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1 Da generici a equivalenti: il ruolo nella terapia, i progressi ottenuti e le resistenze Dott.ssa Elisa Brambilla Indice del corso Introduzione Definizioni Bioequivalenza e biodisponibilità Storia del generico La produzione industriale dei farmaci Brevetto Come il generico ottiene l’AIC La normativa sugli equivalenti I farmaci copia e i co-marketing I farmaci biosimilari Farmaci innovativi, me too, generici o equivalenti Farmaci innovativi Farmaci me too Farmaci generici o equivalenti Categorie di generici Liste di trasparenza Sostituibilità per i farmaci non rimborsati Il ruolo degli equivalenti nel mercato farmaceutico italiano La situazione nel resto d’Europa La situazione degli equivalenti tra medici e farmacisti Gli equivalenti e i pazienti Glossario Conclusione

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Da generici a equivalenti: il ruolo nella terapia, i progressi ottenuti e le resistenze

Dott.ssa Elisa Brambilla

Indice del corso

Introduzione

Definizioni

Bioequivalenza e biodisponibilità

Storia del generico

La produzione industriale dei farmaci

Brevetto

Come il generico ottiene l’AIC

La normativa sugli equivalenti

I farmaci copia e i co-marketing

I farmaci biosimilari

Farmaci innovativi, me too, generici o equivalenti

Farmaci innovativi Farmaci me too Farmaci generici o equivalenti

Categorie di generici

Liste di trasparenza

Sostituibilità per i farmaci non rimborsati

Il ruolo degli equivalenti nel mercato farmaceutico italiano

La situazione nel resto d’Europa

La situazione degli equivalenti tra medici e farmacisti

Gli equivalenti e i pazienti

Glossario

Conclusione

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Introduzione

Il mercato dei farmaci equivalenti sembra ormai decollato, anche se a fatica. I farmaci equivalenti rappresentano una grossa opportunità di risparmio per il Servizio Sanitario Nazionale, senza nulla togliere alla qualità delle cure per il paziente. Quando i generici sono stati introdotti in Italia, la percentuale di persone che li utilizzava era veramente esigua e si aggirava intorno all’1%. Oggi le cose sono cambiate e questa percentuale si attesta intorno al 10%. Il mercato dei generici è caratterizzato da uno sviluppo lento ma costante, dovuto soprattutto alle nuove scadenze brevettuali. Tuttavia, siamo ancora lontani dalla media europea, dove la cultura del farmaco equivalente è molto più diffusa. In questo corso faremo il punto sulla situazione italiana analizzando la normativa che ne regola il commercio. Del resto, negli ultimi 15 anni, il legislatore ha avuto come obiettivo principale quello di incentivarne la prescrizione da parte del medico e l’utilizzo da parte del paziente. La finalità di questo appoggio al mercato dei generici è da ricercare nel risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale. Non sempre, tuttavia, le normative che si sono susseguite hanno prodotto lo sviluppo del mercato che si auspicava. Inoltre, essendo incentrate sui farmaci generici dispensati in regime di convenzione, si è dato poco impulso allo sviluppo dei generici di fascia C e per l’automedicazione, con la conseguenza che i cittadini hanno tratto poco vantaggio da questi farmaci e talvolta continuano a percepirli con un certo scetticismo. Spesso, lo sviluppo del mercato non ha avuto i risultati sperati anche come conseguenza dell’approccio critico alla normativa manifestato dai medici e dalla poca collaborazione che si è instaurata tra i medici prescrittori e i farmacisti. Nell’ultima parte del corso, analizzeremo i punti di vista dei medici, dei farmacisti e dei diretti interessati: i pazienti.

Definizioni

La definizione di medicinale, secondo la Direttiva del Parlamento Europeo 2004/27CE, è la seguente: «È da intendersi come prodotto medicinale o medicinale: ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane; ogni sostanza o associazione di sostanze che possa essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche,

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esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica». L’assunzione del farmaco è strettamente correlata alla prevenzione o cura di una determinata malattia, o dei suoi sintomi, e deve rispondere a tre requisiti: 1. deve essere efficace, ossia in grado di modificare il decorso della malattia o

ridurne i sintomi; 2. deve essere sicuro: poiché non esistono farmaci privi di tossicità, il farmaco

migliore è quello efficace, ma che presenta il minor numero di effetti collaterali alle dosi prescritte;

3. deve essere usato in modo corretto, quindi assunto nei modi e nei tempi indicati.

Secondo la definizione data dalla legge finanziaria del 1996 un farmaco equivalente o generico è un «medicinale a base di uno o più principi attivi, prodotto industrialmente, non protetto da brevetto o da certificato protettivo complementare, identificato dalla Denominazione Comune Internazionale del principio attivo (DCI) o, in mancanza di questa, dalla denominazione scientifica del medicinale, seguita dal nome del titolare dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC), che sia bioequivalente rispetto a una specialità medicinale già autorizzata con la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche». L’equivalenza terapeutica del farmaco generico con l’originatore viene stabilita dalle agenzie regolatorie sulla base di linee guida adottate a livello internazionale. Per questi motivi, le aziende produttrici di farmaci generici non sono tenute a ripetere test preclinici e studi clinici su pazienti, in quanto le informazioni sono già conosciute perché fornite da chi ha richiesto la prima AIC per quel principio attivo, per cui qualità, efficacia e sicurezza si considerano già tutelate. Dovranno, invece, eseguire degli studi di bioequivalenza, al fine di dimostrare che il generico è davvero equivalente e che si può sostituire al medicinale di riferimento. La definizione “equivalente” al posto di “generico” è stata introdotta in Italia con la legge 149 del 2005. La decisione è stata presa perché il termine “generici” (che deriva dalla traduzione letterale inglese) nella nostra lingua suona male, perché dà l’idea di qualcosa di approssimativo, che serve per curare un po’ tutto. Con il termine “equivalenti”, invece, si vuole sottolineare l’equivalenza terapeutica rispetto al farmaco di riferimento, detto “originatore”.

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Bioequivalenza e biodisponibilità

L’art. 10, comma 5, del DL 219 del 24 aprile 2006 definisce il medicinale generico «un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento, nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità. I vari sali, esteri, eteri, isomeri, miscele di isomeri, complessi o derivati di una sostanza attiva sono considerati la stessa sostanza attiva se non presentano differenze significative delle proprietà relative alla sicurezza e/o efficacia; così come sono considerate una stessa forma farmaceutica le varie forme farmaceutiche orali a rilascio immediato. Il richiedente può non presentare studi di biodisponibilità se può provare che il medicinale generico soddisfa i criteri pertinenti definiti nelle appropriate linee guida». Che cosa s’intende per biodisponibilità di un farmaco? Si può definirla come la dose disponibile al paziente, che di solito non è quella dichiarata in etichetta; se lo fosse, ciò significherebbe che il farmaco è entrato completamente in circolo, cosa che accade per il farmaco somministrato per via endovenosa, mentre non è così per le capsule o per le compresse, somministrate per via orale, in quanto la dose disponibile è minore di quella somministrata. Quindi il valore di biodisponibilità indica la velocità e la quantità relativa di farmaco somministrato che raggiunge intatto il circolo sistemico. La corrispondenza tra i valori attesi e quelli ottenuti misura l’efficacia di un farmaco. Molti fattori possono influenzare la biodisponibilità, come per esempio l’alimentazione, l’assunzione di altri farmaci, le modalità di assunzione e la via di somministrazione. Consideriamo ora il concetto di bioequivalenza, per definire la quale ci sono diversi modi. In base a una definizione semplice, potremo dire che due prodotti, contenenti la stessa quantità di farmaco, si possono considerare bioequivalenti se la loro dose disponibile e la loro velocità di assorbimento non sono significativamente diverse. La bioequivalenza dipende quindi non solo dalla quantità di principio attivo disponibile, ma anche dalla velocità con cui esso si rende disponibile. L’intervallo di confidenza definito accettabile per definire bioequivalenti due prodotti con lo stesso principio attivo è compreso tra l’80 e il 125%. L’EMA (European Medicines Agency) e la FDA (Food and Drug Administration) hanno adottato questo intervallo dopo aver verificato che per la stessa dose di farmaco, con la stessa formulazione, e per la stessa tipologia di paziente (stesso sesso, peso ed età), i parametri cinetici del farmaco non sono mai completamente sovrapponibili e fluttuano nell’ambito di questo

