Dalla terra alla mensa. Viaggio tra i libri antichi della ... · drasticamente nell’Alto...

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BIBLIOTECA COMUNALE "L. BENINCASA" Dalla terra alla mensa. Viaggio tra i libri antichi della Benincasa Catalogo della mostra (28 settembre- 31 ottobre 2013) SPAZIO D'INGRESSO DELLA BIBLIOTECA COMUNALE VIA BERNABEI N. 30

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BIBLIOTECA COMUNALE "" "L. BENINCASA"

Dalla terra alla mensa. Viaggio tra i libri antichi della Benincasa

Catalogo della mostra(28 settembre- 31 ottobre 2013)

SPAZIO D'INGRESSO DELLA BIBLIOTECA COMUNALEVIA BERNABEI N. 30

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Dalla terra alla mensa: percorsi di saperi e sapori, cicli di orti ed artiDi Tommaso LucchettiLa preoccupazione primaria degli umani, come di tutti gli altri esseri viventi, è stato sempre il sostentamento. I capricci della natura e dei cicli meteorologici, come anche le isterie e gli impuntamenti dei vari governanti hanno da sempre, e fino a pochi decenni fa, causato preoccupazioni ed angosce nella gente comune, perfino nel nostro vecchio ed agiato continente europeo, sulla penuria di provviste, sulla carenza di cibo, sul morso della fame che spingeva a stratagemmi di sopravvivenza estremi, con il ricorso a risorse anomale e talvolta persino agghiaccianti se non criminose (le cronache medioevali raccontano ad esempio le carestie micidiali che indussero fino a casi di cannibalismo).Da sempre preoccupato dell’esigenza fisiologica del nutrirsi, l’essere umano non poteva non giungere ad arricchire, grazie alla sua specifica sensibilità ed intelligenza, le pratiche del cibarsi in una delle più meravigliose architetture del pensiero, dell’anima e dell’immaginario. Dalla coltivazione, passando attraverso le pratiche di conservazione in dispensa e di trasformazione in cucina si giungeva fino al consumo ritualizzato ed apparecchiato della tavola (anche esteticamente ornata): ogni tappa o ambito del percorso dai campi (o dal mare) fino alla mensa si è presso ogni civiltà affidato a presenze soprannaturali che congiungevano la terra al cielo, con la mediazione di divinità protettrici, apparati cerimoniali e riti codificati nel tempo, credenze e superstizioni, gesti e celebrazioni augurali, cronache e racconti di tutto ciò affidati all’interpretazione creativa ed al racconto da parte della

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letteratura e delle arti.Ecco così che i poemi più antichi della letteratura greca registrano la perizia dell’agricoltura come orgoglio di civiltà1: Omero parla di barbari che non conoscono il pane, tratteggiando un bruto come Polifemo del tutto ignaro dell’esistenza del vino, mentre Esiodo dedica addirittura “Le opere e i giorni” a tutte le pratiche necessarie della campagna nell’arco dell’anno (sull’edizione di questa opera in mostra, cfr. relativa scheda di catalogo, n. 2). L’incrocio dell’invenzione poetica con insegnamenti più prosaicamente didascalici si riscontra anche ad esempio con le “Georgiche” di Virgilio, ma nella stessa letteratura latina si riscontrano autentici trattati scientifici sull’agronomia, come le opere di Catone (che presenta anche le più remote ricette rustiche), o anche di Varrone e Columella (in proposito si rimanda al testo in mostra “Rei Rusticae”, cfr. relativa scheda catalogo, n. 3). L’idillio indissolubile tra colture e culture si legge nell’esposizione delle principali pratiche, dall’allevamento degli animali, all’orto, all’aromatario (con le piantine odorose) ai legumi ed agli alberi da frutta; grandissimo spazio hanno poi inevitabilmente le tre piante con i loro frutti e prodotti lavorati, che virtualmente costituiscono un autentico trittico identitario di orgoglio ed appartenenza culturale, rappresentando l’essenza della civiltà rispetto alla brutalità semibestiale di certi popoli. I barbari infatti, con il loro linguaggio incomprensibile, il loro nomadismo di allevatori transumanti sono abituati a cibarsi di carne e latticini, ed in genere invece alieni al sostentamento con cereali/farina/pane, al condimento a base di ulivo/olive/olio, al dissetarsi attraverso vite/uva/vino. 1

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In proposito si rimanda a Storia dell’alimentazione, a cura di J.L. Flandrin – M. Montanari, Roma-Bari, Laterza, 1996).

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L’importanza di queste colture(culture) è proseguita inevitabilmente nel tempo, come sempre benedetta dall’Alto da una nuova sacralità, poiché dalla protezione pagana di Dioniso, Demetra, ed Atena la cristianità ha codificato l’essenzialità del pane e del vino nella simbologia eucaristica, e dell’olio nella solennità del crismon per impartire i sacramenti2. In questa terna colturale-culturale il pane ha forse le connotazioni magico-misteriche più fantasiose e complesse, ad esempio una fiaba popolare del Sud Italia vede sull’origine del lievito un passaggio di consegne solenne tra la Sibilla e la Madonna bambina, mentre un altro racconto popolare apocrifo narra di Gesù Bambino stesso che, nascosto in una madia durante la fuga in Egitto, regala all’umanità con il suo tocco miracoloso il cosiddetto “fermento”3. Questo alimento emblema stesso del sostentamento, la pagnotta quotidiana che dalla preghiera più antica del “Padre Nostro” fino ai proverbi popolari più famosi ricorre nel parlato più ordinario, ha dato luogo attraverso i secoli a tanti testi specialistici. Per fare un esempio dal momento che esistevano molti tipi di pane “di compenso”, con legumi o cereali inferiori al posto del grano, molti scritti suggerivano come panificare con le sostanze più astruse, garantendo così la presenza del pane come formato di cibo archetipico irrinunciabile, anche se intimamente composto di mollica fatta con ghiande, o addirittura con il loglio o zizzania4: in proposito è illuminante il trattato 2

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Sul trittico culturale-colturale in questione si rimanda a M. Montanari, La fame e l’abbondanza: storia dell’alimentazione in Europa, Roma-Bari, Laterza, 1993.3

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L’aneddoto è riportato da S. Papa, La cucina dei monasteri, Milano, Il Formichiere, 1978.4

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Ricchissimi gli spunti in merito in P. Camporesi, Il pane selvaggio,

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settecentesco di Giovanni Targioni Tozzetti “Circa le varie maniere d'accrescere il pane con l'uso di alcune sostanze vegetabili; nella quale si mostrano i modi d'impastare utilmente ogni forma di grano ... Coll'esposizione di gran copia di altre frutta, ed erbe capaci di somministrare un sostanzioso, salubre, e ancor piacevole alimento” (cfr. la relativa scheda nel cat. n. 8) . Tanti poi negli ultimi cinque secoli di stampa i testi dedicati ai cereali, da quelli più particolari ed alieni dalla nostra antichità come il riso ( si veda in mostra il volume settecentesco “La coltivazione del riso. Poema del marchese Gian Battista Spolverini”, cfr. relativa scheda di cat. 6), fino al più universale frumento, oggetto in tempi recenti di studi specialistici per la creazione di nuove qualità da parte di agronomi come Nazzareno Strampelli, vanto marchigiano in quanto originario di Macerata (si veda l’opera in mostra, cfr relativa scheda di cat. 7).Se i cereali ed il pane in tutte le sue forme hanno avuto fortuna e presenza continua nel vitto popolare ed aristocratico di ogni epoca e contesto, l’olio ha subito invece una lunga parentesi di oblio: dopo l’impiego consueto accanto al lardo ed al grasso suino in genere presso gli antichi romani (che invece non annoverano tra i condimenti il burro, perché usato come farmaco o pomata) è stato infatti trascurato con la caduta dell’impero romano, poiché le popolazioni barbariche sopraggiunte al dominio assoluto dal Nord Europa non conoscevano né tantomeno impiegavano questo grasso vegetale mediterraneo. Pertanto un po’ ovunque l’ulivicoltura si ridusse drasticamente nell’Alto Medioevo, e ci volle la tenacia dei monaci benedettini, non solo nel salvare le opere classiche di agronomia ricopiandole ma riprendendo Bologna, Il Mulino, 1984.

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sperimentalmente a nuova coltura gli oliveti, considerata anche l’indispensabilità dell’olio quale condimento vegetale alternativo ai grassi di origine animale, come essenza dei riti sacramentali, e come agente illuminante per garantire lo studio e le pratiche intellettuali anche d’inverno alla fiochissima luce delle lampade in inverno. Se nel testo trecentesco di agronomia di Pietro de’ Crescenzi5 la sezione dedicata agli ulivi è assai risicata, nei secoli successivi si registra un’attenzione sempre crescente, con diversi contributi monografici, tra cui ad esempio a fine Ottocento l’opera di Pietro Cassella “L'ulivo e l'olio : manuale pratico per la coltivazione dell'ulivo e per la fabbricazione dell'olio” (cfr. relativa scheda di catalogo n. 10), o a carattere locale “L'olivicoltura e l'oleificio nelle Marche : come risollevarli dalle misere condizioni in cui versano oggidì” (cfr. relativa scheda di catalogo n. 11) . Naturalmente si confezionavano anche altre varietà di olio di origine diversa da quella ulivicola, come ad esempio dai vinaccioli dell’uva, come illustrato dal saggio ottocentesco in merito di Luigi Bonfiglioli “L'industria ossia Metodo onde estrarre dai vinaccioli dell'uva dell'olio bonissimo e descrizione sulla loro proprietà” (cfr. relativa scheda di catalogo n. 9). Si arriva pertanto alla grandissima importanza culturale e colturale del vino e della viticoltura, da sempre oggetto di numerosissimi testi monografici importanti fin dall’antichità, che a partire del Cinquecento cominciano anche a assumere ambizioni di classificazioni anche dalla vocazione storiografica, ad esempio Il “De naturali vinorum historia” del marchigiano 5

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Il Liber ruralium commodorum è stato composto da Pietro de’ Crescenzi con ogni probabilità tra il 1304 ed il 1309. Tra le più antiche edizioni stampa la più autorevole è considerata quella di Basilea del 1548.

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Andrea Bacci6, o addirittura di repertoriazione sulle caratteristiche di gusto, come da parte di Sante Lancerio, bottigliere di papa Paolo III, autore di una significativa “lettera sui vini” (rimasta manoscritta7), in attesa della più moderna figura del sommelier, che appare ad esempio nel titolo di un manuale del 1829 di André Jullien “Manuel du sommelier, ou instruction pratique sur la manière de soigner les vins” (cfr. relativa scheda di catalogo, n. 18). La letteratura francese enologica è sempre stata un punto di riferimento importante anche per le pubblicazioni italiane, con traduzioni e riduzioni libere di autori d’Oltralpe (ad esempio il “Il vade-mecum del perfetto viticultore”, di A. Lavoit, cfr. relativa scheda di catalogo n. 19). Durante il Settecento l’approccio illuministico porterà a testi sempre, più analitici, articolati e completi sulle questioni agronomiche ed enologiche, rivolti esplicitamente e con dichiarato intento didattico o ai giovani da instradare in questo ambito, o anche più direttamente ai contadini, spesso schiavi di tecniche ormai antiquate e controproducenti per la qualità finale del vino (un esempio in proposito l’opera del 1823 di Carlo Verri “Del vino discorsi quattro del conte Carlo Verri scritti per istruzione de'giovani agricoltori suoi contadini”, cfr. relativa scheda di catalogo n. 24); l’impostazione di questi volumi didattici rivolti ai più umili lavoratori delle campagne assumerà poi nel tempo un carattere più diretto 6

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Il trattato di Andrea Bacci, medico e naturalista nativo di Sant’Elpidio a Mare (1524-1600) , comparve per la prima volta a Roma nel 1596.7 Della lettera di Sante Lancerio (vissuto nel secolo XVI) indirizzata al cardinal Guido Ascanio Sforza, si fa riferimento qui alla trascrizione nell’antologia L’arte della cucina in Italia (a cura di E. Faccioli, Torino, Einaudi, 1987).

