D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...della liturgia della Settimana Santa, che sorprese e provocò,...

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Le donne e Francesco DONNE CHIESA MONDO MENSILE DELLOSSERVATORE ROMANO NUMERO 85 GENNAIO 2020 CITTÀ DEL VATICANO

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  • Le donnee Francesco

    D ONNE CHIESA MOND OMENSILE DELL’OSSERVATORE ROMANO NUMERO 85 GENNAIO 2020 CITTÀ DEL VAT I C A N O

  • D ONNE CHIESA MOND O1

    SOMMARIO

    FRANCESCO E LE D ONNE

    L’urgenza di superareuna Chiesa monocolore

    ST E FA N I A FALASCA A PA G I N A 4

    L’INTERVENTO

    Ministeri femminili:prospettive post-Sinodo

    SERENA NO CETI A PA G I N A 10

    DA LUCIANI A BERGO GLIO

    Dietro a ogni Papa...

    GIULIA GALEOTTI E SI LV I N A PÉREZ A PA G I N A 12

    TRIBUNA A P E R TA

    Questo vorrei direa Papa Francesco

    MARINELLA PERRONI A PA G I N A 17

    VISTO DA DUE RELIGIOSE

    «La sfida è darespazio vero alle donne»

    RI TA N N A ARMENI A PA G I N A 18

    VISTO DA UNA F E M M I N I S TA LAICA

    L’eccezione Francesconella istituzione-Chiesa

    ELISA CALESSI A PA G I N A 22

    UN’ANALISI EMOZIONALE

    Il Ponteficedei gesti materni

    SHAHRZAD HOUSHMAND ZADEH A PA G I N A 24

    OLT R E IL SINOD O

    Non avere paura

    NAT H A L I E BE C Q UA R T A PA G I N A 26

    LA VIOLENZA SULLE D ONNE

    La camicetta di Rocíoè ora una bandiera

    VALENTINA ALAZRAKI A PA G I N A 28

    SIMBOLI E S I G N I F I C AT I

    Maria Maddalenafesta per la Chiesa

    CRISTINA SIMONELLI A PA G I N A 32

    IL PA PA DELLA LAU D AT O SI’

    La rivoluzione di starecon Madre Terra

    FEDERICA RE DAV I D A PA G I N A 34

    DONNE IN VAT I C A N O

    «Rompere il murodella diseguaglianza»

    ROMILDA FE R R AU T O,ADRIANA MASOTTI, GUDRUN SAILER A PA G I N A 40

    numero 85gennaio 2020

  • D ONNE CHIESA MOND O 2 D ONNE CHIESA MOND O3

    D ONNE CHIESA MOND O

    Mensile dell’Osservatore Romano

    Comitato di DirezioneRI TA N N A ARMENI

    FRANCESCA BUGLIANI KNOXELENA BUIA RUTT

    YVONNE DOHNA SCHLOBITTENCHIARA GIACCARDI

    SHAHRZAD HOUSHMAND ZADEHAMY-JILL LEVINE

    MA R TA RODRÍGUEZ DÍAZGIORGIA SA L AT I E L L O

    CAROLA SUSANIRI TA PINCI (co ordinatrice)

    In redazioneGIULIA GALEOTTI

    SI LV I A GUIDIVALERIA PENDENZA

    SI LV I N A PÉREZ

    Progetto graficoPIERO DI DOMENICANTONIO

    w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v aredazione.donnechiesamondo.or@sp c.va

    per abbonamenti:abb onamenti.donnechiesamondo.or@sp c.va

    In questo numero alcune donne diconociò che pensano di Papa Francesco in rap-porto alla questione femminile nella Chie-sa. Intervengono la vaticanista ed editoria-lista di Avvenire Stefania Falasca, le teolo-

    ghe Serena Noceti, Marinella Perroni,Cristina Simonelli, Shahrzad Hou-

    shmand Zadeh, la saveriana consul-tore della segreteria del Sinodo dei

    vescovi Nathalie Becquart, legiornaliste dell’O sservatore

    Romano Giulia Galeotti e

    Silvina Pérez, la vaticanista messicana Va-lentina Alazraki, tre delle fondatrici dell’As-sociazione donne in Vaticano: Romilda Fer-rauto, Adriana Masotti, Gudrun Sailer. Ri-tanna Armeni intervista suor Jolanta Kakfae suor Patricia Murray dell’Uisg, Elisa Ca-lessi parla con la filosofa femminista LuisaMuraro, Federica Re David incontra l’am-bientalista indiana Vandana Shiva, la corri-spondente francese Marie Cionzynska inter-pella Elisabeth de Baudoüin, autrice del li-bro Thérèse et François.

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    giungendo l’intera umanità. E subito dopo, con l’annuncio pasquale,celebrava la testimonianza resa dalle donne al Risorto, le prime testi-moni, le prime chiamate ad annunciare la salvezza, protagoniste pri-vilegiate della Pasqua. A più riprese ha poi fatto dichiarazioni cheenumerano obiettivi affermando che «la Chiesa non può essere sestessa senza la donna e il suo ruolo» e che «la donna per la Chiesa èimprescindibile»: «Accrescere gli spazi per una presenza femminilepiù incisiva nella Chiesa», «elaborare una teologia approfondita delfemminile», introdurre le donne «là dove si esercita l’autorità dei di-versi ambiti della Chiesa».

    Riflessioni riprese nell’esortazione apostolica sulla missione Evan-gelii gaudium e reiterate in questi anni in numerosi interventi, talora abraccio, fino a quelli più recenti nei quali si fa esplicita l’eco di quel-la speranza che animava i padri del Concilio quando l’8 dicembre1965, alla fine dei lavori, fu pubblicato da Paolo VI il “Messaggio alledonne”. A conferma che la preoccupazione e l’invito di Francescos’iscrivono nella corrente diretta delle istanze nate in continuità con ilVaticano II non ancora attuate e che la “questione donna” nell’u rg e n -za dell’attuale contesto ecclesiale ed ecclesiologico ha le sue radicinel vissuto della Chiesa già nel suo sorgere, dove la presenza delledonne favorisce l’apertura universalistica, sia nei momenti fondanti,originari, decisionali, in cui si tratta di accogliere tutta la forza pro-pulsiva dello Spirito, sia in quelli del suo avvio concreto in cui occor-re superare le pesantezze di schematismi consolidati e le ostilità con-nesse. Del resto nel Vangelo e negli Atti degli apostoli — come rilevail biblista Damiano Marzotto nel suo «Pietro e Maddalena. Il Vange-

    L’urgenza di superareuna Chiesa monocolore

    di ST E FA N I A FALASCA

    Sul crinale della riforma della Chiesa nel secolo XVI, in anticipo suitempi, Ignazio di Loyola si distinse come infaticabile apostolo delledonne. La fitta corrispondenza con l’universo femminile del suo tem-po ne documenta la filigrana: quella di un’attenzione spirituale di di-rettore di coscienza sorprendentemente aperto, lungimirante e perspi-cace. E seppure, paradosso insolubile, impedì l’istituzione di un ordi-ne di gesuitesse, la sua azione appare volta ad arruolare le donne alservizio dell’unica grande opera che gli sembra importante sulla ter-ra: aiutare le anime, far progredire la Chiesa nella fedeltà a Cristo.Ed è difficile non rinvenire traccia di questo milieu di risonanzaignaziana anche nella personale e particolare attenzione mostrata ver-so la questione femminile dal gesuita papa Francesco.

    Ma al di là della formazione personale, la sollecitudine con la qua-le papa Francesco, fin dalla sua elezione, si è dedicato alla questionedelle donne, del loro ruolo e accesso alle responsabilità ecclesiali, evi-denzia l’urgenza di affrontare una realtà che riguarda la visione dellaChiesa stessa e investe la sua natura gerarchica e comunionale. È talevisione infatti che spinge il Papa a percepire il monocolore maschilecome un difetto, uno squilibrio, una minorazione della Chiesa consi-derato che senza le donne essa risulta deficitaria nell’annuncio e nellatestimonianza e che dunque compromette la sua missione. È infattisignificativo che il Papa, già l’indomani dell’inizio del suo ministeropetrino, abbia subito attirato l’attenzione con un gesto posto al cuoredella liturgia della Settimana Santa, che sorprese e provocò, invitan-do due donne, due detenute, alla lavanda dei piedi che celebrava ilGiovedì Santo. Un gesto rilevante consegnato alla Chiesa per espri-mere e dispiegare il mistero pasquale nella carne del mondo ricon-

    FRANCESCO E LE D ONNE

    La lavanda dei piedinel carcere di Rebibbiail Giovedì santo 2015

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    quindi di superare logiche clericali nelle quali la presenza femminilenegli organismi vigenti, nei vicariati, nelle curie, compresa la Curiaromana, venga intesa come “concessione” alle donne e ridotta a pre-senza simbolica.

    «Mi preoccupa il persistere nelle società di una certa mentalitàmaschilista, mi preoccupa che nella stessa Chiesa il servizio a cui cia-scuno è chiamato, per le donne, si trasformi a volte in servitù» ha af-fermato più volte il Papa: «Io soffro, dico la verità, quando vedo nel-la Chiesa o in alcune organizzazioni, che il ruolo di servizio, che tuttinoi abbiamo e dobbiamo avere, il ruolo di servizio della donna scivo-la verso un ruolo di servitù». Pertanto nella prospettiva aperta daFrancesco se «la donna per la Chiesa è imprescindibile» ed è «neces-sario ampliare gli spazi di una presenza femminile più incisiva» que-sto presuppone che anche nella Chiesa certo maschilismo strisciantesia «sanato dal Vangelo» — come ha rilevato opportunamente anchenella sua Esortazione apostolica — e allo stesso tempo, semprenell’ottica del Vangelo, sia sanato il clericalismo che risponde a logi-che di potere inteso come dominio. Perché il clericalismo — che ridu-ce la Chiesa a club privato di cui qualcuno, che non sia Cristo, pre-tende di averne le chiavi — unito a certo maschilismo, anziché valo-rizzare la novità evangelica che porta a costruire una chiesa di fratellie sorelle, esalta le differenze in modo distorto e dal punto di vistadell’annuncio di fatto realizza una devianza tradendo l’identità dellaChiesa, dato che la novità evangelica vede insieme uomini e donnechiamati al discepolato, all’annuncio, al servizio per trasmettere apieno la ricchezza del messaggio evangelico.

    lo corre a due voci», testo definito «bellissimo» da papa Francesco —le donne si presentano non solo come «il luogo dell’accoglienza edell’ospitalità ma come luogo della libertà e dell’universalismo, capa-ci cioè di rigenerare, di ridonare quello slancio che spinge agli spaziuniversali e quindi di far progredire la via della salvezza. Tale dina-mica si è compiuta di fatto, quindi si compie e può compiersi, soloin una piena sinergia di maschile e femminile».

    Il documento finale del Sinodo sui giovani così afferma: «Una vi-sione anche della Chiesa, fatta prevalentemente al maschile, non starispondendo al compito che Dio ha affidato all’umanità. In secondoluogo, è solo dalla reciprocità che può emergere una valorizzazione euna integrazione del maschile e del femminile». L’Evangelii gaudiumnon manca di ricordare anche che il sacerdozio ministeriale è uno deimezzi che Gesù utilizza al servizio del suo popolo, ma che «la gran-de dignità viene dal Battesimo, che è accessibile a tutti» e che la pre-senza delle donne nelle strutture ed istanze che decidono oggi del fu-turo della Chiesa ricordano che il sacramento del battesimo non puòessere superato. Si tratta quindi innanzitutto di riconoscere e meta-bolizzare che la questione non è superficialmente di pari opportunitàperché non nasce dalla rivendicazione ma da una ricchezza da recu-perare, quella di una Chiesa-comunione appunto. Che quellodell’Ordine, riservato agli uomini, non è il solo sacramento a garanti-re un’assistenza dello Spirito santo in fase di ascolto, di confronto edi decisioni. Che è piuttosto il Battesimo a compaginare un Corpocon diverse membra, la cui possibilità di movimento sorge solo dallaloro cooperazione e dalla reciprocità. In questa prospettiva si tratta

    Bisognar i c o n o s c e re

    che la questionefemminile

    non èsuperficialmente

    di pariopportunità

    perché non nasceda una

    rivendicazionema da una

    ricchezzada recuperare,quella di una

    Chiesa-comunione

    La prospettivaapertada Francescop re s u p p o n eche anchenella Chiesacerto maschilismostrisciantesia “sanatocon il Vangelo”E sia sanatoil clericalismoche rispondea logiche di potereintesocome dominio

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    ma come organizzazione, forse sindacale, ma non come famiglia par-torita dalla madre Chiesa».

