Dai pochi ai molti - edissuf.uniss.it
Transcript of Dai pochi ai molti - edissuf.uniss.it
Dai pochi ai molti
Studi in onore di Roberto Antonelli
a cura di Paolo Canettieri e Arianna Punzi
tomo ii
viella
Copyright © 2014 - Viella s.r.l.Tutti i diritti riservatiPrima edizione: febbraio 2014ISBN 9788867281367
viellalibreria editricevia delle Alpi, 32I-00198 ROMAtel. 06 84 17 758fax 06 85 35 39 60www.viella.it
Il volume è stato realizzato anche con il contributo della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Uni-versità di Roma La Sapienza
RedazioneAnatole Pierre Fuksas, Annalisa Landolfi, Gioia Paradisi, Roberto Rea, Eugenia Rigano, Gio-vanna Santini
Indice
tomo i
Paolo Canettieri, arianna Punzi
Premessa XIX
alberto abruzzese
Contro l’umanesimo e i suoi dispositivi 1
annamaria anniCChiariCo
La Biblis di Joan Roís de Corella (introduzione, edizione critica, traduzione) 15
rossend arqués
Dante y Octavio Paz: poética moderna y erotismo 37
Valentina atturo
Languor carnis. Echi di memoria salomonica nella fisiologia emozionale dei trovatori 49
anna maria babbi
«Je sui la pucele a la rose»: ancora sul Guillaume de Dole 79
sonia maura barillari
La «coppia d’Arimino» fra il Triumphus cupidinis e il Purgatorio di san Patrizio. (Una ballata per Viola Novella dal codice Magliabechiano VII, 1078) 89
maria Carla battelli
Il karma e la letteratura: insegnare in India 115
Fabrizio beggiato, antoni rossell
Ara que·m sui lonhatz d’est mestier brau 133
Indice922
Pietro g. beltrami
Il Manfredi di Jean de Meun (esercizio di traduzione dal Roman de la Rose) 135
ViCenç beltrán, isabella tomassetti
Refrains ed estribillos: dalla citazione all’imitazione 145
Valentina berardini
«Praedicatio est manifesta et publica instructio morum et fidei…». How did preachers act on the pulpit? 169
FranCesCa bernardini naPoletano
«Difficoltà di vita» e «ragioni dell’anima». Lettere di Alfonso Gatto a Enrico Falqui 179
Fabio bertolo
Minima filologica: quattro lettere inedite di Bruno Migliorini a Ettore Li Gotti 195
Valeria bertoluCCi Pizzorusso
«… non so che “Gentucca”»: analisi di Purgatorio XXIV, 37 199
simonetta bianChini
«Il mio tesoro» (Paradiso XVII, 121) 205
dominique billy
La Complainte de Geneviève de Brabant ou l’inconstance de la césure 215
Piero boitani
Identità europea e canoni letterari 231
Corrado bologna
Gli «eroi illustri» e il potere “illuminato” 241
massimo bonaFin
Rileggendo Les Vêpres de Tibert (branche 12 del Roman de Renart) 261
luCiana borghi Cedrini, Walter meliga
La sezione delle tenzoni del canzoniere di Bernart Amoros 273
merCedes brea
Esquemas rimáticos y cantigas de refrán 289
margaret brose
Leopardi and the gendering of the sublime. A meditation for Roberto Antonelli, in gratitude for his friendship 299
Indice 923
Furio brugnolo
Esercizi di commento al Dante lirico: Ballata, i’ vòi che tu ritrovi Amore (Vita nuova, XII [5]) e Tutti li miei penser’ parlan d’Amore (Vita nuova, XIII [6]) 307
giusePPina brunetti
Per un magnifico settenario 331
rosanna brusegan
Una crux della Passione di Ruggeri Apugliese: «bistartoti» 343
eugenio burgio
Achbaluch, «nella provincia del Cataio». (Ramusio, I Viaggi di Messer Marco Polo, II 28, 6-7) 359
rosalba CamPra
Costumbre de Primavera 375
Paolo Canettieri
Politica e gioco alle origini della lirica romanza: il conte di Poitiers, il principe di Blaia e altri cortesi 377
nadia Cannata, maddalena signorini
«Per trionfar o Cesare o poeta»: la corona d’alloro e le insegne del poeta moderno 439
mario CaPaldo
Eine altrussische sagenhafte Erzählung über Attilas Tod 475
maria grazia CaPusso
Forme di intrattenimento dialogato: la tenzone fittizia di Lanfranco Cigala (BdT 282, 4) 491
maria Careri
Una nuova traccia veneta di Folchetto di Marsiglia e Peire Vidal (Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 89) 513
attilio CastelluCCi
La sovrapposizione semantica di morriña e saudade 521
simone Celani
A empresa fornecedora de mitos. Un inedito di Fernando Pessoa tra ironia e mitopoiesi 535
maría luisa Cerrón Puga
¿Espía o traductor? El oficio de Alfonso de Ulloa en Venecia (1552-1570) 543
Indice924
Paolo CherChi
Il rito della visita omaggio al maestro 563
Claudia Cieri Via
Qualche riflessione sull’ekphrasis nell’arte del tardo Quattrocento: da Leon Battista Alberti ad Alfred Gell 581
