Cyberfilosofia

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CYBERFILOSOFIA CYBERPHILOSOPHY Di PASQUALE STANZIALE 1 Se la realtà del mondo attuale richiama il termine "complessità" il concetto di "mutazione tecno- informazionale" viene a definire un paradigma della complessità, paradigma ricco di articolazioni e di fluttuazioni che si fa sfida per una concettualizzazione filosofica che va a rinnovarsi proprio come riflessione su quello che sta succedendo. Si tratta di esaminare la condizione postmoderna (tardo capitalismo post-industriale) per la sua caratterizzazione mutazionale che investe le varie dimensioni dell'essere, della conoscenza e della realtà in generale. 2 Quello che emerge ad un primo approccio analitico è la trasformazione del "sociale" nei suoi risvolti produttivi, economici, politici, comunicativi e relazionali. Centrale , quindi, l'evoluzione delle tecnologie comunicative che trovano nella "rete" il luogo esplicativo di quella che Lévy definisce "intelligenza collettiva". Tecnologie dunque della mutazione cognitiva e di diverse metodologie della conoscenza. Il soggetto in questa "condizione" emerge nella sua finitezza, nella sua assunzione di verità contraddittorie. Esso sembra essere, da una parte, sempre più sottoposto ad un "decentramento", ad una fluttuazione: nesso, frammento o "terminale" che

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CYBERFILOSOFIA

CYBERPHILOSOPHY

Di PASQUALE STANZIALE

1

Se la realtà del mondo attuale richiama il termine

"complessità" il concetto di "mutazione tecno-

informazionale" viene a definire un paradigma della

complessità, paradigma ricco di articolazioni e di

fluttuazioni che si fa sfida per una

concettualizzazione filosofica che va a rinnovarsi

proprio come riflessione su quello che sta

succedendo. Si tratta di esaminare la condizione

postmoderna (tardo capitalismo post-industriale)

per la sua caratterizzazione mutazionale che

investe le varie dimensioni dell'essere, della

conoscenza e della realtà in generale.

2

Quello che emerge ad un primo approccio analitico è

la trasformazione del "sociale" nei suoi risvolti

produttivi, economici, politici, comunicativi e

relazionali.

Centrale , quindi, l'evoluzione delle tecnologie

comunicative che trovano nella "rete" il luogo

esplicativo di quella che Lévy definisce

"intelligenza collettiva". Tecnologie dunque della

mutazione cognitiva e di diverse metodologie della

conoscenza.

Il soggetto in questa "condizione" emerge nella sua

finitezza, nella sua assunzione di verità

contraddittorie. Esso sembra essere, da una parte,

sempre più sottoposto ad un "decentramento", ad una

fluttuazione: nesso, frammento o "terminale" che

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sia; da un'altra parte il soggetto è "navigatore",

pilota, entità in espansione sia nel mare dei

saperi che come "corpo cyber" da intendersi sia in

senso protesico-tecnologico che il senso politico.

In ogni caso si tratta di una condizione di

precarietà e di frammentarietà: una riduzione che

porta il soggetto ad assumere le sembianze di

uno "spettro" derridiano..

La realtà nella condizione postmoderna ha una sua

sublimazione del "virtuale", realtà altra,

algoritmica, astratta e illimitata. Il soggetto

postmoderno, conseguentemente, deve sviluppare

necessariamente, secondo Virilio, una visione

"stereo-reale" con tutto ciò che ne deriva in

termini di coordinate spazio-temporali e di

rapporti tra le due realtà.

3

Le prospettive di riflessione per una filosofia

"cyber" rispetto alla condizione postmoderna sono

varie. Anzitutto bisogna parlare di una "filosofia

della mutazione" in cui si va a rendere conto

delle nuove soggettività, della realtà

stereoscopica ma anche di passaggi, di luoghi, di

andamenti, di polarizzazioni e di reticol/azioni

attraverso una rinnovata articolazione del

“concetto” nel suo occuparsi del "senso". Nella

generalità della letteratura filosofica cyber

nordamericana troviamo intanto due posizioni

relative al computer inteso come simbolo importante

della nostra epoca e studiato nella generalità

delle sue implicazioni d'uso. Da un'altra parte,

quindi, le domande connesse con la storia del

computer e con le modalità attraverso cui incide

sull'ambito sociale, relazionale e cognitivo, con

una collocazione disciplinare che riguarda la

filosofia dell'intelligenza artificiale, la

filosofia della scienza e la filosofia della

tecnologia. Da un'altra prospettiva, poi,

troviamo domande di tipo etico/politico

riguardanti la proprietà intellettuale, la censura,

la pornografia, il controllo governativo sulla rete

ecc.. Spesso la domanda fondamentale riguarda la

tecnologia da intendersi come fine o come mezzo.. o

temi come il fatto che la tecnologia ormai si

"impianta" nel corpo umano cambiandone coordinate,

codici...

