Dal passato al presente - Era

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... al presente Era Dal passato...

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Percorso figurativo di arte e cultura dell'antica Grecia

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... al presente

EraDal passato...

Matrimonio di Era e ZeusDal passato...

Giugno infatti prende il suo nome dal mio [Giunone].

È qualcosa di simile ad aver sposato Giove ed esserne sua sorella:

non so se essere più orgogliosa di lui come fratello o come marito.

Se consideri il momento della nascita, io fui la prima a chiamare

Saturno “padre”.

Io fui la prima figlia assegnata a lui dal destino

Ovidio, Fasti, libro VI, vv. 26-30

Metopa del Tempio E con le Nozze di Zeus ed Hera, VII-VIII secolo a.C. circa. Palermo, Museo Archeologico

Era, regina degli DèiDal passato...

Racchiusa nei grembi cerulei, aereiforme,

Era di tutto sovrana, beata compagna di Zeus,

che offri ai mortali brezze gradevoli che nutrono la vita,

madre delle piogge, nutrice dei venti, origine di tutto.

Senza di te nulla conobbe affatto la natura della vita;

perché, mescolata all’aria santa, a tutto partecipi;

infatti tu sola tutto domini e su tutto regni,

agitata sull’onda con sibili d’aria.

Ma, Dea beata, dai molti nomi, di tutto sovrana,

vieni benevola rallegrandoti nel bel volto.

Inno Orfico a Giunone

Hera Campana, II secolo d. C. Parigi, Musée du Louvre.

Il giudizio di Paride ... al presente

Giove - O Mercurio, prendi questo pomo, và in Frigia, dal figliuolo di Priamo, che pasce i buoi sull’Ida nel Gargaro, e digli così: O Paride, Giove comanda che tu, il quale sei bello, ed intendi assai nelle cose d’amore, giudichi tra queste Dee, quale è la bellissima, ed ella in premio della vittoria si avrà il pomo. Ora potete voi stesse andare dal giudice. […]Era - […] ed accettiam, chiunque egli sia, questo Paride. […] Bene, o Paride: e prima io mi spoglierò affinché tu sappi che non ho soltanto le braccia bianche, né vo superba per aver gli occhi di bue, ma che io sono tutta quanta bella. […] Paride - Discostatevi voi due: rimani tu, o Giunone. Era - Rimango io. Rimirami prima attentamente, e poi considera se anche è bello il dono che io ti farò. Se tu giudicherai che sono io la bella, o Paride, tu sarai signore di tutta l’Asia. Paride - Io non fo questo per doni. Ma ritírati: si farà quello che èdovere. […] A questo patto io do a te [Venere] il pomo; a questo patto prendil.

Luciano di Samosata, Dialoghi degli dei, 20

Il giudizio di Paride, 115-150 d.C., mosaico, Parigi, Musée du Louvre.

Era e la nascita della Via Lattea... al presente

Né debbo io celare l’antica diffusione d’una leggenda

tenera, che rivoli di denso latte siano fluiti dal niveo

seno dalla regina degli Dei e abbiano tinto il firmamento

del loro colore; e per questo Via Lattea

viene detta e appunto ne deriva il nome dall’origine sua.

O un più grande ammasso di stelle in denso intreccio

ha intessuto i suoi fuochi ed è incandescente per quantità di luce,

e più chiaro risplende quel circolo celeste per somma di fulgori?

O le anime dei forti e le personalità rese degne del cielo

svincolate dai loro corpi e restituite dalla terra

quassù migrano dal globo terreno e abitando un cielo tutto loro

vivono anni eterei e godono delle cosmiche sedi?

Manilio, Astronomicon, libro I, vv. 750- 761

Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, L’origine della Via Lattea, 1575-1580, olio su tela. Londra, National Gallery

Era e Argo... al presente

[...] (Mercurio) vide che tutti

d’Argo dormivano gli occhi coperti dal velo del sonno.

Subito tace, ne aggrava il sopor con la magica verga

accarezzandogli i lumi che languono profondamente.

Poi con la spada falcata, mentre Argo vacilla, la testa

staccagli dove s’unisce alla nuca, e la gitta cruenta

giù dalla rupe scoscesa, che tinse di gocce sanguigne.

Argo, tu giaci disteso; e la luce, che dentro tant’occhi

ti scintillava una volta, s’è spenta del tutto! La notte,

unica notte perenne ricopre i tuoi occhi infiniti!

Ma li raccoglie Giunone e li colloca sovra le penne

del suo pavone, a cui empie la coda di gemme stellanti.

Ovidio, Metamorfosi, libro I, vv. 714- 723

Peter Paul Rubens, Giunone e Argo, 1611, olio su tela. Colonia, Wallraf-Richartz-Museum Fondazione Corboud

Giove, Giunone e Io... al presenteGuarda Giunone fra tanto nel mezzo dei campi e stupita che sotto limpido cielo le nubi volanti dintorno facciano velo notturno, s’accorge che non son vapori nati dai fiumi o che salgano in alto dall’umida terra; e, conoscendo di Giove gli amori furtivi sorpresi, guarda dattorno dov’è, ma non lo rinvenendo nel cielo, disse: “O m’inganno, o io sono tradita”; e volando dall’alto sopra la terra si ferma e costringe la nebbia a vanire. Giove, che aveva previsto di lei l’improvvisa discesa, in una bianca giovenca converse l’inachide ninfa. Anche giovenca è leggiadra: Giunone ne loda la grazia pur mal suo grado, e domanda, fingendosi ignara del vero, e di chi sia e da dove provenga e l’armento onde venne. Giove, a sviare l’inchiesta, le mente ch’è nata dal suolo. Ella gli chiede la vacca. Che fare? Se gliela regala,opera spietatamente; se nega, cagiona sospetto. “Dagliela”dice il pudore; “non dargliela”, amore soggiunge. Vinto sarebbe il pudor dall’amore, ma s’una giovenca, dono ben lieve, negasse a chi gli era sorella e consorte, certo poteva parere non fosse giovenca. Giunone ebbe così la rivale, ma tenne nel cuore il sospetto e, diffidando di Giove, temette non gliela rubasse finché non fosse guardata dal figlio d’Arestore, Argo, che nella testa ha cent’occhi, dei quali due dormono a turno, mentre non dormono gli altri che vigili fanno la scolta.