    A conclusione del Sinodo sull’Amazzonia, preannunciando che ri-convocherà la commissione sul diaconato femminile — che ha conclu-so i suoi lavori l’anno scorso senza venire a una conclusione unanime— ha precisato: «Non si tratta di dare più funzioni alla donna nellaChiesa — sì, questo è buono, ma così non si risolve il problema — sitratta di integrare la donna come figura della Chiesa nel nostro pen-siero. E pensare anche la Chiesa con le categorie di una donna». IlSinodo sull’Amazzonia per la prima volta ha visto la presenza di 35donne tra le quali leader di popolazioni indigene, esperte, laiche e re-ligiose. L’esempio di un ascolto attento verso le testimonianze di que-ste donne lo ha dato il Papa stesso, come hanno osservato e riportatoi partecipanti all’assemblea sinodale, facendo risvegliare a quella reci-procità maschile-femminile un’assemblea di vescovi che senza la loropresenza si sarebbe probabilmente interrogata con meno coraggio.Un esempio dimostrativo e di riconoscimento affinché questo atteg-giamento possa crescere e maturare come tratto abituale nel seno del-la Chiesa. Anche se superare una certa mentalità in un cammino con-diviso da tutti è ancora lungo, questo ultimo Sinodo ha tuttavia mes-so in asse come il ruolo delle donne nella Chiesa può essere riconsi-derato e integrato solo nella prospettiva effettiva del dinamismo sino-dale e della conversione missionaria indicati dal Papa. E come peril Papa nella questione delle donne passi una questione profonda-mente ecclesiale. Che è quella di una rinnovata consapevolezza eccle-siale.

    La fattiva collaborazione tra donne e uomini nella Chiesa nella re-ciprocità e nel servizio è perciò la direzione indicata da papa France-sco nei suoi reiterati interventi riguardo alla questione femminile.Quel servizio fondamentale a cui tutti, uomini e donne, sono chia-mati per far progredire la Chiesa nello spirito di Cristo. In questa di-rezione per il Papa è necessario «andare sempre più a fondo non so-lo nell’identità femminile, ma anche in quella maschile, per servirecosì meglio l’essere umano nel suo insieme» come ha affermato.Questo sguardo complessivo che mira al bene di tutti, uomini e don-ne, può mettere al riparo da logiche di carattere rivendicazionista,senza tuttavia nascondere le ombre ancora presenti e i passi necessariancora da compiere per una profonda valorizzazione della donna. Eindirizzarsi verso un «approfondimento teologico che aiuti a meglioriconoscere il possibile ruolo della donna lì dove si prendono decisio-ni importanti, nei diversi ambiti della Chiesa» potrebbe anche con-templare un atto magisteriale.

    Nel corso del summit sugli abusi nel febbraio scorso, ascoltandouna relatrice il Papa ha voluto sottolineare come in quell’ascolto ha«sentito la Chiesa parlare di se stessa. Cioè — ha detto — tutti noi ab-biamo parlato sulla Chiesa. In tutti gli interventi. Ma questa voltaera la Chiesa stessa che parlava» e «invitare a parlare una donna nonè entrare nella modalità di un femminismo ecclesiastico... Invitare aparlare una donna sulle ferite della Chiesa — ha rimarcato — è invita-re la Chiesa a parlare su se stessa. E questo credo che sia il passo chenoi dobbiamo fare con molta forza: la donna è l’immagine dellaChiesa. Uno stile. Senza questo stile parleremmo del popolo di Dio

    Il Sinodosull’Am a z z o n i aha messo in assecome per il Papanella questionedelle donnepassi unaquestionep ro f o n d a m e n t eecclesiale.Che è quelladi unarinnovataconsapevolezzaecclesiale

  • D ONNE CHIESA MOND O 10 D ONNE CHIESA MOND O11

    creazione di un nuovo ministero istituito di “di-rigente di comunità” (Documento finale, 102). Sitratta di ministeri laicali, radicati sui sacramentidi iniziazione cristiana, da viversi in una strettacorrelazione tra momenti liturgici e attività pa-storale: riconoscere, con il Rito di Istituzione, ilcarisma presente e il servizio continuativo eser-citato da donne è espressione di quella egua-glianza in soggettualità e responsabilità battesi-male indicata da san Paolo nella Lettera ai Ga-lati 3,28-30 («…non c’è maschio e femmina, tut-ti voi siete uno in Cristo Gesù») e realizzazionedi quella ministerialità plurale anche femminileattestata in Rom 16.

    In secondo luogo, molti vescovi, uditori euditrici, esperti hanno auspicato l’o rd i n a z i o n edi donne diacono; sei circuli minores hanno so-stenuto questa richiesta o hanno sollecitato la ri-presa dello studio sulla questione, come poi in-dicato nel Documento finale (n. 103). Papa Fran-cesco, nel suo discorso conclusivo, ha prospetta-to una ripresa dei lavori della “Commissione distudio sul diaconato delle donne”, da lui stessocreata nel 2016, con l’inserimento di nuovimembri e con un riferimento all’esperienza dellachiesa panamazzonica. Su quali ragioni teologi-che e in quale prospettiva pensare all’o rd i n a z i o -ne di diacone per l’Amazzonia? Molti dei servi-zi che le donne coordinatrici e responsabili pa-storali esercitano in modo continuativo e com-petente rispecchiano quelle attività indicate co-me vere diaconales nel decreto conciliare Ad gen-

    tes al n. 16, un testo che motivò, con Lumen gen-tium 29, la restituzione del diaconato maschilecome grado autonomo e permanente: con lagrazia sacramentale dell’ordinazione, questedonne potrebbero contribuire a nuovo titoloall’edificazione della comunità cristiana, nell’an-nuncio della fede apostolica, come ministri ordi-nari del battesimo, nell’animazione liturgica, indiretta risposta alle esigenze di evangelizzazionee cura pastorale presenti in Amazzonia. Il dia-conato è un “ministero ordinato non sacerdota-le”, secondo quanto affermato in Lumen gentium29: non ci sarebbe quindi impedimento rispettoa quanto autorevolmente affermato nella O rd i -natio sacerdotalis di Giovanni Paolo II (n. 4). Sitratterebbe di una “figura ministeriale nuova”,ma radicata su una tradizione antica: sia biblica(Rm 16,1-2; 1 Ti m 3,11), che dei primi secoli dellastoria della chiesa, nella logica di servizio mini-steriale indicata da antichi testi liturgici diordinazione delle diaconesse (cf. Eucologio Bar-berini).

    La salus animarum e il bonum ecclesiae, nellacustodia dell’apostolicità della fede, hanno sem-pre orientato i molteplici cambiamenti — moti-vati da nuovi bisogni pastorali e da trasforma-zioni sul piano sociale e culturale — che nel cor-so della storia hanno segnato le figure ministe-riali, l’esercizio del ministero ordinato, la teolo-gia dei ministeri. Nel quadro della visione delministero ordinato consegnata dal concilio Vati-cano II, la teologia sistematica è interpellata og-gi per valutare la possibilità di ordinare donnediacono. Sessanta anni dopo il votum di mons.de Uriarte Bengoa, ancora una volta dall’Amaz-zonia, la richiesta di donne diacono — come vo-ce profetica? — raggiunge la chiesa intera e sol-lecita la teologia a “pensare in novità”.

    *Docente di Teologia sistematica presso l’Istitutosuperiore di scienze religiose della Toscana

    Ministeri femminili:prospettive post-Sinodo

    di SERENA NO CETI*

    Nel 1959, tra le migliaia di sugge-rimenti che arrivavano a Romain preparazione al Concilio Va-ticano II, pervenne una propostaformulata da un vescovodell’Amazzonia: mons. León de Uriarte Bengoa,dal vicariato apostolico di San Ramon in Perú,chiedeva di ordinare «homines diaconi et etiamdiaconissae» e motivava la sua petizione con ilnecessario servizio di predicazione della Paroladi Dio e di amministrazione della sacra comu-nione. Sessanta anni dopo quella prima richie-sta, nella fase preparatoria del sinodo perl’Amazzonia e successivamente nell’aula sinoda-le, è risuonata un’analoga proposta, ora motiva-ta da una riconosciuta l e a d e rs h i p femminile eser-citata da centinaia di donne in tutto il territorioamazzonico e sostenuta dalla mole di studi distoria, liturgia, teologia sistematica pubblicatinel post-concilio sull’ordinazione delle diacone.

    La vita delle comunità cristiane dell’Amazzo-nia, tanto nella foresta, nel contesto rurale o ur-bano, è contrassegnata dal contributo delle don-ne, religiose e laiche: sono migliaia le operatricipastorali, catechiste, responsabili di servizi diassistenza e carità, animatrici di celebrazioni li-turgiche in assenza di presbitero; sono moltissi-

    me le donne incaricate dai loro vescovi di coor-dinare la vita pastorale (a volte di molte decinedi comunità su territori vastissimi), che battez-zano, sono vicine ai morenti, guidano la vita li-turgica e garantiscono la formazione cristiana,laddove i vescovi e i presbiteri solo molto rara-mente possono farsi presenti. Le voci di questedonne sono state raccolte nella fase di ascoltopresinodale; le loro esperienze sono state narra-te nell’aula sinodale e nelle conferenze stampa,che hanno permesso alla chiesa intera e all’opi-nione pubblica di conoscere questo apporto si-gnificativo e singolare, di cui è intessuta la vitapastorale della chiesa in Amazzonia.

    Davanti a questo “dato di realtà”, nell’oriz-zonte di una ricerca coraggiosa per nuovi cam-mini di una chiesa che si sa interpellata a unariforma anche strutturale, che non può prescin-dere da un interrogativo sulle forme di ministe-rialità, il Documento preparatorio (n. 14) e l’In-strumentum laboris (n. 129) chiedevano di indivi-duare le forme di un “ministero ufficiale” delledonne. I padri sinodali hanno risposto a questointerrogativo secondo due direttrici. In primoluogo, hanno chiesto che le donne possano ac-cedere ai ministeri istituiti del lettorato e dell’ac-colitato, riservati ai soli maschi dal motu pro-prio Ministeria quaedam di Paolo VI (1972) e dalcan. 230§1 del Codice di Diritto Canonico(1983), e hanno contestualmente suggerito la

    L’INTERVENTO Marcivana Rodrigues Paiva, rappresentantedel gruppo etnico sateré mawé (Brasile)

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    Non è questa però la prima e l’unica volta in cui l’attenzione diFrancesco si è concentrata sulle donne: Bergoglio ha ben chiaro ciòche esse rappresentano per la Chiesa. Delle donne, infatti, ha sempresottolineato la capacità di trasmettere la solidarietà con occhi miseri-cordiosi, e di dare un cuore a quella Chiesa accogliente che luisogna.