4

Ma insieme a problematiche settoriali o di ordine

generale nella cultura filosofica cyber troviamo

ormai alcune posizioni, più o meno consolidate,

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riguardanti i temi canonici del cyberworld.

Posizioni polarizzate su alcuni ambiti specifici:

1- lo sviluppo di quella che Ferri e Diodato (1)

chiamano prospettiva "nichilistica"

(Heidegger, Kroker, Weinstein);

2- l'assunzione della mutazione informazionale come

punto di partenza per

una ridefinizione creativa,liberante ed espansiva

della soggettività e della cognizione, dell'ambito

comunitario e del corpo: una prospettiva,

definibile come "neoumanistica" (Haraway, Lévy);

3- una prospettiva che si richiama al pensiero

"nomade" in grado di sfuggire a quello

che Lanier (2)chiama totalitarismo

cybernetico (Deleuze e Guattari);

4- una prospettiva infine di tipo antropologico-

psicoanalitico (Turkle, Suler) che, sviluppatasi

recentemente negli USA, si interessa principalmente

del rapporto tra il soggetto e la macchina (CHI),

dell'uso della realtà virtuale (VR) in psichiatria,

dei risvolti psicologici connessi con l'uso

delle chat-line, e dei giochi simulativi MUD, MOO

ecc..

5- Connessa a questa prospettiva chi scrive

ha recentemente proposto (3) una interpretazione

in chiave lacaniana del ciberspazio ritenendo

alcune teorie di J. Lacan particolarmente indicate

a definire la mutazione informazionale in una

prospettiva psicoanalitica con notevoli risvolti di

tipo politico/linguistico.

5

La nostra epoca per M. Heidegger (4) è

caratterizzata dalla metafisica

della nietzschiana "volontà di potenza" che trova

nella tecnica il suo "compimento". Questa tecnica

è destino ineluttabile (epocale) dell'essere in

cui l'uomo è "ente" oggetto di imposizione e di

sfruttamento. Il compimento della metafisica,

intesa come "progetto" che domina tutte le

manifestazioni di un'epoca, av-viene dunque nel

nostro tempo marcando la civiltà occidentale e

rivelando il suo nichilismo di fondo nell'essersi

allontanato dalla verità dell'essere. L'uomo e

l'essere si trovano così ad essere coinvolti in

una saturazione della metafisica che è qualcosa di

più ampio che non una esaltazione macchinica, si

tratta di sfruttare tutte le risorse di quella

ent-ità che è l'uomo su uno scenario storico in

cui il rapporto uomo/essere si definisce come

"imposizione" (Gestell). Ma questa stessa tecnica,

nella sua ineluttabilità e nella sua "essenza"

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costituisce anche un "destino di svelamento":

evento dell'essere, per cui la "techne" è sì

qualcosa che si "impone" ma, costituisce pure nel

suo intendersi come "poiesis" una apertura creativa

e produttiva nel cammino verso la verità.

L'apporto heideggeriano alla cyberfilosofia ci

sembra abbastanza produttivo e, a nostro avviso,

esclude un certo radicalismo negativo che taluni

sembrano attribuirgli. È, comunque, da questa

lettura heideggeriana della nostra epoca che

partono gli assertori di una

visione nichilistica dell'universo cyber

che denunciano la resa della soggettività di

fronte alla "volontà di potenza" intesa come il

"massimo di oscurità" rispetto alla luminosità del

pensiero presocratico. Su tale piano la lettura

di Heidegger assume

la dimensione nichilistica come chiusura, per

l'uomo, di ogni possibile sorgere e dischiudersi

dell'essere di fronte a sé.