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intervallo di confidenza. Questa differenza non dipende dal farmaco, visto che è lo stesso, ma dalla variabilità individuale. Ciò non viene considerato un problema, in quanto non viene quasi mai influenzata l’efficacia terapeutica.

Storia del generico

I precursori del generico sono i Galenici officinali del Formulario Galenico Nazionale della Farmacopea Ufficiale. Da qui si è passati alla produzione industriale semplificata, che equivale alla produzione di farmaci preconfezionati, prodotti su scala industriale con criteri simili a quelli seguiti per le specialità medicinali. Successivamente è stata introdotta l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC).

La produzione industriale dei farmaci Per i medicinali di origine industriale i requisiti di efficacia e di sicurezza vengono garantiti grazie a due autorizzazioni preventive che il produttore deve ottenere:

• l’Autorizzazione alla Produzione (AP), • l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC).

Per produrre un farmaco in Italia è necessaria l’autorizzazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), anche a solo scopo di esportazione. Attualmente, in Italia, per ottenere l’AIC dei medicinali è contemplata, oltre alla modalità di registrazione nazionale, prevista per i farmaci da commercializzare in un unico Stato, quella comunitaria. Quest’ultima prevede l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio dei medicinali secondo procedure che coinvolgono tutti i Paesi membri dell’Unione Europea (procedura centralizzata) o parte di essi (procedura di mutuo riconoscimento e decentrata). La procedura centralizzata, che permette di ottenere un’AIC valida in tutti i Paesi membri dell’Unione Europea, è obbligatoria per medicinali derivati da procedimenti biotecnologici, medicinali per il trattamento della sindrome da immunodeficienza acquisita, del cancro, dei disordini neurodegenerativi, del diabete, per i medicinali per malattie autoimmuni e altre disfunzioni immunitarie e malattie virali. Inoltre, è previsto un accesso facoltativo alla procedura centralizzata anche per medicinali che non rientrano nelle classi menzionate, ma che siano giudicati innovativi sul piano terapeutico, scientifico

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o tecnologico o la cui autorizzazione comunitaria sia ritenuta utile per i pazienti. La procedura di mutuo riconoscimento è un meccanismo di riconoscimento reciproco tra diversi Paesi membri dell’UE dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio di un farmaco. Può essere utilizzata soltanto per i farmaci tradizionali. Il richiedente l’autorizzazione deve inviare all’AIFA tutte le informazioni e i documenti richiesti, presentati conformemente al dossier standardizzato, ossia il documento tecnico che contiene tutte le informazioni sul medicinale in questione, cioè gli studi effettuati sulla sua qualità, la sua efficacia e la sua sicurezza. Nel caso di principi attivi nuovi, il dossier dovrà essere completo in ogni sua parte (domanda completa), se invece il principio attivo è essenzialmente simile a uno che è già in commercio, non è necessario presentare gli studi preclinici e clinici e si parla allora di domanda semplificata. È il caso appunto dei farmaci generici, i quali devono però assicurare un prezzo inferiore di almeno il 20% rispetto al farmaco di riferimento. Attraverso queste procedure l’AIFA, con adeguati supporti informatici che assicurano tracciabilità e trasparenza a tutto l’iter di registrazione, è in grado di garantire:

• unitarietà all’assistenza farmaceutica su tutto il territorio nazionale, • accesso ai farmaci innovativi e ai farmaci per le malattie rare.

Inoltre, l’AIFA, in collaborazione con la Commissione Tecnico Scientifica (CTS), un tempo Commissione Unica del Farmaco (CUF), e con l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) provvede, attraverso valutazioni chimico farmaceutiche, biologiche, farmacotossicologiche e cliniche, ad assicurare i requisiti di qualità, sicurezza ed efficacia di tutti i medicinali. Nel momento in cui l’AIC viene concessa, questa diviene la carta d’identità del farmaco, che lo accompagnerà per sempre, poiché stabilisce:

• il nome del medicinale; • la sua composizione; • la descrizione del metodo di fabbricazione; • le indicazioni terapeutiche, le controindicazioni e le reazioni avverse; • la posologia, la forma farmaceutica, il modo e la via di somministrazione; • le misure di precauzione e di sicurezza da adottare per la conservazione

del medicinale e per la sua somministrazione ai pazienti; • il riassunto delle caratteristiche del prodotto; • un modello dell’imballaggio esterno; • il foglio illustrativo;

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• la valutazione dei rischi che il medicinale può comportare per l’ambiente.

Perciò, quando per un medicinale è stata rilasciata un’AIC, ogni successiva modifica nel dosaggio o nella forma farmaceutica, nella presentazione o nella via di somministrazione, comporta la richiesta di un’ulteriore autorizzazione.

Brevetto

Il brevetto offre una protezione che permette all’azienda, che ha sostenuto i costi di ricerca e di lancio di un nuovo farmaco, di mantenere il monopolio della vendita di questo farmaco per un periodo di alcuni anni. In genere il brevetto farmaceutico dura vent’anni a partire dalla data di deposito, che precede spesso di anni la data di effettiva commercializzazione. In alcuni casi la normativa consente l’estensione fino a un massimo di cinque anni dalla sua scadenza per permettere di recuperare, almeno parzialmente, i lunghi tempi necessari per lo sviluppo del farmaco e la sua immissione in commercio. A questo proposito la legge 19 ottobre 1991, n. 349, ha istituito il Certificato di Protezione Complementare (CCP), che consentiva l’estensione del periodo brevettuale fino a un massimo di 18 anni oltre la scadenza naturale del brevetto. Se, per esempio, fossero passati dieci anni dalla domanda di brevetto alla commercializzazione, all’azienda sarebbero rimasti solo gli altri dieci per cercare di rientrare nelle spese, ma per effetto di questa Legge la copertura totale garantita ha potuto estendersi fino a un massimo di 38 anni dalla data di deposito della domanda di brevetto stesso. Tali disposizioni sono state di fatto abrogate dal Regolamento CEE n. 1768/1992, che ha istituito il Certificato Protettivo Supplementare, Supplementary

