D1998_NEL LETTO DELL'EREDE

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Kathie DeNosky

NEL LETTO DELL'EREDE

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Bossman Billionaire

Silhouette Desire © 2009 Kathie DeNosky

Traduzione di Maria Latorre

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Destiny

febbraio 2013

Questo volume è stato stampato nel gennaio 2013 presso la Rotolito Lombarda - Milano

HARMONY DESTINY

ISSN 1122 - 5470 Periodico settimanale n. 1998 del 26/02/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 413 del 31/08/1983 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Prologo

«Non siamo in vendita, signora Larson» rifiutò cate-goricamente Lucien Garnier. «E sono certo che con-verrà anche lei che cercare di costruire un rapporto di qualsiasi tipo a questo punto sia assolutamente fuori luogo.» Per nulla crucciata da quella secca affermazione, Emerald Larson guardò oltre la scrivania Luigi XIV, verso uno dei nipoti che aveva appena scoperto di a-vere. Comprendeva bene la sua rabbia e quella dei fratelli. Doveva essere stato a dire poco inquietante scoprire che il padre, Neil Owens, che si era sempre spacciato per un artista squattrinato, altri non era che Owen Larson, l'erede libertino e seduttore di una del-le donne più ricche e potenti del mondo corporativi-stico. D'altro canto, neppure lei era stata entusiasta di apprendere che, in gioventù, l'ormai defunto figlio si era lasciato alle spalle una frotta di donne incinte e abbandonate. Da quando aveva scoperto di avere dei nipoti, E-merald aveva fatto in modo che ognuno di loro recla-masse il proprio diritto di nascita e assumesse il ruolo dovuto all'interno dell'impero della Emerald Inc. Era riuscita a costruire un buon rapporto con gli altri tre nipoti e ad affidare a ciascuno una società propria, ma

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il problema era che non sapeva esattamente quanti fi-gli Owen avesse sparso in giro per il mondo, né se sa-rebbe mai stata in grado di trovarli tutti. Era solo da pochi mesi, infatti, che aveva scoperto che il figlio aveva ingravidato ancora un'altra donna. E non una, ma ben due volte. Dalla relazione con Francesca Gar-nier, una francesina che studiava a San Francisco era-no nati due gemelli, Lucien e Jacques. Poi, dieci anni dopo, Owen aveva riallacciato i rapporti con la sua vecchia fiamma e, ancora una volta, l'aveva lasciata di nuovo incinta. Questa volta di una figlia, Arielle. Emerald provava un gusto dolceamaro nel fatto che Francesca fosse l'unica donna dalla quale Owen fosse tornato. La rincuorava sapere che doveva averla ama-ta davvero, almeno quanto un edonista come lui era capace di amare, ma era delusa dal fatto che alla fine avesse lasciato prevalere l'egoismo e avesse abban-donato anche Francesca, come aveva fatto con tutte le altre. Ma il passato non era altro che quello: passato. C'e-ra ben poco che Emerald potesse fare per cancellare ciò che era accaduto tanti anni prima. L'unica cosa possibile era andare avanti e concentrare tutti gli sfor-zi sul recupero di un rapporto con i tre fratelli Gar-nier. «Comprendo la tua irritazione, Lucien, ma prova a pensare a ciò che sto offrendo a te, a tuo fratello e a tua sorella. Ognuno di voi otterrebbe un fondo multi-milionario, oltre al controllo completo di una delle mie società.» «Non ci servono né i suoi soldi, né le sue società» ribatté Jacques. «Mi rendo conto che sia tu sia Lucien siate ricchi di vostro, al punto di non desiderare nulla da me» ri-conobbe Emerald annuendo. Poi si rivolse alla sua u-