6

E' questo, in fondo, anche l'ambito di partenza di

altri filosofi come De Man, Derrida, Virilio ed

altri che pure attraverso analisi di tipo

neomarxiano e decostruzioniste (5) considerano in

modo fortemente critico le fenomenologie della

rivoluzione digitale. In

particolare Kroker e Weinstein (6) sono abbastanza

radicali nelle loro analisi dell'area cyber e certo

alcune conclusioni sono acute e pienamente

centrate. La rivoluzione digitale rappresenta

per Kroker e Weinstein il trionfo del

nichilismo nell'affermazione della "volontà di

potenza" che nel "virtuale" trova la sua piena

attuazione. L'uomo viene

così nietzschianamente "superato"in una dimensione

algoritmica (virtuale appunto), di là di

ogni soggettività e corporeità limitative, in una

infinita esplicatio fatta di manipolazione,

simulazione e replicazione. Affermare questa

"volontà di virtualità" significa pure, per i due

studiosi, la promozione del feticismo di

una "merce virtuale" in una economia diversa ,

indefinita e basata pur sempre sullo sfruttamento

di un soggetto ridotto, a sua volta, a cifra

digitale, oggetto-merce-

virtuale anch'esso. Tutto ciò

sostengono Kroker e Weinstein a vantaggio di una

nuova classe sociale, una "classe virtuale", quella

classe responsabile di una alienazione tecnologica

totalizzante che ricorda, nelle analisi

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di Kroker e Weinstein, quanto

scriveva Marcuse sulla visione che i nazisti

avevano della tecnologia (7). È il dominio tecnico-

politico della classe virtuale che, attraverso le

superstrade informatiche, viene ad imporre il suo

ordine "globalitario" (8): affermazione di una

ideologia costituita da un misto di darwinismo

sociale e di individualismo tecno-populista. Si

tratta del consolidamento politico di un destino

estatico verso un controllo sociale totale in cui

il dato culturale digitalizzato si fa

espropriazione, merce, a vantaggio della classe

virtuale. Il corpo stesso, il "corpo xerox" (9)

diviene, per Kroker e Weinstein, luogo di conflitti

e di battaglie, luogo teoretico e politico, campo

di contestazione estetica. Quella

di Kroker e Weinstein è certo una visione

apocalittica della rivoluzione digitale ma che, in

ogni caso, pone in evidenza, in modo ineludibile ed

incisivo, i pericoli e le aree di manipolazione

presenti nella

mutazione informazionale contemporanea.

7

Sul versante opposto agli esiti

di Kroker e Weinstein troviamo visioni diverse

della soggettività, nel suo rapporto con le

tecnologie e con i risvolti politici della

mutazione tecno-informazionale. D. Haraway (10)

accetta in pieno la condizione postmoderna e

intende la soggettività come "sintesi",

risultato dialettico, superamento di ogni dualismo

e di quella solida e stabile soggettività frutto

della filosofia occidentale. La Haraway è la

principale esponente di un femminismo militante che

afferma la "differenza" e vuole decostruire il

concetto di soggetto quale si è venuto affermando

nella filosofia tradizionale. La tecnologia per

la Haraway diviene fondativa e innovativa per un

diverso modo di intendere gli ambiti relazionali e

comunitari in cui il soggetto è "cyborg", dotato di

una nuova natura di tipo tecno-culturale: soggetto

multiplo, aperto, senza origine e senza

genere, interfacciato con la rete in cui trova la

sua esplicazione multiculturale e plurivoca. Tutto

ciò però non elude lo smascheramento della

strumentalizzazione tecnologica, del dominio

informatico del capitalismo maschilista bianco. Il

potere viene messo in discussione dalla Haraway in

una prospettiva materialistica foucaultiana e

viene delineato criticamente l'assetto dei domini

tradizionali. Questa critica poi si sviluppa

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parallelamente ad una ridefinizione dei saperi in

