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DA EMILE DURKHEIM AD ALFRED SCHUTZ: MOMENTI DELL'EPISTEMOLOGIA SOCIALEAuthor(s): ANGELO SCIVOLETTOSource: Studi di Sociologia, Anno 15, Fasc. 4 (Ottobre/Dicembre 1977), pp. 301-337Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/23003197 .
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DA EMILE DURKHEIM AD ALFRED SCHUTZ:
MOMENTI DELL'EPISTEMOLOGIA SOCIALE *
I - INTRODUZIONE
Studiare la societa come oggetto simultaneo della filosofia e della
scienza significa indagare sul processo formativo della stessa sociologia in
tesa come costruzione epistemologica e quindi come tentativo di ridurre
la varieta delle azioni sociali a forme categoriali di comprensione. II dato
originario dell'evento sociale — come evento intersoggettivo del conoscere
e del comunicare, cioe come proiezione esterna o codificazione del com
portamento umano — viene cosi esplorato nella sua radice.
A questo compito delucidativo del « fenomeno della sociologia » e ri
volta parte dell'ultima letteratura, senza che, pero, tanto centrale interesse
per la fondazione critica del conoscere sociologico sia rifluito, almeno in
modo significativo, nella nostra elaborazione sociologica. Non si vuole qui colmare una lacuna, ma solo offrire una prima ricognizione dei momenti
« classici » che preparano l'attuale dibattito e trarre, da quest'ultimo, qual che indicazione in vista di una piu adeguata penetrazione della struttura
della conoscenza.
Ci si riferisce a quel dibattito che potrebbe provocare una profonda trasformazione nella teoria e nella ricerca sociologica e che, senza togliere i meriti « costruttivi » alia scuola funzionalistica, le contende in effetti il
primato o la induce a un confronto di piu largo interesse per le comunita
scientifiche. Sono certamente gli esiti piu svariati della fenomenologia, che
investono settori come l'etnometodologia o la radical criminology, ma
soprattutto si tratta di un incontro alia base del conoscere, l'incontro tra
filosofia e teoria sociologica, che apre interessanti orizzonti di ricerca, mentre impiega anche strumenti analitici offerti dalla piu recente filosofia
delle scienze sociali.
Un solo cenno basti a dissipare la preoccupazione che tutto cio possa
produrre improprie subordinazioni di una disciplina all'altra, che cioe la
* Un ringrazaamento a C. G. Rossetti che, in sede di Istituto, ha collaborato al controllo e alia
traduzione dei testi.
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filosofia debba presiedere all'antropologia e alia sociologia o che la filo
sofia possa essere ricondotta tout court alia teoria sociologica. Tutte le disci
pline mantengono la loro autonomia in quanto all'oggetto e alia metodolo
gia del conoscere, ma il conoscere e, come si e detto, la base o la radice
comune della loro attivita: in ragione di tale caratteristica, ogni accosta
mento pud condursi con coerenza e originalita e, nello stesso tempo, offrirsi
come modello, ora comparativo ora analogico, alle singole scienze. Non e il
caso di tornare ad Auguste Comte per dichiarare la simbiosi logica che
governa, appunto, la classificazione, la concatenazione e la finalizzazione
delle scienze, essendo questo, fra l'altro, l'atto di nascita della scienza
sociale. Una piu attenta penetrazione di quella simbiosi, nell'ambito proprio della sociologia, consente di chiarire alcuni problemi non secondari lasciati
irrisolti o non ancora affrontati dalla teoria sociologica convenzionale. II
compito non e lieve e percio e prudente procedere esplorativamente, con
appunti introduttivi ed orientativi.
Sara utile innanzitutto ricordare la distinzione operata, nella metodo
logia della scienza, tra « contesto della scoperta » e « contesto della giusti ficazione », da parte degli studiosi interessati al problema delle radici
sociali e culturali della conoscenza in generale e della scienza in parti colare.
Le preferenze delle scienze sociali di ispirazione neopositivistica si ri
volgevano al « contesto della giustificazione » o, in altre parole, alia « Scien
tific Explanation » fondata sulla spiegazione causale che rende possibile la conoscenza della struttura formale e del funzionamento delle singole scienze e introduce i criteri per la formulazione delle ipotesi e delle teorie, in vista della dimostrazione 1: e il « contesto » che risale ad Aristotele, che
rivive nella filosofia moderna ad opera di J. Stuart Mill e che pone le basi
della scuola funzionalistica. Hempel e Nagel hanno investigato i problemi della tipologia, della causalita, dell'inferenza nelle scienze naturali e sociali,
oltre che le differenze tra l'impianto antropologico delle une e delle altre.
La teoria funzionalistica ha cosi prodotto i methods of social investigation2, affinando le tecniche di analisi e privilegiando il rigore formalistico, quasi che per questa linea, e per questa soltanto, potesse passare e costituirsi la
legittimita scientifica della conoscenza sociale, la linea della spiegazione dell'evento attraverso l'individuazione delle sue cause 3.
1 Cfr. H. Reichenbach, La nuova filosofia della scienza, trad, it., Bompiani, Milano 1968. 2 Cfr. P. F. Lazarsfei,d, Methodological Problems in Empirical Social Research, in Transactions
of the Fourth World Congress of Sociology, I.S.A., London 1959, pp. 225-249. 3 Cfr. S. Morgenbesser, Scientific Explanation, in International Encyclopedia of Social
Sciences, D. Sells ed., London 1972, voll. XIII-XIV, pp. 117-122.
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Prima ignorato o, tutt'al piu sottinteso, il « contesto della scoperta » ha
richiamato, invece, solo di recente, l'attenzione degli studiosi interessati ai
problemi del conoscere scientifico considerato attraverso l'individuazione
e l'analisi delle sue componenti socioculturali: sicche non sembra piu po tersi evitare lo studio della scienza come studio della realta comunitaria
in cui quella scienza si e formata e da cui ha tratto precisi condiziona
menti e peculiarity. Ha senso percio parlare di tradizione scientifica di
una comunita o di una nazione, in quanto si evoca e si scopre in quell'area il combinarsi di elementi antropologici, culturali, civili, politici con il
processo formativo di una scienza di cui non si potrebbe cogliere il « senso »
senza seguirne l'origine, lo sviluppo, la teorizzazione, la metodologia, la
applicazione, che la fanno « scienza » e che la pongono come « corpus »
condizionante, a sua volta, l'ulteriore processo sociale. Una verifica di
questo tipo rende maggiormente intelligibili, ad esempio, espressioni come
scienza « italiana » o « francese » o « statunitense » e cosi via, se quegli
aggettivi assommano o mettono in evidenza i caratteri dominanti che ren
dono riconoscibile una comunita scientifica.
La problematica era gia apparsa per merito di T. Kuhn 4 che chiamo
paradigmi le idee generali che ispirano lo scienziato e la comunita scien
tifica e che stanno alia base dell'attivita quotidiana del ricercatore situato in
un contesto culturale, ne guidano la creativita, gli presentano i problemi da nuovi punti di vista (Erkenntnisabsichten).
II « contesto della scoperta » vede dunque il sociologo protagonista, in
quanto ricercatore delle basi sociali, dei meccanismi socio-culturali che
determinant) la scienza: dalla « Scientific Explanation » egli poteva certo
mutuare i criteri causali per la definizione formalistica dei fenomeni, ma
faceva dipendere dall'autonomia della scienza e dalla sua correttezza for
male i significati del sociale; ora puo forse porre il significato sociale
come fondamento alia stessa intellezione degli eventi scientifici. Puo darsi
che una tale perfetta dicotomia non si abbia nella pratica, ma la distinzione
concettuale puo esser feconda per una revisione metodologica dei problemi conoscitivi in quanto problemi contemporaneamente sociali.
Rivalutare l'importanza epistemologica del « contesto della scoperta »,
anche in direzione dei processi formativi della teoria sociologica, non im
plica ovviamente l'abbandono, ma la discussione delle posizioni tradizionali
quali quelle rappresentate da autori come £. Durkheim e K. Mannheim che
4 T. Kuhn, The Structure of Scientific Revolutions, Chicago 1962, trad. it. La struttura delle
rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino 1968.
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sono tra i maggiori interpreti della natura del conoscere sociologico. Rife
rirsi, da un lato, a dei modelli « classici » — per altro sempre ricchi di
attualita paradigmatica — e, dall'altro, alle recenti ricerche sui fonda
menti della conoscenza sociale, puo produrre un quadro orientativo utile
per un bilaneio provvisorio dell'attuale dibattito sulla epistemologia sociale.
II - L'EPISTEMOLOGIA DELLA CLASSIFICAZIONE
SIMMETRICA IN E. DURKHEIM
Merita particolare attenzione lo scritto di Durkheim, De quelques
formes primitives de classification (1901-1902) 5, vero e proprio trattato
di sociologia della conoscenza, in cui e gia articolata l'interpretazione della
struttura della conoscenza sociale che l'autore esprimera, con la consueta
chiarezza, nelle Formes elementaires de la vie religieuse (1912) 6 oltre che
in Pragmatisme et sociologie (1913-1914) 7: le « representations collec
tives » — egli afferma — sono « comuni e comunicabili, sono gli ' stru
menti' con cui gli individui comunicano » 8. In De quelques formes, Dur
kheim indaga in modo specifico i meccanismi mediante i quali si « costrui
scono, si proiettano e si localizzano nello spazio le rappresentazioni del
mondo tangibile » e si propone di individuarne la genesi, la formazione e
la funzione. II programma equivale ad una analisi dei fondamenti della
conoscenza umana, essendo questo, in pari tempo, il nodo che unisce
« verita » filosofica e « verita » storico-sociale.
In polemica con L. Levy-Bruhl, aveva respinto la tesi della mentalita
pre-logica e della distinzione rigida tra la «mentalita primitiva » e il
pensiero moderno 9: il « primitivo » — del quale abbiamo forse una im
magine piu spettacolare che analitica — puo sembrare incline alia « con
fusione », ma in effetti egli e in grado di procedere con precise distinzioni
logiche e di applicare il principio di contraddizione in modo radicale. La
5 £. Durkheim - M. Mauss, De quelques formes primitives de classification. Contribution a
1'etude des representations collectives, in « L'Annee sociologique », 6, 1901-1902, pp. 1-72, trad. it.
Le origini dei poteri magici, a cura di A. De Martino, Boringhieri, Torino 1951, pp. 19-92. Ora in
M. Mauss, Oeuvres, Ed. de Minuit, Paris 1969, pp. 13-188. 6 E. Durkheim, Les formes elementaires de la vie religieuse. Le systeme totemique en Austra
lie, Alcan, Paris 1912, trad. it. Ed. di Comunita, Milano 1963. 7 E. Durkheim, Pragmatisme et Sociologie. Cours inedit prononce a La Sorbonne en 1913-1914
et restitue d'apres des notes iTetudiants, A. Cuvillier ed., Vrin, Paris 1955. 8 E. Durkheim, Les formes elementaires ecc., cit., p. 36. 9 Cfr.: L. Levy-Bruhl, Les fonctions mentales dans les societes inferieures, Alcan, Paris 1910;
La mentalite primitive, Alcan, Paris 1922.
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differenza tra il pensiero scientific*) moderno e il pensiero primitivo non
va ricercata nella struttura, ma nella consapevolezza metodologica dell'uno
e dell'altro. II pensiero « scientifico » e nelle condizioni di esercitare un
controllo metodico rigoroso sulla « costruzione del discorso », mentre cosi
non era per il pensiero « primitivo ».
Per Durkheim, pertanto, « il nostro modo di pensare non e affatto
differente quando caratterizza il calore come movimento o la luce come
vibrazione dell'etere, e cosi via. Ogniqualvolta colleghiamo dei termini
diversi, stabilendo una connessione interna, di necessita identifichiamo dei ' contrariVa da se che i termini che uniamo in questo modo non sono
gli stessi tra i quali gli Australiani stabiliscono delle relazioni; noi li sele
zioniamo ricorrendo ad altri criteri e per altre ragioni, ma non vi e dif
ferenza essenziale rispetto al processo col quale la mente li collega » 10.
Scartata la tesi di Levy-Bruhl, torna il quesito cruciale di sempre circa
l'origine del pensiero e la sua funzione conoscitiva: Durkheim intende dare
qualche risposta mettendosi in contrasto con la tesi corrente del tempo, che
considerava immediatamente date, in ogni individuo, le « facolta della
definizione, della deduzione, della induzione » u. Logici e psicologi erano,
a parer suo, impigliati nello schema trascendentale delle categorie conosci
tive secondo cui la realta veniva subordinata e classificata: gli uni privile
giavano la « gerarchia dei concetti » e la « infinita catena dei sillogismi »,
in base a cui le cose risplendevano di significato; gli altri attribuivano un
ruolo esplicativo determinante al « semplice gioco delle associazioni di idee
e alle leggi della contiguita e della similitudine degli stati mentali » 12.
