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codice ISBN: 978-88-99161-00-2 codice ISBN-A: 10.978.8899161/002 “PIANIFICAZIONE E STRUMENTI DI SUPPORTO ALLE DECISIONI” QUADERNI AIPCR TEMA 1 - GESTIONE E PERFORMANCE Quaderno a cura del Comitato Tecnico 1.1 Presidente Ing. Ilaria Coppa

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codice ISBN: 978-88-99161-00-2

codice ISBN-A: 10.978.8899161/002

“PIANIFICAZIONE E STRUMENTI DI SUPPORTO ALLE DECISIONI”

QUADERNI AIPCR

TEMA 1 - GESTIONE E PERFORMANCE

Quaderno a cura del

Comitato Tecnico 1.1

Presidente Ing. Ilaria Coppa

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Indice

Abstract pag.3

1. Missione e struttura delle Amministrazioni di trasporto: lo

status quo e le tendenze pag.5

1.1 Il caso del New South Wales – Australia - e il caso della Finlandia pag.4

2 Verso una pianificazione multimodale pag.6

2.1 Gli indirizzi UE – il Libro Bianco 2011 2.2 La pianificazione della rete TEN 2014-2020 2.3. La pianificazione delle infrastrutture di trasporto in Italia 2.4 Il Decreto Legge 228 del 29 dicembre 2011 in materia di valutazione degli

investimenti ad opere pubbliche 2.5 Lo studio del MIT sui metodi internazionali di valutazione preventiva delle

opere pubbliche dal punto di vista della fattibilità tecnico–economica 2.6 Il Piano Integrato di sviluppo sostenibile delle infrastrutture del quadrante

Ovest dell’Area Romana

pag.8 pag.8

pag.12 pag.13

pag.15

pag.18

3. Gli strumenti di supporto alle decisioni pag.19

3.1. Studi di fattibilità, analisi costi-benefici e analisi multi-criteri 3.2. Caso applicativo ANAS: il DSS - Decision Support System in uso presso

ANAS e gli studi di fattibilità 3.3. Caso applicativo ANAS: l’analisi multicriteria su base GIS 3.4. Il processo decisionale e la partecipazione 3.5. Caso applicativo ANAS: un’indagine per verificare la fattibilità politica e

tecnica per avviare un dibattito pubblico 3.6. Importanza delle valutazioni ex post e il rapporto con la performance

pag.19 pag.20

pag.21 pag.26 pag.28

pag.29

4. Performance delle Amministrazioni stradali e di trasporto pag.30

4.1 I principi di riferimento 4.2 Ciclo di gestione della performance 4.3 I soggetti del processo di misurazione e valutazione della performance 4.4 Indirizzi in materia di parametri e modelli di riferimento del Sistema di misurazione e valutazione della performance (Delibera n. 89/2010) 4.5 Gli Indicatori di Prestazione - KPIs 4.6 Attuazione della riforma in termini di performance delle Amministrazioni nel periodo 2011-2013 4.7 Modifiche introdotte dalla legge n.125 del 30 ottobre 2013 4.8 Riflessioni a conclusione dei monitoraggi condotti da A.N.AC. 4.9 Caso applicativo ANAS applicativo ANAS: introduzione degli indicatori di perfomance

pag.30 pag.31 pag.33 pag.34

pag.40 pag.41

pag.42 pag.43 pag.46

5. Conclusioni pag.46 Bibliografia pag.47

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ASSOCIAZIONE MONDIALE DELLA STRADA -AIPCR

Comitato Tecnico 1.1 PERFORMANCE DELLE AMMINISTRAZIONI DI TRASPORTO/STRADALI

COMITATO TECNICO ITALIANO

PRESIDENTE Ing. Ilaria Coppa Dirigente Servizio Pianificazione Trasportistica – ANAS S.p.A.

MEMBRI

1 Ing. Alessandro Fuschiotto Dirigente presso Roma Servizi per la Mobilità -Agenzia per la Mobilità di Roma Capitale

2 Ing. Milena Panebianco Ingegnere esperto in Pianificazione dei Trasporti e territoriale – ANAS S.p.A.

3 Dott.ssa Rosaria Puoti Responsabile del Servizio Tecnico Amministrativo della Direzione Centrale Progettazione – ANAS S.p.A.

4 Ing. Gaetano Colletta Ingegnere civile - ANAS S.p.A.

5 Ing. Luca Chirizzi Ingegnere civile - Libero professionista

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ABSTRACT

Le attività afferenti al Comitato Tecnico 1.1, rientrano nell’ambito del Tema Strategico 1 - Gestione e performance delle Amministrazioni di trasporto. L’obiettivo generale è favorire lo sviluppo di politiche di trasporto stradale e strategie che portino le Amministrazioni a svolgere in maniera sempre più performante il loro ruolo e fornire esempi di buon governo e di modalità di finanziamento adeguate e sostenibili. In questo contesto si collocano le attività del Comitato Tecnico internazionale 1.1 che sono state divise in 3 argomenti, cui corrispondono 3 gruppi di lavoro: 1.Evoluzione della missione e della struttura delle Amministrazioni stradali. 2.Valutazione delle performance delle Amministrazioni stradali. 3.Buon governo e misure anti-corruzione. Il Comitato tecnico nazionale ha concentrato maggiormente l’attenzione sui primi due temi, strettamente correlati. Di particolare interesse si è rivelata l’analisi dell’evoluzione della missione e della struttura delle Amministrazioni stradali, un tema quanto mai attuale che prevede un’indagine sui recenti cambiamenti che stanno avvenendo in alcuni Paesi ove si assiste all’integrazione, in un’unica Amministrazione, delle Amministrazioni stradali e delle Amministrazioni preposte alla gestione di altri modi di trasporto (ferrovie, porti, trasporto pubblico locale). Questa recente evoluzione, nei Paesi in cui si è attuata, è stata dettata dalla consapevolezza che una pianificazione ed un coordinamento unitario dei vari modi di trasporto, unitamente ad una pianificazione ‘multi-modale’, possono avere notevoli riscontri in termini di contrazione della spesa pubblica e miglioramento dei servizi resi agli utenti/cittadini. L’analisi del modello organizzativo dei Paesi ove si è andati nella direzione dell’accorpamento delle Amministrazioni deputate alla gestione delle singole modalità di trasporto in un’unica Amministrazione, ha evidenziato come il coordinamento unitario delle varie modalità di trasporto, abbia un duplice vantaggio: si ha un’ottimizzazione da una parte in termini gestionali con eliminazione di duplicazioni di funzioni, dall’altra in termini di investimenti poiché la pianificazione multi-modale consente di ottimizzare l’allocazione delle risorse per gli investimenti infrastrutturali e per i servizi necessari per soddisfare la domanda di mobilità. La necessità di orientare la pianificazione dei trasporti e della mobilità nella direzione della multi-modalità trova conferma anche negli indirizzi dettati dalla Comunità Europea, dove si conferma che una politica dei trasporti competitiva e sostenibile passa necessariamente per la multi-modalità e quindi una pianificazione integrata. Nella consapevolezza che una modifica radicale del sistema di gestione delle Amministrazioni preposte alla gestione dei trasporti, che comporti la creazione di un’unica Agenzia, è una strada difficilmente percorribile in Italia, l’attenzione del comitato tecnico si è focalizzata su come si possa tuttavia pervenire ad una pianificazione e progettazione integrata della mobilità delle persone e delle merci che sia di supporto alla decisione delle autorità nazionali e locali. Dunque, nell’ambito del CT 1.1, si è analizzata la situazione italiana e, da un’analisi della normativa vigente, di pubblicazioni, di articoli specialistici e dall’esperienza che i membri del comitato hanno sottoposto all’attenzione del gruppo di lavoro è emerso che, in Italia, la pianificazione delle infrastrutture di trasporto e la scelta degli interventi infrastrutturali ove allocare le risorse, richiede una maggiore attenzione alla cosiddetta fase propedeutica alla progettazione. Per fase propedeutica si intendono gli studi di fattibilità con relative analisi di scenari alternativi di mobilità monomodali e multimodali, analisi costi benefici, analisi multicriteri ecc. quindi strumenti di supporto alla decisione. Questi studi, se ben condotti, consentono di valutare ex ante la potenziale efficacia in termini trasportistici, economici, sociali ed ambientali di una determinata scelta progettuale e modale. Ma, oltre alla necessità di offrire al ‘decisore pubblico’ strumenti adeguati per valutare l’opportunità di un investimento in una certa modalità di trasporto piuttosto che un’altra (ad esempio strada o ferrovia), ciò che emerso dal lavoro svolto all’interno del comitato, è che la definizione delle scelte infrastrutturali di trasporto deve avvenire in maniera integrata tra le varie modalità. Ciò significa che gli scenari infrastrutturali valutati tramite gli studi di fattibilità devono essere multimodali e cioè tali da considerare gli effetti sinergici che si ottengono mettendo a sistema i diversi modi di trasporto.

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La necessità di andare verso una pianificazione e programmazione degli interventi infrastrutturali integrata e multimodale è particolarmente evidente nei contesti urbani e metropolitani. Si è inoltre convinti del fatto che un approccio alla pianificazione, suffragato da approfondite analisi sugli effetti sulla mobilità/ambiente/economia che scenari multimodali alternativi comportano, renderebbe le scelte infrastrutturali più trasparenti e tali da poter essere monitorate e valutate ex post. La possibilità di avere maggiore trasparenza e dati quali-quantitativi misurabili anche ex post consente di avere notevoli effetti anche sul lungo iter autorizzativo delle infrastrutture stradali e di trasporto. Si ritiene infatti che, direttamente correlata alla ‘solidità’ degli studi propedeutici, è la possibilità di accelerare l’iter autorizzatorio e la possibilità di dirimere le controversie e le opposizioni che provengono dalla società e dalle varie associazioni alla realizzazione di nuove opere infrastrutturali. Occorre sperimentare nuovi e più efficaci strumenti per individuare e valutare gli interventi di mobilità in relazione alle esigenze espresse dai territori, alla loro effettiva realizzabilità e soprattutto ai costi e ai benefici ambientali e sociali per la collettività. Nel quaderno si è dunque anche accennato al tema della cosiddetta ‘partecipazione’ che rappresenta un altro step da contemplare durante la fase propedeutica alle decisioni. Ad un’accurata valutazione ex-ante delle opere e degli investimenti pubblici relativi ai trasporti che abbia un approccio multimodale, deve corrispondere una valutazione ex-post che consenta di verificare la bontà o meno delle previsioni effettuate nella fase propedeutica. La cultura della valutazione ex-post è ancora troppo poco diffusa nel nostro Paese, ma si ritiene sia indispensabile diffonderla e metterla a regime poiché ad essa sono strettamente correlati il tema delle performance e della trasparenza. Le valutazioni ex-post consentono infatti di dare contezza alla collettività e agli ‘stakeholders’ dell’efficacia di interventi ed opere realizzate con investimenti pubblici. Dunque, dalla disamina del tema legato alla pianificazione e programmazione strategica e multimodale, che, se suffragata da un’approfondita fase di analisi di fattibilità tecnico economica consente di effettuare le valutazioni ex post, si è passati al tema delle performance delle Amministrazioni stradali e di trasporto e del sistema di misurazione delle stesse. La valutazione delle prestazioni e la relativa diffusione dell’informazione, sono parte essenziale di una buona gestione in qualsiasi organizzazione. Un solido sistema di valutazione garantisce responsabilità, trasparenza e aiuta il processo decisionale. In tutti i Paesi del mondo si assiste ad una crescente domanda da parte della collettività per una maggiore responsabilità nel governo della ‘cosa pubblica’, ove sono comprese le agenzie di trasporto e/o stradali. Si sta dando sempre maggiore enfasi al miglioramento della qualità degli indicatori di performance e all'impegno che le Amministrazioni preposte alla gestione dei trasporti e delle strade devono profondere per comunicare in maniera chiara e trasparente i risultati raggiunti. Nell’ ambito del Comitato tecnico nazionale, l’attenzione si è incentrata sul tema della performance delle Amministrazioni pubbliche. Quesito fondamentale di partenza dell’approccio all’argomento è come può essere efficacemente misurata la capacità del soggetto pubblico di creare valore per il cittadino con le risorse rese disponibili dalla comunità, ossia come misurare i risultati perseguiti mediante l’azione pubblica. A tal fine è stata approfonditamente analizzata la normativa nazionale in materia di parametri e modelli di riferimento per la misurazione e valutazione della performance. E’ stato inoltre analizzata la Relazione Annuale di Bilancio 2013 dell’ANAS che introduce indicatori di performance in linea con quanto previsto dal dall’International Integrated Reporting Council (IIRC)e del quale se ne riporta uno stralcio significativo.

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1 Missione e struttura delle Amministrazioni di trasporto: lo status quo e le tendenze

In tutti gli ambiti in cui i ruoli e le responsabilità sono condivise tra diversi settori e discipline, si pone la questione se gli obiettivi globali possano essere raggiunti in modo più efficiente integrando le attività che afferiscono alle diverse strutture gestite separatamente o adottando modelli che prevedono una singola organizzazione centrale da cui dipendono i vari settori disciplinari. Chiaramente entrambi gli approcci presentano vantaggi e svantaggi specifici e l’efficacia della scelta è funzione degli obiettivi perseguiti e delle condizioni al contorno prevalenti. Un elemento, di sempre maggiore e crescente importanza nella governance del settore dei trasporti è assicurare un’ efficace pianificazione delle infrastrutture, che consenta il funzionamento integrato dell’intera rete infrastrutturale e la fornitura del servizio attraverso diverse modalità. Tale integrazione strategica consente un servizio efficace per gli utenti, un uso più efficiente delle risorse pubbliche e il raggiungimento di obiettivi di natura economica, sociale e ambientale. Per raggiungere questi obiettivi ci sono varie strategie che si riflettono nelle diverse strutture e modalità organizzative delle Amministrazioni stradali e di trasporto del mondo. Molte Organizzazioni hanno subito una più o meno radicale trasformazione strutturale per rispondere a queste esigenze, seguendo approcci differenti che vanno da una totale ristrutturazione interna alla modifica delle relazioni e rapporti con gli altri enti e soggetti interessati. A partire dal 1990 si è poi assistito ad una tendenza che consiste nella creazione agenzie di trasporto multimodale integrato di grandi dimensioni, aventi la responsabilità pianificatoria, gestionale ed operativa su tutta la gamma di modi di trasporto. In questi casi, le Amministrazioni stradali sono state assorbite e non esistono più come entità separate. Lo sviluppo di queste strutture integrate multi-modali è stato giustificato da una serie di argomentazioni che hanno trovato il consenso del ‘decisore pubblico’. Tra queste argomentazioni si annoverano: la necessità di portare avanti il processo decisionale tra le diverse modalità di trasporto a "parità di condizioni", un’allocazione delle risorse equilibrata e trasparente, una più forte gestione finanziaria e la capacità di fornire all’utente un servizio più efficiente e meno costoso grazie al risparmio sui costi che si ottiene attraverso la razionalizzazione organizzativa. Tuttavia, tali dichiarazioni necessitano di essere comprovate e dimostrate da prove chiare e a tal fine, è necessaria un’analisi completa volta a valutare se i benefici previsti ed annunciati sono stati effettivamente raggiunti o sono raggiungibili. Inoltre vi è la necessità di comprendere l'intera gamma di impatti delle recenti riforme, tra cui la valutazione delle eventuali conseguenze indesiderate nell’equilibrio tra strategie generali e priorità locali. Se in alcuni Paesi si è assistito ai suindicati radicali cambiamenti strutturali, in altri Paesi le aziende che gestiscono infrastrutture stradali nazionali hanno comunque intrapreso modifiche organizzative interne all’amministrazione per poter affrontare con successo la sfida di integrare i vari modi di trasporto per il miglior risultato possibile per gli utenti. Il Gruppo di Lavoro 1, del Comitato Tecnico internazionale 1.1 " Performance delle Amministrazioni Stradali ", sta dunque analizzando i vantaggi e gli svantaggi delle diverse strutture organizzative, valutando le motivazioni alla base dei vari modelli adottati per pervenire ad una selezione di ‘migliori pratiche’. Il Comitato Tecnico italiano ha contribuito rispondendo al questionario predisposto dal gruppo di lavoro 1 e sta continuando a contribuire attraverso una disamina del modello organizzativo italiano e di altri Paesi, come di seguito illustrato. I risultati del questionario, che ha visto la partecipazione di 18 Paesi, sono ancora in fase di elaborazione e saranno comunque oggetto del Report che verrà presentato in occasione del Congresso Mondiale di Seul nel 2015.