Protection Certificate (SPC), il quale consente un’estensione massima di 5 anni. Il SPC è entrato in vigore il 2 gennaio 1993, data in cui molti principi attivi presenti sul mercato avevano già ottenuto il CCP, che ha permesso loro una copertura brevettuale molto lunga. Allo scopo di anticipare l’ingresso di nuovi generici, afferenti a molecole tutelate in Italia da CCP, nel mercato dei farmaci, la legge 15 giugno 2002, n. 112, prevede una riduzione della “protezione complementare” fornita dal CPC pari a sei mesi per ogni anno solare, a decorrere dal 1° gennaio 2004, fino al completo allineamento alla normativa europea. Le aziende che intendono produrre specialità farmaceutiche al di fuori della copertura brevettuale possono avviare la procedura di registrazione del prodotto contenente il principio attivo in anticipo di un anno rispetto alla scadenza della copertura brevettuale complementare del principio attivo. Ricordiamo che il brevetto non decorre però dal momento in cui il farmaco

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ottiene l’autorizzazione all’immissione in commercio, bensì dal momento in cui viene chiesto, di solito tra la fase 0 e la fase 1 della ricerca, per ovvi motivi concorrenziali. In pratica, alle aziende farmaceutiche restano in genere, su 20 anni, circa 10 anni di commercializzazione (più eventuali estensioni) per rientrare dei propri investimenti. Quando questo periodo scade, il farmaco potrà essere prodotto da altre aziende farmaceutiche, consentendo la riduzione del prezzo: il mercato non è più monopolistico, ma diventa concorrenziale.

Come il generico ottiene l’AIC

I requisiti di base per l’approvazione di un medicinale generico rispecchiano quelli richiesti per il farmaco di riferimento. L’originatore deve già essere stato approvato da un’Autorità regolatoria dell’UE da almeno 10 anni sulla base di una domanda completa. Quando un titolare di un’azienda farmaceutica chiede la registrazione di un farmaco generico, deve provare che esso è farmacologicamente equivalente e, tramite uno studio clinico di bioequivalenza, che tutti i parametri farmacocinetici sono comparabili a quelli del farmaco di riferimento. Deve, inoltre, produrre documenti che illustrino il processo di produzione e le misure impiegate per garantire la qualità del farmaco. Il foglietto illustrativo e il riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP) devono essere armonizzati a quelli dell’originatore. Anche una volta sul mercato, il produttore ha il compito di monitorare la stabilità e le caratteristiche del medicinale, come previsto dalla Farmacovigilanza. L’azienda è, infatti, obbligata ad approntare un sistema di controllo sui propri medicinali immessi in commercio, fornendo ogni informazione utile alle autorità competenti e intervenendo quando necessario. L’EMA o l’Agenzia nazionale competente valuta l’intero dossier registrativo del farmaco generico e si basa, per desumerne la sicurezza e l’efficacia, sia sul dossier del medicinale di riferimento sia sui risultati dello studio di bioequivalenza. La molecola originale e l’equivalente sono caratterizzati dallo stesso codice ATC. L’ATC è un sistema di classificazione dei farmaci, Classificazione Anatomica Terapeutica Chimica. Facciamo un esempio: l’ATC del diazepam è N05BA01.

1. La prima lettera, N, indica il Gruppo Anatomico principale (nel caso specifico Sistema Nervoso), e siamo al primo livello;

2. il seguente numero di due cifre, cioè il secondo livello, contraddistingue invece il Gruppo Terapeutico principale (nel caso, Psicolettici);

3. la successiva lettera dell’alfabeto (B), terzo livello, aggiunge

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l’informazione circa il sottogruppo Terapeutico Farmacologico (Ansiolitici); 4. abbiamo poi il quarto livello, con la lettera A che indica il sottogruppo

Chimico/Terapeutico Farmacologico, cioè derivati benzodiazepinici; 5. infine al quinto livello, le ultime due cifre sono specifiche per ogni singola

sostanza chimica (01: diazepam).

La normativa sugli equivalenti

Legge 28 dicembre 1995 n. 549, art. 3 commi 129 e 130.

«A decorrere dal 1° aprile 1996, i farmaci a base di un medesimo principio attivo per i quali è prevista uguale via di somministrazione e che presentano forma farmaceutica uguale, sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale limitatamente al prezzo più basso fra quelli dei farmaci che presentano le caratteristiche suddette. Il medico che prescrive un farmaco avente un prezzo più alto di quello così individuato è tenuto a informare l’assistito delle disponibilità di un farmaco a base del medesimo principio attivo posto integralmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale.»

«Il Ministro della sanità può autorizzare, su domanda, l’immissione in commercio quali generici di tutti i farmaci la cui formulazione non sia protetta da brevetto o dal certificato protettivo complementare di cui alla legge 19 ottobre 1991, n. 349, e al Regolamento (CEE) n. 1768/92. I farmaci generici vengono identificati dalla denominazione generica del principio attivo ovvero dalla denominazione del farmaco, seguita dal nome del titolare dell’autorizzazione. Il Ministro della sanità, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, emana un regolamento concernente l’autorizzazione all’immissione in commercio dei farmaci generici. La Commissione unica del farmaco esprime le proprie valutazioni sulla domanda, anche ai fini della classificazione dei farmaci.»

La legge 8 agosto 1996, n. 425, modifica il comma 130 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, precisando che «il Ministero della sanità autorizza, su domanda, l’immissione in commercio, quali generici, dei medicinali […] identificati dalla denominazione comune internazionale (DCI) del principio attivo o, in mancanza di questa, dalla denominazione scientifica del medicinale, seguita dal nome del titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio, che siano bioequivalenti rispetto a una specialità medicinale già autorizzata con la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la

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stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche. Non è necessaria la presentazione di studi di bioequivalenza qualora la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio sia presentata dal titolare della specialità medicinale di cui è scaduto il brevetto o da un suo licenziatario. […] Se è offerto a un prezzo almeno del 20% inferiore a quello della corrispondente specialità medicinale a base dello stesso principio attivo con uguale dosaggio e via di somministrazione, il medicinale generico ottiene dalla Commissione unica del farmaco la medesima classificazione di detta specialità medicinale. Il nome del titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio può essere omesso nella prescrizione del medico o, ove si tratti di medicinale non soggetto a prescrizione medica, nella richiesta del paziente; in caso di mancata specificazione del nome del titolare, il farmacista può consegnare qualsiasi generico corrispondente, per composizione, a quanto prescritto o richiesto».

È però solo con la legge Finanziaria 23 dicembre 2000, n. 388 che il mercato dei generici prende slancio. L’art. 85, comma 26, recita: «A decorrere dal 1° luglio 2001, i medicinali non coperti da brevetto aventi uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali, sono rimborsati al farmacista dal Servizio Sanitario Nazionale fino a concorrenza del prezzo medio ponderato dei medicinali aventi prezzo non superiore a quello massimo attribuibile al generico secondo la legislazione vigente. Qualora il medico prescriva un medicinale avente prezzo maggiore del prezzo rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale ai sensi del presente comma, la differenza fra i due prezzi è a carico dell’assistito».

La legge 405 del 2001 introduce il principio della sostituibilità, salvo che il medico dichiari per iscritto che il medicinale non si può sostituire o che il paziente non accetti la sostituzione.