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nica nipote e sorrise. «Ma tu, mia cara? Sono certa che lo stipendio da insegnante sia più che sufficiente per garantirti una vita dignitosa, ma io ti sto offrendo una sicurezza finanziaria per il resto dei tuoi giorni. Non dovresti più preoccuparti di prenderti cura di te stessa o di...» «Arielle sta bene» la interruppe Lucien con un'oc-chiataccia. «Jake e io ci siamo sempre presi cura di lei e lo faremo per molti anni ancora. Ci assicureremo che abbia sempre tutto ciò che le serve.» «Che siate benedetti per i sacrifici che avete fatto per allevarla» seguitò Emerald, ignorando quel tono che non ammetteva repliche. «Dopo la morte prema-tura di vostra madre, non vi siete solo presi cura di lei, ma avete trovato anche un lavoro e siete stati in grado di completare gli studi. È stata un'impresa ecce-zionale, per due ragazzi di appena vent'anni.» «Non avremmo mai pensato di fare niente di diver-so» obiettò ancora Lucien, incapace perfino di accet-tare quel complimento. La ragazza, invece, guardò i due fratelli prima di protendersi sulla sedia. «Non sarò mai in grado di dire quanto io apprezzi tutto quello che avete fatto per me nel corso degli an-ni» disse, «ma adesso sono una donna adulta, Luke, e sono capace di badare a me stessa e di prendere le mie decisioni.» A quel punto dedicò tutta la sua at-tenzione a Emerald. «Senza dubbio Luke e Jake non sono interessati alla sua offerta, signora Larson, ma io lo sono.» «No, niente affatto» protestarono all'unisono i ge-melli. «Sì, invece.» La determinazione di Arielle era palpabile ed Eme-rald si sentì rincuorata dal fatto che la ragazza restas-

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se imperturbabile, nonostante le occhiatacce dei fra-telli. Quella ragazza le ricordava se stessa una cin-quantina di anni prima. «Voi due potete fare ciò che volete, ma io intendo accettare il fondo e la società che la signora Larson riterrà di affidarmi.» Il disaccordo dei tre era proprio l'apertura che E-merald cercava per suggellare l'affare. «Vi prego di scusarmi qualche istante, c'è qualcosa che richiede la mia immediata attenzione» annunciò all'improvviso, alzandosi. «Sarebbe opportuno che approfittaste della mia assenza per discutere della mia proposta.» Quan-do fu sulla porta, si girò di nuovo. «Però ricordatevi, è tutto o niente. O accetterete tutti quanti quello che vi offro, oppure dovrete rinunciare completamente a questa opportunità.» Uscendo nell'antiufficio, si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò alla scrivania del suo assistente. «Prepara i documenti di accettazione per la firma dei miei nipoti, Luther.» «Hanno accettato il suo dono, signora?» indagò Luther Freemont nel suo solito tono rigido mentre prendeva un fascicolo dalla scrivania. Emerald rivolse un sorriso alla porta chiusa dell'uf-ficio. «Non ancora, ma sta' tranquillo, lo accetteran-no.» Non era certo sua intenzione imporre condizioni al suo dono ai fratelli Garnier, ma la determinazione dei nipoti maschi a rifiutare la sua generosità non le la-sciava ampia scelta. Essendo una delle poche donne degli ultimi cinquant'anni a essersi ritagliata un posto di tutto riguardo in un mondo tradizionalmente ma-schile, aveva imparato come e quando manipolare una situazione a proprio vantaggio. E sicuramente non si sarebbe fermata davanti a niente per ottenere

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ciò che voleva, neppure se questo significava forzare un po' la mano ai suoi stessi nipoti. Certa che tutto sarebbe andato per il meglio, guar-dò l'orologio sulla scrivania di Luther. I fratelli Gar-nier avevano avuto tutto il tempo necessario per rag-giungere un accordo. «Ti chiamo non appena saremo pronti a firmare, Luther» istruì tornando verso la porta. Rientrando in ufficio, sorrise nel vedere i nipoti an-cora seduti di fronte alla sua scrivania. Finalmente, era arrivato il momento di inserire i fratelli Garnier nell'impero della Emerald Inc.