Fabrizio Cigni
Il lai tristaniano Folie n’est pas vasselage e i suoi contesti (con edizione del manoscritto braidense) 587
mariella Combi
Qualche riflessione antropologica: ri-mappare i sensi e le emozioni 597
anna maria ComPagna
Il sentimento tradotto: da Ausiàs March a Baltasar de Romaní 611
emma Condello
Gentil donsella, l’amourousou visou: un nuovo testo poetico in margine alla scuola poetica siciliana? 627
silVia Conte
Il principiare del canto. Per una nuova edizione di Marcabru, Al departir del brau tempier (BdT 293, 3) 637
Fabrizio Costantini
Su alcune rubriche del canzoniere Laurenziano: paratesto, struttura, metrica 667
marCo Cursi, maurizio Fiorilla
Un ignoto codice trecentesco della Commedia di Dante 687
alFonso d’agostino
Gli occhi di Lisabetta (Decameron IV 5) 703
FranCo d’intino
Raccontare lo Zibaldone 721
silVia de laude
«Is Cardinal Roncalli still alive?». Sull’edizione italiana di Mimesis di Erich Auerbach 733
gabriella de marCo
I luoghi del fare arte. L’atelier dell’artista tra valorizzazione museografica, pagine di critica d’arte e letteratura 759
Indice 925
tullio de mauro
Dieci neosemie e neologismi d’autore 771
silVia de santis
La similitudo dantesca nelle illustrazioni di William Blake 775
gioVannella desideri
La guerra ’15-’18 di Cacciaguida (ancora su Fortuna in Dante) 793
roCCo distilo
Sguardi sul vocabolario trobadorico: lessemi e rime (fra ansa, ensa e ilh, ilha) 809
Carlo donà
Marie de France, Alfredo e la scrittura dell’Esope 825
luCiano Formisano
«Dantis erat»: notula sul Fiore di Marin Sanudo 837
anatole Pierre Fuksas
La cobla tensonada e la “dama del torto” di Peire Rogier 843
massimiliano gaggero
L’épée brisée dans le Conte du Graal et ses Continuations 855
gaia gubbini
Amor de lonh: Jaufre Rudel, Agostino e la tradizione monastica 885
saVerio guida
Tremoleta.l Catalas (BdT 305, 16, v. 49) = Pons d’Ortafa? 893
tomo ii
marCo inFurna
Ideali cavallereschi in Valpadana: il Roman d’Hector et Hercule e l’Entrée d’Espagne 931
annalisa landolFi
La “finta innocenza” di Alberico. Qualche nota sul prologo del Frammento su Alessandro 945
lino leonardi
Postilla a una postilla inedita (di Gianfranco Contini) su Federico II 967
Indice926
moniCa longobardi
Una traducson per Guiraut Riquier 979
lorenzo mainini
Rusticus, civis aut philosophus. Epistemi a confronto, modelli intellettuali e una “memoria dantesca” nel de Summo bono di Lorenzo de’ Medici 991
mario manCini
«Qu’il fet bon de tout essaier» (Roman de la rose, v. 21521) 1015
Paolo maninChedda
Amore e politica: una variante del dualismo europeo 1031
luigi marinelli
Tra canone e molteplicità: letteratura e minoranze 1041
sabina marinetti
L’altra interpretazione di «voce» e «vello» 1057
Paolo matthiae
Materia epica preomerica nell’Anatolia hittita. Il Canto della liberazione e la conquista di Ebla 1075
maria luisa meneghetti
Sordello, perché… Il nodo attanziale di Purgatorio VI (e VII-VIII) 1091
roberto merCuri
La morte del poeta 1103
Camilla miglio, domeniCo ingenito
Ḥāfez, Hammer e Goethe. La forma ghazal: Weltliteratur e contemporaneità 1109
luisa miglio
Ernesto Monaci, Vincenzo Federici, il Gabinetto di Paleografia e la Collezione manoscritta 1127
laura minerVini
Gli altri Siciliani: il poema sul Sacrificio di Isacco in caratteri ebraici 1139
mira moCan
Un cuore così illuminato. Etica e armonia del canto nella poesia dei trovatori (Bernart de Ventadorn, Marcabru, Raimbaut d’Aurenga) 1155
sonia netto salomão
Carlos Drummond de Andrade: a Máquina do Mundo em palimpsesto 1177
Indice 927
roberto niColai
Letteratura, generi letterari e canoni: alcune riflessioni 1197
teresa noCita
Loci critici della tradizione decameroniana 1205
sandro orlando
Un sonetto del Trecento su Bonifacio VIII 1211
mario Pagano
Un singolare testimone del Testament di Jean de Meun: ms. Paris, B.N., fr. 12483 1221
gioia Paradisi
Materiali per una ricerca su Petrarca e le emozioni («spes seu cupiditas», «gaudium», «metus» e «dolor») 1239
niColò Pasero
L’amor cortese: modello, metafora, progetto 1263
rienzo Pellegrini
Pasolini traduttore di Georg Trakl 1271
silVano Peloso
Letteratura, filologia e complessità: il caso del Brasile 1289
gianFeliCe Peron