Ma il termine “generico” non piace, suscita diffidenza: sembra un farmaco che vada bene un po’ per tutti i malanni, qualcosa di poco specifico. Nel 2005, con la legge 26 luglio n. 149, arriva in sostituzione il termine “equivalente”, all’art. 1 bis: «I medicinali con obbligo di prescrizione medica, ad esclusione di quelli che hanno goduto di copertura brevettale, sono definiti “medicinali equivalenti”». Compare anche l’obbligo per il farmacista di informare il paziente circa l’eventuale presenza in commercio di equivalenti con il prezzo più basso di quello prescritto.

Nel 2012, nel Decreto sulle Liberalizzazioni approvato dal Consiglio dei Ministri,

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DL 24 gennaio 2012, n. 1, l’art. 11 recita: «Il medico, nel prescrivere un farmaco, è tenuto, sulla base della sua specifica competenza professionale, a informare il paziente dell’eventuale presenza in commercio di medicinali aventi uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario uguali. Il medico aggiunge a ogni prescrizione di farmaco le seguenti parole: “sostituibile con equivalente generico”, ovvero, “non sostituibile” nei casi in cui sussistano specifiche motivazioni cliniche contrarie. Il farmacista, qualora sulla ricetta non risulti apposta dal medico l’indicazione della non sostituibilità del farmaco prescritto, è tenuto a fornire il medicinale equivalente generico avente il prezzo più basso, salvo diversa richiesta del cliente. Ai fini del confronto il prezzo è calcolato per unità posologica o quantità unitaria di principio attivo. All’articolo 11, comma 9 del decreto legge 31 maggio 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nel secondo periodo, dopo le parole “è possibile”, sono inserite le seguenti: “solo su espressa richiesta dell’assistito e”». La parte finale della frase, che non compare nell’articolo, è: «previa corresponsione da parte dell’assistito della differenza tra il prezzo di vendita e quello di rimborso». Nello stesso decreto, all’art. 6, è stata data alle farmacie la possibilità di praticare sconti sui prezzi di tutti i farmaci venduti che siano pagati interamente dai clienti, quindi compresi quelli di fascia A erogati in regime privato, dandone adeguata informazione alla clientela.

I farmaci copia e i co-marketing

Nel 1978 è stata introdotta in Italia una legge che consente di brevettare i farmaci. Prima di allora, era possibile copiare un farmaco in commercio senza richiedere l’autorizzazione all’azienda che lo aveva inventato e senza pagare il “diritto d’autore”. Il produttore poteva, dopo aver ottenuto l’AIC, immettere il farmaco sul mercato, con un nome di fantasia o con il nome scientifico associato al nome della ditta. Non era indispensabile produrre documentazione di bioequivalenza con la specialità di origine e non c’era risparmio né per la spesa sanitaria, né per il consumatore. Questo spiega perché in commercio esistono farmaci con lo stesso principio attivo dell’originale, ma con nome commerciale diverso: sono i farmaci copia, da non confondersi con gli equivalenti. Per i farmaci copia autorizzati prima del 1996 non è stato indispensabile dimostrare la bioequivalenza con la specialità originale.

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I farmaci co-marketing derivano da una strategia di mercato che consiste nel mettere in commercio due o tre marchi diversi dello stesso farmaco, ognuno da un diverso titolare di AIC, con nomi di fantasia registrati, che si differenziano solo per la diversa confezione.

I farmaci biosimilari

Una delle novità terapeutiche più importanti degli ultimi anni è rappresentata dai farmaci biotecnologici, o biotech, tra i quali ricordiamo l’eritropoietina, l’ormone della crescita umano, l’interferone e l’insulina ricombinante.

Una medicina biosimilare è un farmaco simile al medicinale biotecnologico che è già in commercio e a cui è scaduto il brevetto. Il principio attivo del biosimilare è simile, ma non uguale alla molecola di riferimento, quindi non ne è la copia esatta. A differenza del generico, il biosimilare deve essere sottoposto a diversi test chimici, tossicologici e clinici prima di poter essere messo in commercio. In alcuni Paesi europei questi farmaci si stanno già affermando e rappresentano una notevole occasione di risparmio per i sistemi sanitari. Produrli non è facile: al contrario dei principi attivi che vengono sintetizzati con metodi chimici, i farmaci biotech sono di solito proteine altamente complesse che crescono in sistemi viventi, alcune delle quali costituite da numerosi componenti.

Farmaci innovativi, me too, generici o equivalenti

Farmaci innovativi

Un farmaco innovativo è quello che apporta un reale contributo alla terapia, cioè è in grado di curare patologie finora non curabili, oppure risulta più efficace o provoca meno effetti collaterali rispetto ad altri farmaci della stessa classe terapeutica.

Farmaci me too

Questi farmaci sono realizzati attraverso filoni di ricerca già esistenti, sono strutturalmente simili ad altri farmaci già conosciuti, quindi possiedono un grado di innovatività minore rispetto ai farmaci innovativi, così come minori sono i vantaggi terapeutici offerti. Di solito innescano un certo grado di competitività a livello di mercato tra i principi attivi della classe farmacologica cui appartengono; a volte il loro consumo supera quello del farmaco

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capostipite. Tuttavia, non sempre la somiglianza strutturale con altri della stessa classe rende i me too sicuri e dagli effetti collaterali prevedibili, come dimostra il caso della cerivastatina, che fu ritirata dal mercato. I farmaci innovativi e i me too sono definiti farmaci di marca (branded).

Farmaci generici o equivalenti

Il contributo di innovatività offerto da questi farmaci è praticamente nullo, in quanto contengono principi attivi di cui è scaduto il brevetto e possono essere prodotti da chiunque possegga i requisiti. Il prezzo dell’equivalente deve essere minore di almeno il 20% rispetto a quello della specialità medicinale di riferimento.

Categorie di generici

• Generici branded, ovvero copie di specialità farmaceutiche con un proprio marchio distintivo.

• Generici semibranded commercializzati sotto la DCI seguita dal nome del produttore.

• Generici “puri”, o unbranded, senza marchio. Nel passaggio dalla specialità coperta da brevetto, prodotta quindi dalla sola azienda farmaceutica innovatrice, al farmaco equivalente, prodotto potenzialmente da un numero illimitato di aziende, il mercato di riferimento subisce un netto cambiamento. Il monopolio che permetteva all’azienda farmaceutica innovatrice di ammortizzare gli investimenti effettuati in ricerca e lancio del farmaco, viene meno. Il mercato è ora basato sulla concorrenza. Dal canto suo l’azienda innovatrice punterà la sua attenzione alla scoperta di nuove molecole più redditizie.