    E se è dal realismo dell’esperienza pastorale e dalla capacità diascoltare il mondo contemporaneo che nascono le parole, spesso im-provvisate, di Papa Francesco a favore delle donne e del loro ruolonella Chiesa e nella società, ciò si deve anche ai costanti scambi divedute che in Argentina Bergoglio era solito avere con amiche laichee religiose. Nella sua biografia, infatti, non mancano storie divenuteparadigmi di reciprocità nel rapporto tra il mondo femminile e quel-lo maschile.

    È il caso dell’amicizia con Alicia Oliveira, avvocata dei diritti uma-ni, non credente ma molto determinata nelle sue convinzioni in dife-sa dei più poveri, diventata nel 1973 il primo giudice donna del foropenale argentino. Tre anni dopo, il golpe militare: esonerata dall’in-carico, la giovanissima Oliveira venne perseguitata dalla dittatura delgenerale Videla. A quel periodo risale la sua amicizia con l’alloraprovinciale dei gesuiti argentini. «Diventai una disoccupata. Dopoche mi mandarono via, Bergoglio mi inviò uno splendido mazzo dirose. Ci vedevamo due volte a settimana. Lui accompagnava i sacer-doti; ero sempre informata da lui su quanto stava accadendo», haraccontato ai giornalisti all’indomani dell’elezione di Francesco, a cuiha assistito guardando la televisione in un bar di Almagro, il suoquartiere. Emozionatissima al pensiero di avere “un amico” così im-portante, le tornò in mente il matrimonio di sua sorella celebrato daBergoglio e quando lei, ricercata dalla polizia, dovette nascondersi eallontanarsi dai figli; ebbene ogni giorno lui l’accompagnava a un’en-trata secondaria del Colegio del Salvador “dove mio figlio piccolofrequentava l’asilo, in modo che potessi vederlo e abbracciarlo”.

    Anche gli anni di pontificato di Benedetto XVI sono stati segnatida una grande apertura verso le donne. Ratzinger, infatti, non soloha sempre parlato della necessità di una presenza femminile nellaChiesa, ma ha agito concretamente in questa direzione. È con Bene-detto XVI, ad esempio, che la presenza femminile in Vaticano, speciein Segreteria di Stato, è aumentata di numero e si è fatta più qualifi-cata. Ed è con lui che le donne sono entrate in un ambito sino ad al-lora precluso, quello della comunicazione. Ce lo racconta l’Annuariopontificio quando elenca i giornalisti dell’Osservatore Romano: indi-

    Dietro a ogni Papa...La cugina di Bergoglio, le amiche di Wojtyła, la sorella di Ratzinger, la madre di Luciani

    Una lettura delle scelte al femminile dei Pontefici alla luce della loro esperienza

    di GIULIA GALEOTTI e SI LV I N A PÉREZ

    C’è molto più del legittimo orgoglio per le proprie radici dietro il sorri-so radioso che Papa Francesco ha scambiato con sua cugina, suorAna Rosa, appena sceso dall’aereo che lo ha portato in Thailandia.Prima ancora di salutare le autorità che lo attendevano, il Ponteficeha fatto un piccolo strappo al protocollo dando alla Sivori un velocebacio sulle guance. La religiosa salesiana — scelta personalmente daBergoglio come interprete nella tappa iniziale del pellegrinaggio nelcontinente più densamente popolato del mondo — è nata in Argenti-na 77 anni fa e da 53 è missionaria in Thailandia, nella provincia diUdon Thani, nel Nordest del Paese. Per una vita ha fatto l’insegnan-te e ancora oggi presta servizio nella scuola femminile St. Mary, unadelle cinque che la congregazione salesiana gestisce in Thailandia.«Cerchiamo d’indirizzare le nostre ragazze, al di là della loro fede, auna vita onesta e buona. Il che — spiega — è tanto più importante inun Paese dove la prostituzione, anche minorile, è diffusissima».Quando, nel 1966, la giovane suora argentina fece le valigie per re-carsi in missione, non avrebbe mai potuto immaginare quel che il fu-turo le riservava, ossia di assumere durante un viaggio apostolico unruolo mai svolto prima da una donna al servizio di un pontefice.Premurosa e sollecita, ha seguito Francesco come un’ombra in ognisuo spostamento, prendendo in qualche caso il posto del vescovo lo-cale nell’auto papale. E ogni volta che Bergoglio ha voluto fare ag-giunte estemporanee ai testi preparati, è ricorso immediatamenteall’aiuto della sua interprete in virtù del rapporto personale, stretto econsolidato, che la religiosa ha con la comunità locale. Suor Ana Ro-sa, del resto, lo ha persino gentilmente rimproverato per aver visitatosolo Bangkok e non la “vera Thailandia”.

    DA LUCIANI A BERGO GLIO

    Quattro donnealla segreteriadel SinodoIl 24 maggio 2019 ilPapa nomina quattrodonne tra i consultoridella segreteriagenerale del Sinododei Vescovi: NathalieBecquart, saveriana,già direttrice delServizio nazionaledella Conferenzaepiscopale francese perl’Evangelizzazione deigiovani eper le vocazioni;Alessandra Smerilli,delle Figlie di MariaAusiliatrice, docente diEconomia allaPontificia FacoltàScienzedell’Educazione«Auxilium»,consigliere dello Statodella Città delVaticano; María LuisaBerzosa González,Figlie di Gesù,direttrice di «Fe yalegría», Spagna;Cecilia Costa, docentedi Sociologiaall’Università RomaTre. È la prima voltanella storia dellaChiesa. (valeriapendenza)

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    so Joseph). Eppure le biografie ufficiali parlano solo di un’esistenzadedicata alla gestione domestica del fratello cardinale. Ma si tratta diuna lettura decisamente riduttiva: intellettuale e nubile, terminati glistudi, lavorò prima in un ufficio e poi, subito dopo la guerra, in unostudio legale a Monaco, dove viveva da sola. In seguito, però, sce-glierà di raggiungere il fratello che, pur con la discrezione che lo hasempre caratterizzato, non mancherà di ringraziarla. La generosità diquesta donna è stata del resto all’origine della storia di BenedettoXVI: tanti decenni fa, infatti, fu proprio lei, grazie al suo lavoro diimpiegata, a pagargli gli studi, inaffrontabili per il bilancio familiare.

    «Sono stato scoperto da due donne»: così, a distanza di anni, Ka-rol Wojtyła racconterà il suo esordio pubblico nel mondo cattolicopolacco. Era il 1949 quando Teresa Skawinska e Zofia Jaroń, studen-tesse di Cracovia, colpite dal ventinovenne vice parroco di San Flo-riano, gli chiesero di tenere un ciclo di conferenze. Ed egli accettò.Non stupisce dunque come, una volta divenuto Papa, quell’ex viceparroco abbia colpito il mondo anche per il suo rapporto caloroso eaccogliente con le donne. L’amicizia più forte e nota fu con WandaPółtawska. Con lei e con la sua famiglia don Lolek trascorreva feste evacanze. Da Papa, disse di sentirli vicini “come le persone a me piùc a re ” e continuò a passare con loro i momenti più importanti dellasua vita, anche privata, come il primo Natale a Roma. Madre e me-dico, Wanda fu la sua indispensabile consulente soprattutto per iproblemi della famiglia e della sessualità. «Mia cara Dusia — le scrivenel 1978 — sei stata e rimani il mio esperto personale nel campo dellaHumanae vitae».

    Non stupisce dunque che Giovanni Paolo II sia stato il primo Pa-pa nella storia ad aver dedicato una lettera apostolica “alla dignità ealla vocazione” della donna; uscita nel 1988, la Mulieris dignitatem af-ferma il valore della specificità femminile. Del resto Wojtyła chiame-rà madre Teresa a parlare al sinodo dei vescovi e non è un misteroche pensasse di conferirle la porpora (stando ad alcuni, gliela avreb-

    cati in ordine di anzianità, dopo diversi nomi maschili compare unaSig.ra. È Silvia Guidi, assunta nel 2008: in 147 anni non era mai suc-cesso che il giornale della Santa Sede avesse una giornalista. Ed è delresto sempre per volere di Benedetto XVI che per la prima volta è na-ta in Vaticano una rivista dedicata al femminile, questo “donne chie-sa mondo” da cui vi scriviamo.

    Un’altra novità fu la scelta di Benedetto XVI di dedicare 16 cate-chesi del mercoledì a donne importanti nella Chiesa del medioevo edell’età moderna. Mai prima un Pontefice aveva così espressamentericonosciuto l’importanza femminile. E se negli ultimi decenni si eracreata la situazione paradossale di religiose e sante studiate con gran-de interesse dalla storiografia laica, specie femminista, ma pratica-mente ignorate in ambito cattolico, la scelta di Benedetto XVI ha ri-solto il paradosso. Restituendo a queste figure anche il valore dellaloro esperienza spirituale.

    Anche in questo caso, si è trattato di aperture frutto di un’esp e-rienza personale. Perché una figura importantissima nella vita di Rat-zinger è stata la sorella maggiore.

    Maria Theogona inizia molto presto a lavorare. Avrebbe voluto fa-re l’insegnante, ma la vita la condurrà altrove (un po’ perché per di-ventarlo si sarebbe dovuta piegare al nazismo, un po’ per affetto ver-

    Giovanni Paolo Icon la sua famiglia

    (foto MuseoAlbino Luciani)

    21 giugno 1959: KarolWo j t y ła alla primaComunione di CatherinePoltawska. La madre dellabambina, Wanda, èall’estrema sinistra, lasorella minore Ania èaccanto a Wojtyła. AndrzejPoltawski è a destra consua madre (Archivi dellafamiglia Poltawska)

  • D ONNE CHIESA MOND O 16 D ONNE CHIESA MOND O17

    be anche offerta ma lei avrebbe rifiutato). Molto stretto anche il le-game con Chiara Lubich, fondatrice dei focolarini, che chiese e ot-tenne dal Papa il raro privilegio che il movimento, composto da ma-schi e femmine, fosse sempre guidato da una donna.

    «Siamo oggetti da parte di Dio di un amore intramontabile. Sap-piamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra cisia notte. È papà; più ancora è madre»: sono queste le celebri paroleche Luciani pronunciò il 10 settembre 1978 durante l’Angelus, a soledue settimane dall’elezione. E non fu un caso.

    Albino Luciani nacque nel 1912 in una famiglia poverissima: con ilpadre emigrato, il peso quotidiano era retto dalla madre, BortolaTancon, che aveva conosciuto il futuro marito, Giovanni Luciani, a32 anni. Sposarsi a questa età per una donna negli anni Dieci delNovecento era quasi sorprendente, ed effettivamente Bortola lo era:dopo aver frequentato le elementari fino alla classe terza, risultatoimportante specie per una bimba di umili origini, era stata sempreeconomicamente indipendente, avendo lavorato prima a lungo inSvizzera come ricamatrice, poi in Italia come cuoca. Quando dunqueGiovanni Paolo I affermerà che Dio è “soprattutto madre” non vorràratificare posizioni femministe, ma starà riconoscendo anche il ruolofondamentale che questa donna aveva esercitato nella sua vita.

    Devo dire che spesso, quando ascolto papa Francesco, mi vieneuna voglia matta di parlare con lui. Perché normalmente,Francesco non parla, dialoga. Implicitamente, certo. Sia il suotono che quello che dice sono spesso, però, un invito a“parlarne”. Di una cosa, in particolare, mi piacerebbe parlare,forse anche discutere con lui. A volte, quando tocca temi che riguardano ledonne, dice che sarebbe importante e necessario elaborare una “teologia delladonna”. E io avrei voglia di poter ragionare un po’ con lui perché, se unopercorre in su e in giù la storia della teologia, in fondo, da Tertulliano aWo j t y ła, passando per Agostino, Tommaso o von Balthasar, tutti i teologihanno sempre parlato della donna. In modi e con toni diversi, certo, masempre esprimendo la necessità e, forse, anche la pretesa di avere comunquequalcosa da dire sulla donna, di sanzionarla come janua diaboli (porta deldiavolo) o di esaltarla per il suo “genio femminile”.