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(come “L'arte di fare il vino insegnata ai campagnoli”, cfr. relativa scheda di catalogo n. 20), se non addirittura più colloquiale, ed ancora più efficace in termini di chiarezza divulgativa, quando redatti nella forma di dialogo, specialmente nei casi più delicati come le malattie della vite e le loro cure (un caso significativo "La peronospora della vite : dialogo fra tre contadini ed il loro fattore” di Guido Bertini del 1893, cfr. relativa scheda di catalogo n. 13). Alcune dissertazioni riguardavano poi tutti le altre produzioni alimentari derivate dall’uva ed anticamente assai significative nella cultura gastronomica, come il mosto (da cui si ricavava per concentrazione la sapa, il dolcificante più diffuso nelle famiglie contadini), l’aceto, o bevande particolari come il pregiato passito o il più corrivo acquaticcio, fino a tutti i possibili distillati e liquori; in proposito vanno segnalate anche pubblicazioni locali marchigiane, sull’aceto (“L'aceto metodo sicuro, e sperimentato per farlo forte” di Michele Brancati... esposto e pubblicato dal sacerdote Gio. Domenico Podocattaro., stampato a Loreto nel 1810, cfr. relativa scheda di ctaalogo n. 14), o ancora sullo sciroppo d’uva (“Memoria fisico-chimica sullo siroppo dell'uva e sul modo di prepararlo” di Giuseppe Colizzi, professore dell'università di Macerata, dove l’opera viene stampata nel 1798, cfr. relativa scheda di catalogo n. 15). Da ricordare anche il fabrianese Francesco Scacchi autore su un trattato sulle bevande e sul vino in genere (“De salubri potu dissertatio”, stampato a Roma nel 1598, qui in edizione del 1622, cfr. relativa scheda di catalogo n. 38).Dell’importanza dell’uva come fonte di sostanze zuccherine assai impiegate come principali e più comuni edulcoranti si è già detto, ma di sicuro il dolcificante per antonomasia è sempre stato il miele, celebrato come tale anche nelle accezioni simboliche ed intellettuali di

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dolcezza, sia nella classicità pagana della letteratura greca e latina sia nella solennità devozionale ebraico-cristiana della Bibbia. Del resto anche vino e miele andavano spesso a braccetto, nella cultura materiale dei simposi (il “mulsum” amato e libato dai latini era vino melato) e nella percezione del sacro degli antichi romani, per i quali Libero/Bacco proteggeva sia il succo fermentato dell’ebbrezza sia il nettare della dolcezza assoluta. La letteratura latina tratta il miele sia attraverso la poesia e l’invenzione mitico-letteraria (Virgilio nelle “Georgiche”), sia nella prosa dei trattati agronomici specifici. Per secoli i modelli anche pratici per la coltura delle api sono stati appunto certi precetti arcaici perpetuati quasi come ritualità tribali. Solo dall’Ottocento cominciano a diffondersi manuali didattici per ammodernare definitivamente le tecniche apicole in tutte le realtà rurali (tra cui l’opera del 1870 di Flaminio Barbieri “Istruzione popolare d'apicoltura razionale pratica”, cfr. relativa scheda di catalogo n. 25), riscontrando anche la presenza di pubblicazioni, anche piccole, nel contesto marchigiano (da citare il “Manualetto di apicoltura” di Giuseppe Montagano, come recita la copertina “ad uso del contadino-apiajo, delle scuole rurali e di chiunque voglia iniziarsi nella geniale industria, stampato ad Ancona nel 1904, cfr. relativa scheda di catalogo n. 27); i primi tentativi di ammodernamento ed aggiornamento importanti si devono anche in questo caso a testi settecenteschi del Nord Europa, e come sempre francesi (come il “Traité curieux des mouches a miel”, cfr. relativa scheda di catalogo n. 28). Naturalmente riferimenti all’allevamento delle api per ottenere quantità ottimali di miele e cera si trovavano anche nei trattati generici di agronomia (come l’opera di Cosimo Trinci del 1778, cfr. relativa scheda di catalogo n. 29).

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I trattati di agronomia assumevano poi spesso un carattere meno dottrinale e più pratico, uscendo nella versione non di saggio tecnico ed autoreferenziale per addetti ai lavori, ma come manuale ben più didascalico e gentile, rivolto ai giardinieri (come l’opera il “Giardino d'agricoltura” di Marco Bussatti del 1612, cfr. relativa scheda di catalogo n. 1), ai proprietari terrieri, ai fattori ed anche alle massaie, sciogliendo i precetti scientifici in elementari consigli per la contabilità delle provviste principali, come anche per la gestione di orti e di giardini e per altre pratiche come la gelsicoltura e la gestione dei bachi da seta (in questo senso vale la pena ricordare, il saggio di Antonio Maria da Albogasio “L'ortolano in villa e l'accurato giardiniere in citta…”, stampato nel 1779, cfr. relativa scheda di catalogo n. 12). Un testo che ha rappresentato un modello in questo senso è stato “L’Economia del cittadino in villa” di Vincenzo Tanara8, opera che traduce i principi della gestione agraria nei precetti per la supervisione da parte del proprietario terriero, proponendo un panorama di piacevole lettura su tutte le provviste ma anche sulle consuetudini di vita dei contadini, facendo emergere consigli diretti sui vari generi alimentari, sulla loro conservazione e trattazione, ad esempio proponendo un repertorio di tutte le “vivande” ed i salumi ottenibili dal maiale. Inevitabilmente dai dettami per la trattazione delle provviste per la loro conservazione in dispensa si scivola verso consigli più articolati per l’alimentazione, e quindi 8 “L’economia del cittadino in villa” di Vincenzo Tanara (Bologna, primi anni del ‘600-1667) è stato composto a sua volta, per diretta ammissione dell’autore, sulle Vinti giornate dell’agricoltura di Agostino Gallo e sull’Opera di Bartolomeo Scappi. La prima edizione è bolognese del 1644.

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all’enunciazione anche di ricette di cucina. Esemplari in questo senso quelle tipologie di pubblicazioni effimere, in genere di inizio anno e quindi spesso concepite come strenne augurali, quali gli almanacchi ed i lunari. Nati come semplici calendari articolati sono diventati nel tempo una guida per le pratiche agrarie, per la contabilità familiare e per la gestione domestica; in origine pensati per la nobiltà terriera e per i fattori in genere, contenevano precetti per la conduzione ottimale del ciclo agrario con le sue scadenze ed i tempi dalla semina al raccolto, con un ricco elenco di suggerimenti spiccioli sul modus operandi affidati spesso alla leggerezza di proverbi ed aneddoti. Andava da sé appunto che dopo i consigli sulle provviste e la loro gestione in dispensa si passasse ad istruzioni per la fase successiva, l’impiego razionale dei cibi in cucina per la preparazione dei pasti giornalieri, e talvolta anche dei pranzi festivi e celebrativi; pubblicazioni del genere avevano un loro pubblico sia nelle campagne sia nelle classi cittadine, e si riscontrano serialità di stampa di questo tipo anche in Ancona ( “Il fa per tutti, Giornale per l'anno 1818 anche per gli anni 1823, 1830, cfr. relative schede di catalogo n. 30, 39, 40, 41). Inevitabilmente le preparazioni di cucina e di pasticceria proposti in questi volumetti rimandavano per stile e tipologia alle mode gastronomiche vigenti dell’epoca, di un’arte cucinaria di volta in volta condizionata dalla creatività e dai precetti degli autori dei ricettari di volta in volta più celebri. In questo caso il testa a testa per l’indiscussa supremazia era nell’arco dei secoli tra Francia ed Italia. Ad esempio tra Seicento e Settecento si deve all’ingegno francese, assolutamente egemonico in quel periodo nelle tavole di tutta Europa, un’autentica rivoluzione nell’ingegneria dei sapori e della sequenza di portate nei pasti, ma soprattutto inizia qua una volontà di avviare ad una cucina raffinata,

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propria delle corti e dell’aristocrazia, anche l’emergente classe borghese9. Questi trattati di inarrivabili chef francesi vennero anche tradotti in italiano, anche se tradendo spesso lo spirito originario secondo i gusti italiani (un caso significativo è la versione italiana di François Massialot “Il cuoco reale, e cittadino”stampato a Venezia nel 1751, cfr. relativa scheda di catalogo n. 43). Nel tardo Cinquecento era invece nel cuore della Roma dei papi a radicarsi una raffinata arte conviviale grazie all’opera di Bartolomeo Scappi, cuoco dei pontefici ed autore di un monumentale ricettario che non solo propone ricette secondo intriganti soluzioni modulari ma anche liste di conviti e soprattutto un apparato descrittivo degli ambienti e degli arredi di una cucina ideale, con un preziosissimo corredo di stampe ad illustrare pratiche ed utensili fin nei dettagli (cfr. relativa scheda dell’esemplare in mostra, n. 44).Nello Scappi come in molti altri ricettari a stampa fino a secoli assai recenti vi erano due registri di ricette ben diversi e distinti, “di grasso” o di “magro”, ossia secondo i giorni del calendario liturgico in rigorosa osservanza del precetto di astinenza, quando erano banditi carne, e per molti secoli anche uova e latticini, e si doveva pertanto ricorrere al pesce. La conoscenza e la produzione delle risorse ittiche era pertanto importante anche per una questione etico-religiosa quale l’osservanza delle quaresime e delle vigilie. Il mondo marino misterioso ed affascinante, oggetto di scenografie evocative con Poseidone ed i tritoni, oltre a restare oggetto dell’inventiva poetica anche conviviale( ad esempio la “favola piscatoria” di Antonio Ongaro “L'Alceo”, pubblicata a Firenze nel 1819, 9

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Cfr. C. Benporat, Storia della gastronomia in Italia, Milano, Mursia, 1990; A. Capatti-M.Montanari, La cucina italiana: storia di una cultura, Roma-Bari, Laterza, 2000.