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«Haley, annulla tutti gli appuntamenti della giornata e vieni nel mio ufficio tra cinque minuti. Ho biso-gno che tu faccia una cosa.» Haley Rollins fissò a bocca aperta Lucien o me-glio, come lui stesso preferiva essere chiamato, Lu-ke Garnier passare davanti alla scrivania per diri-gersi verso il suo ufficio. Ogni santo giorno negli ultimi cinque anni, Luke era arrivato negli uffici della Garnier Construction alle otto e trenta in pun-to, ordinandole di portargli il caffè e di raggiunger-lo in ufficio per rivedere con lui l'agenda della gior-nata. Quella mattina, invece, si era presentato con più di mezz'ora di anticipo e non le aveva neppure chiesto la solita tazza di caffè. Cosa diavolo poteva avere distolto un abitudina-rio come lui dalla sua routine? Di sicuro qualcosa bolliva in pentola, almeno a giudicare dall'espressione che aveva su quel bel vi-so. L'apatia del lunedì mattina svanì di colpo. Haley afferrò il telefono e si affrettò a riprogram-mare gli appuntamenti della giornata quindi, dopo un salto in sala pausa per preparare il caffè che, era certa, Luke le avrebbe chiesto, lo raggiunse in capo a pochi minuti in ufficio. Ma mentre varcava la so-

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glia, spalancò gli occhi e dovette ricordarsi di pren-dere fiato. Non si sarebbe mai stancata di ammirare l'uomo più sexy che avesse mai conosciuto. Si era tolto la giacca e stava in piedi accanto alla finestra dietro la scrivania, fissando pensoso il traf-fico di Nashville. Con le mani affondate nelle ta-sche dei pantaloni, tendeva il tessuto grigio sui glu-tei muscolosi, attirando l'attenzione di Haley sui fianchi stretti e sulle spalle larghe abbracciate dalla camicia sartoriale, realizzata su misura. Il contrasto era stupefacente e metteva in risalto la sua eccellen-te forma fisica. Per Haley diventava sempre più dif-ficile nascondere l'effetto che le faceva. «Sei in ritardo di tre minuti» le disse Luke senza girarsi. Lei non si scompose. Sapeva che a Luke non sfuggiva mai niente, e che non esitava mai a com-mentare su ciò che osservava. Deponendo la tazza sulla scrivania, obiettò: «Ho dovuto fare diverse te-lefonate, per annullare gli appuntamenti di oggi». «Siediti, Haley. C'è qualcosa di cui devo parlar-ti.» Il tono di voce indicava la serietà della questio-ne e per un istante lei fu scossa da un brivido di tre-pidazione. Era sempre stata molto attenta a nascondere i suoi sentimenti: era possibile che lui avesse ugual-mente capito che si era innamorata di lui sin dal primo giorno in cui lo aveva visto, cinque anni pri-ma? Si sedette composta sulla poltroncina di pelle da-vanti alla scrivania e scrollò la testa. Improbabile. I sentimenti che provava per lui erano l'unica cosa che Luke non sarebbe mai stato capace di intuire. Lei stessa non gli aveva mai dato modo di credere che lo considerasse come qualcosa di più di un capo

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dedito al lavoro, un capo che non aveva nessun inte-resse al di fuori della Garnier Construction. Quella società era peggio di un'amante esigente e lui non aveva alcun desiderio di distaccarsene. «Com'è andato il tuo viaggio a Wichita, questo fine settimana?» gli chiese mentre lui continuava a fissare fuori. Era certa che in qualche modo fosse quello il motivo di quell'arrivo anticipato in ufficio. «È andato tutto bene?» Le spalle di lui si sollevarono. Doveva avere trat-to un lungo sospiro. Finalmente si girò a guardarla. «Dipende tutto da come consideri il risultato.» Quella risposta sibillina la lasciò confusa. Luke Garnier non era mai stato un indeciso. Lui vedeva tutto o bianco o nero, alto o basso, giusto o sbaglia-to. Nella sua vita personale e professionale non esi-stevano tonalità di grigio. Tutto qui. Haley aggrottò la fronte. «Non sono certa di ave-re capito.» «Non mi aspettavo che capissi.» Lo sguardo az-zurro di lui la inchiodò. Per un lungo istante tacque, poi si passò una mano tra i folti capelli neri e trasse un altro respiro. «Sono appena diventato il nuovo proprietario della Laurel Enterprises.» Lei non riuscì a trattenere il sussulto stupito che le salì alle labbra. «Ma è una società enorme, Luke. La Laurel Enterprises ha il monopolio edilizio delle ca-se in legno in tutto il Tennessee.» Lui assentì. «Già. E adesso mi appartiene.» «Auguri! Ma come hai convinto la Emerald Inc. a cedertela?» gli chiese lei incredula. Certo, in passa-to lo aveva visto raggiungere obiettivi quasi impos-sibili, ma spuntarla sull'infame Emerald Larson do-veva essere un successo senza pari, sia a livello pro-fessionale sia personale.