    Più di una volta, poi, qualcuno ha addirittura proposto di dedicare unSinodo dei vescovi al tema della donna. E io, con altre, abbiamo reagito conpreoccupazione, abbiamo provato a mettere in guardia dal rischio, moltoforte, nel quale la chiesa cattolica incorrerebbe. L’esodo inarrestabile, tanto

    silenzioso quanto doloroso, dellemolte donne che hanno lasciatole chiese in questi anni non èforse una parola forte, un grido,che le donne per prime hannolanciato perché non voglionoche si continui a parlare di loro,ma vogliono, piuttosto, essereascoltate? Non nei luoghiinsonorizzati delle tanteassemblee ecclesiastiche in cui,ormai, anche alcune donne sonoinvitate, sempre e comunque,

    come ospiti. Non in osservanza al migliore galateo ecclesiastico per cui vieneloro riconosciuto diritto di parola, ma (non sempre, ma accade) dopoaccurata selezione di ciò che si può e ciò che non si può dire. Mai un titolodi libro fu così azzeccato come quello di Carmel E. McEnroy che, subitodopo il Concilio, ha raccontato l’assoluta novità della partecipazione diventitré uditrici al Vaticano II: Guest in their own House (Ospiti a casa loro).

    Questo allora vorrei dire a papa Francesco. Non per convincerlo, ma perragionare insieme, sapendo di essere entrambi a casa propria, sia pure congrande differenza di ruolo e di autorità. Non parlate delle donne e, tantomeno, della donna continuando, di fatto, a parlare di voi. Troppo spesso,assistiamo a una sorta di “paternalismo femminista” che è una contraddizionein termini. Date l’esempio al mondo, anche quello che si ritiene “civilizzato” eche invece fa ancora tanta fatica ad accettare che, tra uomo e donna, non c’èuno che è soggetto (anche di parola) e l’altra che è oggetto (anche di parola),ma che, ormai, la soggettualità non può che essere condivisa. E ognuno parlidi sé. Abbiamo gran bisogno di ascoltare uomini che parlano di maschilità.Anche nella Chiesa.

    *Biblista, Pontificio Ateneo S. Anselmo

    TRIBUNA A P E R TA

    Questo vorrei direa Papa Francescodi MARINELLA PERRONI*

    4 gennaio 2008Benedetto XVI in visita alla

    Casa «Dono di Maria»delle Missionarie

    della Carità

  • D ONNE CHIESA MOND O 18 D ONNE CHIESA MOND O19

    «La sfida è darespazio vero alle donne»

    Jolanta Kafka e Patricia Murray: evangelizzare non è solo degli ordinati

    Stiamo parlando di gesti simbolici...

    SUOR PAT R I C I A : I simboli sono importanti e il pontefice li usa perindicare un cambiamento. Anche quelli che possono apparire secon-dari mandano messaggi precisi. Per la prima volta sotto il suo ponti-ficato l’assemblea della UISG non è stata introdotta da un cardinalema dalla presidente. Il Papa nell’ultima assemblea è entrato nell’AulaPaolo VI con la Presidente e la Segretaria esecutiva, rispettivamentealla destra e alla sinistra. Non ha voluto sedersi sulla grande e unicasedia che era stata preparata per lui, ma ne ha volute due, una ancheper la Presidente della UISG. Al primo posto nelle sue parole e neisuoi gesti c’è sempre l’inclusione.

    Eppure, l’impressione è che sia difficile, che sia difficile anche per il Papa, dare nel-la Chiesa più spazio alle donne.

    SUOR JO L A N TA : È vero. Il pontefice è di fronte a una sfida. Dareuno spazio alle donne, ma vero, reale, segnalare una loro presenzastrutturale nella Chiesa e nello stesso tempo evitare di inglobarle nelsistema “clericale”. Nella Chiesa se si unisce la gerarchia e il potere

    di RI TA N N A ARMENI

    Francesco è un pontefice apprezzato e amato anche da gran parte delmondo laico per la sua apertura, la sua capacità di guardare con ra-dicalità i problemi della società e del pianeta, per il suo coraggio e lacapacità di andare oltre il pensiero comune e dominante. Possiamodire che c’è la stessa apertura, la stessa intenzione di cambiare le coserispetto al mondo alle donne? Sette anni di pontificato sono abba-stanza per dare un giudizio, per capire se il papa “che viene da lonta-no” ha fatto qualcosa per le donne della Chiesa e che cosa.

    Suor Jolanta Kafka è la nuova presidente della UISG, Unione In-ternazionale Superiore Generali, che riunisce ben 1900 congregazioniper oltre 450.000 consacrate. Suor Patricia Murray è la segretaria ese-cutiva della UISG. Loro conoscono bene la condizione delle donnenella Chiesa, la vivono ogni giorno. Con loro si può parlare fuori da-gli schemi e scendere subito nel merito.

    Il pontefice ha fatto qualcosa di più per le donne della Chiesa?

    SUOR JO L A N TA : Riceviamo ogni giorno messaggi incoraggianti, se-gnali di valorizzazione delle donne. Sono messaggi importanti e ge-nerali. La Chiesa per Francesco è sempre al femminile, è donna, è lamadre che cura, che dona la vita, è la protagonista della storia, è co-lei che crea il cambiamento. Il pontefice usa sempre, in ogni occasio-ne espressioni e simboli che affermano presenza e valore delle donne.

    Suor Jolanta Kafkacon Papa Francescoil 26 settembre 2019durante l’udienzaper i 10 annidi Talitha-Kum. Con lorosuor Gabriella Bottani,coordinatrice della retea n t i - t ra t t a

    VISTO DA DUE RELIGIOSE

  • D ONNE CHIESA MOND O 20 D ONNE CHIESA MOND O21

    Il Pontefice, quindi, può fare molto per le donne. Parliamo anche di quello che ledonne consacrate possono fare per il Pontefice e per la Chiesa. Che ruolo possonosvolgere? È differente da quello svolto in passato?

    SUOR PAT R I C I A : La UISG si è costituita alla fine del Concilio Vati-cano II proprio perché potesse esserci un luogo in cui le donne fosse-ro delle interlocutrici. Oggi ricoprono pienamente questo ruolo. Lostesso pontefice ci ha riconosciuto la capacità di costruire relazioni,reti, di portare al centro le voci delle periferie, di coloro che sonolontani e inascoltati. Nel Sinodo sull’Amazzonia è avvenuto.

    Qualche tempo fa è stato sollevato il problema della violenza sulle donne, nellaChiesa sulle suore. Problema importante e grave denunciato dallo stesso Pontefice.Che percezione, che consapevolezza c’è del fenomeno? Si è fatto qualcosa?

    SUOR JO L A N TA : Il pontefice ha rotto il silenzio sulla violenza equesto ci dà la possibilità di parlare, di essere, anche come UISG,un luogo di ascolto e di aiuto non solo nei confronti della violen-za sessuale, ma di ogni abuso di potere. Già da tempo abbiamodeciso di affrontare il problema seguendo tre direzioni: creare spa-zi in cui le sorelle possano parlare. Non c’è niente di peggio chesentirsi vittime e non trovare un luogo di ascolto. Offrire loro ap-poggio terapeutico e legale, svolgere un lavoro di formazione inte-grale perché le donne siano più consapevoli della loro dignità e iloro diritti.

    SUOR PAT R I C I A : Anche in questo caso il Pontefice ha indicato lastrada quando ha parlato di una Chiesa che deve aver cura del mon-do e della persona, e ci ha indicato la responsabilità morale che cia-scuna di noi ha nei confronti della comunità. In alcuni paesi le don-ne si trovano in situazioni di subordinazione culturale ed economicache le rende più vulnerabili e meno autonome. Questa situazionecrea le premesse per la violenza e l’abuso. Papa Francesco ha richia-mato tante volte l’attenzione su questo. Ancora una volta il ponteficeha indicato la strada. Sta a noi percorrerla.

    (non autorità, che è diverso), diventa un unico potere. Se invece par-liamo della Chiesa come comunione dei diversi ministeri, ce ne sonoalcuni che potrebbero essere, immediatamente, esercitati da uomini edonne. Nell’approfondimento della sinodalità vi è una grande oppor-tunità.

    Stiamo arrivando all’oggetto di discussione nell’ultimo Sinodo: il diaconato fem-minile, i nuovi ministeri per le donne... Per alcuni la conclusione è stata una delu-sione.

    SUOR JO L A N TA : Al Sinodo si è svolta una discussione importante.Si è parlato in modo aperto dei diversi ruoli e servizi che devono es-sere presenti nella Chiesa perché la Chiesa possa crescere nella comu-nione e continuare la sua missione di evangelizzazione. Non è solodegli ordinati, non ci può essere ministero senza il popolo di Dio. Sequesto non avviene, non è solo un problema per le donne ma pertutta la Chiesa.

    Nei primi secoli del cristianesimo c’era il diaconato femminile...

    SUOR PAT R I C I A : Sì, poi la situazione è cambiata e adesso lo studioè proprio sulla interpretazione del diaconato antico.

    Io credo che dovremmo dare più importanza e visibilità a tutti iministeri nella Chiesa. Penso alla predicazione, all’insegnamento, aitanti ruoli di cura che le religiose portano avanti. Non sono valoriz-zati abbastanza. Penso anche ai ministeri del lettorato e accolitatoche potrebbero essere aperti alle donne. Il Pontefice ha iniziato uncammino, un processo di formazione il cui fine non è un clero piùforte ma una Chiesa più forte e unita nelle differenze.

    Mi pare di capire quindi che il problema non è quello del diaconato, cioè di unaparità con gli uomini nella gerarchia ma quello di costruire una Chiesa intera chedia spazio alle donne.

    SUOR JO L A N TA : Alle donne e agli uomini seduti accanto, intornoallo stesso centro.

    Suor Patricia Murray,dell’Istituto della Beata

    Vergine Maria, segretariaesecutiva dell’Uisg.

    Irlandese, è stata nominatail 12 novembre dal Papatra i nuovi consultori del

    Pontificio Consiglio per lac u l t u ra .

    In alto, alcune (delle 850)Superiore generali di 80paesi diversi che hanno

    partecipato a maggio allariunione plenaria

    Suor Jolanta Kafka,delle Religiose di MariaImmacolata – MissionarieC l a re t t i a n e .Polacca, è stata elettapresidente della Uisgil 14 maggio 2019 al termine dell’As s e m b l e aplenaria della Uisgdedicata al tema:“Seminatrici di speranzap ro f e t i c a ”. Rimarrà incarica fino al 2022

  • D ONNE CHIESA MOND O 22 D ONNE CHIESA MOND O23

    L’eccezione Francesconella istituzione-ChiesaLuisa Muraro: ma il passo avanti di conferire autorità alle donne non c’è stato

    di ELISA CALESSI

    Nel 2004, quando uscì la Letteraai vescovi sulla collaborazionetra uomo e donna, scrittadall’allora prefetto della Con-gregazione per la dottrina dellafede Joseph Ratzinger, Luisa Muraro, tra lemaggiori e più ascoltate teoriche femministe, nesegnalò l’importanza, in particolare dove si par-lava di «collaborazione nel riconoscimento delladifferenza». Parola, “d i f f e re n z a ”, che segna ilsuo lavoro di filosofa, scrittrice e femminista.

    Da quel 2004, nella Chiesa, sono stati fatti passi avantio no?

    I rapporti fra le donne e delle donne con gliuomini hanno conosciuto dei grandi cambia-menti, addirittura rivoluzionari, secondo alcuni.La Chiesa ne ha risentito.

    In bene o in male?

    In bene, come si è visto recentemente nel Si-nodo dell’Amazzonia. Il protagonismo femmini-le cresce in visibilità anche nella Chiesa cattoli-ca. La risposta diventa, però, incerta se ci rife-riamo all’istituzione Chiesa.