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1.1 Il caso del New South Wales – Australia - e il caso della Finlandia

Questa recente evoluzione delle Amministrazioni stradali in Amministrazioni di trasposto, nei Paesi in cui si è attuata, è stata dettata dalla consapevolezza che un coordinamento unitario dei vari modi di trasporto, unitamente ad una pianificazione ‘multi-modale’ possono avere notevoli riscontri in termini di contrazione della spesa pubblica e miglioramento dei servizi resi agli utenti/cittadini. La contrazione della spesa pubblica, legata al coordinamento unitario delle varie modalità di trasporto, ha una duplice accezione: da una parte si ha un’ottimizzazione in termini gestionali con eliminazione di funzioni duplicate o triplicate, dall’altra in termini di investimenti poiché la pianificazione multi-modale consente di ottimizzare l’allocazione delle risorse per gli investimenti infrastrutturali e per i servizi necessari per soddisfare la domanda di mobilità. La necessità di orientare la pianificazione dei trasporti e della mobilità nella direzione della multi-modalità trova conferma anche negli indirizzi dettati dalla Comunità Europea, dove si conferma che una politica dei trasporti competitiva e sostenibile passa necessariamente per la multi-modalità. (vedasi Libro Bianco) Il primo modello gestionale di un’agenzia di trasporto unica, che è stato illustrato in sede di Comitato tecnico AIPCR, è quello australiano del New South Wales (NSE). Nel luglio 2009 il Governo del NSE, al fine di tagliare la spesa pubblica, ha fuso 160 agenzie governative e creato 13 super-dipartimenti. Nel luglio 2011 è stato creato il Dipartimento dei trasporti per il NSW che è diventato operativo il 1 novembre 2011.( http://www.transport.nsw.gov.au/) Nella nuova struttura, tutti i servizi afferenti alle infrastrutture e servizi di trasporto sono stati fusi in un unico dipartimento e l’unica figura di nomina governativa è il Direttore Generale dei Trasporti per il NSW. Il modello di business si basa principalmente sulla cosiddetta ‘customer experience’ e cioè su una pianificazione degli investimenti e dei servizi indirizzata dai reali bisogni di mobilità manifestati dagli utenti.

Figura 1. Organigramma Transport for NSW

Altri 2 Paesi europei che hanno unificato le competenze in materia di trasporti in un’unica struttura sono la Finlandia e la Svezia. In Finlandia è stata creata l’Agenzia di trasporti finlandese (Finnish Transport Agency - http://portal.liikennevirasto.fi/sivu/www/e ) che ha la competenza sui trasporti di livello nazionale ed il Centro per lo sviluppo economico, dei trasporti e dell’ambiente che ha competenze di livello regionale e locale.

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Come riportato nell’immagine sottostante, la riforma dei trasporti, avventura nel 2010, ha portato all’unificazione delle amministrazione preposte rispettivamente alle ferrovie, alle strade ed al trasporto marittimo in un’unica agenzia.

Figura 2. Organigramma Finnish Transport Agency

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Capitolo 2

2 Verso una pianificazione multimodale

2.1 Gli indirizzi UE – il Libro Bianco 2011

Nel marzo 2011 la Commissione europea ha pubblicato il Libro Bianco sui Trasporti - Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti — Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile», documento strategico che contiene gli indirizzi e le idee della Commissione sul futuro del sistema dei trasporti dell’Unione europea (UE) e definisce un’agenda politica per il prossimo decennio. Attraverso dieci obiettivi chiave e quaranta campi d'azione, la Commissione propone una strategia globale che mira a organizzare un sistema competitivo di trasporti in grado di favorire la mobilità, eliminare i principali ostacoli che sussistono in settori chiave e alimentare la crescita e l'occupazione. Tra i dieci obiettivi è prevista la graduale eliminazione delle automobili alimentate a carburanti tradizionali dalle città entro il 2050 e il passaggio del 50 % del flusso passeggeri su media distanza e del flusso merci su lunga distanza dal trasporto su gomma ad altre modalità. L’obiettivo è quello di giungere ad una riduzione del 60 % delle emissioni di CO2 e ad una riduzione equivalente della dipendenza dal petrolio. Nel libro bianco uno specifico capitolo viene dedicato ad “un’efficiente rete essenziale per il trasporto interurbano multimodale” dove si punta ad un “consolidamento di grossi volumi nei trasferimenti sulle lunghe distanze, ovvero un uso maggiore dei trasporti con autobus, ferrovia e aereo per i passeggeri e, nel caso delle merci, di soluzioni multimodali basate sui trasporti marittimi e ferroviari”. Il raggiungimento di questo obiettivo è subordinato ad una migliore integrazione delle reti modali: gli aeroporti, i porti e le stazioni ferroviarie, degli autobus e della metropolitana dovranno essere sempre più collegati fra loro e trasformati in piattaforme di connessione multimodale per i passeggeri e le merci. Nel libro bianco si parla anche di co-modalità efficiente che consiste nell’ uso dei diversi modi singolarmente o in combinazione per ottenere un’ utilizzazione ottimale e sostenibile delle risorse. Particolare attenzione viene data anche ai porti e alla necessità, nelle regioni costiere, di incrementare punti di ingresso efficienti sui mercati europei, per evitare inutili flussi di traffico attraverso l’Europa. I porti marittimi rivestono un ruolo importante come centri logistici ma richiedono connessioni efficienti con l’entroterra. Il loro sviluppo è fondamentale per gestire i volumi di merci in aumento mediante il trasporto marittimo a corto raggio sia all’interno dell’Unione europea sia con il resto del mondo. Dunque le connessioni ai porti ed ai principali nodi intermodali rappresentano una priorità per l’Europa, come effettivamente dimostrato dall’impostazione della nuova rete TEN.

2.2 La pianificazione della rete TEN 2014-2020

Le reti di trasporto trans-europee (in acronimo TEN-T, dall'inglese Trans-European Networks - Transport), sono parte di un più ampio sistema di "reti trans-europee" (TEN) che, oltre alle reti di trasporto, includono anche le "reti di telecomunicazione trans-europee" (eTEN) e le "reti energetiche trans-europee" (TEN-E). Nel 2009 è stato avviato dalla Commissione Europea un ampio processo di revisione della rete TEN-T con l’obiettivo di realizzare un’effettiva integrazione dei sistemi di trasporto nazionali in un sistema di trasporto europeo e quindi di favorire, attraverso la libera circolazione di persone e merci, il raggiungimento del mercato unico quale presupposto per la crescita economica e per la competitività dell’Europa. La revisione del sistema italiano delle infrastrutture di trasporto di interesse europeo parte dalla riconferma dei Progetti Prioritari TEN-T, definiti nel 2004 ed in corso di realizzazione, dei corridoi ERTMS e dei “corridoi ferroviari merci” approvati nel 2010.

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L’impegno è rivolto ad assicurare il completamento dei progetti che realizzano il superamento dei valichi di confine lungo gli assi transfrontalieri di collegamento con la Francia, l’Austria e la Slovenia. Con riferimento alla realtà del sistema territoriale e produttivo nazionale, l’attenzione è altresì rivolta a risolvere uno dei principali punti di criticità del sistema italiano, rappresentato dall’insufficiente sviluppo dei collegamenti multi-modali verso i porti e gli interporti. Inoltre, con riferimento agli obiettivi del Libro bianco 2011, sono state considerate le questioni principali che costituiscono le linee guida a cui la programmazione nazionale nel settore dei trasporti dovrà attenersi.

Nell’ambito del processo di revisione della rete transeuropea di trasporto un ruolo fondamentale è stato quello di ANAS che ha supportato il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nella scelta di una serie di sezioni/tratte stradali esistenti e pianificate. Per ciascuna tratta in gestione Anas si è provveduto, per vari orizzonti temporali, a fornire, oltre ai dati finanziari, una serie di informazioni relative a:

caratteristiche funzionali (velocità, capacità);

caratteristiche fisiche/geometriche (lunghezza, tipologia, numero corsie)

flussi di traffico, separatamente per i veicoli leggeri e pesanti, sulla base di quanto ottenuto dall’applicazione di un modello di simulazione DSS in uso presso il Servizio Pianificazione Trasportistica della Direzione Progettazione.

 In data 20.12.2013 sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea n. 368/L i due sotto indicati nuovi regolamenti europei in materia di reti transeuropee dei trasporti:

Regolamento (UE) n.1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, sugli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti;

Regolamento (UE) n.1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, che istituisce il Meccanismo per Collegare l’Europa (MCE).

I due Regolamenti sono entrati in vigore il giorno successivo alla loro pubblicazione in Gazzetta e sono applicabili a decorrere dallo scorso 1° gennaio 2014. Essi stabiliscono le regole e le strategie di programmazione, pianificazione, sviluppo, funzionamento e cofinanziamento delle reti transeuropee dei trasporti e rappresentano due importanti strumenti della politica europea ai fini del raggiungimento degli obiettivi della Strategia Europea 2020.

La Rete stradale Transeuropea dei Trasporti di cui al Regolamento (UE) n.1315/2013 è rappresentata dalla mappa di seguito riportata.

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La mappa riporta le 102 sezioni stradali di competenza Anas.

Ciascuna sezione è caratterizzata:

- dall’appartenenza alla rete Globale (comprehensive), costituita da tutte le infrastrutture di trasporto esistenti e pianificate della rete transeuropea dei trasporti o alla rete Centrale (core), parte della rete globale che riveste la più alta importanza strategica ai fini del conseguimento degli obiettivi della politica relativa alla rete transeuropea dei trasporti;

- dallo stato della sezione ed in particolare se:

da adeguare, tratta stradale esistente con caratteristiche di rete TEN su cui sono previsti o in corso interventi di “miglioria”;

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completata, tratta stradale esistente conforme alle caratteristiche di rete TEN;

pianificata, tratta oggetto di nuova costruzione oppure tratta di strada esistente che non ha attualmente le caratteristiche di rete TEN su cui sono previsti o in corso degli interventi.

A partire dalla rete centrale, definita come quella parte di rete globale che riveste la più alta importanza strategica ai fini degli obiettivi della politica relativa alla rete transeuropea dei trasporti, sono stati individuati i corridoi della rete centrale stabilendo che essi sono multimodali ed includono tutti i modi di trasporto previsti nel Regolamento stesso; l’elenco dei nove corridoi figura nell’Allegato I, Parte I del Regolamento (UE) 1316/2013, si allega di seguito la mappa schematica indicativa dei corridoi resa pubblica dalla Commissione Europea attraverso il proprio sito internet.

 

Si riportano, inoltre, di seguito, i quattro corridoi che insistono sul territorio italiano:

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Corridoio Baltico – Adriatico

Corridoio Mediterraneo

Corridoio Scandinavo – Mediterraneo

Corridoio Reno – Alpi

Al fine di promuovere il ruolo dell’infrastruttura stradale all’interno dei Corridoi, ANAS dovrà evidenziare i tratti stradali di propria competenza, focalizzando l’attenzione su più elevati livelli di intermodalità del trasporto, sulla sicurezza e sull’ITS per poter così cogliere al meglio gli obiettivi strategici indicati dalla UE.

2.3 La pianificazione delle infrastrutture di trasporto in Italia

In Italia, il sistema delle infrastrutture di trasporto è gestito da una pluralità di soggetti che vanno da ANAS, per quanto riguarda le infrastrutture stradali di interesse nazionale, al gruppo FS, per quanto riguarda le linee del ferro, le Società autostradali per la gestione del sistema autostradale in concessione, le Autorità portuali per la gestione dei porti. Questo per quanto riguarda le infrastrutture di livello nazionale. In ambito regionale, urbano e metropolitano, le Amministrazioni e società pubbliche e private preposte al sistema di mobilità aumentano ulteriormente, vista anche la presenza degli operatori del Trasporto Pubblico Locale. Dunque, nella valutazione di quali modelli gestionali possono essere applicati in Italia una prima considerazione da fare è quella di separare il contesto nazionale da quello locale. Se infatti un modello gestionale ‘accentrato’, che vede la presenza di un’unica Amministrazione preposta alla gestione dei trasporti e della mobilità, si ritiene auspicabile e proponibile in ambito metropolitano, urbano e regionale (almeno per quanto riguarda il trasporto pubblico locale), si ritiene che tale modello sia invece difficilmente proponibile a livello nazionale. Ciò posto, l’analisi del contesto italiano, con particolare riferimento alla pianificazione e progettazione delle infrastrutture di trasporto, impone una riflessione circa la necessità/ opportunità di una maggiore interazione e coordinamento tra le varie Amministrazioni preposte alla gestione e realizzazione delle varie infrastrutture. In particolare, come dimostra lo studio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, “Studio comparato sui metodi internazionali di valutazione preventiva delle opere pubbliche dal punto di vista della fattibilità tecnico–economica”, il mancato coordinamento fra le scelte pianificatorie e progettuali tra i diversi modi di trasporto si riflette sulle scelte strategiche infrastrutturali. Ciò che si osserva è che, affinché il decisore pubblico possa valutare cosa serve e cosa è più conveniente fare per favorire la mobilità dei cittadini, sotto il punto di vista economico e sociale, è necessaria una programmazione integrata e intermodale. A tal fine, vanno realizzati studi di fattibilità che mettano a confronto diversi scenari infrastrutturali alternativi, compresa la cosiddetta alternativa ‘zero’ cioè la mancata realizzazione di una nuova infrastruttura a fronte di un ammodernamento e/o potenziamento di quelle esistenti. Le infrastrutture, si inseriscono in un sistema costituito da una rete di altre infrastrutture e servizi e quindi vanno valutate in uno scenario complessivo di domanda di mobilità, in un quadro generale che ne valuti la coerenza. Ciò che si rende dunque necessario, anche in presenza di diverse Società e Amministrazioni che gestiscono autonomamente le diverse modalità di trasporto, è un maggiore interfaccia ed interazione sia in fase di pianificazione che di progettazione. La fase progettuale che più si presta ad un approccio ‘intermodale’ è quella dello studio di fattibilità che, a fronte di approfondite analisi di domanda ed offerta ed analisi costi benefici dovrebbe fornire al decisore precise indicazioni sulle effettive necessità infrastrutturali, sui costi e sui benefici che afferiscono alle diverse soluzioni individuate.

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Ma affinché sia possibile portare avanti studi ed analisi che coinvolgono il sistema dei trasporti e delle infrastrutture nella sua globalità e complessità è indispensabile che ci sia una regia unitaria ed una visione condivisa.