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«Diciamo che ho avuto una corsia preferenziale. E per il momento basta così» rispose lui con una le-vata di spalle. Quella risposta non fece che confonderla ulterior-mente. In qualità di sua assistente personale, Haley sapeva tutto di lui, dei suoi obiettivi e dei suoi punti di vista, e non riusciva a capire come mai non aves-se un atteggiamento trionfante rispetto alla nuova acquisizione. In fondo aveva praticamente raddop-piato l'entità della sua impresa, eppure si comporta-va con estremo riserbo. Haley, tuttavia, sapeva che era preferibile non porgli domande, fintanto che era così assorto. Se avesse voluto farle sapere come aveva concluso l'af-fare, glielo avrebbe detto. «Qualunque sia la magia che hai adoperato per convincerli a vendere, ha funzionato alla grande. Era da tempo che desideravi espanderti in quel set-tore.» Gli sorrise. «Vuoi che fissi un appuntamento con l'avvocato per esaminare il contratto di acqui-sto?» «No, ai documenti ho già provveduto nel corso del fine settimana.» «Vuoi che contatti la banca per il trasferimento dei fondi, allora?» «Non ce n'è bisogno. La Laurel mi è già stata in-testata. Gratuitamente.» Doveva avere capito male. «Prego? Hai davvero detto gratuitamente?» Un mezzo sorriso gli attraversò gli occhi azzurri. «Sì.» Incapace di credere alle proprie orecchie, Haley si protese sulla sedia. «Mi stai dicendo che Emerald Larson, la donna di maggiore successo nel mondo corporativistico, ti ha regalato la società?»

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«Proprio così, ma non è di questo che volevo par-larti.» Dal suo tono era evidente che l'argomento fosse chiuso. «Adesso che possiedo la più grande società edile del Sud, mi rendo conto che mi serve qualcuno a cui affidare la Garnier Construction an-che quando non ci sarò più. Mi serve un erede.» Haley non sapeva da cosa essere più stupita, se dal dono di Emerald Larson o dalla improvvisa ne-cessità di Luke di procurarsi un erede. «E quest'idea da dove viene?» sbottò, prima di riuscire a fermarsi. Per fortuna, il fatto che lei mettesse in dubbio la sua decisione non parve alterarlo. «Mio fratello e mia sorella non hanno nessun interesse in questo campo» spiegò. «Jake è soddisfatto dal suo lavoro di avvocato divorzista a Tinseltown e Arielle adora insegnare alla scuola materna. È per questo che ho deciso di cercare una mamma in affitto per avere un erede.» Haley sapeva di avere spalancato la bocca con a-ria incredula. «E non pensi che sia una decisione un tantino drastica? Avere un figlio è un passo impor-tante.» Lui scosse il capo. «È la soluzione perfetta, inve-ce. Mi garantirà che il nome dei Garnier resti ancora per decenni nel campo delle costruzioni.» «E sei certo che avere un figlio possa darti questa garanzia?» «Sì, direi di sì.» «Ma ci vorranno anni prima che questo figlio possa sostituirti.» «È per questo che intendo incominciare subito.» Haley doveva pensare che avesse perso il lume dell'intelletto, ne era certo. E in verità, anche lui a-veva qualche dubbio in merito. Ma dopo avere visto con quanta disperazione Emerald Larson stesse cer-