    In che senso?

    Il passo in avanti, a questo punto, poteva es-sere il conferimento di autorità a donne, alla lu-ce del sole. Non c’è stato. I cambiamenti in me-glio sono venuti dal basso e sotto la pressionedi un mondo che sta cambiando per conto suo.Mi sembra cioè che, ad alto livello, prevalga lapreoccupazione di andare d’accordo con unatradizione che ha, fatalmente, l’impronta deltra-uomini di potere.

    Sta pensando al Papa?

    Paradossalmente, fa eccezione e riesce a tra-scendere quest’impronta nella misura in cui si faistruire dallo spirito del Vangelo. Questo traspa-re nella sua concezione della Chiesa, così comein tema di giustizia sociale. Nei confronti delledonne, il Papa ha dato prova di essere felice-mente ispirato nel discorso ai partecipanti all’as-semblea della Pontificia Accademia per la vita,il 5 ottobre 2017, dove ha indicato “un nuovoinizio” al rapporto uomini/donne: «Non si trat-ta semplicemente di pari opportunità o di rico-noscimento reciproco. Si tratta soprattutto diintesa degli uomini e delle donne sul senso del-la vita e sul cammino dei popoli. L’uomo e la

    VISTO DA UNA F E M M I N I S TA LAICA

    donna non sono chiamati soltanto a parlarsid’a m o re . . . » .

    Papa Francesco ha anche detto: «La Chiesa è donna, nonmaschio, non è “il” Chiesa». E ha aggiunto che «non sitratta di dare più funzioni alla donna», ma «di pensarela Chiesa con le categorie di una donna».

    È un punto alto raggiunto dal Papa nellaconsapevolezza della sua parzialità antropologi-ca, cioè di essere solo un uomo, essere umanodi sesso maschile mancante dell’esperienza fem-minile. Il ricorso al genere grammaticale femmi-nile della parola “chiesa” non è un espedientebanale. Nelle parole del Papa io scorgo ancheun suggerimento che rispecchia un vissuto per-sonale: quando parliamo della Chiesa, dice,pensiamola come una donna e per questa viafacciamo posto all’umanità che noi chierici nonsiamo, quella femminile. Peccato però per le pa-role sulle “funzioni” da dare, anzi da non dare,a donne. Sarebbe stato più sensato invitare sestesso e gli altri a liberarsi da un bel po’ di fun-zioni, di cariche.

    Papa Francesco ha detto che “non si è fatta una profondateologia della donna”. Il suo pontificato rispetto alla que-stione femminile ha aggiunto qualcosa?

    Nella storia della Chiesa io non vedo unaquestione femminile. Vedo invece che le donnehanno fatto problema agli uomini a causa dicircostanze storico-politiche (come il patriarca-to) e culturali (come la misoginia). Ma il ragio-namento è un altro. Si può parlare di una que-stione femminile se il traguardo è finirla con lediscriminazioni a danno delle donne. Il traguar-do della parità è ancora lontano anche nei Paesiche si ritengono più avanzati. E forse è un mi-raggio. Ma poco importa: la parità si trova inun orizzonte storico limitato, riduttivo anche ri-spetto al principio dell’uguaglianza. L’insegna-mento del Vangelo trascende la parità o la ca-

    povolge, per cui si dice che gli ultimi saranno iprimi.

    A cosa devono puntare le donne nella Chiesa?

    Ai cristiani è chiesta la santità personale, cioèla perfezione nella realizzazione di sé. E questocomporta, per l’essere umano in carne e ossa,sesso e desideri, di attingere e incarnare in ma-niera personale e originale il senso libero delladifferenza sessuale. Forse è questa la strada perarrivare a quella profonda teologia della donnache dice il Papa, una strada cioè che oltrepassail neutro fintamente universale.

    E quale è la “d i f f e re n z a ” da rivendicare per le donne den-tro la Chiesa?

    Rivendicare? No, ho parlato d’incarnare inmaniera originale e personale, senza imitazioni-smi né modelli prescritti.

    Parlando alle donne consacrate, Papa Francesco ha dettoche anche all’interno della Chiesa «il ruolo di serviziodella donna scivola verso un ruolo di servitù». E le hainvitate a dire “no” quando viene chiesta loro “una cosache è più di servitù che di servizio”.

    La constatazione di Papa Francesco è giusta eancor più lo è il suo invito. Ma chi darà il ne-cessario discernimento a un’umanità femminileeducata a confondere l’amore con la subordina-zione? Anni fa suor Marcella Farina, parlandoalle Superiore generali riunite a Roma, le invitòa prestare attenzione al femminismo. “Ci riguar-da, disse, perché parla alle donne e anche noiconsacrate siamo donne”... Chi è suor MarcellaFarina? Il catechismo parla dell’autorità cari-smatica che è dono dello spirito santo, dato an-che alle donne. Marcella Farina è una di queste.

  • D ONNE CHIESA MOND O 24 D ONNE CHIESA MOND O25

    È un papa che ha gesti più materni che pa-terni.

    Una madre pur di portare pace tra i proprifigli è capace di inchinarsi, buttarsi a terra e ba-ciare i piedi: come dimenticare Francesco che sichina e bacia i piedi dei leader africani?

    Una madre, naturalmente e in modo innato,si prende cura dei figli più vulnerabili e soffe-renti: come non ricordare l’attenzione costantedi Francesco verso i poveri, i malati, gli immi-grati, i discriminati?

    Una madre accarezza, ascolta, abbraccia tuttii suoi figli, i belli e i brutti, di una o altra fede:come non considerare l’importanza dei viaggi diFrancesco e i ripetuti incontri con popoli di al-tre tradizioni religiose?

    In Giappone, scegliendo di visitare le duecittà martiri Hiroshima e Nagasaki, questo papaci ha insegnato a non perdere la memoria, e ciha dato la sveglia ancora una volta sull’o r ro reche abbiamo creato e continuiamo a produrre.

    «L’uso dell’energia atomica per fini di guerraè oggi più che mai, un crimine, non solo control’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibi-lità di futuro nella nostra casa comune. L’usodell’energia atomica per fini di guerra è immo-rale. Ed è anche immorale il possesso delle armi

    atomiche come ho già detto due anni fa. Sare-mo giudicati per questo».

    Francesco è un papa che colpisce le donneperché non teme di dire al mondo intero che hacome guida di fede e di lotta una umilissima la-voratrice. Sceglie infatti di avere con sé una me-daglia del Sacro Cuore che gli è stata regalatada una signora siciliana, di Catania, che andavaad aiutare sua madre alcuni giorni alla settima-na per i lavori di casa: «La porto con me tutti igiorni sul petto dentro la talare bianca, ce l’hosul cuore, mi aiuta a lottare giorno dopo giornoproprio come ha fatto lei, che non si è mai arre-sa alla fatica». Un maestro di spiritualità uni-versale (come lo ha definito il portavoce delgrand Mufti del Libano dottor MohammadSammak ad Assisi) che dichiara di avere comemaestra spirituale una semplice e umile donnadi servizio.

    Francesco è un papa che colpisce anche ledonne musulmane perché accoglie «i suoi figli»musulmani con sorriso e amore come quella«Maria di Fatima» alla quale ha dedicatoil suo intero pontificato. È un papa mariano, unfiglio, un discepolo e un testimone credibiledi Maria, esempio sublime e madre del-l’umanità.

    Il Ponteficedei gesti materni

    di SHAHRZAD HOUSHMAND ZADEH

    Papa Francesco ha un rispetto pro-fondo per la figura femminile e perle donne, e lo dimostra con parolechiare e importanti: «Una chiesasenza le donne è come il CollegioApostolico senza Maria». Cioè un luogo svuo-tato dalla sua stessa radice, identità e senso.Una chiesa senza le donne dunque non vive; hauna struttura, dei confini, delle mura, ma restasenza identità realizzata.

    Francesco è un papa che dice anche: «Lachiesa è femmina, è sposa, è madre». Ed è unpapa che, suggerendo alle donne di dire noquando viene loro chiesta «una cosa più di ser-vitù che servizio», pone all’attenzione il grandetema del discernimento. Quando un atto reli-gioso, umano, sociale, famigliare o spirituale siattua con lo spirito di servizio diviene sacro, di-venta un sacrificio. È offrire il proprio tempo, lapropria conoscenza, se stessi, per amore di Dio,del popolo o dell’essere umano. Annientare lapropria dignità, che in se stessa è sacra (essendoogni singola persona, donna o uomo che sia,un’opera di Dio), non è né un servizio né un at-to sacro, ma un’azione mortificante e negativa,che perciò va rifiutata. «Dì di no!»: un «no»che si ripercuote anche a livello sociale.

    Francesco è un papa che legge, vede e rico-nosce il potere trasformatore di bellezza e di ac-coglienza nella donna e lo ripropone al mondo:«Senza la donna non c’è l’armonia nel mondo.È la donna che porta quell’armonia che ci inse-gna ad accarezzare, ad amare con tenerezza eche fa del mondo una cosa bella».

    Troviamo parole indicative anche nella L e t t e raalle donne scritta da San Giovanni Paolo II nel1995: «Grazie a te donna, per il fatto stesso chesei donna! Con la percezione che è propria del-la tua femminilità. Tu arricchisci la comprensio-ne del mondo e contribuisci alla piena verità deirapporti umani».

    Anche il papa emerito Benedetto XVI sp endepensieri interessanti: «Tutti i poteri delle violen-ze del mondo sembrano invincibili, ma Maria cidice che non sono invincibili. La donna è piùforte perché Dio è più forte».

    Ma che cosa colpisce una donna di PapaFr a n c e s c o ?

    Non sono solo le parole spese a favore delledonne. È il suo comportamento. Lui insegna adaccarezzare, ad amare con tenerezza e a fare delmondo una cosa bella (usiamo volutamente le suestesse espressioni).

    Francesco è un papa che ha atteggiamentiestremi di misericordia, perdono, accoglienza,apertura a tutti i figli e le figlie dell’Uomo.

    UN’ANALISI EMOZIONALE

    Papa Francesco con alcune donne durante il viaggio in Marocco il 30-31 marzo 2019

  • D ONNE CHIESA MOND O 26 D ONNE CHIESA MOND O27

    nosce come protagoniste e custodi del creato edella “casa comune”».

    La questione delle donne è stata importantenel sinodo dei giovani e ancora più significativanel sinodo sull’Amazzonia. Questi due sinodihanno sollecitato un maggiore riconoscimentodel ruolo e del ministero delle donne nellaChiesa, chiedendo che vengano maggiormentecoinvolte nei processi decisionali e siano piùpresenti nei posti di responsabilità.

    Nella vita di ogni giorno, nelle loro chiese lo-cali, le donne partecipano a diversi compiti e at-tività apostoliche. Ma spesso incontrano diffi-coltà a esercitare i loro carismi, la loro leader-ship. Devono confrontarsi con il clericalismo epossono essere esposte a forme di disuguaglian-za. Per molte è difficile trovare il proprio postonella Chiesa. Così come tante giovani affermanoche il loro discernimento vocazionale è reso piùdifficile dalla mancanza di figure femminili diriferimento. Permettendo a donne provenientida diverse realtà ecclesiali di vivere insieme il si-nodo con i vescovi nel cuore della Chiesa uni-versale per un periodo così lungo, si dà loro lapossibilità d’incontrarsi e d’imparare le une dal-le altre, di sostenersi nel loro cammino spiritua-le ed ecclesiale, di scoprirsi meno sole nelle loroproblematiche e ricerche. Il sinodo permette, in-fine, a quante vi partecipano di vivere un’esp e-

    rienza di empowerment che le aiuta a riconosce-re e a sviluppare maggiormente la loro vocazio-ne, a sentirsi più responsabili e ad avere il co-raggio di sviluppare la loro leadership una voltatornate nel proprio paese.