Liste di trasparenza

Nonostante siano stati introdotti nel 1996, il reale sviluppo del mercato dei generici si è avuto nel 2001, grazie alla Legge Finanziaria che prevedeva che i medicinali non coperti da brevetto, con uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie, venissero rimborsati fino a decorrenza del prezzo medio ponderato dei medicinali aventi prezzo non superiore a quello massimo attribuibile al generico. Entro il 15 aprile 2001, il

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Ministero della salute, previo accertamento da parte della allora Commissione Unica del Farmaco (CUF), oggi Commissione Tecnico Scientifica (CTS), della bioequivalenza dei medicinali rimborsabili e previa verifica della loro disponibilità in commercio, pubblicava nella Gazzetta Ufficiale l’elenco dei medicinali ai quali si applicava la disposizione, con indicazione dei relativi prezzi, nonché del prezzo massimo di rimborso (prezzo di riferimento). Nascevano così le liste di trasparenza, in seguito aggiornate periodicamente, attualmente il 15 di ogni mese. Qualora il medico prescriveva un medicinale avente prezzo maggiore del prezzo rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale, la differenza fra i due prezzi era a carico dell’assistito; il medico era, in tale caso, tenuto a informare il paziente circa la disponibilità di medicinali integralmente rimborsabili dal Servizio Sanitario Nazionale e della loro bioequivalenza con la specialità medicinale prescritta. Il farmacista non aveva facoltà di sostituzione neanche nell’ambito della lista di trasparenza. La legge 405 del 16 novembre 2001 introduce qualche novità. Infatti, a decorrere dal 1° dicembre 2001, i medicinali non coperti da brevetto aventi tutte le caratteristiche richieste al generico, sono rimborsati al farmacista dal Servizio Sanitario Nazionale fino alla concorrenza del prezzo più basso del corrispondente farmaco generico disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, sulla base di apposite direttive definite dalla regione. Il medico, nel prescrivere i farmaci aventi un prezzo superiore al minimo, può apporre sulla ricetta adeguata indicazione (di solito: farmaco non sostituibile) secondo la quale il farmacista all’atto della presentazione, da parte dell’assistito, della ricetta non può sostituire il farmaco prescritto con un medicinale uguale avente un prezzo più basso di quello originariamente prescritto dal medico stesso. Se il medico appone sulla ricetta l’indicazione predetta, con cui ritiene il farmaco prescritto insostituibile, oppure se l’assistito non accetta la sostituzione proposta dal farmacista, la differenza fra il prezzo più basso e il prezzo del farmaco prescritto è a carico dell’assistito, con l’eccezione dei pensionati di guerra titolari di pensioni vitalizie. In tutti gli altri casi il farmacista, dopo aver informato l’assistito, consegna allo stesso il farmaco avente il prezzo più basso, disponibile nel normale ciclo distributivo regionale. A partire dal mese di ottobre 2010, con cadenza mensile l’Agenzia del Farmaco pubblica la lista delle sostanze attive per le quali è stata avviata la procedura di valutazione per il rilascio dell’AIC a seguito della validazione amministrativa della pratica. L’AIFA provvede all’inserimento dei generici nelle liste di trasparenza a partire dal momento in cui il farmaco è disponibile nel normale

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ciclo distributivo regionale.

Sostituibilità per i farmaci non rimborsati

Il concetto di sostituibilità è stato esteso anche ai farmaci che non sono rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale, i farmaci di classe C, a completo carico del cittadino, compresi i farmaci senza obbligo di prescrizione (SOP) e i farmaci da banco (OTC), dal DL 87/05, convertito con la legge 149/05. Il farmacista, al quale venga presentata una ricetta medica che contenga la prescrizione di un farmaco appartenente alla classe C è obbligato sulla base della sua specifica competenza professionale a informare il paziente dell’eventuale presenza in commercio di medicinali aventi uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario uguali. Qualora sulla ricetta non risulti apposta dal medico l’indicazione della non sostituibilità del farmaco prescritto, il farmacista, su richiesta del cliente, è tenuto a fornire un medicinale avente prezzo più basso di quello del medicinale prescritto. Ai fini del confronto il prezzo è calcolato per unità posologica o quantità unitaria di principio attivo. La norma è stata introdotta per favorire ulteriormente l’affermarsi della cultura del farmaco generico.

Il ruolo degli equivalenti nel mercato farmaceutico italiano

Ormai si è certi che nel futuro della farmacia italiana c’è scritta a chiare lettere la parola “equivalenti”. Senza di essi, infatti, la spesa del Sistema Sanitario Nazionale diventerebbe in breve insostenibile. Nelle altre nazioni gli equivalenti rappresentano già una realtà consolidata: la Germania e il Regno Unito sono stati i primi ad averli introdotti nel lontano 1974, mentre Austria, Norvegia, Finlandia, Olanda e Svezia ci hanno preceduto, seppure in tempi più recenti. Portogallo e Francia li hanno inseriti contemporaneamente a noi, mentre il fanalino di coda è rimasta la Spagna. Anche se molte molecole importanti non hanno ancora perduto il brevetto, possiamo dire che in ogni classe terapeutica c’è a disposizione un farmaco equivalente. I farmaci equivalenti rappresentano ormai circa il 32% della spesa farmaceutica e il 55% delle DDD (rapporto Osmed 2011).

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DDD (Defined Daily Dose o Dosi Definite Die)

La DDD è definita come la dose media di un farmaco assunta giornalmente da

un paziente adulto, con riferimento all’indicazione terapeutica principale dello

stesso farmaco.

La DDD è considerata uno strumento tecnico per misurare le prescrizioni di

farmaci. Essa consente, ad esempio, di ovviare a confronti tra numero di

confezioni consumate, che potrebbero essere fuorvianti, come nel caso di

paragone tra il consumo di un antibiotico orale come la levofloxacina, la cui

confezione può garantire la copertura per diversi giorni di terapia, quando non

per la terapia completa, e un antibiotico in fiale, come il ceftriaxone, di norma in

confezione da una fiala, che può invece coprire un giorno o mezza giornata di

terapia. Tramite la DDD i dati si esprimono come numero di giornate

“convenzionali” di terapia prescritte e, quindi, si possono direttamente

confrontare farmaci che sono utilizzati a dosi diverse (diversa potenza

farmacologica) così come farmaci con diverse indicazioni.

Nel 2011 hanno perso la copertura brevettuale importanti molecole quali il valsartan (sartani), l’atorvastatina (statine), la levofloxacina (antibiotici chinolonici) e l’enoxaparina (eparine a basso peso molecolare). Negli ultimi quattro anni il mercato degli equivalenti ha avuto un notevole sviluppo e il loro giro d’affari è aumentato di oltre 200 milioni di euro, eccezion fatta per il 2009, anno per il quale le somme recuperate sono state destinate alle popolazioni dell’Abruzzo colpite dal sisma, e si è attestato a 1742 milioni di euro alla fine del 2010. Per gli anni futuri, le prospettive dei generici saranno determinate da:

1) il trend di vendite degli equivalenti presenti oggi sul mercato farmaceutico;

2) le nuove vendite di equivalenti di farmaci il cui brevetto è in scadenza nell’anno in corso o scadrà nei prossimi. Le vendite future saranno a loro volta condizionate dall’importanza che avranno sul mercato le molecole il cui brevetto scadrà, dalla perdita di valore di tale mercato dovuta alla caduta del prezzo determinata dal sistema del prezzo di riferimento e dall’erosione di quota in volume sulla molecola a favore dell’equivalente rispetto ai farmaci “firmati”.

