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Cronica di Taverna dalla colonia greca alla città medievale a cura di Giuseppe Valentino __________________________ I QUADERNI DEL MUSEO Storia Edizioni

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Cronica di Taverna dalla colonia greca alla città medievale

a cura di

Giuseppe Valentino

__________________________

I QUADERNI DEL MUSEO

Storia

Edizioni

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Alle persone libere che con sacrificio, umiltà, lavoro, intelligenza e senso di giustizia

hanno saputo costruire per il futuro la storia culturale della Città di Taverna.

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In copertina : particolare di una pagina del manoscritto conservato nella Biblioteca Comunale di Taverna. Nell’immagine del frontespizio di pag.3 : Francesco Cassiano de Silva, Veduta della Città di Taverna, in Discorso sopra le Città del Regno di Napoli, MSS 1708 , Oesterreichische National Bibliothek di Vienna.

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CCrroonniiccaa ddii TTaavveerrnnaa

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a cura di

Giuseppe Valentino

con i contributi di

Roberto Bartolini Antonella Brogi Maria Catizone

Maurizio Copedè Teresa Danizio

___________________

I QUADERNI DEL MUSEO

Storia

Edizioni

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Pubblicazione edita con il patrocinio ed il contributo di :

UNIONE EUROPEA

REGIONE CALABRIA – ASSESSORATO ALLA CULTURA

COMUNE DI TAVERNA

MUSEO CIVICO DI TAVERNA Progetto e cura della pubblicazione Giuseppe Valentino Responsabile Settore Cultura Direttore Museo Civico e Biblioteca – Comune di Taverna Traduzione del testo manoscritto Maria Catizone Teresa Danizio Coordinamento rapporti istituzionali per la realizzazione del progetto di restauro a Firenze Caterina Bagnato Progetto di restauro del manoscritto Maurizio Copedè Presidente CTS Restauro del Libro e della Carta, Istituto per l’Arte ed il Restauro “Palazzo Spinelli”, Firenze Restauro del manoscritto Antonella Brogi Roberto Bartolini Docenti e Restauratori dell’Istituto per l’Arte ed il Restauro “Palazzo Spinelli”, Firenze Elaborazione multimediale delle pagine manoscritte Giuseppe Frustaci Tecnico informatico del Comune di Taverna Testi nella pubblicazione Sebastiano Angotti Antonella Brogi Maria Catizone Maurizio Copedè Teresa Danizio Francesco Dardano Giuseppe Valentino Si ringrazia On.le Sandro Principe - Assessorato alla Cultura delle Regione Calabria, Catanzaro Dott.ssa Francesca Tripodi – Soprintendente per i Beni Archivistici della Calabria, Reggio Calabria Dott.ssa Paola Benigni – Soprintendente per i Beni Archivistici della Toscana, Firenze Dr.Antonio Dentoni Litta – Soprintendente per i Beni Archivistici della Toscana, Firenze Dott.ssa Laura Mancuso – Direttore Generale, Assessorato alla Cultura delle Regione Calabria, Catanzaro Prof. Francesco Amodei – Presidente Istituto per l’Arte ed il Restauro “Palazzo Spinelli”, Firenze Dr.Raffaele Gaetano - Dirigente del Servizio, Assessorato alla Cultura delle Regione Calabria, Catanzaro Dott.ssa Sandra Pieri – Funzionario incaricato, Soprintendenza Archivistica per la Toscana, Firenze Prof.Maurizio Copedè – Presidente CTS Restauro del Libro e della Carta, Istituto per l’Arte ed il Restauro “Palazzo Spinelli”, Firenze Prof.ssa Antonella Brogi e Prof. Roberto Bartolini, Docenti e Restauratori dell’Istituto per l’Arte ed il Restauro “Palazzo Spinelli”, Firenze Referenze fotografiche e documentarie Archivio Museo Civico di Taverna Archivio Giuseppe Valentino Pubblicazione edita da : “I Quaderni del Museo” - Storia Copyrigt 2008 by Museo Civico di Taverna Stampato in Italia - Printed in Italy Industria Grafica Rubbettino – Soveria Mannelli CZ

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Febbraio 2008. Note di presentazione L’Amministrazione Comunale di Taverna, con l’inedita ed integrale pubblicazione della Cronica di Taverna di Ferrante Galas, restituita integralmente alla fruizione degli studiosi dopo secoli d’oblio, grazie al fondamentale sostegno dell’On.le Sandro Principe, ex Assessore alla Cultura della Ragione Calabria; al lavoro programmato e realizzato dal Prof.Giuseppe Valentino, Responsabile del Settore Cultura del Comune di Taverna; all’impegno ed alla professionalità collaborativa delle Dott.sse Maria Catizone e Teresa Danizio; risponde al difficile intento di recuperare e diffondere i valori sociali, politici e religiosi che sono stati alle origini dell’antichissima città di Taverna e delle comunità limitrofe. Si compie in tal modo, un progetto di divulgazione culturale d’importantissima valenza per Taverna e l’intero territorio della presila catanzarese, ciò rappresenta un felice auspicio per continuare sulla via amministrativa intrapresa che, pone tra gli obiettivi principali, la valorizzazione e la conoscenza della nostra cultura.

Sebastiano Angotti, Sindaco di Taverna

La Biblioteca Comunale di Taverna viene istituita nel lontano 1975, in un’epoca in cui erano poche le famiglie che si potevano permettere l’acquisto anche di una piccola enciclopedia del sapere, il primo Statuto fu approvato con deliberazione del consiglio comunale n. 53 del 29 aprile 1975 e con lo stesso furono delineati gli scopi fondamentali della nascente creatura culturale. Si voleva “fornire gratuitamente a tutti i cittadini, senza limitazione alcuna, un moderno servizio pubblico di lettura, ricerca, consultazione, quale strumento primario di formazione ed elevazione culturale e spirituale”. Con lo Statuto sopra citato la Biblioteca viene denominata “I sette fratelli Cervi” martiri della Resistenza, ma non passerà un anno che la Giunta Municipale, con atto n. 60 del 29 marzo 1976, decide di dare all’istituzione un nome più adatto e consono al tipo di servizio che la stessa dà alla collettività e cioè l’attuale “Antonio Gramsci” “uomo di levatura morale ed intellettuale mondiale, pensatore e scrittore che per la conquista e la difesa della libertà fini i suoi giorni in carcere”. La Biblioteca parte così, con molto entusiasmo e pochi libri, circa 800 volumi tra quelli dell’ex Centro di Lettura e quelli che si riuscivano a comprare con il Bilancio Comunale, ma con il proposito di sfruttare al massimo le possibilità di finanziamento da parte degli Enti sopra ordinati (Regione, Provincia ecc.) e per questo con deliberazione di Consiglio Comunale n. 39 del 24 novembre 1988 venne approvato il Regolamento per il funzionamento. Fu così quindi che, grazie all’impegno dei diversi Comitati di Gestione succedutisi e dello scrivente in qualità di Direttore vincitore dell’apposito concorso nel 1983, l‘istituzione si arricchì sempre di più di libri, armadi, arredi ed attrezzature, si informatizzo il servizio e nei primi anni 2000 si ottenne dalla Regione Calabria il collegamento al Sistema Bibliotecario Regionale con grossi vantaggi per l’utenza. Oggi si possono consultare 7.000 volumi tra i quali spiccano una decina di libri antichi, la ristampa anastatica dagli originali, conservati presso la Biblioteca Nazionale “Marciana” di Venezia, dei quattro trattati di Gian Lorenzo Anania filosofo e teologo di Taverna e, fiore all’occhiello della Civica Biblioteca, la “Cronica di Taverna” di Ferrante Galas. La “Cronica di Taverna” è un’opera di grande importanza per la storia della nostra città perciò non appena ci è stata proposta per l’acquisto, da una collezione privata, per l’importo di £ 8.000.000, l’Esecutivo, allora presieduto dal Sindaco Avv. Felice Foresta, il Comitato di Gestione della Biblioteca ed il sottoscritto ci siamo prodigati con entusiasmo ed emozione per rendere possibile l’operazione. Il Comitato di Gestione ne discusse nella seduta del 22 novembre 1996 approvando un indirizzo positivo per l’ingresso dell’opera nella raccolta della Civica Istituzione, non potendo proporre l’acquisto immediato per mancanza di fondi. Il Sindaco nominò una commissione di esperti composta dal Prof. Giovanni Canino, dal Prof. Giuseppe Valentino e dallo scrivente con lo scopo di accertare l’autenticità dell’opera. Dalla relazione della Commissione prima menzionata si legge che il manoscritto è “un codice cartaceo di 196 carte, cm 28,5 X 22,1, che sarebbe stato trascritto dal latino in volgare nel 1689 da Don Giuseppe Ierovasio di San Pietro di Taverna”. Sempre dalla suddetta relazione si evince che Ierovasio si sarebbe servito della traduzione in latino dal greco di G. Andrea De Putero del 1571. La Giunta Municipale, in seguito alla relazione positiva sopra riportata, con deliberazione n. 458 del 31.12.1996 provvide all’acquisto della “Cronica di Taverna”. Alla spesa si fece fronte per £ 7.000.000 dal finanziamento regionale per il potenziamento delle biblioteche degli enti locali e per £ 1.000.000 con fondi di bilancio. Dopo pochi giorni abbiamo ricevuto il tanto prezioso manoscritto, acquisendolo con grande entusiasmo nella raccolta della Biblioteca Comunale “A., Gramsci” Di Taverna.

Dr. Francesco Dardano, Responsabile Settore Amministrativo Comune di Taverna

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Fra Angelo Rocca, Immagine urbana della Città di Taverna, 1583-84. Raccolta Zerbi, Taurianova RC. [...]viene appresso la foce d’Alli, così lo chiamarono i Greci, alludendo; per esser molto pescoso, alla verità del fatto : nei i mediterranei ci aspetta Taverna, ha questa città l’origine dall’antica Threschinesi, la quale, essendo una volta rovinata da Mori nella marina, e poi riedificata entro terra in un sito quasi inespugnabile, fu saccheggiata per un lungo assedio da Guglielmo Normado, mentre tenea la parte della Contessa di Cariati sua rubbella; al fin cadde un’altra volta affatto, seguendo la fattion d’Aragonesi per mezo di Francesco Sforza; ivi appaiono gran parte hoggi le mura, il Castello, e il Vescovato, ch’ella ritenea sotto il titolo di Sant’Angelo; s’habita la terza volta quasi due miglia sotto un bellissimo aere fra due fiumi, l’uno è Litrello, e l’altro Alli, molto pescoso di Trotte le più eccellenti di tutto il contorno, che n’è assai abondante, secondo pur si mostra per lo suo nome, che in Greco, si come gli suoi primi habitatori parlavano, dinosa pescoso, è piena d’ameni fonti, della quale rimbomba la fama per tutto, per li molti Theologi, Filosofi, Legisti, Medici, et dotti nelle lingue: aggiongendolene maggior la vita essemplare del Clero, e l’honestà delle donne, che davero in questo non dà luogo a niuna città del Regno, osservando ancora l’antico uso Romano di non bere vino, ne d’uscire a balli, della quale città, come che m’è patria, dovrei dir delle lodi di tanti huomini eccellenti, che vi sono fioriti nei i tempi passati; almeno qualche parte : poiche le loro scritture si veggono sepolte, non curando lor successori manifestarle al Mondo, ciò fu per buon rispetto, essendo hoggi cosi corrotto, e guasto il mondo, che più pesa l’honor che si dona ad altri, che quel

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che da lor si toglie : ma oh tempi mali, si trova quest’infelice città cosi d’ogni parte oppressa, che ella si vede nella sua rovina evidente : [...] 1. Tracce riscoperte ed eterogenesi dei fini

Giuseppe Valentino

Costituisce una preziosa occasione di divulgazione ed approfondimento conoscitivo, la possibilità di riscoprire alcune significative tracce, attraverso le quali poter ripercorrere, con nuovi quesiti ed inaspettate conferme, la strada ombrosa e dissestata della storia che ha scandito la vita di tante comunità presilane sorte nell’entroterra ionico della provincia di Catanzaro. Obiettivo essenziale di questa pubblicazione, è stato fin dall’inizio della sua programmazione riportare semplicemente alla luce, nella loro interezza, le pagine di un volume che da poco più di un decennio attendevano di essere sfogliate, lette e studiate. Si tratta di un manoscritto cartaceo del sec.XVII composto da 97 carte (risultano mancanti le prime due) segnate da 197 numeri di pagine, suddivise e cucite in 10 fascicoli (due carte sono bianche) con rilegatura a pieno cuoio bruno su piatti in cartone leggero; acquistato dal Comune di Taverna nel 1996 e custodito presso la Biblioteca Civica in grave stato di degrado, causato precedentemente all’acquisizione2. Da una prima analisi ed integrale trascrizione del testo manoscritto, curata da chi scrive con la preziosa collaborazione delle Dott.sse Maria Catizone e Teresa Danizio, è verosimile ipotizzare l’identificazione del volume, purtroppo privo delle pagine ed informazioni iniziali, con la cosiddetta Cronica di Taverna scritta nel 1450 da Ferrante Galas, deputato e testimone diretto della distruzione dell’avamposto militare di Taberna, completata dalle truppe di Francesco Sforza il 6 luglio 1426, la cui dettagliata narrazione è preceduta da una succinta trascrizione della “Synopsis Istorios Trischenes” di Teopompo Crea e da notizie riguardanti la precedente disfatta di Taberna dell’anno 1162, tratte dalla “Cronica Pesacense”3. Secondo la traduzione erudita locale, la Cronica venne tradotta in latino da Giovanni Andrea de Putero nel 1571 ed in volgare da Giuseppe Ierovasio nel 1689 4; in una versione la cui esistenza è stata segnalata in tre diverse copie ed il cui utilizzo “a piene mani” ha spesso contribuito a confonderne la collocazione ma soprattutto a ritardane la pubblicazione integrale. Come la più antica Chronica Trium Tabernarum et de Civitate Catanzarj 5 pubblicata nel 1721 da Ferdinando Ughelli, la Cronica del Galas fù uno dei tanti documenti calabresi, parzialmente discussi dagli studiosi, per lo più impegnati a sostenere gli interessi del potere politico ed ecclesiastico dominante nella capoluogo provinciale, le cui strategie non potevano e non dovevano essere messe in discussione dalle comunità ‘minori’ ricadenti nella propria giurisdizione. La diaspora tra Catanzaro e Taverna ha di fatto contribuito ad ‘occultare’ per secoli l’esistenza dell’insediamento greco di Trischene, etnia originaria dell’attuale Taverna e di tante altre comunità evolutesi nell’entroterra presilano.