Realtà zoologica e tradizione letteraria: il “gatto padule” 1299
Vanda Perretta
Nostalgia di buone maniere 1315
marCo PiCCat
La novella dei tre pappagalli 1325
antonio Pioletti
Cercando quale Europa. Appunti per un canone euromediterraneo 1335
mauro Ponzi
Goethe e gli “oggetti significativi” del cambiamento epocale 1347
norbert Von PrellWitz
Quando il canone dipende dai centimetri 1365
Carlo Pulsoni, antonio Ciaralli
Tra Italia e Spagna: il Petrarca postillato Esp. 38-8º della Biblioteca de Catalunya di Barcellona (primi appunti) 1371
Indice928
arianna Punzi
Quando il personaggio esce dal libro: il caso di Galeotto signore delle isole lontane 1395
gioVanni ragone
L’occhio e il simulatore 1423
roberto rea
«Di paura il cor compunto»: teologia della Paura nel prologo dell’Inferno 1433
eugenia rigano
Tra arte e scienza, la bellezza si fa meraviglia 1447
barbara ronChetti
Arte, scienza e tecnica fra immaginazione e realtà. Alcune riflessioni attraverso le pagine di Velimir Chlebnikov 1467
luCiano rossi
Les Contes de Bretaigne entre vanité (charmante) et eternité (précaire) 1491
gioVanna santini
«Or chanterai en plorant». Il pianto di Jehan de Neuville per la morte dell’amata (Linker 145, 6) 1521
maria serena saPegno
«L’Italia dee cercar se stessa». La Storia di De Sanctis tra essere e dover essere 1555
elisabetta sarmati
Metanovela, microficciones e racconti interpolati in El desorden de tu nombre di Juan José Millás 1563
anna maria sCaiola
La passione triste della vergine. Atala di Chateaubriand 1575
emma sColes
«que al que mil extremos tiene / lo extremado le conviene»: il codice cortese fra virtuosismo stilistico e rovesciamento parodico in un Juego de mandar cinquecentesco 1587
luigi seVeri
La resistenza della poesia: costanti petrarchesche e dantesche in Zanzotto 1597
Indice 929
emanuela sgambati
L’Ars poetica di Feofan Prokopovič fra teoria e prassi 1619
margherita sPamPinato beretta
La violenza verbale nel tardo Medioevo italiano: analisi di corpora documentari 1629
giorgio stabile
Favourite Poet. Alma-Tadema e una promessa in codice per Roberto Antonelli 1647
Justin steinberg
Dante e le leggi dell’infamia 1651
Carla subrizi
«Cercando l’Europa» nel 1945: dolore e follia nei disegni di Antonin Artaud 1661
giusePPe taVani
Codici, testi, edizioni 1673
steFano tortorella
Archi di Costantino a Roma 1703
luisa Valmarin
Una possibile lettura di Năpasta 1721
gisèle Vanhese
Imaginaire du voyage baudelairien et mallarméen dans Asfinţit marin et Ulise de Lucian Blaga 1733
alberto VarVaro
Considerazioni sulla storia della Filologia Romanza in Italia 1747
sergio Vatteroni
«Il mistero del nome». Sull’essenza della poesia nel giovane Pasolini 1751
riCCardo Viel
La tenzone tra Re Riccardo e il Delfino d’Alvernia: liriche d’oc e d’oïl a contatto 1761
Claudia Villa
Un oracolo e una ragazza: Dante fra Moroello e la gozzuta alpigina 1787
Indice930
maurizio Virdis
Un Medioevo trasposto: il Perceval di Eric Rohmer. Dalla scrittura letteraria alla rappresentazione cinematografica 1799
hayden White
History and Literature 1811
Claudio zambianChi
Marionette o dei: qualche riflessione su un saggio di Kleist 1817
Carmelo zilli
Su un “errore d’autore” nel Poemetto di Lelio Manfredi 1829
Bibliografia degli scritti di Roberto Antonelli 1835
1. Il complesso di precetti e pratiche che noi definiamo “amor cortese” si presenta fondamentalmente come espressione di un sentimento personale, inserito in un siste-ma di relazioni interumane; autodefinendosi fin’amor, amore puro e perfetto, esso si organizza in un sistema di valori sublimati e sublimanti, la cui prima conseguenza è di emanciparlo da diretti riferimenti materialistici, non tanto di natura individuale, quanto di natura sociale. La sua maggior pretesa è di rappresentare – come di fatto avviene – un’innovazione rispetto ad altri punti di vista sul rapporto fra i sessi, che permette all’individuo maschio di nobilitarsi (ossia realizzarsi) attraverso un per-corso di avvicinamento a midons, la dama sua signora, sede di tutti i valori; con lei egli istituisce un vero e proprio rapporto contrattuale che va rispettato da entram-bi, prevedendo lo scambio del servizio prestato dall’amante contro una ricompensa (mercei), rappresentata dalla corresponsione dell’amata.
