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XI Ciclo di Laboratori Chimici di Aggiornamento per i Docenti delle Scuole Medie Superiori Dai polimeri convenzionali ai biopolimeri: fonti rinnovabili e biodegradabilità Idrolisi basica di polietilene tereftalato (PET) Dr.ssa Alessandra Silvani ([email protected] ) Commissione Orientamento del Collegio Didattico del Dipartimento di Chimica 19 Settembre 2016 Aula G10, Settore Didattico Golgi Laboratorio 3070, via Golgi 19

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XI Ciclo di Laboratori Chimici di Aggiornamento

per i Docenti delle Scuole Medie Superiori

Dai polimeri convenzionali ai biopolimeri:

fonti rinnovabili e biodegradabilità

Idrolisi basica di polietilene tereftalato

(PET)

Dr.ssa Alessandra Silvani ([email protected]) Commissione Orientamento del Collegio Didattico del Dipartimento di Chimica

19 Settembre 2016 Aula G10, Settore Didattico Golgi

Laboratorio 3070, via Golgi 19

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Sommario - Introduzione ai polimeri

- Tipologie di classificazione dei polimeri: - forma molecolare - origine - composizione chimica - meccanismo di polimerizzazione

- Stato fisico dei polimeri

- Correlazione tra struttura molecolare e applicazione tecnologica: i materiali polimerici

- Ciclo di vita delle materie plastiche e impatto ambientale: gestione sostenibile dei rifiuti

- Verso uno sviluppo sostenibile: i biopolimeri (biodegradabilità e rinnovabilità)

- Esperienza di laboratorio: idrolisi basica di polietilene tereftalato (PET)

Materiali polimerici

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Invenzione della celluloide, preparata trattando una miscela di

nitrocellulosa con canfora e alcol etilico.

Pur trattandosi di un materiale flessibile e resistente all‘umidità, la

celluloide è estremamente infiammabile, e ciò ne ha limitato fortemente

l'impiego.

Il suo utilizzo come supporto per le pellicole fotografiche rese possibile la nascita della cinematografia.

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I materiali polimerici di sintesi devono la loro comparsa allo sviluppo della moderna chimica

di sintesi, a partire dalla fine del XVIII secolo.

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1920

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Hermann Staudinger Premio Nobel per la chimica nel 1953

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La scoperta fruttò a Giulio Natta e Karl Ziegler il Premio Nobel per la chimica nel 1963.

La produzione mondiale di materie plastiche è cresciuta in maniera esponenziale, passando da 1,5 milioni di tonnellate annue nel 1950 a 288 milioni di tonnellate nel 2011 (21% in Europa).

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«E mò e mò e mò... Moplen!» «Ma signora badi ben, che sia fatto di Moplen!»

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Le caratteristiche che maggiormente hanno contribuito a determinare il successo dei materiali polimerici sono: La leggerezza: densità dei polimeri = 1 ÷ 2 g/cm3 densità dell’acciaio = 7.8 g/cm3

La conducibilità termica e la conducibilità elettrica: Presentano una conducibilità termica di 3 ordini di grandezza inferiore rispetto a quella dei metalli ed una conducibilità elettrica di circa 20 ordini di grandezza inferiore a quella dei metalli, il che li classifica come isolanti termici ed elettrici.

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Ripartizione della destinazione delle materie plastiche in Europa nel 2011 (e variazione percentuale sull’anno precedente):

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La processabilità: Le caratteristiche principali delle tecnologie di trasformazione dei materiali polimerici sono la disponibilità di processi di trasformazione diversi, a seconda dei requisiti dei manufatti e delle proprietà dei materiali, la grande versatilità di forme ottenibili ed i costi di lavorazione relativamente bassi.

L’inerzia chimica e ambientale: I polimeri sono in generale materiali chimicamente inerti e con buone caratteristiche di resistenza alla corrosione, ai solventi e alle radiazioni solari.

Essi hanno buone proprietà elastiche, ma scarse proprietà meccaniche per impieghi strutturali, in confronto ad altri materiali quali metalli o materiali ceramici. Per i materiali polimerici il modulo elastico E (rapporto tra lo sforzo applicato e la deformazione che ne deriva) risulta essere dell’ordine di qualche GPa, di due ordini di grandezza inferiore rispetto a quello dell’acciaio.

A parità di geometria e tipo di sollecitazione applicata, un carico deve essere 100 volte più piccolo perché un manufatto, subisca la stessa deformazione quando venga realizzato in materiale polimerico piuttosto che in acciaio.

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I polimeri (dal greco: molte parti) sono macromolecole, ovvero molecole con un elevato peso molecolare. Il processo che porta alla formazione del polimero prende il nome di polimerizzazione. I polimeri sono costituiti dalla ripetizione di un’unità strutturale detta unità ripetente. La molecola da cui deriva l’unità ripetente è chiamata monomero o unità monomerica. Es.: Polietilene (PE), polimero costituito dalla polimerizzazione di n molecole di etilene

Es.: Nylon 6,6 generato dalla polimerizzazione del cloruro di adipoile con l’esametilendiammina

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Classificazione in base alla forma molecolare

polimeri lineari: le macromolecole sono sviluppate in una direzione preferenziale. polimeri ramificati: le macromolecole sono sviluppate in più direzioni. polimeri reticolati: sono assimilabili ad insiemi di macromolecole lineari ancorate reciprocamente mediante legami trasversali intermolecolari, formanti un reticolo tridimensionale compatto, insolubile ed infusibile.

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Classificazione in base all’origine

Naturali - l’amido e la cellulosa (polisaccaridi) - gli acidi nucleici, la cui unità ripetente è il nucleotide. - le proteine composte da amminoacidi uniti da legame peptidico.