1 Anania G.L. L’Universale Fabrica del Mondo overo Cosmografia, Muschio, Venezia 1582, pp.117-118.

2 Il progetto esecutivo di restauro del manoscritto, redatto dal Prof.Maurizio Copedè, Presidente del Comitato Scientifico dell’Istituto per l’Arte ed il Restauro “Palazzo Spinelli” di Firenze, è stato programmato dal Settore Cultura del Comune di Taverna; autorizzato dalle competenti Soprintendenze Archivistiche della Calabria e della Toscana; finanziato nel 2007 dall’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria. Il completamento del lavoro di restauro, curato Antonella Brogi e Roberto Bartolini, docenti della Scuola di Palazzo Spinelli, è previsto entro il mese di febbraio 2008. 3 I dati riguardanti la suddivisione dell’opera in “tre libri”, sono riportati nelle pagine 3 e 4 del manoscritto. 4 Cfr.U.FERRARI, Taverna in epoca bizantina, Estratto dal volume XXXIX (1971) dell’Archivio Storico per la Calabria e la Lucania, Roma 1973, p.45. L’autore offre una esaustiva disamina della Cronica del Galas segnalando l’esistenza a Taverna, Catanzaro e Vibo Valentia di tre versioni del manoscritto, acriticamente utilizzato dal Franconieri nella sua Memorie storiche di Taverna, Catanzaro 1891; successivamente studiato da Raniero Zeno nel 1911 e da Giovanni Canino nel 2002. 5 Per i contenuti della Chronica Trium Tabernarum et de Civitate Catanzarj, vedasi anche la pubblicazione a cura di Domenico Montuoro, Catanzaro 2006.

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Resti della Rocca di Taverna ( Fine sec.X). Resti della Torrecene (1428-’31).

Resti dell’Abbazia e del Monastero Basiliano di Santa Maria di Pesaca (fine sec.X).

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Le notizie sull’esistenza di Trischene si sono ripetute ininterrottamente per gli oltre cinque secoli che hanno cronologicamente seguito la scrittura delle due Cronache di Taverna; così quelle dei resti e dei reperti relativi ai sovrapposti insediamenti urbani: distrutti e sepolti dai ricalcati tracciati viari della strada statale ionica 106; dalla posa della linea ferroviaria; dalle costruzioni civili più o meno condonate o dai sistematici saccheggiati dei tombaroli di passaggio 6. L’indiscutibile prova di ciò che era già sommariamente deducibile dalle pur parziali, imprecise e contraddittorie fonti storiche esistenti sul territorio ionico segnato dallo sbocco dei fiumi Corace e Crocchio, sta oggi miracolosamente riemergendo dagli scavi archeologici in località Chiaro di Sellia Marina, in un terreno che, il gioco fatale del destino, ha voluto appartenesse ancora alla città di Taverna, nuovamente protagonista di una ormai inaspettata eterogenesi dei fini. L’emergenza delle strutture di interesse archeologico, intercettate casualmente all’inizio del 2006, nel corso dei lavori di scavo della Snam Rete-Gas, finalizzati alla messa in opera di un gasdotto (Strada Statale 106 – Bivio di Uria), ha evidenziato: “i resti di una vasta area produttiva di età romana repubblicana con una varietà di strutture annesse, sovrapposta ad una precedente frequentazione greca di epoca tardo-arcaica o classica e ad una più recente sovrapposizione di età imperiale a carattere residenziale con una cisterna probabilmente correlata al complesso stesso, e ad una necropoli di età altomedioevale ”7. Alla luce di quanto è stato riscontrato dallo scavo archeologico diretto dalla Dott.ssa Maria Grazia Aisa, appare oggi ragionevole, dover riconsiderare con maggiore onestà e rigore scientifico, tanti aspetti della storiografia riguardante le origini della città di Taverna; non ultimo quello relativo all’esistenza ed al trasferimento a Catanzaro dell’originaria Sede Vescovile, “vexata quaestio” posta alla base di tante delegittimazioni, parziali interpretazioni ed omissioni. Come inizialmente premesso, la disamina dei contenuti, direttamente leggibili dalla Cronica, finalmente tradotta, non riguarda le finalità principali di questo lavoro, il cui auspicabile utilizzo futuro è destinato ovviamente agli studiosi della Calabria, ma principalmente alle comunità di Taverna e dei comuni limitrofi, affinchè possano congiuntamente ricostruire, attraverso il riconoscimento delle dimenticate tracce storiche, l’identità perduta nel tempo.

Scavi archeologici in Località Chiaro di Sellia Marina, 2006 (Strada Statale 106. Bivio di Uria).

6 Numerose segnalazioni riguardanti l’area interessata sono riportate da Pietro Paolo Colosimo nel saggio Alla ricerca della città perduta, Trischene - Tres tabernae, in “Bollettino Museo Civico di Taverna”, n.6, Taverna 2006. 7 La nota è tratta da una comunicazione del Soprintendente ad interim per i Beni Archeologici della Calabria, Pietro Giovanni Guzzo, inviata al Comune di Taverna in data 6 febbraio 2007.

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Giuseppe Valentino, Identificazione del sito medievale di Taverna, 1983. Nella pianta (lato inferiore destro) sono rispettivamente indicati : con il n.1 i resti della Rocca di Taverna; con il n.2 i resti della Cattedrale di S.Michele Arcangelo; con il n.3 i resti della Torretta di avvistamento. A tutt’oggi, tra la folta vegetazione, sono ancora visibili i tre siti descritti nella “Cronica” e rilevabili in località “Taverna Vecchia”, a pochi chilometri dall’abitato di San Giovanni d’Albi CZ.

Studio di un manoscritto dimenticato

Maria Catizone e Teresa Danizio

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Questo lavoro nasce dall’intenzione di rendere fruibile a un vasto pubblico, e non solo agli “addetti ai lavori”, il manoscritto redatto da Ferrante Galas nel 1450, come egli stesso afferma all’interno del testo, e successivamente trascritto nel XV secolo da scrittore ignoto. Lo studio della Cronica, iniziato nel 2006, si è diviso in due fasi. In un primo momento si è voluto dare uno sguardo d’insieme al testo. L’obiettivo di questo primo approccio è stato quello di avere una visione complessiva dell’argomento trattato e prendere familiarità con la grafia, fatta di abbreviazioni e di alcuni caratteri particolari, che a primo impatto sarebbero potuti sembrare indecifrabili. Il passo successivo è stato quello di trascrivere il testo esattamente come si è presentato ai nostri occhi, senza parafrasare, senza correggere gli errori laddove si presentavano, tenendo presente che il nostro testo di riferimento è già una trascrizione, adottando le stesse abbreviazioni e cercando di riportare gli stessi simboli, che sono stati usati dalla nostra fonte, o avvicinarci ad essi il più possibile. La trascrizione del testo non è stata un’operazione facilissima. Numerosi sono stati i punti cruciali davanti ai quali ci siamo trovate. Innanzitutto c’è da sottolineare che nel testo si alternano pagine scritte in maniera molto chiara, con pagine scritte in modo fitto. Ciò ha aumentato le difficoltà di comprensione della scrittura. In alcuni punti, inoltre, la nostra fonte presenta delle correzioni, che talvolta lo scrivente effettua a margine, in altri casi esse sono apportate sopra i termini stessi. Tale operazione fatta con l’antico pennino ha prodotto delle macchie illeggibili. Spesso alcune parole o parti di frasi, poi, sono risultate sbiadite dal tempo. Per tutti questi motivi a volte la trascrizione di alcuni termini, facilmente rintracciabili nel testo perché contrassegnati da asterischi, non sono stati riportati con la certezza assoluta. I dubbi più grossi, poi, sono nati circa i nomi delle famiglie citate nel testo. Alcuni di questi sono riconducibili a cognomi tuttora esistenti, per molti altri la difficoltà nel decifrare la grafia ha potuto portare, a volte, a delle trascrizioni imprecise. Tali nomi non sono stati verificati negli archivi in quanto la trascrizione non vuole presentarsi come indagine storica, ma la nostra intenzione è stata quella di riportare il testo così come lo abbiamo letto noi, perché anche il lettore lo possa ritrovare nella sua forma originale; un testo che descrive il territorio di Taverna, dalla sua fondazione fino al 1450, citando tutte le invasioni, le guerre e il succedersi dei vari governi, per riscoprire, in un certo senso, le nostre origini e le origini dei luoghi in cui viviamo. Un tuffo nel passato descritto con una grande dovizia di particolari, soprattutto nell’ultima parte, che è quella in cui vengono narrati gli avvenimenti vissuti in prima persona dall’autore stesso della Cronica. Note ed abbreviazioni :

* parola poco leggibile ** termine corretto a margine *** termine che non si riesce a leggere ή simbolo utilizzato nelle parti scritte in latino. È un’abbreviazione usata, probabilmente, per que δ usata spesso dopo le lettere c e n per indicare con e non. Nelle parti scritte in latino la si trova a fine parola e sta a indicare una m.

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Prima pagina del manoscritto.

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Il manoscritto tradotto

3 Opera8 di Teopompo Crea scritta pure in Greco Attico, il di cuj titolo era Synopsis Istorios Trischenes; che voleva dire in Latino. Compendio dell’Istoria di Trischene. E perche qsto librettino scritto in pergameno si estendeva sino all’edificazione di Taberna Montana, aggiunto al Diario, che Cesare Ioino scrisse in Latino dell’Assedio del Re Guglielmo il Malo, di qsto ne hó trascritto in succinto quel tanto basterà á dare una Breve Notizia di quello si era più essenziale intorno á Taberna, qd.o si chiamò Trischene. Dall’anno poj di nostra salute 1162, tempo in cui fú destrutta dal sud.o Guglielmo mi hó servito della Cronica Pesacense, sino al tempo dell’Ultimo Assedio, qle Io mi sono compromesso á descrivere con tutte quelle particolarità, che hó potuto sapere, essendovi Io stato uno de Deputati, quando si fecero le Capitolazioni, conforme nel decorso del mio scrivere, sentirete, qd.o si tratta nell’Ultimo di qsto infelice accordo. Ed accioche ogni cosa caminasse col suo dovuto ordine, hó giudicato, questa Cronica dividerla in tre Libri. 4 Nel Primo Libro si tratta dell’edificaz.ne dell’Uria sino al tempo dell’ultimo assedio, Nel 2.° si tratta dello stato, in cuj si ritrovava, qd.o fú ultimam.te assediata. E nel 3.° si tratta dello stesso assedio.

Libro PrimoLibro PrimoLibro PrimoLibro Primo

Dell’Uria, di Trischene e’ di TabernaDell’Uria, di Trischene e’ di TabernaDell’Uria, di Trischene e’ di TabernaDell’Uria, di Trischene e’ di Taberna con suoj Villaggi.con suoj Villaggi.con suoj Villaggi.con suoj Villaggi.

Capitolo I. Della Edificaz.Capitolo I. Della Edificaz.Capitolo I. Della Edificaz.Capitolo I. Della Edificaz.nenenene dell’Uria, e’ suodell’Uria, e’ suodell’Uria, e’ suodell’Uria, e’ suo modo di governarsi.modo di governarsi.modo di governarsi.modo di governarsi.

Correano gli anni della Creazione del Mondo 2797. innanzi l’era di Cristo 1757, qd.o dopó l’assedio di anni diece, caduta per il ratto di Elena Troja, ed ucciso da Pirro figliolo di Achille il Re Trojano Priamo; ucciso ancora da Filottete Paride figliolo di Priamo, ed il rattore di Elena moglie del Re de Lacedemoni Menalao, tutti li Trojani sopravanzati alla stragge, e’ rovina di Ilio s’imbarcarono sopra le Navi per trovare ricovero, chí in una parte, chí in un’altra da quà del Mare; poiche al di là vi erano li Greci loro Nemici; e’ trovandosi le sorelle del Re Priamo con le Navi, che conduceva Antenore Duce Trojano per salvarle al Promontorio Corinto, che si è Capo di Stilo, stanche le Principesse Trojane di tanta lunga navigazione, vollero metter piedi á Terra per ristorarsino da tanti disaggi; quindi

8 Il manoscritto è mancante di due fogli strappati, nei quali, probabilmente, erano stati trascritti il nome del proprietario e/o dell’autore, nonché un indice generale del quale s’intuisce l’impostazione nei pochi numeri ancora leggibili sull’estremo margine interno facente parte di una pagina perduta.