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cfr. relativa scheda di catalogo n. 33), dava luogo pertanto a testi che offrivano una classificazione delle specie marine (come per il “Libro di Mons. Paolo Giovio de' pesci romani”, testo del 1560, cfr. relativa scheda di catalogo n. 31), oppure che illustravano le disponibilità secondo stagione (si veda per il contesto dorico le elencazioni de “Il fa per tutti, giornale per l'anno 1833”, cfr. relativa scheda di catalogo n. 1833); non mancavano naturalmente manuali sulla pesca (in proposito ad esempio la trattazione nell’opera articolata di Eugenio Raimondi “Le caccie delle fiere armate, e disarmate…”, stampata a Venezie nel 1785, cfr. relativa scheda di catalogo n. 34) e sulla creazione e manutenzione dei laghetti o riserve artificiali di risorse ittiche (il sesto tomo della monumentale opera del 1796 di Ludwig Mitterpacher che tratta di “peschiere", cfr. relativa scheda di catalogo n. 32).L’adesione ad un modello alimentare, o a precise scelte di rinuncia a determinati cibi (talvolta anche solo per la loro portata simbolica) poteva avere anche scelte più estreme, ad esempio il vitto pitagorico, ossia esclusivamente vegetariano, che sulle basi teoriche del filosofo e matematico greco aveva in particolare nel Settecento i suoi devoti cantori, come anche i suoi critici (la dissertazione di Giovanni Bianchi “Se il vitto pittagorico di soli vegetabili sia giovevole per conservare la sanità, e per la cura d'alcune malatie”, stampata nel 1752, cfr. relativa scheda di catalogo n. 35). Del resto, a partire da quel “De honesta voluptate ed valetudine” (Il piacere onesto e la buona salute) redatto dal Bartolomeo Sacchi detto il Platina a metà Quattrocento, e considerato il capostipite della nostra letteratura gastronomica10, non mancano autori di 10

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La prima edizione del De honesta voluptate et valetudine di Bartolomeo Sacchi detto il Platina (1421-1481) comparve a Roma, probabilmente nel 1474, mentre la prima edizione in volgare fu

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testi con precetti medico-dietetici, come nel Cinquecento Castore Durante (“Il tesoro della sanità”, cfr. relativa scheda di catalogo n. 36), e Baldassar Pisanelli (“Trattato della natura de' cibi et del bere”, stampata nel 1598, cfr. relativa scheda di catalogo n. 37).Pertanto la mansione di predisporre i cibi secondo le loro caratteristiche medico-dietetiche oltre che terapeutiche, nell’interesse principale del signore e dei suoi più stretti familiari era molto tenuta da conto presso le grandi casate aristocratiche, ed era in genere seguita dallo scalco. Questa figura unica di dignitario o ufficiale, impegnato a sovrintendere al servizio ordinario e straordinario della tavola, era però naturalmente molto più di un nutrizionista dell’epoca. In origine il suo compito era gestire le provviste e le pietanze nel servizio a tavola osservando criteri di distribuzione secondo il rango ed il ruolo di ogni componente dell’organigramma di casa, e quindi garantire così che la stessa rilevanza individuale e sociale venisse riflessa durante ogni ritrovo conviviale, sia nell’ordinarietà dei pasti comuni sia nell’episodicità sontuosa dei banchetti di ogni genere e ricorrenza. Nell’organizzare le feste ed i conviti lo scalco doveva non solo far osservare con rigore l’ordine ed il rispetto dei valori in campo, e della forma ormai inquadrata da testi sull’etichetta di corte e poi sul galateo (come il celeberrimo “Cortigiano” di Baldassar Castiglione, cfr. relativa scheda cat. n. 47), ma sovrintendere a tutti i servitori addetti all’imbandigione e fiancheggiare il cuoco fornendogli informazioni sugli ingredienti e ragguagli su ricette. In questo è esemplare il testo di uno scalco di origine toscana, Domenico Romoli detto “Il Panonto”, autore appunto nel 1560 de “La singolar pubblicata a Venezia nel 1487. L’ultima edizione critica a cura di E. Faccioli (Torino, Einaudi, 1986).

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dottrina” (cfr. relativa scheda cat. n. 46). Nei secoli successivi lo scalco diventa un autentico gastronomo, che propone nei propri scritti suggerimenti su ricette raffinate e sul modo più elegante di predisporre le pietanze nei monumentali piatti da portata. Al tempo stesso questo gran cerimoniere diventò anche un autentico regista, in grado di trasformare il banchetto in una cerimonia conviviale spettacolare, ludica e celebrativa, impaginata come una sceneggiatura, con le mense apparecchiate come palcoscenici dove tutte le arti , gli artisti e gli artigiani erano chiamati a drappello per dare il meglio di sé. Attori, musici, cantanti si esibivano in intrattenimenti (talvolta creati per celebrare il significato e l’occasione del ritrovo), e nelle grandi corti tutti gli architetti e gli ingegni migliori apportavano effetti teatrali al banchetto, mentre scultori e pittori affiancavano pasticcieri e cuochi, perché le sculture di zucchero e le gelatine istoriate narrassero al meglio le simbologie del convito e dei commensali protagonisti11. Arti squisite e particolari come la piegatura dei tovaglioli (per questo si ricorda il magnifico trattato monografico di Mattia Giegher del 163812) si incrociavano nel loro effimero con la rilucente durevolezza delle arti applicate, 11

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Esempi marchigiani in questo senso sono i conviti raffinatissimi della corte del maceratese cardinal Bonaccorsi, come descritti dalle carte manoscritte di casa conservate alla Biblioteca Statale di Macerata (trascritti integralmente in U. Bellesi – A.M. Napolioni - T. Lucchetti, Piatti reali e trionfi di zucchero: carte di casa Bonaccorsi nella Macerata seicentesca, Roma, Retecamere, 2009. 12

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Mattia Giegher (non si hanno precise notizie biografiche, bavarese di origine lavorava a Padova) è autore de “Li tre trattati”, pubblicati in un'unica raccolta a Padova nel 1639, che assemblava i primi due (Il Trinciante del 1621, e Lo Scalco del 1623 , con l’ultimo “Il trattato delle piegature”.

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quindi la ceramica del vasellame, i cristalli dei bicchieri, i riverberi preziosi delle posate. Sull’arte sublime dello scalco le Marche hanno lasciato un segno importantissime con tre professionisti autori di testi assai significativi: Venanzio Mattei (“Teatro nobilissimo di scalcheria”, 1669) e Vittorio Lancellotti (“Lo scalco prattico”, 1627) , entrambi originari di Camerino ed Antonio Latini di Fabriano (“Lo scalco alla moderna”, in due tomi del 1692 e del 1694)13. Ancor più dello scalco il Maestro di Casa aveva la funzione di sommo garante di tutto l’articolato e rodato marchingegno per gestire la vita di una corte, o comunque di un’importante casata aristocratica, dalla famiglia dei signori a tutto lo stuolo di servitori orbitanti attorno ad essa. A questa figura spettava il compito di controllare la contabilità complessiva, il bilancio monetario ma anche i rifornimenti dai possedimenti terrieri e quindi la gestione delle provviste in dispensa. Ma soprattutto doveva avere ben presente tutto il quadro generale dell’organigramma dei servitori, i loro compiti specifici ed i loro limiti (anche personali), quindi anche con una notevole capacità di gestire equilibri interni assai delicati. Vista la complessità della materia alcuni di questi trattati su questo ruolo erano strutturati come dialoghi tra un affermato maestro di casa ed un ipotetico apprendista, come nel caso dell’opera di Cesare Evitascandalo (cfr. scheda cat. n. 45). Va poi ricordato un altro maestro di casa in quanto marchigiano, originario di Arcevia, ossia Antonio Adami, autore de “Il novitiato del maestro di casa”, stampato a Roma nel 1636.13

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Per queste tre figure si rimanda a U. Bellesi – E. Franca – T. Lucchetti, Storia dell’alimentazione, della cultura gastronomica e dell’arte conviviale nelle Marche, Ancona, Il Lavoro Editoriale, 2009.

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A ricercare un modello ancora più antico di perfetta organizzazione del ciclo dispensa/cucina/mensa si può però risalire al modello monastico. Sfogliando alcune Regole, ed in particolare quella benedettina, si può notare una perfetta organizzazione, quasi una catena di montaggio, del servizio dei pasti, dalle mansioni di dispensa e di cucina al servizio in refettorio. Ovviamente però la differenza abissale sta (va da sé, almeno sulla carta e nella forma) tra la ricerca della frugalità ascetica dei religiosi, ed al contrario l’ambizione di un’artificiosità cucinaria golosa per i laici, quindi la contrapposizione virtuale e virtuosa di una mensa sobria rispetto ad apparecchiature che erano capolavori di arte applicata. Ma l’aspetto più eclatante di questo impossibile confronto tra il refettorio dei monaci benedettini e le sale da banchetto degli scalchi e dei maestri di casa era sicuramente il sottofondo uditivo: se nei banchetti profani dilagava un vociare vivace e schiamazzante, ridotto a fatica ad un silenzio almeno di facciata durante gli interventi di musici, cantori e commedianti, nei monasteri vigeva invece la regola del silenzio assoluto, rispettato al punto che era stata codificata una coreografia di gesti per comunicare operazioni di servizio (prendere il pane, portare l’acqua, etc), per non disturbare (o meglio violare) l’unico intrattenimento conviviale concesso, ossia l’edificante lettura da parte di un confratello di apposite antologie di testi sacri (si rimanda in questo caso a un’edizione napoletana settecentesca della Regola di San Benedetto, cfr. relativa scheda di cat. n. 51). Nei termini poi dei dettami del sacro verso la mensa vanno ricordati tutti i testi teologici che non solo disquisiscono sulle problematiche dell’astinenza da certi cibi nei periodi di riflessione spirituale (va menzionato tra i tanti il “Vitto

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quaresimale” di Paolo Zacchia14), ma giustamente esaltano anche il totale allontanamento dal cibo nello sforzo di massima ricerca ascetica e meditativa attraverso il digiuno (si veda il libro in proposito contenuto nell’opera di Nannini Remigio “Epistole, ed evangelj, cfr. l’edizione settecentesca nella relativa scheda di cat. n. 49), intendendo con questo termine non l’assoluta privazione di cibo ma il regime di pane ed acqua, come già suggerivano i libri penitenziali nel lontano Medioevo.Senza però affondare nei più cupi attacchi alle tentazioni della gola (ed ai peccaminosi artifici anche creati dai monaci per rendere appetitose le più umili cibarie) sferrati dai padri della Chiesa e del monachesimo, va ricordato come per altri autori la piacevolezza di una lauta tavola imbandita (ricordando anche i numerosi banchetti con Gesù protagonista nel Vangelo) potesse anche avere al tempo stesso rimandi importanti e positivi, quando non nobili, come ricorda nel Seicento un altro religioso, ossia l’abate Filippo Picinelli, nella sua opera “Il Mondo Simbolico” (cfr. relativa scheda di cat. n. 50), dove vengono ricordati ad uso di letterati e oratori (ma anche di certo artisti figurativi) i significati nascosti ed i rimandi simbolici di tanti temi, tra cui “la mensa”. Ed in conclusione, sull’importanza del senso profondo e delle dinamiche articolate dei ritrovi conviviali a partire dal Rinascimento è illuminante quella sorta di enciclopedia ragionata dei mestieri e delle professioni nel tardo Cinquecento rappresentata dall’opera di Tomaso Garzoni “La piazza Universale (cfr. la relativa scheda di catalogo dell’edizione in mostra n. 48), dove oltre alle descrizioni di tutti i lavori a carattere alimentare per la trasformazione e 14

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Paolo Zacchia (Roma 1584-1659) era archiatra (medico pontificio) di papa Innocenzo X, pubblica a Roma “Il Vitto quaresimale" nel 1636.