2.4 Il Decreto Legge 228 del 29 dicembre 2011 in materia di valutazione degli investimenti ad opere pubbliche

Nel dicembre 2011 è stato pubblicato il decreto legge 2011 che ha come finalità la messa a regime, presso i vari Ministeri, di attività di valutazione ex ante ed ex post al fine di garantire la razionalizzazione, la trasparenza, l'efficienza e l'efficacia della spesa pubblica destinata alla realizzazione di opere pubbliche. Nel decreto si sancisce l’obbligatorietà delle attività di valutazione per le opere finanziate a valere sulle risorse iscritte negli stati di previsione dei singoli Ministeri ovvero oggetto di trasferimento da parte degli stessi a favore di soggetti attuatori, pubblici o privati, in forza di specifica delega. L’obiettivo è quello di migliorare la qualità della programmazione e ottimizzare i programmi triennali di investimento dei Ministeri. A tal fine sono state introdotte alcune novità significative per la valutazione ex-ante dei fabbisogni di infrastrutture e servizi, quali ad esempio (Art. 3): a) la definizione di indicatori specifici e misurabili, determinati nel rispetto dei criteri di convenienza economica e sostenibilità finanziaria sulla base di valutazioni economico-finanziarie per il raggiungimento degli obiettivi di risultato; b) l’individuazione delle priorità d’intervento, evidenziando i criteri e le valutazioni attraverso i quali le stesse sono state definite, la rispondenza delle priorità individuate con le direttive del ministero competente e la coerenza con i documenti programmatori esistenti; c) gli studi di fattibilità propedeutici all’individuazione degli interventi funzionali al raggiungimento degli obiettivi con l’indicazione delle risorse finanziarie necessarie per l’elaborazione degli studi stessi e la relativa copertura finanziaria, e/o degli eventuali progetti disponibili. Inoltre, per la valutazione ex-ante delle singole opere (Art. 4) i Ministeri al fine di individuare le soluzioni progettuali ottimali per il raggiungimento degli obiettivi identificati, operano attraverso l’elaborazione Studi di Fattibilità che, oltre agli elementi definiti dal CIPE, ai sensi dell’art. 161 del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei Contratti), contengono: l’analisi della sostenibilità gestionale dell’opera; l’analisi dei rischi. In particolare l’analisi dei rischi identifica i soggetti coinvolti a vario titolo del processo di attuazione dell’opera con le relative responsabilità, individua i fattori, gli eventi e le situazioni che potrebbero configurare cause di criticità in corso di progettazione, affidamento, realizzazione e gestione dell’opera e indica le azioni che l’amministrazione intende compiere per contrastare l’insorgere delle criticità medesime. L’analisi evidenzia, inoltre, i rischi di natura finanziaria, sociale e gestionale, quantificandone le possibili conseguenze in termini di aggravio di tempi, costi, e variazioni nelle realizzazioni. Questo atto normativo è di notevole importanza poiché sancisce una razionale sequenzialità tra obiettivi strategici, pianificazione degli interventi (con valutazioni ex ante ed ex post) ed allocazione delle risorse pubbliche. Pur costituendo dunque un primo fondamentale passo verso una pianificazione e scelta degli investimenti, tuttavia si osserva che le azioni previste richiedono un iter piuttosto laborioso e quindi avente una tempistica probabilmente non compatibile con i tempi dettati dalla norma. Inoltre, il pregevole tentativo di superare il problema dell’assenza di criteri specifici che suffraghino le scelte d’investimento dovrebbe anche far sì che: • l’utilità delle opere selezionate con la procedura prevista dalla legge, non venga messa in discussione in tutti i successivi step progettuali ed autorizzativi ; •i progetti non siano labili di fronte alla consultazione pubblica (ad esempio a seguito delle osservazioni trasmesse dai privati cittadini al Ministero dell’Ambiente e/o Regione e/o Ministero dei Beni Culturali) nell’ambito della procedura VIA; • non rimanga aperta la possibilità della messa in discussione dell’alternativa progettuale o addirittura dell’alternativa modale prescelta per soddisfare la domanda infrastrutturale, in fasi progettuali troppo avanzate (progetto definitivo).

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Si segnala inoltre la difficoltà di gestione di studi di fattibilità di opere di interesse nazionale in un contesto in cui la gestione del territorio è demandata agli Enti Locali. In sintesi si segnalano le seguenti problematiche:

1. L’elaborazione del documento pluriennale di pianificazione, per quanto contempli la messa a sistema della pianificazione e programmazione vigente, dovrebbe prevedere comunque un’intesa Stato- Regione, insomma un ampio coinvolgimento degli Enti Locali affinché quanto previsto dal documento non venga messo in discussione intempestivamente, a scelte fatte;

2. La valutazione ex ante delle opere è svolta attraverso l’elaborazione di studi di

fattibilità per la redazione dei quali occorre contemplare un arco temporale di almeno 1 anno (dipende chiaramente dall’entità dell’intervento).

3. Va esplicitato in maniera più netta il soggetto preposto alla redazione degli studi di

fattibilità.

4. Si potrebbe ipotizzare di far corrispondere ad ogni fase del ciclo del progetto (a

partire dallo studio di fattibilità) uno step autorizzatorio che consenta uno snellimento delle successive fasi del procedimento e quindi una riduzione dei tempi intercorrenti tra pianificazione di un’opera e sua realizzazione con conseguenti notevoli benefici anche economici.

a. Il piano pluriennale di pianificazione deve essere soggetto a Valutazione di Impatto strategica (VAS) in modo che una volta condivisa ed approvata la necessità dell’opera, la stessa non venga più messa in discussione, a meno chiaramente di oggettive modifiche delle ‘condizioni al contorno’.

b. In tale fase dovrebbe essere coinvolto anche il Ministero dei Beni ed Attività Culturali affinché vengano delineati i presupposti per eventuali deroghe che si rendessero necessarie soprattutto per le opere lineari.

5. Con il progetto preliminare dovrebbe essere scelta e sviluppata l’alternativa

progettuale preferenziale tra quelle previste nello studio di fattibilità. Il momento procedurale in cui definire tale scelta potrebbe essere la conferenza di servizi sul preliminare ove vengono anche dettagliate le richieste da recepire sul progetto definitivo e sullo studio di impatto ambientale se non realizzato assieme al progetto preliminare.

6. Con il progetto definitivo, si avvia l’ultima fase approvativa di un’opera che prevede la proceduta di ottemperanza alle prescrizioni della VIA, se realizzata con il progetto preliminare ,o la Valutazione di impatto Ambientale e la Conferenza di servizi sul definitivo.

7. In questa fase, quanto scelto e definito nei precedenti step, non dovrebbe essere più messo in discussione. Piuttosto in questa fase ci si dovrebbe limitare ad integrare il progetto con le opere di mitigazione e compensazione richieste dagli Enti ed Amministrazioni varie, ovviamente con i dovuti limiti di spesa.

8. Quanto previsto nella normativa VIA, studio delle alternative di tracciato, analisi costi/benefici ecc. ecc), dovrebbe sostanzialmente consistere in un rapporto di sintesi su tutti gli step progettuali, procedurali ed autorizzatori già conclusi e ‘deliberati’.

9. Si segnala infine l’opportunità di valutare l’unificazione delle procedure di legge

Obiettivo a tutte le opere inserite nel documento pluriennale di pianificazione.

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2.5 Lo studio del MIT sui metodi internazionali di valutazione preventiva delle opere pubbliche dal punto di vista della fattibilità tecnico–economica

Inevitabilmente la gestione di una pianificazione integrata multimodale è strettamente connessa alla ottimizzazione delle allocazioni delle risorse degli investimenti che consentano l’attuazione e quindi la realizzazione di una pianificazione multimodale efficiente e dunque assume ancor più rilevanza l’uso di idonei strumenti di supporto alle decisioni. Nel Rapporto “Studio comparato sui metodi internazionali di valutazione preventiva delle opere pubbliche dal punto di vista della fattibilità tecnico–economica” sono state analizzate infrastrutture di trasporto stradali e ferroviarie con l’obiettivo di “individuare, in ciascuna delle fasi che conducono alla realizzazione di grandi infrastrutture di trasporto (dalla programmazione alla progettazione), quale possa essere il ruolo della valutazione”. Nello studio vengono analizzati gli aspetti procedurali seguiti nelle scelte politiche che riguardano sia aspetti strategici (ad es. quando si deve scegliere tra investimenti alternativi strada o ferrovia) sia progettuali. A tal fine è stata sviluppata una analisi di benchmark sui Paesi Italia, Francia, Regno Unito, Olanda, Germania e Svezia, condotta identificando tre ambiti tematici di riferimento rispetto ai quali effettuare il confronto (metodologie, trasparenza delle scelte e concertazione/partecipazione) con lo scopo di individuare cosa può essere vantaggioso riproporre in Italia. E’ stata successivamente effettuata una ricognizione del contesto italiano in materia di infrastrutture strategiche di trasporto, con particolare riferimento all’iter procedurale e alle metodologie di valutazione al fine di effettuare il confronto con le esperienze internazionali. A conclusione del rapporto si riportano alcune indicazioni circa un possibile percorso da seguire per migliorare il processo di valutazione in Italia. Lo studio dei 5 Paesi europei che applicano procedure formalizzate di valutazione della fattibilità tecnico-economica delle OOPP infrastrutturali è stata svolta attraverso: l’analisi del processo di pianificazione a livello nazionale delle infrastrutture di trasporto, l’individuazione delle fasi in cui sono previsti momenti valutativi, individuandone i metodi utilizzati nonchè la ricostruzione degli eventuali momenti partecipativi. Di seguito di evidenziano i principali aspetti di ciascun Paese che costituiscono punti di forza o di debolezza dei processi valutativi adottati in fase di pianificazione e progettazione delle infrastrutture. Francia La Francia effettua la valutazione delle infrastrutture di trasporto mediante l’ analisi costi-benefici, introdotta formalmente negli anni sessanta. Le prime scelte di allocazione degli investimenti vengono effettuate sulla base di direttive del Ministero dei Trasporti francese, che definiscono in maniera specifica aspetti come: valori standard di alcuni parametri, quali indicatori occorre usare ed il livello di accuratezza che le stime devono raggiungere. Tutto questo allo scopo di poter avere un confronto corretto tra progetti differenti. La Francia è l’unico paese in cui l’analisi costi-benefici include anche una analisi di sensitività e di rischio. Tutte le valutazioni, anche di tipo non economico, sono quindi vincolate ad una serie di valori standard, lasciando di fatto poca libertà di scelta a chi redige questi studi. Altro aspetto importante dell’approccio francese è rappresentato dall’ uso di strumenti di partecipazione già nelle fasi preliminari del progetto, quando è ancora possibile abbandonare o modificare radicalmente la soluzione scelta. Infine, elemento unico in Francia rispetto agli altri Paesi, è l’esistenza in contemporanea di due sistemi di valutazione: analisi costi-benefici e l’Analisi Multi Criteri, ove quest’ultima non viene utilizzata come “estensione” della analisi costi-benefici, ma in contrapposizione con essa. Regno Unito Nel Regno Unito la pianificazione dei trasporti viene fatta sulla base di un Piano Decennale e non viene adottata l’ analisi costi-benefici a livello strategico.

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La valutazione con l’ analisi costi-benefici viene introdotta a livello di progetto, già nelle fasi iniziali per la definizione e la scelta delle alternative di un singolo progetto e in fase di pianificazione dei progetti. Nelle linee guida dell’ analisi costi-benefici non vengono definiti in maniera precisa quali benefici includere effettivamente nella valutazione; esistono solo alcune voci di beneficio per le quali esistono già dagli anni ’90 una precisa ed obbligatoria metodologia di valutazione e sono principalmente i benefici diretti per gli utenti. Di altri, ad esempio i benefici ambientali, è stata fornita nel tempo una quantificazione, ma essa non è considerata sufficientemente certa e non vengono obbligatoriamente inseriti nelle analisi. Questa apparente imprecisione viene anzi considerata in favore di sicurezza (cioè irrobustisce le analisi) per molti tipi di progetti: un progetto che risulta positivo secondo una ACB tradizionale, lo sarà a maggior ragione anche con l’inclusione dei costi ambientali. Un aspetto importante della valutazione è che in seguito al completamento dell’infrastruttura, la maggior parte dei progetti britannici è prevista una valutazione ex post. Infine l’approccio britannico prevede il coinvolgimento degli stakeolder a tutti gli stadi del progetto ed è frutto di una tradizione sperimentata già da molto tempo sul processo di condivisione delle scelte pubbliche; addirittura in passato in presenza di obiezioni di rilievo al progetto veniva istituito un Public Inquiry, cioè una procedura formale per l’ascolto di tali obiezioni. Olanda L’Olanda presenta tre livelli di pianificazione dei trasporti: Piano Nazionale del Traffico ventennale, un programma annuale ed una fase progettuale che, a seconda se l’ impegno di spesa previsto risulta superiore agli 11,5 milioni di Euro o inferiore, segue procedure differenti. Storicamente l’Olanda valutava gli investimenti di trasporto attraverso una metodologia mista tra ACB e AMC; successivamente, dopo aver constatato che le decisioni riguardanti progetti, anche impegnativi, venivano prese sulla base di dati non oggettivi, si è deciso di scartare l’AMC, poiché il sistema di pesi non adeguatamente trasparente e il rischio di doppi conteggi sono stati ritenuti limiti insuperabili. L’ACB viene utilizzata con diversi livelli di approfondimento, nella fase preliminare per la definizione dei progetti e nella fase progettuale, per la definizione delle caratteristiche del progetto scelto. L’ACB viene utilizzata per decidere quale progetto portare avanti e da un punto di vista tecnico è previsto un controllo indipendente delle valutazioni prodotte da esperti, con fine validativo (controllo effettuato dall’Istituto per le analisi delle politiche dei trasporti del Ministero). Il coinvolgimento degli stakeholder è formalizzato sia nella definizione degli obiettivi nazionali di policy, sia in quella successiva di scelta dei progetti; la partecipazione è efficace e integrata in tutto il processo decisionale, tuttavia comporta tempi lunghissimi. Germania In Germania l’ACB ha un ruolo sostanziale nella costruzione dei Piano Federale delle Infrastrutture e dei Trasporti, sia per l’inclusione dei progetti, sia per il loro ordinamento in funzione delle priorità. L’ACB considera come voci di costo e beneficio: costi di trasporto, manutenzione ed utilizzo dell’infrastruttura, miglioramento della sicurezza, maggiore accessibilità, impatti spaziali in termini finanziari, impatti ambientali, traffico causato, benefici non legati al trasporto, collegamento tra porti ed areoporti, costi di realizzazione del progetto. La cosa fondamentale è che l’input dell’ACB è dato da un unico modello di simulazione nazionale con cui vengono testati gli scenari di tutti i progetti. L’ACB tuttavia non risulta formalizzata come procedura da adottare a livello progettuale; non risulta infatti che esistano linee guida o prescrizioni su se e come valutare alternative progettuali, varianti, ecc.. Il coinvolgimento degli stakeholders avviene in due momenti: a livello federale, con consultazioni fatte prima della stesura definitiva del piano, a livello di regioni dove i successivi passaggi progettuali vengono gestiti in autonomia dalle regioni secondo le proprie normative.