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5 avendo trovato tra qsto tratto di Paese, che dal Promontorio di Corinto sino á Crotone, nδ vi era più migliore di sito, ne di temperie più soave, ne di campi più ameno, ne di biade più fruttifero, ne di boschi al di sopra più Commodo, ne di Monti vicini, e’ aggiati più sicuro, ne di acque più abondante, che la porzione tra il fiume Arocas e’ Marno trinchison deliberarono nδ partirsi maj più da ivi; tanto che il Duce Antenore fú costretto ubbidire alli cenni soprani. Sbarcate adunque le tre Principesse Astiochena, Attilia, e’ Medicastena cδ molte altre donne nella metà di qsto tratto fra li due accennati fiumi, Antenore avendoli lasciato molti Trojani per la di loro custodia, e’ Cultura de Campi, ed edifizi di Fabriche, ed ogn’altro bisognevole, passò avanti cδ gli Steneti, e’ Trojani per trovare altri paesi più Capaci per tante Genti; Astiochena ch’era la prima Sorella ordinò fabricarsi un Tempio alla Dea Pale, acciò ivi racchiusa cδ l’altre donne avanzate di età potesse menare la di Lej vita nδ più come Regina nella Reggia, má come privata, e’ consecrata á Pale, che si era la Dea de Pastori, avendovi fatto eriggere un Boschetto cδ nutrire gli Animali domestici per divertim.to; cδ molte abitazioni all’intorno. 6 Fú qsto Tempio di Pale edificato á somiglianza di quello di Giunone Lacinia col Bosco, ó come dicono Luco, di altissimi pini, ed abeti circondato cδ lieti pascoli all’intorno, ove si pasceva da se solo il gregge, ritirandosi ogni specie d’animale da se solo al suo proprio stabulo; Nδ era però di quella straordinaria ricchezza, come quel di Crotone; má solam.te n’avea la somiglianza dell’architettura, nδ la grandezza, estendendosi qsto Luco, ó Bosco sino alla Rocca Cardias, quattro miglia al di sopra, chiuso parte cδ legni, parte cδ fabriche: quella però parte di Luco, ch’era prossima al Tempio di Pale, era ben chiusa di alte mura, e’ quivi Astiochena dovea ogni primo giorno delli mesi di Bondromios Agosto, Poicodeon Novembre; Elaphabolion Febraro, e’ Scyrrhophopion Maggio custodire ella stessa l’armento, toccando per gli altri giorni all’altre donne Consacrate far questo ufficio pastorale. Abbellito qsto Tempio cδ li Voti nδ solam.te di tutti li Pastori di quel Contorno, quanto dall’altre parti più lontane, concorrendovi ognuno e’ per la devoz.ne; e’ per la Curiosità, spezialm.te delle donne: alla fama di quel Cenobio donnesco, si vidde fra breve alzar di fabrica nδ tanto il recinto del Tempio, quanto ancora l’abitaz.ni all’intorno parte di mura, parte di legni avanzarsi á maraviglia; e’ per la compassione degli abitanti esuli dalla di loro patria, e’ per la quantità degl’Uomini, che ben disposti, giovani, e’ valorosi doveano cδ matrimonij stabilirsino in Città, si vedeva un concorso straordinario di Vittime, di Voti, e’ molto più di donne per

7 congiungersi in matrimonij, nδ mancando ancora persone andate ivi per stabilirsino cδ l’occasione del bisogno, che quelli forastieri tenevano di guide per ben diriggerli. Apparve dunque fra pochi anni qsta Popolaz.ne in sembianza di Magnifica, e’ popolata Città, e’ più d’ogn’altro ben governata cδ le leggi dolci, e’ cδ la Giustizia

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esatta, come alli Principij de Nuovi Regni, e’ Città si sperimenta rimesso il rigore per raccoglier le Genti, ed acquistar gloria cδ la fama di Pietosa, e’ di dolce: tanto più, che molta rendita li Veniva dal Concorso devoto, era necessario usar qsta dolcezza di Polizia. Fú chiamata qsta Città Palepolis, quasi volesse dire Città di Pale, risedendo alle sponde del fiume, chiamato Uria; tra il fiume Arochas detto oggi Crocchia, ed il fiume Marnotrinchison, detto oggi fiume di Sibari. Si chiamava qsto tratto di paese generalm.te Uria, che in lingua Friggia significava Adorazione; poiche gli Naviganti al passaggio, che facevano ó dalla parte di Crotone, ó dalla parte di Stilo, subito si mettevano ad adorare quel luogo Sacro, libando in onore della Dea Pale Vino, ed offerendo qualche cosa dell’Animale per sacrifizio, se maj nδ approdavano in quelle Sponde. 8 Má vedendo l’altre due sorelle di Astiochena esser questa la Profetessa, e’ la Interpetratice degli oracoli cδ tant’applauso de Popoli, e’ loro senza quell’onore dovuto alla qualità delle Persone, nate al Comando, mosse ó dall’emulaz.ne, ó da gara feminile, ó da Zelo devoto, ó più tosto da tedio di quella Vita alquanto ristretta, sparsero voce, d’averli apparso in sogno ad una Giunone, all’altra Minerva, lagnandosi, come alla Dea de Pastori, e’ nδ á loro, avesse Astiochena edificato il Tempio, e’ la Città col nome di Pale: questa fama divulgata avendo alquanto di Credito presso le persone facili, si posero in alquanto di timore, e’ nδ sapendo cosa risolvere, poiche col titolo di qsta dea si era la Citta, ed il Tempio Consacrati, e’ ne ricevevano le rendite da tanti, e’ tanti Pastori, si stabilì mandarsi in Delfo dall’oracolo per cδsiglio, dove giunti e’ portati j doni, che furono una tazza d’oro, ed una lucerna di argento, rispose per via del suo Pythia ó sia Sacerdote queste due parole Basilξ* Eschati, cioè Reginae Supremis; tanto che ricevutosi dal Nume qsto oracolo tanto chiaro, stabilirono edificare due altri Tempij alle Dee Supreme, quali erano Giunone, e’ Minerva; e’ così fú eseguito 13. anni dopó l’edificaz.ne di Palepoli; quello di Medicastena fú chiamato Erapolis, che vuol dire Città di Giunone, e’ fú vicino al fiume Arochas; quella di Attilia fú chiamata Athenopolis, che volea dire Città di Minerva, e’ fú

9 edificata fra il fiume Marnotrinchison, ed il fiume Uria. Erapoli fú accresciuta da popoli Salentini venuti cδ Idomeneo Re di Creta; Athenopoli parte da Ateniesi troppo affezzionati á Minerva, parte da Egizziani, che cδ l’occasione d’una celebre fiera, che ad onore di quella Dea ogn’anno si faceva, e’ ne restavano per cδservare il luogo per l’anno Venturo, e’ per smaltire le merci restanti: poiche facendosi tal fiera nel mese Thargyrion, che si era Aprile, venendo gli Egizziani troppo tardi, e’ nδ trovavano luogo proporzionato, vi lasciavano genti loro per Custodirli il posto nell’anno Venturo, e’ col tempo diventarono molti Cittadini di qsta novella città. Era qsta fiera l’Invidia di tutta la Magna Grecia; tanto che la Republica di Locri, ó sia per gara de Cotroniati, ó sia per utile proprio, ne volle intimare un’altra alla fine

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di quella nelli Confini con dedicarvi un famoso Tempio, che serviva ancora di fortezza, e’ Rocca per li bisogni alle rive del fiume Crotalos, detto Coraci; e’ chiamosti qsta fortezza, e’ Rocca col Tempio Itone: però cδsiderando li Popoli á che fine era qsta fiera introdotta, nδ ebbe concorso, fuorche di pochi; che per rispetto venivano da Locri, e’ da luoghi soggetti á quella Republica: tanto che col tempo dismesse tal mercato, abbenche vi restasse la Fortezza, e’ Tempio oggi S. Maria della Roccella. 10 Circa il Governo poj, nel principio Palepolis fú governata dalla sua fondatrice da Regina, e’ da Profetessa, creando un Capo, chiamato Arcos, cioè Principe, che amministrava la Giustizia con due Geroni, ó siano Giudici; e’ per il Tempio vi stabilì un Sommo Sacerdote col suo Tribunale, chiamato Stierarchis Archiereny. Questo decideva le cause spettantino il Culto delli Dej sopra tutti, e’ privativam.te sopra li suoj Sudditi; nδ però sopra le donne del Tempio, riserbatasi questa autorità durando la sua vita Astiochena. L’altri due Corpi di Città Erapolis, ed Atenopolis si governavano come la Prima Palepolis, cδ li due Giudici; però l’Archos era lo stesso, che quello di Palepolis; e’ così parim.ti il Pontefice, poiche le fondatrici essendosi dal principio consacrate alla Dea Pale, dal Sommo Sacerdote di qsto Tempio si riconosceva la Potestà, tenendovi li Ministri Inferiori per servizio dell’altri due Tempij: E nelle solennità maggiori giva il Pontefice di Palepolis á sacrificare. Rito, che si ritenne ancora qd.o abbracciò la Vera Fede di Cristo; e’ che per togliere j nomi de falsi Dej, ch’aveano le tre Città, ne scelsero un solo, che abbracciasse questa prerogativa, che fú Trischenes; nδ avendoli voluto mettere altro Nome, se nδ che quello, onde avea avuto l’origine nella Cieca Gentilità.

11 Si mantenne così fino allo stato della Grazia, qd.o passatovi l’Areopagita di tanta dottrina, e’ fama incominciò á spargervi li semi della vera fede, e’ vi lasciò un tale Gilio, uno de Ministri del Tempio di Palepoli per Vescovo, e’ qsto cδ la sua dottrina disseminò la fede di Cristo; tanto che circa del secolo IV. l’ultimi anni á tempi di Arcadio S. Giovanni Crisostomo Patriarca di Costantinopoli vi spedì Anastasio per Vescovo, quale egualm.te celebrava in tutte le tre Città, e’ vi faceva la residenza di 4. mesi in ognuna di esse per togliere le gare, ch’erano state sú qsto particolare tra queste tre Città, giacche il nome era diventato Comune, dovea seguire l’antico Istituto; mentre avendo fatto ricorso in Costantinopoli ogni Corpo di Città per tenere di residenza il Vescovo, assegnando ogn’una le sue raggioni, il Crisostomo spedì la Bolla al Vescovo, e’ l’intitolò Vescovo della Città di Trischene, cioè delli tre Tempi, ó Tabernacoli, nome che lo ritenne sin’adesso, dicendosi Taberna in Latino col numero plurali. Ed abbenche dopó più secoli nella Città fossero più Latini, che Greci, pure il Ves.vo era Greco per ordinare j Greci, e’ quello di Catanzaro Latino per li Latini. La giurisdiz.ne però l’avea ognuno nella sua diocesi, solam.te nelle ordinaz.ni Greche di Taberna ordinava j suoj Greci, e’ tutti quej Greci delle Diocesi Circonvicine, dove tenevano la di loro Grecia fuora ancora dalla Sua propria Diocesi

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12 Il Tempio di Palepolis fú dedicato alla Beatis.ma Vergine in onore della sua Purificaz.ne, e’ questa festa si chiamava Stipapante, che volea dire incontro, per lo incontro di S. Simeone con Gesù. Il tempio di Erapoli fú dedicato allo Spirito Santo. Quello di Atenopolis fú dedicato all’Epifania del Signore, chiamata festa de Santi Lumi. In qsta festività il Ves.vo dovea Celebrare, come parimente celebrava in Palepoli la Pasqua; in Atenopoli il Natale, ed in Erapoli quella de Santi Martiri nel mese Memactirion, che si era l’Ottobre. Nell’altri Tempij celebravano i Sacerdoti Minori, solam.te alcune volte il Vescovo in onore di S. Basilisco Martire, che fú quello, che apparve al Crisostomo, e’ lo confortò alla Morte celebrava luj stesso in Erapoli nel famoso Tempio di Giove, cδvertito nella Chiesa di questo Santo. E perche S. Giovanni Crisostomo diede il titolo alle tre città di Trischenes l’anno 398 decate Gamelion alli 10 di Decembre al tempo di Anastasio I. Sommo Pontefice in memoria di questo fatto, e’ della lite decisa cδ qsto titolo glorioso frá li tre Corpi di Città nel Tempio di Giove Olimpio che fú l’ultimo á cδsecrarsi in chiesa in Palepoli, qle si cδsacrò sotto il titolo del Crisostomo, celebrandosi ivi una delle fiere conceduta da Eraclio Imperatore, cδ darsi il nome dello stesso Santo á tutta quella Contrada; nome che lo ritenne di poj in Taberna nel proprio Borgo.

13 Morta Astiochena dopó 42. anni della fondaz.ne di Palepoli, e’ cresciuti li tre Corpi di Gente si elessero Sej Vecchi, chiamati Geroni, che facessero L’Uffizio di Giudici, due per ciascheduno Corpo di Città, Uno per il Civile, l’altro per il Criminale, soprastando á qsti uno, che si chiamava Duce. Da Cotroniati, á quali stava soggetta l’Uria per essere entro il distretto della Sua Republica nδ fú cangiato Governo dopó la morte di Astiochena, essendo che l’altre due sorelle erano morte prima di lej, e’ governava ella sola tutti li tre Corpi di Città circa li Giudici, bensì circa il Duce, ch’era Cotroniata, e’ risedeva un’anno per Città: però qd.o li Cotroniati furono vinti da Locresi, e’ Reggini, cercando agiuto agli Ateniesi, quej dell’Uria mal soffrendo il Duce, ó sia il Tiranno Cotroniata per desiderio delle Leggi di Zeleuco fatte á Locresi, che nδ per quelle di Solone, e’ Pitagora, nδ potendo Cotrone disgustarsi gli Uriti per essere nuovi sudditi; poiche per rispetto di Astiochena Reggina, nδ aveano preteso durante la vita di quella alcuna sovranità, e’ per nδ collegarsino cδ li Locresi loro nemici rimisero la decisione in Atene; e’ da quel Senato, si crede cδ l’intelligenza di Crotone, si spedì all’Uria un’Arconte, e’ vi aggiunsero altri sej Giudici per le Cause de Particolari, chiamati Criti per essere più ben governati. 14 Vi stava ancora l’epatós Thalaostes, il Console del Mare, che in Città giudicava le cause de Marinari, e’ di tutti li negozij marinareschi; come ancora alle Barche della pesca, ed á Pescatori i pescherecci istessi. Sopra il Mare poj, e’ sopra li Bastim.ti grossi comandava l’Eparchos thalaostes, cioè il Prefetto del Mare; á qsto stavano sottoposti

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tutti coloro, ch’erano addetti alla Nautica, tenendo oltre li Mercatanti, il Corpo de Nobili la di loro Nave armata; ed ogni corpo di Città teneva pure la sua Nave apparte; ed alle Guardie della Marina soprastava qsto Prefetto; durando questi officij per sette anni, e’ spesse Volte si confirmavano dalli ordini della Città, come si dirà appresso. Vi stava il Polemarcos, cioè il Capo della Milizia terrestre, e’ qsto stava sopra tutti li Chiliarchi, che voleva dire Colonnelli, e’ Capitani tanto per la milizia de Catafratti, e’ pedestri, ed á Cavallo, quanto per li Presidij delle Rocche, delle Torri, e’ delle Mura, essendo il suo Tribunale independente da ogn’altro sopra li soldati suoj sudditi, e’ tutti quelli addetti per le Machine di guerra. Questo Polemarcós era destinato dalla Republica di Cotrone dopó la morte di Astiochena; Li Chiliarchi però erano tutti dell’Uria, cioè tre per li tre Corpi della Città, tutti però dipendenti dal sud.o Polemarcós, che fuora dal sospetto di guerra, risedeva in Cotrone, e’ veniva ogni trimestre nell’Uria pp la Visita.