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vendita dei cibi più disparati (dagli “aromatari” ai “zambellari”), vi è ovviamente anche la trattazione di tutte le pratiche agrarie e di pesca, ed infine un intero “Discorso” dedicato a “De cuochi e altri ministri simili, come scalchi, guatari, credenzieri, trincianti, canevari o bottiglieri, servitori da tavola, convitanti”, dove si tenta anche di ricostruire la storia di questo rito / necessità del banchettare (“Ebbe questa professione il suo principio in Asia”). Anche Garzoni non dimentica nulla del percorso affascinante dalla terra alla mensa, un po’ come oltre mezzo millennio dopo (e con ben altri mezzi a disposizione) si continua a fare in queste pagine (e non solo), partendo dalle antiche carte dei volumi più antichi della biblioteca “Luciano Benincasa” di Ancona15.

15 Una mostra analoga fu organizzata a Macerata nel 1995 (catalogo Le carte in tavola, manoscritti e libri di cucina nelle Marche, a cura di A.M. Napolioni, Macerata, Biblioteca Nazionale sezione staccata di Macerata, 1996. Altra importantissima e prestigiosa mostra di documenti manoscritti e testi a stampa a tema agro-gastronomico e conviviale si tenne nel 1996 tra Prato e Riva del Garda, catalogo Et coquator ponendo…cultura della cucina e della tavola in Europa tra Medioevo ed Età Moderna, Prato, Istituto Internazionale di storia economica Francesco Datini, 1996. Da ricordare anche il catalogo della più importante biblioteca di testi antichi a tema, la Bibliothéque Internationale de Gastronomie di Lugano (Bibliothéque Internationale de Gastronomie, Catalogo del fondo italiano delle opere di gastronomia, sec. XIV –XIX, B.I.N.G., 1994).

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Catalogo della mostra

a cura di Giovanna Pirani

IN PRINCIPIO...

1) BUSSATTI, MARCO <sec. XVI > Giardino d'agricoltura di Marco Bussato da Rauenna, nel quale, con bellissimo ordine, si tratta di tutto quello, che s'appartiene a sapere a vn perfetto giardiniero: e s'insegna per prattica la vera maniera di piantare, & incalmare arbori, e viti di tutte le sorti, & i varij, e diuersi modi ch'in cio si tengono. Dimostrandoli oltra che con i ragionamenti, anco con appropriati dissegni ... Aggiontoui di nuouo molti capitoli, con il modo di far buone colombare, peschiere, & alleuar frutti nelle casselle, & ne i pittari, con vn lunario perpetuo ... - In Venetia : appresso Sebastiano Combi, 1612. Sala 2 D 13 022

2) HESIODUS <sec. VII a.C.?>Hēsiodou tou Askraiou Erga kai hēmerai. Hesiodi Ascraei

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Opera et dies. Di Esiodo Ascreo I lavori e le giornate. Opera con 50. codici riscontrata emendata la versione latina aggiuntavi l'italiana in terze rime con annotazioni. - Firenze : nella Stamperia Carli e Co. in Borgo SS. Apostoli, 1808. Seminterrato G 18 007

3) REI RUSTICAE auctores latini veteres, M. Cato M. Varro L. Columella Palladius priores tres, e vetustiss. editionibus; quartus, e veteribus membranis aliquammultis in locis emendatiores cum tribus indicibus, capitum, auctorum, & rerum ac verborum memorabilium. criticorum & expositorum in eosdem atque Geoponicos Graecos notationes seorsum dabuntur. - [Heidelberg] : ex Hier. Commelini typographio, 1595. Seminterrato E 02 001

CEREALI, GRANO E PANE

4) BONSIGNORI, GIOVANNI <1846-1914>La coltivazione intensiva del frumento / pel P. Cav. Giovanni Bonsignori. - Brescia : Tipografia e libreria Queriniana, 1903.

Sala 2 D 05 022

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5)LONDONIO, A. <sec. XIX>Sul riscaldo del frumento e mezzo di prevenirlo / per A. Londonio. - Milano : a spese dell'autore, 1875.Sala 2 E 03 022 01

6) SPOLVERINI, GIAMBATTISTA <1685-1762>La coltivazione del riso. Poema del marchese Gian Battista Spolverini. - Edizione seconda. - In Bergamo : per Francesco Locatelli, 1764. Sala 2 E 08 020 05

7) STRAMPELLI, NAZARENO <1866-1942>Alla ricerca e creazione di nuove varietà di frumenti a mezzo dell'ibridazione : (r. Stazione sperimentale di granicoltura di Rieti). - Roma : Tip. Unione Cooperativa Editrice, 1907. - 4 fig. p. 22, con sedici tavole.

Sala 2 A 08 010

8) TARGIONI TOZZETTI, GIOVANNI <1712-1783>Istruzione del celebratissimo signor Giovanni Targioni Tozzetti ... Circa le varie maniere d'accrescere il pane con l'uso di alcune sostanze vegetabili; nella quale si mostrano i modi d'impastare utilmente ogni forma di grano ... Coll'esposizione di gran copia di altre frutta, ed erbe capaci di somministrare un sostanzioso, salubre, e ancor piacevole alimento. Si aggiungano alcune nuove e piu sicure regole per bene scegliere i semi del grano. -

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Edizione seconda. - In Pisa : Presso Agostino Pizzorno, 1767.Sala 2 A 01 015 05

OLIO

9) BONFIGLIOLI, LUIGI <sec. XIX>L'industria ossia Metodo onde estrarre dai vinaccioli dell'uva dell'olio bonissimo e descrizione sulla loro proprietà / di Luigi Bonfiglioli. - Forli : dalla tip. Casali, 1855.Op. D 00390

10) CASSELLA, PIETRO <sec. XIX>L'ulivo e l'olio : manuale pratico per la coltivazione dell'ulivo e per la fabbricazione dell'olio / compilato da P. Cassella. - 2. ed riv. e notevolmente ampliata. - Napoli : Jovene, 1889.Sala 2 E 08 021 02

11) TEMA 4.: L'olivicoltura e l'oleificio nelle Marche : come risollevarli dalle misere condizioni in cui versano oggidi. - Roma : Tip. dell'Unione cooperativa editrice, 1903? 5 C 0009 04

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UVA, VINO E VITICOLTURA

12) ANTONIO MARIA DA ALBOGASIO <1660-1721>L'ortolano in villa e l'accurato giardiniere in citta cioe regole pratiche, e fondate sull'esperienza di vecchj ortolani per coltivare qualunque sorta d'erbaggi, e di fiori, spezialmente di garofani, per propagare ed inestare piante, e viti; il modo d'educar i bigatti; il trattato del tabacco; e la maniera di fare i vini di perfetta qualita. Opera di Casimiro Affaitati. - Edizione seconda veneta accresciuta d'altre regole cavate dalla sperienza di trenta e piu anni per seminare, e piantare, allevare con prestezza, e render le piante de' mori abbondanti di foglia; un trattato circa la cultura, seminerio, raccolta de' risi; ed un trattato de' cavalieri ovvero vermicelli che fano la seta. Adornata di figure. - In Venezia : presso Francesco Locatelli a S. Bartolommeo, 1779. Sala 2 E 03 002

13) BERTINI, GUIDO <sec. XIX>La peronospora della vite : dialogo fra tre contadini ed il loro fattore / Guido Bertini. - 2. ed. - Andria : Stab. tip. B. Terlizzi, 1893. Sala 2 C 09 024

14) BRANCATI, MICHELE <fl. sec. XIX>L'aceto metodo sicuro, e sperimentato per farlo forte di Michele Brancati... esposto e pubblicato dal sacerdote Gio. Domenico Podocattaro... - In Loreto : per Ilario Rossi, 1810. R.M. III 18

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15) COLIZZI, GIUSEPPE <fl. sec. XVIII>Memoria fisico-chimica sullo siroppo dell'uva e sul modo di prepararlo dedicata alla società filotecnica di Roma dal cittadino Giuseppe Colizzi c.r.b. professore di matematica e filosofia nell'università di Macerata. - Macerata : dai torchi di Bartolommeo Capitani, 3. termidoro anno 6. dell'era repubblicana [1798]. Op. D 00973

16) DE BLASIIS, FRANCESCO <1807-1873>Istruzione teorico pratica sul modo di fare il vino e conservarlo e della coltivazione degli ulivi e della vigna bassa / di Francesco De Blasiis. - 5. ed. - Firenze : Tip. Barbera, 1869. Sala 2 A 03 017 01

17) DE CILLIS, EMANUELE <sec. XIX>La densità dei mosti, dei vini e degli spiriti ed i problemi che ne dipendono : ad uso degli enochimici, degli enotecnici e dei distillatori / \di! E. De Cillis. - Milano : U. Hoepli, 1899.Sala 2 C 03 017

18) JULLIEN, ANDRE' <1760-1832>Manuel du sommelier, ou instruction pratique sur la manière de soigner les vins ... par A. Jullien ... - Cinquième edition ... - A bruxelles : a la librarie encyclopedique de Perichon rue des Alexiens, sect. 8, n. 714, 1829 (Bruxelles : imprimerie de Ode et Wodon, rue des Pierres, 1137).Sala 2 A 01 011

19) LAVOIT, A. <sec. XIX>Il vade-mecum del perfetto vinicultore : ossia l'arte di fabbricare i vini, di conservarli, di chiarificarli, di toglierne

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i difetti naturali, di renderli spumanti, ecc. : con annessovi un trattato sulla coltivazione della vite, sulla prepareazione dei terreni e dei concimi, nonche molte norme importanti sulla fabbricazione dei liquori, birra, ecc. : opera ridotta dal trattato completo di B. A. Lenoir. - Milano : Romeo Mangoni edit., 1887 (Tip. Industriale di G. Pizzi).Sala 2 D 05 023

20) SORMANNI, GIACOMO <sec. XIX>L'arte di fare il vino insegnata ai campagnoli / pel rag. Giacomo Sormanni. - 3. ed. interamente riveduta ed illustrata. - Milano : C. Brigola, 1887Sala 2 E 08 021 04

21) STANKOVIĆ, PETAR <1771-1852>Nuovo metodo economico-pratico di fare e conservare il vino del canonico Pietro Stancovich socio di varie accademie. - Milano : per Giovanni Silvestri, 1825.

Sala 2 A 03 017 03

22) STRUCCHI, ARNALDO <sec. XIX>Estendiamo e miglioriamo la coltivazione della vite : manuale pratico di viticoltura per uso degli agricoltori / Arnaldo Strucchi. - Milano : C. Brigola, 1883. - 160 p., I c. di tav. ripieg. : ill.