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Svezia In Svezia esiste un Piano Nazionale dei Trasporti decennale, ma prodotto ciclicamente ogni quattro anni e la redazione del piano è il compito principale dell’agenzia responsabile della valutazione (Trafikverket). La valutazione dei progetti è codificata in specifiche linee guida e il principale strumento decisionale è l’ACB. L’ACB viene utilizzata sia a livello di piano, sia a livello di progetto, tuttavia non viene utilizzata per fare confronti tra progetti relativi a diversi modi di trasporto. Va notato che la politica nazionale dei trasporti si basa su tre obiettivi (welfare economics, sicurezza e ambiente, sviluppo regionale) e l’ACB copre solo il primo e solo in parete gli altri due, per questo non tutti i progetti scelti per l’inclusione nel piano presentano ACB positive. A livello operativo vi sono indicazioni su come calcolare costi e benefici e sono disponibili anche software standard per l’analisi. Esiste l’obbligo di effettuare un’analisi ex post per i maggiori progetti 2 o 3 anni dopo l’apertura dell’infrastruttura. La procedura di costruzione del piano dei trasporti svedese prevede una fase di coinvolgimento e consultazione di un gran numero di stakeolders. Italia Dall’analisi del contesto italiano emerge che è importante rafforzare la valutazione nella fase di pianificazione delle infrastrutture strategiche, la quale viene ricondotta a due aspetti: • rendere più trasparente il processo di scelta degli investimenti per le diverse modalità; • introdurre linee guida metodologiche per la valutazione economica degli investimenti, che risolva il problema della confrontabilità degli investimenti e quindi dell’allocazione efficiente delle risorse pubbliche. Altri aspetti sollevati sono: • la mancanza di momenti partecipativi all’interno del processo che potrebbe aiutare a meglio gestire l’eventuale dissenso che spesso è generato da “grandi opere” con un riflesso positivo sui tempi di realizzazione; • il disallineamento tra i tempi e i costi previsti ed effettivi di realizzazione degli investimenti pubblici. In particolare quest’ultima osservazione emerge dai risultati della relazione di monitoraggio sullo stato di attuazione degli interventi finanziati per le Aree Sottoutilizzate (FAS) consultata prima della redazione del Rapporto. Va da se che il disallineamento dei costi è una conseguenza dei tempi lunghi procedurali che sottendono la realizzazione delle opere, sicché a procedure ultimate, spesso i progetti redatti risultano vecchi e, di conseguenza, i prezzi adottati andrebbero aggiornati. E’ ovvio che considerare un fattore correttivo del costo di intervento che tenga conto del probabile incremento dei prezzi applicati è cautelativo, ma non è da considerare come la soluzione del problema, poiché la vera soluzione sarebbe probabilmente nello snellire le procedure autorizzatorie. Le indicazioni date per le Linee Guida ACB per l’Italia sono piuttosto generiche e ci si limita solo a suggerire i punti su cui concentrare l’attenzione: • rafforzare la valutazione nella fase di pianificazione delle infrastrutture strategiche; • introdurre linee guida obbligatorie e standardizzate; • sistematizzare la valutazione ex-post. L’analisi effettuata nello studio commissionato dal MIT evidenzia la necessità per l’Italia di dotarsi di uno strumento valutativo che metta in condizione il ‘decisore’ di scegliere quali interventi infrastrutturali inserire nella pianificazione nazionale. Se da un lato la normativa italiana, già con la ‘legge Merloni’ 109/94, subordinava l’inserimento di un’opera nella programmazione alla redazione di uno studio di fattibilità e sua relativa valutazione, è anche vero che questo dettame normativo non ha ancora oggi trovato piena applicazione. La mancanza di solide analisi che suffraghino le scelte degli investimenti infrastrutturali ha avuto e continua ad avere delle pesantissime ripercussioni che si concretizzano in un

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insostenibile allungamento dei tempi relativi alla fase progettuale ed autorizzatoria con ovvie pesanti conseguenze economiche. Anche la quasi totale assenza di una fase di partecipazione degli stakeholders e della ‘collettività’ nella fase di pianificazione, che si traduce in una mancanza di ‘trasparenza’ nelle scelte infrastrutturali, porta ad analoghe conseguenze.

2.6 Il Piano Integrato di sviluppo sostenibile delle infrastrutture del quadrante Ovest dell’Area Romana

Un primo esempio di pianificazione integrata è costituito dal redigendo Piano Integrato di sviluppo sostenibile delle infrastrutture del quadrante Ovest dell’Area Romana. L’idea di provare ad integrare le azioni che diverse amministrazioni stanno portando avanti nella stessa porzione di territorio, nasce seguito di una serie di incontri promossi da Unindustria che ha sottoposto la suddetta idea al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti - Direzione Generale per lo Sviluppo del territorio, la programmazione ed progetti internazionali – che, condividendone la necessità e gli obiettivi, con Decreto Ministeriale del 12 febbraio 2014, ha istituito un Tavolo tecnico, formato dalle Istituzioni e dalle Imprese associate ad Unindustria preposte alle infrastrutture, volto alla definizione di un quadro programmatico delle infrastrutture da implementare/potenziare nel Quadrante Ovest dell'Area Romana e che possa costituire un punto di riferimento certo per tutti gli operatori del settore. Nell'area geografica sopra indicata, infatti, sono attualmente attivati numerosi progetti per i quali, tuttavia, appare indispensabile un coordinamento ed una sintesi che possano garantire sia l'efficace sviluppo programmatico ed approvativo di un Piano infrastrutturale fortemente integrato e interconnesso, che l'auspicabile interesse di quelle realtà produttive del Paese che volessero intervenire con specifiche proposte di iniziative anche di partenariato pubblico-privato. Il Quadrante Ovest dell’area romana, ossia la porzione territoriale approssimativamente delimitata dal corso dalla SS 675, Civitavecchia- Orte (a Nord), dal GRA (ad Est), dalla strada regionale Pontina e dalla zona dei castelli romani (a Sud) e dalla linea di costa (ad Ovest), con sempre maggiore intensità è oggetto di un forte processo di trasformazione territoriale. Tale area rappresenta la cerniera della mobilità tra sud e nord del Paese, attraversata dal Corridoio 1 dei collegamenti previsti dal programma delle Reti Infrastrutturali europee TEN e sulla quale insistono poli attrattori e catalizzatori quali l’Aeroporto Intercontinentale Leonardo da Vinci e il futuro Porto commerciale di Fiumicino, entrambi in grado di movimentare milioni di persone l’anno. Il processo di trasformazione che interessa l’area sta progressivamente, quanto rapidamente, mutando l’assetto e soprattutto il ruolo rivestito dal Quadrante Ovest, non solo a livello di ambito metropolitano romano, ma a livello di area cardine su base nazionale sulla quale il Paese Italia può fondare le proprie politiche e strategie di competitività e coesione. La complessità di tali trasformazioni territoriali in atto si correla all’insieme delle iniziative programmate e proposte da parte di soggetti pubblici e privati; aspetto questo che, se da un lato è destinato ad operare un ulteriore accrescimento del quadro dei fattori di competitività offerti dal Quadrante Ovest e quindi a consolidarne il ruolo quale area cardine nazionale, dall’altro comporta una forte complessità del quadro di contesto, sia sotto il profilo della necessaria visione unitaria delle infrastrutture e delle modalità di trasporto da prevedere sia sotto il profilo economico-finanziario ed ambientale. L’assoluta esigenza di tale visione unitaria è confermata dal fatto che l’entità e la rilevanza delle iniziative da prevedere necessitano di un rilevante fabbisogno economico e finanziario che, nel presente clima congiunturale, deve essere indirizzato verso iniziative di partenariato pubblico-privato, in aggiunta alle risorse pubbliche. Appare evidente del resto che l’assenza di un quadro chiaro e condiviso riguardante le priorità di intervento non facilita l’implementazione di proposte del richiamato partenariato. Peraltro il contesto di incertezza rischia di incidere in modo negativo sulle iniziative già programmate e previste, restituendo con ciò un disegno complessivo disorganico ed incompleto. Sotto il profilo ambientale, considerate le risorse paesaggistiche e culturali delle quali è ricco il Quadrante Ovest, appare evidente come l’assenza di una visione di sintesi organica del complesso delle iniziative in essere possa non solo determinare la mancata valorizzazione di dette risorse, quanto anche comprometterne la tutela e conservazione, andando con ciò ad

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incidere negativamente su uno dei fattori di competitività di detto territorio e, più in generale, sulla sua qualità ambientale. Al fine di portare avanti il suddetto Piano Integrato di sviluppo sostenibile delle infrastrutture del quadrante Ovest dell’Area Romana, è stato richiesto alla Aziende coinvolte – ANAS, Autorità Portuale dei Porti di Roma e del Lazio, Autostrade per l’Italia, RFI, ADR - di sottoscrivere un ‘Memorandum d’Intesa’, in cui ciascuna Azienda si è impegnata a fornire il contributo tecnico di propria competenza.

3 Gli strumenti di supporto alle decisioni

Per evidenti ragioni, le infrastrutture di trasporto sono le opere d’ingegneria civile più strettamente legate al territorio; la loro progettazione richiede quindi una approfondita analisi preventiva di caratteristiche ed assetto sia dell’area vasta in cui l’opera si deve inserire, sia della zona più limitata con cui essa interferisce direttamente; i settori di interesse dunque che entrano in gioco abbracciano una molteplicità di discipline. La realizzazione di una infrastruttura dunque comporta un’attenta valutazione degli investimenti e attiva in fase programmatoria e progettuale un complesso processo di scelta. L’analisi costi benefici e la multicriteri sono dei metodi di valutazione degli investimenti che vanno visti come strumenti di supporto al decisone e non come tecniche che definiscono la scelta, sostituendosi al processo decisionale. Il processo decisionale, infatti, deve rimanere un processo politico frutto della mediazione di diversi interessi spesso configgenti, sia da parte dei decisori, sia da parte di stakeholders, imprese, istituzioni locali, sindacati, associazioni etc, che, pur non avendo titolo formale, intervengono nelle diverse fasi del processo di decisione. In quest’ottica dunque la valutazione degli investimenti, qualunque sia lo strumento tecnico, deve essere chiara, trasparente ed accessibile a tutti poiché rappresenta l’occasione per confrontarsi con gli addetti ai lavori e con la popolazione. La trasparenza e l’accessibilità costituiscono elementi centrali affinché tutti coloro che siano interessati ad un determinato intervento possano essere resi partecipi del processo decisionale; solo in tal modo si può sperare di instaurare un dialogo con i diversi portatori di interessi, ivi incluse ovviamente le comunità locali, per giungere a scelte condivise. Di qui la tendenza ultimamente ad introdurre forme di partecipazione di attori a vario titolo interessati alla realizzazione delle opere. 3.1 Studi di fattibilità, analisi costi-benefici e analisi multi-criteri Lo Studio di Fattibilità rappresenta quindi una delle fasi progettuali dove è maggiore l’attenzione all’analisi dei possibili effetti sull’ambiente e sul territorio associati alla realizzazione di una determinata infrastruttura stradale. Analizzando diverse alternative progettuali, lo Studio si pone l’obiettivo di fornire al “decisore”, anche tramite strumenti quali l’analisi costi-benefici e/o l’analisi multi-criteri, gli elementi quali-quantitativi necessari per la scelta della soluzione ottimale. L’individuazione di questi criteri di scelta è legata ad approfondite analisi territoriali, ambientali e paesaggistiche. L’importanza via via crescente sta avendo a questa fase progettuale è evidenziata dal Regolamento dei Lavori Pubblici (D.P.R. 5/10/10 n.207) che ha introdotto all’art. 14 i contenuti dello Studio di Fattibilità tra i quali “la descrizione, ai fini della valutazione preventiva della sostenibilità ambientale e della compatibilità paesaggistica dell’intervento, dei requisiti dell’opera da progettare, delle caratteristiche e dei collegamenti con il contesto nel quale l’intervento si inserisce, con particolare riferimento alla verifica dei vincoli ambientali, storici, archeologici, paesaggistici interferenti sulle aree o sugli immobili interessati dall’intervento, nonché l’individuazione delle misure idonee a salvaguardare la tutela ambientale e i valori culturali e paesaggistici”. Tale fase di studio oltre che fornire i requisiti dell’infrastruttura, è volta anche ad individuare le opportunità di sviluppo territoriale e locale che sono potenzialmente conseguenti la realizzazione o l'ammodernamento della rete infrastrutturale.

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3.2 Caso applicativo ANAS: il DSS - Decision Support System in uso presso ANAS e gli studi di fattibilita’

L’ANAS già dal 2005 si è strutturata in modo tale da avere un servizio, all’interno della Direzione Centrale Progettazione, deputato alla stesura e valutazione degli studi di fattibilità, alle analisi trasportistiche e alle analisi costi-benefici. Presso il Servizio Pianificazione Trasportistica è infatti in uso un modello trasportistico nazionale monomodale (relativo solo alle infrastrutture stradali) che costituisce lo strumento base ed univoco con cui vengono portate avanti le analisi trasportistiche e le analisi costi-benefici sugli interventi programmati ed in progettazione presso. Una delle prime applicazioni del DSS in uso presso ANAS è stata, ad esempio, l’Individuazione delle priorità attuative nell’ambito degli itinerari di interesse nazionale ricompresi nel Piano Decennale 2003-2012. Il DSS ha successivamente avuto moltissime altre applicazioni atte a valutare, ad esempio:

La rete in gestione ANAS potenzialmente pedaggiabile; La verifica degli studi di traffico e delle analisi dei ricavi delle proposte di

project financing avanzate da privati; Analisi costi-benefici di molti studi di fattibilità; Analisi di traffico per il dimensionamento delle infrastrutture in progettazione;

La consapevolezza di ANAS della necessità di supportare la pianificazione e le successive fasi progettuali con approfonditi studi di fattibilità, regolati da capitolati dettagliati, si è anche tradotta nell’inserimento “a pieno titolo” dello studio di fattibilità come primo step progettuale. Infatti il DPR 207/2010, regolamento di attuazione del d.lgs. 163/2006, all’art. 14 “finalmente” definisce a livello normativo i contenuti degli studi di fattibilità. Riguardo l’art.14 preme tuttavia evidenziare che il capitolato ANAS per la redazione degli studi di fattibilità contempla, per qualsiasi opera, tutti gli studi ed analisi che il regolamento invece prescrive solo per gli studi di fattibilità posti a base di gara. Infatti si ritiene che nel momento in cui le proposte di interventi, da inserire nella pianificazione nazionale, vengono supportate da studi di fattibilità redatti seguendo quanto previsto dalla legge ed accompagnati da approfondite analisi costi-benefici (che sono un di cui fondamentale dello studio di fattibilità) ed, eventualmente, analisi finanziarie atte a valutare il possibile interesse privato alla realizzazione degli interventi, il decisore pubblico è messo in condizione di scegliere gli interventi da inserire nella pianificazione. Si cita a titolo si esempio lo Studio di Fattibilità volto all’adeguamento della S.S.16 Adriatica nei territori di Marche, Abruzzo, Molise e Puglia fino a Foggia, redatto grazie ad un accordo stipulato con il MIT, che rappresenta un caso emblematico di applicazione degli studi di fattibilità come elemento fondante di una buona pianificazione che di una buona progettazione. Gli esiti dello studio sono pubblicati sul sito web dell’ANAS già dal 2010. Di una buona pianificazione poiché le soluzioni progettuali sono state oggetto di un’approfondita analisi trasportistica ed analisi costi-benefici che hanno portato alla definizione del progetto ottimo e, sulla base di un’attenta suddivisione in lotti, ad una “classifica” di priorità di intervento sia in ambito interregionale che regionale. Lo studio di fattibilità della S.S. 16 rappresenta anche un buon esempio di avvio alla progettazione sia per gli approfonditi studi (di mobilità, ambientali, paesaggistici, socio-economici, di traffico) che stanno alla base della scelta progettuale, sia per l’avvio di tavoli di concertazione con gli Enti interessati, fase peraltro ancora in essere e che sta sortendo ottimi risultati (dialogo tra diversi Enti, ottimizzazione progetto). Lo studio di fattibilità, accompagnato da adeguati studi di traffico ed analisi costi benefici, consente di argomentare in maniera forte anche determinate scelte progettuali che, se non supportate, spesso non incontrano il consenso degli attori coinvolti, il tutto a scapito dei tempi e dei costi della progettazione. Ci si riferisce, ad esempio, ai casi in cui, a fronte di richieste del territorio di varianti importanti (magari a 4 corsie), gli esiti degli studi dimostrino la non convenienza economica di tali interventi e la non necessarietà di un intervento così sovradimensionato stanti i livelli di traffico attesi.