Artificiali (o semisintetici) Si utilizza il nome d’uso del polimero naturale opportunamente modificato (acetato e nitrato di cellulosa). La viscosa (seta artificiale) ne è un esempio. Sintetici Si ottengono mediante reazioni chimiche. Il loro nome è ottenuto usualmente premettendo il prefisso “poli” al nome del monomero o dell’unità ripetente (polietilene, polipropilene, polistirene, cloruro di polivinile, ecc.). Questi polimeri vengono spesso identificati con sigle (PC, PE, PET, PP, PS, PVC, ecc.)

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Classificazione in base alla composizione chimica Omopolimeri: polimeri generati dalla polimerizzazione di un unico monomero A

Copolimeri: polimeri che derivano da due monomeri diversi (A e B)

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Classificazione in base al meccanismo di polimerizzazione (condensazione, addizione) La polimerizzazione per condensazione prevede la reazione tra molecole che possiedono due o più gruppi funzionali con conseguente eliminazione di molecole piccole quali H2O o HCl.

Si ottiene un’ampia distribuzione dei pesi molecolari, che restano relativamente bassi.

legame estereo legame ammidico

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La formaldeide può attaccare in differenti posizioni dell’anello aromatico portando alla formazione di un polimero reticolato in cui lunghe catene sono collegate tra loro in una struttura tridimensionale caratterizzata da elevata rigidità.

Polimerizzazione per condensazione La bachelite è ottenuta mediante reazione di sostituzione elettrofila aromatica tra il fenolo e la formaldeide, con eliminazione di H2O.

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La bachelite presenta proprietà isolanti e vede quindi un ampio utilizzo nella produzione di materiali elettrici. Viene inoltre utilizzata nella produzione di gioielli.

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La polimerizzazione per addizione è caratteristica dei monomeri che contengono un doppio legame tra due atomi di carbonio.

Per innescare questo processo è necessaria la presenza di un iniziatore (radicale, catione o anione), che si attacca al doppio legame dando inizio a un meccanismo a catena.

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Nella polimerizzazione dell’acrilammide l’iniziatore è un radicale anione. La poliacrilammide è utilizzata come addensante per aumentare la viscosità delle soluzioni e impermeabilizzante per murature.

Nella polimerizzazione dello stirene l’iniziatore è un radicale generato per mezzo di calore.

ll polistirene è un ottimo isolante termico e per questa caratteristica viene utilizzato in molti settori applicativi.

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Il principale svantaggio della polimerizzazione radicalica consiste nella formazione di catene molto ramificate. Infatti, il radicale libero della catena in crescita, invece di legarsi al monomero, può legarsi ad una catena polimerica già formata. Ne conseguono un basso grado di cristallinità, basso punto di fusione e proprietà meccaniche molto variabili.

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Con i catalizzatori Ziegler-Natta si ottiene polipropilene con una poliaddizione anionica coordinata. I catalizzatori di Ziegler-Natta sono costituiti da un derivato (alogenuro) di un metallo di transizione (Ti, Zr, V, Nb, Cr, Mo, Co, Ni) e da un derivato alchilico, arilico o idrurico di un metallo non di transizione (Li, Be, Mg, Al, Sn).

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Il metallo M dapprima coordina e orienta il monomero (propene) e poi lascia che l’anione del polimero in accrescimento attacchi il monomero formando un nuovo anione che resta legato al controione metallico.

Il metallo M impone un certo orientamento al monomero prima di legarlo, così i gruppi CH3 del monomero sono obbligati ad essere sempre dalla stessa parte e formano polimeri ad alta regolarità sterica.

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La stereoregolarità di un polimero gioca un ruolo fondamentale nel determinarne le proprietà chimico-fisiche e meccaniche. Natta introdusse il termine tassia (tatticità) per descrivere l’isomeria derivante dalla presenza di un solo carbonio asimmetrico nell’unità ripetente.

Sono possibili i seguenti casi: - Isottattico, la configurazione è sempre la stessa lungo la catena

- Sindiotattico, la configurazione si presenta in modo alternato

- Atattico, le configurazioni si susseguono in modo casuale

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I polimeri ottenuti per mezzo dei catalizzatori di coordinazione sono caratterizzati da lunghe catene lineari (no ramificazioni), elevata cristallinità, buona resistenza al calore anche oltre i 100 °C (p.f. 165 °C), elevata densità, buone proprietà meccaniche.

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Stato fisico dei polimeri (amorfi, cristallini e semicristallini) Dipende dalla struttura, conformazione (estesa, ripiegata, random) e mobilità delle catene e dalla tipologia di interazione inter-catena (van der Waals, dipolo-dipolo, ioniche, legami a idrogeno).

Polimeri cristallini e semicristallini La cristallinità di un polimero è legata alla possibilità di formare dei cristalli lamellari (cristalliti, di circa 10-20 nm di spessore), nei quali le catene sono fortemente connesse fra di loro.

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Queste zone cristalline lamellari sono inserite in zone amorfe. Non esistono polimeri completamente cristallini, ma tutti presentano regioni amorfe più o meno estese.

Polimeri amorfi Sono costituiti da catene polimeriche con ramificazioni o gruppi laterali disposti irregolarmente, non in grado di impaccarsi con ordine sufficiente a formare un cristallo. Le catene sono orientate in modo casuale e formano una struttura a “gomitolo”. Esempi di polimeri amorfi sono il poli-metilmetacrilato (PMMA) e il polistirene atattico.

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Esempi di polimeri semicristallini sono il polietilene (PE, LDPE), poliacrilonitrile (PAN), polietilenetereftalato (PET) e politetrafluoroetilene (PTFE). Il polistirene sindiotattico è un raro esempio di polimero quasi completamente cristallino, ma di scarsa importanza commerciale.