Sala 2 E 08 021 03

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23) TRATTATO TEORICO PRATICO sulla cultura della vite con l'arte di fare il vino, l'acqua-vite, lo spirito di vino e gli aceti semplici e composti de' signori S.E. il conte Chaptal ..., ab. Rozier ... ; Parmentier ... ; e Dussieux ... Opera tradotta sulla seconda edizione francese ... Tomo 1. °- 3.!>> Firenze : presso Guglielmo Piatti, 1812-1813.Sala 2 E 05 018-020

24) VERRI, CARLO <1743-1823>Del vino discorsi quattro del conte Carlo Verri scritti per istruzione de'giovani agricoltori suoi contadini. - Milano : per Giovanni Silvestri, 1823.Sala 2 A 03 017 02

MIELE

25) BARBIERI, FLAMINIO <sec. XIX>Istruzione popolare d'apicoltura razionale pratica / esposta da Flaminio Barbieri. - Milano : tip. Guigoni, 1870.

Sala 2 B 04 019

26) BEDNAROVITS, GIOVANNI <sec. XIX>L'abici dell'apicultore veronese / di Bednarovits Giovanni e Garbini Angelo. - Verona : Tip. G. Berti, 1871.Sala 2 A 01 015 03

27) MONTAGANO, GIUSEPPE <fl. sec. XIX-XX>Manualetto di apicoltura : 1. Corso di lezioni teorico-

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pratiche di apicoltura ad uso del contadino-apiajo, delle scuole rurali e di chiunque voglia iniziarsi nella geniale industria / Giuseppe Montagano. - Ancona : Tip. Cesare Tabossi, 1904Op. D 01647

28) TRAITÉ CURIEUX des mouches a miel, contenant la maniere de les bien gouverner, pour en tirer un profit considérable par la récolte de la cire & du miel. Avec un traité des vers a soye. - A Paris, au palais : chez Joseph Saugrain, au sixiéme Pilier de la grande Salle, vis-à-vis l'Escalier de la Cour des Aydes, à la Bonne-Foy couronnée, 1740 ([Parigi! : De l'imprimerie de la Veuve P. Du-Mesnil). Sala 2 D 12 007

29) TRINCI, COSIMO <m. 1756>Nuovo trattato d'agricoltura di Cosimo Trinci Pistojese e d'altri illustri scrittori moderni, nel quale si contengono il Trattato delle stime de' beni stabili del suddetto autore; L'idea del nuovo metodo di agricoltura inglese del abb. Antonio Genovesi; La guida sicura pel governo delle api in tutto il corso dell'anno di Daniele Wildman inglese, colle annotazioni di Angelo Contardi veronese; il Saggio sopra le patate di Antonio Campini; il Saggio sopra il sainfoin, compilato dall'articolo dell'Enciclopedia; e per ultimo il Nuovo metodo adattato al clima d'Italia per coltivare gli annanas senza fuoco, di Francesco Brochieri giardiniere. Opera che serve di continuazione all'Agricoltore sperimentato del detto Trinci. Aggiuntevi per piu facile intelligenza alcune figure in rame. - In Venezia : presso Giovanni Gatti, 1778. Sala 2 A 03 007

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PESCE

30) IL FA PER TUTTI giornale per l'anno 1833. - Ancona : dalla stamperia Sartorj. R.M. 102

31) GIOVIO, PAOLO <1483-1552>Libro di Mons. Paolo Giovio de' pesci romani. Tradotto in volgare da Carlo Zancaruolo. - In Venetia : appresso il Gualtieri, 1560.13 G 104

32) MITTERPACHER, LUDWIG <1734-1814>Tomo sesto che tratta sul pollame, sulle peschiere, sulle api, su' filugelli, su' poderi e sugli uomini. - In Venezia : nella stamperia di Giacomo Storti, 1796. (v. 6 di: Elementi d'agricoltura di Lodovico Mitterpacher di Mitternburg tradotti in italiano, e corredati d'importantissime note relative all'agricoltura italiana. ... Tomo primo [-sesto] ... - Terza edizione corretta ed accresciuta. - In Venezia : nella stamperia di Giacomo Storti, 1795-1796. Sala 2 D 011 03

33) ONGARO, ANTONIO <ca. 1569-1599> L'Alceo di Antonio Ongaro. Favola pescatoria. - Firenze : per Niccolo Conti, 1819.Interrato H 40 003

34) RAIMONDI, EUGENIO <fl. sec. XVII>Le caccie delle fiere armate, e disarmate, e degl'animali

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quadrupedi, volatili ed acquatici. Opera nuova e curiosa di Eugenio Raimondi bresciano, in cui si discorre del governo, cura, e medicamenti degli uccelli rapaci, innocenti, e de' cani. Con perfettissimi ammaestramenti di tutte le maniere dell'uccellare, e del pescare con le loro figure. Aggiuntovi anche il modo di ben allevare, e conservare i bigati, ovvero cavalieri da seta. - In Venezia : presso Francesco Locatelli, 1785. Seminterrato H 07 006

ALIMENTAZIONE E SALUTE

35) BIANCHI, GIOVANNI <1693-1775> Se il vitto pittagorico di soli vegetabili sia giovevole per conservare la sanità, e per la cura d'alcune malatie, discorso di Giovanni Bianchi medico primario della città di Rimino. - In Venezia : presso Giambatista Pasquali, 1752.Sala 2 A 02 001

36) DURANTE, CASTORE <1529-1590>Il tesoro della sanità, di Castor Durante da Gualdo, medico, & cittadino romano. Nel quale s'insegna il modo di conseruar la sanità, et prolungar la vita. & si tratta della natura de' cibi, & de' rimedij de' nocumenti loro. Con la tauola delle cose notabili. - In Venetia : appresso Paulo Vgolino, 1593.14 I 26

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37) PISANELLI, BALDASSARRE <m. 1586>Trattato della natura de' cibi et del bere, del sig. Baldassare Pisanelli medico bolognese. Nel quale non solo tutte le virtù, & vitij di quelli minutamente si palesano, ma anco i rimedij per correggere i loro difetti copiosamente s'insegnano, tanto nell'apparecchiarli per l'vso, quanto nell'ordinare il modo di riceuerli. Distinto in vn vago, e bellissimo partimento, tutto ripieno della dottrina de' più celebri medici, & filosofi, con molte belle historie naturali. - In Venetia : appresso Lucio Spineda, 1598.14 H 3

38) SCACCHI, FRANCESCO <1577-1656>Francisci Scacchi Fabrianensis De salubri potu dissertatio. - Romae : apud Alexandrum Zannettum, 1622. Sala 2 B 14 004

GASTRONOMIA

39) IL FA PER TUTTI giornale per l'anno 1818. - Ancona : dalla stamperia Sartorj. R.M. 102

40) IL FA PER TUTTI giornale per l'anno 1823 - Ancona : dalla stamperia Sartorj. R.M. 102

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41) IL FA PER TUTTI giornale per l'anno 1830 - Ancona : dalla stamperia Sartorj. R.M. 102

42) GRAPALDI, FRANCESCO MARIO <1460-1515>Francisci Marii Grapaldi De partibus aedium cum additamentis quod uides opusculum formis excussum est ea fide eaque diligentia ab ipsius uero emaculatissimo & hactenus non impresso idiographo: ut offendiculum non inuenias eme incontinenter & lege pensiculatius multiiuga eruditione rerum uarietate concinna id etiam (mihi crede) relecturus atque uoluptatem inde non paruam utilitatem uero incredibilem recepturus id quod plerique omnes & uerissimum ipsa lectione liquido cognoscet & relectione procul dubio fateri ac demum aliis asseue rater praedicare cogentur. Vale. - ([Parma] : Franciscus Vgoletus Parmensis impressit, 1506, die decimo Maii).14 B 109

43) MASSIALOT, FRANCOIS <1660?-1733>Il cuoco reale, e cittadino, il quale insegna ad ordinare ogni sorta di vivanda, e la miglior maniera de' regù i più alla moda, ed i più squisiti. Tradotto dal francese, con aggiunta d'alcune vivande all'italiana, ed all'uso d'altri paesi; di varie salse, ed altro. - In Venezia : appresso Pietro Carminati, 1751.Interrato H 22 013

44) SCAPPI, BARTOLOMEO <1500-1577>Opera di m. Bartolomeo Scappi, cuoco secreto di papa Pio quinto, diuisa in sei libri. nel primo si contiene il ragionamento che fa l'autore con Gio. suo discepolo. Nel secondo si tratta di diuerse viuande di carne, sì di

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quadrupedi, come di uolatili. Nel terzo si parla della statura, e stagione dei pesci. Nel quarto si mostrano le liste del presentar le viuande in tauola, cosi di grasso come di magro. Nel quinto si contiene l'ordine di far diuerse sorti di paste, et altri lauori. Nel sesto, et vltimo libro si ragiona de' conualescenti, et molte altre sorti di viuande per gli infermi. Con il discorso funerale che fu fatto nelle essequie di papa Paulo III Con le figure che fanno bisogno nella cucina & alli reuerendissimi nel conclaue.[Venezia : Michele Tramezzino, 1570?].14 D 12

SCALCHI

45) EVITASCANDALI, CESARE <m. 1620>Dialogo del maestro di casa, nel quale si contiene di quanto il maestro di casa deue essere instrutto, et à ciascun'altro, che voglia essercitare officio in corte, deue sapere, & operare; vtile à tutti li padroni, cortegiani, officiali, & seruitori della corte. Di Cesare Euitascandalo romano. - In Roma : appresso Gio. Martinelli : stampato per Sulpitio Mancini, 1598 (In Roma : appresso Sulpitio Mancini, 1598). Seminterrato E 08 012

46) ROMOLI, DOMENICO <sec. XVI>La singolare dottrina di m. Domenico Romoli sopranominato Panonto, dell'ufficio dello scalco, de i condimenti di tutte le uiuande, le stagioni che si conuengono a tutti gli animali, uccelli, & pesci, banchetti di ogni tempo, & mangiare da apparecchiarsi di di in di per tutto l'anno a prencipi, con la dechiaratione della qualità

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delle carni di tutti gli animali, & pesci, & di tutte le uiuande circa la sanità. Opera sommamente utile a tutti. - [Venezia : Michele Tramezzino 1.] (In Venetia : per Michele Tramezino, 1560). Seminterrato E 01 012

ALLA MENSA

47) CASTIGLIONE, BALDASSARRE <1478-1529>Il libro del cortegiano del conte Baldesar Castiglione, nouamente reuisto. - 1538 (In Vinegia : nella casa di Giouanni Paduano stampatore : ad instantia et spesa del nobile homo Federico Torresano d'Asola, 1538)

13 I 92

48) GARZONI, TOMMASO <1549-1589> La piazza vniuersale di tutte le professioni del mondo, nuouamente ristampata, & posta in luce da Thomaso Garzoni da Bagnacauallo. Aggiuntoui in questa nuoua impressione alcune bellissime annotationi à discorso per discorso. ... - In Venetia : appresso Tomaso Baglioni, 1610 (In Venetia : appresso Girolamo Polo, 1610). R.R. E 0012

49) NANNINI, REMIGIO <1518-1580>Epistole, ed evangelj, che si leggono tutto l'anno alle messe; secondo l'uso della santa romana chiesa, e l'ordine del messale riformato. Tradotti in lingua toscana dal

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M.R.P.M. Remigio fiorentino ... Con le annotazioni morali a ciascuna epistola, ed evangelio, del medesimo autore. Aggiuntovi quattro discorsi: cioè del digiuno, dell'invocazione dei santi, ... Col calendario nuovo, e triplicata tavola per trovare li giorni, ... Con un indice anco copiosissimo delle cose notabili, ... - Edizione purgata per la prima volta dagli errori trascorsi nelle antecedenti. - In Venezia : Presso Giambattista Regozza, q. Leonardo, 1764.Interrato G 29 017

