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Origini e primi documenti: dal latino all’italiano Rita Fresu [email protected] http://people.unica.it/ritafresu/

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Origini e primi documenti:

dal latino all’italiano

Rita Fresu

[email protected]

http://people.unica.it/ritafresu/

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dalla frammentazione linguistica medievale al

primato del fiorentino letterario

◦ IX-X sec. - 1375

unificazione, norma ed espansione dell’italiano

◦ 1375 - 1861

da lingua della letteratura a lingua d’uso nazionale

◦ 1861 – età contemporanea

I. BONOMI et alii, Elementi di linguistica italiana, Roma, Carocci, nuova ediz., 2010, p. 189. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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il periodo che va dalla prima documentazione

di testi in volgare (IX-X sec.) alla fine del Trecento (1375, morte di Boccaccio), quando il fiorentino, grazie al prestigio e alla diffusione della sua letteratura (le ‘tre Corone’ Dante, Petrarca, Boccaccio) ha ormai acquisito una posizione di rilievo sugli altri volgari della penisola.

I. BONOMI et alii, Elementi di linguistica italiana, Roma, Carocci, nuova ediz., 2010, p. 189. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

C. MARAZZINI, La lingua italiana. Storia, testi, strumenti, Bologna, il Mulino, 20152, p. 88.

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Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

C. MARAZZINI, La lingua italiana. Storia, testi, strumenti, Bologna, il Mulino, 20152, p. 89.

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Se osserviamo la cartina riprodotta nella slide precedente vediamo che solo in una parte dei territori assoggettati all’impero romano nella sua fase di massima espansione (intorno al III sec. d.C.) si parlano oggi lingue derivanti dal latino.

Nella parte orientale dell’impero la lingua più utilizzata era il greco, in altre zone (per es. nella parte meridionale dell’Inghilterra e nella porzione romanizzata della Germania) la latinizzazione fu solo parziale. Nelle province dell’Africa settentrionale, infine, la dominazione araba interruppe la continuità linguistica con l’Europa. Nell’area rimanente dell’impero il latino ha invece avuto modo di radicarsi al punto da diffondersi anche nell’uso orale e sovrapporsi alle lingue locali. Quest’area viene definita Romània e le lingue che oggi vi si parlano sono chiamate romanze. L’aggettivo deriva dall’espressione latina romanice loqui, con cui ci si riferiva ai territori dell’impero dove si ‘parlava romanamente’ (cioè in latino). Le lingue romanze sono in un certo senso «figlie» del latino e comprendono, oltre all’italiano e ai dialetti, alcune delle lingue di minoranza parlate sul nostro territorio (per es. il sardo, il friulano e il ladino:, altre lingue nazionali (il francese, lo spagnolo, il portoghese, il rumeno e i rispettivi dialetti) e lingue di minoranza presenti in questi paesi, come il catalano, il franco-provenzale e il provenzale. In seguito all’espansione coloniale delle nazioni europee avvenuta dopo il Cinquecento, il territorio in cui si parlano lingue romanze si è ulteriormente esteso e interessa aree del nord, centro e sud America e dell’Africa. Attualmente si stima che a livello mondiale le lingue romanze siano lingua nativa per oltre settecentocinquanta milioni di persone.

M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, pp. 157-158 (con adattamenti. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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R. CASAPULLO, Origini, lingua delle, in Enciclopedia dell’Italiano Treccani (EncIt), 2011: http://www.treccani.it/enciclopedia/lingua-delle-origini_(Enciclopedia-dell'Italiano)/:

L’origine dei volgari romanzi è tradizionalmente ricondotta, a partire da Schuchardt (1866-1868), al latino volgare. Con tale espressione si indica un complesso di fenomeni non omogenei, riscontrabili in testi tipologicamente difformi lungo un arco di tempo assai ampio (dal latino arcaico al 700 d.C. circa), che è stato descritto nei suoi vari aspetti: fonologico, morfosintattico e lessicale (Roncaglia 1965: 22-32 e 247-248; Varvaro 1984a: 91-125; Varvaro 1984b; Väänänen 1971; Calboli 1994).