Durkheim ritiene di poter argomentare in modo incontrovertibile sulla
base dei dati offerti dalla vita sociale primitiva australiana e nordamericana,
usati appunto come premessa concreta di ogni attivita conoscitiva. II primo riferimento si fonda sulla struttura sociale e, piu precisamente, sulla for
mazione dei gruppi e sui loro reciproci rapporti: da qui la necessita di
far corrispondere ai « sistemi reali », situati oggettivamente nello spazio e
nel tempo, dei « sistemi cognitivi » intersoggettivi nei quali si riflettono
le distinzioni e le opposizioni, le classificazioni e le costruzioni della « si
tuazione collettiva » 13. Si tratta, come e noto, della risposta radicale-po sitiva che Durkheim da alia domanda sull'origine empirica dei sistemi di
classificazione e sui meccanismi di costruzione epistemologica; e la risposta
10 E. Durkheim, Les formes elementaires ecc., cit., pp. 340-341. u E. Durkheim, De quelques formes ecc., cit., p. 14. 12 Ibid. 13 Ibid., p. 22.
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che indica nei « modelli » ricavati dalla concreta esistenza sociale le con
dizioni fondative del conoscere stesso: la conoscenza sarebbe, semplice
mente, l'autorappresentazione del sociale. Discutendo il lavoro di Cushing 14
sugli Zuni, ad esempio, Durkheim mette in luce che « tutti gli esseri e i fatti
della natura, il sole, la luna, le stelle e il cielo, la terra e il mare, in tutti
i loro aspetti, gli oggetti inanimati e le piante, gli animali e gli uomini sono
classificati e definiti e ad essi e attribuito un posto fisso in un sistema unico
e integrato, composto da una molteplicita di elementi, coordinati e subor
dinati gli uni agli altri in base a ' criteri di somiglianza
' » 15.
II cardine di questo sistema e, come e noto, la divisione dello spazio in
sette regioni: nord, sud, ovest, est, zenith, nadir, centro. Ogni elemento
dell'universo ha il suo posto in una di queste regioni. Cosi, ad esempio, il vento, la brezza, l'inverno sono attribuiti al nord; il fuoco e l'estate al
sud. Ora, le funzioni sociali sono classificate alio stesso modo delle cose
dell'universo: il nord e la regione della forza e della distruzione, l'ovest e
quella della pace 16. L'elemento decisivo, per Durkheim, e dato pero dal
fatto che « questa divisione del mondo e esattamente la stessa di quella dei
clans entro il pueblo » ". Cushing aveva scritto che il pueblo era diviso in
sette parti; tale suddivisione non rispondeva a criteri di disposizione topo
grafica, ma alia suddivisione dei « mondi » nella loro cultura. Cosi si pen sava che una « sezione » della citta fosse legata al nord, che un'altra rap
presentasse l'occidente, ecc.18. Ognuna di queste sezioni comprendeva, se
condo Cushing e Durkheim, un gruppo di tre clans, eccetto uno situato al
centro. Considerata la panoramica dei clans, non solo c'e corrispondenza tra la divisione delle cose secondo le regioni, ma — dice Durkheim —
anche nella divisione della societa a seconda dei clans. Esse sono « ine
stricabilmente legate ». Cio e particolarmente chiaro nel caso degli ani
mali totemici: infatti, per Durkheim, essi sono classificati sia secondo il
proprio clan che secondo la propria regione. Asserire tuttavia la corrispondenza diretta tra sistema di classificazione
e divisione in clans non e, di per se, prova dell'ipotesi che le divisioni
della struttura sociale abbiano determinato la forma specifica dei sistemi
di classificazione. Secondo Durkheim 19 i fatti indicano che la classifica
14 F. H. Cushing, Zuni Creation Myths, in « Bureau of American Ethnology of the Smithsonian
Institution », 13rd Report, 1896, p. 325. Cfr., inoltre, Zuni Fetishes, ibid., 2nd Report, 1883, pp. 9-45. 15 £. Dorkheim, De quelques formes ecc., cit., p. 48.
Ibid., pp. 48-50. 17 Ibid., p. 50. 18 Cfr. F. H. Cushing, Zuni Creation Myths, cit., p. 367. 1* £. Durkheim, De quelques formes ecc., cit., p. 52.
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zione dei clans e antecedente e che la divisione del mondo in regioni ha
« una storia », avendo subito un processo di trasformazione alquanto com
plesso. Prima che si istituzionalizzasse la classificazione delle sette regioni, ve ne era un'altra che ne distingueva sei e prima di questa una basata su
quattro punti corrispondenti ai quattro punti cardinali. Durkheim sostiene
che la divisione in sei clans, ad esempio, era anteriore alia divisione in
sette, mentre la divisione in sei era stata preceduta da un'altra in due clans
fondamentali che comprendevano la totalita della tribu. La divisione della
tribu in due unita fondamentali pud essere visualizzata in una tavola divi
sible in quattro parti: una occupa il nord, un'altra il sud; tra loro v'e una
linea di separazione che passa dall'est all'ovest20. Analizzando, inoltre, il
gioco negli Zuni, Durkheim ha evidenziato il fatto che tutte le specie di
giochi sono distribute in sei classi e che ciascuna classe e considerata alle
dipendenze di un particolare animale da preda: sicche le diverse specie di
giochi sono subordinate direttamente ai totems o ai loro sostituti21.
La perlustrazione di Durkheim adotta le analisi di Cushing certamente
suggestive e paradigmatiche, ma che non mancano di inesattezze: l'utilita
del riferimento consiste nel poter discutere il modo con cui Durkheim vede
i nessi tra la struttura sociale e i sistemi cognitivi e non nel dover affrontare
qui la questione dei sistemi di classificazione presso gli Zuni. Parimenti, non e da ripercorrere l'attenzione analitica di Durkheim sul rapporto « strut
tura-classificazione » in Cina, tra i Sioux e tra gli Australiani, ma si ricor
dera come egli tenti di definire, attraverso questi momenti comparativi, le
sue conclusioni.
Le nozioni comprese nei sistemi di classificazione non sono isolate, ma
unite le une alle altre, appunto in forma sistematica, e costituiscono una
totalita complessa. Questi sistemi, « come quelli della scienza » 22, avrebbero
un significato speculativo, perche il loro fine e « promuovere la compren sione », cioe rendere intelligibili le relazioni tra le cose, e non quello di
« facilitare l'azione » 23. Le classificazioni svolgono il compito di « congiun
gere le idee », di « unificare la conoscenza »: in questo senso esse sono
scientifiche e rappresentano una prima filosofia della natura24. Emerge ancora una volta l'intento di Durkheim, che e quello di guardare al pro blema della funzione epistemologica dei sistemi di classificazione e non tanto
20 Ibid., pp. 52-53. 21 Ibid., pp. 56-57. 22 Ibid., p. 82. 23 Ibid. 21 Ibid.
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al contenuto specifico di essi. Ci si richiama spesso a Kant quando si osserva
che le classificazioni sono intese come « schematismo trascendentale »: solo
che, a differenza di Kant, anzi contro Kant, Durkheim avanza la tesi — ma
e nient'altro che un dogma positivistico — che la « forma » delle classifica
zioni non va ricercata nei principi della mente umana, ma nelle relazioni
sociali 25.
Le classificazioni non devono, certo, essere intese come « copia » eva
nescente delle relazioni sociali; percio Durkheim ricorda la caratterizza
zione gerarchica e differenziata delle classificazioni stesse, spiegandone la
dinamica in base alle divisioni ed opposizioni che operano all'interno della
societa, causa dell'emergere e del consolidarsi dei diversi tipi di classifica
zione e dei meccanismi operativi di organizzazione e di distinzione del
pensiero. In questo senso, le « prime categorie logiche sono categorie so
ciali » e « l'unita della conoscenza non e altro che l'unita della collettivita
estesa fino all'universo » 26. In questa interpretazione Durkheim si spinge,
forse, al massimo della dinamica naturalistica all'interno della sistema
zione positivistica: ed e, infatti, il momento in cui il pensiero si rivela
come attivita della classificazione, quale sintesi logico-astratta delle oppo sizioni reali. Si ribadisce pertanto che le varie forme di conoscenza sono
la trasposizione simbolica delle relazioni sociali e che ogni grado dell'epi
stemologia trova radice in questo rapporto. Difficile negare l'importanza ed anche il fascino della ricerca durkhei
miana intesa a conferire una certa cartesiana geometricita alia propria
dimostrazione, ma la sua interpretazione lascia irrisolta, fra l'altro, la
questione della qualita fondativa delle stesse relazioni sociali; esse sono
assunte « ingenuamente » come primitive e necessarie, come condizioni di
compimento conoscitivo, quando forse sono gia un compimento proveniente dalla dinamica conoscitiva del soggetto, senza dover ricorrere necessaria
mente alio schematismo kantiano. E vero che chi ha di questi dubbi non
si avventura nel positivismo, ma in realta anche tra i pensatori « positivi »
non sono mancate perplessita di fronte alia visione durkheimiana. Pertinente
e l'osservazione di Rodney Needham27 quando scombina la specularita o la simmetria di quelle conclusioni: da un lato, forme diverse di classifi
cazione si trovano all'interno di tipi identici di organizzazione sociale; dal
l'altro, forme simili di classificazione sono individuabili in societa com
25 Ibid., p. 83. 26 Ibid., p. 84. 27 R. Needham, Introduction a E. Durkheim, De quelques formes ecc., cit., ed. inglese,
London 1963.
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pletamente diverse. Durkheim e Mauss non avrebbero percio sottoposto le
proprie teorie alia prova delle « variazioni concomitanti » e sembra inve
rosimile che essi non abbiano preso o voluto prendere in considerazione
societa con organizzazioni identiche, ma con forme diverse di classificazione.
Essi avrebbero ignorato o eluso gli « esempi negativi », come ha osservato
opportunamente Evans-Pritchard28, scrivendo sulla scuola di «Annee
sociologique » e, anzi, asserendo che questa e tendenza caratteristica di
Durkheim: « ricorre ad una manovra irritante, qualora un fatto contrad
dica la sua tesi, e sostiene che il carattere e il significato ne sono stati
alterati, che si e di fronte ad uno svolgimento secondario ed atipico, sebbene
non vi siano prove che tali mutamenti abbiano avuto realmente luogo » 29.
Non sono da discutere in questa sede le molte critiche degli antropologi
contemporanei nei confronti di Durkheim e Mauss 30; ne ricaviamo solo
la conclusione, paradossale sul terreno positivistico, che la tesi durkheimiana
non trova conferma empirica. Ma 1'inconveniente metodologico, che non
sembra essere stato ancora oggetto di attenzione, consiste nel fatto che
Durkheim, mentre fonda simmetricamente il nesso causale diretto tra le
relazioni sociali e le rispettive classificazioni, non affronta il problema pro
priamente euristico della conoscenza, che e il problema della « scoperta »
e della « elaborazione » in divenire. Si e, infatti, di fronte soltanto ad un
fenomeno di «trasposizione » e di « proiezione » delle relazioni sociali sul
piano delle astrazioni. Tale prospettiva escludeva, di conseguenza, i pro blemi che ora sono al centro degli interessi epistemologici veri e propri:
quelli relativi al processo formativo delle teorie conoscitive, della « dire
zione » della scienza e soprattutto del « controllo » della conoscenza, essen
do Durkheim estraneo all'idea di una scienza intesa come attivita sociale
non soltanto derivante dalla « situazione sociale », ma che anche concorre
alia trasformazione o al mutamento della societa stessa.
La scienza era rimasta, percio, un « riflesso », un derivato, della strut
tura sociale. Ulteriori ricerche post-durkheimiane sulle societa primitive hanno messo sempre piu in luce la scarsa solidita di quella spiegazione ed
hanno rinnovato l'interesse critico per la questione perenne circa i fonda
menti della conoscenza, questione che si dibatte, come tra Scilla e Cariddi,
tra l'innatismo e il sociologismo. Durkheim aveva cercato una spiegazione ricorrendo alYanalogia tra le strutture sociali e le classificazioni, ma
28 E. E. Evans-Pritchard, New Religion, Oxford 1956, p. 313. 29 Cfr. ibid., cap. IX. 30 Per le critiche mosse, nel corso del tempo, a Durkheim e Mauss, cfr. S. Lukes, £mile
Durkheim: his Life and Work. An Historical and Critical Study, Penguin, Harmondsworth 1973.
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senza troppa convinzione: infatti un coerente sviluppo di tale intuizione por terebbe fuori dal positivismo sociologistico e toglierebbe il primato fonda
tivo alia societa che e, invece, su questo terreno, un dogma inamovibile 31.