    Le donne del sinodo, segnate dai rapporti direciprocità intessuti tra pastori e laici o consa-crate, sono così diventate motori di sinodalitànelle loro chiese locali, protagoniste attive dellatrasformazione missionaria della Chiesa. Il sino-do dei vescovi ha fatto vivere loro un’esp erienzad’incorporazione più profonda nel “noi” eccle-siale, una presa di coscienza più viva del lororuolo nella Chiesa e della loro responsabilitàbattesimale. Ne escono con il desiderio di con-dividere e trasmettere questa esperienza di coin-volgimento in un processo che partecipa al go-verno della Chiesa. Attraverso il sinodo appro-fondiscono la loro vocazione, assimilano semprepiù la visione della Chiesa sinodale fondata suuna teologia del Popolo di Dio. Si sentonochiamate a non aver paura di andare avanti,osando anche porre questioni come quella deldiritto di voto e la partecipazione delle Superio-re generali delle Congregazioni femminili.

    *Saveriana, uditrice al sinodo sui giovani,consultore della Segreteria generale del Sinododei vescovi

    Non avere paura«Le donne si sentono chiamate ad andare avanti, osando anche porre questioni

    come quella del diritto di voto e la partecipazione delle Superiore generali»

    di NAT H A L I E BE C Q UA R T *

    Negli ultimi due sinodi dei vesco-vi, le donne presenti — 35 su 350partecipanti al sinodo sui giova-ni (ottobre 2018), 35 su 250 alsinodo sull’Amazzonia (ottobre2019) — hanno fatto udire in modo particolarela loro voce e hanno veramente svolto un ruoloimportante. Molti padri sinodali, vescovi e car-dinali, hanno detto di aver sperimentato in que-sti due sinodi la gioia e la fecondità di un lavo-ro di tipo sinodale con le donne presenti. Mon-signor Emmanuel Lafont, vescovo di Cayenne,nel corso di un’intervista al termine del sinodosull’Amazzonia, ha affermato: «In questo sino-do le donne sono state straordinarie e ci hannoaiutato con la loro esperienza e la Chiesa devericonoscerle in modo più deciso». Ma anche ledonne che hanno avuto l’opportunità di parteci-pare a questo “cammino insieme”, sotto la guidadello Spirito Santo, hanno affermato con entu-siasmo di aver vissuto un’esperienza estrema-mente positiva. In effetti hanno avuto la sensa-zione di collaborare in modo attivo con i pasto-ri in uno spirito di ascolto reciproco, di fraterni-

    tà, di dialogo vero, e di servizio comune allamissione della Chiesa. Per tutte il sinodo roma-no è stato un momento unico di grazia, segnataanche dalla presenza di Papa Francesco e dallasua attenzione per le donne. Si spiega alloraperché si è subito diffusa l’espressione “madrisino dali” per designare quelle donne che aveva-no ricevuto, con loro grande sorpresa, l’invito aprendere parte a quell’avventura straordinaria.

    Se ascoltiamo l’esperienza delle donne al si-nodo e analizziamo i temi di cui i media hannoparlato e, ovviamente, i testi redatti (tanto l’In-strumentum laboris che il Documento finale), pos-siamo affermare che la voce delle donne è stataudita e presa in considerazione. Il sinodo è ser-vito da cassa di risonanza per la voce delle don-ne perché le loro grida, le loro realtà, aspirazio-ni e sofferenze, sono state messe in luce, portan-do la Chiesa a porsi chiaramente in difesa deldiritto delle donne e della lotta contro le discri-minazioni che subiscono nella società e nellaChiesa. Leggiamo nel Documento finale del Sino-do sull’Amazzonia, §102: «Di fronte alla realtàche soffrono le donne vittime di violenza fisica,morale e religiosa, femminicidio compreso, laChiesa si pone in difesa dei loro diritti e le rico-

    OLT R E IL SINOD O

    Suor Alba Teresa Cediel Castillo, colombiana, al Sinodo ha raccontato: «Amministriamo i Battesimi. Se qualcuno si vuolesposare, siamo testimoni della sua promessa d’amore. Se una persona viene in chiesa e chiede di confessarsi, noi l’ascoltiamo

    con umiltà anche se non possiamo chiaramente dare l’assoluzione»

  • D ONNE CHIESA MOND O 28 D ONNE CHIESA MOND O29

    dere parlando di Rocío. Questa donna non ha potuto vedere i suoifigli crescere e qui sta la sua camicetta. Vorrei dire a quanti ci stannoseguendo che più di una camicetta è una bandiera, una bandiera del-la sofferenza di tante donne che danno vita e danno la vita e chepassano senza un nome. Di Rocío conosciamo il nome, anche diGrecia, ma di tante altre no. Passano senza lasciare il nome ma la-sciano il seme. Il sangue di Rocío e di tante donne uccise, usate,vendute, sfruttate, credo che debba essere seme di una presa di co-scienza di tutto ciò». Poi Papa Francesco chiese a chi lo avesse ascol-tato di fare un momento di silenzio nel proprio cuore per pensare aRocío, per darle un volto, per pensare a donne come lei, per pregaree per piangere. «Piangere su tutta questa ingiustizia, su tutto questomondo selvaggio e crudele»...

    Per Papa Francesco la violenza sulle donne non è una questione dinumeri, di statistiche. Dietro ogni singolo caso, c’è un nome, c’è unvolto, c’è una storia, ci sono degli orfani. C’era un nome, un volto,una storia anche quando scrisse una lettera con la sua minuscola cal-ligrafia a Filomena Lamberti, una donna italiana sfigurata con l’acidoa Salerno da suo marito. Papa Francesco scrisse a lei una letteraidealmente scritta a tutte le donne che hanno avuto la stessa sorte,resa nota da Filomena nel giorno internazionale di lotta contro laviolenza nel 2018.

    «Gentile cara Filomena, mi atterrisce pensare alla crudeltà che hadeturpato il suo volto offendendo la sua dignità di donna e di ma-dre. Le chiedo scusa e perdono, facendomi carico di un’umanità chenon sa chiedere scusa a chi, nella predominante indifferenza, vienequotidianamente offeso, calpestato ed emarginato».

    Papa Francesco è cosciente del fatto che la violenza sulle donnenon ha tempo né confini: è endemica e non risparmia nessuna nazio-ne o nessun paese, industrializzato o in via di sviluppo che sia, riccoo povero. Quante volte ha denunciato quello che succede, non lonta-no da qui, ma nei pressi della stazione Termini, per le strade di Ro-ma, della «colta Roma» o nelle strade delle città europee.

    Ricordo che nel viaggio di ritorno dalla Polonia, nel 2015, in occa-sione della Giornata mondiale della gioventù, Papa Francesco ci dis-se che tutti i giorni nello sfogliare i giornali si imbatteva con omicididi donne, mogli, suocere commessi da uomini che pur dicendosi cat-tolici, legittimano paradossalmente forme di sfruttamento, crudeltà ediscriminazione verso le donne.

    La camicetta di Rocíoè ora una bandiera

    Era di una giovane messicana. L’autrice di questo articolo l’ha donata a Francesco

    di VALENTINA ALAZRAKI

    Rocío era una donna messicana. Aveva 27 anni quando è stata ammaz-zata a casa sua davanti al suo bambino di 8 anni, il più piccolo deisuoi tre figli. Rocío aveva ascoltato inavvertitamente in un bar di unaborgata molto violenta di Acapulco, in Messico, dove faceva la came-riera, qualcosa che non doveva ascoltare, pronunciata da un gruppodi uomini legati ai narcos. La presero con la forza, la portarono a ca-sa sua dove l’aspettava suo figlio, lo legarono a una sedia e la uccise-ro davanti a lui in maniera feroce e disumana. Nessuno fuori dal suoquartiere povero e violento avrebbe mai conosciuto la sua storia seun giorno Papa Francesco non avesse preso nelle sue mani la cami-cetta che indossava quando la uccisero.

    Conservavo quella camicetta che mi era stata donata da suo figlio,come una delle reliquie più care. Il giorno prima dell’intervista chemi avrebbe concesso per la mia emittente Televisa, mi è venuta inmente e ho pensato che sarebbe stato bello donargliela affinché po-tesse toccare con le sue mani la sofferenza delle donne vittime di vio-lenza. Quando gliela porsi raccontandogli brevemente la sua storia,papa Francesco chiuse gli occhi e fece una smorfia di raccapriccio, didolore, che valeva più di mille parole. Durante tutta l’intervista, incui gli dissi che avevo scritto un libro sulla violenza contro le donnedal titolo Grecia e le altre, la camicetta rimase su un tavolino postotra di noi ma alla fine, prima di congedarsi, in maniera assolutamen-te inaspettata la prese tra le sue mani, abbassò lo sguardo e iniziò aparlare in forma sommessa, quasi come se pregasse. «Vorrei conclu-

    LA VIOLENZA SULLE D ONNE

    Sup erioregenerali allaC o n g re g a z i o n eVita consacrataL’8 luglio 2019 seiSuperiore generalientrano tra i membridella Congregazioneper gli istituti di vitaconsacrata e le societàdi vita apostolica.Sono: KathleenAppler, Figlie dellaCarità di S. Vincenzode’ Paoli; YvonneReungoat, Figlie diMaria Ausiliatrice;Françoise Massy, Fr a n c e s c a n eMissionarie di Maria;LuigiaCo ccia, MissionariePie Madri dellaNigrizia;Simona Brambilla,Missionarie dellaConsolata; M. RitaCalvoSanz, Compagnia diMaria Nostra Signora.Nominata anche OlgaKrizova, presidentegenerale delleVolontarie di DonBosco. Finora imembri dellaCongregazione eranosolo Superiorigenerali. (v. p . )

  • D ONNE CHIESA MOND O 30 D ONNE CHIESA MOND O31

    de la Puerta invitò i fedeli a lottare contro questa piaga. «Sono moltele situazioni di violenza che sono tenute sotto silenzio al di là di tan-te pareti. Vi invito a lottare contro questa fonte di sofferenza chie-dendo che si promuova una legislazione e una cultura di ripudio diogni forma di violenza». Nell’incontro con la popolazione a PuertoMaldonado, Francesco disse che «faceva male constatare come inquesta terra, che sta sotto la protezione della Madre di Dio, tantedonne sono così svalutate, disprezzate ed esposte a violenze senza fi-ne». Disse che non si poteva “n o r m a l i z z a re ” la violenza, e non lo sipoteva fare sostenendo una cultura maschilista che non accetta ilruolo di protagonista della donna. «Non ci è lecito guardare dall’al-tra parte, fratelli, e lasciare che tante donne, specialmente adolescen-ti, siano “calp estate” nella loro dignità».

    Ho toccato con mano una volta in più la sensibilità di Papa Fran-cesco su questo tema, quando alla fine della conferenza stampa sulvolo da Tokio a Roma ci ha parlato spontaneamente, non risponden-do a una domanda, di come avvertisse in Thailandia un problema“che fa male al cuore”, cioè lo sfruttamento delle donne. Le sue paro-le più toccanti, però, che mi hanno fatto veramente capire come ab-bia fatto sua la sofferenza di tante donne sono state prima di salutar-ci: «Ancora ho nel cuore la camicia di Rocío, non la dimentico».

    In varie occasioni il papa si è riunito con donne vittime di violen-za e ha ascoltato storie terribili. Ricordo gli incontri senza precedenticon ragazze che davanti al papa e a prelati attoniti hanno raccontatocon crudezza il dramma della schiavitù sessuale o lavorativa. Ragazzecon un nome e un volto come le giovani messicane Karla Jacinto eAnna Laura.