Il latino volgare non è una fase cronologica del latino: si tratta, piuttosto, di un concetto composito che comprende in sé tratti stilistici, relativi al registro familiare e colloquiale, finanche plebeo degli scriventi, fenomeni linguistici arcaici e tendenze sviluppatesi nel latino più tardo, dal III al V secolo d.C. Proprio a causa della sua variegata consistenza l’espressione latino volgare è stata rifiutata per la sua ambiguità (Sabatini 1978); nessuna alternativa, tuttavia, è riuscita a subentrarle.

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iscrizioni murarie graffite o dipinte, che presentano non di rado elementi propri del parlato; particolare importanza rivestono numerosi graffiti conservatisi a Pompei, databili immediatamente prima dell’eruzione del Vesuvio del 79 d. C.;

glossari: vocabolari elementari che spiegano con espressioni del latino parlato parole e costruzioni del latino classico diventate rare o considerate difficili;

testimonianze (lettere private o documenti) di scriventi scarsamente alfabetizzati, come potevano essere i soldati romani provenienti dai vari territori dell’impero;

documentazione letteraria di autori più sensibili a rappresentare il parlato, come per esempio le commedie di Plauto (III sec. a. C.) e il Satyricon di Petronio (I sec. d. C.), in cui l’episodio della Cena di Trimalcione costituisce una testimonianza di latino parlato;

opere d’ispirazione cristiana, rivolte a un pubblico non di letterati, come le traduzioni delle Sacre scritture e testi di autori cristiani, interessati non a rispettare le prescrizioni dei grammatici ma a farsi comprendere dal popolo; emblematica la nota affermazione di s. Agostino (IV sec. d. C.): Melius est reprehendant nos grammatici quam non intelligant populi ‘meglio che ci rimproverino i grammatici piuttosto che non ci capisca la gente’;

testimonianze di eruditi, grammatici e insegnanti di latino, che, tesi a difendere la lingua della tradizione scritta, non di rado segnalano come errori forme proprie del parlato, molte delle quali si sarebbero comunque imposte. Le liste di errori stilate da grammatici sono documenti preziosissimi perché l’insistenza sulla forma scorretta ne testimonia proprio la diffusione nella lingua di tutti i giorni. La più famosa è la cosiddetta Appendix Probi, una lista di parole e forme “sbagliate” riportate a fianco di quelle corrette, trascritta probabilmente a Roma alla fine di un codice contenente le opere del grammatico Probo > vd. slide successiva

G. PATOTA, Nuovi lineamenti di grammatica storica dell’italiano, Bologna, il Mulino, 2007, pp. 22-23 (con adattamenti); M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, pp. 157-158 (con adattamenti). Linguistica italiana (R. Fresu)

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M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, pp. 157-158 (con adattamenti).

Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

Il manoscritto che conserva il documento è della fine del VII secolo o dell’inizio dell’VIII, ma si tratta di una copia; sulla datazione dell’originale le ipotesi fatte oscillano tra il III e il VI secolo [Castellani 2000, 7], con validi argomenti a favore di una datazione alla fine del V [Asperti e Passalacqua 2014, XXIV-XXXVI].

Si tratta di un documento di enorme valore che consiste in un elenco di 227 parole seguite dalla corrispondente forma scorretta secondo lo schema «A non B». Da esso apprendiamo che già allora erano diffusi errori come vĕclus per vĕtulus, călda per călida, ăcqua per ăqua, forme all’origine di vecchio, calda, acqua.

turma non torma

columna non colomna

cultellum non cuntellum

auris non oricla

calida non calda

speculum non speclum

vetulus non veclus

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Affermazione del latino volgare sul latino classico e trasformazione dal latino volgare in italiano sono due processi contigui accelerati da due fattori e determinati da un terzo:

1) perdita di potere della classe aristocratica

2) diffusione del Cristianesimo

3) invasioni barbariche (a partire dal IV secolo d.C.)