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cando membri della famiglia a cui affidare la sua ricchezza smisurata, si era reso conto che nemmeno un impero aveva senso, se non si aveva qualcuno a cui lasciarlo in eredità. Dopo averci perso il sonno per un paio di notti, era finalmente giunto a una conclusione. Soltanto un figlio avrebbe potuto portare avanti il suo nome e nutrire un sincero interesse nella società che lui aveva fondato. Magari avrebbe potuto portarlo al lavoro sin da bambino, insegnargli a poco a poco i trucchi del mestiere. «Ma parli sul serio, quando dici che vuoi pagare qualcuno per darti questo figlio? Sarebbe un utero in affitto.» «Infatti.» Lo sbigottimento di Haley non lo sorprendeva af-fatto. Lui stesso aveva provato qualcosa di molto simile, quando gli era venuta l'idea. Eppure, più ci pensava, più si rendeva conto che prendere un utero in affitto da un'agenzia seria sarebbe stata la scelta più saggia. L'ultima cosa che desiderava era affron-tare il disagio di trovare una donna adeguata e con-vincerla a concepire un figlio per poi affidarglielo senza fare storie o progettare un futuro insieme. «Se ci rifletti, capirai che è la cosa più sensata da fare.» Lei inarcò un sopracciglio. «Magari sembrerà sensata a te, ma io non riesco a coglierne la raziona-lità.» Non capiva il motivo che lo portava a spiegar-glielo. Non giustificava mai le proprie azioni e le proprie decisioni a chicchessia, ma all'improvviso gli sembrava importante che Haley capisse. «Mi serve un erede. Non ho una moglie, né ne voglio una, ecco perché una madre surrogata è la ri-

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sposta più ovvia. Otterrei quello che voglio senza avere ulteriori obblighi nei confronti della madre del bambino. E una volta che lui sarà nato, lei se ne andrà per la sua strada, e il bambino e io per la no-stra.» «Allora hai proprio deciso?» gli chiese Haley, la cui espressione si faceva più dubbiosa a ogni istante che passava. «Sì. E voglio che tu studi le leggi dello Stato in materia e che rediga un elenco delle agenzie più ri-spettabili. Lo voglio sulla scrivania entro mezzo-giorno.» «Nient'altro?» domandò lei, alzandosi. «No, per ora è tutto.» La seguì con lo sguardo mentre usciva dall'uffi-cio. Sapeva che disapprovava la sua decisione, ma sapeva anche che non avrebbe espresso le sue obie-zioni. E quella era una delle mille ragioni per cui Haley Rollins era una assistente perfetta. Era effi-ciente, aveva naso per gli affari quasi quanto lui e sapeva quando esprimere un'opinione e quando, in-vece, tenersela per sé. Un'ora dopo, Haley emise un sospiro di sollievo a conclusione della sua ricerca su Internet. Luke a-vrebbe dovuto rinunciare al progetto di mettere al mondo un erede attraverso un utero in affitto, poi-ché lo stato del Tennessee concedeva soltanto alle coppie sposate di avvalersi di un sistema simile. Si morse il labbro. Non è che non pensasse che Luke meritasse di avere un figlio, tutt'altro, però le sarebbe piaciuto che lo mettesse al mondo per i mo-tivi giusti, e non solo perché aveva bisogno di qual-cuno che prendesse il timone della Garnier Con-struction dopo di lui.