Con quel cenno analogico, Durkheim aveva creduto di spiegare, da una
parte, la « intersoggettivita » della conoscenza, cioe la sua natura sociale,
dall'altra, la sua struttura epistemologica, cioe il tipo specifico di organiz zazione del pensiero nell'ambito di ciascuna cultura localizzata. Ma le per
plessita permangono in varie direzioni. La teoria di Durkheim e Marcel
Mauss non spiega, ad esempio, le differenze e le antinomie all'interno
delle classificazioni, come tra struttura e processo, tra consenso e coerci
zione; pertanto la cosmologia della conoscenza che nelle mani di Durkheim
e Mauss avrebbe dovuto ripetere quasi l'ordine della natura nella natura
sui generis della societa, risulta alquanto discontinua ed e minacciata da
obiezioni senza risposta. Essa, infatti, e caratterizzata spesso da posizioni alternative o da paradigmi irriducibili che provocano, fra l'altro, quesiti non ingenui: perche studiosi che vivono nella stessa societa propongono in
terpretazioni epistemologiche diverse fra loro? Perche e come accadono i
processi di trasformazione rivoluzionaria del sapere?
Evidente e, tuttavia, l'importanza di una discussione che prenda l'avvio
da Durkheim. Gli studi a lui posteriori vivono dei suoi limiti e sono
incrementati dalla ricchezza problematica che si nasconde dietro le sue
definizioni. Egli ha indicato che la conoscenza sociale si fonda su « situa
zioni trascendentali » che « organizzano » nel soggetto gli elementi del sa
pere: un cosi vistoso empirismo riaccende, per contrasto, il dibattito sulla
funzione delle percezioni e dell'intelletto. Durkheim ha messo, comunque, in evidenza il carattere sociale dell'epistemologia ed ha richiamato, da
parte sua, l'attenzione sulle Gestalten — temporali, spaziali o d'altro tipo —
che sono, per cosi dire, la tessitura della conoscenza sociale 32. Sotto questa
luce, il lavoro di Durkheim non pud esser relegato nell'« angolo positivi stico » della scienza sociale, ma va ritrovato e riconosciuto al centro del
dibattito contemporaneo sui fondamenti del sapere sociale.
31 Sul problema dell'uso dei « modelli analogici» nella scienza sociale — ancora largamente
inesplorato — cfr. A. Scivoletto, II metodo sociologico di Smile Durkheim, F. Angeli, Milano 1970, in particolare pp. 53, 67-70.
32 Cfr. N. Luhmann, The Future Cannot Begin: Temporal Structures in Modern Societies, in
« Social Research », 1976, p. 151.
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III - L'EPISTEMOLOGIA DEL CONDIZIONAMENTO
ESISTENZIALE IN KARL MANNHEIM
Come Durkheim, anche Mannheim ha indagato intorno ai fondamenti
del « pensiero » ed ha cercato di individuare le « basi sociali » dell'epi
stemologia: l'accostamento tra i due pensatori, se cauto e preciso, puo essere di qualche utilita.
Ideologie und Utopie (1929) 33 si inizia col preciso intento di studiare
il concreto pensiero degli uomini, « di osservare in che modo esso funziona
nella vita pubblica e nella politica, ovvero come uno strumento di azione
collettiva » M. Mannheim non intende « considerare il pensiero, quale appare nei testi di logica », anzi prende posizione contro i filosofi che « si sono
troppo a lungo interessati al proprio tipo di pensiero. Quando ne scrivevano,
avevano in mente anzitutto la loro storia, la storia della filosofia, o taluni
campi del sapere assolutamente specifici, come la matematica e la fisica »3S.
Secondo Mannheim, questo «tipo di pensiero e applicabile solo in circo
stanze del tutto speciali » 36. Viene cosi denunziato il distacco tra lo studio
del « pensiero » affrontato dai filosofi e le forme di pensiero, le tecniche di
decisione, elaborate dagli attori storici concreti per risolvere i problemi pra tici e determinarsi nelle scelte della vita. £, quanto meno, curioso che pro
prio i « metodi di pensiero », con cui « cerchiamo di prevedere e guidare il
nostro destino politico e sociale, siano rimasti inosservati e siano tuttora
incontrollabili » 37. Siamo di fronte a uno dei paradossi della teoria della
conoscenza: essa non dispone di una conoscenza adeguata del carattere so
ciale del pensiero. « Questa anomalia — commenta Mannheim — diventa
tanto piu. grave, se si pensa che nei tempi moderni un'interpretazione razio
nale della realta ha un'importanza di gran lunga maggiore che nell'antico.
II valore della scienza sociale aumenta in proporzione alia crescente neces
sity di intervenire nei processi della societa »38. La sociologia della cono
scenza e percio chiamata a sanare l'anomalia, a perfezionare il processo
globale del conoscere attraverso l'individuazione dalla struttura sociale del
pensiero, dei suoi « motivi e presupposti inconsci » collegati alle radici
33 K. Mannheim, Ideologie und Utopie, Cohen, Bonn 1929; cfr. trad. it. Ideologia e Utopia,
II Mulino, Bologna 1957 (condotta sull'ed. inglese, London 1953). 34 Ibid., p. 3. 35 Ibid. 36 Ibid. 37 Ibid., pp. 3-4. 38 Ibid., p. 4.
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psicologiche delle emozioni » e agli « impulsi che ne costituiscono il fondo », che sono, appunto, per il pensiero concreto, la « situazione in cui nasce e che
cerca di risolvere » 39.
Mannheim ribadisce con forza due direttrici di analisi: a) il « pensiero come tale » sarebbe oggetto di una ricerca parziale e comunque « cima
astratta » fuorviante se non si integra col « pensiero all'interno di una
situazione storico-sociale, da cui la riflessione individualmente differenziata
emerge solo per gradi »« Non dobbiamo credere — prosegue — che
siano gli uomini ' in generale ' o le persone isolate a pensare, ma gli
uomini che, inseriti in certi gruppi, hanno poi sviluppato un particolare stile di pensiero e caratterizzato la loro posizione, attraverso un progressivo adattamento a determinate situazioni tipiche »41. b) L'altra direttrice ri
corda che « il metodo della sociologia della conoscenza non separa mai il
pensiero dal contesto dell'azione collettiva, attraverso cui noi scopriamo
per la prima volta il mondo in una dimensione razionale »42.
Quello che era simmetrico schematismo durkheimiano, si scioglie qui in articolazioni dinamiche che lasciano spazio alia creativita conoscitiva
che gli uomini esplicano agendo e reagendo fra loro « all'interno di gruppi differentemente organizzati »**, provocando cosi l'evento del pensiero sto
rico-concreto, percio non puramente logico, ma logico ed esistenziale in
sieme.
Su questa linea si coglie il senso di quella che e stata chiamata la
« rivoluzione » della Wissenssoziologie: I'epistemologia tradizionale aveva
cercato i fondamenti del sapere nella soggettivita, mentre la Wissenssoziolo
gie li trova nella connessione tra i gruppi, le classi, i ceti sociali e la loro cul
tura specifica in determinate situazioni storiche. Di fronte al fatto incon
futabile del diverso modo di configurarsi della « verita » nel corso della
storia e nelle varie societa, I'epistemologia tradizionale non poteva fornire
una spiegazione adeguata; essa concentrava la sua attenzione sugli aspetti formali del pensiero o sulla « soggettivita trascendentale », invece di porre in discussione i fondamenti storico-sociali del conoscere e cercare di com
prendere il significato delle molte definizioni della « verita » nei diversi
momenti od ambienti storici.
E stato giustamente osservato che Mannheim si e dedicato alia ricerca
39 Ibid. 40 Ibid., p. 5. « Ibid. 42 Ibid. 43 Ibid., p. 6.
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di una risposta alia « crisi dello storicismo »44, entrando nella discussione
sui «valori », dei quali proclamava la « relativita », ma anche la forza
partecipativa ed esistenziale, e sulle culture che riusciva a vedere nella
« nuova oggettivita » del prospettivismo relazionistico, in cui la « verita »
rivive o si configura col mutamento delle interrelazioni. Non c'e, dunque,
per Mannheim una « metafisica dei valori », quasi tavola paradigmatica cui
confrontare la perfettibilita storico-esistenziale, ma vi sono valori vissuti
e come tali facenti corpo col pensiero concreto e diveniente.
Come si vede, l'intento di Mannheim, sin dall'inizio, e quello di am
pliare i confini dell'epistemologia tradizionale e di costruire una piu
«comprendente» epistemologia sociologica, di elaborare una nuova di
sciplina che potesse rendere complementari e dialettici i vari « punti di
vista » senza assolutizzarne alcuno. Si noti il particolare significato del
termine Wissenssoziologie, distinto e diverso da quello corrente di Sociology
of knowledge che, per citare una osservazione di T. Parsons, si riferisce
ai problemi dell'istituzionalizzazione e dell'organizzazione della scienza
e non ai problemi dell'epistemologia sociologica. E stato proprio Parsons 45, ad esempio, a sottolineare i rapporti di interdipendenza tra il « sistema
sociale » e il « sistema culturale » e a richiamare l'attenzione sui « sotto
sistemi» della personality e degli organismi biologici; egli ha anche
definito i due « paradigmi » della sociologia della conoscenza: il primo
riguarda i rapporti tra i valori e le altre componenti culturali; il secondo
i rapporti tra i valori e le componenti non-culturali, esaltando l'importanza dei valori non solo nel settore della sociologia della conoscenza, ma anche
nella teoria sociologica generale. Infatti «il nesso fondamentale tra il
sistema sociale e il sistema culturale e nel processo di istituzionalizzazione
dei ' modelli' di valutazione propri del sistema culturale, entro il sistema
sociale, che ivi operano come dei meccanismi superiori di controllo »46.
Risulta certo significativa la diversa collocazione dei « valori » nelle
rispettive interpretazioni dei due sociologi. Parsons stesso mette in evidenza
il particolare interessamento di Mannheim alia ideologia intesa come
« struttura di idee » e le ardue analisi sui modi con cui « considerazioni
valutative entrano a far parte delle idee empiriche correnti sulla societa »
e sui modi con cui « possono determinare distorsioni e selezioni e possono
44 Cfr.: A. Santucci, Introduzione a K. Mannheim, Ideologia ecc., cit., pp. IX-XLII; P. Rossi, Storia e storicismo nella filosofia contemporanea, Lerici, Milano 1960.
45 T. Parsons, An Approach to the Sociology of Knowledge, in Sociological Theory and Modern
Societies, Free Press, New York 1967, p. 140. 46 Ibid., p. 142.
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condizionare gravemente l'obiettivita »4,7. Traluce dall'indicazione di Par
sons il filo di confine su cui si muoverebbe Mannheim: la ricerca che que st'ultimo ha intrapreso sui fondamenti del conoscere, in stretto senso epi
stemologico, sembra a Parsons priva di una effettiva uscita. Ma cio si da
per scontato, se significa « scacco » in termini di pura razionalita: sono
proprio i termini pregiudizialmente esclusi da Mannheim, perche sareb
bero soltanto momento di astrazione o di dissociazione se non inseriti nel
pensiero concreto vivente. Parsons propone invece di prendere in consi
derazione il ruolo dei valori, dei grounds of meaning o fondamenti di signi
ficato, nel promuovere l'integrazione dell'attivita scientifica intesa dal punto di vista della struttura sociale della scienza.
L'impresa di Mannheim e certamente ardua, perche vorrebbe pene trare nel cuore stesso del divenire sociale, vorrebbe costruire una socio
logia della produzione e della elaborazione delle forme del sapere; mentre
la sociologia della conoscenza, in sede funzionalistica, si e, piu semplice mente — ma qui pud dirsi anche rigorosamente — orientata verso i pro blemi della istituzionalizzazione e dell'integrazione della struttura sociale
della scienza. Mannheim tratta della vivente situazione esistenziale e percio vuol cogliere i problemi del carattere storico-sociale dell'epistemologia, del
modo in cui le societa e le classi plasmano e si rappresentano il proprio mondo storico. Si potrebbe forse dire, in termini molto semplici, che
Mannheim affronta il problema della configurazione delle «strutture
cognitive », mentre Parsons studia i problemi delle relazioni sociali proprie del mondo degli scienziati. Degno di nota e, comunque, il fatto che in alcune
delle piu recenti tendenze della sociologia siano tornate le questioni relative
all'epistemologia sociologica e che, pertanto, si sia ridestato un significa tivo interesse intorno al pensiero mannheimiano. Le non molte analisi attuali
ruotano, in realta, intorno al tema centrale, gia focalizzato da Mannheim,
che la « cultura » e, innanzitutto, un processo sociale ben determinato, legato a precisi gruppi e che le Weltanschauungen, gli ideali di verita e di obiet
tivita sorgono e si affermano, prima che nella mente dei filosofi, entro i
gruppi sociali. In altri termini, anche le concezioni «astrazionistiche»
o dogmatizzanti hanno le loro « ragioni » alle radici della realta collettiva,
senza che questa debba essere intesa in senso ontologico, o addirittura
mistico, alia maniera durkheimiana. « Da un punto di vista funzionale —
scrive infatti Mannheim — l'origine e la formazione delle nostre idee,
vere o false che siano, hanno un posto importantissimo: tale processo porta infatti a vedere gli awenimenti nel modo che e peculiare ad un certo gruppo.
