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Da Kant a Hegel

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68 h 40 min. 5.956 km

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La critica a Kant

• La critica a Kant riguarda il rapporto tra soggetto e oggetto dellaconoscenza, tra pensiero ed essere.

• Nella Critica della ragion pura Kant afferma che non è l’intelletto amodellarsi sulla realtà, ma la realtà a modellarsi sull’intelletto.

• Le cose sono conosciute perché intuite secondo le forme puredell’intuizione (spazio-tempo) e pensate secondo concetti a priori (lecategorie). Ma allora, afferma Kant, io non conosco le cose in sestesse, ma i loro fenomeni, cioè ciò che di esse mi appare in quantoilluminate dall’intelletto.

• Di qui la distinzione tra fenomeno (la cosa in quanto conosciuta)ecosa in sé (la cosa in quanto sconosciuta)

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Il rapporto tra pensiero ed essere

• La metafisica classica è realista: esiste una realtà in sé, che l’intellettocerca di rispecchiare

• In particolare la metafisica cristiana riconosce che la realtà deriva edipende da un Essere che l’ha creata liberamente dal nulla eliberamente ordinata. L’intelletto può riconoscere questa realtà.

• Il criticismo kantiano rovescia parzialmente la concezione realista,affermando che la realtà da conoscere non è in se stessa ordinata, maviene ordinata dal soggetto conoscente.

• I primi critici di Kant sostengono che la nozione di cosa in sé ècontraddittoria, in quanto è un presupposto realistico all’interno diuno svolgimento idealista.

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L’idealismo

L’idealismo sosterrà che nel rapporto tra pensiero edessere tutto va ricondotto al pensiero, l’oggetto dellaconoscenza viene assorbito dal soggetto, ritrovandocosì l’identità tra certezza (soggettiva) e verità(oggettiva) che la filosofia moderna aveva smarrito.

Togliendo la cosa in sé, rimane il fenomeno, che perònon è l’aspetto soggettivo (certezza distinta dalla verità)ma la realtà in se stessa che appare

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I critici di Kant

F.H. Jacobi:

il concetto di noumeno è un presupposto realistico che se da un lato ènecessario per entrare nel regno del criticismo, d’altro lato non ciconsente di rimanere in tale regno;

infatti se il criticismo è vero si deve abolire la cosa in sé, perricondurre tutto al soggetto (aderendo all’idealismo).

Se il criticismo è falso, allora si deve ammettere la cosa in sé, tornandoal realismo.

Come può essere la cosa in sé causa delle nostre sensazioni, se ilconcetto di causa è valido soltanto per il mondo fenomenico?

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Dall’io penso (finito) all’io creo (infinito)un passaggio: Fichte

Johann Gottlieb Fichte

Il problema è ricondurre a un principio unico di libertàogni fenomeno. Questo principio di libertà è l'Io, puroatto verso la cui realizzazione noi tendiamo. InGrundlage der Gesammten Wissenschaftlehre(fondamento dell’intera dottrina della scienza) del1794,Fichte espone la genesi ideale del mondo attraversoalcuni principi fondamentali.

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La dottrina della scienza

La dottrina di Fichte è una deduzione assoluta che fa derivare dall’io siail soggetto che l’oggetto del conoscere.

Il primo principio è ricavato da una riflessione sulla legge di identità,considerata da sempre la base universale del sapere

A = A

Questo non è però il primo principio, poiché questo principio è postodall’io. Ma l’io non può porre questo rapporto se non pone sé stesso.

L’io non può affermare nulla se prima non afferma la propria esistenza.

Autocreazione, che coincide con l’intuizione intellettuale (conoscere =produrre)

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Idealismo e realismo

• Questa affermazione è idealista: tutta la realtà è ricondotta alsoggetto, al pensiero

• Differenza tra riconoscere qualcosa e porre qualcosa: realismo eidealismo

• Riconoscere implica la possibilità che il pensiero si rapporti a qualcosad’altro da sé

• Porre implica che il pensiero non si relaziona ad altro da sé, mariconduce tutto a sé, in una identità

• Per l’idealismo il pensiero è il Tutto, è la Realtà assoluta e divina=identità di Dio e Uomo.

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Il primo principio

Il primo principio è l'io pone sé stesso, col qualeprincipio noi pensiamo un'attività illimitata, unassoluto atto spirituale.

(idealismo)

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Il secondo principio

Il secondo principio è l‘Io pone il non-io; anche questo principio è assoluto,inderivabile dal primo, e rende ragione della necessità di una opposizione, diuna resistenza, perché l'io si realizzi. Con ciò Io (assoluto) e non-io (oggetto,mondo, natura) sono in reciproco rapporto e si limitano reciprocamente.(che senso avrebbe un soggetto senza oggetto? Il non io è il motore dell’io,che è attività)

Il non io è posto dall’io= non è dunque l’oggetto che agisce sul soggetto

La traduzione del rapporto kantiano tra io penso e cosa in sé = io (pensiero)e non-io (cosa in sé)

Se la cosa in sé = non io, in base al primo principio essa è unacontraddizione, che deve essere tolta

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Il terzo principio

I primi due principi costituiscono una relazione antinomica. E’necessaria una sintesi:

L’Io oppone nell’Io ad un io divisibile un non io divisibile

Tutto è prodotto dall’io, che si sforza di diventare Dio, ma tale sforzonon ha fine (al suo interno ci sarà sempre un’opposizione). Il regnodell’io è costretto dunque a lasciare fuori di sé qualcosa che lo limita edi cui non può liberarsi.

«Prometeo e Faust sono le forme allegoriche che più si avvicinano alsignificato autentico dell’Io Fichtiano» (Emanuele Severino)

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La struttura dialettica dell’io

Il compito dell’Io si articola dunque nei tre momenti Autoposizione dell’io (tesi)

Opposizione del non –io (antitesi)

Determinazione reciproca tra io e non-io (sintesi)

Nel riflettere sul rapporto tra soggetto e oggetto, la filosofia può assumere laforma dell’idealismo o del dogmatismo.

Questo è frutto di una scelta etica: Idealismo= libertà. Dogmatismo= necessità

L’Io vuole essere infinito e vuole eliminare la cosa in sé, ossia assume comeideale, come imperativo etico, un universo in cui l’Io sia il legislatore assoluto eprincipio di ogni cosa