presente la distinzione tra proposte e enunciazioni, la proporzione di

iniziative legislative è stata quindi calcolata sul totale delle dichiarazioni (127). 6 A ogni proposta del programma può corrispondere più di una legge attuativa, ecco perché il totale delle convergenze supera le 47 realizzazioni complessive di proposte del programma. D’altra parte, un atto normativo può implementare

contemporaneamente più proposte.

Convegno SISP, Roma 13-15 Settembre 2012 N. Conti

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7 A lasciare i rispettivi incarichi di governo sono solo Andrea Ronchi, Adolfo Urso, Roberto Menia e Antonio

Buonfiglio.