G. PATOTA, Nuovi lineamenti di grammatica storica dell’italiano, Bologna, il Mulino, 2007, p. 26 (con adattamenti). Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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La transizione latino-romanza è stata un processo lungo, di cui non è agevole individuare l’inizio e la fine se non facendo riferimento a date-simbolo. Se è vero che alcuni tratti anticipatori di evoluzioni romanze hanno attestazioni molto antiche (addirittura in epoca precristiana, come la caduta della -M finale), è altrettanto vero che la causa scatenante del cambiamento fu il progressivo disfacimento della struttura statuale dell’impero romano d’Occidente, avviatasi nel IV secolo e culminata con la definitiva caduta dell’impero nel 476.

Le conseguenze politiche e culturali di questo evento (decadenza delle vie di comunicazione, allentamento degli scambi commerciali, conseguente isolamento delle comunità locali e riduzione delle necessità comunicative agli àmbiti più informali) causarono l’addensarsi delle innovazioni nelle varietà parlate localmente, che a un certo punto arrivarono a costituire una massa critica tale da far prendere coscienza alle persone cólte (le sole in grado di confrontare il latino con la lingua parlata) dell’avvenuta frattura, cioè di trovarsi di fronte a due lingue diverse piuttosto che a due varietà della stessa lingua.

M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, p. 164 (con adattamenti). Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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[…] prandium eorum tali sit per omnem septimana: scaphilo grano, pane cocto et duo congia vino, et duo congia de pulmentario, faba et panico mixto, bene spisso et condito de uncto aut oleo, et nullus de heredibus nostris […] (Lucca, 765); […] per omnes vendimia vobis reddere debeamus medio porco valente dinari sex, et tres pani boni mundi, et duo casii mediogrii seu et duo fila fica sicche bone, et inter cici, farre et linticle sistario uno, et per singulos annos vobis reddere debeamus tres pulli cum quindecim ovas […] (Lucca, 804);

[fonte: F. SABATINI, Esigenze di realismo e dislocazione morfologica in testi preromanzi, in Id., Italia linguistica delle Origini. Saggi editi dal 1956 al 1996, raccolti da V. Coletti, R. Coluccia,

P. D’Achille, N. De Blasi, L. Petrucci, Argo, Lecce, 2 voll., vol. I, pp. 99-131, a p. 109].

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Due date possono rappresentare la fine della transizione, e ci rimandano entrambe al IX secolo:

◦ Deliberazione del Concilio di Tours (813): imposizione ai sacerdoti di predicare in rusticam romanam linguam aut thiotiscam (cioè nelle varie parlate romanze o in lingua ‘tedesca’) evidentemente perché i fedeli non erano più in grado di capire il latino > vd. slide successiva potere ecclesiastico

◦ Giuramenti di Strasburgo (842): una reciproca promessa di alleanza strategica tra i due nipoti di Carlo Magno - Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico - pronunciata nelle rispettive lingue diverse > vd. slide successiva potere laico

La transizione, pur preceduta da alcune avvisaglie e seguita da un lungo periodo di assestamento, è dunque avvenuta in un arco di tempo che va dal IV-V al IX secolo.

M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, p. 164 (con adattamenti). Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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Visum est unanimitati nostrae, ut quilibet episcopus habeat omelias continentes necessarias admonitiones, quibus subiecti erudiantur, id est de fide catholica, prout capere possint, de perpetua retributione bonorum et aetermna damnatione malorum, de resurrectione quoque futura et ultimo iudicio, et quibus operibus possit promereri beata vita, quibusve excludi. Et ut easdem homilias quisque aperte transferre studeat in rusticam romanam linguam aut theotiscam, quo facilium cuncti possint intelligere quae dicuntur.

All’unanimità abbiamo deliberato che ciascun vescovo tenga omelie contenenti le ammonizioni necessarie a istruire i sottoposti circa la fede cattolica, secondo la loro capacità di comprensione, circa l’eterno premio ai buoni e l’eterna dannazione dei malvagi, e ancora circa la futura resurrezione e il giudizio finale, e con quale opere possa meritarsi la beatitudine, con quali perdersi. E che si studi di tradurre comprensibilmente le omelie medesime nella lingua romana rustica o nella tedesca affinché tutti più facilmente possano intendere quel che viene detto.