15 Vi stava per l’Annona un Catapano Maggiore, che poj fú chiamato Sindico, dopó che Aristide in Atene fú creato il p.o Sindico; e’ teneva sotto di se tre altri Catapani minori, Parisami detti, cioè Assistenti, perche questi agiutavano al Maggiore in quelle occorrenze, che la dignità del Primo nδ potea progiudicarsi, come pesi, misure, assise e’ cose simili. Il Maggiore, che si diceva Myzos risedeva un’anno per Città, durando il suo officio per tre anni; má li minori uno per Città, e’ durava un’anno. E qsti si estraevano dalli Voti del Popolo, Il Maggiore dalli tre ordini, ed ordinariam.te, usciva eletto da una Città per il triennio, e’ dall’altre per l’altri triennij; tenendosi l’Assemblea di qsti tre ordini, cioè Nobili, Civili, e’ Popolari un triennio per Città. E così conservossi sino alla Concessione di Eraclio Imperatore, qd.o si cangiò sistema al Governo. E di poj cδ la scesa de Goti, framischiandosi qsti cδ Longobardi, Latini, e’ Greci; quelli si vollero creare il loro Catapano Maggiore, separato dal Greco, che si chiamava Deputato. A tempo de Normanni restò qsto deputato col titolo di Giurato Maggiore, che teneva sotto di se il minore. Il Giurato Maggiore faceva l’officio di Sindaco, e’ di Avvocato per la Città; Il Minore invigilava per la notte. I Greci però vi avevano creato due Dimagogi per quest’officio, quali si erano come gli Ephori in Sparta; parlandosene di qsti Dimagogi in appresso; nδ avendo altro peso tali Dimagogi, che difendere contro de Grandi la Plebbe. 16

Capo II. Delle Guerre interne, ed esterneCapo II. Delle Guerre interne, ed esterneCapo II. Delle Guerre interne, ed esterneCapo II. Delle Guerre interne, ed esterne dell’Uria, e’ di Trischene.dell’Uria, e’ di Trischene.dell’Uria, e’ di Trischene.dell’Uria, e’ di Trischene.

Dopó la morte di Idomeneo Re di Creta, che avea sotto di se 52. Popolaz.ni, e’ qste la maggior parte toccate alla Republica di Crotone per averle cδ l’armi soggiogate, crebbe in molta potenza, ed abbenche tolerasse la Sopranità di Astiochena nell’Uria, la Vecchiaja della med.ma gli dava prossima speranza d’impadronirsene. Morta qsta il

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42. anno dopó la fondaz.ne di Palepoli, restò l’Uria sottoposta á Cotroniati, qlli appena ne sentirono la morte, che subito spedì il Senato di Crotone la Intimaz.ne della sua sopranità, precedendo due Trombetti con l’Araldo, citando l’ordini per la dovuta Ubbidienza, come era solito pratticarsi in quej tempj fra lo spazio di 7. giorni. Radunatisi li ordini delle tre Città á qsta intimaz.ne, nδ trovandosi forze sufficienti á resistere da se soli á qlla potenza; poiche le Città nδ erano ancora ben fornite di mura, e’ di torri ne tampoco di gente tanto numerosa, penzarono di mandar deputati in Cotrone, e’ fra tanto di armarsi tutti, acciò cδ l’armi in mano conoscesse la Republica il loro ardire, e’ coraggio; come ancora per dimostrare cδ

17 qsta risoluz.ne ardita, che le tre Città tenessero qualche intelligenza cδ Locri, tutto á fine di vantaggiare le Condiz.ni, e’ di nδ essere trattate al pari dell’altre. Quindi in un subito armati tutti li tre Corpi di Città uscirono alle sponde del fiume Arochas, aspettando li Crotoniati, se maj venissero ad attaccarli: E perche nelli Confini vi stava un Corpo di soldati della Republica, e’ qsta truppa si avanzò di attaccare gli Uriti, che stavano all’altra sponda, credendo di aver che fare cδ gente raccolta, e’ nδ milizia Veterana, si venne all’armi; e’ talm.te fú il Valore degli Uriti, che dié spavento allo stesso Cotrone: poiche avendo visto, che qsta truppa Cotroniata nδ poteva essere più di 400. soldati; gli Uriti ne inviarono per cδbattere nδ più di 200; che cδ tanto Valore si diportarono, che appena pochi si salvarono fuggendo verso Crotone á portarne la notizia. Li Cotroniati á qsto accidente dando la colpa al Comandante della Truppa, lodò á gli Uriti cδsiderando, che le Città cδquistate sopra Idomeneo, li si potessero rivoltare, qualora attaccassero guerra cδ gli Uriti, che stavano sú cδfini di Locri, ed erano soldati valorosi, che aveano da Vicini, e’ da 18 lontani soccorsi d’ogni cosa, e’ spezialm.te dalle vicine montagne, che corrispondevano cδ le Città conquistate sopra Idomeneo, determinarono accordarli prerogative, nδ accordate á Città soggette, e’ stabilite entro il territorio della di loro Republica, essendo le Condiz.ni le seguenti. 1 Che dovessero ne confini tenere l’Uria li soldati cδ tre chiliarchi, abbenche il

Polemarcos fosse Cotroniata; che nδ potessero essere Comandati, fuorche daj loro chiliarchi paesani;

2 Che l’estenz.ne del paese tra il fiume Allis, sino al fiume Crotalon s’intendesse territorio degli Uriti, come si era quel tratto tra l’Arochas, e’ Marnotrinchison tanto pp le terre, quanto per le Rocche.

3 Che alle Rocche di qsto tratto fra Allis, e’ Crotalon li presidij fossero di Soldati metà Uriti, e’metà Crotoniati; però li Capi dovessero essere Uriti.

4 Che le paghe di qsti soldati ne Presidij fossero sodisfatte dal danaro della Republica Crotoniata.

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5 Che nella fiera dell’Uria nδ vi potesse Crotone pretendere alcuna prerogativa nella paga dell’ingresso, né soprastante, come nel distretto della Republica; má il tutto fosse in sovranità degli Uriti.

19 6 Che il Magistrato composto da Geroni nδ potesse essere di Cotroniati, fuorche il

Duce per sottoscrivere i Voti; e’ qsto per tre anni, dovendo risedere un’anno per ogni Corpo di Città, e’ poj alla fine dar Conto alli deputati della Città dell’Uria.

7 Che nelle cause dubbiose, e’ di appellaz.ni potessero aggiungere Dimagogi, e’ bisognando consiglio potessero ricevere dall’Areopago d’Atene senza, che tal ricorso al di là del mare li potesse essere in colpa.

8 Che il Magistrato sudetto si dovesse servire nel giudicare delle leggi di Solone, conforme si erano serviti per lo passato solam.te della 3.a e’ 5.a; e’ che dovesse servirsi di tutte quelle di Zeleuco eccetto la p.a e’ 3.a.

9 Che in caso di passaggio di soldati Crotoniati nδ potessero gli Uriti star sottoposti á spese, ed alloggi, eziandio in tempo di guerra ne Confini; má solam.te al somministram.to delli Soldati per le Rocche; e’ nδ pp altro.

10. Che nδ fossero obligati pagare Prosodos, ó sia gabella, fuorche una mezz’oncia di argento per famiglia.

11. Che le monete cδ l’impronto passato corressero per l’avvenire senza mutazione alcuna di Valore, e’ cδ lo stesso impronto di prima, cδ l’Uno, cδ li due, e’ cδ li tre Tabernacoli, ó Tempi; e’ col Minotauro .

12. Che Circa il Divino nδ vi fosse cangiam.to alcuno; má il tutto conservarsi nello stato che attualm.te si ritrova. 20 Queste furono le Condiz.ni accettate da Cotroniati, e’ poj variate dopó la destruzione di Sibari: má poj restando di sotto nella guerra cδ Locresi, e’ Regini sotto Caulonia; gli Uriti esposero la mancanza del p.° accordo, e’ richiesero il Duce proprio, nδ Cotroniata. Má quel Senato nδ potendo acconsentire á qsta richiesta, e’ nδ avendo forza da sostenerla per timore, che l’Uria nδ si dasse á Locri; risposero; che si esporrebbe la domanda nell’Areopago; dove gli Uriti erano ben affetti, e’cδsiderati; accettarono la Condiz.ne; e’ quel dotto Senato spedì d’Atene l’Archonte invece del Duce Cotroniata; e’ sciolse qsta differenza, solam.te Crotone esiggeva il dazio delle famiglie; e’ l’accrescim.to delli Soldati nelle Rocche sino á 400. Il p.o Arconte, che venne d’Atene in Uria fú Xutho l’anno del Mondo 3459. L’altre guerre dell’Uria furono quelle di Dionisio Tiranno di Siracusa, che per soggiogare la Città Greca, diede una graδ scossa á Cotrone, dove vi morirono 2784. Uriti; e’ nel passaggio per nδ avere l’Uria il sacco, trovandosi senza gente per resisterli soggiacque á 6. rotola d’oro di emenda; pigliandola dalli Tempij; qle poj restituì puntualm.te nel 3600 tre anni dopó. Un’altra guerra fú quella di Pyrrho Re dell’Epiroti un secolo appresso; qd.o destrutta più della metà di Crotone, le Città

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soggette, restarono molto scemate di Gente, fra le quali fú l’Uria. Dopó 38* anni divenne soggetta alla Republica Romana.

21 Li Romani ambiziosi di stendere j di loro Confini, ó per defendere j di loro Collegati avendo vinto Pyrrho, ch’era venuto in soccorso de Tarantini, ed assediato Crotone, sorpreso cδ astuzia, nδ cangiò governo alle Città Greche soggette (: Ruffino che n’era di quell’esercito il Consolo; má scemò di Gente tutto quel tratto all’intorno, e’ spezialm.te nel passaggio, che si faceva da Cotroni á Locri ora da Cartagginesi, ora da Bruzij nemici de Crotoniati, ed ora da Publio Sempronio, ora da Publio Licinio, che comandavano le Truppe Romane restò l’Uria scemata di ricchezza, e’ di opulenza, nδ che di gente, che cδ si fatte guerre perdeva; e’ fatta soggetta á Romani, qsti, nδ solam.te vi mandarono il Correttore per governarla invece dell’Archonte; má l’aggravarono nelli dazij, dovendo á loro spese tenere li presidij delle Rocche. Qsto Correttore nδ stava più á Sindicato come prima, ne tampoco alla Residenza annuale ad ogni Corpo delle Tre città; má risedeva ove li giva á grado. E fú il p.o Correttore Gneo Silvano. Qsta soggezzione de Romani l’avea ristretto nel trafico, e’ nelle Contribuz.ni á molta spesa cδ l’occas.ne del passaggio, che facevano l’eserciti dall’Italia nella Grecia; come successe nella guerra cδ Perseo Re della Macedonia, qd.o richieste da Lucrezio Comandante dell’Armata Navale delle Città Greche della Magna G.a Navi per soccorso da Rhegini n’ebbe Una; da Locresi due, dagli Uriti però quattro, una fú del Publico, e’ l’altre dalli tre ordini á di loro spese; motivo per Cui l’Uria fú di poj riguardata cδ altra stima, e’ per la Polizia, e’ Governo, e’ per la moderaz.ne, nδ avendo maj in tanta opulenza, ed in tante scosse delle Città Vicine, ambito 22 usurpaz.ne alcuna; cosa che li fú di poj ben Considerata, ed ammirata dall’Imperatori e’ forse premiata pp qsto fine. Ma venuti poj gli Goti, gli Vandali, Turcilinghi, Eruli, Longobardi, ed altre Nazioni Settentrionali, l’Italia, che soggiacque á molte dissaventure, e’ la Magna Grecia, che ubbidiva all’Imperio Greco tolerò le sue guerre, e’ desolaz.ni, restando smembrata da Costantinopoli sino all’Imperio di Costantino III; poiche Eraclio suo Antecessore nδ poté dall’intutto discacciare tante straniere Nazioni. L’Uria, che cδ tante dissaventure della Magna Grecia aveva sempre combattuto, e’ poj accomodata alle disgrazie dell’altre Città; qd.o Giovanni Lemigio Esarca d’Italia avendosi ribellato ad Eraclio, e’ cδ manifesti publicati, e’ cδ l’esercito sperava di ottenere la Magna Grecia, l’Uria li spedì il suo esercito contro nδ solam.te per la propria difesa, má per la fedeltà dovuta al suo Sovrano; ed il Senato rispose cδ un dotto manifesto cδtro quello del ribelle Lemigio; servizio tanto accetto ad Eraclio, che ordinò al suo Duce nell’Italia cδ premjj, e’ cδ onori accompagnare qsta fedeltà di Trischene, siccome nel Capitolo della Nobiltà si legge tal Concessione, ó Diploma Imperiale che incomincia: tó sebasmio tó semneo acamatos ei phrontis*, che volea dire in Latino: Augustae Majestatis indeficiens semper Curaδ. Cδ quel che siegue, avendolo tradotto, e’ riserbato per il

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Capitolo della Nobiltà. Essendo stata qsta guerra de Trischenesi contro il ribelle Lemigio di tanta gloria, e’ di tanto Utile per le due fiere franche, che d.° Imperatore Eraclio li Concesse. Conforme dalla guerra, ch’ebbe Crotone cδ li Sibariti, destrutta qsta Republica, e’ toccandoli agli Uriti li prigionieri di Sibari destrutta, li collocarono al di lá del fiume Marnotrinchison nella Rocca per Custodia delli Confini risparmiandosi li soldati, che ivi erano obligati di tenere, cδforme nelle Capitolaz.ni avute cδ la Republica di Crotoni al 9.3.° tenendo soldati tra qsti fiumi di Marnotrinchison, ed Allis, e’ tra Allij e’ Crotalon. E qsti due soli furono l’utili di tante guerre.

