Dal passato al presente - Medea

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Percorso figurativo di arte e cultura dell'antica Grecia

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Medea

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Medea uccide i suoi figliDal passato...Medea: Amiche mie, ho deciso; ucciderò al più presto i miei figli e me ne andrò via da questa terra; senza perdere tempo non lasceròche un’altra mano ostile possa assassinare le mie creature. Devono morire, è necessario. Poiché bisogna, li uccideremo noi che li abbiamo generati. Ma su, armati, mio cuore. Che aspettiamo a compiere questo male tremendo e inevitabile? Su, mia mano sventurata, prendi la spada, prendila. Avvicinati al doloroso inizio di una nuova vita, non essere vile, non ricordarti delle tue creature, che le hai tanto amate, che le hai partorite tu. Dimenticati dei tuoi figli per questo breve giorno: poi potrai piangere. Anche se li ucciderai, infatti, li hai molto amati: ma io sono una donna disgraziata. […]

Figlio: Ahimè!

Coro: Senti il grido delle creature, lo senti? Ah, infelice, o donnasfortunata!

Primo figlio: Ahimè, che fare? Dove fuggire alla mano di mia madre?

Secondo figlio: Non so, fratello mio carissimo; siamo perduti.

Euripide, Medea

Medea uccide uno dei suoi figli, 330 a.C. circa, anfora campana a figure rosse, lato A, altezza 48,5 cm. Parigi, Musée du Louvre.

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Medea e le figlie di PeliaDal passato...

[…] E perché non restassero attive le arti ingannatrici, la donna del Fasi finse un odio inesistente nei riguardi del marito e si rifugiò supplicando nella reggia di Pelia: ma la accolsero le figlie, in quanto egli era accasciato per la vecchiaia, e in poco tempo l’astuta donna le circuì con un falso vincolo di amicizia; e mentre annovera tra i suoi grandi meriti l’aver eliminato la decrepitezza di Esone e indugia in tale racconto, le giovani figlie di Pelia concepirono la speranza che con lo stesso artificio il loro genitore potesse ringiovanire: chiedono tale servizio e la invitano a fissare una ricompensa anche esorbitante. Quella sta in silenzio per un po’ di tempo e dà l’impressione di esitare e con quella pensosità affettata tiene in sospeso gli animi delle fanciulle che la pregavano; in seguito, dopo aver fatto la promessa, «Perché sia più grande la speranza di questo dono – disse – l’ariete più vecchio d’età nel vostro gregge diventerà con il mio filtro un agnello». Subito viene spinto davanti a lei un montone sfinito per gli innumerevoli anni, dalle corna ritorte intorno alla cavità delle tempie; non appena squarciò la flaccida gola dell’animale con un coltello tessalo e macchiò il ferro con il suo poco sangue, la maga tuffò nel concavo calderone le membra di quello insieme ai potenti succhi: questi sminuzzano le membra e squagliano le corna e con le corna cancellano gli anni e dal recipiente si fa sentire un tenue belato; subito dopo, mentre tutti erano stupiti per quel belato, balza fuori un agnello che saltella scappando e cerca mammelle che lo allattino. Si stupirono le figlie di Pelia, e dopo che le promesse si mostrano veritiere, allora sì che insistono a chiedere con più calore.

Ovidio, Le Metamorfosi, libro VII, vv. 297-324 Medea e le figlie di Pelia con il montone, 470 a.C. circa, particolare di stamnos a figure rosse.Berlino, Staatliche Museen.

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Il dono di Medea a GlauceDal passato...