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Sfortunatamente, sapeva che era cocciuto e che quando si ficcava un'idea in testa prima o poi trova-va anche un sistema per metterla in pratica. Si sentì serrare il cuore. Negli ultimi tempi anche lei non aveva fatto altro che pensare ai bambini. E considerando i sentimenti che provava per Luke, sa-rebbe stata ben lieta di farlo diventare il padre dei suoi figli. Purtroppo lui non l'aveva mai considerata sotto altra luce che quella dell'assistente competen-te, senza contare che aborriva tutto ciò che invece lei desiderava ardentemente: amore, matrimonio, la famiglia unita che non aveva mai avuto. Si sollevò lentamente dalla scrivania e andò a bussare alla porta dell'ufficio di lui. «Luke?» Lui era al telefono ma le fece cenno di entrare, così Haley andò a sedersi di fronte alla scrivania e attese che terminasse la conversazione. «Sarò lì sabato. Organizza un incontro straordina-rio con il personale dell'ufficio, poi voglio visitare i cantieri e conoscere le squadre di operai. Nel frat-tempo rassicurali sul fatto che non intendo operare grandi cambiamenti. Il loro posto di lavoro è al si-curo come lo era con la Emerald Inc.» Una volta agganciato, Luke spostò lo sguardo su di lei. «Im-magino che tu abbia già compilato l'elenco che ti avevo chiesto.» «No, non ci sono arrivata» replicò lei scuotendo la testa. «Si direbbe, invece, che i tuoi programmi abbiano incontrato un enorme ostacolo.» «Vale a dire?» «La legge permette soltanto alle coppie sposate di utilizzare un utero in affitto.» La notizia non gli fece piacere. «Qualche ecce-zione?» «Se ce ne sono, non sono riuscita a trovarle.»

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Una levata di spalle. «In altri paesi la legge è più permissiva al riguardo, ma non in Tennessee. Co-munque, non è illegale stipulare un accordo verbale con una donna, a condizione che non ci siano altri compensi al di là del rimborso delle spese legali, sempre che lei sottoscriva la disponibilità a rinun-ciare a ogni diritto sul bambino.» «Ti sei consultata col mio avvocato?» Un cenno di diniego. «Clayton è fuori città per tutta la settimana e non ho voluto interpellare nes-sun altro su una faccenda tanto delicata. Comunque sia, la legge non potrebbe essere più manifesta: sol-tanto coppie sposate.» Luke annuì, ma restò a lungo in silenzio. «In altre parole» commentò infine, «devo trovare una donna con le caratteristiche che cerco, e che sia anche di-sposta a cedere tutti i diritti genitoriali dopo il par-to.» Rifletté qualche istante. «È un grosso rischio, senza la tutela di un contratto vincolante.» Haley avrebbe dovuto sapere che avrebbe inco-minciato immediatamente a pensare ad altre opzioni per raggiungere lo scopo. Era così che faceva: quando incontrava un ostacolo, cercava sempre il sistema per aggirarlo. Tuttavia, il pensiero che un'altra donna portasse in grembo suo figlio le fece serrare le viscere in una morsa gelida. Di colpo avvertì la necessità di fuggi-re. «Ho deciso di prendere la giornata libera» an-nunciò alzandosi. «E se fossi in te, non conterei sul-la mia presenza, domani.» «Perché? Qualcosa non va?» Avrebbe dovuto aspettarsi tanto stupore da parte di Luke, visto che negli ultimi cinque anni non si era mai assentata dal lavoro se non per le due setti-mane annuali di ferie. Tuttavia non poteva spiegar-

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gli ciò che neppure lei riusciva a comprendere ap-pieno. Cosa avrebbe potuto dirgli, del resto? Oh, a pro-posito, ti amo e mi si spezza il cuore all'idea che tu faccia un figlio con un'altra. No, le serviva spazio per recuperare la prospetti-va delle cose e accettare il fatto che Luke avrebbe in qualche modo portato a compimento il suo piano. Un piano di cui lei non faceva parte. Dirigendosi alla porta, si girò a guardarlo. «Per a-dottare una delle tue espressioni preferite quando non vuoi divulgare i particolari: limitiamoci a dire che ho bisogno di tempo e non aggiungiamo altro.» «Adesso basta.» Agganciando il telefono, Luke si alzò in fretta. «Intendo porre fine a questa situazio-ne ridicola una volta per tutte.» Afferrò la giacca, se la infilò e si diresse alla por-ta. Non ne era andata una giusta, da quando il gior-no prima Haley era uscita dal suo ufficio e poi ave-va chiamato per annunciare che non si sarebbe fatta vedere neppure l'indomani, come già gli aveva ac-cennato. Un'altra giornata con Ruth Ann, la segreta-ria temporanea, era assolutamente intollerabile. «Sarò fuori tutto il pomeriggio, Ruth Ann» an-nunciò oltrepassando la donna seduta alla scrivania di Haley. «Se riesce a trasferire le chiamate sul mio cellulare, lo faccia, altrimenti si limiti a prendere i messaggi.» «Va... va bene, signor Garnier» balbettò quella con un tono lamentevole che lo irritò ancora di più. «C'è altro?» «No.» Oltre ad avere una voce esageratamente sottile, quella donna si comportava come se fosse terroriz-