47 Ibid., p. 146.
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Noi apparteniamo ad un gruppo non soltanto perche siamo nati da esso o
asseriamo di appartenervi, ne perche dobbiamo ad esso fedelta e obbe
dienza, ma anzitutto perche vediamo il mondo e certe cose del mondo alia
stessa maniera. In ogni concezione, in ogni significato e contenuta la
cristallizzazione delle esperienze di un determinato gruppo »48.
In Ideologie und Utopie, Mannheim, come e noto, mentre ritiene di
poter trascurare le scienze della natura, porta a maturazione il suo inte
resse per le « scienze dello spirito », per discendenza diltheyana, e soprat tutto per la « conoscenza politica »; egli cerca infatti di « collegare » le
teorie politiche e le concezioni politiche del mondo con i gruppi e le classi
sociali in cui quelle teorie si sono formate e consolidate. Osservazione
elementare quanto essenziale e, per Mannheim, il rilevamento della radi
cale differenza tra le concezioni relative ai « gruppi dominanti » e quelle relative ai « gruppi subalterni », e cio per discendenza marxiana; anche
se all'osservazione segue la difficolta di trovare sufficienti risposte espli cative intorno al perche di quella marcata differenza e dell'uso delle ri
spettive concezioni, sia ai fini dell'esercizio e del mantenimento del domi
nio, sia ai fini del mutamento e della rivoluzione. E altrettanto noto, co
munque, che Mannheim cerca di risolvere la questione introducendo la
distinzione, divenuta classica, tra ideologia e Utopia, due concetti che simbo
leggiano la « crisi » del nostro tempo e che ci portano alia « scoperta » di
quei « fattori sociali » che l'« epoca individualistica » aveva ignorato pur
portandoli in grembo. « Con il termine di ' ideologia
' — scrive Mannheim — noi intendiamo cosi affermare che, in talune condizioni, i fattori incon
sci di certi gruppi nascondono lo stato reale della societa a se e agli altri
e pertanto esercitano su di esso una funzione conservatrice » 49.
Si e qui di fronte a una situazione fattuale di « gruppi dominanti »
che, pur disponendo di idee e di convinzioni, sentono di dover rigettare
«qualunque comprensione dei fatti che potrebbero minacciare il loro
potere »*°. Un'altra « scoperta », di segno contrario, scaturisce dal concetto
di 'utopia': « esistono dei gruppi subordinati, cosx fortemente impegnati nella distribuzione e nella trasformazione di una determinata condizione
sociale, da non riuscire a scorgere nella realta se non quegli elementi che
essi tendono a negare. II loro pensiero e incapace di una diagnosi corretta
della societa presente »51. Come si e detto, siamo davvero di fronte a una
48 K. Mannheim, Ideologia ecc., cit., pp. 23-24. 49 Ibid,., p. 41. so Ibid. 51 Ibid.
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ulteriore situazione fattuale, uguale e contraria rispetto alia prima: quei « gruppi subordinati » postulano il mutamento dell'esistente e non la sua
« conoscibilita », tanto forte e in loro l'inconscia propensione per il futuro, e si oppongono ad ogni razionalizzazione del presente perche potrebbe disin
cantarli e paralizzare in loro il « desiderio di rivoluzione ». Essi dunque vivono nel progetto e pensano per agire, non per conoscere obiettivamente
la situazione. Si ricordera, del resto, la famosa definizione mannheimiana:
« Una mentalita si dice utopica quando e in contraddizione con la realta
presente »52: non risiede pero nel contrasto come tale, ma nella operazione che rompe con « l'ordine presente ».
In effetti, ricorda Mannheim, le ideologic e le utopie sono « idee che
trascendono la realta presente », ma mentre le ideologie « sono idee situa
zionalmente trascendenti che non riescono mai de facto ad attuare i pro
getti in esse impliciti » le utopie « trascendono la situazione sociale, in
quanto orientano la condotta verso elementi che la realta presente non con
tiene affatto » nel loro intreccio si compie la storia. Importante e qui il
rilievo sulla caratteristica di realizzabilita storica dell'elemento utopico, che
non va confuso con « i miti, le belle favole, le promesse oltremondane
della religione, le fantasie degli umanisti, i romanzi di viaggi »55 che
sono tutti elementi ideologici appartenenti alio status quo. La competenza della sociologia in questa materia e data percio dalla « stretta correlazione
tra le diverse forme dell'utopia e gli strati sociali » in trasformazione, in
quanto l'elemento utopico non e sequenza psicologica dell'individuo, ma
movimento culturale delle comunita.
Altra sezione ben nota di Ideologie und Utopie e quella in cui Mannheim
ripercorre le fasi dell'eta moderna per estrarne « i mutamenti della men
talita utopica »: a) il chiliasmo orgiastico degli anabattisti, b) l'idea libe
rale-unitaria, c) l'ideale conservatore, d) l'utopia socialista-comunista. Non
interessa ora esaminare in dettaglio la suggestiva classificazione, ma si
vuole ribadire la correlazione tra l'utopia e la posizione sociale e politica dei gruppi che ne sono i portatori. Non e semplice pero penetrare il signi ficato univoco della espressione «posizione sociale»: Mannheim parla ora di « mobilita verso l'alto », ora di « gruppi in ascesa », ora di « gruppi subalterni »; ed e ancora piu difficile capire poi cosa egli intenda con
precisione per « stratificazione sociale », « potere » e « mobilita », che
52 Ibid., p. 194. 53 Ibid., p. 196. 5* Ibid., p. 197. 55 Ibid., p. 207.
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sono, appunto, concetti centrali, se si vuol tradurre razionalmente, sociolo
gicamente, l'implesso storico.
Discutendo dell'utopia liberale-umanitaria, ad esempio, Mannheim so
stiene che, dal punto di vista sociologico, l'utopia « ha la sua base nel ceto
medio, nella borghesia e nella classe degli intellettuali. Essa persegue —
insiste Mannheim — conformemente alle componenti strutturali dei gruppi che la rappresentano, una via di mezzo tra la vitalita, l'estasi e il rancore
delle classi oppresse e la concretezza della classe dirigente feudale, le cui
aspirazioni erano del tutto in accordo con la realta allora esistente »56.
Le concezioni utopiche delle « classi oppresse » invece esprimerebbero una
opposizione piu radicale all'ordine esistente e la speranza del suo rovescia
mento totale. D'accordo con Engels, Mannheim sostiene che l'irrazionale
esperienza chiliastica « appare caratteristica degli strati piu bassi della
societa. Sotto di essa si rivelano una struttura mentale particolare ai con
tadini e agli operai oppressi, un incipiente Lumpenproletariat, dei predi catori fanatici, ecc. »S7. Per spiegare le differenze tra le due mentalita
utopiche, Mannheim introduce, come si e detto, la categoria del « condi
zionamento esistenziale» (Seinsverbundenheit) delle idee: occorre per tanto far riferimento alia situazione sociale in cui si trovavano le due
classi, « media » e « contadina », per stabilire il nesso causale tra situa
zione esistenziale e tipo di pensiero. Se ne ricava, allora, che in una situa
zione di oppressione assoluta il gruppo o la classe che ne e vittima tende
rebbe a sviluppare una cultura politica « millenarista »; in una situazione
« intermedia », di subordinazione da un lato e di forza dall'altro — tipica della classe borghese —, vi sarebbe la tendenza a sviluppare concezioni
politiche, e tecniche di controllo politico e sociale, che sarebbero « una via
di mezzo » tra il « millenarismo » dei contadini e la « concretezza » delle
classi dirigenti. II principio del condizionamento esistenziale del pensiero e, dunque,
il criterio al quale Mannheim ricorre per spiegare la varieta delle forme cul
tural e delle « dottrine politiche » nella loro diversita e specificita. La strut
tura epistemologica della cultura di certi gruppi e classi sarebbe, insomma,
determinata dalla loro posizione in rapporto ai gruppi dominanti.
Non e difficile scorgere, a questo punto, le stesse difficolta di fronte
alle quali si era arrestata l'epistemologia durkheimiana. Anche Mannheim,
come Durkheim, considera le forme del pensiero un riflesso della condizione
del gruppo sociale ove esso sorge. Se Durkheim sembra essere piu preciso
56 Ibid., p. 224. 57 Ibid., p. 230.
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nella determinazione dei nessi tra la struttura sociale e i sistemi di clas
sificazione, ed anche piu plastico nella collocazione addirittura topogra flea («morfologia sociale») dei gruppi stessi, Mannheim in compenso
presenta un'immagine piu viva, sia pure meta-spaziale, della « forza tra
scendente » del pensiero 58.
Stabilito il vincolo delle forme del pensiero alia posizione dei gruppi
sociali, Mannheim e costretto a cercare i fondamenti del sapere nelle
condizioni strutturali e storiche. Sembra cosi uscire dalla rigorosa proble matica dell'origine epistemologica perche costruisce sulle « derivazioni » e
non sulle « premesse ». Da una parte, infatti, procede a caratterizzare la
specificita delle forme di pensiero, dall'altra delinea la posizione dei
gruppi: ma tra questi due « livelli di analisi » v'e uno iato. Sostiene, e
vero, che il pensiero ha « origini extra-teoriche », ma non spiega come
esso si sia formato e come sia stato costruito.
Nella scienza sociale contemporanea si e andato rafforzando l'interesse
per una interpretazione che non si limiti a cercare corrispondenze tra il
mondo delle idee e la realta sociale, ma a studiare piuttosto come si sia
formato il pensiero nel corso dell'interazione, a stabilire come si vengano costituendo le « categorie » della cultura e a precisare i meccanismi che reg
gono questo processo. Certamente, Mannheim e dentro tale problematica, ma e fermo sulla soglia della « spiegazione » in senso stretto. Invece l'opera di Levi-Strauss, ad esempio, e indicativa in merito. Essa pud essere intesa
come lo studio della costruzione simbolica del mondo, che muove alia
ricerca dei meccanismi di costruzione della cultura e, quindi, della organiz zazione sociale 59.
Certamente influenzato dal clima culturale del suo tempo — che vedeva
gli esiti e i confronti di « culture » quali lo storicismo, il marxismo, il
nazismo — Mannheim concentra l'attenzione sui legami « esterni » tra le
forme di sapere e le classi sociali: data una classe, egli procede a ricer
carne l'identita culturale, per concludere che questa sara ideologica o
utopica a seconda della posizione che la classe occupa nell'ordinamento
sociale.
Si potrebbe ragionare sull'intero metodo di ricerca, che qui appare estremamente insicuro, ma basti, ora, indicare che Mannheim non spiega come awenga Vauto-trascendenza del pensiero, come esso acquisti il carat
58 Cfr. K. Mannheim, Das Problem einer Soziologie der Wissens, in « Archiv fur Sozialwissen
schaft und Sozialpolitik », LII, 1925. 59 Cfr.: C. Levi-Strauss, Mythologiques, voll. I, II, III, Paris 1964, 1966, 1968; E. Leach,
Levi-Strauss, Fontana, London 1970.
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tere di pensiero rivoluzionario, ne chiarisce come abbia luogo la costruzione
sociale del pensiero. £ vero che la cultura e un esperienza di gruppo, che
anzi ne esprime la volonta collettiva, ma rimane in sospeso il quesito sul
come sia stata socialmente elaborata. Culture come quella liberale e quella chiliastica sono, per Mannheim, dei fatti scontati e complessi che non esi
gono di essere « scomposti » per spiegarne la composizione e percio sem
bra cadere nello stesso errore da lui rilevato nei « filosofi tradizionali », se
distacca, in effetti, le idee dalla societa: infatti non spiega, si e detto, come
una classe abbia elaborato la propria cultura. Se anche sostiene che quella cultura e l'unica possibile, non si guadagna alcuna spiegazione e la per
plessita aumenta. Ripete l'errore di Durkheim: non si rende conto che
all'interno di una classe il « pensiero » non e uniforme, ma differenziato,
ed e spesso una combinazione di elementi contrapposti, provenienti da cul
ture diverse. Dovrebbe pertanto riuscire difficile a Mannheim spiegare, ad
esempio, la « falsa coscienza »: perche individui e gruppi che vivono nella
stessa condizione esistenziale di subordinazione hanno lo stesso pensiero
politico delle classi dominanti? Non sono certo congetture, queste, ma
fatti ed obiezioni precise. L'analisi sociologica, del resto, ha dinnanzi a se
fatti opposti, che chiedono spiegazione: vi sono in Inghilterra gruppi di
« lavoratori manuali » che votano regolarmente per i conservatori 60. Vi sono
poi numerosi casi nella storia che vedono « frazioni » della classe domi
nante distaccarsi dalla propria classe per legarsi alle classi subalterne:
basterebbe studiare la composizione sociale delle elites rivoluzionarie russe
e cinesi per constatare che esse provenivano da classi diverse da quelle dei
contadini e degli operai 61.