Si definisce grado di cristallinità di un polimero il rapporto tra la massa della porzione cristallina, ossia quella in cui esiste una regolarità nella distribuzione spaziale delle macromolecole del polimero, e quella totale.

I polimeri semicristallini sono costituiti da 2 fasi distinte: - fase amorfa, caratterizzata dalla temperatura di transizione vetrosa, Tg. -fase cristallina, caratterizzata dalla temperatura di fusione, Tm, rappresentativa di un passaggio di stato, da uno stato ordinato, il solido cristallino, ad uno stato disordinato, il liquido (altamente viscoso).

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I solidi amorfi non possiedono una temperatura di fusione ben definita, ma passano gradualmente dallo stato solido, in cui sono rigidi e fragili come il vetro, a quello liquido.

La transizione vetrosa Tg costituisce il passaggio da una situazione in cui il polimero è relativamente rigido (stato vetroso) ad una situazione di notevole malleabilità, costituita

dal cosiddetto stato plastico-gommoso. Il punto di rammollimento Tr rappresenta invece la transizione dallo stato gommoso a quello liquido.

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Il punto di rammollimento si può valutare misurando la spinta che subisce un disco di prodotto polimerico contenuto all’interno di un anello orizzontale, sotto il peso di una sfera di acciaio, mentre il prodotto viene riscaldato gradualmente.

Le temperature di transizione vetrosa e di rammollimento sono di grande interesse tecnologico, in quanto, durante molti processi di lavorazione, il polimero deve essere

mantenuto ad una temperatura compresa tra Tg e Tr.

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Grado di polimerizzazione (DP): numero di unità monomeriche per catena lineare di polimero • Oligomeri (2<DP<10) • Bassi polimeri (10<DP<100) • Medi polimeri (100<DP<1000) • Alti polimeri (DP>1000) In conseguenza del meccanismo di polimerizzazione, si possono ottenere: • polimeri monodispersi (stesso grado di polimerizzazione per tutte le macromolecole)

• polimeri polidispersi (grado di polimerizzazione variabile)

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La distribuzione delle masse molecolari ha largo effetto sulle proprietà del polimero (in particolare sulla lavorabilità): - le molecole più corte agiscono da plasticizzanti (fluidificanti), abbassano la rigidità, riducono la viscosità (migliorano la lavorabilità ). - le molecole più lunghe agiscono da “rinforzanti”, aumentano la resistenza alla trazione e accrescono la viscosità (peggiorano la lavorabilità).

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Massa molecolare media numerica Mn

Massa molecolare media ponderale Mw

Frazione molecole

Massa molecolare

Mn = Σ(i) NiMi/ Σ(i)Ni

dove Mi è il peso molecolare e Ni il numero di catene.

Mw = Σ(i) NiMi 2/ Σ(i)NiMi

questa grandezza è maggiormente influenzata dalla frazione con pesi molecolari più alti e risulta maggiore della massa molecolare media numerica.

Per i polimeri polidispersi si deve quindi parlare di massa molecolare media (tipici valori per la massa molecolare media dei polimeri commerciali sono 104-105 g/mol):

le tecniche sperimentali disponibili non consentono di evidenziare la natura discontinua della distribuzione:

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Correlazione tra struttura molecolare e applicazione tecnologica: i materiali polimerici Elastomeri Sono costituiti da catene polimeriche lineari, che si allineano quando il materiale viene stirato e che ritornano nella loro conformazione originale casuale finito lo stiramento. Possono essere enormemente deformati, raggiungendo una lunghezza fino a otto volte superiore a quella iniziale (B). Sono in grado di recuperare completamente (o quasi) la forma originale (A) non appena viene rimosso lo sforzo che ha provocato la deformazione.

Vengono preparati introducendo nel materiale, dopo lo stampaggio del manufatto, un certo numero di legami trasversali (a ponte tra le catene), mediante una reazione chimica (vulcanizzazione).

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I processi di reticolazione non sono reversibili, per cui una volta vulcanizzato l'elastomero non può più essere modificato per via termica. La gomma naturale, i polimeri dienici e i siliconi (inorganici) fanno parte di questa categoria.

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Fibre Sono costituite da catene polimeriche lunghe e lineari che giacciono allineate nella direzione della fibra stessa. Caratteristica peculiare delle fibre è la notevole resistenza all'estensione e allo stiramento nella direzione della fibra stessa (scarsa resistenza all'estensione in direzione perpendicolare alla fibra stessa) e la buona stabilità. Esempi di fibre naturali: cellulosa (cotone, lino), cheratina (lana). Esempi di fibre sintetiche: poliammidi (Nylon, Kevlar), poliesteri, polietileni (HDPE, UHMWPE).

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Le plastiche, costituite da polimeri sintetici, vengono suddivise commercialmente in due categorie (termoindurenti e termoplastici), in base al comportamento termico. Termoindurenti: possiedono una struttura reticolata, che impedisce alle catene di staccarsi le une dalle altre ad alta temperatura. Se riscaldati oltre una certa temperatura, invece di fondere, bruciano.

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Materie plastiche La IUPAC (Unione Internazionale di Chimica Pura e Applicata) nel definire le materie plastiche come "materiali polimerici che possono contenere altre sostanze finalizzate a migliorarne le proprietà o ridurre i costi", raccomanda l'utilizzo del termine polimeri al posto di quello generico di plastiche.

Hanno resistenza meccanica e termica nettamente superiore ai termoplastici e presentano maggior fluidità durante la lavorazione, ma lo stampaggio deve necessariamente avvenire prima della reazione di reticolazione, che produce un reticolo tridimensionale insolubile ed infusibile. Esempi di polimeri termoindurenti sono le resine fenoliche (bachelite), melamminiche (formica) e ureiche (vernici e colle).