23 La Spagna occupata da Mori, Abdalamiro loro Re sorprese la Sicilia, e’ la sua Capitale Palermo, quindi nδ contenti di quest’Isola passarono al di qua, preso Taranto, e’ vinto in mare Teodosio Capitano dell’Imperatore Michele, e’ cδ altra armata sbarcati nel Mar Tirreno, devastando l’Italia tutta rovinarono ancora la Magna Grecia, e’ cδ essa Trischene, obligati á fugirsene nella Rocca Cardias, Castel Minerva, Baglios, ed altri luoghi montani abbandonando le Città; má per le preghiere del Papa Leone IV esaudite da Dio, ed annegati, quej, ch’erano venuti all’assedio di Roma, sbigottiti l’altri ch’erano dispersi per la Puglia, e’ Calabria, si ritirarono, avendo da per tutto lasciati desolam.ti, ó rovine. L’anno 852; e’53 ritiratisi di nuovo l’abitanti trovarono li tre Corpi di Città molto patiti nell’edifizi, e’ nelli Campi, e’ molta gente perduta, nella fuga, che fece per salvarsi; tanto che si fece ricorso in Costantinopoli. dall’Imperatore Michele Terzo, e’ li fú conceduta una franchiggia di tre anni, e’ le fiere, che Trischene faceva, prolungarle per quindici giorni la Volta, acciò dall’utile di qsta si potesse ristorare da tante rovine; E veram.te qsto fú un progetto molto Vantaggioso; poiche Trischene celebrando qste due fiere conceduteli da Eraclio Imperatore, e’ fissatele Una per Maggio in memoria di quel fatto di Eraclio nell’Esaltazione della Santa Croce, qd.o vinse Cyroe Re di Persia; e’ l’altra in memoria dell’Imperat.e Michele, che li concedé qsta prolungaz.ne tanto lunga, e’ nδ più pratticata in altre Città al suo Imperio soggette, fuorche á Costantinopoli nelle fiere Imperiali di S. Sofia, e’ dello Spirito Santo; e’ per essere stata la grazia conceduta in tempo della festa, che si faceva nel Palazzo Imperiale per il Nome 24 dell’Imperat.e allo Mese di Memutirion, cioè di Ottobre, (poiche li Greci cδputano cδ lo stile Vecchio, che viene ad essere dopó la Correz.ne Gregoriana nel nostro 7bre) si fissò la fiera in 7bre; anzi per avere li Saracini devastata la Catredale, qsta ristorata l’imposero il nome di S. Michele, acciò la fiera corrispondesse pure cδ la festa; memoria cδservata ancora nell’erez.ne del Vescovato, qd.o si edificò Taberna Montana. E perche Eraclio avea portato la Croce sú le spalle l’anno 628., e’ si era qsta festa istituita al 7bre, si stimò trasferire la Festa cδ la fiera nel Maggio per nδ occorrere amendue entro un mese; tanto più, che in Mag.o pure occorreva l’Appariz.ne di S. Michele al Monte Gargano á tempo di Galasio Papa nell’anno 493.; E pp la Croce pure si dovea fare nel

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Maggio, occorrendo l’Invenz.ne; e’ la festa dell’esaltaz.ne nδ era stata sola per Cagione d’Eraclio, má traeva l’origine più prima, cioè dalla Croce apparsa all’Imperator Costantino, come dal Menologio de Greci, e’ dall’homilia 51. del Crisostomo. E per tutti qsti riflessi, ó siano stati per il Commodo delle fiere, ó siano stati per la devoz.ne dell’Imperat.e Michele, che cδservava al Arcangelo pp il suo Nome, si fissarono per qsti mesi di Maggio, e’ 7bre, pp le quali Trischene si vide nδ solo riparata dalli danni pp tante guerre patiti; má si vidde fra breve rifiorire nel Commercio, cδ graδ danno di se stessa, per restare cδ qsta caggione di trafico, molto scarsa di genti da guerra, e’ cδ la fama di opulenta, che attirava l’ingordigia de nemici per arricchirsene, da nemici oppressa.

25 L’ultima sconfitta però di Trischene, per la qle nδ più si potè cδservare nelle parti maritime, ove per tanti secoli avea fiorito cδ tanto splendore, fú quella di Ottone Imperatore, che per darne un dettaglio più chiaro, e’ lucido, mi è necessario scorrere li tempi più addietro. Correa l’anno 924*, qd.o Berengario I. Imperatore cδ graδ esercito di Ungari penetrato in Italia la pose á ferro, ed á fuoco; E mentre j suoj Soldati carichi di preda entrarono ne Peligni presso Sulmona, i Marsi vicino á Tagliacozzo parti di Abruzzo prese le armi, li tagliarono á pezzi; ed occupato l’Imperio d’Italia prima Ugo, e’ poj Lotario, il Popolo Romano si ribellò contro il Papa Stefano VIII; e’ stando in qsta scissura l’Imperio di Occidente, più peggiori divennero in quello dell’Oriente, poiche il Popolo di Costantinopoli ribellatosi, prese l’Imperat.e Costantino, e’ rasoli il Capo, in un’Isola lo condannarono; má ripreso l’Impero un’altro Costantino figlio di Leone, domò quel ribelle popolo reggendo l’Impero Orientale. Ottone, ch’aveva domato Boleslao Re di Boemia, e’ vinto in tre graδ fatti d’armi gli Ungari, dal Regno di Germania, che possedea, si trasferì cδ grosso esercito in Italia, dove ricevuto da Papa Giovanni XII, cδ grandi onori, ed incoronato Re di Germania, e’ Pannonia lì trasferì l’Imperio di occidente, ed avuto Berengario II, ed Adalberto suo figliolo in mani, l’uno cδfinò in Costantinopoli, l’altro nell’Austria. In qsto framezzo di tempo Sveropilo Principe della Dalmazia cδ li suoj Schiavoni, fatti Cristiani sin dall’anno 884 á tempo di Papa Adriano III. passarono in Italia, e’ data una graδ rotta á Saracini, stabiliti nel Monte Gargano, li discacciarono. Fatto così insigne avendo ricevuto da tutti j Popoli grandis.mo applauso, emuli della Virtù de Schiavoni, e’ presssati dall’esempio gli Ungari, ricuperarono dalle mani de Saraceni Cosenza, e’ talm.te le di loro Reliquie sterminarono, che nδ contenti delli soli 26 Saraceni, fingendo di nδ conoscerli, e’ distinguerli sterminarono Greci, e’ col pretesto d’esser cδ quelli Confederati; di qsti Greci più Cospicuj, e’ noti, che nδ potevano essere attribuiti per Saraceni se ne fece una lacrimevole stragge, molti cδ la fuga salvandosi di là dal mare.

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Guidava qsto esercito Ungaro Ottone il Giovane figlio dell’Imperatore Ottone, che per decrepitezza l’avea fatto socio nell’Imperio; ed avendo qsto Ottone il Giovane cacciato Niceforo, e’ riposto Giovanni il figliolo nell’Imperio di Oriente, e’ presa la sorella Teofania per moglie, avendola Giovanni XIII Papa nel tempo dello Sponsalizio in Laterano sposata cδ Ottone il Giovane, ed incoronata Imperatrice d’Occidente, per la di Cui solennità fece la Chiesa di Capua Metropolitana; nδ volendo che li Greci d’Italia affezzionati cδ la loro Nazione, potessero farli qualche rivolta in favore dell’Imperatore di Oriente, che per tanti secoli li avea governati, ed era un nemico potente, e’ vicino, deliberò abbatterli di tal maniera, che nδ potessero più esser Capaci di alzare il Capo, framischiandovi cδ loro molte famiglie Latine, conforme cδ molte famiglie Gote aveano quej Re pratticato; anzi gli Longobardi oltre delle famiglie di loro nazione, vi aveano introdotto alcune leggi, e’ costituz.ni Longombardiche framischiate cδ le Greche, acciò col tempo il Governo Greco in quelle parti potesse estinguersi, ó almeno variarsi; má per la potenza dell’ Imperatori Grechi, vicini á qsta parte d’Italia, e’ potenti nδ effettuita, cδservandosi sempre nel Sistema loro Greco, abbenche le famiglie Longobardiche e’ Gote si governassero secondo le loro leggi col Magistrato apparte, ad ogni maniera il Governo Greco qd.o nδ erano fra di loro, bastandoli che vi fosse la parte Greca interessata, li riconosceva sotto la di luj potesta.

27 Ricevuta tal scossa Trischene, radunti li Preti Greci ch’erano rimasti intatti, poiche qsti nδ potevano essere compresi cδ l’unione de Saraceni, come alcuni altri; e’ radunati li Capi restati di loro Nazione, e’ li Capi de Latini, quali pure erano in qualche numero considerabile, riflettendo all’operare così crudele di Ottone, che volea cδ l’occasione di tenere la Sorella dell’Imperat.e orientale risvegliare qualche pretenzione sopra questa Ultima parte d’Italia, e’ perciò averli così abbattuto; come nδ potendo li tre Corpi di Città resi scarsi d’abitatori, e’ reggersi come prima, stando divisi cδ tante guardie di Torri, e’ cδ tanta circonferenza di mura, inabili alla spesa per ristorarsino; si propose delli tre Corpi farne uno ben forte, e’ munito, capace da poter resistere per molto tempo all’assalti nemici, acciò da Costantinopoli in caso di necessità avessero tempo di ricevere il soccorso. Il progetto era necessario, má eseguirlo era difficile, poiche ogni Corpo di Città pretendeva esser quello, che dovea restare per l’edifizi, che ognuno vi possedea, e’ per la vicinanza da Beni; quindi si venne alle Fazzioni intestine, ed alle guerre fra di loro. Pretendeva Palepoli, come più grande di edifizi, e’ di magnificenza nelle Chiese, e’ per essere stata il p.° Corpo delle tre Città, che dovea pendere all’altre due; che nδ aveano qste prerogative; e’ la gente nδ poteva tutta situarsi in una per mancanza di Capacità. A ciò si rispondeva; che nelle necessità nδ si deve 28 cercare prerogativa di antichità; má ciò che bisogna per riparare al necessario; che la grandezza delle Chiese dovea essere á proporz.ne della Gente, bastando nell’altri Corpi

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edificare una Chiesa grande sola, cδsistendo la magnificenza nδ tanto alla grandezza, quanto alla simetria, e’ qsta poteva reggersi più, qd.° era piccola, che grande: cδsistendo alla ricchezza, e’ qsta più spiccava nel piccolo, che nel grande; che per la strettezza delle mura potevano dilatarsi, se maj la gente Crescesse, poiche nella necessità nδ importa, che la gente si restringesse, purche stesse sicura, ch’era il principale motivo, facendosi il computo, che si poteva restringere, e’ Capire senza aggiunta di nuove fabriche, potendosi fare un Borgo vicino alle porte, ed in caso di guerra restringersi la gente entro la Città. Le Rocche dell’altri due Corpi essere più Vicine, che nδ era Cardias á Palepoli; dove nδ vi era fiume capace ad impedire l’accesso de Nemici cδ qualche riparo. Insomma per le tutte le Caggioni Palepoli dover restare esclusa. Era in Palepoli la famiglia Catimera Gota da principio, má poj venuta da Latina col titolo di Correttore, e’ col matrimonio di suo figlio Elpridio, che avea sposato l’erede della famiglia Zonaminothos Greca avea acquistato molti Campi, ed era la più ricca dell’altre Città, che cδponevano Trischenes; qsta sosteneva le raggioni di Palepoli; má li altri cδsiderando, che Erapoli poteva essere la più forte per le Torri, e’ per il fosso, che la Circondava, e’ che poteva riempirsi alle necessità dell’acque del fiume, e’ venuti in contrasti le famiglie Catimere, ch’erano quattro, il cuj Capo era Iulo Uomo intraprendente, valoroso, e’ di graδ

29 seguito per esser ricco fra tanti bisognosi; spezialm.te Latini, che addetti più d’ogn’altro alla coltura de Campi erano stati rovinati affatto cδ tante guerre. Venuti dico in rissa cδ la famiglia Pedaconthos, Catizumena, Longos, Crea, Cumison, Mannilios ed altre Greche pure prepotenti, tutte si armarono alla difesa, se maj Iulo cδ li suoj Latini tentasse intraprendere qualche cosa, per esser l’Uomo capace da sostenere ogn’impegno. Procurarono il Duce prima, e’ poj il Ves.vo sedare qste discordie, intavolando alcuni proggetti per nδ venire fra di loro all’ultimo esterminio; má perche qsti erano Greci, Iulo stava sempre diffidente, e’ perciò lasciando Palepoli si ritirò cδ l’altre famiglie Catimere in Athenopoli, ove vi stavano più quantità di Latini; e’ stava ivi in armi, fortificato. Má di nuovo li Saraceni, ch’erano nella Sicilia, venuti da qua del Mare, ed inondando la Calabria, li Greci di Trischene vedendosi impotenti á resisterli, e’ dubitando, che Iulo nδ avesse intelligenza cδ loro, deliberarono salvarsi per li Monti, abandonando ogni cosa men atta al trasporto. Il Ves.vo Greco cδ Georgio Mannilios Arcip.te si ritirò cδ tutti gli Ecclesiastici del Vescovato, e’ le di loro mogli, e’ figli ne Monti di Pesaca, portando seco le cose sacre più preziose, li migliori col Duce nelli Monti dirimpetto: e’ Iulo cδ suoj Latini posti in salvo le donne cδ li figlioli nel monte Selion circondato dalli fiumi Allis e’ Marnotrinchison, assalendo li Nemici or Vincitore, ora Vinto, cδservò graδ parte de suoj Latini. Penetrata qsta infausta notizia in Costantinopoli, Niceforo Foca Imperat.e spedì subito sej navi di gente, ed altre otto per cδdurre provis.ni, acciò le Genti salvate nelli

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Monti, astretti dalla fame nδ si dessero á Saraceni. Era l’anno 963., ed il 2.° del suo Imperio, qd.o sopragiunto qsto soccorso ad Intipato, ch’era Straticò Protospata nella M.a Graecia andò 30 sostenendo per qnto poté l’impeto delli Mori, nδ tralasciando spedire nell’anno seguente una grande Armata cδ Flagizio Suo Protospata Straticò, e’ Patrizio, nδ tanto per Fugare li Saraceni, qnto per raccogliere li dispersi e’ sollievarli; quindi avendo ritrovato la Magna Grecia desolata, e’ la Gente ne Monti, e’ nelle Selve, penzò radunarli nδ più nelle parti maritime: má nelle stesse Montagne: ed avendosi Julo cδ suoj Latini presentato al duce Protospata, qsto lo situò nel monte Zenocanthos ove vi piantò la Rocca per difesa, dandoli il titolo dell’Imperat.e Niceforo per essere stata la prima Rocca da luj edificata: perche i Latini cδ il loro capo Julo l’avea trovato radunati: quel raduno nδ rattrovò tanto facile nell’altre parti. Qsta Rocca detta Catanzaro fú tutta di Latini, eccetto 32. famiglie Greche fra qlli ancora tramischiati.