Peraltro, si potrebbe anche definire l’amor cortese come modello sociale, in quanto il dover essere che esso propone agisce nella società, realizzandovi un si-stema normativo per la corretta gestione dei rapporti fra uomo e donna. In quanto modello, esso fornisce un’immagine della realtà: ma si tratta di un’immagine carat-terizzata da un alto tasso di anamorfosi, di deformazione rispetto agli inputs che la società stessa gli fornisce; può trattarsi di un’immagine “aperta”, potenzialmente latrice di nuovi sguardi sul mondo, che coincide con un progetto; oppure di un’im-magine “chiusa”, che, costituendosi in sistema, fornisce un modello della, anzi alla, realtà. In quest’ultimo caso, l’amor cortese agisce come una riproduzione (per lo più semplificata) della realtà dei rapporti interumani, che, sottolineandone i tratti più significativi, permette di meglio comprenderne natura e funzionamento; allo stesso tempo, fornisce a questa realtà un assieme di istruzioni più o meno rilevanti, riferibili al suo “dover essere”: quindi si colloca per così dire a monte del movimento reale, rappresentando il limite a cui approssimarsi il più possibile, rientrando per sua costi-tuzione nella tipologia delle formazioni ideologiche funzionali a spazi di egemonia sociale e culturale.
2. L’amor cortese si propone dunque come compendio dell’intero assetto della so-cietà; ma sua caratteristica peculiare è di costituirsi al tempo stesso come sistema separato. La circostanza risulta chiara se si considera l’ideologia che esso esprime
niColò Pasero
L’amor cortese: modello, metafora, progetto
Nicolò Pasero1264
non isolatamente, ma all’interno del sistema delle formazioni discorsive circolanti nella cultura dell’epoca, questo soprattutto se si prendono in esame i testi che esula-no dalla produzione letteraria di taglio specificamente amoroso. Un caso evidente è offerto dai fabliaux, il cui modo di trattare i rapporti fra i sessi si colloca all’estremo opposto dell’ideologia cortese; probante ai nostri fini è ad esempio il breve testo tràdito unitestimonialmente dal ms. BN fr. 837 e intitolato da mano seriore Des che-valiers, des clercs et des vilains, dove tre coppie di rappresentanti degli états indicati nel titolo dichiarano il locus amoenus in cui si avvicendano come la sede più adatta per attività piacevoli (banchettare per i cavalieri, far l’amore per i chierici, defecare per i villani). A ben vedere, dunque, il tema amoroso compare anche qui; ma il rife-rimento, certo senza la minima ambizione dottrinale, è inserito in una struttura più ampia, perché, come osserva un fine commentatore, Jean Batany,
notre texte se place (…) dans un monde connu d’avance, non pas celui d’un genre littéraire, mais celui d’une “formation discursive”, la revue des “états du monde”, et même plus particulièrement la forme la plus systématisèe des revues d’états, celle qui exprime l’idéologie des “trois ordres”.1
Il fabliau è dunque primariamente sovradeterminato da un modello di società ben noto (quello che i teorici dell’epoca codificano come ideale, sulla base dell’interfun-zionalità di bellatores, oratores, laboratores) e lo specifico progetto erotico espresso dai due chevaliers è funzionale a un giudizio complessivo sui valori sociali incarnati dalle tre coppie in gioco; la sovradeterminazione si complica poi (ma qui basti un accenno) per la circostanza – ben argomentata da Batany – che questo sistema di valori si esprime attraverso l’auspicio (per le prime due coppie) o la pratica (per i vilains) di attività di volta in volta dichiarate come piacevoli, che collimano in modo sorprendente con le tre fasi della libido nella classica formulazione freudiana, pur comparendo in ordine sconvolto, visto che qui oralità (per i chevaliers) e genitalità (per i clercs) precedono l’analità prediletta dai vilains. Quest’ultima pratica rivela palesemente quanto invece rimane nascosto dietro la geometria del modello triparti-to che ha fornito la griglia d’inserimento del tema libidinale: ai desideri di cavalieri e chierici, sanzionati positivamente, si oppone il “piacere” dei rappresentanti del terzo stato, piacere condannato e deriso in quanto attività impura e tabuizzata.