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Alcuni brevetti in scadenza nel 2012

DONEPEZIL CLORIDRATO

MOMETASONE FUROATO MONOIDRATO

ZOLMITRIPTAN

TOLCAPONE

QUETIAPINA FUMARATO

CANDESARTAN CILEXETIL

MELEVODOPA E CARBIDOPA

DIPIRIDAMOLO E ACIDO ACETILSALICILICO

GESTODENE E ETINILESTRADIOLO

INSULINA GLARGINE

BEMIPARINA SODICA

ACIDO ZOLEDRONICO

MONTELUKAST SODICO

IRBESARTAN

RAMIPRIL + FELODIPINA

VALSARTAN E IDROCLOROTIAZIDE

RABEPRAZOLO SODICO

ENTACAPONE

DULOXETINA CLORIDRATO

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Alcuni brevetti in scadenza nel 2013

SILDENAFIL CITRATO

EPINASTINA CLORIDRATO

TELMISARTAN

RIZATRIPTAN BENZOATO

SALMETEROLO + FLUTICASONE PROPIONATO

DORZOLAMIDE CLORIDRATO + TIMOLOLO MALEATO

EMULSIONE DI OLIO DI PESCE ALTAMENTE RAFFINATO ARRICCHITO DI ACIDI GRASSI OMEGA

CETRORELIX ACETATO

IRBESARTAN + IDROCLOROTIAZIDE

ROSIGLITAZONE MALEATO

In Italia la diffusione degli equivalenti varia molto da regione a regione, ma l’importanza economica che il generico va via via assumendo ha risvegliato l’interesse di grandi aziende farmaceutiche che hanno creato una propria linea di generici, cosicché spesso il farmaco “firmato” e il suo equivalente vengono prodotti dalla stessa industria.

La situazione nel resto d’Europa

I cittadini europei conoscono l’esistenza dei farmaci equivalenti più che altro nell’area dell’automedicazione, dove il farmaco è completamente a carico del paziente. Per esempio, i consumatori non hanno alcun problema a scegliere il meno costoso paracetamolo generico rispetto al marchio contro le nevralgie, la febbre e i dolori di diversa natura. Tuttavia, è nell’area delle malattie più gravi, per le quali le terapie sono principalmente a carico del SSN, che i farmaci equivalenti svolgono un ruolo fondamentale. I farmaci generici, venduti a un prezzo inferiore del 20-80% rispetto a quelli originali, attualmente generano circa 13 miliardi di euro di risparmio ogni anno per i sistemi sanitari dell’Unione Europea. Se essi fossero eliminati dai sistemi di rimborso nazionali, i bilanci sanitari dei Paesi europei diventerebbero economicamente insostenibili.

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I Paesi “pionieri” nei quali gli equivalenti sono una realtà consolidata da tempo sono la Germania e il Regno Unito. In Germania il generico viene identificato attraverso il nome del produttore, le aziende produttrici di generici sono molto importanti e investono parecchio nella politica promozionale dei loro prodotti. Il sistema sanitario tedesco viene finanziato principalmente da un sistema di casse malattia pubbliche, alle quali contribuiscono in parte i lavoratori e in parte i datori di lavoro. La popolazione che gode di un reddito elevato possiede invece una copertura assicurativa privata. Il farmacista ha la facoltà di sostituire il prodotto prescritto con quello a costo più basso rimborsato dall’assicurazione sanitaria, o con uno dei tre generici meno costosi disponibili sul mercato, solo se il medico non si oppone alla sostituzione, per la quale tuttavia non è necessario il suo consenso. Nel Regno Unito il farmaco equivalente è per la maggior parte unbranded e i prezzi sono molto bassi. Il meccanismo di determinazione dei prezzi dei medicinali e le regole della distribuzione sono mirati a garantire sia i profitti delle aziende farmaceutiche che il contenimento della spesa a carico del National Health Service (NHS), il servizio pubblico che provvede ai servizi sanitari della nazione. I generici sono prevalentemente unbranded, come detto, e in questo caso sono perfettamente identici alla specialità di riferimento, eccipienti compresi, mentre nel caso dei generici branded, caratterizzati da un nome di fantasia, il principio attivo rimane uguale, ma può esserci qualche piccola differenza, per esempio negli eccipienti o nel dosaggio, rispetto all’originale. L’introduzione degli equivalenti in Francia è avvenuta contemporaneamente all’Italia e il mercato non ha avuto un’espansione notevole. La spesa del sistema sanitario francese è sostenuta per la maggior parte dalla Securité Sociale, mentre il resto è a carico dei cittadini. Il farmacista francese può sostituire le specialità con i generici attraverso un elenco di molecole chiamato “Répertoire”. In Danimarca e in Svezia la sostituzione del medicinale originale con il generico è una prassi ormai consolidata, ed è possibile anche in Spagna e Portogallo.

La situazione degli equivalenti tra medici e farmacisti

Se è vero che gli equivalenti sono ormai abbastanza affermati, è anche vero che ancora oggi incontrano qualche ostacolo. La differenza di prezzo tra l’equivalente e l’originale in Italia è inferiore alla media dell’Unione Europea. Di solito, al momento della registrazione, c’è un

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certo divario tra i due prodotti, che tende però a ridursi nel tempo per il progressivo riallineamento da parte degli originatori, che abbatte dunque il principale incentivo al ricorso ai farmaci equivalenti. Il 15 aprile 2011, inoltre, è entrato in vigore un listino, pubblicato sul sito dell’AIFA, nel quale, per tutti i farmaci generici a prescrizione, si è stabilito il nuovo prezzo di rimborso da parte dello Stato, con invito alle aziende produttrici di farmaci generici ad abbassare i prezzi dei prodotti, adeguandoli ai rimborsi, con riduzioni fino al 40% del prezzo originale. La diminuzione c’è stata, ma in qualche caso le aziende non sono riuscite ad allinearsi al prezzo richiesto, con conseguente esborso della differenza da parte dei cittadini. Ma gli ostacoli non sono solo di natura economica. I pazienti si fidano molto del loro medico di base e l’atteggiamento del prescrittore nei confronti dell’equivalente influenza la scelta dei cittadini. Il paziente, informato dal farmacista sulla possibilità di sostituzione, spesso preferisce chiedere al proprio medico se confermare o meno questa scelta. Se per la maggior parte i medici di medicina generale esprimono fiducia nei confronti di questi farmaci, e sono convinti che rappresentino un’ottima opportunità di risparmio, qualcuno solleva ancora dei dubbi circa la loro efficacia e la loro tollerabilità, e consiglia al paziente di preferire l’originale, pur dovendo pagare una quota, oppure appone sulla ricetta la dicitura “non sostituibile”. Alcuni medici prescrivono la specialità di riferimento, ma lasciano la scelta al paziente, altri si oppongono decisamente alla possibilità di sostituzione da parte del farmacista. Molti ammettono tuttavia di non essere in possesso di informazioni complete sull’iter affrontato dagli equivalenti. Durante un convegno tenutosi a Milano, dal titolo “Farmaco generico, un cammino lungo 10 anni“, Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, si è detto convinto che i farmaci generici abbiano ancora molto da dimostrare e auspica «un sistema di regole che permetta ai medicinali senza marca di competere ad armi pari con i corrispondenti prodotti originatori, per esempio decidendo che una volta scaduto il brevetto di un farmaco, nessuno possa più utilizzare il suo nome marchio, ma solo quello scientifico del principio attivo». Alcune perplessità sono originate dal fatto che, tra tante scatolette di colori diversi e fra tanti nomi difficili e finora sconosciuti, a volte simili tra loro, i pazienti possano fare confusione e commettere errori di utilizzo. Un problema simile è già stato sollevato per tutti i farmaci, non solo per i generici. La definizione inglese “Sound like, look like” (suona simile, sembra simile) è efficace per spiegare i motivi per cui si può cadere in errore durante la dispensazione o l’assunzione di un farmaco. Questo comporta la necessità di