Dire percio che una cultura deriva dalle condizioni esistenziali di una
classe, per quanto sembri a prima vista una spiegazione, si riduce in fondo
a una « petizione di principio ». Ma sarebbe forse un errore credere che
questi gravi limiti siano una caratteristica particolare di Durkheim o di
Mannheim; sono limiti comuni alia odierna sociologia della conoscenza 62.
Anche in Merton e in Parsons, ad esempio, si parte da un cultura costituita,
intesa come grounds of meanings, come « fondamenti di significato » che
ispirano gli scienziati: cosi restano analiticamente elusi i problemi del
rapporto tra l'organizzazione sociale della scienza e l'epistemologia, non
60 Cfr. J. Westercard, The Rediscovery of the Cash-Nexus, in « Socialist Register», 1970,
. 117-135.
Cfr. M. Lasswell, World Revolutionary Elites, MIT Press, Cambridge (Mass.) 1966. 62 Cfr. C. G. Rossetti, Teoria, struttura e azione nella scienza sociale inglese contemporanea,
« Rassegna italiana di Sociologia », XVII, 1, 1976, particolarmente pp. 87-102.
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320 A. SCIVOLETTO
essendo precisato il passaggio dall'una all'altra, che anzi non si pone nem
meno come problema. L'esigenza di una tale ricerca e apparsa di recente,
ma si e ancora lontani dal possedere un corpus organico di contributi ®.
Nonostante si tratti di un settore decisivo per intendere la conoscenza umana
e, in modo particolare, il « fenomeno della sociologia», questo campo della teoria sociologica rimane stranamente meno conosciuto e piu diser
tato. Si vuole, allora, far riferimento agli ultimi studi per trarre o formulare
possibilmente alcune « proposte di metodo », per affrontare ed incrementare
le ricerche in direzione epistemologica.
IV - ASPETTI DEL DIBATTITO SULLA « RIVOLUZIONE COGNITIVA »
Durkheim e Mannheim hanno lavorato per una comprensione epistemo
logica della civilta, per evidenziare le regole culturali dei gruppi e dei
grandi movimenti collettivi ed enucleare, come si e detto con Durkheim,
quei meccanismi mediante i quali « si costruiscono, si proiettano e si loca
lizzano nello spazio, le rappresentazioni del mondo ». La loro interpreta zione appare ora nettamente distinta dal recente funzionalismo, ma piu vicina agli studi attuali sui processi di costruzione della realta sociale,
cosi come emergono, sotto il profilo cognitivo, nell'area delle scienze antro
pologiche. Si e anche detto che nonostante il vasto interesse che la posizione di Durkheim continua a suscitare, nonostante l'attualita della sua Frage
stellung, le sue ricerche sono rimaste seriamente limitate dalla concezione
positivistica privilegiatrice della esteriorita del « fatto », che riduce l'epi
stemologia ad una copy-theory, per cui il pensiero e inteso come un « ri
flesso » (piu che una « riflessione ») della struttura sociale.
1. £ noto che il problema della costruzione culturale del mondo
aveva meritato una piu complessa visione da parte di Max Weber. Anzi,
proprio tornando a Weber, Mannheim era uscito, negli anni trenta, dalle
sicurezze interpretative di Ideologic und Utopie, per ripensarle, a volte
radicalmente, e per orientare la sua « sociologia del sapere » in direzione
mediatrice tra gli estremismi utopici caratterizzanti la crisi del mondo
contemporaneo M.
63 Cfr. L. Sklair, Organized Knowledge, Paladin, London 1972. 6* Lo ha sottolineato P. Rossi, Storia e storicismo ecc., cit., p. 251: «In tale maniera il pen
siero di Mannheim si e sviluppato da uno storicismo come intuizione generale del mondo — nel
cui ambito confluiva l'interpretazione marxistica della storia — verso una storicismo come impo stazione metodologica, nel quale e stato recuperato il nucleo dell'insegnamento di Max Weber».
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DA E. DURKHEIM AD A. SCHUTZ 321
L'interesse di Weber, ad esempio, per il complesso di « regole » elabo
rate dai puritani per realizzare ed esprimere la propria Beruf e indicativo
nel contesto di cui si tratta. La sua attenzione si concentra, appunto, sui
processi di «razionalizzazione» della condotta umana e la discussione, assai dettagliata, della nozione di Beruf ne e prova 65. Tale interesse e ben
chiaro nella definizione di azione sociale che ha, per Weber, un carattere
« intenzionale » ed implica un processo di costruzione del senso dei rapporti sociali. In questo modo, egli fa riferimento alia «soggettivita » e alia
«storicita» dell'agente e al processo di costituzione dell'agire, che e
anche processo relativo alia « costruzione dei valori » 66, diversamente da
quanto sostiene il Parsons che assegna ai valori un ruolo centrale e « con
dizionale » 67. Infatti Parsons si preoccupa del « controllo sociale » che i
valori possono esercitare, mentre Weber si interessava ai processi che
«regolano» l'elaborazione di un determinate sistema di controllo so
ciale 68.
Cosi Eisenstadt, da parte sua, richiamandosi a Durkheim, nel distinguere tra « elementi contrattuali » ed « elementi pre-contrattuali » 69, ha inteso
fare una distinzione analitica tra l'assetto normativo di una societa e il pro cesso di costruzione del sistema normativo stesso. Con questo criterio, si
ricavano due corrispondenti livelli di analisi: il primo ha per oggetto la
configurazione delle norme e dei valori e il loro nesso con la struttura so
ciale; il secondo l'elaborazione delle norme e della struttura. Le due sfere
di problemi, strettamente congiunti, sono cosi chiaramente distinte sotto
il profilo analitico.
Max Weber, per fare un esempio concreto, nell'indagare la cultura dei
puritani70 ha messo bene in evidenza che il legame tra il credente e Dio
era stabilito in modo individuale e personale, senza dover fare riferimento
ad un insieme di valori dominanti, come vorrebbe invece Parsons: anzi, la
65 M. Weber, Gesammelte Aufsatze zur Religionssoziologie, I.C.B. Miihr, Tubingen 1922, trad,
it. parziale L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, Sansoni, Firenze 1965, in particolare,
parr. 2-3. Dello stesso autore cfr. Wirtschaft und Gesellschaft, Mohr, Tubingen 1956, vol. I, pp. 1,
11, 12, 14; Gesammelte Aufsatze zur Wissenschaftslehre, Tubingen 1922, trad. it. II metodo delle
scienze storico-sociali, Einaudi, Torino 1958. 66 Cfr.: M. Weber, Wirtschaft ecc., cit., cap. V; A. Walther, Max Weber als Soziolog, in
« Jahrbuch fur Soziologie », 1926, pp. 1-65; H. Grab, Der Begriff des Rationalen in der Soziologie Max Webers, ibid., 1927, pp. 25-35.
67 Cfr. T. Parsons, Societies: an Evolutionary and Comparative Perspective, Prentice Hall,
Englewood Cliffs (N.J.) 1966. 68 Cfr. M. Weber, Wirtschaft ecc., cit. 69 Cfr. S. W. Eisenstadt, Essays in Comparative Institutions, Wiley & Sons, New York 1965. 70 Cfr. M. Weber, L'etica protestante ecc., cit.
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322 A. SCIVOLETTO
relazione «religiosa» del puritano era, secondo Weber, una relazione
purissima che scaturiva solo, o in prevalenza, dalla interiorita del credente.
Percio era una « relazione » rivoluzionaria, nel senso che « rompeva con
la tradizione » e creava una nuova forma di « credo », una nuova disciplina morale e intellettuale 71.
Ai fini della chiarezza del discorso che qui si svolge, l'elemento piu
importante da rilevare e che il puritano costruisce il proprio universo di
significati ricorrendo a criteri interpretativi diversi, anzi per certi aspetti
antitetici, a quelli stabiliti dalla tradizione dominante. Non si discute ora,
ovviamente, sulla correttezza dell'interpretazione weberiana, ma si vuole
ricordare il particolare interessamento di Weber alia costruzione della
cultura, alia elaborazione di nuove etiche, religiose, economiche, politiche. Cio perche egli ha colto nella cultura un aspetto centrale: essa, come e dato
osservare in precise circostanze storiche, tende ad auto-trascendersi, creati
vamente e progettualmente. E questa una delle caratteristiche piu importanti dell'azione umana, che sta alia base della creazione della cultura e delle
strutture sociali di una determinata « civilta ».
2. £ stato Alfred Schutz ?2, di recente, a riprendere questo aspetto del pensiero weberiano, a lungo trascurato dalla critica funzionalistica, nel
quadro della sua polemica contro il ricorrente positivismo in sociologia, cioe
contro la mentalita che pretende di ridurre l'azione sociale e la cultura alia
raccolta e all'analisi sistematica dei dati e che lascia nell'ombra il problema centrale della « significativita » dell'azione e del suo divenire. Opera gia
qui una distinzione fondamentale all'interno del concetto weberiano: Yagire sociale (Handeln) coglie proprio l'azione nel suo processo formativo, nel
costituirsi del senso stesso dell'azione; mentre Yatto (Akt) e l'azione com
piuta e conclusa. Schutz sembra, in effetti, mutuare un'analoga distinzione
operata da Husserl73, nelle Ricerche logiche, tra il « significato come un
atto » (Bedeutung) e « cio che e significato » (Bedeuten). II che vorrebbe
semplicemente additare una evidenza fondativa: che l'azione sociale non puo essere intesa separatamente dagli schemi interpretativi e che solo in forza
di essi l'azione si organizza e si costituisce nel suo significato 74.
71 Su questo punto di particolare interesse, cfr. S. W. Eisenstadt (ed.), The Protestant Ethic
and Modernization, Basic Books, New York 1969. 72 A. Schutz, Der Sinnhafte Aujbau. der Sozialen Welt, Wien 1932; cfr. trad, inglese The
Phenomenology of Social World, Heinemann, London 1972, pp. 3-44. 73 E. Hosserl, Logische Untersuchungen, Halle 1928, vol. II, p. 80. 74 A. Schutz, Der Sinnhafte ecc., cit.
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DA E. DURKHEIM AD A. SCHUTZ 323
A differenza del positivismo, che vede l'azione « come una cosa » o
come un aggregato statistico o come un semplice « comportamento », Schutz
insiste sul concetto-base che l'agire e innanzitutto una struttura significa tiva e che si pone di per se come oggetto non trascurabile di analisi socio
logica. Un'azione, insomma, ha un significato solo se corrisponde a una
« struttura di senso » (Sinnzusammenhang). « Siamo in grado di dire che
cio che distingue l'azione dal comportamento e che essa e l'esecuzione
di un ' progetto
' d'azione. Possiamo quindi dire che il significato di ogni
azione e il suo ' atto progettuale '
corrispondente. Riformulando il problema in questi termini, abbiamo chiarito il vago concetto di ' azione orientata
'
proposto da Weber » 75.
Dalle parole di Schutz si ricava che l'azione sociale non si esaurisce
in un insieme di norme e di valori posti di fronte alia opzione dei soggetti; essa e piuttosto l'espressione di un «progetto» ed ha, per cosi dire, un'unita interna che potrebbe spiegarsi come possibility di «trascendere »
la situazione empirica e di costruire un'immagine del mondo. « L'attore
proietta la sua azione come se essa fosse gia conclusa e appartenesse ormai
al passato. £ un evento pienamente compiuto e ' attualizzato ' a cui l'attore
assegna un posto definito nell'ordine delle esperienze a lui date al mo
menta della ' progettazione
' dell'azione. ... Se e possibile esprimersi con
Heidegger, si puo dire che la natura di ogni azione consiste sempre in un
'progetto' (Entwurfkarakter). Ma la 'progettazione' di un'azione e un
principio che si sviluppa indipendentemente dalle azioni effettive. Ogni ' progettazione
' dell'azione e parte del fantasticare dell'attore o, in altri
termini, un'attivita fantastica spontanea, ma non e da intendere come
l'attivita stessa. E, semmai, una rappresentazione intuitiva ' anticipata
' che
puo comprendere o meno una '
credenza '
» 76.
Come si vede, per caratterizzare e fondare il processo di « autotrascen
denza » della cultura, Schutz ricorre ad alcuni modelli fenomenologici di
Husserl ed adotta anche il concetto di Dasein di Heidegger 77: e si tratta, in verita, di modelli fecondi per poter intendere questa sorta di nuova tra
scendentalita in cui Schutz vorrebbe risolvere le precedenti aporie epistemo
logiche. Infatti, se per Durkheim e Mannheim la struttura sociale e fonte
di conoscenza (« classificazioni », « ideologic », ecc.), per Schutz il fonda
mento e la dinamica della cultura risiedono nella tendenza stessa del feno
meno culturale verso l'auto-trascendenza e la progettazione che informano,
75 Ibid., p. 61. 76 Ibid. 77 Cfr. M. Heidegger, Sein und Zeit, Halle 1927, trad. it. Essere e tempo, Bocca, Milano 1953.
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324 A. SCIVOLETTO
appunto, I'agire dei soggetti. La sacralita della coseienza collettiva dur
kheimiana e sostituita da un piu rarefatto orizzonte di rappresentazioni
culturali, in cui ha luogo il processo di « assegnazione di significati » al
l'azione e al mondo (meaning-giving), il passaggio dal non-senso al senso.