La favola bella dell’interdipendenza dei tre ordini è dunque qui virata verso la «dichotomie brutale d’un système exceptif» che spacca il mondo fra un disopra (articolato in due settori, in questo caso non, come in altre testualizzazioni, conflig-genti), e un disotto, estraneo ai valori riconosciuti come pienamente umani: i villani stanno insomma a rappresentare, a fronte dei comportamenti degli altri personaggi, il disvalore negativo assoluto, da cui tutti (come recita l’estremo finale del testo) devono guardarsi. Compare dunque, come riferimento ideologico ultimo, quella macro-opposizione fra Villania e Cortesia che informa di sé i testi del Medioevo che affrontano questioni d’amore; ma l’accennata intrusione dello schema ternario distingue il nostro fabliau dagli enunciati di teorici e poeti (questi ultimi spesso per largo tratto teorici in proprio), in cui (e tale è la norma) il territorio della positività
1. J. Batany, L’apologue social des strates libidinales: “Dui chevalier vont chevauchant…”, in Le recit bref au Moyen Age, Atti del colloquio (27-29 aprile 1979), a c. di D. Buschinger, s.l. s.d., pp. 129-151, alle pp. 134 e 146.
L’amor cortese: modello, metafora, progetto 1265
è totalmente occupato dalla fenomenologia amorosa, che si dilata fino a includere ogni aspetto delle problematiche interumane, quasi che bastasse a fornire un modello esplicativo per tutte valido.
3. La presunzione del modello cortese di fornire la chiave risolutiva dell’intero as-setto della società si palesa, oltre che in opere creative, anche nella corposissima serie di artes amandi, tutte basate sul postulato della secca dicotomia di inclusione o esclusione dei potenziali attanti amorosi; fra queste spicca l’opera che è stata definita – a ragione o a torto – come il text-book di simile concezione:2 il trattato De amore di Andrea Cappellano. Sul carattere di fondo di quest’opera, come si sa, le opinioni degli studiosi sono per vari motivi discordanti: non solo parte della critica recente ha capovolto radicalmente la prospettiva, suggerendone una lettura in chiave di siste-matica allusività oscena, principalmente rintracciabile a livello lessicale (Bowden, Silvestre, Roy), e così escludendola dai termini ufficiali del dibattito coevo sull’amo-re; ma, anche se la si mantiene nei termini di quest’ultimo (come fa la maggior parte degli studiosi: da Vinay a Denomy a Cherchi a Dronke, a Monson a Karnein), non v’è accordo sulla sua rappresentatività in fatto di amore specificamente cortese. A complicare le cose, interviene poi la palinodia del terzo libro (su cui vedi ancora Colombo, che è per l’unitarietà ideologica: scopo del trattato sarebbe indagare sul fenomeno dell’amore per dissuadere dal praticarlo).
Comunque sia, la questione della specifica natura (cortese o meno) dell’amore discusso da Andrea, ancorché fondamentale dal punto di vista della storia delle idee, è relativamente meno decisiva per coglierne il valore di documento ideologico: lo rivela anche la strutturazione del testo, che appare organizzato per lungo tratto come un manuale di sociologia, sociologia amorosa ovviamente. Si parte sì dalla consueta pratica definitoria dell’oggetto (quid, unde, effectus, qualiter e così via: posto che l’amore è una passio, un’alterazione dello stato psicosomatico normale dell’indivi-duo, alla diagnosi segue l’eziologia, alla sintomatologia le diverse prognosi); ma la maggior parte del primo e più corposo fra i tre libri del trattato è dedicata a un’accu-rata disamina delle combinazioni amorose che sono proponibili fra gli esseri umani, definiti secondo status e sesso, avvertendo l’autore preliminarmente che si occuperà solo di rapporti eterosessuali, perché «est (…) notandum quod amor nisi inter diver-sorum sexuum personas esse non potest» (è l’attacco del capitolo II del primo libro).3 Sempre fuori schema si aggiungono poi, oltre all’interdetto sull’amore acquisito per pecuniam (capitolo IX) e su quello incautamente concesso (capitolo X), quattro ca-pitoli che si occupano di altri status: quelli che con l’amor cortese non hanno o non devono avere nulla da spartire, cioè i chierici (capitolo VII), per costituzione superiori alle cose mondane, e perciò denominati nobilissimi (configurando, oltre ai plebei, ai nobiles e ai nobiliores di ambo i sessi, un quarto livello sociale, ma solo dal lato maschile del sistema); le monache (capitolo VIII), assolutamente tabuizzate per
2. Cfr. D. Colombo, La struttura del De amore di Andrea Cappellano, in «Rivista di Filosofia neoscolastica», 89 (1997), pp. 553-624.