    Papa Francesco ha ascoltato Karla Jacinto che dai 12 ai 16 anni èstata obbligata a prostituirsi con una trentina di uomini al giorno pri-ma che un cliente l’aiutasse a fuggire da quell’inferno. Si è commos-so e ha capito col cuore cosa significa violenza sulla donna. Lo stessoè successo con Anna Laura per cinque anni schiava lavorativa, che haraccontato di come la facessero stirare anche venti ore al giorno, sen-za mangiare, delle seicento cicatrici che le hanno provocato con ba-stonate e bruciature, ogni volta che cercava di scappare. Storie similia quelle di ragazze nigeriane, romene, ucraine e italiane che PapaFrancesco ha più volte incontrato e soprattutto ascoltato e abbraccia-to in diversi centri di accoglienza o durante le conferenze organizzatein Vaticano per denunciare la tratta di esseri umani. È stato forse pe-rò in America Latina che Papa Francesco ha alzato di più la voce percondannare la violenza sulle donne. Durante il viaggio in Perú lo hafatto in tre diverse occasioni e lì per la prima volta ha pronunciato laparola femminicidio. Durante la celebrazione mariana per la Virgen

    Papa Francescodurante l’intervistacon Valentina Alazraki,corrispondente di Televisa,t ra s m e s s adalla televisione messicanail 28 maggio 2019.Il Pontefice ha in manola camicettadi Rocío

    In varie occasioniil Papa

    ha incontratodonne

    vittime di violenzae ha ascoltato

    le loro storieterribili

    Come quelladi Karla Jacintoche dai 12 ai 16

    anniè stata obbligata

    a prostituirsi

  • D ONNE CHIESA MOND O 32 D ONNE CHIESA MOND O33

    Maria Maddalenafesta per la Chiesa

    ...non solo per le donne. Attribuito lo stesso grado di celebrazione degli apostoli

    di CRISTINA SIMONELLI*

    Non si può dire che Maria Mad-dalena sia stata assente nellaspiritualità cristiana: ne fa fedeuna iconografia diffusa, che as-sume e moltiplica la percezioneche, specie in occidente, si è avuta di lei. Simoltiplicano pertanto maddalene macerate epentite, innamorate e intense. Figura importan-te, senza dubbio, perché è al cuore del Vangelo,della potenza m i s e r i c o rd e che riconosce e conferi-sce dignità a ogni vita, a ogni nome. Peccatoche simile concentrazione evangelica sia anchefrutto di un errore, che è di sovrapposizione eanche di rimozione: sempre più raramente inconferenze o lezioni si trovano persone che an-cora confondono la peccatrice anonima intro-dotta nella narrazione lucana (Lc 7, 36ss) con laMaria “quella di Magdala” di cui si parla pocodopo, come prima del gruppo di donne che se-guono Gesù e come colei nella quale la guari-gione era stata travolgente (cacciati sette demo-ni: Lc 8, 2). Queste due figure, a cui si aggiun-ge quella di Maria di Betania e della donna,anonima in Marco, che unge il capo di Gesù,

    sono confuse a formare un’unica donna. Simileoperazione non è solo di sovrapposizione e di-venta di fatto anche una sottrazione: si perdonoi nomi propri, le differenze — cosa particolar-mente penosa, perché colpisce soprattutto ledonne e i poveri — e si sposta la “donna” cosìottenuta dal registro apostolico della sequela edell’annuncio a quello morale, del peccato e delperdono. Questa sottrazione è una perdita sec-ca, un’emorragia gravissima, per le donne certo,ma anche per la Chiesa tutta, che basa la pro-pria articolazione, anche ministeriale, sulla auto-rità apostolica e non sulla misericordia.

    Per questo il recente recupero di un’altra ac-cezione di Maria di Magdala, come prima dellalista della sequela delle donne e come destinata-ria della manifestazione del Risorto e soggettodell’annuncio della sua resurrezione, è moltoimportante. Un’antica espressione patristica —Apostola degli apostoli — si presta, pur con qual-che ambiguità residua, a questa rinnovata con-sapevolezza e viene assunta volentieri anche dapapa Francesco, nel suo sincero impegno nellaconversione della Chiesa cattolica rispetto alruolo delle donne che ne fanno parte. Nellastessa direzione va anche la trasformazione della

    SIMBOLI E S I G N I F I C AT I

    memoria liturgica di santa Maria Maddalenadel 22 luglio in festa, connotata proprio dal te-ma della apostolicità e dell’annuncio del Vange-lo, da lui personalmente voluta. L’a rc i v e s c o v oArthur Roche, Segretario della Congregazioneper il culto divino e la disciplina dei sacramenti,così ne presentava il significato: «A ragione, ilDottore Angelico [san Tommaso d’Aquino,nda] usa questo termine [Apostola degli aposto-li] applicandolo a Maria Maddalena: ella è te-stimone del Cristo Risorto e annuncia il mes-saggio della risurrezione del Signore, come glialtri Apostoli. Perciò è giusto che la celebrazio-ne liturgica di questa donna abbia il medesimogrado di festa dato alla celebrazione degli apo-stoli nel Calendario Romano Generale e che ri-salti la speciale missione di questa donna, che èesempio e modello per ogni donna nellaChiesa».

    Questa spiegazione, al di là del riferimentounico a san Tommaso d’Aquino, è di grande ri-lievo, perché supera l’ambiguità cui accennavo:troppe volte infatti il suo ruolo, sia pure collo-cato nella luce della resurrezione e dell’annun-cio, è stato reso come colei che annuncia “solo”agli apostoli, che poi, in modo autorevole (dun-que virile, va da sé!), avrebbero l’incarico di

    proseguire, soli, ad annunciare il Vangelo e gui-dare la comunità ecclesiale. Qui invece la que-stione viene spiegata meglio: “come gli altriap ostoli”. Il nuovo prefazio nella forma tipicalatina, del resto, afferma che Cristo le apparve ela onorò apostolatus officio, che mi sembra stiaproprio in questo ordine di significato. Certo, latraduzione italiana ne attenua la forza, per dirloin termini leggeri, rendendo la frase nel modoseguente: «a lei diede l’onore di essere apostolaper gli stessi apostoli».

    In questo quadro stanno tutte le coordinatedella questione, che riguarda tutta la Chiesa,che da sempre è di donne e uomini, ma l’ha ri-conosciuto in maniera discontinua: nella comu-nità cattolica si può rintracciare un percorsonuovo, dalla Pacem in terris di Giovanni XXIII,con la questione femminile inserita fra i segnidei tempi, alla Purificazione della memoria nelGiubileo del 2000 in cui Giovanni Paolo II hachiesto perdono per come la Chiesa ha trattatole donne, alle istanze di riforma di Francesco,che vorrebbe riconoscere loro anche maggioriruoli di autorità e in questo senso ha volutoquesta festa liturgica. Le resistenze sono tuttaviamolte e si manifestano a più livelli: quelli cheabbiamo già evidenziato e anche altri, più tristie accaniti.

    Il cammino tuttavia, in forme e modi chenon possiamo dire con certezza, è inesorabile.Penso e anche spero che, alla fine, di tutti glierrori di lettura oggi emendati, possa mantener-ne uno, denso di pietas: quello che tramiteMaddalena, sia pure letta in forma distorta, af-ferma la dignità di ogni vita e il Vangelo dellamisericordia. Possa questa forma restare ancheal cuore dell’autorità e del ministero, delle don-ne e anche degli uomini.

    *Docente di Antichità Cristianepresidente del Coordinamento Teologhe Italiane

    Piero della Francesca, «Maria Maddalena» (1460)

  • D ONNE CHIESA MOND O 34 D ONNE CHIESA MOND O35

    La rivoluzione di starecon Madre Terra

    Incontro con Vandana Shiva, l’attivista indiana che sarà all’evento di Assisi

    di FEDERICA RE DAV I D

    Quando Papa Francesco la invitò a partecipare a due incontri di prepa-razione per Laudato si’, l’enciclica del 2015 “sulla cura della casa co-mune”, Vandana Shiva gli portò un regalo: «una stola di cotone or-ganico tessuta a mano nei Gandhi Ashrams, parte del progetto in di-fesa dei contadini indiani intrappolati dal cotone geneticamente mo-dificato. Noi salviamo i semi locali e aiutiamo i contadini a tornareall’organico; sono molto felice di dire che quest’anno, nei villaggi do-ve abbiamo lavorato, c’è stato un calo del 60 per cento degli Ogm».

    Fondatrice, 30 anni fa in India, dell’associazione Navdanya per la difesadei semi organici, della biodiversità e dei diritti dei piccoli agricoltori, è

    convinta che le donne salveranno il mondo. Perché?

    Perché lo stanno già facendo. Siamo seed keepers, custodi dei se-mi, nessun potere sulla Terra può impedirci di lavorare sulla terra eper la Terra. Ci impegniamo per creare un nuovo sistema basato sullacura e la condivisione, proprio come indicato nell’enciclica.

    Ma il mondo non sta salvando le donne, vittime di disparità di genere, violenza,sfruttamento. Come si possono difendere?

    In qualsiasi sistema violento, come quello in cui viviamo, le donnepagano un prezzo altissimo. È molto importante che si riconosca chesono loro a subire le peggiori violenze. Il problema è nella doppiadiseguaglianza, economica e sessuale.

    IL PA PA DELLA LAU D AT O SI’

    Di cui le vittime di tratta sono la più drammatica incarnazione.

    Violenza, tratta, schiavitù, sono impatti della diseguaglianza. Va ri-conosciuto alle donne il diritto al proprio sostentamento, alla dignitàdel lavoro, alle risorse, alla terra.

    Durante i lavori del Sinodo per l’Amazzonia si è dibattuto sulla questione femminilee sul ruolo attivo delle donne nella Chiesa. Che ne pensa?

    Se vai agli Uffizi o nelle chiese di Firenze (la città dove NavdanyaInternational ha sede oltre che a Roma, ndr) chi trovi al centro? Ma-ria. La Chiesa porta un carico di storia che non conosco abbastanza,ma penso che Papa Francesco affronti il problema; che possa farlo,trovando il momento giusto, nello stesso modo in cui ha spostato laChiesa dalla parte di Madre Terra, piuttosto che di chi la sfrutta.Maria, in quanto madre di Gesù, ha in sé la cura per le generazionif u t u re .

    La diseguaglianza è un problema che interpella tutti?

    Tutti i culti hanno avuto lampi di donne leader e maestre spiritualie forze di oppressione patriarcale. In India ci sono state eccezionalimistiche come Meera Bai. Ora siamo al punto che il patriarcato stadominando, ma credo che rispettare le donne sia parte della ridefini-zione della missione umana. Agli uomini potrebbe giovare quello cheGandhi chiamava il potere femminile della compassione: una preghie-ra al giorno mi rende più femminile, diceva.

    In vista di AssisiPapa Francesco e VandanaShiva durante un incontroin Vaticano. L’attivistaambientalista parteciperàdal 26 al 28 marzo adAssisi all’eventointernazionale The Economyof Francesco. I giovani, unpatto, il futuro. Ci sarannoanche i premiNobel Muhammad Yunus e Amarthya Sen e, tra glialtri, Bruno Frey, TonyMeloto, Carlo Petrini, KateRaworth, Jeffrey Sachs eStefano Zamagni.

  • D ONNE CHIESA MOND O 36 D ONNE CHIESA MOND O37

    Come si può affrontare il dramma dei migranti?

    Se ci prendiamo cura della Terra e del suolo, loro producono cibo.Con la coltivazione industriale i suoli sono stati distrutti e la gentestrappata dalle proprie case. Nei quattro Paesi intorno al lago Ciad,le attività commerciali si sono prese l’80 per cento dei corsi dei fiu-mi: i contadini non hanno acqua, i pescatori non hanno pesci, i pa-stori non hanno erba. Da questo vengono guerre e crisi dei rifugiati.Il sistema che ne è responsabile dovrebbe chiedere scusa e accoglierecoloro che arrivano. Se la Terra è la nostra casa comune, la nostramadre, ogni comunità ha il diritto di essere a casa ovunque.