In altri termini, se Durkheim e Mannheim non perdono mai di vista i nessi
tra il pensiero e la struttura sociale, Schutz rovescia i termini tradizionali
del discorso e dice che le basi della struttura sociale sono forme di azione, strutture complesse di significati e non certamente « aggregati statistici » o
enti empirici « massivi » come ceto, classe, strato, ecc.
Piu che di «novita », forse, la posizione di Schutz e dotata di una
forte polemica distintiva nei confronti dalla sociologia neopositivistica (di O. Neurath, ad esempio) e, solo indirettamente, nei confronti di taluni
aspetti del funzionalismo. Rivolge, anzi, chiaramente la sua attenzione
all'opera di Parsons e ne riconosce esplicitamente l'importanza, soprattutto la dove il sociologo americano afferma che l'unita elementare degli studi
sociologici e Vazione fornita di senso. C'e dunque un'affinita significativa fra i due autori, se si tien conto che Parsons, per certi aspetti sulla traccia
di Weber, sostiene che l'azione e da ricercare nello « schema » che l'agente costruisce nei congiungere i mezzi ai fini; scrive infatti: « un'azione e ra
zionale nella misura in cui essa persegue dei fini possibili in una situazione
determinata e attraverso quei mezzi che, tra tutti quelli a disposizione del
l'attore, sono piu adeguati alia realizzazione dei fini, per ragioni che pos sono essere intese e verificate con i procedimenti delle scienze empi riche »7®.
£ certo interessante scorgere nei tessuto epistemologico di Schutz l'in
trecciarsi di contributi provenienti dall'esistenzialismo e dalla fenomeno
logia, mentre dello stesso Parsons mutua e sviluppa il punto concernente
gli schemi delVazione estratti dalla teoria economica. Parsons infatti non
era andato, su questo piano, oltre la concezione dei means-ends patterns, mentre il modello fenomenologico porta Schutz proprio sul terreno « eide
tico » 79 in cui si celebra il trascendimento del sensibile e la rappresenta zione dei significati dell'azione umana.
Parsons, nei saggio The Place of Ultimate Values in Ethics 80, rinnova
le riflessioni sui valori « ultimi » cui riconosce la funzione di orientare e
*
78 T. Parsons, The Structure of Social Action, New York 1937, p. 58. 79 Cfr.: J. L. Heap - P. A. Roth, On Phenomenological Sociology, in « American Sociological
Review», 1965, pp. 674-688; S. Bruyn, The Human Perspective in Sociology, Prentice Hall,
Englewood Cliffs (N.J.) 1966. 80 T. Parsons, The Place of Ultimate Values in Ethics, in «International Journal of Ethics »,
XLV, 1935.
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DA E. DURKHEIM AD A. SCHUTZ 325
coordinare l'azione; Schutz ricerca invece le categorie dell'organizzazione della cultura, dei fini e dei mezzi, delle visioni del mondo e di se, cioe
gli schemi che orientano e coordinano le relazioni sociali81. Si diceva, prima, dell'orizzonte trascendentale in cui si muove l'analisi di Schutz: in fondo,
se il criticismo kantiano si era posto il quesito sul come sia possibile a
priori la scienza della natura, ora Schutz si chiede quali siano le condi
zioni a priori della cultura e della scienza sociale.
Altro momento della riflessione sulla cultura considerata come pro blema-base del sapere sociologico, e rappresentato da alcuni contributi
della New School for Social Research dell'Universita di New York. Pur
non trovandovi esplicito riferimento alle ricerche di Schutz, si puo dire
che il saggio Reification and Sociological Critique of Consciousness, di Peter
Berger e Stanley Pullbergsembra in effetti adottarne l'impostazione
metodologica. I due autori ritengono che la sociologia della conoscenza
abbia trascurato il problema fondamentale dell'atteggiamento dell'uomo di
fronte al mondo sociale, preoccupata esclusivamente delle « strutture sociali»
in quanto tali, non sempre proponendosi di penetrare il « significato » della
cultura. Questa non e una entita astratta, al contrario, e la stessa vita socia
le : la cultura costruisce e da ordine ai rapporti intersoggettivi. Percio l'inter
pretazione tradizionale, che soltanto riferisce le idee alia struttura sociale,
va capovolta, per esplorare piuttosto sui processi formativi delle strutture
stesse attraverso un meccanismo di objectivation: « per ' obiettivazione
' noi
intendiamo quel processo col quale la soggettivita umana prende corpo nei ' prodotti' che sono disponibili a noi e al prossimo come elementi di un
mondo a tutti comune. Questo processo ... ha origine dal fatto che la sog
gettivita umana non e un mondo interiore chiuso, ma e sempre coinvolta
in un processo intenzionale che tende ad aprirla al mondo piu vasto. In
altri termini, la soggettivita umana deve oggettivarsi continuamente: l'uomo
produce il proprio mondo » 83.
Ogni societa umana, secondo Berger, puo percio essere intesa « as a
world-building enterprise, that is a world-building human activity»M.
Questa posizione, per le sue conseguenze, non sembra lontana da quanto Durkheim diceva —
pur in un contesto teoretico che Berger e Pullberg
escludono — intorno ai legami del « sacro », i quali non sono stabiliti una
volta per sempre, ma si rinnovano perpetuamente: e, per cosi dire, il carat
81 A. Schutz, Der Sinnhafte ecc., cit. 82 P. Berger - S. Pullberg, Reification and Sociological Critique of Consciousness, in « History
and Theory », IV, 2, 1965, pp. 196-211. «3 Ibid., p. 199. 84 Ibid., p. 201.
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326 A. SCIVOLETTO
teristico punto « dialettico » — forse il solo — della visione durkheimiana,
quello del rapporto comunita-soggetto, che si riflette nel binomio sacro-pro fano e che spiega l'auto-trascendenza « verso il sacro », anche se in definitiva
e il sacro stesso — il sociale — che spinge o attrae il soggetto. Nel rituale
della Chiesa cattolica, ad esempio, tutto e rivolto a riconfermare sistematica
mente i rapporti tra il fedele e Dio: la Comunione, anche nel suo significato
eucaristico, e intesa non come atto sporadico, ma come rinnovamento rego lare e frequente del contatto personale con Dio e con la comunita dei creden
ti. Senza tale ritmo partecipativo, i legami andrebbero perdendosi; cosi per il rapporto «costruttivo» uomo-cultura nella prospettiva di cui si sta
dicendo, in un orizzonte aperto e non chiuso come quello durkhei
miano.
Non pud sfuggire dunque l'importanza della « rivoluzione cognitiva »
operata da Schutz e Berger nei confronti del positivismo e del funzionalismo
nei quali non puo trovar luogo nemmeno l'ipotesi di una « costruzione
culturale del mondo» come processo epistemologico che viene notevol
mente a modificare la stessa struttura logica della scienza sociale. Sarebbe
ingenuo, tuttavia, immaginare che tale « rivoluzione » abbia ormai chiarito
i termini della questione e che in essa stessa non siano difficolta ed incertezze:
una prima difficolta viene, intanto, dal livello di astrazione in cui gli autori
di questa tendenza pongono e sviluppano il loro discorso che non sempre trova un corredo sufficiente di dati, tale da poter persuasivamente confermare
le loro ipotesi. Superfluo e pero dire che le difficolta nulla tolgono all'im
portanza e alia potenzialita di ricerche come queste, che hanno almeno
il pregio di rimettere in discussione tutta la problematica espistemo
logica.
3. Per merito di Alfred Schutz, si puo dirlo con certezza, la New
School for Social Research ha influito in modo estremamente importante sullo sviluppo, in senso teoretico, della sociologia contemporanea. Si deve
pero anche osservare che la ricerca analitica di Schutz ha trovato un ter
reno favorevole nella tradizione della teoria sociale americana: e cio smen
tisce i luoghi comuni che scorgono nell'area statunitense soltanto una tradi
zione empiristica nel senso deteriore del termine e non gia — come invece
dimostrano chiaramente le opere di George Herbert Mead, John Dewey e
Charles Peirce — un profondo interesse per i piu ardui problemi teorici
e per il significato dell'azione sociale. Non si trattera ovviamente di una
tradizione antica, complessa, variegata quale e quella che caratterizza il
pensiero speculativo della vecchia Europa, ma e pur sempre, nel suo quadro
storico-culturale, una tradizione di pensiero che ha la sua fecondita e che
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DA E. DURKHEIM AD A. SCHUTZ 327
da senso alia propria realta; e percio risulta originale e preziosa al pari di
ogni altra piu o meno lunga tradizione.
Si pensi ai contributi della Scuola di Chicago che, con C. K. Odgen e
I. A. Richards 85 prima e B. Malinowski e F. G. Grookshank poi, ha intro
dotto nel dibattito la problematica intorno all'« azione simbolica » (simbolic
action) e alia comunicazione, tema privilegiato da R. Park e W. Burgess 86
per i quali la « societa non solo continua ad esistere mediante la trasmis
sione e la comunicazione; essa consiste nella trasmissione, nella comuni
cazione ». Da una considerazione come questa, apparentemente ovvia e
scontata, scaturiva l'urgenza di una maggiore cura analitica sullo stru
mento principale della cooperazione sociale, quale e appunto il linguaggio, e si ricavava il ruolo dell'interazione simbolica nei processi sociali. Sebbene
fra i vari contributi sia emersa, per la sua forza dimostrativa, la teoria del
context of situation di Malinowski, che ha dato rilievo e prestigio a quella scuola, non si pud, nemmeno qui, giudicare soddisfacente il bilancio, se si
confronta al quesito radicale dell'epistemologia, che anche Peirce 87 aveva
posto sin dal lontano 1883: quali siano i modi in cui si costituisce la cono
scenza del mondo. Si legge in H. D. Duncan: « la teoria triadica del signi ficato secondo Peirce ha posto l'elemento simbolico tra la mente e il corpo, tra l'organismo e l'ambiente, tra 1' ' interpretante
' e gli oggetti del suo
ambiente »
Successivamente Dewey, da parte sua, metteva in luce una tematica
che oggi trova ampi sviluppi in psicologia sociale, nel prospettare una
interpretazione « drammatica » sia dell'azione che della formazione della
mente89: le relazioni sociali non sono semplici o pacifici assolvimenti di
ruolo, ma sono razionalizzate e costruite dai soggetti interagenti e percio tali
da richiedere un impegno continuo ed in certo senso una « rischiosita » che
sa di dramma, tra l'imprevisto e la decisione. Ma si trattava piu di rilievi
che di spiegazioni. Una visione piu completa dell'« azione simbolica» era stata invece
proposta da Mead con pochi, ma importanti scritti integrati da un inse
gnamento fecondo sia dal punto di vista psicosociologico che filosofico 90.
A parte la costante fiducia evoluzionistica che traspare da ogni sua afferma
85 Cfr. C. K. Odcen -1. A. Richards, The Meaning of Meaning. A Study of the Influence of
Language upon Thought and of the Science of Symbolism, New York 1945. 86 Cfr. R. Park - W. Burgess, Introduction to the Science of Sociology, Chicago 1924. 87 C. S. Peirce, Philosophical Writings of Peirce, New York 1955. 88 H. D. Duncan, Symbols and Social Theory, New York 1969, p. 204. 89 Cfr. J. Dewey, Experience and Nature, New York 1929, p. 167. 90 Cfr. G. H. Mead, The Philosophy of the Act, Chicago 1938; cfr. A.J. Reck (ed.), Selected
Writings of G. H. Mead, Indianapolis 1964.
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328 A. SCIVOLETTO
zione (a cominciare da quella relativa alia « natura sociale della mente »),
egli svolge un ruolo interessante nel quadro del conoscere sociale per aver
evidenziato i processi di costruzione dell'azione e del significato di essa, dal punto di vista dell'organizzazione del linguaggio (interazionismo sim
bolico), e percio degli attori che vi sono coinvolti. La tesi dell'interiorizza
zione dell'altro, per Mead, elimina l'equivoco di una societa intesa solo come
complesso di relazioni esterne e favorisce la comprensione di essa come
costrutto simbolico, come connessione di senso, che trova la sua origine nel divenire e nell'organizzarsi dell'esperienza intersoggettiva. « II gesto
significativo o simbolico — scrive — presuppone sempre, per avere un
significato, il processo sociale di esperienza e di comportamento in cui
esso nasce; ovvero, come dicono i logici, e sempre implicito un universo
di discorso inteso come il contesto o il campo entro il quale i gesti signi ficativi o simboli trovano di fatto il loro significato »91.