3. I riferimenti sono all’edizione: Andrea Cappellano, Trattato d’amore, a c. di S. Battaglia, Roma 1947.
Nicolò Pasero1266
precetto divino e leggi umane; i rustici (capitolo XI); e le meretrices (capitolo XII), coinvolte nell’esecrando amore venale.
Il quadro delineato dal Cappellano è dunque per definizione quello di un mon-do separato. Vero è che le sue sistematiche intrattengono un evidente rapporto con la già ricordata immagine complessiva della società offerta dallo schema tripartito; ma questo rapporto è obliquo, in quanto, a termini d’amor cortese, di quest’ultimo risulta centrale solo una porzione, che taglia fuori o marginalizza due dei tre termini: da un lato, definendo nobilissimi i chierici, Andrea li esclude dal discorso de amore; dall’altro lato, il terzo stato, quello dei laboratores, che nella versione classica dello schema tripartito comprende essenzialmente solo i contadini (perlopiù in condizione servile), nel trattato si presenta già con fisionomia differenziata e abbraccia, a lato di questi ultimi (menzionati solo per subito escluderli), anche quelli che Andrea chiama plebei (in sostanza i ceti mercantili e protoborghesi), dedicando loro ampio spazio. Proprio aprendo il già citato capitolo XXIII, De amore rusticorum, infatti, l’autore si affretta a sottolineare come, trattando in precedenza dell’amore de’ e per i plebei (non nobili, ma quantomeno rispettabili membri della società), egli non si riferisse affatto ai rustici: questi – afferma – sono ontologicamente refrattari all’amore, a quello vero, quello degli altri esseri umani; copulano «naturaliter sicut equus et mu-lus», quando ne provano lo stimolo; ma si contentino altrimenti «vomerisi ligonisque (…) solatia», dei sollazzi del vomere e della marra. Se – caso rarissimo – li pungesse amore «ultra sui naturam», è assolutamente sconsigliabile istruirli in proposito: ne resterebbero sguarniti i campi, calerebbero produttività e produzione. Quanto alle loro femmine, ove se ne fosse attratti, nulla vieta di sedurle con lusinghe, ma se la situazione è propizia tanto vale «violento potiri amplexu», prenderle con la forza.
Con questo, come si vede, siamo nella piena linea della letteratura antivillanesca:4 i rustici vengono assimilati alle bestie anche in campo sessuale, vuoi in ragione della loro ferina lussuria (vizio che è d’assoluto impedimento all’amore, come ricorda al-trove Andrea, al capitolo IX, dove, discutendo più in generale degli impedimenta, si richiama nuovamente agli asini e ai cani), vuoi – è il caso delle rusticae – negando loro la qualifica di soggetti autonomi del rapporto. Nell’un caso come nell’altro, la linea di demarcazione rispetto all’interezza umana corre fra i territori dell’immediata istintua-lità e quelli della mediazione: nel senso – che è quello profondo dell’ideologia cortese, e su questo ritorneremo – che pienamente umano è solo chi, con l’interposizione di istanze di differimento fra desiderio e soddisfazione, applicando cioè i rituali della fin’amor, si dimostra capace di elevarsi a un livello superiore. Si tratta, in definitiva, di una visione ideologicamente orientata, tanto per quanto riguarda i gender, quanto per quanto riguarda gli status, che, nello stesso momento in cui mette in campo pratiche selettive, aspira a porsi come specchio dell’intera realtà sociale; la tematica amorosa, assumendo la funzione eteronoma di veicolare elementi di Weltanschauung, diventa così chiave di lettura privilegiata dei rapporti interumani, però, qui come in generale, coniuga le sue ambizioni onnicomprensive con un effettivo restringimento di referen-zialità. Il mondo degli amanti cortesi, presentandosi come l’unico effettivamente uma-
4. Cfr. G.C. Belletti, Il problema dela letteratura antivillanesca medievale e le metamorfosi del villano nei fabliaux di Jean Bodel, in Id., Saggi di sociologia del testo medievale, Alessandria 1993, pp. 55-73.