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Il 14 febbraio 842 i nipoti di Carlo Magno – Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico, figli di Ludovico il Pio – si incontrarono a Strasburgo per sancire la spartizione dei territori del Sacro Romano Impero e giurarsi reciproca fedeltà. I due sovrani pronunciarono la parte saliente del giuramento rivolgendosi ciascuno all’esercito dell’altro in lingue diverse: Carlo parlò ai soldati di Ludovico e si rivolse loro in lingua (proto)tedesca, Ludovico fece lo stesso rivolgendosi alle truppe di Carlo in (proto)francese:

«…Lodhuvicus romana, Karolus vero teudisca lingua, juraverunt. Ac sic, ante sacramentum, circunfusam plebe, alter teudisca alter romana lingua allocuti sunt».

I Giuramenti di Strasburgo, di cui si

conserva il testo grazie alla fedele trascrizione dello storico Nitardo, contenuta nelle Historiae, una cronaca in latino, sono considerati l’atto di

nascita delle lingue romanze.

M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, pp. 157-158 (con adattamenti e integrazioni). Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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L’avvio di scriptae volgari vere e proprie fu dunque favorito da una serie di fattori che approfondirono la distanza con gli usi parlati e accentuarono la coscienza della separazione.

Tra questi fattori vanno segnalati almeno:

la “rinascita carolingia”, espressione con cui si indica il rinnovamento delle istituzioni educative promosso da Carlo Magno e dai suoi successori a partire dai primi decenni del IX secolo. La riforma del latino, che dopo molti secoli ricominciò a essere scritto nella forma grammaticalmente corretta, accentua la separazione tra latino e volgari e consente a questi di emergere come entità autonome, favorendone il passaggio alla scrittura (ricordiamo comunque che si tratta di un fattore, non certo l’unico: peraltro Italia centro-meridionale, da cui provengono le più antiche scritture in volgare, fu estranea alla riforma carolingia, mentre assai più rilevante fu in quei territori l’influenza della cultura benedettino-cassinese);

la convivenza fra lingue romanze e lingue non romanze in uno stesso territorio rappresenta un fattore importante per l’affermarsi di una coscienza linguistica “volgare” perché permise un confronto che ha favorito la presa d’atto dell’esistenza di varie realtà linguistiche di uguale prestigio accanto a una lingua della cultura, il latino, unitaria e universalmente comprensibile nello spazio geografico, ma non in quello sociale. Non è un caso che la prima consapevole messa per iscritto di un idioma volgare avviene proprio in una situazione di contatto, di bilinguismo romanzo-germanico, con i Giuramenti di Strasburgo > vd. slide precedente

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R. CASAPULLO, Il Medioevo, Bologna, il Mulino, 1999, pp. 30-31 (con adattamenti e integrazioni).

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Indovinello veronese (VIII-IX sec.)

Graffito della catacomba romana di Commodilla (VI-VII sec. - metà del IX sec.)

Placiti campani (960-963 d.C.)

Postilla amiatina (1087)

Iscrizione dell’affresco della basilica romana di S. Clemente (fine XI sec.)

Se si osserva la provenienza dei primi testi in volgare spicca la prevalenza dell’area centrale e meridionale. Questa dislocazione geografica non è casuale: rimanda al ruolo di veri e propri centri di cultura esercitato nel Medioevo dalle abbazie benedettine posizionate lungo la parte centrale della dorsale appenninica, da Montecassino all’Umbria (Baldelli 1971).

s l i d e p r i m e t e s t i m o n i a n z e i n v o l g a r e

M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, pp. 157-158 (con adattamenti. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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provenienza geografica ◦ area centrale e meridionale > abbazie benedettine

tratti in comune: plurilinguismo e policentrismo ◦ ibridismo linguistico; ◦ variabilità/instabilità; ◦ forte specificità dell’elemento locale

categorie di scriventi

◦ religiosi; notai; mercanti

tipologie testuali ◦ testi con finalità edificanti (ambienti religiosi) ◦ testi con finalità pratica: carte notarili, parti di rogiti, verbali

processuali (ambienti laici)

aspetto materiale ◦ testi scritti occasionalmente su spazi vuoti; scritture esposte

R. CASAPULLO, Il Medioevo, Bologna, il Mulino, 1999, pp. 32-34 (con adattamenti e integrazioni); M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, pp. 157-158 (con adattamenti e integrazioni).

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