Si e detto dell'esperienza intersoggettiva: e questo il punto in cui
Mead, pur non avventurandosi sul terreno dell'epistemologia, ma appog
giandosi soprattutto agli strumenti della psicologia sociale, sembra fornire
qualche risultato per la sociologia della conoscenza 92. Distinguendo il Me
dall'/o esce dal pericolo di vedere l'individuo ridotto al tutto sociale e rico
nosce al soggetto, almeno sul versante fenomenologico, un compito crea
tivo, attraverso l'iniziativa della simbolizzazione e della connessa trasfor
mazione dei rapporti storico-sociali. Con efficace sintesi, A. Izzo scrive:
« Mead muove dall'organismo e il suo discorso ha inizio in termini di
psicologia comportamentistica. Le sue conclusioni non sono tuttavia distanti
da quelle di chi, come Weber, sulla base dello storicismo tedesco, aveva
a sua volta visto nella cultura come processo interattivo l'attribuzione di
significati socialmente relativi a ' un'infinita priva di senso Nel consi
derare la societa come costruzione umana che deriva dall'interazione, filoni
di pensiero apparentemente cosi diversi come la sociologia a sfondo
storicistico e il comportamentismo pragmatistico concordano perfetta mente »90.
Qui serve soprattutto prendere atto dell'influenza del pensiero di Mead
sulla ricerca di teoria sociale e particolarmente sulla elaborazione della
91 G. H. Mead, Mind, Self & Society, Chicago 1934; trad. it. Mente, Se e Societa, Univer
sitaria Barbera, Firenze 1966, p. 110. 92 Attribuiscono a Mead grande merito, nel campo della sociologia della conoscenza, P. L. Ber
cer - T. Luckmann, La realta come costruzione sociale, trad, it., II Mulino, Bologna 1969, mentre
A. Izzo procede a un cauto ridimensionamento, cfr. A. Izzo, Storia del pensiero sociologico, vol. II, II
Mulino, Bologna 1975, p. 429. 93 Ibid., p. 428.
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DA E. DURKHEIM AD A. SCHUTZ 329
prospettiva nota come interpretative paradigm 94. £ una tendenza incentrata
sui « processi di interpretazione » del mondo che sono gia processi interattivi
e che percio mettono in primo piano il ruolo dell'attore e del partecipante,
capace — come pensava Mead — di interiorizzare l'altro e di simbolizzare
il rapporto nella parola.
In questo quadro e in polemica con la role-theory, R. Turner afferma:
« l'attore non e l'occupante di uno ' status
' circoscritto da un complesso di
regole definite una volta per tutte, da una ' cultura ' o da un insieme di
norme; e una persona che deve muoversi seguendo le prospettive aperte nei suoi rapporti con gli altri, le cui azioni riflettono dei ruoli che egli deve
identificare »95. Viene cosi rivendicata la creativita dell'interazione che
non e meccanica o passiva adesione a norme definite (e questa radice della
« definizione », in fondo, il vero assillo epistemologico), come se gli attori, invece di essere tali, fossero soltanto dei puppets, dei semplici burat
tini. Pur essendo programmaticamente teso alia attivazione dei sogget
ti, alia prospettazione — attraverso il concetto di role-taking — del
carattere drammatico dell'azione, Turner non sembra pero andar oltre
l'area gia acquisita e non aiuta a rispondere persuasivamente all'assillo
epistemologico circa l'emergere e il formarsi dei metodi dell'interpreta zione dell'azione sociale, sia che si tratti dell'opera degli scienziati o
degli imprenditori economici o dei ricoverati in un ospedale psichia trico
Qualche passo in avanti nella discussione sembra potersi segnare sulla
traccia del famoso saggio di Harold Garfinkel, Common-sense Knowledge of Social Structures: the documentary Method of Interpretation in Lay and
Professional Fact-finding, e dell'altro Some Rules that Jurors Respect97. Garfinkel nel riprendere la tematica di Schutz intorno alia interazione, che
pero ritiene fondata su regole tacitamente condivise, si mette in contrasto
con la sociologia concettuale e cerca di provare con la sua « etnometo
dologia», la fragilita dei sistemi e delle relazioni. Evidente e quindi la sua polemica contro la stabilita o la ipostatizzazione del mondo sociale
94 Cfr.: H. Blumer, Sociological Implications of the Thought of G.H. Mead, in «American
Journal of Sociology», 71, 1966, pp. 535-544; H. Garfinkel - H. Sacks, On 'Setting' in Con
versation, Paper presented all'A.S.S., 1966. 95 R. Turner, in A. Rose (ed.), Human Behavior and Social Processes: an Interactions Ap
proach, Boston 1962, p. 22. 96 Cfr. E. Goffman, Asylums. Essay on the Social Situation of Mental Patients, New York 1961,
trad. it. Asylums, Einaudi, Torino 1968. 97 Cfr. H. Garfinkel, Studies in Ethnomethodology, Prentice-Hall, Englewood Cliffs (N.J.)
1967, pp. 76-103 e 104-115.
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330 A. SCIVOLETTO
prospettata da Parsons. Lo ha notato, fra l'altro, A.W. Gouldner, nell'ac
costare Garfinkel e Goffman: « ambedue sembrano dare per scontato un
mondo sociale che si basa su accordi taciti che, per quanto siano im
portant in quanto fondamento di tutto il resto, sono ancora fragili e
vengono violati piuttosto facilmente. I fondamenti culturali, in breve, so
no precari e la loro certezza apparentemente si basa in parte sul fatto che
essi sono invisibili e vengono dati per scontati. Una volta che vengono alia
luce, essi pertanto tendono a perdere piuttosto rapidamente la loro presa. Contrariamente a quanto fa Parsons, Garfinkel non trasmette un senso di
incontrollabile stabilita dei fondamenti sociali » ".
Cio che viene condiviso non reclama o almeno non da una spiegazio ne assiologica e non e da celebrarsi, nemmeno in se stesso, come sacra
lita perenne: si tratta, quasi capovolgendo la nozione durkheimiana, di una
«coscienza collettiva delle cose minute » che alimenta l'interazione. Le
funzioni in tale insieme non sono insostituibili, ma indifferenti: le regole sono soltanto delle intese convenzionali che danno la sensazione di stabilita.
Cio si ha non per strutture ontologiche immutabili, ma finche dura l'accordo
delle parti legate dal « buon senso » e dalla « quotidianeita » (common
background understandings). La possibility della conoscenza del mondo e
data degli « attitudes of daily life»: sono questi, per cosi dire, degli a priori che formano la conoscenza, non sono l'esperienza; essi danno una
struttura all'interpretazione di se e della societa da parte degli individui,
come gia Schutz aveva fatto intravedere. Per essi i soggetti dirigono la co
struzione rappresentativa del mondoGarfinkel, dall'ispido linguaggio, intende con « rational properties » la struttura normativa dell'azione, il
complesso di norme (regole, convenzioni, funzioni, ecc.) che una comunita
ha istituzionalizzato. bene ricordare la differenza, aldila delle apparenze anche terminologiche, con i funzionalisti: essi rivolgono lo sforzo analitico
alia individuazione e alia definizione di norme stabili le quali assolvono al
compito della spiegazione conclusa (explanans); mentre Garfinkel continua
a ritenere le norme « problematiche », intorno alle quali e sempre aperto il discorso della spiegazione (explanandum) 10°. Cio che egli si propone di
spiegare e come siano emerse quelle « properties of rationality », cioe cosa le
norme significhino in una costruzione che e, in fondo, solo apparentemente
98 A. W. Gouldner, The Coming Crisis of Western Sociology, Basic Books, New York 1970, trad. it. La crisi della sociologia, ii Mulino, Bologna 1972, p. 573.
99 Cfr. H. Garfinkel, Studies ecc., cit., pp. 1-34. i«> Ibid., pp. 11, 37.
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DA E. DURKHEIM AD A. SCHUTZ 331
« razionale », dato il gioco della convenzione che si istituisce nell'accordo
linguistico tra i membri di una comunita. Si configurano pertanto dei livelli
di comunicazione convenzionale corrispondenti alle aree e alia tipologia delle interazioni sociali. Una comunita scientifica — per citare un esempio di Garfinkel — ha un proprio « linguaggio » e una propria concezione della
« razionalita » che adotta in vista di scopi particolari. Tra la razionalita
dello scienziato e quella della « vita quotidiana », l'elemento differenziale
piu importante e dato da\Y atteggiamento conoscitivo e dai processi di strut
turazione dell'esperienza 101. Dall'oscuro periodare di Garfinkel sembra di
capire che la scienza, la pratica della scienza, e regolata non soltanto dalla
discussione delle teorie e dall'applicazione delle metodologie, ma innanzi
tutto dall'atteggiamento dello scienziato, dalle modalita con le quali egli decide di condurre la ricerca di un ordine razionale. L'analisi di Garfinkel
suscita qualche perplessita per il suo « impulso anarchico », come spiega
Gouldner, ma raccoglie suggestioni che derivano da una meditazione atipica su Schutz e Parsons e che apre un dibattito non privo di significato circa
l'assunzione della «vita quotidiana » nel nucleo stesso dell'ipotesi epi
stemologica 102.
V - NUOVI PROBLEMI DELL'EPISTEMOLOGIA SOCIALE
L'orizzonte della ricerca sui significati dell'azione sociale appare certa
mente piu vasto dopo i contributi di Schutz, di Berger e di Garfinkel. Un
notevole processo di trasformazione investe le teorie conoscitive, siano
quelle rivolte alia « quotidianeita » che le altre riguardanti le strutture della
scienza. Si ha qui un primo elemento del bilancio provvisorio: la scienza
e uno dei tipi possibili di conoscenza, anche se ha una individuality propria ed una configurazione specifica; anche la scienza, comunque, segue le
regole fondamentali della costruzione della cultura. Come la cultura non
pud essere « compresa » soltanto in base al complesso di regole che ne carat
terizzano l'individualita, cosi la scienza non puo essere spiegata e non puo tradursi in operativita eflettiva facendo riferimento soltanto al complesso delle teorie, delle metodologie e cosi via. Come ha ben dimostrato T. Kuhn 103,
alia base della scienza e del suo sviluppo sono dei « paradigmi » il cui
101 Ibid., p. 64; cfr., inoltre, Scientific and Common-sense Activity, in A. Giddens (ed.), Posi
tivism in Sociology, London 1973, pp. 64-65. 102 Cfr. H. Garfinkel, Studies ecc., cit., p. 69.
103 Cfr. T. Kuhn, The Structure ecc., cit., p. 110.
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332 A. SCIVOLETTO
sorgere non puo essere spiegato se non relativamente all'emergere di con
cezioni del mondo di natura « qualitativa » in un determinato contesto
comunitario 1(H.
Nel pensiero di Kuhn, come e noto, la storia della scienza e la storia
delle « rivoluzioni » nella scienza stessa, e una serie di « Gestalt-switches », di «commutazioni » che investono qualitativamente la concezione della
struttura della scienza. E superfluo ricordare quale influenza abbiano eser
citato le ricerche di Kuhn sul pensiero contemporaneo ed in particolare sulla riflessione metodologica della sociologia, specialmente per la proble matica apertasi sia intorno alia sociologia della conoscenza e della scienza,
sia intorno alia « sociologia della sociologia » 10S.
Con maggiore o minor frequenza, la teoria sociale cerca da sempre i
propri fondamenti e i meccanismi del proprio sviluppo. II pensiero socio
logico, prima lineare e rappresentativo, sia nell'origine che nelle varie mo
dulazioni positivistiche, si e poi frantumato in piu scuole a scapito della
univocita epistemologica ed anzi provocando indirizzi spesso in conflitto
tra di loro: questa « crisi » si e tradotta in una ricerca intorno alia natura
qualitativa della conoscenza, ma e tale ricerca che scopre piu acutamente la
problematicita dell'assunto e aggrava la crisi. Un circolo di questo genere basta da solo a sospingere la riflessione critica verso radici totalizzanti e a
trasferire il quesito fenomenologico in una risposta metaflsica. Chi puo
negare infatti la risorgente esigenza filosofica dell'uomo? Solo che la
sociologia non ha come compito la ricerca della propria ascendenza onto
logica, ma quello di comprendere come le interazioni si carichino di « signi ficato » e di quale significato debba trattarsi e se questo significato e soggetto a mutamento piu o meno rapido o se sembra godere di una sua immu
tabilita; soprattutto, se e perche l'interazione, qualunque radice totalizzante
o di valore le si voglia attribuire, dispone di una sua autonomia operativa, non solo nel costituirsi come rapporto, ma anche nell'essere compresa, ripen
sata e prevista.