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3.3 Caso applicativo ANAS: L’ANALISI MULTICRITERIA SU BASE GIS

L’analisi multicriteri, viene sempre identificata come valido strumento decisionale sia nella scelta programmatoria e pianificatoria che presiede la realizzazione delle infrastrutture di trasporto, sia nelle successive fasi progettuali; analisi che racchiude anche l’analisi costi-benefici. La Francia ad esempio, sta revisionando l’apparato normativo inglobando l’analisi costi-benefici all’interno della più ampia analisi multicriteri. Per evidenti ragioni, le infrastrutture di trasporto sono le opere d’ingegneria civile più strettamente legate al territorio; la loro progettazione richiede quindi una copiosa documentazione finalizzata allo svolgimento di un'analisi preventiva ed approfondita sulle caratteristiche e l’assetto sia dell’area vasta in cui l’opera si deve inserire, sia della zona più limitata con cui essa interferisce direttamente. I settori di interesse sono diversi in ciascuna fase dello sviluppo progettuale, come pure i livelli di dettaglio. In linea generale il progetto non può prescindere dalla conoscenza e dall'analisi delle esigenze della mobilità e dalla valutazione dell'impatto tra opere stradali e territorio, sia dal punto di vista geomorfologico (stabilità dei versanti, sistema idrogeologico superficiale e profondo, ecc.), sia da quello ambientale e socioculturale (memoria storica del paesaggio, ecc.) così come dal rapporto con l’edificato esistente. Ai fini della completa e simultanea considerazione delle diverse materie afferenti alle suddette problematiche, la prestazione del progettista infrastrutturale richiede informazioni sul territorio sintetiche ed immediate, in relazione alle quali sia in condizioni di assumere oculate e documentate decisioni Metodologia ANAS, per affrontare quindi la progettazione nella sua fase iniziale di scelta del tracciato, fase tipica degli studi di fattibilità, ha messo a punto una metodologia che si articola in otto fasi, che vengono di seguito brevemente descritte. i) Definizione dell’area di studio: è necessario delimitare l'area di analisi; la sua determinazione non dipende solo da considerazioni di tipo geografico-territoriali, ma anche e soprattutto da analisi trasportistiche e di costi-benefici eseguite a priori, che servono a definire i limiti (sviluppo, posizione, collegamento, budget, tecnici…) oltre i quali l’opera perderebbe la sua efficacia. ii) Acquisizione dei dati di base: sono rappresentati dall'insieme di cartografia numerica, ortofoto, dai programmi di attuazione a vario livello (comunali, provinciali, regionali, nazionali), dai dati geologici e idrogeologici, dai vincoli territoriali, ambientali, archeologici, dalla valutazione di rischio. I dati di base devono coprire tutto il fuso di studio in maniera omogenea. Sono archiviati sotto forma di Geodatabase, con procedure di memorizzazione e modifica che registrano “lo storico e la fonte” del dato inserito o revisionato (metadato). Per facilitare le operazioni di archiviazione, sovrapposizione, interrogazione ed estrazione vengono redatte delle Linee Guida (standardizzazione dei nomi e formati dei campi a seconda del tipo di dato). iii) Vincoli progettuali: l’acquisizione dei dati di base è volta prioritariamente a definire le aree vincolate all’interno dell’area di studio che non permettono in alcun modo il passaggio dell’infrastruttura, oppure che ne permettono il passaggio a determinate condizioni. iv) Definizione degli indicatori della multicriteria : questa è una delle fasi dal punto di vista metodologico più delicata. Ivi si devono individuare gli indicatori da inserire nell'analisi multicriteria e deve essere correttamente organizzata una struttura di relazione tra gli indicatori.

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QUADRI COMPONENTE INDICATORE

Pianificazione criticità morfologico funzionali

Pianificazione criticità PRG

Pianificazione criticità PTPR

Incidenza opere d'arteComplessità tecnica dell'operaImporto lavori (mil euro)

ESPROPRIAZIONI Espropriazioni (uso del suolo)

Interferenze (linee elettriche-acquedotti-metanodotti) concessioniEdifici interferitiBilancio materie

Tempi di costruzione (mesi)

ATMOSFERA Atmosfera

Amb idrico -acque superficiali

Amb idrico -acque sotterranee

Suolo - suolo vegetale

Suolo - suolo frammentazione

VEGETAZIONE Vegetazione

Ecosistemi - frammentazione ecosistemi

Ecosistemi - frammentazione agroecosistemi

RUMORE RumoreIntegrità paesisticaImpatto dei detrattori sulla qualità visuale

Specificità identitarie condivise

Specificità identitarie potenziali

UnicitàPanorami soggettivatiPaesaggi del silenzioAccettabilità sociale

ARCHEOLOGICI Rischio Archeologico

STORICO-MONUMENTALI AGRICOLO-PAESISTICI

Rischio - beni storico-monumentali e agricolo-paesistici

NATURALI MONUMENTALI Rischio - beni naturali monumentali

TRAFFICO Livelli di traffico sulla nuova infrastruttura in valutazione

INTERMODALITA' Effetto sistema nodiMO

BIL

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AMBIENTE IDRICO

ECOSISTEMI

PAESAGGIO SPECIFICITÀ LOCALI

PIANIFICAZIONE

FATTIBILITA' TECNICA

INTERFERENZE

SUOLO SOTTOSUOLO

PAESAGGIO COMUNITA’ INSEDIATA

CANTIERIZZAZIONE

Figura 3. Esempio di struttura degli indicatori per l’analisi multicriteria

Nell'esempio riportato in Figura 1 nella prima colonna sono raggruppati i tre quadri tipici del SIA (studio di impatto ambientale) insieme ad altre quadri ritenuti di pari livello, in questo caso Beni Culturali e Mobilità. Ogni quadro è composto da categorie di indicatori: il sistema sviluppato permette di intervenire in maniera dinamica sull’aggregazione degli indicatori, sui pesi elementari dei medesimi e sui pesi delle categorie e dei quadri di aggregazione. v) Costruzione delle carte tematiche o derivate: la definizione degli indicatori precedentemente esposta si svolge di pari passo con la costruzione delle carte tematiche derivate. Si tratta di carte redatte da esperti in materia, relative al singolo indicatore, che ricoprono tutto il fuso di studio. Per la redazione di tali carte gli esperti fanno uso dei dati di base ma non solo: effettuano sopralluoghi, eseguono analisi storiche, organizzano e normalizzano i dati. Esempi di carte tematiche sono le carte relative al paesaggio (carta dei paesaggi del silenzio, carta dell’integrità paesistica, degli ecosistemi, della vegetazione) e le carte del rischio archeologico e dei beni naturali e monumentali. Grande attenzione deve essere riposta nella scelta degli indicatori e nella redazione delle relative carte, sia per non incorrere in duplicazione di dati, sia per non tralasciare nulla di importante. Dalla redazione delle carte tematiche si passa alla visualizzazione delle stesse per classi di giudizio. Per ciascun indicatore si stabiliscono 5 livelli di criticità/opportunità (trascurabile, basso, medio,

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alto, elevato) che esprimono il giudizio associato al tracciato qualora intersechi quella particolare porzione di territorio. La mappa a cui si fa riferimento è la visualizzazione della stessa carta tematica ottenuta distinguendo non i singoli tematismi, bensì le cinque classi di giudizio associate. Si ottengono in tal modo mappe in scala cromatiche che visualizzano in maniera diretta le aree in cui la collocazione del tracciato appare favorevole oppure non lo è.

Figura 4. Esempio di carta tematica – Componente ecosistemi

vi) Intersezioni buffer ai fini della misura delle criticità/opportunità: individuate le tratte su cui sono possibili più alternative si procede alla loro valutazione effettuando analisi di buffer sia sui dati di base che sulle mappe di rischio dei singoli indicatori. Il sistema permette di effettuare l’analisi scegliendo il singolo indicatore oppure, a seconda dei layers visualizzati sulla mappa, per porzioni di tracciato inserendo progressiva chilometrica iniziale e finale. Anche l'ampiezza del buffer è parametrica. Il risultato dell’analisi può essere salvato e riutilizzato in seguito, e ciò è possibile sia per l'intera tratta analizzata, sia per parte di essa.

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Figura 5. Esempio di buffer

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Figura 6. reportistica relativa alle intersezioni buffer tracciato-indicatore

vii) Giudizio assoluto e giudizio relativo: rispetto quanto riportato nella Figura 2, il primo grafico mostra semplicemente le intersezioni del tracciato con i diversi tematismi al variare della progressiva d’asse. Sullo stesso grafico, in basso, è possibile leggere il tipo di sezione stradale (raso, viadotto, galleria). Il secondo grafico riassume il profilo longitudinale mostrando il variare della quota nera (terreno) e della quota rossa (progetto). Il terzo grafico riporta la valutazione del giudizio in funzione dei temi intersecati e dei giudizi ad essi associati. Il grafico si compone di due linee: la linea nera esprime il giudizio assoluto del tracciato d’asse mentre la linea rossa, tenendo conto della sezione stradale, amplifica, riduce o annulla il giudizio del valore assoluto: ciò esprime il giudizio relativo. viii) Analisi Multicriteria (MCA): corrisponde all'ultimo step di analisi inserito nel sistema. Essa è basata sul metodo ELETTRA, selezionato tra le molte opzioni presenti in letteratura come quello più idoneo per la casistica nazionale. Si tratta di scontri a coppie eseguiti su singolo indicatore per ottenere il valore sulla componente, a livello di componente per avere un risultato a livello di quadri, sia, infine, a livello di quadri per avere il risultato dell’analisi multicriteria completa, come da struttura ipotizzata. Una finestra interattiva permette di avere risposte di analisi al variare dei pesi, il cui valore, va detto, dovrebbe essere frutto di giudizio di esperti. Si sottolinea la predisposizione del sistema per permettere la composizione di un tracciato a partire da più tracciati elementari e per effettuare analisi multicriteria sia sulle singole tratte

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che sul tracciato completo. Rispetto quest’ultimo, è possibile comporre un percorso completo utilizzando anche porzioni di tratte già analizzate e composte a piacere. Le analisi salvate in memoria vengono recuperate, estratte e ricomposte in un tracciato ideale. I valori di criticità/opportunità vengono riassemblati e forniscono un nuovo input per l’analisi multicriteria. In tal modo è possibile sondare alternative non ancora effettivamente geometrizzate ed ottenere comunque valori plausibili di riferimento sulla bontà dell’ipotesi progettuale.

Figura 7. Esempio di confronto alternative a valle della multicriteri

A riguardo si ritiene opportuno precisare che lo strumento è stato messo a punto dalla Direzione Centrale Progettazione (DCP), nell'ambito delle attività per l'individuazione di corridoi entro cui progettare la nuova S.S.16. In occasione della stesura dello studio di fattibilità della S.S. 16, infatti, stante l’estensione dell’infrastruttura da progettare (440 km) e la correlata vastità di tematiche territoriali, ambientali, sociali, infrastrutturali, pianificatorie ecc. da analizzare, si è pensato di costruire un sistema di supporto alle decisioni utilizzando la piattaforma aziendale ArcGIS Server ed un Geodatabase particolarmente evoluto. Questo articolato sistema informativo geografico, insieme ad un modulo di analisi multicriteria progettato ‘ad hoc’, è stato messo in linea a valle degli studi di inquadramento per la definizione dei potenziali corridoi viari della SS 16. Tuttavia la sua potenza elaborativa e la sua versatilità, hanno indotto la DCP a riconsiderare la metodologia di approccio alla tematica. Il sistema è stato trasformato da elemento di validazione “a posteriori” in strumento di individuazione “a priori” delle alternative di corridoio. Questo strumento decisionale e progettuale ha avuto poi piena applicazione nella stesura di

Progetto preliminare del Collegamento autostradale Tor dè Cenci – A1, Progetto Preliminare ed analisi economica del tratto terminale del collegamento del

Porto di Civitavecchia con il nodo intermodale di Orte per il completamento dell’asse viario Est-Ovest

Progetto Preliminare della nuova tangenziale di Palermo

3.4 Il processo decisionale e la partecipazione

Le decisioni su un sistema di trasporto, riguardano tipicamente dei decisori pubblici, lo Stato, le Regioni, i Comuni, le Province, e comunque , anche nel caso di decisori privati, riguardano diversi soggetti a diversi livelli. Come evidenziato dal prof. Cascetta: ‘Progettare un intervento o pianificare un sistema di trasporti significa gestire un processo di decisione pubblica che incide sulla collettività, su tanti interessi molto spesso contrastanti’. Un cattivo ed errato processo decisionale porta nella maggior parte dei casi a scelte sbagliate, aumento dei costi e, anche molto spesso al ‘non fare’.

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Risulta dunque indispensabile affrontare il processo decisionale con un maggiore coinvolgimento della collettività e degli stakeholders al fine di valutare sulla fase preliminare tutte le eventuali obiezioni che potrebbero essere sollevate. La partecipazione, soprattutto nelle prime fasi progettuali, rappresenta effettivamente l’occasione per poter dirimere anticipatamente le diverse problematiche che la realizzazione dell’opera potrebbe comportare, a beneficio delle successive fasi progettuali, autorizzatorie ed attuative. In Italia esiste un disegno di legge sul Dibattito pubblico che, sul modello francese del ‘debat public’, ma con importanti adattamenti al contesto italiano, introduce nel nostro Paese l'istituto del confronto pubblico per la realizzazione delle opere di interesse strategico, così da consentire il coinvolgimento preventivo delle comunità e dei territori interessati, permettendo una maggiore condivisione delle informazioni e delle finalità dei progetti con le comunità locali. Il dibattito pubblico (dal francese débat public) è un percorso di informazione, discussione e confronto pubblico su un’opera di interesse regionale o nazionale, gestito da una commissione indipendente rispetto a tutti gli interessi coinvolti, che permette al proponente di far emergere le osservazioni critiche e le proposte sul progetto da parte di una pluralità di attori, anche singoli cittadini. Il compito del dibattito pubblico è quello di “fare il giro degli argomenti” (faire le tour des arguments) con i pubblici interessati e non di pervenire alla decisione su una soluzione finale (questa scelta spetta sempre al proponente dell’opera e alle autorità competenti). Sono tre le fasi fondamentali di un dibattito pubblico: la prima fase è la presentazione pubblica del progetto, che è resa possibile da una fase preliminare di alcuni mesi in cui il proponente prepara un approfondito dossier illustrativo del progetto in linguaggio non tecnico; la seconda fase, è lo svolgimento vero e proprio del dibattito (di quattro mesi prorogabili a sei) attraverso varie modalità che alternano momenti di presentazione pubblica dei progetti a momenti di confronto su singoli temi; la terza fase è la conclusione del dibattito che avviene con la presentazione da parte della commissione che ha gestito il dibattito pubblico di una relazione finale (che descrive l’andamento del processo e i principali risultati). Entro tre mesi dalla consegna della relazione il soggetto proponente è tenuto ad esprimere pubblicamente la sua decisione in merito al proseguimento o meno dell’opera e alle eventuali modifiche apportate al progetto. Per tutta la durata del dibattito viene garantita la diffusione dell’informazione ad un pubblico il più ampio possibile attraverso una molteplicità di strumenti. Il Dibattito Pubblico serve:

ad anticipare e affrontare i conflitti con i territori (che inevitabilmente accompagnano la realizzazione delle grandi opere);

a raccogliere informazioni di tipo non tecnico per migliorare i progetti (conoscenza approfondita degli impatti così come percepiti dai territori);

a ridurre i tempi della decisione (al termine del dibattito si raccolgono tutte le informazioni necessarie per decidere);

a semplificare i successivi passaggi progettuali e procedurali (progettazioni rispondenti alle esigenze dei territori, minori osservazioni nelle fasi di valutazione del progetto);

a legittimare la decisione assunta (questa viene presa sulla base di una approfondita discussione di tutti gli aspetti rilevanti).

Inoltre con tale consultazione è possibile: discutere pubblicamente e in modo integrato uno dei problemi più urgenti della Città

di Roma, come appunto il tema della mobilità; analizzare in modo pubblico i nodi critici e esplorare diverse opportunità di azione per

migliorare il progetto; cercare scenari più soddisfacenti di intervento; migliorare la conoscenza del territorio attraverso il sapere diretto dei cittadini e degli

operatori economici e sociali. Ciò è possibile facendo emergere e confrontare tutte le posizioni in campo (sia dei contrari che dei favorevoli alla realizzazione dell'opera); fornendo ai cittadini le informazioni e le conoscenze necessarie per formarsi un'opinione e per prendere parte consapevolmente al dibattito; verificando il consenso delle varie alternative.