50)PICINELLI, FILIPPO <1604-1678> Mondo simbolico o sia Vniuersita' d'imprese scelte, spiegate, ed illustrate con sentenze, ed eruditioni sacre, e profane. Studiosi diporti dell'abbate D. Filippo Picinelli milanese ... Che somministrano à gli oratori, predicatori, accademici, poeti &c. infinito numero di concetti con indici copiosissimi. - In Milano : per lo stampatore archiepiscopale : ad instanza di Francesco Mognagha, 1653. Seminterrato I 17 00951) LA REGOLA DI S. BENEDETTO, ed vna nuoua traduzione in italiano del testo latino. Arricchita sotto ciascun Capitolo di Annotazioni per la Pratica regolata dalle Costituzioni della Congregazione Casinese del 1680., e dalle costumanze del Sacro Monastero di Monte Casino ... Opera di vn monaco anche benedettino ... - In Napoli : Presso Vincenzo Orsino, 1784.Seminterrato F 22 001

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ALCUNE NOTE BIOGRAFICHE

ANTONIO MARIA DA ALBOGASIO <1660-1721> (scheda n. 12)Nato ad Albogasio (Valsoda) nel 1660 come Casimiro Affaidadi, entrò sedicenne nell'Ordine dei frati minori cappuccini della provincia di Milano. Lavorò nella biblioteca e nell'archivio del convento milanese della Concezione. Per quattordici anni assisté inoltre i condannati a morte. Morì nel convento della Concezione nel 1721. Restano di lui numerose opere a stampa. L'opera più fortunata per numero di edizioni è l'opera che si presenta in mostra, pubblicata per la prima volta a Milano nel 1710.

BEDNAROVITS, Giovanni Battista <sec. XIX>(scheda n. 26)Sacerdote operante nella zona del Veronese, divulgatore delle nuove teorie in materia di bachicoltura e apicoltura.

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BIANCHI, GIOVANNI <1693-1775>(scheda n. 35)Comunemente noto come Janus Plancus, nome che egli stesso si diede, con cui pubblicò la maggior parte dei suoi scritti e che venne anche italianizzato in Iano o Giano Planco. Nacque a Rimini nel 1693. Nel 1717 andò a seguire i corsi di medicina all'università di Bologna, poi a Padova. Ritornato a Rimini, vi dimorò stabilmente e vi si dedicò all'esercizio pratico della medicina, proseguendo altresì lo studio dell'anatomia umana. Fu anche studioso di scienze naturali ed insegnante. Con l'opera presentata in questo catalogo entrò nelle discussioni sulla dietetica, aperte da Antonio Cocchi, "il Mugellano", combattendo il vegetarismo esclusivo.

BONSIGNORI, GIOVANNI <1846-1914>(scheda n. 4)Nacque a Ghedi (Brescia) nel 1846. Dopo l'ordinazione sacerdotale, fu destinato come curato alla rettoria di S. Giovanni a Porta Pile, ora Borgo Trento (Brescia), dove rimase dal 1869 al 1875, anno in cui divenne parroco di Goglione Sotto. Sui campi del suo beneficio parrocchiale iniziò opere di agricoltura pratica e sperimentale alla ricerca di nuovi sistemi per migliorare le condizioni economiche e sociali dei contadini. Egli infatti riteneva che il fenomeno della loro emigrazione fosse causato anche dall'arretratezza dei metodi di coltivazione. Nel 1881divenne parroco a Pompiano, presso Brescia, dove promosse iniziative che migliorarono il tenore di vita della popolazione. Inventò una macchina per tracciare i filari di granoturco, creò essiccatoi pubblici per una rapida essiccazione del raccolto, fondò un caseificio la cui produzione fu premiata a Londra. In seguito si trasferì nel 1898 a Remedello (Brescia) per dirigervi la colonia

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agricola. Propose l'istituzione delle cattedre ambulanti di agricoltura.

BRANCATI, MICHELE <sec. XIX>(scheda n. 14)Ex frate domenicano, scrisse quest'opera sull'aceto, pubblicata a cura dell' abate Giovanni Domenico Podocattaro.

BUSSATTI, MARCO <sec. XVI > (scheda n. 1)Di famiglia originaria di Ferrara nacque presumibilmente a Ravenna nella prima metà del sec. XVI. Rimasto presto orfano, si guadagnò da vivere con la professione di far innesti. Incoraggiato dagli amici, nel 1578 pubblicò a Ravenna, presso Cesare Cavazza, una Prattica historiata dell'inestare gli arbori in diversi modi,in varij tempi dell'anno e conservarli in più maniere, divisa in dieci capitoli e illustrata da quattordici tavole di rozza fattura. Nel 1583, sempre a Ravenna, vide la luce una sua Regola per la quale brevemente s'insegna di trovare l'epatta,l'aureo numero et li tempi della luna in perpetuo et la cagione della correttione dell'anno, che trae certamente occasione dalla riforma gregoriana del calendario. La materia della Prattica, rielaborata e largamente accresciuta, con due capitoli sull'aratura e la semina e sulla preparazione dei concimi, è ripresentata (Venezia 1592) col titolo Giardino di agricoltura. L'opera fu molto apprezzata; se ne ebbero più ristampe; quella del 1612, qui presentata, che la formula del privilegio di stampa farebbe supporre postuma, ha "gionte" che la portano a 107 capitoli.

CASTIGLIONE, BALDASSARRE <1478-1529>(scheda n. 47)

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Di illustre famiglia (la madre era una Gonzaga), fu educato a Milano secondo le migliori tradizioni umanistiche. Fu alla corte di Ludovico il Moro, poi del marchese Francesco Gonzaga, quindi (1504-13) dei duchi di Urbino. Al soggiorno urbinate risalgono l'egloga Tirsi (1506), l'allestimento della Calandria del Bibbiena ( di cui scrisse il prologo), la stesura della maggior parte dei versi latini e delle rime volgari, la meditazione sui doveri del Cortegiano, un primo abbozzo del quale è del 1507, ma la cui composizione fu ripresa in seguito a Roma, dove si era trasferito come ambasciatore dei suoi duchi e in seguito anche dei signori di Mantova. Accanto all'attività letteraria, ebbe un'intensa attività guerresca e diplomatica. Mortagli nel 1520 la moglie Ippolita Torelli, gli fu conferito lo stato ecclesiastico; nel 1524 Clemente VII lo nominò nunzio in Spagna. La sua opera maggiore e più fortunata è il Cortegiano, di larga risonanza europea.

CATO, MARCUS PORCIUS <234-149 a. C.>(scheda n. 3)Catone, Marco Porcio, detto il Censore, uomo politico dell'antica Roma. Nato da una famiglia di contadini, prestò servizio appena diciassettenne durante la seconda guerra punica, tribuno militare e poi questore in Sicilia nel 205, criticò aspramente i metodi e l'operato del giovane Scipione, collaborando, però alla sua spedizione in Africa. Pretore nel 198 in Sardegna, donde portò a Roma il poeta Ennio, ottenne il consolato nel 195 e nel 184 assunse la censura con Valerio Flacco. Durante questa magistratura che gli procurò il soprannome di « Censore » per eccellenza, egli accentuò la lotta contro il lusso e la corruzione dei costumi tradizionali. Memore della guerra annibalica, si studiò di provocare una terza guerra contro Cartagine. Fu valente oratore e scrittore. Il suo De agricultura è il più antico libro

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di prosa latina a noi giunto: è un trattato di tecnica agricola, arido e slegato. Sono perdute, o conservate in frammenti, le altre sue opere.

COLIZZI, GIUSEPPE <fl. sec. XIX>(scheda n. 15)Barnabita e lettore presso l'Università di Macerata, fu un chimico che asserì di aver scoperto un sicuro metodo per l'analisi delle acque.

COLUMELLA, LUCIUS IUNIUS MODERATUS <sec. I>(scheda n. 3)Scrittore latino di agronomia, nativo di Cadice, tribuno militare in Siria e in Cilicia forse nel 36 d. C., nel 41 era a Roma presso la quale, ad Albano (come anche in Etruria), possedeva delle terre. Del suo primo trattato in 4 libri, De re rustica, è rimasto solo un libro: De arboribus; mentre ce ne è pervenuto integro il rifacimento e ampliamento in 10 libri, con l'aggiunta di due libri supplementari. L'opera, dedicata a Publio Silvino, è in prosa (tranne il decimo libro sui giardini, che in 430 esametri di accurata ma fredda tecnica vuole attuare il programma espresso da Virgilio, Georgiche IV, 148); è un completo trattato di tecnica ed economia agricola, ottima fonte per la conoscenza dell'agricoltura in Italia nel primo secolo dell'Impero, diligente raccolta di precetti e d'informazioni, ispirata a sincero amore per la terra, nello stile semplice della precettistica tecnica tradizionale, duro talvolta, ma spesso scorrevole ed equilibrato, che servì di modello agli scrittori di agronomia dei secoli successivi.

DURANTE, CASTORE <1529-1590>(scheda n. 36)Nacque nel 1529 a Gualdo Tadino (Perugia). Studiò

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medicina a Perugia e vi si laureò prima del 1567. La protezione del cardinale Tiberio Crispi gli valse l'avvio di una fortunata carriera di medico e letterato. Tra 1568 e 1568 si trasferì a Viterbo, dove approfondì soprattutto gli studi di botanica applicata alla medicina. La fama di semplicista e medico gli valse l'ufficio di archiatra di Sisto V e soprattutto la cattedra di botanica nell'Archiginnasio romano. La sua opera principale fu l'Herbario nuovo … con figure che rappresentano le vive piante che nascono in tutta Europa e nell'Indie Orientali et Occidentali…, dedicato al cardinale Girolamo Rusticucci, amico della famiglia Durante . Fu stampato a Roma nel 1585 da B. Bonfandini e T. Diani, coadiuvati da G. Biricchia e G. Tornieri, i cui nomi figurano nel frontespizio di una seconda emissione . Ancora maggiore fu la fortuna editoriale del Tesoro della sanità, stampato a Roma nel 1586 da F. Zanetti, editori G. Tornieri e G. Biricchia, già tipografi dell'Herbario. Classico regimen sanitatis, l'opera fornisce ammaestramenti su tutto ciò che riguarda l’alimentazione in relazione alla salute: come scegliere i cibi e le loro proprietà, se deve essere più copioso il pranzo o la cena, i cibi convenienti alle diverse età della vita ... Chiaro, agile e divulgativo, il Tesoro divenne un prontuario diffusissimo, e fu ristampato in vari luoghi.

EVITASCANDALI, CESARE <m. 1620>(scheda n. 45)Maestro di casa, scrittore romano, architetto, morto intorno al 1620 . Cesare Evitascandali, cortigiano e officiale presso varie corti italiane, visse soprattutto a Roma, alla corte di alcuni Cardinali. Pubblicò volumi differenti sui principali servitori della tavola: il Maestro di Casa (il capo di tutti gli Officiali di corte, fossero essi gentiluomini o servitori, e

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amministratore economico), lo Scalco (il coordinatore delle cerimonie conviviali) e il Trinciante (colui che tagliava ad arte le vivande davanti ai commensali).