Fedele nutrice, compagna nel dolore e nella mutevole sorte, aiutami nei miei tristi disegni. Ho un mantello, io, che è dono celeste, vanto della mia casa e del mio regno, che fu donato a Eeta dal sole quale pegno della sua stirpe. Ho anche un monile fulgente dalle maglie d’oro, e, per cingersi i capelli, un diadema d’oro su cui brilla la luce delle gemme. Portino i miei figli questi doni alla sposa, ma bagnati, prima, e impregnati di crudeli veleni. Sia invocata Ecate. Tu prepara il rito funesto. Sia innalzato l’altare, crepiti la fiamma nella casa. […] Andate, figli, andate, sangue di una madre sventurata. Con questi doni e con molte preghiere rendetevi benevola colei che è vostra padrona e matrigna. Andate e fate subito ritorno, che io goda del vostro ultimo abbraccio.

Seneca, MedeaMedea invia il suo dono a Glauce, particolare del sarcofago con il Mito di Medea, II secolo a.C., marmo. Berlino, Staatliche Museen.

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Giasone giura fedeltà a MedeaDal passato...Quando il forestiero cominciò a parlare e afferrata la destra lechiese aiuto con voce sommessa, promettendo le nozze, quella scioltasi in lacrime: «Vedo cosa farò e non mi farà sbagliare l’ignoranza del giusto, ma l’amore. Tu sarai salvato con il mio aiuto: ma una volta in salvo mantieni le promesse!». Quello giura sui sacri riti della dea triforme e sulla divinità presente in quel bosco, sul padre del suo futuro suocero, che tutto vede, sui suoi successi e sui sì gravi pericoli; fu creduto e senz’altro ricevette le erbe magiche, ne imparò il modo di impiegarle e lieto se ne ritornò nella sua dimora.

Ovidio, Le Metamorfosi, libro VII, vv. 89-99.

Giasone e Medea nel gesto della dextra junctio, simbolo del matrimonio, II secolo d.C., frammento di un sarcofago in marmo lunense. Roma, Palazzo Altemps, Museo Nazionale Romano.

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Medea ringiovanisce Esone... al presente

E quando li ebbe placati con lunghe preghiere a lungo mormorate, ordina che sia portato fuori il corpo sfinito di Esone e, avendo immerso in un profondo sonno per mezzo di un canto magico, lo fece deporre su un letto di erbe come fosse un cadavere. Ordina poi al figlio di Esone, ai servitori di allontanarsi da quel luogo e li ammonisce che distolgano i loro occhi profani dai misteri. […] Non appena vide questo, Medea afferrata una spada, squarcia la gola del vecchio e, dopo aver fatto uscire il sangue vecchio, la riempie dei succhi preparati; e dopo che Esone li ebbe bevuti con la bocca o assorbiti dalla ferita, la barba e i capelli assunsero il colore nero perdendo la loro canizie; cacciata la magrezza, scompaiono pallore e squallore, e le profonde rughe si riempio nodi nuova polpa e le membra si rinvigoriscono: resta attonito Esone, ricordando di essere stato tale un tempo, quarant’anni prima.

Ovidio, Le Metamorfosi, libro VII, vv. 250-257; 284-293Ludovico Carracci, Gli incanti di Medea, 1584, affresco. Bologna, Palazzo Fava.

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La fuga di Medea ... al presente

[…]Medea: Mi chiedi di aver pietà. Bene, è finita. Odio, mio odio, non ho più nulla da offrirti. Giasone, ingrato, alzali quassù i tuoi occhi gonfi. La riconosci, tua moglie? È così che fugge Medea. Ecco, mi si apre una strada nel cielo. Due draghi, mansueti, piegano al giogo i loro colli squamosi. Tu riprenditi i tuoi figli, padre. Io sarò trasportata per l’aria da questo carro alato.

Giasone: Vattene per gli spazi celesti, nel cielo piùalto. Sarai la prova vivente, dovunque arriverai, che gli dèi non esistono.

Seneca, Medea

Michel Audran, La fuga di Medea, 1764-1773, arazzo. Milano, Palazzo Reale.