generale e della oggettività scientifica in

particolare. Ma il centro dell'elaborazione

della Haraway rimane sempre l'ambito della

soggettività: sintesi uomo-macchina, cyborg, nuova

entità ovvero modello teorico per leggere il

rapporto tra uomo, tecnologia e potere alle soglie

del terzo millennio (11). L'assunzione di questa

nuova soggettività, inevitabile per vari aspetti,

costituisce, per la Haraway un modo per uscire dal

tunnel della visione nichilistica e sembra

adombrare, in un certo

modo, una heideggeriana poiesis nell'intendere la

tecnologia come destino e quindi come apertura

sulla via dell'essere. Liberazione, nuove

possibilità per le minoranze, costruzione di una

comunità di cyber caratterizzata da una nuova

etica e dalla scomparsa di ogni

vincolo identitario: è questa la visione positiva

della rivoluzione digitale per la Haraway,

visione antagonista, per vari aspetti, rispetto

alle istituzioni ed ai domini affermati. Ma anche

un chiaro richiamo alla controcultura degli anni

'70, ovvero intendere la "rete" come un attuale

underground (12): spazio di

culto giovanilistico in una nuova area di

alternativa culturale (13). È questa una visione

dell'universo cyber che si colora di quell'utopia

propria della seconda metà del '900 per cui alla

"rete" verrebbe assegnato il ruolo di rivoluzione

permanente basata sul digitale, sulla velocità

dell'informazione (14), sul decentramento, sulla

ricerca di una armonia mondiale.

8

Un possibile universo neocomunitario, basato su

un massiccio apporto informatico-telematico, in

grado di realizzare forme di "intelligenza

collettiva" viene analizzato e descritto da

P. Lévy (15) che vede nella mutazione tecnico-

informazionale un paradigma antropologico nuovo:

spazio di riappropriazione e di ricostruzione di

saperi attraverso un ritorno da ciò che era

"trascendenza" e "spettacolo", una specie

di riarmonizzazione etica e semiotica in cui il

segno viene a recuperare la sua produttività di là

da ogni espropriazione mercantile e

mercificante. L'intelligenza collettiva di Lévy è

un progetto di civilizzazione che trova nella

sinergia in rete delle intelligenze, al servizio

dell'umanità, il proprio spazio attuativo. Si

tratta del sogno illuministico,

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realizzato nell'etica dell'intelligenza collettiva

la quale viene a rappresentare, per il singolo

individuo, un’occasione partecipativa

ed emancipativa inedita. Il passaggio dalle

tecnologie "molari" a quelle "molecolari"

garantisce il rispetto per il singolo utente capace

di interagire e di costruirsi la sua area di

interesse di là da ogni

massificazione. Lévy ritiene che le tecnologie

informatiche costituiscono un’occasione di

democrazia e di ampliamento delle conoscenze, esse

possono rispondere in modo positivo ai bisogni

dell'uomo e venire dunque a costituire un nuovo

spazio di civiltà. Per Lévy, come per

la Haraway, l'edificazione di comunità che

pongano in primo piano la valorizzazione delle

differenze e delle esperienze individuali- e

contribuiscano allo sviluppo di una intelligenza

collettiva a cui tutti possano liberamente

accedere- è non solo possibile ma costituisce un

progetto in cui la tecnologia viene ad essere

effettivamente al servizio dell'uomo. Si tratta

certamente di un progetto aperto che certo si

presta a varie obiezioni per quanto riguarda, ad

esempio, l'articolazione organizzativa, e la tenuta

operativa, ma è una prospettiva certamente

necessaria nel quadro generale della

mutazione tecno-informazionale.

9

La filosofia di Gilles Deleuze e Felix Guattari si

presenta con una serie di “aperture” in grado

di rendere conto in modo abbastanza convincente

delle frammentazioni e delle totalizzazioni che

costellano il caos dei saperi in un quadro

complesso. Deleuze e Guattari propongono un

“taglio” nel caos (16) che viene definito “piano

d’immanenza”. Tale piano di immanenza è il piano

dei “concetti” intesi come motori filosofici in

grado di definire, delineare, circoscrivere,

rilevare e quindi generare onde, percorsi,

vibrazioni… Si tratta di uno spazio in cui la

“contingenza” e la “situazione” costituiscono una

ragione per così dire “territoriale” che investe

ambiti, e sperimenta ri-territorializzazioni. Il

retroterra di questo disegno

richiama Kant, Nietzsche, i Situazionisti (17), ma

anche la filosofia greca in cui lo “straniero”

viene a rappresentare l’attore filosofico (18) per

eccellenza, l’attore che nella dimensione

“geografica” articola il “divenire”. Quella

di Deleuze e Guattari, quindi, si delinea come una

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“geofilosofia” in grado di abbracciare il