GARZONI, TOMMASO <1549-1589>(scheda n. 48)Nacque nel marzo 1549 a Bagnacavallo, in Romagna, nello Stato pontificio. Già a dieci anni componeva un poemetto cavalleresco in ottava rima ; nello stesso periodo frequentava le scuole di grammatica di Filippo Ossano da Imola e di Ottaviano da Ravenna. Nel 1563 iniziò gli studi di diritto. Nel 1566 entrò nella Congregazione dei canonici lateranensi, vestendo l'abito nell'abbazia di S. Maria in Porto di Ravenna. Ancora assai giovane ottenne incarichi di lettore della sacra scrittura e di predicatore, sui quali non abbiamo notizie precise, ma a cui probabilmente si debbono i suoi spostamenti in diverse città italiane. Mantenne un tessuto di rapporti non convenzionali con una serie di intellettuali laici del suo tempo, alcuni dei quali anche su posizioni non propriamente ortodosse. Fra essi merita di essere citato subito il poeta e maestro di scuola di Adria Alvise Groto, detto il Cieco d'Adria, processato dall'Inquisizione di Rovigo nel 1567 per aver tenuto libri proibiti Altri legami letterari da ricordare sono quelli con Torquato Tasso, che gli dedicò due sonetti, e l'ebreo Abramo Colorni, e altri. Questa varietà di curiosità e di contatti emerge anche dai suoi scritti, che appaiono in grande prevalenza opera caratteristica più dell'intellettuale enciclopedico, non privo di interessi spregiudicati, che del canonico lateranense. Nel 1583 appaiono a Venezia le due prime sue opere che ci siano note, Il teatro de' vari e diversi cervelli mondani e il Colloquio, ovvero Dialogo del giudicio particolare dell'anima dopo la morte. Nel 1585 uscì ancora a Venezia, presso Giovan Battista

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Somasco, dedicata ad Alfonso II duca di Ferrara, la prima edizione di quella che è l'opera sua più celebre e diffusa La piazza universale di tutte le professioni del mondo.Si trattava di un insieme di 155 discorsi, ciascuno dedicato a una o più professioni o mestieri o condizioni, per un totale di circa 400 attività, talora nominate in più sedi con 544 denominazioni diverse complessive. L'opera ci offre una visione che potremmo definire onnicomprensiva della società dei suoi tempi, anche se non si dovrà mai dimenticare quanta larga parte del testo sia ripresa da altri autori o, più spesso, da repertori, anche antichi. Nel 1586 uscirono altre due opere: L'hospidale de' pazzi incurabili e Le vite delle donne illustri della Scrittura sacra. Con l'aggiunta delle vite delle donne oscure e laide, dell'uno, et l'altro Testamento. E un discorso infine sopra la nobiltà delle donne . La successiva opera, La sinagoga degli ignoranti, apparve, sempre a Venezia nel 1589.Negli ultimi mesi della sua vita itornò a risiedere a Bagnacavallo, dove fu colto dalla morte l'8 giugno 1589.Tentare un bilancio complessivo della sua opera è davvero difficile, tanto appare contraddittoria in lui la mescolanza fra l'adesione plateale all'ortodossia controriformista e la prudente dissimulazione di letture e conoscenze che tali certamente non sono. La sua fortuna in Europa fu immensa.

GIOVIO, PAOLO <1483-1552>(scheda n. 31)Dopo gli studi a Pavia e a Padova, iniziò la lunga serie dei suoi viaggi attraverso l'Italia e l'Europa, al seguito di personaggi illustri. Ebbe contatti e amicizia con principi, capitani, sovrani, pontefici (soprattutto con Clemente VII che lo creò nel 1528 vescovo di Nocera dei Pagani). Nel 1536 cominciò a costruire a Como il bel palazzo destinato a contenere il suo museo, al quale concorsero personaggi di

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tutta Europa con doni rari d'ogni sorta. Nel 1549 si trasferì a Firenze. Storico ricco di curiositas (si veda, per la storia dell'ittiologia, il suo De romanis piscibus libellus, 1524, qui presentata in traduzione italiana), si compiacque soprattutto della vivacità del racconto e si interessò dei fatti militari e della cultura più che della politica. La sua maggiore opera sono gli Historiarum sui temporis libri (1550-52), dalla spedizione di Carlo VIII al 1547.

GRAPALDI, FRANCESCO MARIO <1460-1515> (scheda n. 42)Nato a Parma nel 1460, fu allevato dallo zio materno, Niccolò Ravacaldo, arciprete di Fornovo, grazie al quale ricevette la prima educazione umanistica, approfondita successivamente sotto la guida di Filippo Beroaldo il vecchio, che insegnò a Parma nel 1475-76. La sua istruzione fu completata dallo studio del greco. La morte dello zio lo condusse a intraprendere il mestiere di notaio, ma nel 1486 fu nominato professore di belle lettere presso lo Studio di Parma, incarico che ricoprì fino alla morte. Durante gli anni dell'insegnamento compose numerose poesie latine e si dedicò alla stesura di un ampio trattato di erudizione classica, il De partibus aedium, uscito a stampa per la prima volta nel 1494 (Parma, Angelo Ugoleto), opera di successo che fu riedita numerose volte lungo tutto il XVI secolo in Italia e all'estero. Oltre all'attività letteraria, divenne un uomo politico di spicco nella sua città.

HESIODUS <sec. VII a.C.?>(scheda n. 2) Il poeta più antico della Grecia continentale (forse inizi del sec. VII a.C.), e il primo la cui personalità ha carattere storico. Le notizie, non leggendarie, che la tradizione antica

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ci ha conservato, sono desunte dai suoi scritti, specialmente dal poema le Opere. Il padre era di Cuma eolica da cui si recò in Beozia ad Ascra, vicino all'Elicona; e qui probabilmente nacque Esiodo. In questa località il padre aveva delle terre, che lasciò in eredità ad Esiodo ed al fratello Perse, con il quale il poeta fu spesso in lite proprio per esse. Sempre dalle Opere si ricava che Esiodo fosse un rapsodo di professione. Gli antichi non sapevano nulla del tempo in cui era vissuto; noi possiamo solo dire che egli è posteriore all'Iliade e all'Odissea, e anteriore ad Archiloco, che lo imita. Ad Esiodo, come ad Omero, gli antichi attribuivano un gran numero di opere: oltre alla Teogonia e alle Opere, il Catalogo delle donne, ed altre ancora.

JULLIEN, ANDRE' <1760-1832>(scheda n. 18)Nato a Chalon-sur-Saône nel 1766 e morto di colera a Parigi nel 1832, è stato un importante enologo francese. Fu l'inventore di particolari cannelle per il travaso dei vini e di una polvere per realizzare la loro chiarificazione. Pubblicò una importante opera, Topographie de tous les vignobles connus, ... stampata a Parigi nel 1816. Il volume era interessante non solo per i vini francesi, ma anche per la produzione vinicola mondiale. Una seconda opera fu quella esposta in mostra, che in prima edizione uscì nel 1822. MASSIALOT, FRANÇOIS <1660-1733>(scheda n. 43)Nato a Limoges nel 1660, come chef de cuisine fu al servizio di personalità come Philippe d'Orleans, il figlio Reggente di Francia Philippe II d'Orleans.La sua opera, presente in questa mostra nella sua traduzione italiana, apparve anonima in un unico volume nel 1691 ed arrivò a tre volumi nell'edizione pubblicata tra

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1733 e 1734. Un 'altra sua opera di cucina, Nouvelle instruction pour les confitures, les liqueurs et les fruits, apparve. sempre in forma anonima, nel 1692. A Bologna nel 1724 uscì la libera traduzione del Cuisinier royal et bourgeois di François Massialot, pubblicata col titolo Il cuoco reale e cittadino; il testo corrisponde assai poco all'originale, travisato e snaturato in maniera maldestra e frettolosa.

MITTERPACHER, LUDWIG <1734-1814>(scheda n. 32)Ludwig Mitterpacher fu un agronomo, botanico, zoologo ed entomologo di origine ungherese. Fu professore di storia naturale a Budapest e scrisse uno studio di teoria e pratica di scienza agraria Elementa Rei Rusticae in Usum Academiarum Regni Hungariae Budae: Typis Regiae Universitatis, Anno MDCCLXXIX and M. DCC. XCIV. In un'altra opera scritta con il collaboratore Matthias Piller, Iter per Poseganam Sclavoniaeprovinciam mensibus Junio, et Julio Anno MDCCLXXXII susceptum. Regiae Universitatis, Budapest descrisse nuove specie di coleotteri e lepidotteri.

NANNINI, REMIGIO <1518-1580> (scheda n. 49) Nacque a Firenze nel 1518. Fu istruito presso il convento domenicano di S. Maria Novella, dove fu ordinato sacerdote intorno al 1542-43, fino ad arrivare al grado di teologo nel 1553 dopo un periodo di studio a Padova. L’esordio letterario avvenne nel 1547 con le Rime (Venezia, F. Bindoni e M. Pasini). Al 1547 risale anche l’orazione consolatoria per la nobildonna Alessandra Strozzi in occasione della morte della madre. Al 1550 risale il primo segnale dell’interesse per la storia con i volgarizzamenti Degli

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huomini illustri di Grecia di Cornelio Nepote e Delle guerre de Romani di Ammiano Marcellino, prime edizioni in una lingua moderna per entrambe le opere. Nel 1555 seguì la traduzione in versi sciolti delle Heroides ovidiane, che ebbe numerose ristampe, sebbene l’autore se ne pentisse e ne facesse oggetto di ritrattazione. Intorno al 1554-55 Nannini si trasferì ad Ancona, per passare poi, nel 1556, a Venezia, dove rimase per il resto della vita, fatta eccezione per un breve soggiorno romano, nel 1569, chiamato da Pio V, che gli commissionò la revisione degli Opera omnia di s. Tommaso, usciti nel 1570-71. Indiscutibile fu la sua capacità di mettere al servizio delle nuove istanze religiose la sua erudizione, unita a una solida dottrina teologica. Un successo destinato a durare fino al XIX secolo riscossero le Epistole et Evangeli che si leggono tutto l’anno alla messa (Giolito, 1567), antologia di letture volgari dal Nuovo testamento, arricchite di annotazioni morali, che conobbe numerosissime ristampe poiché fu l’unica edizione del genere consentita dopo il Tridentino. Nelle ristampe di questo lezionario Nannini aggiunse quattro discorsi da lui composti relativi rispettivamente al digiuno, all’invocazione dei santi, all’uso delle loro immagini e reliquie.

ONGARO, ANTONIO <fl. 1569-1599> (scheda n. 33)Nato a Padova, studiò giurisprudenza presso quella Università. In seguito, trascorse un anno a Nettuno, presso la famiglia Colonna, dove nel 1581 venne rappresentata pubblicamente l'Alceo. Recatosi a Roma, viene presentato ai Farnese, presso la cui corte visse per diversi anni. E' noto per la favola Alceo, lodata dal Tiraboschi per l'eleganza del verso, ma non per l'originalità, tanto che fu nota per lungo tempo come l'Aminta bagnata. Nonostante la sua breve vita, riuscì a crearsi una grandissima fama.