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A livello nazionale l'interesse verso il dibattito pubblico è molto vivo come dimostrano le due proposte di legge presentate dal Consiglio dei Ministri il 30 ottobre 2012 e dal Ministero dell'Ambiente il 15 marzo 2013. Tuttavia, nel recente (29/08/2014) decreto legge contenente misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive, il dibattito pubblico, inizialmento previsto, è stato eliminato. Tale scelta è probabilmente legata al timore che il dibattito possa costituire un ulteriore adempimento burocratico, nell’ambito del processo decisionale ed autorizzativo. Tuttavia si ritiene che se le opere oggetto del dibattito pubblico sono bene studiate approfondendo la cosiddetta fase propedeutica (studi di fattibilità, analisi di traffico, analisi costi- benefici, valutazione di alternative ecc.) il dibattito pubblico rappresenta uno strumento con cui è possibile anche ottimizzare le scelte progettuali per poi addivenire ad un progetto più condiviso e quindi soggetto ad una fase autorrizatoria e decisionale più rapida e snella. 3.5 Caso applicativo ANAS: un’indagine per verificare la fattibilità

politica e tecnica per avviare un dibattito pubblico Anche quello della partecipazione, come momento fondamentale nelle scelte sia pianificatorie che progettuali, è un tema che ANAS sta da tempo cercando di affrontare per quanto non ci siano ancora direttive nazionali che regolamentino la partecipazione pubblica alla pianificazione e progettazione delle opere pubbliche di interesse nazionale. Che la partecipazione, soprattutto nelle prime fasi progettuali, rappresenti conditio sine qua non si possa innescare un processo virtuoso in termini sia tecnico-progettuali che autorizzatori che attuativi è indiscutibile e la fase progettuale che consente di aprire un dialogo costruttivo sia con gli Enti locali che con la popolazione è proprio lo studio di fattibilità. Nel marzo 2013, ANAS ha avviato un’indagine per verificare la fattibilità politica e tecnica per avviare un dibattito pubblico sul progetto preliminare del collegamento autostradale Tor dè Cenci – A1, opera che insiste sull’area metropolitana romana e dell’importo stimato di 1,6 miliardi di euro. Il progetto preliminare del collegamento autostradale Tor dè Cenci – A1 rientra nello studio di fattibilità e progetto preliminare per il miglioramento dell’accessibilità all’Aeroporto di Fiumicino, finanziato dalla UE nell’ambito delle Reti TEN-T che ha visto la collaborazione di 4 Aziende che gestiscono e sviluppano il trasporto nel Lazio e a livello nazionale (ANAS, RFI, AdR, Roma servizi per la mobilità). Il progetto è stato pubblicato sul sito web http://www.romaintermodale.it/

Figura 8.

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Figura 9.

L’indagine ha avuto l’obiettivo di: analizzare lo stato del conflitto e le posizione espresse dai principali attori locali; verificare la disponibilità delle Istituzioni, degli Enti e delle Associazioni/Comitati a

prendere parte al dibattito. Durante la fase di indagine, della durata di 9 mesi (marzo 2013 - gennaio 2014) sono state coinvolte 51 Enti e Organizzazioni: 3 Enti nazionali, 5 Enti regionali, 1 Ente provinciale, 12 tra Enti e Agenzie locali, 5 rappresentanti del mondo delle Imprese, 4 responsabili del gruppo di progettazione esterno ad Anas, rappresentanti di partiti e/o movimenti politici, rappresentanti di comitati e/o associazioni locali, interviste a cittadini; 3 incontri con il Ministero delle Infrastrutture (responsabili della Conferenza dei servizi);8 incontri con il gruppo di progettazione di ANAS; 2 incontro con il tavolo tecnico sulla mobilità (ANAS, RFI, Roma Mobilità, ADR). Tutti gli attori contattati sono favorevoli all’apertura di un dibattito pubblico e disponibili a prendervi parte attivamente. Ciò che è emerso è che l’oggetto del dibattito non dovrà però riguardare soltanto il collegamento autostradale Tor dè Cenci – A1, ma l’intera mobilita nell’area sud/est di Roma. I temi del dibattito pubblico saranno quindi:

La portata strategica dell’opera a livello nazionale; Le ricadute dell’opera sulla mobilità locale; La fattibilità dell’opera e degli interventi intermodali; L’opera e gli impatti sul territorio.

3.6 Importanza delle valutazioni ex post e il rapporto con la

performance L’uso sistematico, da parte delle Amministrazioni pubbliche, di valutazioni tecnico-economiche ex-post delle opere già realizzate, è un metodo semplice e diretto per imparare dagli errori del passato e ridurre il rischio di possibili errori futuri. La verifica ex-post della coerenza delle analisi effettuate nelle fasi preliminari non è un processo ancora consolidato in Italia.

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La difficoltà di effettuare valutazioni ex post è molto correlata alla debolezza delle fasi preliminari di valutazione degli interventi con conseguente carenza di dati quantitativi e informazioni relative agli obiettivi e i beneficiari dell’opera. La carenza di queste informazioni rende estremamente difficoltosa la misurazione dell’efficacia dei progetti mediante indicatori. Le valutazioni ex post costituiscono anche un elemento fondamentale per individuare gli indici di performance delle amministrazioni stradali e di trasporto.

4 Performance delle Amministrazioni stradali e di trasporto

Il tema della performance delle Amministrazioni pubbliche e dei sistemi da adottare per la loro misurazione e valutazione è un argomento al centro dell’attenzione e dell’interesse negli ultimi anni. L’obiettivo della riforma introdotta sul tema delle performance è introdurre nella pratica amministrativa metodi e strumenti che consentano di misurare efficacemente la capacità del soggetto pubblico di creare valore per il cittadino con le risorse rese disponibili dalla comunità, ossia misurare i risultati perseguiti mediante l’azione pubblica. La normativa italiana negli ultimi anni contiene continui e sempre più puntuali riferimenti alla necessità di introdurre ed applicare in modo diffuso nell’amministrazione pubblica italiana, a tutti i livelli, principi e criteri aziendali, idonei a coniugare: • legittimità e correttezza dell’azione amministrativa; • efficacia delle politiche di intervento pubblico; • efficienza nell’impiego delle risorse; • economicità della gestione. Le Amministrazioni pubbliche così come le istituzioni che erogano servizi di pubblica utilità non hanno finalità di lucro; tuttavia, benché per misurare il valore prodotto dalla gestione, non dispongano di una grandezza comune quale il profitto realizzato, devono comunque ricercare strumenti per verificare i risultati conseguiti. Di qui la necessità per ogni amministrazione pubblica di dotarsi di un sistema di valutazione della performance.

4.4 I principi di riferimento

Il D.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 detta i principi di riferimento per la misurazione e la valutazione della performance; in particolare, nell’art.2, descrittivo dell’oggetto e finalità del sistema di valutazione e nell’art. 3, illustrativo dei principi generali ispiratori a cui lo strumento deve rifarsi. Inoltre nell’articolo 2 si specifica che lo strumento serve per “assicurare elevati standard qualitativi ed economici del servizio tramite la valorizzazione dei risultati e della performance organizzativa e individuale”. Nelle pubbliche Amministrazioni l’obiettivo di sostenibilità economica non può essere anteposto all’obiettivo della qualità, intesa come capacità di risposta ai bisogni dei cittadini altrimenti si rischierebbe di mettere in discussione la missione stessa del soggetto pubblico. Inoltre si vuole sottolineare la necessità in primo luogo di dare spazio al merito. La valorizzazione dei risultati conseguiti da chi sta svolgendo un ottimo lavoro è il meccanismo fondamentale perché il merito diventi il motore del cambiamento organizzativo e del miglioramento della performance. Per quanto concerne i “principi” generali di riferimento, l’articolo 3 del decreto ne elenca molteplici, fortemente integrati tra di loro. Nel primo comma si sancisce che “la misurazione e valutazione della performance sono volte al miglioramento della qualità dei servizi offerti dalle Amministrazioni pubbliche nonché alla crescita delle competenze professionali” e pertanto il sistema di valutazione deve essere introdotto nelle Amministrazioni adottando “modalità e strumenti di comunicazione che garantiscono la massima trasparenza delle informazioni concernenti le misurazioni e le valutazioni della performance”

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Il tema della trasparenza e della comunicazione dei risultati dunque risulta essere uno dei perni fondamentali del sistema di valutazione proposto. Le Amministrazioni pubbliche devono adottare metodi e strumenti idonei a misurare, valutare e premiare la performance individuale e quella organizzativa, secondo criteri strettamente connessi al soddisfacimento dell’interesse del destinatario dei servizi e degli interventi e il rispetto di tali disposizioni è condizione necessaria per l’erogazione di premi legati al merito ed alla performance.

4.5 Ciclo di gestione della performance

Per attuare i principi a cui si deve ispirare il sistema di valutazione della performance, nell’articolo 4 del decreto viene definito il ciclo della gestione. Questo si articola in sei fasi: “a) definizione e assegnazione degli obiettivi che si intendono raggiungere, dei valori attesi di risultato e dei rispettivi indicatori; b) collegamento tra gli obiettivi e l’allocazione delle risorse; c) monitoraggio in corso di esercizio e attivazione di eventuali interventi correttivi; d) misurazione e valutazione della performance, organizzativa e individuale; e) utilizzo dei sistemi premianti, secondo criteri di valorizzazione del merito; f) rendicontazione dei risultati agli organi di indirizzo politico-amministrativo, ai vertici delle Amministrazioni, nonché ai competenti organi esterni, ai cittadini, ai soggetti interessati, agli utenti e ai destinatari dei servizi.” Per valutare complessivamente la performance conseguita è necessario, ancora di più nel contesto delle Amministrazioni pubbliche rispetto alle imprese che operano sul mercato, disporre di molteplici meccanismi di misurazione dei risultati per una valutazione multidimensionale della performance conseguita Il decreto affronta il tema degli obiettivi e dei relativi indicatori di misurazione nell’art. 5 e 8. Nell’art. 5 si definisce che il triennio è l’arco temporale di programmazione considerato per gli obiettivi e che spetta agli organi di indirizzo politico-amministrativo la loro definizione, pur sentito il parere dei vertici dell’amministrazione e della gerarchia interna. Gli obiettivi sono: “a) rilevanti e pertinenti rispetto ai bisogni della collettività, alla missione istituzionale, alle priorità politiche ed alle strategie dell’amministrazione; b) specifici e misurabili in termini concreti e chiari; c) tali da determinare un significativo miglioramento della qualità dei servizi erogati e degli interventi; d) riferibili ad un arco temporale determinato, di norma corrispondente ad un anno; e) commisurati ai valori di riferimento derivanti da standard definiti a livello nazionale e internazionale, nonché da comparazioni con Amministrazioni omologhe; f) confrontabili con le tendenze della produttività dell’amministrazione con riferimento, ove possibile, almeno al triennio precedente; g) correlati alla quantità e alla qualità delle risorse disponibili.” Di qui la complessità del tema relativo alla definizione della natura e degli ambiti di riferimenti degli obiettivi e dei relativi criteri di misurazione che nasce dalla tipologia dell’oggetto da misurare e valutare, poiché gli obiettivi e i relativi risultati conseguiti dall’azione pubblica, per loro natura, sono articolati, di vasto spettro, condizionati dall’ambiente e interrelati tra loro. Per valutare complessivamente la performance conseguita, infatti, è necessario, ancora di più nel contesto delle Amministrazioni pubbliche rispetto alle imprese che operano sul mercato, disporre di molteplici meccanismi di misurazione dei risultati per una valutazione integrata della performance conseguita. Le organizzazioni che erogano servizi di pubblica utilità e le pubbliche Amministrazioni in generale, benché possano non avere finalità di profitto, debbono infatti operare per creare “valore” per il cittadino e in questa ottica deve essere valutata la loro strategia e gestione. L’art. 7 prevede che le Amministrazioni pubbliche adottino con apposito provvedimento il loro Sistema di misurazione e valutazione della performance, descrivendo la struttura, ossia le fasi, i tempi, le modalità, i soggetti e le responsabilità del processo di misurazione e valutazione della performance.

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Negli articoli 8 e 9 si definiscono gli ambiti in cui deve svilupparsi il processo di misurazione e valutazione che riguardano sia i risultati conseguiti dall’individuo sia dell’unità organizzativa in cui opera. Nell’art. 8 si fa riferimento a tutte le unità organizzative dell’Amministrazione (performance organizzativa); in particolare il Sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa concerne: “a) l’attuazione delle politiche attivate sulla soddisfazione finale dei bisogni della collettività; b) l’attuazione di piani e programmi, ovvero la misurazione dell’effettivo grado di attuazione dei medesimi, nel rispetto delle fasi e dei tempi previsti, degli standard qualitativi e quantitativi definiti, del livello previsto di assorbimento delle risorse; c) la rilevazione del grado di soddisfazione dei destinatari delle attività e dei servizi anche attraverso modalità interattive; d) la modernizzazione e il miglioramento qualitativo dell’organizzazione e delle competenze professionali e la capacità di attuazione di piani e programmi; e) lo sviluppo qualitativo e quantitativo delle relazioni con i cittadini, i soggetti interessati, gli utenti e i destinatari dei servizi, anche attraverso lo sviluppo di forme di partecipazione e collaborazione; f) l’efficienza nell’impiego delle risorse, con particolare riferimento al contenimento ed alla riduzione dei costi, nonché all’ottimizzazione dei tempi dei procedimenti amministrativi; g) la qualità e la quantità delle prestazioni e dei servizi erogati; h) il raggiungimento degli obiettivi di promozione delle pari opportunità.” Nell’art. 9 si affronta il tema della performance individuale dei dirigenti che si articola su tre livelli: i risultati dell’unità che si dirige, i risultati ottenuti rispetto a specifici obiettivi individuali, e infine il grado di contributo che l’unità ha dato al raggiungimento degli obiettivi complessivi dell’organizzazione. In termini di struttura il sistema di misurazione e valutazione dovrebbe possedere due caratteristiche: la multidimensionalità, intesa come possibilità di leggere i fenomeni mediante più prospettive e secondo diverse dimensioni di analisi; la misurabilità dei risultati, basata sull’adozione di un set di indicatori che dovrebbero soddisfazione una serie di requisiti: validità, sensibilità, comparabilità, consistenza. L’art. 6 comma 1 specifica che sono gli organi di indirizzo politico amministrativo delle pubbliche Amministrazioni che, con il supporto dei dirigenti, verificano l’andamento delle performance rispetto agli obiettivi. Questa funzione viene realizzata grazie al supporto dei sistemi di controllo di gestione che forniscono nel tempo la reportistica di verifica dell’andamento della gestione rispetto agli obiettivi fissati. L’art. 10 comma 1 descrive il processo temporale con cui il sistema di misurazione e valutazione deve svilupparsi. Alla lettera a) si richiede che ogni anno entro il 31 gennaio l’Amministrazione debba redigere un documento programmatico triennale in cui siano specificati gli obiettivi, gli indicatori di misurazione e i livelli / standard che complessivamente, per unità organizzativa ed infine per singolo dirigente si intende raggiungere; alla lettera b) si richiede che entro giugno venga redatta una relazione sulla performance che evidenzi a consuntivo i risultati raggiunti l’anno precedente. Il Capo III è interamente dedicato al tema della trasparenza, l’art. 11 comma 2 precisa che per garantire la trasparenza relativa ai risultati del proprio operato, ogni amministrazione dovrà predisporre uno specifico programma triennale per la “trasparenza e l’integrità” in cui definire le modalità con cui garantire un adeguato livello di trasparenza e la legalità e lo sviluppo della cultura dell’integrità. All’art. 11 comma 7 si rafforza l’impegno prevedendo che venga specificato dettagliatamente nel programma triennale per la trasparenza le risorse dedicate e gli strumenti di verifica dell’efficacia delle iniziative previste. L’art. 7 comma 4 fa riferimento al sistema di contabilità dei costi che ogni amministrazione dovrebbe attivare: ogni ente è tenuta a pubblicare sul proprio sito web il costo per ogni

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servizio erogato e l’incidenza del costo del lavoro, indicando anche cosa deve essere reso fruibile all’utenza con modalità “friendly”.