Capo III dell’Edificaz.Capo III dell’Edificaz.Capo III dell’Edificaz.Capo III dell’Edificaz.nenenene di Taberna di Taberna di Taberna di Taberna

Montana.Montana.Montana.Montana.

Essendosi Julo cδ gli altri Catimeri ritirati nella Rocca di Niceforo, stimando poco cδvenevole star racchiuso in una Rocca, bramoso di dilatarsi; e’ stabilire un Corpo di Città, dove potesse ritirare ancora molti de Greci, dispersi tanto per diminuire il partito cδtrario, qnto col numero più maggiore poter stare più sicuro per la difesa, richiese al duce Flagizio due cose; l’una, che stando tanti Latini cδ luj, e’ molto più numero ancora ne sperava, dover stabilire il Ves.vo Latino, ed ampliare le Mura oltre il circuito della Rocca per abitare á modo di Città: L’altra, che stando quej di Trischene dispersi, e’ ridotti in poco numero, e’ per tante scosse inabili á potersino raccogliere in forma di Città, come prima,

31 si dovesse oltre del nome dato alla Rocca, chiamarsi la nuova Città Trischene, cδforme era stata nell’Uria, poiche cδ tal nome, e’ cδ le due fiere nδ si dubitava punto di raccogliersi la gente sbandata ne Monti, e’ nelle selve. Il Duce, che nδ volea darli una negativa in tempo, che il Iulo poteva, ne senza una previa informaz.ne dello stato, in Cui si trovava la Gente Greca, prometterli cosa di positivo, ben sapendo, che nelli Monti nδ poteva in tempo d’inverno situarsi tanta gente raminga; rispose al Julo, che di ciò ne dovea dar parte in Costantinopoli; Per il Ves.vo potea luj risolvere, poiche stando Latini quasi tutti, avea ordine dell’Imperatore chiederlo Latino per governo di quella Gente, purche fosse tal Gente Capace di avere il Vescovo proporzionato alle Rendite; ed in fatti il Duce, che desiderava far risplendere li Paesi, che luj edificava, sia per ambizione, sia per la spesa che dovea rappresentare in Costantinopoli per qste Popolaz.ni, risolvé se li mancava in una domanda, compiacere á Julo nell’altra

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richiesta. Scrisse dunq: á Benedetto VI Papa per il Ves.vo; má trovandosi qsto morto, restò sospeso l’affare; benche la Relaz.ne del Duce fosse ben cδservata per il tempo dal Nuovo Pontefice. Frá di tanto penetratosi dal Ves.vo di Trischene, e’ dall’altri Capi Greci tutto lo che Julo avea machinato, nδ tanto per il nuovo Ves.vo, quanto per il titolo, che pretendeva la nuova abitaz.ne di Trischene, tirando funeste cδseguenze per li Greci circa il Governo, facendo Julo cδ suoj Latini prevalere il suo partito in progiudizio di tante famiglie Greche antiche; si pensò al modo per distornare qsta tempesta. Scelsero due Deputati, che furono Taddeo Berardos uno de più Letterati Grechi; e’ Greg.o 32 de Jazzolis, la di cui sorella era moglie del Julo; qsti si portarono dal Duce, e’ li esposero le di loro raggioni, alle quali persuaso, rispose, che radunandosi in Corpo di Città, capace di sostenere più de Latini il titolo, che nδ li potrebbe mancare di ottenerlo, per essere stata sin dall’origine della nazione Greca, ed il titolo era Greco, ed erano li più antichi, che l’aveano inventato, e’ posseduto. Má replicando li Deputati all’impotenza della spesa vi bisognava per l’edifizio delle Case; e’ per la Fabrica delle mura, e’ delle torri; il Duce li promesse ogni assistenza nδ tanto presente, quanto futura, scrivendone all’Imperat.e, per soccorso di danaro, e’ per l’esenz.ne di molti anni d’ogni pagam.to// Distribuì alli dispersi pp mezzo de Deputati che ne riceverono il danaro, molte summe, mandò genti per incidere legna, e’ fare la Calce, scrivendo all’Imperat.re, ed ottenendo una franchiggia di ogni pagam.to per anni 20., la publicaz.ne delle solite due fiere franche per giorni 15. l’una, ed una promessa di prossimo soccorso di altro danaro, che aspettava da Costantipoli. Ritiratisi cδ qsti agiuti presenti, e’ più cδ la speranza de futuri li Deputati, rigalati dal Duce cδ una Veste per ciascheduno di seta, cosa nuova in quej tempi, e’ nδ più veduta, chiamate Casiaca, cδ due altre Vesti per le di loro mogli, chiamate Crocotoni, attirarono qste l’animi di tutti, cδ la supposiz.ne della benevolenza del Duce più che il Iulo nδ si credea, e’ cδ la speranza da Costantinopoli; si partirono più persone per trovare luogo proporzionato per Fondare la Città, se nδ come prima numerosa, e’ splendida, almeno in tante calamità commoda, e’ sicura; ed avendosi dopó molte richieste per il sito di essa fissato l’idea nel Monte detto Paramita, cioè di Consuolo,

33 ivi si portarono li Capi per esaminare ogni circostanza per la sicurtà, e’ per il commodo, ed avendosi trovato il tutto convenevole all’impresa, spedirono al Duce li stessi Deputati, pregandolo per qd.o stava in piacere suo per venire ad osservare il luogo, e’ buttare la prima pietra della fabrica. Venne dunq: Flagizio nel sud.o Monte Paramita, ed avendo trovato il Ves.vo cδ tutti li Capi ecclesiastici, e’ Secolari, che l’attendevano, e’ cδ tutta la moltitudine di quej Greci dispersi, cδvocati á tale fine, pose egli la p.a pietra alla Rocca, dopó caminando per la lunghezza del Monte, qd.o fú verso il mezzo, ove vi era una piccolissima Collina, e’ piacevole altezza, ordinò al Vescovo di mettere la prima pietra per il suo Vescovato, e’ così fú eseguito nδ senza

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graδ devoz.ne per essere la Vigilia di S. Michele; ed arrivando all’estremità del Monte ordinò al Catapano metter la p.a pietra della Torre, volendo, che il Publico se la custodisse. Lasciò alle fabriche tre Soprastanti, Georgio Mannilios Arciprete per il Vescovato, Vopisco Catizunio per le mura d’intorno dal Settentrione all’Occidente, e’ Georgio Phrosines il restante delle Mura. Si designarono due Porte, una che riguardava il Castello per la Montagna, ed un’altra detta di S. Giovanni all’altra estremità per la Marina; da una porta all’altra per la lunghezza della Città passi 884., oltre il Monte, dal Castello, inclusavi la Collina su la Porta Maritima, ove vi era la torre di Guardia, detta di S. Barbara cδ la Parocchiale; nella punta, che riguardava settentrione era la latitudine passi 326., e’ nella punta, che guardava la Marina passi 396., nel mezzo poj dalla parte d’oriente al declino era passi 446. Tutto il Monte sú la Porta Montana era lasciato per la Fabrica della Rocca detta di S. Martino; perche vi era la chiesa di qsto Santo cδ la Parocchia, che si estendeva sino alla Porta Montana. E perche il soprastante di qsta 34 fabrica era rimasto Martino Mariconio, volle chiamarsela col Nome di S. Martino. Sotto il Vescovato dalla parte, che riguardava settentrione si designò la Chiesa di S. Maria Maggiore, e’ se ne diede la cura ad Agapito Rocca, ch’era il Cantore, ed officiava cδ altri due Curati, che guidavano la Parocchia. Più appresso dalla stessa parte di sotto vicino il Colle di S. Barbara era la Chiesa di S. Nicolo designata cδ una piazzetta, lasciata la Cura della fabrica á Conone Niceta suo Paroco, e’ qsta era la prima Parocchia, e’ si estendeva sino á tutto il Borgo lasciato per l’Arti, che richiedevano spazio, e’ faceano strepito. Dalla parte pure di sotto della porta Montana sino alla piazza del Vescovato era la Parocchia di San Silvestro, lasciata la Cura della fabrica á Simeone Michoenta Paroco. Tutta poj la lunghezza della Città dalla parte Australe era Parocchia del Vescovato, la di Cui della fabrica era rimasta al Mannilios; má poj nδ stimando dovere egli solo accudirvi vi pose per Compagni á Egidio Padiconthos Arcidiacono, e’ Gregorio Tesoriero; poiche doveasi fare la Chiesa, l’episcopio, ed il Palazzo Capace per la *** dignità, per li Canonici Sotergrafio, ed Apocrifario, e’ per l’altri sej Canonici Paroci oltre gli altri assistenti, abbracciando di Circuito posti 142. Si designò l’ospizio di San Basilio per li Monaci cδ la Chiesa fra il Vescovato, e’ la porta Montana dalla parte Australe, ed á qsto ospizio attaccato il Monasterio delle Basiliane Vergini cδ la Chiesa, e’ cδ la piazza; e’ fuora la porta Maritima si designò il Borgo cδ l’ospedale di S. Giovanni Crisostomo; tenendone la Cura lo stesso Par.o Conone per la fabrica. Di rimpetto al Vescovato era la Casa del Publico, attaccata all’Ateneo publico, acciò nel mezzo si potesse radunare il Regim.to; e’ li scolari potessero aver vicino ognuno l’Ateneo; tenendone la

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35 Cura della fabrica á Nicolao Modio, che era il Catapano. E nella Collina di S. Barbara le Case del Giustiziario, se nδ voleva stare in Castello, ó sia Rocca di S. Martino, dove per ordinario facea dimora, qd.o nδ vi era personalm.te il Padrone, altrimenti si designarono qste Case per il Catapano, qd.o voleva radunare il Regimento, essendo del Publico, e’ la Cura della fabrica á luj stesso da Flagizio designata. Designarono due piazze, una, che si stendeva per tutta la lunghezza della Città, larga avanti le Chiese, e’ più larga avanti il Vescovato, e’ la Casa del Publico cδ l’Ateneo; l’altra era avanti la Casa del Giustiziario. Vi designarono in qsta lunghezza da una porta all’altra 68. Palazzi; e’ 34. altri dispersi pp la Città; Come ancora 4. Conserve d’acqua per il Publico; e’ molte altre per le Chiese, e’ Palazzi. Qsto fú l’anno 968; tanto che per la fine del secolo si ritrovarono in Città oltre le Chiese, e’ Case descritte; altre Case minori 1232., abitanti 5288. oltre 53. d’ordine ecclesiastico, Monaci Basiliani 6., e’ Basiliane 28.; come apparve dalla Numeraz.ne fatta dall’ Apocrifario Giovanni Filanzio nel 1000, che fú la p.a.

Capo IV. Del modo di Governarsi, della visita del Duce.Capo IV. Del modo di Governarsi, della visita del Duce.Capo IV. Del modo di Governarsi, della visita del Duce.Capo IV. Del modo di Governarsi, della visita del Duce.

Avendo determinato Costantino I.V. Pagonato Imperatore in Costantinopoli mandare Ministro nella Magna Grecia per visitare ciò ch’era stato fatto da che Flagizio partì, esaminando la spesa, se corrispondeva all’incarico dell’opere; e’ per dar norma al Governo Civile, ed economico; stante che per le Città nδ avea lasciato Ministro proprio; má lo stesso Senato, de migliori Cittadini composto sino alla terminaz.ne delle fabriche, ed alla raccolta delle Genti disperse; bisognando perciò alla fine del Secolo esaminare il tutto, acciò nell’ingresso del nuovo si potesse ogni Cosa disponersi secondo l’antico Uso, cδ qualche spediente nuovo, giacche le Città aveano cangiato quel Sistema primiero di Governo pp tante infelici dissaventure. 36 Spedì dunq: da Costantinopoli l’anno antecedente al Millesimo Gregorio Tratamura per suo Duce, e’ Protospata á qsto fine, e’ giunto in Crotone spedì l’editto alli Curati di dar la nota esatta delle Genti siano secolari, siano ecclesiastici, i Religiosi, spedì parim.te l’ordine alle Città per la Visita Imperiale, dovendo tutti gli Soprastanti lasciati da Flagizio tenere lesti li Conti delle Spese, e’ del danaro ricevutosi da Costantinopoli; come ancora ogni Città li suoj Privileggi, e’ le famiglie più cospicue le sue prerogative. Questo ordine supremo diede á tutti del timore, nδ sapendo se tal numeraz.ne potesse servire per qualche Capitaz.ne in rinfranto delle spese, e’ come avrebbe ricevuto l’affare de Soprastanti; avendosi cδ luj portato tre Criti, ó siano Giudici, come ancora tre Duci, ó Capitani per l’esame delle Rocche, dove la spesa appariva in Costantinopoli eccessiva.