contingente e il divenire in un reticolo

concettuale continuamente in costruzione visto

che, costitutivamente, opera una “errare”, un

nomadismo irrinunciabile, un andare che non è la

passeggiata heideggeriana, i cui esiti, secondo i

due filosofi francesi, costituiscono una

“devastante eredità” (19) che ha condotto al

“pensiero debole” ed all’opinionismo: aspetto

moderno del nichilismo passivo. Rispetto

alla heideggeriana deterritorializzazione abissale

e angosciosa, che risucchia l’uomo,

la geofilosofia di Deleuze e Guattari delinea nuove

possibilità di lotta, una prospettiva aperta

diriterritorializzazioni. Questa prospettiva trova

nella figura “rizomatica”, in una architettura del

pensiero comprendente stati, circuiti, sistemi,

(20) una effettiva macchina da guerra. Il concetto

di “rizoma” si presenta con molte analogie

con ciò che viene definito come “testo disperso”

o “ipertesto” (21). Il rizoma, infatti, “..connette

un punto qualunque con un altro punto qualunque e

ognuno dei suoi tratti non rinvia necessariamente a

tratti della stessa natura; mette in gioco regimi

di segni molto differenti ed anche stati di non-

segni. Il rizoma non si lascia riportare né all’uno

né al molteplice. Non è fatto di unità ma di

dimensioni o piuttosto di direzioni in movimento,

non ha inizio né fine ma è sempre in mezzo, per cui

cresce o straripa..” (22). Il pensiero rizomatico,

così, si delinea come macchina concettuale

alternativa e come attrezzatura

cognitiva abilitate a disarticolare in modo

significativo ogni totalizzazione anche di

tipocybernetico. Il pensiero rizomatico configura

un sistema caratterizzato da quattro parametri

fondamentali che sono:

il principio di connessione ed eterogeneità,

il principio di molteplicità,

il principio di rottura asignificante,

il principio di cartografia e decalcomania (23).

Quest’ultimo principio richiama la carta, la mappa,

gli accessi, i percorsi e i territori, e quindi la

possibilità di “cartografare contrade a venire”

(24) come compito del pensiero rizomatico.

Questi parametri, unitamente ad altri paradigmi,

vengono a tracciare quello che si potrebbe definire

sia un modello di scrittura che un modello

semantico. In ogni caso risultano evidenti analogie

e linee di lettura con/del-la/ Rete (resau) intesa

come luogo di “enunciazioni collettive” (25).

Rispetto poi alla

Page 9: Cyberfilosofia

mutazione informazionale Deleuze introduce il

concetto di “società di controllo” (226), ambito

in cui la digitalizzazione, il marketing e la

comunicazione in real time assumono un ruolo

strategico di indirizzo del sistema materia-spazio-

tempo, un sistema marcato da un incombente regime

di reificazione (27), di deterritorializzazione e

di velocizzazione strumentale. Rispetto a tale

sistema la re-sistenza e la lotta vanno a

promuovere un “divenire” liberatorio, minoritario,

basato sulla scrittura rizomatica, sul

nomadismo, sull’ascolto. Si tratta di leggere la

realtà principalmente come gioco di “differenze”

(28), un’avventura filosofica, un viaggio che si

lascia il concetto di “identità” alle spalle e

assume il ri-conoscimento di vecchi e nuovi

“simulacri” come scenario proprio della realtà

contemporanea pure nel suo farsi simulativa. Ma

soprattutto si tratta di affermare un “desiderio

di vita” autentico, di là dalle colonizzazioni

interessate del (lacaniano)

desiderio spettacolarizzato emercantilizzato.

10

Le ricerche di Sherry Turkle rientrano a pieno

titolo in quell’ambito di pensiero che si

definisce “postmoderno”. Si tratta di una

antropologia centrata sul rapporto uomo – computer

che fa propri vari punti dello strutturalismo

francese, in particolare

l’elaborazione lacaniana dei concetti di ordine

simbolico, di inconscio e di identità. Con le

ricerche della Turkle, in effetti, gli assunti

dello strutturalismo vengono, di fatto, traghettati

nel postmoderno, in quella che Jameson chiama

“logica culturale del tardo capitalismo” (29). Essi

fanno da situazione teorica di partenza a supporto

di una ampia fenomenologia relativa al rapporto

uomo- computer. “La vita sullo schermo” (30)

infatti si avvale di un vasto numero di interviste

e di resoconti di esperienze attraverso cui

la Turkle esamina le modalità di costruzione di

nuove identità e la tipologia delle nuove

relazioni sociali connesse con l’uso della Rete.