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una particolare attenzione nella scelta del cosiddetto packaging: più la confezione è chiara e riconoscibile, minore sarà la probabilità di errori. Un’altra obiezione riguarda la differenza di indicazioni terapeutiche che si può talora riscontrare tra generici e originatori nei rispettivi foglietti illustrativi. Questo è da attribuirsi al diverso modo con cui sono state registrate le indicazioni a livello degli stati membri dell’Unione Europea relativamente al farmaco originatore e di conseguenza alle differenze di indicazione dei generici registrati con procedura di mutuo riconoscimento e decentralizzata. Tuttavia tali differenze sono da considerarsi disomogeneità di forma ma non di sostanza, e fa fede la lista di trasparenza dell’AIFA che, fornendo l’attestazione di bioequivalenza, legittima l’interscambiabilità. Il farmacista svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella diffusione dell’uso e della cultura del farmaco generico. Egli, infatti, per legge (legge 405 del 16 novembre 2001) è tenuto a rendere nota al paziente la disponibilità in commercio del farmaco generico corrispondente alla specialità medicinale originale, a informarlo sulla differenza di prezzo esistente tra i due farmaci e sull’eventuale quota da versare qualora decidesse di acquistare l’originale. Il farmacista, inoltre, ha il compito di informare il paziente sulla qualità dei farmaci equivalenti e sulla sovrapponibilità di attività terapeutica e incidenza di effetti collaterali rispetto alle specialità di riferimento. Se il paziente viene posto di fronte a una scelta per la prima volta, si trova disorientato ed è compito del farmacista rassicurarlo e spiegargli quali sono le possibilità. La differenza economica condiziona molto la sua scelta: se si tratta di pochi spiccioli, di solito opta per la specialità originale, ma se la differenza è ragguardevole, sceglie l’equivalente, non sempre senza diffidenza. I farmacisti, dal canto loro, ammettono che non esiste una grande collaborazione con i medici di base per quanto riguarda la scelta dei medicinali equivalenti; una cosa sulla quale concordano, però, è la necessità di affidarsi a marchi ben consolidati da anni di attività sul mercato farmaceutico. I requisiti fondamentali sono la qualità, l’affidabilità nella consegna, i servizi offerti in tema di informazione e supporto scientifico e, non ultimo, che le confezioni siano semplici e facilmente riconoscibili. Nello stesso tempo, i farmacisti chiedono di non essere costretti ad ampliare in modo illimitato il proprio magazzino per accogliere una serie infinita di medicinali identici tra loro.

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Gli equivalenti e i pazienti

Non si può generalizzare parlando di un atteggiamento univoco nei confronti dell’equivalente da parte dell’utilizzatore. Sono tanti i fattori che contribuiscono a far sì che il paziente si formi un’opinione: il medico curante, per primo, il farmacista e la sua capacità di esporre i fatti, i media, di solito molto ascoltati dagli Italiani, ma che di generici si occupano poco. Il farmaco non è un bene come tutti gli altri, oltre alla scatoletta e al suo contenuto, vi è racchiuso anche qualcosa di invisibile: la fiducia che il paziente ripone in esso per la sua guarigione o per migliorare la qualità della sua vita. Può quindi essere comprensibile che nutra diffidenza verso confezioni sconosciute e assuma un atteggiamento di rifiuto o, se di mentalità più aperta, desideri conoscere meglio la novità. È fondamentale però che il paziente sia convinto dell’efficacia e della sicurezza della terapia con il generico, altrimenti potrebbe entrare in gioco l’effetto nocebo, cioè il contrario dell’effetto placebo. Il termine deriva dal latino nocere e sta a indicare le situazioni in cui l’aspettativa negativa può essere così potente da condizionare anche la risposta farmacologica di un medicinale: se dovessi ritenere un farmaco scadente, qualora avessi un problema lo attribuirei ad esso, o addirittura potrei subire degli effetti collaterali determinati dalla sola aspettativa negativa. Un esempio è costituito dalle persone ansiose che, in seguito alla sola lettura del foglietto illustrativo di un farmaco di solito ben tollerato, accusano malesseri vari. Immaginiamo adesso un colloquio tra il paziente a cui viene prescritto un farmaco originatore e il farmacista che gli propone la sostituzione con l’equivalente.

Se il farmaco equivalente costa meno, come faccio a sapere che la qualità è

la stessa?

Quando scade il brevetto di un farmaco, significa che esso è potuto rimanere sul mercato per un tempo sufficiente affinché l’azienda che lo ha prodotto abbia recuperato i soldi investiti nella ricerca e nel lancio di questo farmaco. Da questo momento in poi si possono utilizzare gli equivalenti, che costano meno perché il loro costo è solo quello di produzione, poiché non hanno sostenuto spese di sperimentazione e sviluppo.

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Perché dovrei cambiare la mia terapia, chi mi assicura che avrò gli stessi

giovamenti con questo nuovo medicinale?

Non si tratta di un cambiamento nella terapia, come dimostra il nome del principio attivo stampato sulla confezione, con lo stesso numero di compresse ( capsule, o fiale ecc.) e lo stesso dosaggio.

Per quanto riguarda la sicurezza, posso stare tranquillo?

L’efficacia e la sicurezza della molecola sono già state controllate da parte delle autorità competenti al momento dell’immissione in commercio del farmaco originatore. Il rispetto delle norme di Buona Pratica di Fabbricazione (GMP, dall’inglese Good Manufactering Practices) e la sicurezza del medicinale sono controllate in fase di concessione dell’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC). Anche una volta sul mercato, il Servizio di Farmacovigilanza opera la sorveglianza. Mi hanno detto che gli eccipienti possono essere diversi: influirà sulla mia

terapia?

La normativa non pone particolari obblighi circa la composizione degli eccipienti, tuttavia gli studi clinici che devono essere presentati all’AIFA garantiscono la sovrapponibilità degli effetti terapeutici del farmaco originale e dell’equivalente. Rimangono le problematiche legate a problemi di intolleranze o allergie nei confronti di vari tipi di sostanze, problema che peraltro si può presentare anche introducendo una nuova terapia con i farmaci “griffati”. L’aumentata diffusione di patologie, come la celiachia o il diabete, che impongono restrizioni alimentari, ha fatto sì che ci sia una maggior attenzione verso questi problemi. Esistono generici anche per le patologie gravi?

Sì. Da ogni principio attivo può esserne prodotto uno in forma equivalente, indipendentemente dall’area terapeutica di appartenenza, purché sia scaduto il suo brevetto. Non esistono limitazioni in questo senso. Unici requisiti irrinunciabili per il farmaco equivalente, così come per la specialità medicinale di riferimento, sono qualità, efficacia e sicurezza. Esistono infatti farmaci equivalenti per il trattamento di malattie importanti, quali quelle cardiovascolari e oncologiche.

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Ero sicuro che scegliendo l’equivalente non avrei pagato nulla: come mai

mi chiede una, seppur piccola, quota?

Si tratta di un provvedimento che ha stabilito un nuovo, più basso, prezzo di rimborso da parte dello Stato. In alcuni casi le aziende non hanno potuto adeguare i prezzi a quello previsto da questo nuovo listino e la conseguenza è questa quota a carico del cittadino. Il farmacista può sostituire il farmaco prescritto dal medico con

l’equivalente in ogni caso?

Il farmacista ha la facoltà di operare questa sostituzione se il medico prescrive un medicinale il cui prezzo è superiore al prezzo massimo rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale, sempre che il medico non apponga sulla ricetta adeguata indicazione che la sua prescrizione non può essere sostituita. E se io non desiderassi questa sostituzione?