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Termoplastici: sono polimeri, lineari o ramificati, nei quali le catene sono tenute insieme da forze di Van der Waals e da legami a idrogeno. Somministrando sufficiente energia termica, le catene si staccano l’una dall'altra ed il materiale fonde.

I polimeri termoplastici sono modellabili plasticamente nell'intervallo tra la temperatura di transizione vetrosa e quella di rammollimento. Esempi di polimeri termoplastici sono il polietilene, il polistirene, il polivinilcloruro, il polietilentereftalato (PET) e il nylon.

Commodities: polimeri di largo impiego e basso costo. Tecnopolimeri: materie plastiche che possiedono caratteristiche fisico-meccaniche (rigidità, lavorabilità, resistenza a temperature elevate, a carichi statici e dinamici e all'invecchiamento) adatte a molte progettazioni ingegneristiche e che permettono l’uso in sostituzione dei più tradizionali metalli.

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•Tipo Usi principali

PE (polietilene) sacchetti, cassette, nastri adesivi, bottiglie, sacchi per la spazzatura, tubi, giocattoli

PP (polipropilene) oggetti per l'arredamento, contenitori per alimenti, flaconi per detersivi e prodotti per l'igiene personale, moquettes, mobili da giardino

PVC (cloruro di polivinile) vaschette per le uova, tubazioni e pellicole isolanti, carte di credito

PET (polietilentereftalato) bottiglie di bibite e di acqua minerale, fibre sintetiche

PS (polistirene) vaschette per alimenti, posate, piatti, tappi

Codici identificativi di riciclaggio

La nomenclatura chimica che identifica la struttura molecolare dei diversi polimeri può essere molto lunga e relativamente complicata, per cui molto spesso si utilizzano sigle oppure simboli per identificare i principali polimeri di largo consumo.

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Il polietilene (PE) è di gran lunga la materia plastica più utilizzata (costo di circa 1€ / kg). - ottima resistenza agli agenti chimici - leggero, ma con sufficiente resistenza meccanica - buona flessibilità in un vasto campo di temperatura - eccellente resistenza alla corrosione - eccellenti proprietà isolanti - assenza di odore -bassa permeabilità al vapor d’acqua - significativa sensibilità alla degradazione per esposizione alla radiazione ultravioletta

Materiali polimerici

- sacchetti comunemente detti "di plastica" - flaconi per il contenimento di detersivi o alimenti - giocattoli - pellicole alimentari - tappi in plastica - tubi per il trasporto di acqua e gas naturale - inserti per protesi di ginocchio.

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I diversi tipi di polietilene sono principalmente contraddistinti in base alla densità, con la conseguenza di una grande versatilità d’uso: - HDPE, polietilene ad alta densità: polimero con catena altamente lineare, ad alto grado di cristallinità (fino all’80%).

- LDPE, polietilene ad bassa densità: polimero con catena ramificata, a basso grado di cristallinità (non più del 40%). Il polimero è caratterizzato, nello stato fluido, da una elevata viscosità.

- UHMWPE (ultra high molecular weight polyethylene), polietilene ad altissimo peso molecolare (tra tre e sei milioni): polimero caratterizzato da una elevata resistenza all’abrasione, usato per produrre fibre ultra-resistenti (giubbotti antiproiettile, lastre per piste di pattinaggio)

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Il polivinilcloruro (PVC) attualmente detiene il secondo posto nei volumi di vendita mondiali. La presenza dell’atomo di cloro su atomi alterni di C nella catena principale dà luogo ad un materiale polimerico che è essenzialmente amorfo e non in grado di cristallizzare. Le intense forze di coesione tra le catene polimeriche nel PVC sono dovute principalmente ai forti momenti dipolari generati dagli atomi di cloro. - elevata predisposizione alla mescola con additivi (PVC plastificato, più flessibile) -resistenza meccanica relativamente alta, accompagnata però da fragilità strutturale -buona resistenza di distorsione al calore (difficoltà di lavorazione) -resistenza alla fiamma (ignifugo)

Materiali polimerici

- tubi per edilizia (grondaie, tubi per acqua potabile) - cavi elettrici - profili per finestra - pellicola rigida e plastificata - dischi di vinile - teloni di copertura per automezzi

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Il polipropilene (PP) è la terza materia plastica dal punto di vista dei volumi di vendita (costo di circa 1€ / kg). La presenza di un gruppo metilico ogni due atomi di carbonio limita la rotazione delle catene, dando origine ad un materiale semicristallino, più resistente del polietilene, ma meno flessibile. Ha una temperatura di distorsione al calore più elevata, può essere portato fino a 120 °C senza deformarsi. Per abbassare la temperatura di infragilimento (che è di poco inferiore a 0°C), il monomero propilene viene co-polimerizzato con percentuali variabili di co-monomero (in genere etilene). - ottima resistenza - sensibile alla degradazione per esposizione alla radiazione ultravioletta - si infragilisce alle basse temperature

- auto (paraurti, cruscotti) - elettrodomestici (vasche, accessori) - imballaggio (vaschette, tappi, bottiglie) - fibre tessili (tappeti, tessuti per l’arredamento).

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Il polistirene (PS) è la quarta materia plastica per volumi di vendita (costo di circa 1.1€ / kg). La presenza dell’anello benzenico su atomi alterni di C della catena principale, determina una configurazione rigida con sufficiente impedimento sterico, tale da rendere il polimero decisamente non flessibile a temperatura ambiente. L’omopolimero è caratterizzato da trasparenza, rigidità e facilità di lavorazione, tende però ad essere fragile e poco resistente al graffio e agli agenti chimici.

La fragilità ne limita le applicazioni, che risultano pertanto essere in genere in: - oggetti del tipo usa e getta Viene anche utilizzato come espanso: - imballaggi - isolante edilizio

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Il termine "polistirolo" deriva da "stirolo" il nome

tradizionale del monomero.