L’amor cortese: modello, metafora, progetto 1267
no, seppure articolato al suo interno, esclude di fatto buona parte dell’umanità reale, rivelandosi come un potente strumento di discriminazione classista.
4. S’è detto che la concezione cortese mette a disposizione della cultura dell’epoca un’immagine dell’intero mondo sociale e che tale immagine si presenta sotto due aspetti, perché può essere chiusa o aperta: nel primo caso con carattere di modello, nel secondo con quello di progetto. Questa sua doppia natura si rivela anche nelle potenti trame metaforiche che in più modi la sostanziano.
Fin nelle prime testualizzazioni, è cosa nota, l’amore che la concezione cortese prédica si struttura come metafora feudale, attribuendo all’amata e all’amante le stigmate rispettive di signore e vassallo e modulando il loro rapporto come servizio vassallatico, coi relativi doveri e diritti; si tratta, in linea generale, di una costru-zione referenziale laica, dato che di solito altri riferimenti metaforici (ad esempio la coloritura mistico-religiosa che può assumere l’adorazione di midons) restano in sottofondo rispetto al ricalco dei modi della struttura feudale. È da quest’ultima che il rapporto cortese assume quel carattere vincolante che si riassume nell’idea di im-pegno reciproco di contraenti legati dal principio della fides, la fedeltà personale:5 un atteggiamento che proietta sull’ambito dei sentimenti personali quella che è reale norma politica, e che, una volta definito il suo campo di vigenza, al quale non tutti sono per loro natura in grado di accedere, contribuisce, insegnando appunto a “tener fede”, a consolidare il mondo dei rapporti interumani così com’esso ha da essere secondo tradizione. La proposta dell’amor cortese è, per questo aspetto, una proposta in senso proprio conservativa.
D’altra parte, ciò che nella concezione cortese più deve aver colpito quella che potremmo chiamare l’opinione pubblica dell’epoca (a dire il vero ristretta a un’élite che si autodefinisce) è anche il fatto di presentare il rapporto uomo-donna secondo modalità che risultano distanti dalla situazione corrente dei rapporti fra i sessi. L’amor cortese, si dice, avrebbe con ciò portato a una riconsiderazione del ruolo delle donne nella società (sempre all’interno dell’élite, ovviamente), nello stesso tempo proponendo un diverso modello di comportamento maschile: ingen-tilendo le modalità di rapporto fra i sessi, all’interno di un più generale processo di Zivilisation.6 In questo confondere le acque rispetto alla società reale (un compito che ogni ideologia, in quanto produttrice di modelli e di progetti, tende in varia mi-sura ad assegnarsi) c’è sicuramente del vero, perché le caratteristiche indicate ten-dono a spostare il discorso amoroso dalla prospettiva conservativa già accennata verso maggiori aperture, verso la direzione innovativa rivelata da un altro aspetto ben noto dell’amor cortese: la coloritura di paradosso che esso tende ad assumere, giocando sul “have and have not” rispetto al suo oggetto7 e indicando nel controllo
5. Cfr. E. Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, Torino 1976, pp. 76-90.6. Alludo al titolo originale (Über den Prozess der Zivilisation) del saggio di Norbert Elias com-
parso in italiano come La civiltà delle buone maniere: la trasformazione dei costumi nel mondo aristo-cratico occidentale, Bologna 1998.
7. Il riferimento è alla tesi principale del saggio di L. Spitzer, L’amour lointain de Jaufre Rudel et le sens de la poésie des troubadours, in parte tr. in Il punto su: i trovatori, a c. di M. Mancini, Roma-Bari 1991, pp. 233-248.
Nicolò Pasero1268
della pulsione sessuale e della soddisfazione immediata i nuovi fari per un corret-to comportamento dell’individuo maschile nei confronti della partner femminile. Col che, peraltro, al di là di ogni discorso sulla rivalutazione di quest’ultima, non scompare affatto, anzi si rafforza la concezione oggettuale della donna; e forse è questo il vero paradosso di una concezione che, nel mentre la pone sul piedestallo come domina, le toglie la qualità di soggetto e la riduce a funzione della realizza-zione del maschio; così tornando, con questo ulteriore tributo alla realtà del mondo in cui si muove, al versante conservatore già palesato dalla centralità attribuita al principio feudale della fides.