Queste analisi però perdono di vista gli assunti

strutturalistici di partenza dato che il loro fine

è dichiaratamente solo un riscontro “concreto”

delle “astrazioni galliche” (31) ovvero “..nei

mondi mediati dal computer, il sé è multiplo,

fluido, e costituito dall’interazione dei

collegamenti con la macchina; è costruito e

trasformato dal linguaggio; l’incontro sessuale è

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uno scambio di significanti; e la comprensione

arriva dalla navigazione e dall’armeggiare in giro

piuttosto che dall’analisi..” (32). Questo tipo di

approccio, si richiama certamente al predominio

dell’Ordine Simbolico lacaniano nella costruzione

del Sé, ma non ne trae fino in fondo le conseguenze

di ordine psicolinguistico e politico. Infatti le

analisi della Turkle, con la loro casistica a

supporto, sono fortemente “affermative” (in

senso marcusiano) e si presentano come una

postmoderna “superficie” concettuale (33)

abbastanza funzionale ad un

esistente tecnostrutturale di cui la Turkle, senza

alcuna “distanza critica” (34) tende ad esaltarne

le possibilità simulative, le

interconnessioni informazionali e le emergenti

modalità del gioco identitario. Nessun accenno, ad

esempio, emerge rispetto al fatto che il network

globale è uno degli esiti dello sviluppo

capitalistico (35); il concetto stesso

di Simbolico è abbastanza riduttivo e non

comprende la possibilità che tale Ordine, come

catena di significanti, o Grande Altro lacaniano,

nel suo collasso, possa generare derive

schizofreniche (36). Il

postmodernismo della Turkle si sostanzia in una

fenomenologia della “vita sullo schermo” basata su

una cognizione soft, un percorso che esclude ogni

verticalizzazione, in cui ogni evento può venire

a translarsi in possibilità simulativa. Un

piano/matrice in cui il “senso” viene a

determinarsi solo in base alla combinatoria dei

significanti i quali non rimandano a nessun

significato. Si tratta dello spazio cyber in cui si

fa sempre più sfumata la soglia tra reale e

virtuale, in cui il Sé si costruisce e si

decostruisce continuamente nella dimensione

linguistica. In ogni caso il medium è valutato

solo nelle sue opportunità cognitive (37)

escludendo ogni altra implicazione. Allo stesso

modo l’universo cyber esaminato dalla Turkle, pure

nella sua dimensione linguistica, si presenta con

una certa autoreferenzialità, al di là, ad esempio,

di ogni pertinente caratterizzazione di “universo

di Discorso” (38), una caratterizzazione questa che

in Lacan, al contrario, è ben analiticamente

esplicativa.

Per quanto riguarda, poi, J. Suler (39), uno dei

più attivi ricercatori nell’ambito

della cyberpsychology, questi si è occupato

prevalentemente dell’esperienza psicologica

del cyberspazio e della psicoanalisi on-line. Si

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tratta di una prospettiva di sperimentazione sia di

software terapeutico sia di terapia on-line e che

vede anche altri ricercatori interessati

all’impiego psichiatrico della realtà virtuale.

11

La psicoanalisi lacaniana, infine, si presenta

oggi, nei suoi vari indirizzi analitici come un

apparato concettuale aperto, atto ad inquadrare la

mutazione tecno-informazionale sia per quanto

riguarda la dimensione “soggettiva”, sia per quanto

riguarda l’applicazione della “teoria dei quattro

discorsi” al cyberspace. Si tratta di due percorsi

ricchi di spunti analitici ed attraverso cui è

possibile delineare uno “stadio dello schermo”, la

realtà virtuale come ambito di una

dinamica fantasmatica, l’imporsi del “discorso del

Padrone” e di un “universale dell’alienazione”

(40): dati analitici caratterizzanti una

lettura lacaniana del cyberspace.

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(1) P. FERRI, R. DIODATO Convegno "Dall'individuo

virtuale alla comunità personale. Individuo e

comunità alle soglie del terzo millennio",

Accademia di Studi Italo-Tedeschi, Merano 6/8

maggio 1996.