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Il polimetilmetacrilato (PMMA) ha un costo di circa 2 € / kg. La sostituzione dei gruppi metilici e carbometossilici su atomi alterni di C della catena principale, provoca un considerevole impedimento sterico e quindi conferisce al PMMA rigidità e resistenza meccanica. La configurazione casuale degli atomi di C asimmetrici dà luogo ad una struttura completamente amorfa con elevata trasparenza alla luce visibile. Ottima trasparenza e resistenza ai raggi UV e agli agenti atmosferici: - materiale sostitutivo del vetro anche in applicazioni in ambiente esterno (lampioni, fanalini delle auto, insegne luminose) - vasche, piatti doccia

l PMMA possiede un ottimo grado di biocompatibilità con i tessuti umani: -lenti intraoculari per la cura della cataratta - ricostruzione vertebre - otturazioni dentali - parti protesiche

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La poliammide (PA) è comunemente indicata con il nome di Nylon, nome commerciale della prima poliammide sintetizzata dalla Du Pont. Le poliammidi più diffuse sono il Nylon 6 ed il Nylon 6,6 (i numeri corrispondono al numero di atomi di carbonio tra due gruppi NH). L’elevata cristallinità conferisce resistenza chimica, termica ed all’usura. E’ largamente utilizzato nel settore tessile, anche per la facilità di tintura e di manutenzione.

Uno dei maggiori problemi connessi all’utilizzo dei Nylon è la loro notevole tendenza ad assorbire umidità.

Materiali polimerici

Kevlar

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Il polietilentereftalato (PET) e il polibutilentereftalato (PBT) appartengono alla classe dei poliesteri semicristallini. Il PET ha costo pari a circa 1.3 € / kg.

Il materiale è intrinsecamente fragile e cristallizza con difficoltà, soprattutto se raffreddato velocemente. E’ pertanto impiegato prevalentemente per la produzione di manufatti realizzati con tecnologie che orientano il polimero in fase di trasformazione, facilitando la sua cristallizzazione e quindi migliorando le sue prestazioni. - fibre, film e bottiglie

polietilentereftalato (PET)

Materiali polimerici

PBT è impiegato principalmente nello stampaggio a iniezione per applicazioni ingegnerizzate. - articoli per l’industria elettrica ed elettronica (connettori, prese, interruttori) - industria automobilistica (componenti per il sistema di accensione, impianto elettrico, sensori)

polibutilentereftalato (PBT)

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Il politetrafluoroetilene (PTFE) è un polimero semicristallino (Teflon). Il suo costo di mercato è elevato, pari a circa 12 € / kg.

- ottima resistenza termica e chimica - elevata resistenza agli agenti atmosferici; - ottime proprietà elettriche (materiale isolante) - bassissimo coefficiente d’attrito (materiale antiaderente e idrofobo). Il PTFE è difficile da trasformare: questo fattore, insieme all’elevato costo unitario del polimero ed alla sua elevata densità, è responsabile del costo significativamente elevato di un manufatto realizzato in PTFE.

- guarnizioni, parti di valvole, pompe - attrezzatura da laboratorio per alte temperature e/o ambienti aggressivi - ricopertura di cavi elettrici - materiale per rivestimenti antiaderenti

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Ciclo di vita di un materiale polimerico termoplastico

I stadio: ottenimento dei monomeri (sostanze a basso peso molecolare normalmente allo stato gassoso o liquido), a partire dal petrolio greggio. II stadio: sintesi del polimero (polimerizzazione) in opportuni impianti chimici (la pericolosità dei materiali polimerici è di solito prevalentemente confinata ai siti produttivi).

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III stadio: i polimeri vengono sottoposti a miscelazione con opportune sostanze, dette “additivi” (compounding). Il polimero modificato con l’aggiunta di additivi viene detto “materiale polimerico”. Gli additivi hanno i seguenti scopi: -stabilizzazione nei riguardi delle sollecitazioni ambientali (raggi ultravioletti, temperatura, umidità, ecc.), - ritardo di fiamma - riduzione di costo o di peso - miglioramento delle proprietà meccaniche - colorazione Si suddividono in:

- rinforzanti e riempitivi (fino all’80% del manufatto) vengono aggiunti soprattutto per abbassare i costi finali. Sono suddivisibili in due classi:

Materiali a struttura particellare (sabbia, argille, talco, vetro in granuli, gesso calcare, polveri metalliche, farina di legno, ecc.)

Materiali fibrosi (cotone e derivati, fibre di vetro, carbonio, ecc.)

- plastificanti: conferiscono flessibilità ai materiali polimerici. Sono generalmente composti ad alto peso molecolare scelti in modo da essere completamente miscibili con il materiale di base. In genere si usano esteri dell’acido ftalico.

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- coloranti e pigmenti: sono usati per dare colore e/o opacità.

- stabilizzanti termici: vengono aggiunti per prevenire la degradazione termica e/o combustione. In genere sono composti organometallici a base di stagno, piombo, calcio e zinco.

- lubrificanti: aiutano lo scorrimento del fuso dei composti del PVC durante la lavorazione e prevengono l’adesione alle superfici metalliche. Cere, esteri, grassi e saponi sono i lubrificanti più comunemente usati.

- antiossidanti, antimicrobici, conservanti

-IV stadio: il materiale polimerico commerciale si trova normalmente sotto forma di polvere o di granulo (“pellet”) e deve essere quindi lavorato opportunamente per ottenere un manufatto. Questa operazione di lavorazione può includere diverse fasi di omogeneizzazione e formatura, di solito a caldo, e viene detta “trasformazione”.