4.6 I soggetti del processo di misurazione e valutazione della performance

L’art. 12 individua quattro tipologie di soggetti che hanno voce nel processo del Sistema di misurazione e valutazione: 1. la Commissione per la valutazione (CiVIT), 2. gli Organismi indipendenti di valutazione (OIV), 3. l’organo di indirizzo politico di ciascuna amministrazione, 4. i dirigenti di ciascuna amministrazione. L’art. 13 descrive la composizione e la modalità di funzionamento della Commissione per la valutazione. In particolare la “«Commissione», che opera in posizione di indipendenza di giudizio e di valutazione e in piena autonomia” ha “il compito di indirizzare, coordinare e sovrintendere all’esercizio indipendente delle funzioni di valutazione, di garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione, di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale, informando annualmente il Ministro per l’attuazione del programma di Governo sull’attività svolta”. L’art. 14 prevede che ogni amministrazione, a livello locale, dovrà dotarsi di un Organismo indipendente di valutazione della Performance (OIV), le cui funzioni sono specificate al comma 4: a) “monitora il funzionamento complessivo del sistema della valutazione, della trasparenza e integrità dei controlli interni ed elabora una relazione annuale sullo stato dello stesso; b) comunica tempestivamente le criticità riscontrate ai competenti organi interni di governo ed amministrazione, nonché' alla Corte dei conti, all'Ispettorato per la funzione pubblica e alla Commissione di cui all'articolo 13; c) valida la Relazione sulla performance di cui all'articolo 10 e ne assicura la visibilità attraverso la pubblicazione sul sito istituzionale dell'amministrazione; d) garantisce la correttezza dei processi di misurazione e valutazione, nonché' dell'utilizzo dei premi di cui al Titolo III, secondo quanto previsto dal presente decreto, dai contratti collettivi nazionali, dai contratti integrativi, dai regolamenti interni all'amministrazione, nel rispetto del principio di valorizzazione del merito e della professionalità; e) propone, sulla base del sistema di cui all'articolo 7, all'organo di indirizzo politico-amministrativo, la valutazione annuale dei dirigenti di vertice e l'attribuzione ad essi dei premi di cui al Titolo III; f) è responsabile della corretta applicazione delle linee guida, delle metodologie e degli strumenti predisposti dalla Commissione di cui all'articolo 13; g) promuove e attesta l'assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all'integrità di cui al presente Titolo; h) verifica i risultati e le buone pratiche di promozione delle pari opportunità.” Al comma 5 si prevede che questo organismo curi annualmente la realizzazione di indagini sul personale dipendente volte a rilevare il “benessere organizzativo”, ma anche la condivisione del sistema di valutazione e dell’operatore del proprio superiore gerarchico. In definitiva il D. Lgs. n. 150/2009 assegna alla CiVIT (Commissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle Amministrazioni pubbliche) il compito di: • definire le linee guida e i modelli per la predisposizione dei Sistemi di misurazione e valutazione della performance e dei Piani della performance (art. 13, comma 6, lettere b e d); • verificare la loro corretta attuazione da parte delle Amministrazioni (art. 13, comma 6, lettera c); • fornire supporto tecnico e metodologico all’attuazione delle varie fasi del ciclo di gestione della performance (art. 13, comma 6, lettera a). La Commissione ha formulato una serie di indirizzi volti ad aiutare le Amministrazioni alla corretta adozione e applicazione degli strumenti individuati dal D. Lgs. n. 150/2009; in particolare sono state adottate una serie di Delibere CiVIT sui Sistemi di misurazione e

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valutazione della performance (delibere nn. 88, 89, 104, 105 e 114 del 2010) e sui Piani di performance (delibera n. 112/ 2010).

4.7 Indirizzi in materia di parametri e modelli di riferimento del Sistema di misurazione e valutazione della performance (Delibera n. 89/2010)

La delibera esamina e chiarisce tramite specifici Approfondimenti aspetti legati al processo, ai risultati e alle forme di comunicazione e coinvolgimento degli stakeholder nel processo di performance, partendo dal presupposto che il decreto utilizza la misurazione della performance come elemento fondamentale per il miglioramento dell’efficienza ed efficacia dei servizi pubblici. Elementi costitutivi dei Sistemi di misurazione “Per effettuare la misurazione della performance, un’organizzazione deve dotarsi di un sistema che svolga le funzioni fondamentali di acquisizione, analisi e rappresentazione di informazioni.” “Un Sistema di misurazione della performance si compone di tre elementi fondamentali: 1. indicatori: sono lo strumento che rende possibile l’attività di acquisizione di informazioni,

essi devono essere collegati ad obiettivi e devono puntare a generare risultati adeguati a questi obiettivi; inoltre il processo di misurazione deve essere trasparente e tendenzialmente replicabile per questo gli indicatori devono essere strutturati considerando varie dimensioni

2. target: è il risultato che un soggetto si prefigge di ottenere, ovvero il valore desiderato in corrispondenza di un’attività o processo. Tipicamente questo valore è espresso in termini di livello di rendimento entro uno specifico intervallo temporale;

3. infrastruttura di supporto e processi: costituita da soggetti responsabili dei processi di acquisizione, confronto, selezione, analisi, interpretazione e diffusione dei dati, garantendone la tracciabilità; un’infrastruttura di supporto può variare da semplici metodi manuali per la raccolta dati a sofisticati sistemi informativi

La delibera riporta esempi di modelli di misurazione esistenti, i requisiti minimi di un sistema di misurazione della performance, indicazioni sulle caratteristiche che deve avere un indicatore di performance e si focalizza maggiormente sugli ambiti di misurazione della performance organizzata (articolo 8 del decreto). In particolare “sarà possibile sviluppare il Sistema di misurazione multidimensionale di cui all’articolo 8 solo se, nella fase di definizione degli obiettivi, ciascuno di questi ambiti sarà già stato preso in considerazione”.

Fonte: Delibera 89/2011

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“L’ordine di elencazione delle varie dimensioni della performance non è casuale. Si può individuare, infatti, una gerarchia di tali ambiti, tenendo conto che il primo ambito riguarda il “fine ultimo” (outcome o soddisfazione finale dei bisogni della collettività) e che gli altri ambiti attengono più ai “mezzi” o comunque alle “tappe intermedie” che possono consentire di avvicinarsi a tale traguardo” “Con riferimento all’analisi delle esperienze nazionali ed internazionali, un elemento unificante dei modelli esaminati è rappresentato dalla tendenza a procedere alla classificazione degli obiettivi in strategici ed operativi; l’adozione di tale impostazione è funzionale alle finalità di questa delibera. Gli obiettivi di carattere strategico fanno riferimento ad orizzonti temporali pluriennali e presentano un elevato grado di rilevanza (non risultano, per tale caratteristica, facilmente modificabili nel breve periodo), richiedendo uno sforzo di pianificazione per lo meno di medio periodo (ad es. tre anni, come nel caso italiano). Gli obiettivi operativi declinano l’orizzonte strategico nei singoli esercizi (breve periodo), rientrando negli strumenti di natura programmatica delle attività delle Amministrazioni”

Figura 10.Fonte: Delibera 89/2011

E’ fondamentale il raccordo tra obiettivi strategici ed outcome, oltre che l’appropriatezza di indicatori e target rispetto agli obiettivi di outcome. “Definire correttamente gli outcome aiuta a concentrarsi meglio sugli obiettivi a prescindere dalla loro natura; permette, inoltre, di individuare i reali impatti desiderati ed effettivamente conseguiti grazie alle attività messe in atto a livello di singola amministrazione.” La delibera in tabelle descrittive fornisce indicazioni su come, attraverso una serie di domande si possa attivare un percorso logico utile ad individuare le variabili chiave dell’outcome. Elementi costitutivi dei Sistemi di misurazione La delibera riporta una sezione dedicata alle fasi di maturità dei sistemi di misurazione al fine di proporre un percorso volto a contribuire alla strutturazione di “sistemi di misurazione più “robusti”, ma soprattutto favorire la trasparenza, l’accountability e la qualità dei servizi erogati dalle Amministrazioni”

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La prima fase in questo percorso è costituita dai requisiti minimi previsti dalla Commissione: chiara definizione degli obiettivi; presenza consistente di indicatori di outcome tra gli indicatori relativi ad obiettivi che

hanno un impatto su stakeholder esterni; specificazione dei legami tra obiettivi, indicatori e target; caratterizzazione degli indicatori secondo le schede e i test proposti dalla

Commissione (si veda dalla sezione 4.2); rilevazione effettiva della performance, secondo la frequenza e le modalità definite

nello schema di caratterizzazione degli indicatori “La seconda fase di maturità presenta un Sistema di misurazione strutturato attorno a tutti gli obiettivi strategici e di outcome previsti. Inoltre, viene specificata una traiettoria di miglioramento per ogni obiettivo e la mappatura di processi e attività chiarisce come gli input e i processi di trasformazione contribuiscano al raggiungimento di output e outcome. Il sistema è strutturato su diversi livelli e le informazioni sono trasmesse efficacemente all’interno dell’organizzazione e dall’organizzazione ai suoi stakeholder principali. I dati in possesso dell’organizzazione sono di alta qualità nel senso di accuratezza, validità e affidabilità. Il vertice politico-amministrativo riceve questi dati e controlla l’andamento dell’organizzazione rispetto ai suoi obiettivi strategici.” “La terza fase include l’utilizzo di una mappa strategica a livello di vertice. Questa mappa consente di comprendere più a fondo i fattori di successo dell’organizzazione e le modalità di raggiungimento degli obiettivi. Le responsabilità associate a target e indicatori sono trasparenti all’interno e all’esterno dell’organizzazione. I report pubblicati con cadenza semestrale o annuale sono di facile fruizione per un pubblico non specializzato, anche attraverso l’utilizzo di diversi sistemi di rappresentazione. L’organo di indirizzo politico-amministrativo è coinvolto nel processo di valutazione della performance, di revisione e adeguamento periodico del Sistema di misurazione.” “La quarta fase comprende ulteriori elementi rilevanti, in particolare la piena condivisione a tutti i livelli gerarchici degli obiettivi strategici e delle motivazioni sottostanti (razionale) all’utilizzo di target e indicatori. Attraverso mappe strategiche sviluppate a cascata, l’organizzazione riesce a legare processi e attività a livello di vertice, dipartimento, servizio, gruppo e individuo. Grazie a indicatori standardizzati è possibile confrontare la performance all’interno e all’esterno dell’organizzazione secondo una logica di benchmarking. I risultati ottenuti a livello di output, outcome e soddisfazione degli utenti sono collegati a dati economico-finanziari. Tutto questo è reso possibile da un appropriato sistema informativo.” “Nella quinta fase di maturità i legami tra i fattori di successo e gli indicatori di performance sono validati e, quindi, l’organizzazione è in possesso di veri indicatori predittivi. La revisione del Sistema di misurazione perciò rafforza l’effettiva rilevanza degli indicatori e ne valuta il contributo informativo verso il raggiungimento dell’outcome. Questi aspetti sono efficacemente comunicati all’interno dell’organizzazione attraverso l’utilizzo di sistemi informativi sufficientemente sofisticati. La cultura organizzativa supporta appieno l’utilizzo dei Sistemi di misurazione e risulta presente una cultura della performance.” Caso Italia e confronto con altri Paesi Nell’approfondimento della Delibera viene riportata una analisi delle esperienze maturate in Paesi all’avanguardia nell’utilizzo di Sistemi di misurazione della performance ed un successivo confronto con sulla strutturazione di obiettivi ed indicatori per il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. L’analisi condotta per l’Italia ha evidenziato alcuni aspetti che hanno portato alla formulazione di criticità ed indirizzi sintetizzati nella tabella seguente.

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Figura 11.Fonte: Delibera 89/2011

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Figura 12.Fonte: Delibera 89/2011 “In tabella A.5 è riportato uno schema sintetico che delinea i vari gradi di maturità dei Sistemi di misurazione della performance a livello governativo [27]: in un confronto ampliato ad un numero elevato di Paesi, la maggior parte di questi si colloca tra la fase 5 ed 8, con punte, coerentemente con quanto illustrato in figura A.9, per gli Stati Uniti e Regno Unito che arrivano fino allo stadio 9. L’Italia si colloca formalmente nella fase 5: lo sforzo progressivo che viene richiesto alle Amministrazioni dovrebbe portare gradualmente verso la fase 8.”

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Figura 13. Fonte: Delibera 89/2011

Il confronto tra le varie esperienze analizzate sulla strutturazione di obiettivi ed indicatori per il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti mostra come la tipologia e grado di sofisticazione degli indicatori sia molto diversa tra Italia ed altri Paesi, come evidenziato nella tabella riportata di seguito, l’Italia si focalizza su aspetti interni.

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Figura 14. Fonte: Approfondimento 2 della Delibera n.89/2010

4.8 Gli Indicatori di Prestazione - KPIs

Gli indicatori di performance, a livello internazionale definiti Key Performance Indicators (KPIs), sono strumenti di gestione fondamentali. Essi vengono utilizzati dai manager per capire se la loro attività va nella giusta direzione o se si è intrapreso un cammino ‘sbagliato’. L’individuazione del giusto set di indicatori consente di individuare le aree che ‘funzionano’ e le aree che richiedono azioni correttive. Ma affinché ciò sia possibile, è necessario individuare degli indici ‘misurabili’: ciò che non si può misurare non si può gestire. Oltre ad essere misurabili, è evidente che gli indici devono essere ‘calzanti’ e tali da poter fornire indicazioni per la gestione ed un adeguato supporto alle decisioni. Un problema molto diffuso è che spesso, anziché individuare pochi fondamentali parametri utili alla gestione, si raccolgono una gran quantità di dati facilmente misurabili ma difficilmente interpretabili ai fini gestionali.

4.9 Attuazione della riforma in termini di performance delle Amministrazioni nel periodo 2011-2013

Nel corso degli anni 2011-2013 la Commissione ha continuato a sviluppare l’attività di regolazione con la definizione di linee guida volte a migliorare i contenuti e il processo di redazione dei Sistemi di misurazione e valutazione della performance e dei Piani della performance adottati dalle Amministrazioni. Sono stati, infatti, definiti e pubblicati vari

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documenti e delibere contenenti linee guida ed indirizzi per migliorare la valutazione e trasparenza della performance. Innanzitutto, il monitoraggio svolto dalla Commissione negli anni 2011 e 2012 ha consentito di verificare che il processo di riforma, avviato nel 2010, si è messo in moto quasi in tutte le Amministrazioni, sebbene è emerso anche un livello ancora diffuso di inadempienze e ritardi. L’analisi del ciclo di gestione della performance nelle sue diverse fasi, peraltro, ha messo in evidenza anche una forte differenziazione tra le Amministrazioni, che inevitabilmente si sono andate a riflettere sulle prassi adottate in termini di performance e qualità. Di qui, CiVIT ha ritenuto prioritario interpretare il proprio compito, nei primi anni di avvio dell’attività, costruendo un quadro di riferimento omogeneo per tutte le Amministrazioni. Prevedendo nelle attività di monitoraggio e nella formulazione delle indicazioni alle singole Amministrazioni, di focalizzare l'attenzione sulle implicazioni operative più opportune per le singole Amministrazioni, coerentemente con le specifiche attività svolte da ciascuna di esse e tenendo conto anche delle risorse effettivamente disponibili e del grado di maturazione della cultura della valutazione. Come messo in evidenza dall’analisi dei risultati del ciclo 2011, sono emerse criticità relative:

alla mancanza di sufficienti elementi quantitativi per la valutazione e la misurazione dei risultati;

allo scarso interesse dei vertici in sede di individuazione degli obiettivi e assegnazione delle relative risorse;

all'inadeguatezza di obiettivi, indicatori e target adottati dalle Amministrazioni, conseguenti, alla scarsa integrazione tra performance, qualità e trasparenza;

al limitato ricorso alla valutazione individuale quale elemento per valorizzare il merito. alla limitata disponibilità e operatività di sistemi informativi sufficientemente integrati

per assolvere alle esigenze della programmazione strategica e del controllo di gestione anche in chiave di trasparenza.