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zata da lui. E quello era il minimo. Era anche un'as-soluta incompetente. Non sapeva fare un caffè de-cente, non riusciva a trovare nulla, neppure in un archivio organizzato in ordine alfabetico e per finire considerava il telefono un completo mistero. Per non parlare del computer, che non riusciva neppure ad accendere. Era un vero miracolo che fosse riusci-ta a metterlo in contatto con l'ufficio delle pubbli-che relazioni dei Tennessee Titans e a organizzare una videoconferenza con l'ufficio di Atlanta. No. Haley doveva tornare immediatamente al la-voro. Non solo mandava avanti l'ufficio come se fosse un ingranaggio bene oliato, ma sapeva prepa-rare anche un ottimo caffè. Mentre affrontava il traffico del tardo pomerig-gio, cercò di scacciarsi dalla mente i disagi con Ruth Ann. Intendeva scoprire quale fosse il proble-ma di Haley e chiederle di tornare al lavoro il gior-no seguente. Mentre parcheggiava davanti all'appartamento di lei, però, tornò col pensiero a un altro dilemma. Do-veva ancora trovare una madre in affitto, una donna di cui potesse fidarsi e che avesse anche tutte le qualità che lui voleva per suo figlio. Non sarebbe stato facile. Oh, certo, conosceva molte donne che sarebbero state ben felici di offrirsi per l'incarico, ma non si sarebbe fidato di nessuna senza la tutela di un ac-cordo legale. Gli sarebbe servita una donna degna di fiducia come Haley, una che avesse una intelli-genza e il bernoccolo degli affari pari ai suoi, che si tenesse in forma e godesse di buona salute, e che magari fosse bella da guardare. Insomma, una co-me... Haley. Dopo avere parcheggiato, uscì dal SUV e si di-

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resse rapido verso la porta di casa sua, premette il campanello, quindi attese impaziente che lei apris-se. E quando la porta si spalancò, entrò senza nep-pure aspettare che lei lo invitasse a farlo. «Luke! Cosa ci fai tu qui?» gli domandò lei, un'e-spressione di assoluto stupore sul viso. Sorridendo, lui si girò per chiudere la porta anco-ra spalancata. «Volevo dirti che ho scelto la mamma in affitto perfetta.» «Non prendertela, Luke, ma non ho nessuna vo-glia di saperne di più. Non mi importa chi scegli, non voglio sentirne parlare» dichiarò lei incrocian-dosi le braccia sul petto con aria difensiva. Quel gesto attirò l'attenzione di lui sui suoi seni perfetti e sul fatto che, evidentemente, in quel mo-mento non portava il reggiseno. Un attimo dopo, la-sciò vagare lo sguardo sulla vita sottile e sui fianchi rotondi, e per finire sulle lunghe gambe snelle. Dannazione! Se c'era una donna creata apposta per fare l'amore, quella era Haley Rollins. Strano che non avesse mai notato che bel fisico avesse. Certo, non l'aveva mai neanche vista con indosso solo un paio di calzoncini sfilacciati e una canotta rosa. Mentre sollevava di nuovo gli occhi sul suo viso, si stupì di quanto fosse femminile. In ufficio porta-va sempre i lunghi capelli biondi legati in una sem-plice coda di cavallo, ma quel giorno se li era la-sciati ricadere in morbidi boccoli intorno al viso ovale. «Luke.» C'era una nota di avvertimento, nella sua voce, una nota che fino a quel momento non aveva mai sentito e che gli piaceva infinitamente. Una nota che aveva tutta l'intenzione di ignorare.