A fare da contraltare a simili aporie vanno però considerate alcune implicazioni di un elemento a cui si è appena accennato: il paradosso amoroso, presenza assai evidente in alcuni autori (si pensi al tema dell’amor de lonh, forse fin troppo eletto a paradigma del senso dell’intera lirica provenzale). Questo paradosso, s’è detto, si sostanzia nell’interposizione di un sistema di norme comportamentali, da osservare pena l’esclusione dall’élite degli amanti cortesi, fra il desiderio grezzo (la cobezeza che richiede pronta soddisfazione) e la fin’amor realizzata (la quale non esclude a priori, si badi bene, tale appagamento): è una dialettica di pulsione e inibizione, il cui perno centrale è il principio di differimento del piacere. Tale principio è forse il più importante che si apprende alla scuola del nuovo codice amoroso: rispetto all’uo-mo comune, l’amante perfetto si distingue per la superiore capacità di controllo dei propri comportamenti, essendo in grado di superare la pura istintualità (quella che antinomicamente definisce la Villania) nel nome di competenze pratiche e teoriche riconducibili a una norma generale di condotta, che è variante specifica della più generale capacità umana di calcolo. La forma mentis così postulata nasce dunque nell’ambito della gestione dei sentimenti, ma non necessariamente si ferma lì: con-trollo e calcolo, una volta appresi, sono categorie che interessano l’attività dell’uomo in tutte le manifestazioni, incluse quelle che, come le pratiche dell’economia, hanno a che fare con gli aspetti materiali della sua esistenza.
5. Le ultime considerazioni impongono, per rimuovere il sospetto che si stia qui ragionando sulla base di omologie del tutto accidentali, di segnalare un dato di fatto non secondario: l’amor cortese nasce e si sviluppa a ridosso di un grande tornante storico, quello che vede la lenta evoluzione del sistema socioeconomico del feuda-lesimo classico verso nuove realtà. È in un simile frangente, non a caso, che la con-cezione cortese rivela un doppio volto: se da un lato, s’è visto, essa rimane implicata nel vecchio sistema (lo segnala il legame della sua anima metaforica con strutture e le forme dell’ordinamento sociale tràdito), dall’altro lato intrattiene anche un rap-porto nascosto con quello che è il vero e proprio momento centrale del nascente as-setto dell’economia: il principio dell’investimento produttivo, che erode dall’interno il ciclo chiuso produzione-consumo-riproduzione del vecchio sistema, incardinato com’esso era nel settore primario. Attività umane poste in àmbiti così distanti come l’amore e la produzione materiale hanno dunque un elemento funzionale comune, rappresentato dal principio di differimento del consumo immediato in vista di più solidi vantaggi futuri; un’idea comune di fondo è quella dell’incremento di profitto
L’amor cortese: modello, metafora, progetto 1269
che in tal modo si ottiene, con una crescita che può essere addirittura esponenziale. Quanto all’amore (lo ricorda Andrea Cappellano discutendo della diversità di amor purus e amor mixtus verso la fine del capitolo VI del primo libro del suo trattato), esasperando il desiderio attraverso la rinuncia si ha come risultato che esso «sua semper sine fine cognoscit augmenta».8 Nel suo senso più profondo, la concezione cortese contiene quindi una seconda metafora, non più conservativa come quella feudale che ne occupa la superficie visibile, ma progressiva, in quanto modello di condotta potenzialmente applicabile al di là del suo campo d’elezione: imparare il controllo di sé nel comportamento amoroso conduce a imparare il controllo della realtà in altri àmbiti.
Si potrebbe a questo punto, non del tutto a torto, avanzare un’altra obiezio-ne: nel momento in cui prende le mosse da un punto così distante dalle dure realtà dell’economia qual è il mondo dei sentimenti, il percorso di apprendimento proposto nell’amor cortese nasce come espressione di interessi sociali conservativi (ché corte-se si definisce tale amore a partire da un Sitz im Leben aristocratico), mentre i modi di pensare e agire così indotti saranno propri delle ascendenti classi borghesi; e in effetti il meccanismo funzionerà appieno solo quando queste ultime, raccolta la ban-diera delle vecchie élites, ne svilupperanno le potenzialità operative ai propri fini di egemonia. La contraddizione esiste, ma ne vanno indicati i limiti, perché ha validità nella misura in cui si restringe il discorso all’àmbito culturale in senso stretto: con-siderare solo in questa luce le nuove idee, che prima di approdare al comune sentire ancora a lungo si esprimeranno primariamente nei testi, porta a dimenticare la non secondaria funzione produttiva di modelli sociali che la letteratura riveste.
8. Andrea Cappellano, Trattato d’amore cit., p. 212.