Inoltre, come evidenziato nell’analisi dei risultati del ciclo 2012, si riscontrano criticità in relazione:

alla scarsa capacità dimostrata da alcune Amministrazioni di programmare e misurare la performance;

all'autoreferenzialità degli strumenti di avvio del ciclo, che non sempre prestano la necessaria attenzione al coinvolgimento degli stakeholder;

alla visione non sistemica che caratterizza l'approccio di molte Amministrazioni, che si traduce in Piani, Sistemi, Programmi e Standard poco coerenti tra loro;

alla scarsa attenzione prestata al collegamento tra ciclo di gestione e azioni necessarie al contenimento dei costi e alla spendingreview;

alla mancanza di analisi e confronti approfonditi del funzionamento delle articolazioni periferiche dell’amministrazione;

alla scarsa finalizzazione degli strumenti di avvio del ciclo della performance alle esigenze di valutazione organizzativa e individuale.

Una criticità generalizzata è, poi, la diffusa presenza nelle Amministrazioni di una cultura dell’adempimento tendenzialmente prevalente rispetto alla cultura del risultato. Le verifiche condotte mettono in evidenza che questo atteggiamento è riscontrabile, per esempio, nell'applicazione delle norme sulla trasparenza. Infatti, il principio della trasparenza, intesa come accessibilità totale, si sta lentamente affermando nelle diverse Amministrazioni ma rimane ancora molto da fare, specialmente per quanto riguarda la diffusione di informazioni sull'organizzazione e sull'attività amministrativa per funzionalizzare gli obblighi di trasparenza a garantire il controllo sociale sul proprio operato. Al superamento di tali criticità può certamente contribuire il consolidamento dell'architettura del sistema di valutazione e trasparenza, al quale la Commissione ha contribuito. In questa direzione hanno operato non solo le delibere e i pareri per la costituzione degli OIV, ma anche gli stimoli forniti alle Amministrazioni a istituire al proprio interno una rete di interlocutori che, a diverso titolo, fossero un punto di riferimento nell'interazione con le Amministrazioni medesime.

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4.10 Modifiche introdotte dalla legge n.125 del 30 ottobre 2013

La legge n. 125, approvata il 30 ottobre 2013, con la quale è stato convertito in legge con modificazioni il D.L. n. 101/2013, cambia la denominazione della “Commissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle Amministrazioni pubbliche - CiVIT” in “Autorità Nazionale Anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle Amministrazioni pubbliche - A.N.AC.” In materia di performance sono intervenute significative modifiche nel quadro normativo. Il citato D.L. n. 69/2013, ha modificato l’art. 13, comma 12 del d.lgs. n. 150/2009 e ha stabilito che il sistema di valutazione delle attività amministrative delle università e degli enti di ricerca, vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è svolto dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) nel rispetto dei principi generali in tema di misurazione, valutazione e trasparenza della performance (art. 3, D.Lgs. n. 150/2009) e in conformità ai poteri di indirizzo dell’Autorità (art. 13, comma 5, d.lgs. n. 150/2009). Da ultimo, il citato D.L. n. 101/2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 125/2013, ha previsto il trasferimento all’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche Amministrazioni (ARAN) delle competenze in materia di performance ed il trasferimento al Dipartimento della funzione pubblica (DFP) delle competenze in materia di qualità dei servizi ma tale trasferimento di competenze è stato, successivamente, annullato in sede di conversione del decreto. In aggiunta, il D.L. citato è intervenuto anche sulla stessa organizzazione e composizione dell’Autorità, cambiandone il nome da “Commissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle Amministrazioni pubbliche – CiVIT” in “Autorità Nazionale AntiCorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle pubbliche Amministrazioni – A.N.AC.”, aumentandone il numero dei componenti e prevedendo la decadenza anticipata degli attuali componenti prima della scadenza naturale del loro mandato. Anche nel 2013, l’Autorità ha operato per consolidare le basi per l’attuazione del complesso sistema delineato dal d.lgs. n. 150/2009. Nella seconda parte del 2013, sullo svolgimento di questa attività hanno interferito la confusione e l’incertezza generate dal trasferimento di competenze in materia di performance e qualità dei servizi operato dal d.l. n. 101/2013, e successivamente annullato in sede di conversione in legge che ha disorientato le Amministrazioni, determinando in alcuni casi ritardi nel rispetto delle scadenze previste per varie tipologie di adempimenti così come nelle nomine degli OIV. L’attività di regolazione in ambito di performance ha preso avvio ad inizio 2013 con la delibera n. 6/2013, avente l’obiettivo di introdurre elementi di semplificazione tramite l’indicazione degli aspetti prioritari del Piano e la differenziazione, in base alla tipologia e alla dimensione delle Amministrazioni, degli approfondimenti informativi in termini di rappresentazione della performance su base territoriale e comparativa (benchmarking). La delibera ha anche fornito indicazioni alle Amministrazioni per realizzare un ciclo della performance “integrato” con il ciclo di bilancio e per inserire, all’interno del Piano, obiettivi di rilevanza ‘trasversale’(contenimento della spesa pubblica e digitalizzazione dei servizi) e obiettivi riguardanti la qualità, la trasparenza e l’integrità, la prevenzione della corruzione, le pari opportunità. Queste indicazioni sono state confermate alla fine del 2013, in vista dell’avvio ciclo 2014-2016, sottolineando, in particolare, la necessità di integrazione del ciclo della performance con gli strumenti e i processi relativi alla trasparenza, all’integrità e alla prevenzione della anticorruzione. L’attività di regolazione ha anche riguardato l’aggiornamento dei requisiti e del procedimento per la nomina degli OIV, venendo in scadenza, nel corso del 2013, la maggior parte dei componenti degli OIV nominati in sede di prima applicazione del d.lgs. n. 150/2009. La delibera n. 12/2013, sulla base dell’esperienza maturata nel triennio e in considerazione dell’emanazione della legge n. 190/2012, disciplina le conferme e le nuove nomine, modificando e integrando le delibere precedenti. In particolare, la delibera chiarisce l’ambito di applicazione e definisce in modo analitico i requisiti generali e quelli specifici (attinenti all’area delle conoscenze, anche linguistiche, delle esperienze e delle capacità ). Viene anche delineato nel dettaglio il principio di esclusività, secondo cui nessun componente, salvo

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specifiche deroghe, può appartenere contemporaneamente a più OIV o Nuclei di valutazione e viene segnalata l’opportunità per le Amministrazioni di non procedere a nomine incrociate. Il coinvolgimento degli OIV nell’attività di monitoraggio del ciclo della performance è stato disciplinato dalla delibera n. 23/2013, con la quale sono state fornite le linee guida per sistematizzare l’attività di monitoraggio degli OIV, nelle diverse fasi del ciclo della performance, e migliorarne i flussi informativi attraverso schede standard da inserire nel sistema di gestione dei flussi comunicativi del Portale della Trasparenza.

4.11 Riflessioni a conclusione dei monitoraggi condotti da A.N.AC.

Innanzitutto, l'attività di monitoraggio e di accompagnamento svolto dall'Autorità ha consentito di verificare che il processo di riforma si è messo in moto quasi in tutte le Amministrazioni pur con una marcata differenziazione. E’ emerso anche un livello ancora diffuso di inadempienze e ritardi. E se, le incertezze del quadro normativo dell’ultimo anno non hanno agevolato l'attività delle Amministrazioni, tuttavia, specialmente per le Amministrazioni di più grandi dimensioni, queste criticità non possono trovare giustificazione solo in ragioni esogene ma vanno piuttosto ricercate in motivazioni endogene. L'effettivo miglioramento dell'integrità, della trasparenza e dell'efficienza dell'azione pubblica avrebbe richiesto sia un cambiamento culturale - orientato al risultato piuttosto che al mero adempimento - sia un impegno organizzativo, che tuttavia ancora stentano ad affermarsi in un contesto nel quale, peraltro, i vertici politici manifestano una scarsa propensione a definire obiettivi chiari, misurabili e rendicontabili ai quali assegnare le relative risorse e sui quali possa misurarsi il merito dell’amministrazione ed essere esercitato il controllo sociale. E, quindi, pur con differenze tra le diverse Amministrazioni, sono ancora inadeguati gli elementi quantitativi per la valutazione e la misurazione dei risultati, mancano analisi sistematiche e confronti approfonditi sul funzionamento delle articolazioni periferiche delle Amministrazioni ed è insufficiente il ricorso alla valutazione individuale quale elemento per valorizzare il merito e, di conseguenza, incidere positivamente sull'azione pubblica. Inoltre, permane la limitata disponibilità e operatività di sistemi informativi sufficientemente integrati per assolvere alle esigenze della programmazione strategica e del controllo di gestione anche in chiave di trasparenza.

4.12 Caso applicativo ANAS: introduzione degli indicatori di perfomance

L’ANAS annualmente pubblica un documento di bilancio, secondo le previsioni dell’art. 2428 del Codice Civile e dell’art. 40 D. Lgs.n. 127/91 e a partire dal 2013 nella Relazione Annuale di Bilancio sono stati introdotti indicatori di Performance Economico-Finanziaria e di Sostenibilità, in linea con i principi ispiratori dell’Integrated Reporting, come definiti dall’International Integrated Reporting Council (IIRC). Gli indici di performance economico-finanziaria dell’ANAS sono costituiti dal set di indicatori racchiusi nella tabella successiva e raggruppati in: economicità, gestione operativa corrente, investimenti, gestione finanziaria e sostenibilità sociale ed ambientale. Negli ultimi anni, inoltre, l’Azienda ha introdotto una serie di nuovi strumenti di comunicazione che oltre a fornire informazioni in tempo reale consentono di meglio interagire con i propri utenti. In particolare:

- giornale telematico della società “Le strade dell’Informazione” dal 2009 - sito web aziendale www.stradeanas.it dal 2008 - social network Twitter a partire dall’Esodo Estivo del 2011 - Servizio Viabilità ANAS Integrata (VAI) che, costituisce un nuovo strumento integrato

per l’informazione web sulla viabilità, e dal 2009 il servizio è diventato accessibile anche da piattaforma mobile, all’indirizzo www.stradeanas.it/mobile

- ANAS TV è un vero canale TV “all news” sulla viabilità, fruibile da chiunque navighi in internet, che va in onda in diretta streaming dal luglio 2012 www.stradeanas.tv

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Figura 15. Fonte: Relazione di Bilancio 2013 ANAS

La Società nel 2013 ha conseguito:

- utile netto pari ad €/milioni 3,38. - Ebitda, pari ad €/milioni 170,18, , nonostante la diminuzione delle risorse disponibili

per la manutenzione ordinaria. - ROE pari allo 0,12% ed ROCE a meno 0,10%, registrando miglioramenti rispetto al

20152. Dal punto di vista della gestione operativa invece, si registrano i seguenti fenomeni:

- i costi del personale (al netto della quota capitalizzata) diminuiscono in valore assoluto (da €/milioni 359,77 ad €/milioni 357,80) ma aumentano lievemente in valore percentuale sul totale dei costi operativi;

- rispetto al 2012, il trend di medio termine è comunque tendenzialmente positivo, infatti l’indicatore “Costi del personale / Costi operativi totali” nel 2011 registrava un valore di 44,76%, sceso sensibilmente nel 2012 (41,96%) e stabilizzatosi nel 2013 al 43,17%;

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Appare pertanto evidente come l’incremento percentuale sia legato alla riduzione delle risorse disponibili per la manutenzione ordinaria, come confermato dall’indice “Manutenzione ordinaria / Costi operativi totali”, che registra una significativa diminuzione (dal 36,91% nel 2012 al 34,94% nel 2013). I costi per manutenzione ordinaria diminuiscono anche in valore assoluto (da €/milioni 235,29 nel 2012 ad €/milioni 218,57 nel 2013).

- Per quanto riguarda i ricavi, l’indice “Ricavi finalizzati all’Esercizio della rete / Totale

Ricavi” è pari al 79,73%. Ciò significa che circa l’80% del Totale Ricavi delle attività connesse alla rete deriva dal mercato per effetto di disposizioni legislative che hanno permesso lo svolgimento dei servizi di gestore della rete stradale ed autostradale. Entrambi questi fenomeni hanno in ultima analisi favorito il miglioramento del ROCE.

Per quanto riguarda gli investimenti:

- “Nuove costruzioni + manutenzione straordinaria” del 2013 ammontano a €/milioni 2.202

- Rapporto fra “Nuove Costruzioni + Manutenzioni Straordinarie” e “Fondi in Gestione”, che esprime la percentuale dei Fondi in Gestione che ANAS riesce a destinare ogni anno alla spesa per investimenti, aumenta nel tempo ed indica un incremento nell’efficienza con la quale la Società riesce a gestire i fondi affidategli.

Per quanto riguarda la gestione finanziaria: - Il quoziente d’indebitamento ha nel 2013 un valore di 61,28%, in aumento rispetto

agli esercizi precedenti, da ricondurre all’aumento delle voci del passivo che compongono l’indicatore (debiti commerciali ed altre attività correnti, fondi per rischi ed oneri e TFR e Debiti verso banche a breve)

- La differenza tra fonti ed impieghi per lavori è stata pari a €/milioni 3,16 nel 2013 Per quanto riguarda infine la sostenibilità sociale e ambientale gli indicatori proposti riguardano,

l’organico medio totale che vede una riduzione del personale nel periodo 2011-2013, la percentuale di occupazione femminile che si mantiene quasi stabile, i costi di formazione i lavori di manutenzioni ordinarie che hanno subito riduzioni in questi ultimi anni consumo totale di energia in riduzione negli ultimi anni produzione di energia da fonti rinnovabili in crescita negli ultimi anni emissioni totali di gas ad effetto serra in riduzione negli ultimi anni.

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5 Conclusioni

L’obiettivo che ci si è posti nel Comitato AIPCR, è stato quello di analizzare gli ambiti su cui è necessario intervenire affinché le politiche di trasporto stradale siano sempre più performanti sia in termini di risposta ai bisogni di mobilità e sicurezza della collettività sia in termini economico-finanziari. Il primo interessante input è stato dato dalla constatazione delle modifiche gestionali nelle politiche di trasporto che stanno avvenendo in alcuni Paesi, ove si assiste ad un accorpamento delle Agenzie/Amministrazioni preposte ai vari modi di trasporto in un’unica Amministrazione. Questa tendenza è sintomo della consapevolezza che, solo con un’efficace integrazione della varie modalità di trasporto, si può offrire un servizio migliore all’utenza ed ottimizzare l’impegno delle risorse finanziare. Ma una vera politica integrata dei trasporti è subordinata ad una pianificazione e programmazione degli interventi infrastrutturali integrata. Da qui la necessità di prevedere, a monte della programmazione infrastrutturale e conseguente allocazione delle risorse, studi di fattibilità, anche integrati, che consentano di valutare l’efficacia trasportistica, economica ed ambientale di un set di interventi multimodali e di individuare le priorità di investimento. Una pianificazione strategica strutturata, basata su studi di fattibilità ed analisi costi/benefici, consente inoltre di fornire dati quali-quantitativi ex ante che possono essere verificati ex post, dando contezza delle performance degli investimenti infrastrutturali. Anche per quanto riguarda l’individuazione dei parametri di performance, dall’analisi del contesto internazionale, emerge che li stessi devono essere sempre più orientati a dare risposte concrete all’utente ed alla collettività. Risposte che si misurano non solo sulla qualità del servizio offerto, ma anche sulla dimostrazione di un’efficace investimento delle risorse pubbliche.

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