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Quando lei incominciò a battere spazientita un piede per terra, le rivolse un sorrisetto impenitente. «Tu chi sei? E cosa hai fatto della mia assistente?» Non ottenne che un'occhiataccia. «Oggi non lavo-ro, te ne ricordi? E a casa sono libera di indossare ciò che voglio e questi sono i vestiti che porto quando faccio le pulizie. E adesso, ti dispiace dirmi cosa ci fai tu qui?» Un altro sorrisetto. «Te l'ho detto. Ho scelto la mamma in affitto.» «E ti è sembrato necessario riferirlo a me?» «Già.» «Non potevi aspettare che tornassi in ufficio?» «Non ne vedo la ragione. Ho preso la mia deci-sione solo qualche minuto fa, mentre venivo qui.» Addentrandosi di qualche passo nel soggiorno, Lu-ke le indicò il divano. «Siediti e ti spiegherò tutto.» Evidentemente spazientita, lei andò a sedersi. «E sia, vediamo di farla finita.» «Avevo diversi requisiti in mente, quando ho pensato di prendere una mamma in affitto. C'è solo una donna al mondo che sia in grado di soddisfarli tutti e, che per giunta, sia anche degna della mia fi-ducia.» Lei trasse un sospiro. «So che mi pentirò di aver-telo chiesto, ma cos'è che cerchi, in effetti?» «Una donna intelligente e con l'istinto degli affa-ri» rispose immediatamente lui. «E voglio anche che sia ragionevolmente carina e in splendida forma fisica.» «Si direbbe che tu sia alla ricerca di una super-donna» protestò lei, roteando gli occhi al cielo. «Io non la vedo così, ma forse hai ragione.» Era divertente che lei non sapesse di avere appena fatto la valutazione di se stessa.

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Luke aveva sempre ammirato lo spirito di Haley e ora più che mai era certo di avere preso la deci-sione giusta. «Dunque, sei convinto di avere trovato questa su-perdonna?» insistette lei guardandolo in faccia. «Già.» Prima di darle il tempo di reagire, le si av-vicinò, le prese le mani e chiese: «Haley Rollins, vuoi diventare la madre di mio figlio?».

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- Il desiderio di San Valentino

Non c'è rosa senza spine, e l'archistar Nick lo sa perfetta-mente. Ecco perché fin dal primo momento nutre forti so-spetti sull'innocenza della nuova tata, Candace Morrison. È troppo perfetta e maledettamente sexy. Non deve entrare nel suo letto, ma se è lei a invitarlo... AFFARI MILIONARI

- Nel letto dell'erede di Kathie DeNosky

1995

1996

1997

1998

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- La passione dello sceicco di Olivia Gates

Rashid l'Oscuro sa di essere destinato a governare l'A-zmahar. Per forzare la mano al fato decide di sposare Laylah Aal Shalaan, principessa di sangue reale. Ma non aveva previsto che la luce di Laylah riuscisse a penetrare le tenebre del suo passato. DESERT KNIGHTS

- L'onore del milionario di Catherine Mann

Hank conosce tutto quel che c'è da sapere su Gabrielle, e senza averla mai toccata. Lei è la donna del suo migliore amico e quindi è off limits. Ma quando le carte in tavola cambiano, la volontà di conquista diviene più forte dell'onore e dell'amicizia. HARMONY DESTINY 2000

di Andrea Laurence

Il milionario e regista Anthony Price è abituato a ottenere ciò che vuole, sia sul set che in camera da letto. Quando è costretto a prendersi cura della nipotina capisce che quel che gli manca davvero è una moglie. Peccato che Charlotte abbia appena presentato domanda di divorzio.

- Desiderio inaspettato

Alexander Stanton crede fermamente nella sacralità delle avventure di una notte. Nessuna donna è mai riuscita a re-sistergli e il disinteresse che Gwen Wright dimostra nei suoi confronti è uno smacco che non riesce a dimenticare. Ma quando la seduzione diviene più forte della vendetta...

- Seduzione a Hollywood di Jules Bennett

1999

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