Studiosi come A. Gouldner e R. Friedrichs non sono lontani dall'indi
care l'esistenza di quello spazio qualitativo in cui il conoscere trova fon
1M Le questioni relative ai « sistemi » e ai « paradigmi », anche in riferimento alia conoscenza
sociale, sono state il tema di un « seminario» all'universita del Maryland, nel 1973. Per iniziativa
dell'Istituto di Sociologia deU'Universita di Parma, i contributi sono stati tradotti dall'originale e
raccolti in volume, in corso di pubblicazione: Autori Vari, Sistemi - paradigmi - societa, F. Angeli, Milano (in corso di stampa).
Cfr. A.W. Gouldner, The Coming Crisis ecc., cit.; R. Friedrichs, A Sociology of Sociology, New York 1972.
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damento, senz'altro preliminare che non sia l'evento stesso della interazione:
da questa le teorie sociali traggono « paradigmi » e « costrutti » che danno
corpo ai sistemi cognitivi. Forse i due autori non riescono a dimostrare in
modo convincente quali siano stati i paradigmi dominanti, come si siano
formati, come abbiano operato, ma le loro ricerche provano che lo sviluppo di una scienza sociale non pud essere inteso indipendentemente dai cognitive constructs qualitativi (di una qualita che non investa owiamente l'ontolo
gico e la valutativita; essa riguarda le relazioni, che pur sono determinanti
per la conoscenza e l'azione nella loro storicita). Anche se le riflessioni di
Gouldner e Friedrichs non affrontano direttamente i problemi dell'epistemo
logia — essendo prevalentemente riflessioni al margine della storia della
sociologia —, esse contribuiscono a focalizzare l'impianto scientifico del
sapere sociologico in un'epoca in cui i lavori strettamente epistemologici non sono certamente abbondanti106.
La metodologia « ortodossa » della ricerca sociale, come si sa, e ben
lontana da questi problemi, essendo sostanzialmente rimasta nell'ambito
della prospettiva positivistica di Hempel e Nagel107. Si ricordera che per
Hempel, ad esempio, la logica della scienza sociale, e in particolare la
costruzione di tipologie, consente di raggiungere un alto potere predittivo simile alle scienze naturali; ma Hempel non si interessa al problema della
strutturazione dell'esperienza scientifica, ai processi formativi e operativi delle concezioni che dirigono e « ordinano » l'attivita scientifica. Per Nagel ed Hempel questi problemi si affrontano nella distinzione della sfera sog
gettiva della sfera dimostrativa e puntando sui processi di controllo
della costruzione del discorso scientifico: intersoggettivita, verificabili
ta, ecc.
Le ricerche contemporanee sulla costruzione della cultura sembrano
raccomandare l'inseparabilita di quelle due sfere che si condizionano reci
procamente, anche in senso « drammatico ». Le concezioni qualitative svol
gono su questa sintesi dialettica una funzione di controllo centrale, perche
106 C'e da confortarsi, pero, per il lavoro rigoroso della rivista « Quality and Quantity » - European American Journal of Methodology (Amsterdam) dal 1967, sotto la direzione di V. Capecchi. Per la
tematica del presente saggio, cfr.: F. Charvat, On Philosophical Aspects of the System Conception in Contemporary Sociological Knowledge, in « Quality and Quantity », giugno 1972, pp. 3-16; H.
Transgard, A Cognitive System Approach to Methodology, ibid., pp. 137-152. 107 Cfr. E. Nagel, The Structure of Science, New York 1961; C. G. Hempel, The Logic of
Functional Analysis, in L. Gross (ed.), Symposium on Sociological Theory, New York 1959. Per la
particolare attenzione alle teorie del «rispecchiamento » cfr. M. Bunge, Causality: The Place of the Causal Principle in Modern Science, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1963, trad,
it. La causalita, Boringhieri, Torino 1970.
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334 A. SCIVOLETTO
il discorso scientifico emerga con sempre maggior precisione nel senso
della obiettivita.
La questione durkheimiana intorno alle basi sociali dell'epistemologia era stata risolta nei termini dualistici del « rispecchiamento » delle cose
sociali esterne nel pensiero; poi, con Weber e Mannheim, nella creativita
del culturale e del simbolico, ma ripetendo, in definitiva, lo schema del ri
specchiamento e dell'ingenua analogia, con tutti gli inconvenienti delle
mancate corrispondenze o delle corrispondenze improprie fra i due piani. Nelle proposte, piu recenti, di una epistemologia sociale sommariamente
intesa come « costruzione simbolica del mondo » (con tutte le varie possi bili interpretazioni di «simbolo»), il dualismo non ha luogo, ma solo
perche spesso si abbandona il problema del rapporto tra il significato e la
reale struttura dei fenomeni sociali, che sono i due termini cruciali da
spiegare, non da ignorare.
Ripensare ai momenti dell'epistemologia sociale e percio una esigenza
metodologica interna alio stesso problema della identificazione della socio
logia: occorrerebbe anzi uscire dal pluralismo inutile delle scuole sociolo
giche filosofeggianti e ricucire la pluralita dei contributi che possano agevo lare la definizione corretta del conoscere e del conoscere sociale. £ il caso
di rivalutare l'importanza del convenzionale che certamente ricorre nelle
varie prospettive fenomenologiche e distinguerlo scrupolosamente dal
«metafisico », anche per non tralignare in nuove impropriety nei con
front di quest'ultimo.
Cio che e convenzionale riesce maneggevole ed obiettivamente « utile »
per la schematizzazione conoscitiva dei fatti sociali; cio che attinge all'oli
stica o al metafisico puo assolvere compiti di coerenza interna alia opzione valutativa — enee certamente arricchimento —, ma non puo uscire, senza
equivoci, dal proprio contesto o, per uscirne, deve mutuare da altro gli strumenti fenomenologici della comunicazione; percio risulta « non conve
niente » ai fini della formalizzazione scientifica del sociale.
La preferenza per il « convenzionale » non e altro che la ricerca della
strumentazione scientifica che puo « convenire », invece, a ogni opzione, mentre il privilegiamento dell'opzione filosofica « qualificante » determi
nerebbe una convenzionalita particolare, deduttiva e non esplorativa, all'in
terno della « concezione » prescelta ed anche vissuta.
La sociologia della conoscenza non puo ridursi ad essere una serie di
spiegazioni, tante quante sono le concezioni filosofiche, ma e un discorso
autonomo rappresentativo delle varie forme della dinamica sociale. Senza
autonomia, non si ha fenomenologia del « sociale », ma solo applicazione
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DA E. DURKHEIM AD A. SCHUTZ 335
di dottrine ai fatti sociali e si giungerebbe al paradosso che anche dalle
filosofie che hanno escluso o ignorato la sociologia, se ne potrebbe dedurre
sempre una. Purtroppo questo errore deduttivistico, o questa riserva men
tale, si nasconde in molte posizioni anche classiche della sociologia: percio anche su queste occorre operare per estrarre il convenzionale, piu che
ripetere in «appendice» sociologica cio che e stato acquisito in sede
filosofica.
Sebbene nell'unita del reale non ci siano relazioni senza « sostanze » cui
riferirsi, la sociologia si configura come studio delle relazioni e non delle
sostanze; di quelle particolari relazioni che prendono figura nel consenso o
nel dissenso e in ogni strutturazione di socialita. Lo scienziato sociale volge la sua analisi alle occasioni native delle interazioni in cui si formano le
definizioni e i contesti cognitivi; cerca di fissare il codice di quelle relazioni
e di rinnovarlo col procedere stesso della vita comunitaria di cui partecipa o in cui si inserisce nell'atto di doverla comprendere.
La scientificita dell'atteggiamento e indicata dalla ricerca di verifica
cui e sottoposto il « paradigma » o « modello-guida » che si e deciso di
adottare per la comprensione degli eventi e che e sottoposto a continuo
controllo. Tutto al contrario delle ideologie che si pongono come verita
guida e che respingono la verifica che non si risolva in una convalida della
loro verita. Entra dunque nel sociologico, che voglia essere scientifico, tutto
cio che si accetta di rimettere in causa. In effetti, secondo il noto principio di K. Popper, piu che definire e verificare, conviene falsificare cio che e
vissuto e cio che sembra ormai accolto nella piena certezza: e la via aperta
per definizioni logico-operative sempre nuove 108.
Si ribadisce qui l'area fenomenologica propria della scienza. Che
non si tratti di area indifferente — perche non radicata esplicitamente nel
l'olistica o nella opzione valutativa — si puo ammettere constatando che
la realta infra-esistenziale di cui qui si parla e oggetto da trattare e da
comprendere con mezzi autonomi e convenzionali, sia dagli scienziati che
affermano il fondamento, sia dagli altri che lo negano o ne prescindono. Si
108 « Non accade mai che un bel giorno vecchi esperimenti diano risultati nuovi. Cio che accade
e soltanto che nuovi esperimenti fanno cadere una vecchia teoria » (K. Popper, Logica della scoperta
scientifica, Einaudi, Torino 1970, pp. 276-277). In Scienza e filosofia (Einaudi, Torino 1969, p. 183),
Popper scrive: « Non ci interessa fondare la sicurezza, o la certezza, o la probability delle teorie
scientifiche. Consapevoli della nostra fallibilita, siamo interessati soltanto a criticarle, e a metterle
alia prova, nella speranza di scoprire dove siamo in errore, di imparare dai nostri errori, e, se
abbiamo fortuna, di procedere a teorie migliori».
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e percio nell'area o spazio, non indifferente, della vicenda esistenziale in cui
qualsiasi scienziato — come qualsiasi individuo — deve prendere posizione « quotidiana » e mutarla di continuo.
Sembra, in conclusione, che la sociologia della conoscenza possa essere
considerata come esame delle costruzioni sociali del mondo in quanto siano risultate costruzioni-modello per l'operazione sociale. La validita
della costruzione e data da cio che essa realizza ai fini della comprensione o della promozione dei fatti associativi. Le prospettive del conoscere, in base
agli eventi che si vogliono orientare, come pongono il problema del consenso
tra i soggetti che operano in essi, cosi richiedono il consenso logico-con venzionale tra i soggetti che li esaminano, cioe tra gli scienziati sociali.
£ tale « consenso-convenzione » che rende intelligibile anche il dissenso.
Per questa via si obiettivano i segni dell'azione sociale e si costruiscono i
discorsi giudicativi per comprenderla, non piu in senso positivistico (ogget tivazione e subordinazione all'oggetto) e nemmeno in senso puramente tra
scendentale (oggettivazione di pure forme del conoscere senza riferimento
all'effettivo accadere delle « cose sociali »). Con cio si avanza l'idea di un
metodo infra-esistenziale che sta all'evento e non alia giustificazione ultima
di esso (il fondamento). La sociologia cosi non si sovrappone alia filosofia
o non la « ripete » e puo operare scientificamente senza mutuare, sic et sim
pliciter, le forme dell'ordine naturale nel campo mutevole dell'intera
zione umana.
Senza finalita operativa, del resto, non avrebbero senso le varie costru
zioni logiche della sociologia. L'attribuzione di significati totali al processo del conoscere sociologico non e di competenza sociologica. La sociologia
assegna, per cosi dire, ma in effetti preleva, significati parziali alle relazioni
umane, in quanto queste sono in divenire, e percio parziali e prowisorie,
come almeno risulta per esperienza vissuta e condivisa. Se anche la scienza
sociale assegnasse significati totali agli eventi particolari, rimarrebbe sem
pre aperta l'urgenza della « organizzazione conoscitiva » sul piano empirico,
in vista di decisioni concrete o per la comprensione fattuale.
£ questo il piano — che si e chiamato infra-esistenziale — della socio
logia, in cui la convenzione logica nasce e muore insieme al nascere e al
morire delle interazioni, senza che cio sia un astratto dileguamento, anzi
potrebbe essere proprio il suo contrario, un concreto ricominciamento. Per
intendersi: le operazioni mentali della sociologia convengono sui significati
degli eventi e costruiscono il sapere, anche se, per assurdo, il singolo scien
ziato sociale dovesse ritenere il tutto come un immenso gioco nichilistico.
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Inutile e ora indagare sulla coerenza « etica » di uno scienziato, dato che
qui si tratta di individuare la plausibilita di un lavoro conoscitivo all'in
terno di una comunita o di una cultura in cui si compiono precise opera zioni storico-esistenziali.
In ogni caso sembra che i « sociologi » non debbano tanto impegnarsi nella « polemica sulla verita » — che pur non possono non cercare ed
amare in quanto uomini o « filosofi » —, quanto nella ricerca di mezzi
idonei a chiarire le situazioni concrete della vita associata. £ all'interno
di questo processo reale che ha luogo la dinamica del costrutto cognitivo.
Non dualisticamente dunque, ma processualmente. Ed infine, se anche e
impossibile pensare e fare alcunche senza il ricorso ai valori, sara chiaro
ormai che lo stesso valore si traduce in termini infra-esistenziali e passa nella dialettica del conoscere sociale a tutti gli effetti, subendo e promuo vendo ipotesi o dimostrazioni, verifiche o falsificazioni, secondo i canoni
non conclusivi della scienza.
ANGELO SCIVOLETTO
Ordinario di Sociologia nell'Universita di Parma
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