Dismissione: al termine del suo ciclo di vita utile, il manufatto prodotto viene infine dismesso. Il materiale può essere indirizzato a diversi processi: - smaltimento in discarica (sempre meno praticato per motivi ecologici), - incenerimento (recupero del potere calorifico di questi derivati del petrolio) - riciclo

Gli imballaggi costituiscono il 35% del peso e il 50% del volume rispetto al totale dei rifiuti che finiscono nelle discariche.

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Impatto ambientale del rilascio di materie plastiche sintetiche

Great Pacific Garbage Patch

Le plastiche sintetiche giunte a fine vita permangono nell’ambiente per centinaia di anni mentre si foto-degradano, ovvero si riducono in tanti piccoli pezzi, che contaminano il suolo e le acque sotterranee fino ad arrivare al mare, e che entrano nella catena alimentare.

Si stima che i sacchetti di plastica provochino l’uccisione di circa 100000 animali marini all’anno (uccelli, tartarughe, balene, delfini ...).

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Impatto ambientale del conferimento di materie plastiche sintetiche in discarica

Le sostanze tossiche che le materie plastiche possono rilasciare durante il loro smaltimento in discarica (bisfenolo A, ftalati, polibromodifenileteri, pigmenti) possono inquinare il terreno e le falde acquifere, specialmente se le discariche non sono a norma.

Impatto ambientale dell’ incenerimento di materie plastiche sintetiche

La combustione delle materie plastiche nei termovalorizzatori è prevista nelle direttive UE solo quando non è praticabile il riutilizzo o il riciclo.

Gli impianti più recenti recuperano dalla combustione un minimo di energia elettrica e calore, ma hanno il problema della gestione delle emissioni tossico-nocive (polveri sottili e diossine).

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Gestione sostenibile dei rifiuti: strategia UE delle 4 “R”

Prima del Recupero energetico:

Riduzione … della quantità e della nocività per l'ambiente dei materiali costituenti gli imballaggi (nelle fasi di produzione, commercializzazione, distribuzione e utilizzazione ).

Riutilizzo … qualsiasi operazione di riempimento o reimpiego di un imballaggio già utilizzato, per un uso identico a quello per il quale è stato concepito.

Riciclo … l'insieme di strategie volte a recuperare materiali dai rifiuti, per riutilizzarli per la loro funzione originaria o per altri fini.

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Il riciclaggio meccanico prevede la trasformazione da materia a materia: la plastica non più utilizzata diventa il punto di partenza per nuovi prodotti. Questa tecnica consiste essenzialmente nella rilavorazione termica o meccanica dei rifiuti plastici.

Il riciclaggio chimico prevede il ritorno alla materia prima di base attraverso la trasformazione delle plastiche usate in monomeri di pari qualità di quelli vergini, da utilizzare nuovamente nella produzione.

Tipi di riciclo della plastica

Raccolta differenziata Selezione per tipologia

Prodotti usati

Nuovi prodotti

Semilavorati Fusione termoplastica

Compattazione

Triturazione

45

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Verso uno Sviluppo Sostenibile Rapporto “Our Common Future” della Commissione delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo (1987): “Per sviluppo sostenibile si intende uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri” Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo, Rio de Janeiro (1992): la comunità internazionale riconosce, per la prima volta, la necessità di individuare azioni da avviare nella direzione dello sviluppo sostenibile.

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Chimica e sostenibilità La sostenibilità, declinata per l’industria chimica, implica l’impegno allo studio e alla realizzazione di processi e prodotti per i quali siano ridotte al minimo le conseguenze negative di carattere ambientale, sociale o economico, sia immediate che differite. La “Green Chemistry” è un approccio tecnologico che applica 12 principi innovativi (Anastas e Warner, 1998) nella progettazione di processi chimici industriali. Costituisce oggi uno strumento fondamentale per conseguire uno sviluppo sostenibile.

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In ambito produttivo, uno strumento fondamentale è la “valutazione del ciclo di vita” (LCA- Life Cycle Assessment”) Secondo la SETAC (Society of Environmental Toxicology and Chemistry) per LCA si intende “un procedimento oggettivo di valutazione dei carichi energetici ed ambientali relativi ad un prodotto, un processo o un’attività, effettuato attraverso l’identificazione e la quantificazione dell’energia, dei materiali usati e dei rifiuti lasciati nell’ambiente”. La valutazione include l’intero ciclo di vita del prodotto, processo o attività, comprendendo l’estrazione e il trattamento delle materie prime, la fabbricazione, il trasporto, la distribuzione, l’uso, il riuso, il riciclo e lo smaltimento finale.

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Biopolimeri Con il termine biopolimeri e/o bioplastiche European Bioplastics designa 2 classi di materiali e quindi di prodotti finali diversi per comportamento: - materiali biodegradabili e compostabili (contraddistinta pertanto da una particolare funzionalità) - plastiche derivate da materiali rinnovabili (contraddistinta quindi dal tipo di materiale di origine).

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I concetti di rinnovabilità e biodegradabilità sono diversi e non sempre correlabili fra loro. - La rinnovabilità riguarda l’origine del materiale. - La biodegradabilità riguarda il fine vita, ed in particolare il riciclaggio organico.

Origine Biodegradabilità Esempio di materiali

Rinnovabile Biodegradabile

Amido, acido polilattico

(PLA), poliidrossialcanoati

(PHA, PHB)

Non rinnovabile Biodegradabile Policaprolattone

Rinnovabile Non biodegradabile Polietilene da canna da

zucchero

Non rinnovabile Non biodegradabile Plastiche convenzionali

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La biodegradazione non è funzione delle materie prime di origine del polimero, quanto della sua struttura chimica.

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Materiali biodegradabili e compostabili Degradazione: processo irreversibile, che porta ad un cambiamento della struttura del materiale, sottoforma di perdita di proprietà meccaniche, danneggiamento, frammentazione o depolimerizzazione. La degradazione è influenzata dall’ambiente e può presentare una velocità costante o variabile nel tempo.