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Era di già il giorno ultimo di Gennaro dell’anno 1004, qd.o comparve la prima guardia del Protospata, e’ successivam.te luj appresso cδ grandis.mo seguito di Soldati, ministri, e’ Genti di suo servizio, sotto gravi pene á chiunq: de suoj ardisse prender qualche rigalo, andare in Case de Cittadini d’ogni condizione volendo, che si pagasse il tutto sino alle minime Cose, essendo stato così l’ordine dell’Imperatore. La Città avendolo incontrato alquanto fuora le Porte cδ tutti li Ministri del Publico, ed il Ves.vo cδ il Clero alla porta del Borgo, lo condussero in Processione sotto il Baldacchino portato dalli Senatori nella Catredale, e’ da quella scese nel suo Alloggio, avendosi accomodato il Palazzo di Giuda de Jazzolis, cδ l’Ateneo, e’ la Casa del Publico, che tutte fra di loro comunicavano per dar luogo á tante genti. Era egli piccolo di statura, naso curvo, occhi piccoli, nero di Volto, e’ di barba lunga e’ nera, vestito di seta porporina cδ li Mullej alli piedi Patriziali, e’ con una gran barretta rossa in Capo, assiso nella sedia sotto il Baldacchino diede ad uno ad uno il permesso di accostarseli con bagiarli la mano tutti tanto ecclesiastici, quanto secolari, dando solam.te la sedia al Vescovo. Il giorno seguente ammise al 2.° ordine per bagiarli il lembo della Veste, e’ la lunga manica, che portava senza comparirli la mano. ed al 3.° ordine diede invece

37 di bagiarli le Vesti una buona quantità di danaro, affacciandosi dalla fenestra, e’ due suoj Camerieri, che buttavano li danari; cosa insolita nell’altre Città, dove luj avea fatto la Visita, motivo per cui tutti parlavano, e’ nδ potevano penetrare il motivo. Alli 2. di Febraro fú invitato dal Cantore per degnarsi intervenire in S. Maria Maggiore per la Festa della Purificazione; e’ venne cδ pochissimo seguito, e’ tutto affabile per la strada col Clero, e’ col Publico che l’accompagnava. Il Cantore, che dovea officiare, per la presenza del Protospata nδ officiò, celebrando il Vescovo, ed il sud.o Cantore dandoli l’Incenzo due Volte nella prima affacciata della Tribuna, dove era stato col Baldacchino situato. Terminata la messa, dalla Cattedra lesse il Ves.vo á tutti il diploma dell’Imperatore, cδ la potestà, che dava il suo Ministro tanta ampia, che riconosceva ognuno, eziandio l’ecclesiastici, eccetto solam.te li Vescovi; á quali ammoniva, invece di ordinare. La mattina del giorno seguente andò cδ li Capitani á visitare la Rocca, ed ancora cδ due esperti di fabrica ad estimare la spesa, ed apprezzata ritrovò, che la spesa era minore á proporzione della fabrica, e’ che qsta era fatta appunto, come si era determinato cδ il Duce Flagizio, ciò che nδ era succeduto in altre Città; tanto che ne restò di qsto molto meravigliato: fra di tanto nδ si trascurava di visitare cδ l’occhio e’ la struttura delle fabriche, e’ la simetria, e’ la Commodità della Gente per abitarvi; Visitò ogni cosa per quella strada, e’ trovandola ben regolata, nδ poté mancare á nδ darne lodi al Soprastante. Il giorno delli 15. Febraro volle visitare il Vescovato, e’ lo trovò parim.te Capace per l’abitaz.ni, ben disposto per il decoro del Ves.vo e’ per Commodità delle Dignità, e’ Canonici; Volle sapere le rendite del Ves.vo e’ di tutti li suoj Ministri, e’ spezialm.te della Chiesa, volendone vedere la sua Suppellettile, ed ogni altro attinente; ed

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apprezzato il tutto dalli esperti, trovò ancora la Spesa molto minore di quello che dovea essere 2° l’apprezzo. 38 Così visitate le fabriche publiche, e’ spezialm.te misurate l’altezza, e’ la grossezza delle Mura, ed avendo ritrovato puntualmente il tutto eseguito dopó la partenza del Duce Flagizio cδ la spesa sempre minore, ne domandò all’Arcip.te, e’ li fú Risposto, che l’utile delle fiere l’aveano cδvertito pure nel Uso del Publico, e’ parim.te le rendite proprie, avendosi contentato di tenere per libero edificij proprij la mediocrità, e’ per il Publico la Comodità, e’ magnificenza. Alli 19. di Febraro richiese lo stato del Governo circa li Ministri, e’ li fú portato assieme cδ le Capitolaz.ni giurate fra loro per l’osservanza; ed era attualm.te questo; cioè invece del Duce, per qsto tempo della fabrica era rimasta qsta dignità nel Senato, come sopra si disse. Vi erano nδdimeno, come si pratticava col Duce, ó sia Correttore nel tempo de Romani Cinque Giudici, tre Greci, e’ due Latini, e’ qsti si servivano del Codice Teodosiano, e’ di quello di Giustiniano publicato l’anno 649., delle Pandette, e’ del digesto 5. anni appresso, e’ delle Novelle Costituz.ni; ó siano Authentiche, e’ di alcune altre Costituz.ni proprie, e’ Municipali pp le Cause de Campi, e’ dell’Animali; cδ tre Apocrifarij due Greci, ed uno Latino, e’ cδ altretanti Sotergrafij. Vi era il Catapano Maggiore eletto dá tutti li Nobili, che cδponevano il p.° ordine; essendo la Gente tutta divisa in tre ordini, come si dirà appresso, e’ qsto soprastava á tutti. Vi erano altri tre Catapani Minori, e’ qsti si eliggevano dall’altri due ordini; due erano Greci, e’ si eligevano da Greci, ed uno Latino, e’ si eliggeva da Latini; qsto soprastava sopra li sudditi Latini; ed uno Greco soprastava alle misure, pesi, ed assise; l’altro eseguiva il Comando del Catapano Maggiore, facendo scambievolm.te un mese per Uno. Si era introdotto quest’uso de Latini, e’ Greci per una certa Politica inventata dal Senato, ed era questa.

39 Avendosi considerato, che per abbattere la potenza de Catimeri in Catanzaro, altro spediente nδ era, che scemarli gente Latina; ed acciò il Ves.vo nδ uscisse ivi Latino cδforme si pretese, si era chiamata Taberna latinam.te, nδ più Trischenes, cδ tutto che le famiglie più numerose erano Greche. E perche molti Latini aveano li Campi al di quá del fiume Allis, se restavano stabiliti in Catanz.ro, Taberna veniva molto á patire, si penzò nδ solam.te darli il titolo Latino, má di vantaggio fare il Magistrato pure Latino: Ed in fatti cδ qsto spediente si erano ritirate molte famiglie nδ tanto del 3.°, e’ 2.° ordine, quanto del primo; che se bene il titolo della città appariva in Latino, ad ogni maniera l’essenza restava la stessa, quale era stata nella fondaz.ne Greca. E perciò al Catapano Latino per connivenza appostata del Catapano Maggiore si lasciava far tutto intorno al suo Ministero, per togliere qualche gara, che impediva al fine principale, che si era raccogliere per Taberna, e’ scemare per Catanzaro. Vi era parim.ti il Soterargirio, che cδservava il Peculio publico oltre del Catapano, per cδservare il nome, ed il Tribunale, acciò col tempo nδ si perdesse la memoria, essendosi

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di già qsto introdotto, qd.o furono publicate le fiere dal Duce Nessarco; Anzi li stessi 9. Consoli dell’Arti, allora pure introdotti, per miglior Governo della Città, e’ per esaminarsino bene la manifatture che venivano nelle fiere per nδ succedere qualche *** e’ restassero diffamate le fiere, che recavano tanto Utile. Vi erano tre Ispettori per le publiche fabriche, per l’acqua, e’ per le strade; come ancora due Guardiani per le due porte cδ 6. soldati per ciascheduna Porta; ed il Guardiano della Torre di S. 40 Barbara; poiche il Custode della Rocca divenne qd.o fú terminata l’anno 981. di elezzione Imperiale, che nδ più apparteneva alla Città, tenendovi 44. soldati di Presidio. Vi erano per proteggere le Cause delle Vedove, delli pupilli, e’ delli poveri, come ancora per invigilare una sera per Uno caminando la Città tre Dimagogi, due Greci per essere di num.o maggiore, ed uno Latino. E per ultimo vi erano due Sotergrafij, che cδservavano le Scritture del Publico, uno Greco, ed uno Latino; oltre quello del Ves.vo che soleva essere un Canonico Greco; abbenche il sud.o Ves.vo facesse l’Atti Grechi, e’ Latini, conforme era l’occasione delli sudditi di Taberna. Ritrovato il Protospata qsto modo di Governo molto cδmendabile, e’ quelli del p.° ordine, tanto esatti nel adempire le di loro Cariche, e’ così puntuali nella Spesa del danaro Imperiale per le fabriche della Città, furono molto cδsiderati; e’ per darli qualche premio in ricompenza del servizio tanto puntuale all’Imperat.e, ed al Publico; conoscendo, che se maj riusciva qualche disordine, era per difetto del 2.°, e’ 3.° ordine, che nδ amministrava le sue Cariche come si cδveniva, penzò cangiare sistema di Governo, volendo premiare li Buoni, e’ gastigare i Cattivi. Esaminate le Costituz.ni, che si fecero qd.o Nessarco eseguì li Comandi Imperiali, col tempo doversino riformare, 2.° l’occasioni, e’ le Genti, che governano, cδsigliato il tutto cδ li Suoj Giudici, e’ Consiglieri, cangiò in Campo le sue Costituz.ni; che furono in succinto qste:

41 Che li tre ordini composti di Nobile, Civile, e’ Popolare nell’elezzione de Magistrati nδ potessero più convocarsi, restando solam.te al Corpo Nobile qsta facoltà, ne solam.te á tutto qsto Corpo; má alla 1.a e’ 2.a classe del med.mo Corpo il passivo, ed á tutto il Corpo Nobile l’attivo senza il passivo; Che l’officij maggiori di Catapano, Soterargirio, Prefetture dell’arti dovessero essere della p.a, e’ 2.a Classe; quej di Sotergrafi, Apocrifarij, dimagogi, Custodi della torre, Giudici, dovessero essere di tutte le tre Classi. Li Catapani minori, l’Ispettori, li Guardiani delle Porte potessero essere delli Civili, eletti però della Classe Nobili, conforme più á lungo nel capo della nobiltà si darà la notizia di qste tre classi di Nobili. E vedendosi il 3.° ordine escluso; mal soffrendo il Popolo, qsta risoluz.ne del Protospata, all’affacciarsi dalla fenestra, incominciò ad esclamare nella piazza del Vescovato, e’ dimandato di quel bisbiglio, li risposero; che il Popolo volea pure parte del Governo, conforme l’avea avuto sin dal tempo dell’Imperatore Eraclio. Il Protospata rispose, che al Popolo cδveniva ärtos oic epitagma pane non comando: E

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quelli più insistendo, fece cenno cδ la mano, e’ cδ il Capo di esaudirli; e’ subito diede l’ordine per l’informaz.ne della di loro Condotta, quale nδ era troppo franca di pena: poiche si provava, pagarsino molti per li Voti; usare mille condiscendenze, e’ nδ poche estorsioni; tanto che conoscendosi rej, e’ dubitando delle pene, che li soprastavano, e’ cδsiderando, che loro concedendo á taluni, negando ad altri stavano sottoposti á mille accidenti, perche l’esclusi nell’occasioni, memori delle negative, ne prendevano la Vendetta, essendo più potenti per gastigarli nelle Congiunture, deliberarono inviare l’Arcip.te, ch’era il più confidente del Protospata, come di graδ bontà di Vita, e’ letteratura, e’ Zelo per li poveri in ogni loro necessità, chiamandolo per soprannome Paterpenon cioè Pater pauperuδ; che se piaceva 42 alla Sua Magnifica Onoranza; (qsto era il titolo, che si dava al Protospata) lasciarli in qualche positura, erano tutti ben contenti; má se poj li pareva dover loro essere privati di ogni azzione, erano contentis.mi: come pronti alli suoj Magnifici Comandi. Appagatosi di qsta sommessa ubidienza, replicò all’Arcip.te: che l’avrebbe qsto 3.° ordine popolare stabilito in una positura da poter vivere Commodo, senza che si ingerisse in cose, che amministrate dalli Maggiori, sarebbero senza dubio per ogni Verso riuscite per loro più ottime, e’ per il Publico assaj più utili; e’ per la Città più splendide, cδsiderando, che al rimettere ogni cosa alli Grandi, dovean raccogliersi molte famiglie Commode in Città, e’ stabilirne in Speranza di Nobili cδ la esatta Condotta, che facevano negl’officij, per ricevere poj il premio cδ qualche onore per la di loro procedura: E cδ qsta famiglia più numerosa vivere il Popolo cδ più azzioni di servizio, e’ ricever più lucro. La difficoltà più maggiore era lo stabilire l’ordine Civile, poiche in tempo di Eraclio la Città nelle parti Maritime era numerosa di Persone addette alla Marcatura, cδ l’occas.ne del Mare, e’ delle navi, che tenevano traficando al di la del mare sino all’Egitto, e’ talvolta sino all’Arabia, nδ che per l’Isole dell’Arcipelago, e’ per qlle Province cioè più Vicine di Grecia; e’ qste Persone, come più opulenti, ed Utili allo Stato componevano l’ordine Civile: al presente ridotta la Città nelle parti Montane, e’ senza trafico pp il Mare; si riduceva á quattro soli mercatanti di panni; tanto che qsto 2.° ordine, bisognava ó togliersi dall’intutto, ó pure accrescerlo cδ altre famiglie equivalenti. Imbarazzato il Protospata per il modo, che dovea tenere, chiamò l’Arcip.te, come più capace d’ogn’altro, e’ per la bontà della nota indifferente, e’ per la Carica più Prattica; li Comunicò il pensiero: e’ qsto prese tre giorni di

43 tempo per deliberare, cercando ancora il permesso di comunarlo* á qualche persona Capace per tal dissimpegno: e’ li fú il tutto conceduto. Venuto il tempo determinato della risposta, l’Arcip.te portò in scritto la sua risoluz.ne, qle, dopó una matura cδsideraz.ne delli più Scienziati, era qsta. Cioè; che li Mercanti che traficano il danaro, e’ cδprano mercatanzie per venderle ad altri, perche rendono ricco, e’ cδmodo il Publico, possono essere Civili, qualora qsti per un secolo nδ abbiano