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La disperazione di Medea... al presenteInvano creature, vi ho allevato, invano ho sofferto per voi e misono consumata di fatiche sopportando i dolori crudeli del parto! Eppure una volta, infelice, avevo riposto in voi grandi speranze, che avreste sostenuto la mia vecchiaia e mi avreste sepolto alla mia morte con le vostre mani, una sorte invidiabileper gli uomini. Ma ora questo dolce pensiero è svanito. Senza di voi, vivrò una vita triste e dolorosa. Voi, con i vostri occhi, non potrete mai più vedere vostra madre, dopo essere passati a un’altra vita. Creature, perché mi guardate così? Perché mi sorridete con quest’ultimo sorriso? Ah! Che devo fare? Mi manca il cuore, donne, ora che ho visto lo sguardo luminoso delle mie creature. No, non posso. Condurrò i miei figli con me via da questa terra. Perché, per colpire il padre di questi bambini con la loro rovina, devo procurare a me stessa una rovina due volte più grande? No, proprio no. Addio ai miei propositi! Che mi succede? Voglio suscitare il riso dei miei nemici, lasciandoli impuniti? No, devo osare. Che viltà, anche soltanto concepire nella mente così miti pensieri![…] La mia mano non vacillerà. No, animo mio, non farlo! Lasciali andare, sciagurato, risparmia le tue creature!

Euripide, Medea

Eugéne Delacroix, Medea furiosa, 1862, olio su tela, 122 x 84 cm. Parigi, Musée du Louvre.

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Medea abbandonata ... al presente

[…] Non riesco, non riesco ancora a credere alla mia sventura. Giasone ha potuto farlo? Lui che mi ha strappato al padre, alla patria, al trono, ora mi abbandona in terra straniera? Ciò che ho fatto per lui, quel crimine che gli consentì di vincere il mare e le fiamme, l’ha dunque dimenticato quel crudele? Crede davvero che la catena del male sia spezzata? Sconvolta, folle, il furore mi trascina, non so dove. Come potrò vendicarmi?

Seneca, Medea

Anselm Feuerbach, Medea, 1870, olio su tela, 198x395,5 cm. Monaco, Neue Pinakothek.

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Medea prepara le sue pozioni magiche... al presenteHo sbagliato allora, quando lasciai la casa di mio padre, persuasa dalle parole di un uomo greco, che ora, con l’aiuto di un dio, sconterà la propria colpa. Non vedrà mai più vivi i figli che ha avuto da me e non potrà mai generare un figlio dalla nuova sposa. Quella misera donna, infatti, miseramente dovrà morire a causa dei miei filtri. Nessuno deve considerarmi un’incapace o una debole o una persona mite. Altro è il mio carattere: violenta con i nemici e con gli amici buona. Quelli che si comportano così, hanno la vita più gloriosa.

Euripide, Medea

Evelyn De Morgan, Medea, 1898 circa, olio su tela.

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Medea uccide il fratello ... al presente

[…] Ora io sono Medea. Il mio ingegno ècresciuto col male. È stato splendido, sì, recidere la testa a mio fratello, e squartarne le membra, splendido strapparti, padre mio, l’arcano vello d’oro. […]

Seneca, Medea

Herbert James Draper, Il Vello d’Oro, 1904, olio su tela, 155x272,5 cm. West Yorkshire, The Bradford Art Galleries and Museums.

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Medea cerca di avvelenare Teseo... al presente

Nel frattempo si era presentato Teseo, figlio sconosciuto dal padre; egli aveva di già pacificato con il suo valore l’Istmo bagnato da due mari: per farlo morire Medea prepara un filtro con l’aconito che aveva portato con sé dalla Scizia. […] Teseo ignaro aveva già preso in mano la tazza offertagli, quando il padre vide sull’elsa d’avorio della spada il marchio della sua famiglia: gli strappa dalla bocca quella pozione delittuosa, ma la moglie sfuggì alla punizione mortale, avendo suscitato una nebbia con le sue formule magiche.

Ovidio, Le Metamorfosi, libro VII, vv. 404-408, 420-425.

William Russell Flint, Medea offre la coppa avvelenata a Teseo, figlio di Egeo, 1910, olio su tela.