Materiali polimerici Materiali polimerici

American Society for Testing and Materials

International

Biodegradazione: processo attraverso il quale il materiale si decompone completamente sotto l’influenza di componenti biotici (batteri, funghi, alghe), generando anidride carbonica, metano, acqua, composti inorganici e biomassa. Il meccanismo predominante è l’azione enzimatica dei microrganismi.

Mineralizzazione: processo con il quale una sostanza organica, come un polimero, si converte in una sostanza inorganica, come l’anidride carbonica.

(frammentazione + mineralizzazione = biodegradazione)

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Polimeri biodegradabili: materie plastiche degradabili completamente, sotto l’azione di organismi viventi in condizioni aerobiche o anaerobiche.

il fattore chiave è il tempo: qual è l’arco temporale durante il quale la biodegradazione può avvenire per

aver un valore pratico?

I fattori coinvolti nel processo di biodegradazione sono molteplici: -Differenti strutture polimeriche - tipologia di enzimi prodotti dai microrganismi - variabili condizioni di reazione

Reazioni chimiche che hanno luogo durante la biodegradazione: - ossidazione - idrolisi Queste reazioni possono avvenire simultaneamente o in successione.

Materiali polimerici Materiali polimerici

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Compostabilità: processo accelerato di deterioramento biologico ottenuto in appositi impianti, detti di “compostaggio” (temperatura costante di 60°C, umidità controllata e presenza di microrganismi). In tali impianti il fenomeno della biodegradazione è controllato ed ottimizzato allo scopo di raggiungere alte velocità di conversione e controllo della qualità del compost finale, da impiegare poi come fertilizzante nel settore agricolo. I polimeri compostabili sono materie plastiche che si degradano durante il compostaggio, liberando anidride carbonica, acqua, composti inorganici e biomassa ad una velocità di degradazione compatibile con quella di altri materiali compostabili (erba, rifiuti alimentari domestici) .

Materiali polimerici

non compostabile

compostabile

I materiali compostabili, per essere riutilizzati come compost, non devono liberare sostanze tossiche. Il limite di tempo accettabile per la biodegradazione del 90% di un materiale in un sito di compostaggio è di 180 giorni.

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La propensione di un polimero o di un materiale plastico a biodegradare dipende esclusivamente dalla struttura chimica del polimero. Per questa ragione, è irrilevante che il polimero derivi da fonti rinnovabili (biomassa) o che derivi da fonti non rinnovabili (fossili).

I polimeri biodegradabili dunque possono derivare da risorse rinnovabili o non rinnovabili.

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BIOPOLYMERS

Natural sources Fermentation Fossil sources

Plants Animals

StarchCellulose

LigninGlucose

ChitinProteins Collagen

Casein

PLAPHA PHB

Aliphatic polyestersPolycaprolactone

PolyglycolidePolyesters-urethane

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-polimerizzazione di monomeri ottenuti per conversione biotecnologica di una risorsa rinnovabile (es. uso di acido lattico prodotto dalla fermentazione dello zucchero per la produzione di PLA, acido polilattico).

- polimeri sintetizzati con procedura biotecnologica basata su una risorsa rinnovabile (es. fermentazione di zuccheri, durante la quale microrganismi naturali sintetizzano poliesteri termoplastici alifatici PHA, poliidrossialcanoati).

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Plastiche derivate da risorse rinnovabili Sono quelle che derivano da biomassa, ovvero sostanze di origine vegetale e animale. Esistono oggi quattro principali vie di produzione di biopolimeri da fonte rinnovabile: - utilizzo di polimeri naturali, tali quali o modificati (per esempio, polimeri da amido o cellulosa)

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I polimeri da amido costituiscono oggi il 75 – 80% del totale dei biopolimeri prodotti. -bassa barriera al vapore - buona barriera a O2 e CO2 - scarsa resistenza ai solventi - sensibilità al contatto con acqua.

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Mater-Bi® è ottenuto combinando componenti vegetali (amido di mais, di patate o di grano) con altri additivi biodegradabili. Il processo produttivo, di destrutturazione e di "complessazione" dell'amido con quantità variabili di agenti complessanti biodegradabili, crea un nuovo ordine cristallino aumentando la resistenza all'acqua e cambiando le proprietà meccaniche dell'amido originale, senza modificarne la struttura chimica ma potendone graduare le caratteristiche.

- settore agricolo (pacciamatura, legacci) - ristorazione (piatti, posate, bicchieri, vassoi) - imballaggio (frutta e verdura freschi, prodotti da forno) - accessori, giocattoli

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Altro importante biopolimero è l’acido polilattico (PLA), costituito da unità monomeriche di acido lattico.

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-resistente agli UV - ottima barriera agli odori - barriera moderata a O2, CO2 e acqua - eccellente comportamento alla torsione - utilizzabile a contatto con cibi - applicazioni biomedicali estetiche - scarsa resistenza termica (difficile impiego con bevande calde, microonde) - fragilità nella filmatura e termoformatura

Fonte naturale del PLA è il mais, da cui si ottiene il glucosio, convertito poi per fermentazione in acido lattico e quindi sottoposto a polimerizzazione. Il PLA è completamente biodegradabile, ossia può essere convertito in CO2 e H2O in condizioni di compostaggio (50-60 °C; umidità; microorganismi; 45-90 giorni).

Il PLA è trasparente e dotato di versatilità applicativa, con prestazioni paragonabili a quelle dei polimeri petrolchimici (PP, PS, ecc.).