Ovidio, Metamorfosi, libro I, vv. 568-750

Pieter Lastman, Giunone scopre Giove con Io, 1618, olio su tela, Londra, National Gallery

Giunone, Eco e Narciso... al presente

Mentre spaventava i cervi per spingerli dentro le reti,lo vide quella ninfa canora, che non sa tacere se parli,ma nemmeno sa parlare per prima: Eco che ripete i suoni.Allora aveva un corpo, non era voce soltanto; ma come ora,benché loquace, non diversamente usava la sua bocca,non riuscendo a rimandare di molte parole che le ultime.Questo si doveva a Giunone, perché tutte le volte che avrebbepotuto sorprendere sui monti le ninfe stese in braccio a Giove,quella astutamente la tratteneva con lunghi discorsiper dar modo alle ninfe di fuggire. Quando la dea se ne accorse:«Di questa lingua che mi ha ingannato», disse, «potrai disporresolo in parte: ridottissimo sarà l'uso che tu potrai farne».E coi fatti confermò le minacce: solo a fine di un discorsoEco duplica i suoni ripetendo le parole che ha udito.Ora, quando vide Narciso vagare in campagne fuori mano,Eco se ne infiammò e ne seguì le orme di nascosto. […]Lui fugge e fuggendo: «Togli queste mani, non abbracciarmi!» […]Respinta, si nasconde Eco nei boschi, coprendosi di foglieper la vergogna il volto, e da allora vive in antri sperduti.Ma l'amore è confitto in lei e cresce col dolore del rifiuto:un tormento incessante le estenua sino alla pietà il corpo,la magrezza le raggrinza la pelle e tutti gli umori del corposi dissolvono nell'aria. Non restano che voce e ossa:la voce esiste ancora; le ossa, dicono, si mutarono in pietre.E da allora sta celata nei boschi, mai più è apparsa sui monti;ma dovunque puoi sentirla: è il suono, che vive in lei.

Ovidio, Metamorfosi, libro III

Nicolas Poussin, Eco e Narciso, 1628, olio su tela, Parigi, Musée du Louvre.

Eolo e Giunone [parte 1]... al presente

Città antica fu, ricca e potente,che i coloni abitavano di Tiro,Cartagine fenicia […]era da Giuno più di ogni altra terra e più di Samo amata e prediletta.Qui l’armi aveva e il carro, e sin d’alloraQui il regno delle genti Ella anelavaPorre per sempre, consentendo il Fato.Ma che una stirpe dal troiano sangue Sarebbe un giorno nata aveva appresoTale che le sue torri abbatterebbe […]Di ciò temendo la Saturnia dea,e memore di quella lunga guerrache per prima lei stessa contro Troiaaveva accesso per i cari Argivi,[…] da tali sdegni accesa ovunque e sempre perseguitava i Teucri, ultimi restidei Greci e del Pelide, e lungi ancora li teneva dal Lazio, che già erravanospinti dal Fato ovunque in tutti i marida tanti anni […]

Mattia Bartoloni, Giunone chiede ad Eolo, XVIII secolo.

Eolo e Giunone [parte 2]... al presente

Questo fra sé nell’adirato cuoreRivolgendo la dea, nella patria Giunse dei nembi, che d’Eolia ha il nome,di tempestosi turbini feconda.In un’ampia spelonca ivi governaCol suo potere i venti contrastantiEolo re, che i risonanti nembiCon le catene frena nelle carceri.Quelli, furenti, e con rumore cupoEntro i chiostri del monte invano fremono […]A lui allora la Saturnia dea Rivolse queste supplici parole:« O sovrano dell’etere, cui diedeDegli uomini e dei numi il genitoreDi placare e gonfiare con il vento L’ira del mare, gente a me nemicaNaviga già il Tirreno ed Ilio secoPorta in Italia e i suoi vinti Penati.Tu che lo puoi, per me ora benignoDà forza ai venti, sprofonda le navi, sommergile e disperdi per il maretutti qua e là i corpi in mezzo ai flutti![…]»E il Re dei venti: «A te, - disse – regina,spetta vedere ciò che più talenta, a me obbedire […]».

Virgilio, Eneide, libro IMattia Bartoloni, Giunone chiede ad Eolo, XVIII secolo.

L’amore di Zeus e Era... al presente

O Zeus che veglia solo mentre gli altri dei e gli

uomini dormono, e si dimentica facilmente di ogni

progetto vinto dal desiderio d’amore, e guardando

Era si eccita a tal punto da non voler neppure

andare in camera da letto e da desiderare di unirsi a

lei lì per terra, dichiarando di essere preso dalla

passione d’amore ancor più della prima volta che si

erano uniti all’insaputa dei loro genitori.

Platone, La Repubblica, III 390 c

James Barry, Giove e Giunone sul Monte Ida, particolare, 1790-1799. Sheffield, Art Galleries.