(2)

www.edge.org/3rd_culture/lanier/lanier_index.html

(3) P. STANZIALE, (vedi nel presente

lavoro) Cyberanalysis, 2000.

(4) M. HEIDEGGER, Essere e tempo, Longanesi, Milano

1979.

M. HEIDEGGER, Sentieri interrotti, La Nuova Italia,

Firenze 1979

M. HEIDEGGER, Saggi e discorsi, Mursia, Milano1980.

(5) P. FERRI, R. DIODATO cit.

(6) A. KROKER M. WINSTEIN, Data Trash, Urra,

Milano 1996

(7) H. MARCUSE in Tecnologia e potere nelle società

post liberali (a cura di G. Marramao), Liguori,

Napoli 1981

H. MARCUSE, Technology, War and

Fascism, Routledge, London-New York 1998

(8) I. RAIMONET, Geopolitica del caos, Asterios,

Trieste 1999

(9) A. KROKER, M. WEINSTEIN, cit.

(10) D. HARAWAY, Manifesto cyborg, Feltrinelli,

Milano 1995

(11) P. FERRI, R. DIODATO, cit.

Page 12: Cyberfilosofia

(12) P. BRETON, Le Culte d'Internet. Une menace

pour le lien social? La Découverte, Paris 2000

(13) N.

NEGROPONTE, Essere digitali, Sperling & Kupfer,

Milano 1995

(14) P. VIRILIO, L'art du moteur, Galilée, Paris

1993

(15) P. LÉVY, Le tecnologie dell'intelligenza, Il

Mulino, Bologna 1992

(16) G. DELEUZE F. GUATTARI, Che cos’è la

filosofia, Einaudi, Torino 1996

(17) T. VILLANI, Gilles Deleuze, Costa

& Nolan, Genova-Milano 1998, pag. 115 e segg.

(18) T. VILLANI, cit. pag. 120

(19) T. VILLANI, cit. pag. 124

(20) G. DELEUZE F. GUATTARI, Che cos’è la

filosofia, cit. pag. 230

(21) M. LOBIETTI, Scrittura ipertestuale e rizoma,

Università di Bologna 1995.96

(22) G. DELEUZE F. GUATTARI, Rizoma, Pratiche

Editrice, Parma, 1977

(23) G. DELEUZE F. GUATTARI, Rizoma, cit. pag. 54 e

segg. e M. Lobietti cit.

(24) Un itinerario che va da: G. DELEUZE F.

GUATTARI, L’Anti-Edipo, Einaudi, Torino 1975 a

Mille Piani. Capitalismoo e

Schizofrenia, Castelvecchi , Roma 1997

(25) S. BONAGA F. BERARDI G. DI MICHELE, Reti e

rizomi in skizoland, Università di Bologna,

febbraio 1999

(26) G. DELEUZE, Pourparlers, Minuit, Paris 1990

(27) T. VILLANI, Gilles Deleuze, cit. pag. 132

(28) G. DELEUZE, Differenza e ripetizione, Cortina,

Milano 1997

(29) F. JAMESON, Il postmoderno, Garzanti, Milano

1989

(30) S. TURKLE, La vita sullo schermo, Apogeo,

Milano 1997

(31) S. TURKLE, La vita.. cit. pag. XVIII

(32) S. TURKLE, La vita.. cit. pag. XVIII

(33) F. JAMESON, Il postmoderno, cit. pag. 90

(34) F. JAMESON, Il postmoderno, cit. pag. 91

(35) F. JAMESON, Il postmoderno, cit. pag. 94

(36) F. JAMESON,Il postmoderno,cit. pag. 55 ma

anche S.ZIZEK, Il Grande Altro, Feltrinelli, Milano

1999

(37) Intervista di B. Parrella a S. Turkle, in

S. Turkle op. cit. pag. 423 e segg.

(38) J. LACAN, Radiofonia- Televisione, Einaudi,

Torino 1982, pag. 53

Page 13: Cyberfilosofia

(39) J. SULER, Psychology of Cyberspace, Rider

Un. Site, Laurenceville NJ,6/1999 ma anche P.

STANZIALE, Cyberanalysis cit.

(40) Nel presente lavoro P.

STANZIALE, Cyberanalysis, da AL DI LÀ DELLA

PSICOANALISI www.stanziale.it

© by P. Stanziale 2001