    E invece?

    Sbattono loro la porta in faccia perché, come spiego nel libro Ilpianeta di tutti (ed. Feltrinelli), l’uno per cento della popolazione hail controllo dell’economia globale e non vuole perderlo. Per avere po-tere, deve creare ondate di odio, di paura e di esclusione: finché lasocietà è occupata a polarizzarsi, non si volgerà verso il problema dirigenerare la Terra e quello della giustizia sociale ed economica. Fan-no credere alla gente che i rifugiati prendono il loro lavoro, ma i rifu-giati non hanno lavoro, la verità è che la gente perde il lavoro a cau-sa della nuova economia tecnologica. Gli Stati Uniti sono una terradi rifugiati e migranti, i nativi sono stati uccisi dai colonizzatori; ep-pure, mentre la Statua della Libertà saluta le persone invitandole aentrare, il presidente Trump le spinge fuori.

    Quanto è concreta la possibilità di un cambiamento?

    Sono ottimista, penso che siamo in una fase di passaggio. Stiamocreando un nuovo sistema. Io coltivo la speranza, la speranza nonviene dal cielo o dal supermercato. Non la compri, la cresci. Comeha detto Gandhi, la Terra fornisce abbastanza per soddisfare i bisogni diogni uomo, ma non l’avidità di ogni uomo.

    Lei è religiosa?

    Io sono profondamente spirituale, non religiosa.

    Perché ha definito “Laudato si’”, il manifesto del XXI secolo per la Democrazia del-la Terra?

    Il Papa dice che il pianto della Terra e il pianto dei poveri non so-no due pianti separati. Ai poveri vengono negati cibo, acqua, lavoro,rifugio. Tutte cose che la Terra fornisce. Dobbiamo prenderci cura dilei attraverso sistemi di giustizia economica, riconoscere che è viva,rispettare tutti i suoi esseri e le loro necessità. In uno dei dialoghiper cui siamo stati chiamati in Vaticano, l’obiettivo era ridefinire ilparadigma economico. Giustizia e cura della Terra sono due faccedella stessa medaglia.

    Ritiene che l’appello del Pontefice sia ascoltato?

    Ne sono convinta, lo dimostra l’Accordo di Parigi sul clima. Il Pa-pa ha spostato il dibattito da un calcolo numerico a una questionemorale.

    Difendere la Terra e la biodiversità è anche un dovere spirituale?

    Certo. Laudato si’ ha ricordato alla gente che siamo parte dellaMadre Terra, dunque tutte le altre specie sono la nostra famiglia. IlPapa ha scelto il nome di san Francesco, che chiamava fratelli e so-relle gli uccelli e i lupi e madre la Terra. Tante frasi dell’Enciclica ri-suonano con la mia cultura, la mia civiltà, che si basa sull’idea dellaTerra come unica famiglia. Il seme organico esprime l’integrità dellacreazione, gli organismi geneticamente modificati la negano: per meGMO vuol dire God Move Over, Dio fatti da parte, perché ora i creatorisiamo noi...”.

    Ci può essere un’alleanza tra il suo movimento e i ragazzi che seguono Greta Thun-b e rg ?

    Greta ha voluto incontrarmi a Parigi e ha condiviso la mia batta-glia. A chi mi dice ma questi ragazzi che protestano sono bianchi, risp on-do che è ovvio: i ragazzini neri poveri stanno morendo di fame.Aspettarsi che dei bambini cui sono stati portati via la madre e il ci-bo si sollevino per uno sciopero sul clima, è un po’ assurdo. Gli altrisono ragazzi privilegiati, ma vedono dove va il mondo: devono parla-re anche a nome di coloro che non hanno il privilegio di poter mani-f e s t a re .

    Le santedi Francesco2013 — Laura di SantaCaterina da Siena;María GuadalupeGarcía Zavala; Angelada Foligno2014 — Mariadell’IncarnazioneGuyart; EufrasiaEluvathingal del SacroC u o re2015 — Jeanne Émiliede Villeneuve; Mariadi Gesù CrocifissoBaouardy; MarieAlphonsine DanilGhattas; MariaCristina Brando;Maria Azelia Guérin;Maria dell’ImmacolataConcezione Salvat yR o m e ro2016 — Madre Teresadi Calcutta; MariaElisabeth Hesselblad;Elisabetta dellaSantissima Trinità;2017 — Jacinta Marto;cinque donne dei 30martiri del Brasile2018 — Maria CaterinaKasper; NazariaIgnazia di SantaTeresa di Gesù2019 — GiuseppinaVannini; Maria TeresaChiramel Mankidiyan;Marguerite Bays;Dulce Lopes Pontes(a cura di v.p.)

    Vandana Shivae Greta Thunberg a Parigiil 23 febbraio 2019(foto da Twitter)

  • D ONNE CHIESA MOND O 38 D ONNE CHIESA MOND O39

    Occorre dare una risposta alle indicazionifornite dagli organismi internazionali sullanecessità di integrare nei processi formativiconoscenze e sensibilità capaci di rafforzarela cultura dell’uguaglianza di genere edell’empowerment delle donne.

    Si fa carico di dare tale risposta il libro“I secoli delle donne. Fonti e materiali perla didattica della storia” a cura di FrancaBellucci, Alessandra F. Celi, LivianaGazzetta, con la collaborazione di MonicaDi Barbora. Redatto su iniziativa dellaSocietà Italiana delle Storiche, il volume —rivolto in particolare alle docenti e aidocenti delle scuole medie superiori —denuncia la persistenza di una visioneantropologica che è tra le matrici dellacultura, o meglio anti-cultura, chedetermina episodi di prevaricazione eviolenza, sia psicologica che fisica, neiconfronti delle donne. L’obiettivo è quellodi colmare un vuoto nell’ambito dell’attivitàdidattica, offrendo materiali e riflessioni perl’insegnamento della storia delle donne e digenere. I testi raccolti ricordano, e ai piùgiovani svelano, il travagliato camminopercorso per affermare i principi diuguaglianza, bandire le discriminazioni esradicare le violenze che nel tempo hannoalimentato l’ordine patriarcale. (gabrielenicolò)

    Te re s ae Francesco

    L’amicizia spirituale con la santa di Lisieuxe l’impatto sulla sua vita e sul pontificato

    di MARIE CI O N Z Y N S KA

    È uscito in Francia Thérèse et Françoisdella giornalista Elisabeth de Bau-douïn. Il libro (Salvator, 2019), conl’introduzione di Guzmán Carri-quiry Lecour e la postfazione delcardinale Marc Ouellet, ricostruisce il rapportotra il Papa e la carmelitana francese, dottoredella Chiesa, canonizzata nel 1925.

    Come e quando Papa Francesco ha scoperto Teresa?

    Resta un mistero, nel senso che le persone alui vicine che ho potuto interpellare nel corsodelle mie ricerche non lo sapevano. Nella suabiografia, The Great Reformer, Austen Ivereighrivela che già nel noviziato tra i libri della bi-blioteca di Jorge Mario Bergoglio c’era Storia diun’anima. Alcuni vescovi argentini mi hannoconfermato che nel seminario era consideratoun grande classico. Per il resto si possonoformulare solo ipotesi. Sua nonna Rosa, all’ep o-ca in cui viveva ancora in Italia, si era sposatain una parrocchia di Torino affidata ai carmeli-tani. È quindi possibile che abbia sentito parla-re di Teresa di Lisieux ancor prima di attraver-sare l’oceano. Inoltre, penso che l’Argentina fac-cia parte di quei paesi che si sono interessatipresto a Teresa, in quanto evangelizzata dai ge-

    suiti missionari, e Teresa era la patrona dellemissioni.

    Questa dimensione missionaria è molto importante per ca-pire il rapporto tra Papa Francesco e Teresa...

    Dal momento che san Francesco Saverio e lapiccola carmelitana sono in egual misura patro-ni delle missioni, è difficile essere gesuita senzaandare d’accordo con Teresa!

    Non dimentichiamo che è stato un gesuita,padre Putigan, probabilmente argentino, a dif-fondere la famosa devozione delle rose. Que-st’uomo è un mistero: sappiamo poco di lui. Èscomparso dietro la novena che porta il suo no-me e in ciò la sua storia è molto teresiana.

    Come spiega l’affinità particolare tra Papa Francesco eTe re s a ?

    Hanno lo stesso stile, fatto di semplicità, diautenticità e di franchezza. C’è la via teresianadella fiducia e dell’amore, dove la misericordia,che consente l’abbandono, è centrale. Ebbene,Francesco è “papa della misericordia”, fianco afianco con san Giovanni Paolo II, come mi hadetto il teologo carmelitano François-Marie Lé-thel, nel corso delle mie ricerche. L’altro puntodi contatto tra i due è la santificazione nellepiccole cose: Teresa l’ha vissuta e teorizzata in

    modo così luminoso dadivenire dottore dellaChiesa. E Francesco, chela vive da molto tempo,una volta diventato pa-pa, non ha smesso dipromuoverla. E poi inentrambi c’è l’orrore perla finzione. Teresa dice:“che non si venga a cer-carmi se non si vuole sa-perla [la verità]”.

    Oltretutto entrambi hanno parole molto dure contro i pet-tegolezzi e la maldicenza!

    È vero. L’esortazione apostolica sulla santità,Gaudete et exsultate, contiene l’immagine di unamadre di famiglia che, mentre torna a casa do-po aver fatto la spesa, incrocia un’amica e deci-de di non parlare male degli altri. Il camminodella santità passa per queste piccole decisioniquotidiane. “La lingua che uccide” di cui parlail Papa si ricollega al rifiuto di Teresa di focaliz-zarsi sui difetti delle sue consorelle. Le paroledel Papa: “Dio ci vuole positivi, grati e ricono-scenti e non troppo complicati” p otrebb eroessere le parole di Teresa! Il loro legame è comeuna pietra preziosa dalle molteplici sfaccettatu-re. Quella devozionale, innestata sull’i n t e rc e s s i o -ne e sul mistero della comunione dei santi, è laporta d’ingresso. Il Papa la prega molto,soprattutto attraverso la devozione delle rose, edel resto ne riceve spesso! Insomma, sono gran-di missionari, atipici. Teresa è stata missionarianel suo monastero carmelitano, in ginocchio; auno dei suoi fratelli spirituali ha scritto che, nonavendo potuto essere missionaria d’azione, havoluto esserlo attraverso la preghiera e il sacrifi-cio. Da parte sua, Papa Francesco da giovanevoleva recarsi in Giappone. Missionari ostacola-ti, sono diventati super-missionari, lei come pa-trona delle missioni e lui come Papa, le cuiparole raggiungono gli angoli più remoti delmondo.

    Che cosa dice questo rapporto con Teresa sul rapporto conle donne?

    Padre Diego Fares, che conosce il Santo Pa-dre da tempo, mi ha detto: “ama le donne co-raggiose”. Ama Giovanna d’Arco non perché siè messa a capo di un esercito, o Teresa perché èdiventata dottore della Chiesa, ma le ama per-ché sono andate fino in fondo, occupando ilposto che Dio aveva assegnato loro. Al terminedella sua vita, Teresa ha detto: “Non avrei maicreduto possibile soffrire tanto! ... Non possospiegarmelo se non con i desideri ardenti cheho avuto di salvare le anime”. Queste donneche sono andate fino in fondo sono tutte legatetra loro.

    LIBRI

    Le donnee la Storia

  • D ONNE CHIESA MOND O 40

    Lavorare sapendo di contribuireall’attività di un Papa è motivo disoddisfazione e di vanto innegabili.Lo è anche per le tante donne, cir-ca 950, che lavorano in Vaticano.Non sono di passaggio, non prestano servizio divolontariato. Nei diversi dicasteri, negli uffici,nei magazzini... a parità