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PALLADIUS, RUTILIUS TAURUS AEMILIANUS <sec. IV>(scheda n. 3)Scrittore latino, di cui si resta un Opus agriculturae, in 14 libri. Dopo un libro di introduzione, egli tratta dei lavori dei coltivatori in ciascun mese. Il quattordicesimo libro è un poemetto didattico sull'innesto (De insitione), in distici. Nella compilazione dell'opera si giovò principalmente della sua esperienza, e anche di autori greci e latini, principalmente imitando Columella.

PICINELLI, FILIPPO <1604-1678> (scheda n. 50)Canonico lateranense, fu celebre autore dell'opera presentata in mostra, che è una raccolta di imprese destinate ai predicatori, in cui gli emblemi rappresentano i vari vizi e i motti traducono in forma di epigramma i messaggi visivi, esprimendo la volontà educativa della Controriforma.

PISANELLI, BALDASSARRE <m. 1586>(scheda n. 37)Nato a Bologna e morto, forse, a Venezia nel 1586 circa, fu allievo di Ulisse Aldrovandi. Laureatosi in filosofia e in medicina nel 1559, ottenne una cattedra in quest'ultima disciplina nel 1562. Iniziò a viaggiare in Germania e in Africa, stabilendosi infine a Roma dove divenne medico nell'ospedale di S. Spirito. La sua opera qui presentata appartiene al genere del Tacuinum sanitatis e prende in considerazione i vari alimenti mostrandone le caratteristiche e le proprietà nella cura e nella prevenzione delle malattie. Ebbe numerosissime edizioni e conferma la diffusione di questo filone durante i secoli.

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RAIMONDI, EUGENIO <fl. sec. XVII>(scheda n. 34)Bresciano, è noto soprattutto per questo libro, stampato per la prima volta a Brescia nel 1621.Il testo è una raccolta di quanto antichi e moderni scrissero in materia di caccia e pesca.

ROMOLI, DOMENICO <fl. sec. XVI>(scheda n. 46)Panunto è il soprannome di Domenico Romoli, del quale non ci sono pervenute né data di nascita o morte, né informazioni che servano ad illustrarne la personalità. Si può desumere, dalla prima edizione del suo trattato La Singolar dottrina (Venezia 1560), e da alcuni accenni ivi contenuti, che visse in pieno ‘500 svolgendo mansioni di scalco presso la corte di papa Leone X e presso famiglie cardinalizie romane. La Singolar dottrina è il più completo trattato di scalcheria del ‘500 perché contiene, oltre alla descrizione delle mansioni e qualità dello scalco, oltre alle ricette e ai menù, prescrizioni di carattere medico e nutrizionista sugli alimenti.

SCACCHI, FRANCESCO <1577-1656>(scheda n. 38)Nato a Fabriano, fu medico, proveniente da una famiglia di medici, e monaco benedettino.Il testo qui presentato viene portato a sostegno dell'ipotesi di paternità italiana nella scoperta del metodo di produzione naturale dello spumante, generalmente riconosciuta ai francesi. Infatti lo Scacchi descrive le caratteristiche produttive e terapeutiche dei vini rifermentati in bottiglia ben prima delle regole di Dom Pierre Perignon.

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La pubblicazione tratta inoltre del vino con le sue proprietà, i modi per meglio utilizzarlo in tutte le condizioni, se sia salutare o nocivo o nutriente, come debba esser diluito a seconda della stagione, del sesso e dell’età, il rapporto con le pietanze, la moderazione da applicare nel suo consumo.

SCAPPI, BARTOLOMEO <1500-1577>(scheda n. 44)Nato forse a Dumenza (provincia di Varese), fu un cuoco di fama. Servì alla corte di vari cardinali, fino a divenire cuoco delle cucine vaticane sotto il papa Pio IV. Continuò successivamente come cuoco al servizio di Pio V.Al culmine della carriera, pubblicò il più grande trattato di cucina del tempo, che includeva oltre mille ricette e trattava degli strumenti di cucina e di tutto ciò che doveva conoscere un cuoco rinascimentale di alto livello.Il cuoco che esce delineato dall'esigente Scappi è dotato di un notevole bagaglio di conoscenze tecniche: dovrà essere esperto di carni e pesci, di tutti gli alimenti commestibili, dei vari metodi di cottura e di conservazione, dell'attrezzatura di cucina, oltre ad avere indubbie doti morali: attento sorvegliante dei dipendenti, vigilante sull'igiene, ricco di inventiva, svelto, paziente, educato, modesto e devoto al padrone. In quest'opera si ha la prima raffigurazione conosciuta di una forchetta e vengono introdotti nuovi metodi di preparazione e l'uso di ingredienti importati dalle Americhe. In essa, inoltre, Scappi definisce il parmigiano come il miglior formaggio al mondo. L'opera ebbe grande successo e venne ristampata regolarmente fino al 1643.

SPOLVERINI, GIAMBATTISTA <1685-1762>(scheda n. 6)Il marchese Giambattista Spolverini nacque nel 1685 a

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Verona, dove visse e morì nel 1762. Venne educato nel collegio gesuita di San Saverio a Bologna.Il poema qui presentato fu pubblicato nel 1758, ma era stato terminato già nel 1745. Gli anni intercorrenti vennero impiegati dall'autore nella revisione del testo. I suoi versi, nei decenni successivi, furono molto ammirati, tanto da essere considerati tra i più belli della poesia didascalica di ogni tempo. Leopardi li stimò e riservò loro ampio spazio nella sua Crestomazia.

STANKOVIĆ, PETAR <1771-1852>(scheda n. 21)Noto anche come Pietro Stancovich, fu un canonico originario della Slovenia. Erudito e bibliofilo, fu l'autore della Biografia degli uomini distinti dell'Istria, uscita nel 1828 a Trieste. Si occupò anche di problematiche legate all'agricoltura: inventò anche uno strumento definito "spolpoliva" e scrisse sulla produzione vinicola.

STRAMPELLI, NAZZARENO <1866-1942>(scheda n. 7)Nato a Crispiero di Castelraimondo nel 1866 e morto a Roma nel 1942, è stato un agronomo, genetista e senatore italiano. Fu uno dei più importanti esperti italiani di genetica del tempo. I suoi sforzi lo condussero alla realizzazione di decine di varietà differenti di frumento, che egli denominò "Sementi Elette" alcune delle quali ancora coltivate fino agli anni Ottanta del XX secolo e perfino nel XXI secolo, che consentirono – in Italia e nei paesi che le impiegarono – ragguardevoli incrementi delle rese medie per ettaro coltivato, con consistenti benefici sulla disponibilità alimentare delle popolazioni. Le varietà di frumento create da Strampelli ed esportate in Messico furono una delle basi degli studi di miglioramento genetico

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che condussero alla "Rivoluzione verde" degli anni sessanta. Dal punto di vista pratico il suo metodo di incrociare varietà differenti per ottenere nuove cultivar (incrocio) si dimostrò vincente sul metodo allora più in voga di selezionare le sementi solo all'interno di una singola varietà (selezione massale).

TARGIONI TOZZETTI, GIOVANNI <1712-1783>(scheda n. 8)Nato e morto a Firenze è stato un medico e naturalista italiano. Laureatosi in medicina a Pisa nel 1734, decise successivamente di dedicarsi allo studio della botanica. I risultati ottenuti dalle sue ricerche in questo campo furono così rilevanti che ottenne la guida del Giardino botanico e divenne professore nello Studio fiorentino.Nel 1739 venne nominato prefetto della Biblioteca Magliabechiana. Ciò gli dette l'occasione di dedicarsi allo studio della storia, in particolare di quella toscana. Si dedicò inoltre alla cartografia iniziando a redigere una corografia e topografia fisica della Toscana. Nel 1763 pubblicò il Catalogo delle Produzioni Naturali presenti nella Real Galleria. In questa opera proponeva, tra l'altro, la costituzione di un apposito museo scientifico, poi realizzato nel 1775 grazie al granduca Pietro Leopoldo. Nel 1767 pubblicò l'Alimurgia o sia modo di rendere meno gravi le carestie. Fu inoltre il fondatore della Collezione lito-mineralogica di Giovanni Targioni Tozzetti e divenne uno dei primi membri dell'Accademia dei Georgofili e della Società Colombaria.

TRINCI, COSIMO <m. 1756>(scheda n. 29)Lasciò dei saggi di pratica agricola avendola vissuta direttamente e descritta da profondo conoscitore della

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materia. Il suo capolavoro, dato alle stampe in Lucca nel 1726 fu L'Agricoltore Sperimentato che venne ristampato in molte edizioni. L'Accademia dei Georgofili di Firenze, nelle Veglie appartenenti all'economia della Villa del 1767 e 1768, menziona il Trinci, in quanto risultava aggregato all'Accademia dal 30 settembre 1756.

VARRO, MARCUS TERENTIUS <116 a.C.-27 a.C.>(scheda n. 3)Erudito, poligrafo, Varrone fu uno degli autori più fecondi e importanti del mondo antico. La sua importanza è determinata sia dall'immensa mole del lavoro compiuto, sia dal sentimento patriottico e dall'elevato spirito morale che l'animavano. Assai ammirato dai contemporanei, da lui attinsero poi tutti gli eruditi e in genere la cultura romana (e anche greco-romana) dei secoli successivi. Nella filologia e nell'antiquaria egli raggiunse il massimo livello nel mondo romano, e certo fu in senso assoluto tra i maggiori rappresentanti della cultura del mondo antico. Ricoprì varie cariche, tra le quali quella, su incarico di Cesare, di organizzare le biblioteche pubbliche. Di tutta l'immensa produzione letteraria di Varrone rimane pochissimo: un'operetta in tre libri sull'agricoltura (Rerum rusticarum libri tres), e una parte (6 libri, non integri, su 25) della grande opera De lingua latina; restano inoltre un migliaio di frammenti in versi e in prosa.

VERRI, CARLO <1743-1823>(scheda n. 24)Fratello di Pietro e Alessandro, era stato destinato dal padre alla carriera ecclesiastica suo malgrado, tanto che in seguito ottenne da Roma la dispensa. Intorno al 1773 iniziò a studiare disegno e pittura, passioni destinate a rafforzarsi ed a produrre anche opere di notevole valore. Accanto alla

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pittura, Carlo si dedicò alla agricoltura sperimentale nelle sue terre; alimentava la sua ricca biblioteca con opere sul tema e ne produceva, come il testo esposto in questa mostra.In seguito entrò nella carriera amministrativa del Regno d'Italia, coprendo numerose cariche tra cui quella di Prefetto, fino alla nomina di Senatore nel 1809. Morì nel 1823.

WILDMAN, DANIEL <fl. 1760-1780>(scheda n. 29)Daniel Wildman, originario del Devon, intraprese la carriera di apicultore seguendo le orme dello zio Thomas, affermato in questa disciplina, per la quale scrisse un'opera di notevole interesse. Daniel scrisse invece l'opera che si espone in questa mostra, una guida pratica e completa per la gestione delle api.

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BIBLIOTECHE DEL COMUNE DI ANCONA

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