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I poliidrossialcanoati (PHA) sono macromolecole sintetizzate da svariati batteri gram+ e gram-. In condizioni di coltura appropriate (carenza di nutrienti a base di N, P, S), i poliidrossialcanoati si accumulano nel batterio sotto forma di granuli, fino a concentrazioni molto elevate. Sono stabili all' UV e mostrano una bassa permeabilità all'acqua. Sono completamente biodegradabili nell’ambiente in tempi rapidi. Hanno per ora fatto registrare impieghi modesti, nonostante il loro insieme di interessanti proprietà, a causa del prezzo elevatissimo (superiore a 15$/Kg).

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Nuove frontiere Bioplastiche da scarti della lavorazione di: - frutta e ortaggi - prodotti caseari

Vantaggi: - riduzione del volume degli scarti - riutilizzo di sostanze ad alto valore salutistico e nutrizionale (fibre, vitamine, proteine) - edibilità (film edibili per proteggere alimenti)

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Attuali problematiche delle bioplastiche - costi più alti - sottrazione di terreno destinato alle colture per il consumo alimentare - difficoltà a riconvertire gli impianti per la lavorazione del polietilene in impianti utili per

la lavorazione delle bioplastiche - caratteristiche tecniche che conferiscono una versatilità minore rispetto al polietilene - totale biodegradabilità garantita solo in un sito di compostaggio

La combinazione di biodegradabilità e uso di risorse rinnovabili per produrre plastiche biodegradabili fornisce la peculiare possibilità di allineare l’intero ciclo di vita della plastica con i cicli naturali: la plastica viene prodotta da e fa ritorno a risorse naturali rinnovabili. Questo non può essere ottenuto con nessun altro tipo di plastica tradizionale ed è attualmente la migliore imitazione di un materiale naturale, come una foglia che cade da un albero e diventa alimento delle piante che germoglieranno la primavera successiva.

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8 bevande su 10 vengono vendute in bottiglie di plastica. Il PET è inoltre diventato familiare per diversi altri prodotti come l'olio o l'aceto, cosmetici e detergenti. I vantaggi di questo tipo di plastica:

è molto più leggero del vetro

presenta un’alta stabilità chimica

è più pratico delle lattine di metallo

Diffusione e vantaggi del PET (bottiglia)

Riciclo meccanico di PET da bottiglie: estrusione di fibre

guaine per impermeabilizzazione

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Il decreto ministeriale 18 Maggio 2010 n.113 consente in Italia l'impiego di PET riciclato nel confezionamento di acque minerali.

Riciclo PET “bottle-to-bottle”: la produzione di articoli in PET riciclato (R-PET) da bottiglie post-consumo richiede il 60% di energia in meno rispetto all'impiego di PET vergine.

La PepsiCo Beverages Canada ha presentato il 13 Luglio 2011 la prima bottiglia interamente realizzata al

100% in plastica PET riciclata.

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Il riciclo chimico I processi termochimici di conversione per scarti plastici mirano a ottenere combustibili e chemicals o a depolimerizzare la materia plastica. Pirolisi : miscela di idrocarburi liquidi e gassosi simili al petrolio. Idrogenazione: idrocarburi liquidi Gassificazione: miscela di idrogeno e ossido di carbonio Chemiolisi: serie di processi chimici di depolimerizzazione, indicati per i soli polimeri di condensazione (PET, PA). - Glicolisi: il PET viene fatto reagire (sotto pressione a 200°C) con eccesso di glicole etilenico (EG) Questo processo produce bis-β-idrossietiltereftalato (BHET) e polimeri a catena corta. - Metanolisi: transesterificazione, base catalizzata, con metanolo (sotto pressione a 200°C). Si ottiene dimetiltereftalato (DMT) e EG.

- Idrolisi: trattamento con acqua e soda caustica. Si ottengono acido tereftalico (TA) e EG.

Cause dell’attuale scarso impiego industriale del riciclo chimico - Sostenibilità economica solo per linee di produzione superiori alle 50000 t/anno - Necessità di stoccaggio costante di grandi quantità di “balle” di bottiglie

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Idrolisi basica di polietilene tereftalato (PET)

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In un pallone da 100 mL munito di condensatore a ricadere vengono pesati 4.0 g di PET (0.024 mol/equiv. di estere; già fornito in pezzetti) a cui si aggiungono 35 mL di pentanolo e 3.6 g di KOH. Notare che il PET non si scioglie nel solvente. Usando il mantello riscaldante portare la miscela a riflusso, agitando di tanto in tanto manualmente. Dopo pochi minuti, comparirà un densa sospensione di solido bianco; se l’agitazione diventa impossibile sarà necessario aggiungere altro solvente. Continuare a scaldare a riflusso la miscela per 1h circa. Raffreddare quindi la miscela a temperatura ambiente, aggiungere al pallone un’ancoretta magnetica, addizionare sotto agitazione 25 mL di acqua per solubilizzare il solido bianco presente (sale dell’acido tereftalico). Trasferire quindi la miscela, attraverso un imbuto di vetro con un piccolo batuffolo di cotone, in un imbuto separatore. Separare la fase acquosa da quella organica raccogliendola in una beuta da 250 mL. Lavare la fase organica rimasta nell’imbuto con altri 25 mL di acqua. Separare la fase acquosa ed aggiungerla a quella raccolta precedentemente. A questo punto, aggiungere, lentamente e con cautela, HCl diluito (ca 1:10) fino ad acidificare la miscela (se l’acido cloridrico viene aggiunto troppo velocemente, l’acido tereftalico precipita formando cristalli troppo fini per poter essere filtrati in maniera semplice). Raffreddare quindi la miscela ottenuta in un bagno di ghiaccio, per far precipitare tutto l’acido tereftalico. Procedere quindi alla filtrazione con imbuto di Buchner del solido bianco ottenuto. Lasciare asciugare il solido, pesarlo e calcolare la resa.

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