È libero di rifiutare la sostituzione, in questo caso dovrà pagare di tasca sua la differenza di prezzo tra l’equivalente e la specialità medicinale di riferimento, se tale differenza esiste, oltre al ticket, naturalmente se dovuto. Perché a volte i generici scadono prima dei loro originatori?

La validità di un farmaco viene stabilita sulla base dei dati presentati dall’azienda produttrice, fino a un massimo di legge di 5 anni. Le specialità di riferimento sono in commercio da più tempo, hanno avuto modo di raccogliere più dati in un arco di tempo più ampio, e in genere hanno per questo ottenuto periodi di validità più lunghi rispetto ai generici corrispondenti, che spesso ottengono, in un secondo tempo e presentando dati integrativi, un prolungamento del periodo di validità. Un periodo di validità più breve è quindi dovuto al fatto che i dati per il medicinale generico non sono ancora disponibili per tutto il periodo, non a una minore stabilità del generico rispetto all’originatore. Se la medicina viene prescritta su una ricetta bianca, se esiste il generico

ho diritto ad averlo?

Sì, anzi il farmacista è obbligato a informare il paziente dell’eventuale esistenza in commercio di equivalenti con uguale composizione in principi

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attivi, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario, ma con prezzo più basso. La scelta spetta poi al paziente, sempre che il medico non si sia opposto alla sostituzione. I farmaci generici vengono sperimentati sugli animali?

Poiché si tratta di principi attivi già ampiamente sperimentati sull’uomo, non è necessaria la sperimentazione sugli animali, e non è neppure prevista dalla normativa. Esiste un generico per tutti i tipi di farmaci?

Le molecole che hanno ancora una copertura brevettuale non hanno l’equivalente. Tuttavia, oggi ci sono generici per quasi tutte le classi terapeutiche. Nel settore dei farmaci con obbligo di ricetta sono disponibili sul mercato più di 100 diversi generici. Anche tra i farmaci da banco per l’automedicazione esiste una grande varietà di generici, seppure meno conosciuta. Esistono generici per i seguenti settori terapeutici: • sistema cardiovascolare, • depressioni, • dolori, lesioni da sport, • infiammazioni, reumatismi, • micosi, • asma, • infezioni, • malattie da raffreddamento, • allergie, • diabete, • sistema gastroenterico, • disturbi venosi, • rigetto d’organo, • gotta, • e molti altri ancora.

Glossario

ATC

Sistema di classificazione dei farmaci a cura del Nordic Council on Medicines,

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che effettua periodicamente un aggiornamento del sistema, a causa del continuo evolversi nel campo della ricerca e della commercializzazione di nuove molecole, in collaborazione con il WHO (World Health Organization) con sede in Norvegia.

Biodisponibilità

È la quantità di principio attivo che si libera nel circolo sistemico da una forma farmaceutica e si può determinare in base all’AUC (Area Under plasma

concentration-time Curve). La biodisponibilità di un farmaco iniettato per via endovenosa è uguale a 100%.

Bioequivalenza

Due medicinali sono bioequivalenti quando i loro profili di concentrazione rispetto al tempo, ottenuti dalla stessa dose molare, sono così simili che è improbabile che essi possano produrre differenze clinicamente rilevanti sugli effetti terapeutici e collaterali.

Brevetto

È definito come lo strumento giuridico grazie al quale chi ha realizzato un’invenzione ne possiede il monopolio temporaneo ed esclude i terzi dal produrre, usare, commercializzare, vendere e/o importare il prodotto a cui si riferisce l’invenzione.

DDD

Dose definita giornaliera, cioè la dose media di un farmaco assunta quotidianamente da un paziente adulto. Non è la dose raccomandata o prescritta, ma un’unità standard che si utilizza per misurare le prescrizioni dei farmaci.

Farmaci biosimilari

Prodotti medicinali di origine biotecnologica simili ad altri medicinali biologici innovativi, di cui è scaduto il brevetto.

Farmaci copia

Farmaci “copiati” da un originale senza dover chiedere preventivamente l’autorizzazione all’azienda che lo ha inventato. Hanno nome di fantasia o il

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nome del principio attivo seguito dal nome dell’azienda. Oggi sono inseriti nelle liste dei medicinali equivalenti.

Farmaci co-marketing

Farmaci con nome di fantasia, uguali al farmaco leader. Molte aziende, titolari di brevetto non scaduto, concedono ad altre aziende la compartecipazione nella commercializzazione degli stessi principi attivi.

Farmaci innovativi

Farmaci in grado di curare patologie finora non curabili, o che presentano vantaggi, per esempio minori effetti collaterali, rispetto ai farmaci appartenenti alla stessa classe terapeutica già presenti sul mercato.

Farmaci me too

Medicinali strutturalmente molto simili a farmaci già esistenti (per esempio esomeprazolo/omeprazolo o escitalopram/citalopram).

Lista di trasparenza

Lista aggiornata mensilmente dall’AIFA, in cui sono inseriti i farmaci originatori e i corrispondenti generici autorizzati, ognuno con il suo prezzo di riferimento. I farmaci elencati in questa lista sono sostituibili.

Conclusione

Negli ultimi anni la spesa farmaceutica ha raggiunto livelli preoccupanti, a fronte di una diminuzione delle risorse finanziarie disponibili. Questo ha fatto sì che venissero condotti degli studi in merito alle prescrizioni e all’utilizzo dei farmaci, il tutto in termini economici. Si è così stabilito che i farmaci equivalenti rappresentano una risorsa non ancora pienamente utilizzata e si sta ancora valutando il modo per favorirne la diffusione. Le misure prese in considerazione potrebbero riguardare l’offerta (prezzo, rimborsabilità) e la domanda (incentivi alle figure coinvolte, cioè sanitari e pazienti). Anche la prescrizione per Denominazione Comune Internazionale (DCI) viene oggi presa in considerazione e, se da una parte potrebbe snellire il lavoro burocratico del medico, dall’altra fa sì che questi la ritenga un limite alla sua

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facoltà prescrittiva. Anche la recente misura del Governo Monti nel decreto sulle liberalizzazioni ha incontrato ostilità da parte della classe medica, che invita alla cautela soprattutto per certe classi di farmaci con indice terapeutico ristretto, come ad esempio i glucosidi cardioattivi e gli anticoagulanti orali, per i quali anche piccole variazioni nella concentrazione plasmatica potrebbero portare a problemi. Preoccupazioni sono state espresse dai medici anche per quanto riguarda la possibilità che gli eccipienti siano diversi da farmaco a farmaco, visto il numero crescente di intolleranze nei confronti di varie sostanze, tra cui il lattosio e il glutine. Dal canto loro i cittadini che accettano la sostituzione, che per ora non sono la maggioranza, non lo fanno esclusivamente per motivi economici, ma anche perché si vanno progressivamente convincendo dell’affidabilità dei generici, in termini di sicurezza e di efficacia. La strada percorsa è tanta, ma gli equivalenti non hanno ancora espresso il loro potenziale, sia per quanto riguarda la diffusione che il possibile risparmio per il Servizio Sanitario Nazionale.

Bibliografia

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Atti del Convegno “Farmaci a brevetto scaduto: i problemi irrisolti e le soluzioni proposte”.