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nelle famiglie loro, e’ per via di femine, ó per via di Mascoli arte più alcuna, poiche fare qsta Mercatura era comune anco á Nobili, che se bene Baldo in L. Nobiliares C.da cδmercijs, et mercatorib.s, vuole, che li nobili intrinsecandosi á qsti cδtratti, dovessero perdere la Nobiltà, ciò si deve intendere per Coloro, che sono Mercatanti di bottega, ó tengono le Case á somiglianza di botteghe cδ cose utili, ó che cδprano, e’ vendono queste cose, tutto, e’ per tutto impiegati al guadagno, nδ che qli che cδprano, e’ fanno ad altri far fare lo spaccio; essendo qsti necessarij ad ogni Stato, nδ che Città Principale; come si prattica in Genova, Firenze, Pisa, Milano, trovandosi qsti molto lodati da Tito Livio, che diedero tanto soccorso alla Republica Romana, qd.o in Spagna li Scipioni pativano tanta carestia di grano, cδ graδ pericolo dell’Esercito; lodati ancora da Tullio nell’Orazione pro Plancio, e’ nel p.° degl’Officij, dicendo che la mercatura di poco è vile, má di molto è da lodarsi; tanto che ricevutasi qsta risposta, si penzò ad escludere li mercatanti dall’ordine Civile, poiche li grani, e’ gl’agli cδ l’altre Cose nδ si cδpravano, má erano prodotti dalli Campi de Nobili; e’ la Città ne faceva la Compra pp uso publico, e’ nδ giovando qsti Mercatanti, se nδ per proprio profitto, nδ doversino reputare pp Civili; 44 ed essendo Uomini per ord.° di poca estraz.ne, per avanzarsino potevano introdurre mille* abusi perniziosi alla gente bisognosa; quindi nδ doversino stabilire in ord.e Civile, se nδ avessero anni Cento di pruova tanto per femine, qnto per mascoli, esenti da ogni arte per qsto tempo; e’ che dovessero avere docati 60 di annua rendita stabile, e’ docati 600 da somministrarsino al Publico in ogni occorrenza per tre anni senza riceverne frutto: potendoli far stare altri tre anni per uso loro proprio, che se maj avendo li Cento anni di pruova li mancasse il danaro, tenendo una dignità Militare, ó graduata, ó tre officij publici equivalevano qsti á qlla summa. E qsto fú risoluto per l’ordine Civile. Restava il terzo ord.e popolare, e’ qsto era composto di tutti l’altri, che stavano sottoposti alle 9. Prefetture, chiamandosi nell’occasioni una per una la Prefettura cδ li suoj sudditi; abbenche qsti maj avessero comando, ó nell’elez.ne parte alcuna, se nδ che in qlle occasioni, che li Prefetti volevano, che v’intervenissero, nδ potendo per loro stessi disponere in Cosa alcuna. Si chiamava qsta Prefettura nell’occasione della Cappella, come si dirà, qd.o si parlerà della med.ma. Sin da qd.o fú edificata l’Uria, si costumò per regolare l’Artisti, e’ l’altri Campagnoli in ogni genere di Arte stabilirsi un Prefetto, ó sia Console, che sovrastasse á tutti gl’inferiori di quell’arte sua, e’ l’eligevano loro stessi, radunandosi un giorno dell’anno assegnato: quej che nδ passavano il num.o di 12. in qualche arte specifica nδ erano obligati ad avere un Prefetto particolare, e’ proprio, má stavano sottoposti á quel Prefetto che sembrava più

45 proporzionato á quell’arte. Má á tempo di Eraclio stabilitosi altro modo di Governo, si penzò rimediare all’abuso di tanti Prefetti nδ usandosi rigore cδ quej della stessa

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arte, per timore, che dopó l’anno toccandoli ad altro simile á se qsto officio, si potesse vendicare; tanto che si procurò cδ eliggerne soli 9. Prefetti, v’includessero tutti l’Artisti, e’ tutti quej della Campagna. Má per essere pure tra di loro, nδ andavano le cose troppo á dovere, spezialm.te nelle due fiere, usandosi nell’apprezzo delle robbe qualche riguardo alla parentela, al rigalo, ed ad altre occasioni meno lecite, si venne á qualche lagnanza; ed il Duce volendo nella sua Visita Imperiale cδ la Suprema sua Autorità darvi qualche taglio alli abusi, stabilì di qsta maniera. Che il nome dell’arte, di Cui il Prefetto ne portasse il titolo, fosse preferito nella Cappella, dovendosi nelli maritaggi essere li primi; e’ l’altri ponersi nella Sorte della bussola; sedere il più vecchio di quell’arte, cioè il più antico patentato sopra tutti, e’ ricevere distam.te egli solo l’incenzo in tempo delle solennità festive di detta Cappella. che li Prefetti fossero 9; eligendi ogn’anno dalla Classe de Nobili, e’ che la p.a e’ 2.a Classe avesse il passivo in qste Prefetture, e’ la 3.a Classe solam.te l’attivo. Tali 9. Prefetture erano col titolo di Agricoltori, Pastori, Fabricatori, Ferrari, Sartori, Calzolaj, Pittori, Pellicciari, Carpentieri. E perche li Massari, ch’erano li più ricchi, e’ si stimavano di avere il titolo sopra gli Agricoltori, alla Cui Prefettura stavano inclusi, 46 vennero á lamenti, e’ presentando cδ le di loro raggioni una lunga supplica al Protospata, qsto nell’Assemblea Senatoria;(poiche ogni settimana pp un giorno si doveano tutti ecclesiastici, e’ secolari, li più vecchi, e’ dotti, radunarsi presso di luj, e’ qsto radunam.to, ove si proponevano cose utili, ed economiche, si chiamava Assemblea Senatoria) proposta qsta supplica delli Massari contro gli Agricoltori circa la prerogativa del titolo, fú cδchiuso, defendersino cδ le raggioni tali prerogative; fù dunq: data tal Causa ad Urbano de Risu, Maestro di legge, venuto dá Atene l’anno avanti, e’ per essere Latino la maggior parte delli Agricoltori, fú data tal difesa á Luj, come Latino, Nobile, e’ giovane desideroso di farsi conoscere li suoj talenti. Si appuntò per li 24. febraro, e’ si venne avanti al Protospata cδ li suoj Giudici alla difesa delli Agricoltori, e’ incominciò la sua Diceria.

Orazione di Messer Urbano de Risu á favore Orazione di Messer Urbano de Risu á favore Orazione di Messer Urbano de Risu á favore Orazione di Messer Urbano de Risu á favore

degli Agricodegli Agricodegli Agricodegli Agricoltori.ltori.ltori.ltori.

Se dall’antichità, ó dall’Utile, ó dal diletto, ó dalle Persone, che esercitano l’arte; qsta riceve maggior splendore, e’ come tale dovrebbe all’altre soprastare nel titolo, come il Principe sopra j suoj sudditi, come il Genere sopra la Specie, Io nδ comprendo, come innanzi la Vostra Magnifica Onoranza avessero li Massari avuto ardire, togliere all’Agricoltori, quel titolo, che saggiam.te si ava imposto, come se la Massaria, nδ fosse parto dell’Agricoltura; che come madre, li si cδviene la maggioranza. Io, che frà tanti, hó avuto, benche scarso di dottrina, e’ di anni, l’onore di difensare avanti la Vostra

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Magnifica presenza le raggioni, che alli Agricoltori, assistono, mi fó brevem.te animo d’apportar le difese cδ la gloria di quest’arte, senza voler progiudicare á qlle

47 che di pari cδtendono nell’Utile, nδ stimando spediente per inalzare un’edifizio, abbatterne un’altro. Mi contengo solam.te nel limite della propria difesa, ed incomincio: Trovarsi arte, che sia più antica dell’Agricoltura, e’ che prima di lej possa vantarsi l’origine, ó che dalla stessa bocca divina fosse Comandata, come nella Genesi abbiamo, niuno vantò maj di trovarla; e’ chiaram.te si vede, che la p.a operaz.ne, che fece l’Uomo fú di coltivare la terra; tanto che qsta sola basta per dimostrare l’Agricoltura essere la p.a Arte del Mondo, nδ tanto per l’origine, quanto per l’utile, ed il diletto; cδforme Cicerone nel libro degli Officij cδ la sua eloquenza in poche parole s’esprime: omniuδ anteδ reruδ, ex quib.s aliquid exquirit.r, nihil est agricultura melices, nihil ubexius, nihil dulcius, nihil hoc libero dignius, ed in tanti altri luoghi: nel lib.o de Senectute; nell’orazione pro Roscio; tanto che Cajo Fabrizio, Cajo Mario, Curio Dentato, Porcio Catone, Serrano, ed altri lasciando j magistrati si diedero alla Vita d’Agricoltori. A qsta si ritrasse deposto l’imperio Diocleziano, ed abbandonato il Regno Attalo; ne Ciro quel graδ Re della Persia si sdegnò lavorar di sua mano l’orto, e’ mostrarlo agli Amici; Tanto che da qsti vennero quelli Cognomi delle tante Nobilis.me famiglie, che in Roma maestevolm.te risplenderono li Fabij, gli Lentuli, gli Ciceroni, j Pisani, j Giunij, i Statilij, i Porzi, i Vitellij, gli Annij tutti de primi Agricoli trassero la loro origine. Dagli Agricoltori si traevano j soldati più Valorosi per esser più fermi, più robusti, e’ più forti. E da qui ad Esculapio Dio della Medicina j Greci, ed i Romani fuor delle Città, edificavano j Templi, perche credevano, che nelli Campi guarirli dovea, nδ però nelle Città, dove la vita molle, e’ laboriosa di mente, ed agitata dalle mille Cure, nδ era convenevole, che il Dio della medicina si degnasse accostarsi. Quindi il Filosofo nelli suoj libri Economici la chiamò Professione principalis.ma secondo la Natura; ed Tremellio Scrofa diedi á prati il primato, volendo, che tal nome di prato, venisse da parato al utile, ed al diletto. Qui operatur terraδ suaδ replebit.r panibus dice il Savio ne Proverbij. 48 Má che serve andar mendicando da altri scrittori, ó sacri, ó profani, prerogative per l’Agricoltori, qd.o lo stesso figlio di Dio altro titolo nδ dà á suo Padre, che di Agricoltore, come nell’Evangelio ego sum vitis vera, et Pater meus Agricola est. Quindi á qsto nome di Agricoltore in caso dubbioso la presunzione è dalla sua parte, come si há nella L. utili C.da de defensor Civitatuδ. E dando l’Agricoltore á persone proibite la sua robba nδ perde il prezzo, come si há nel C. alla L. Unica; ne li suoj istrumenti per farsi esecuz.ne*, ó pegno si possono prendere, come nell’Autentica alla L. executores, Legge ancora usata fra gli Indiani innanzi alla guerra di Troja, che nel tempo delle guerre nissuno de soldati poteva nuocere all’ Agricoltori, e’ turbare la Campagna: Costume pratticato ancora da Nabuzardam, Duce del Re Nabucco, come

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si legge nel Capo ultimo di Geremia, ove gli Agricoltori furono esenti da ogni benche leggiero danno, in tempo, che preso, ed acciecato Sedecia Re di Giudea, spogliata la Città, depredato il Tempio, si fece da pertutto orribile stragge. E veram.te Filone ebreo; e’ Senofonte nδ dubitarono chiamarla Arte dell’Arti, nutrice di tutte le Genti; e’ Varrone nel p.o libro de Re rustica nδ solam.te la chiamò Arte, má scienza per il metodo da tenersi nel piantare, coltivare, insitare, e’ raccogliere, nδ che conoscere le Staggioni, osservar li Climi, considerare l’influenze; e’ mille altre Cose á tante scienze necessarie, e’ dalle med.me dependenti mercè dell’Agricoltura, come si trovano scritte da Nerone, Attalo, ed Archelao Re, e’ da Scipione, qd.o si ritirò da Agricoltore in Lintorno. Chí maj, dunq:, á tante prerogative dell’Agricoltura e’ per via di origine, e’ per via di Utile, e’ per via di Soggetti, e’ per via di nome, ardirà negarli il titolo dovuto alle sue preminenze; qd.o le stesse Leggi di tante esenzioni l’adornano; e’ la vostra Magnifica Onoranza, á cuj la Providenza Divina há dato tanto lume per sapere ben discernere di quest’arte l’intorna gloria, saprà, nello stesso tempo e’ con l’equilibrio

49 della giustizia, e’ cδ la sua Suprema Autorità, defenderla da ogni attentato pregiudicoso á tanti suoj gloriosi fasti, che dalla mia rustica dicitura, nδ si hanno saputo disvelare. Terminata la diceria, ed applaudita dalli Giudici del Protospata, si decretò á favore degli Agricoltori; essendo la Massaria una arte particolare, che si riduceva all’Agricoltura, che n’era il genere. Che però li nomi dell’Arti restarono li stessi senza cδtrasto, ó lagnanza alcuna. Sotto li Agricoltori vi erano tutte l’arti addette alla Coltura, e’ li Cerajoli, e’ gli Trappetari. Sotto li Fabricatori vi erano li Pignatari, fornaciari, stucchiatori, Tegolari. Sotto li Ferrari vi erano li Barbieri, arrotatori, Calderaij, Campanari, orologiari, Stagnarini. Sotto li calzolaj vi erano j Sellari, Valiggiari, Stivalari, Zoccolari. Sotto j Sartori vi erano j Berettari, Cappellari, Bottonieri, Calzettari, Mercanti, mercieri, tapezzieri, matarazzari, Tessitori, Ricamatori, franciari. Sotto li Pittori vi erano j scultori, gl’Indoratori, i Librari, j mascherari, li Miniatori, li occhialari, orefici, Copisti, Sigillarij: Sotto li Pellicciari vi erano j Conciatori, Guantari, Manticciari, Saponari, Tamburieri, Marturinari. Sotto li Carpentieri vi erano ancora j serratori, Coronieri, Intagliatori, Pettinari, Scarpellini, Tornieri, Ceterari, frischettari, Cestari, fiscolari, Cannistrari. E sotto li Pastori vi erano li Vetturini, Castratori, j Corrieri, li Cordari, li Crivari, j Bastasi, j Scutellari. Tutte qste arti furono ridotte á queste 9. Prefetture; le di Cui costituz.ni si diranno poj in appresso. Tanto che la Cosa da principio apparì superflua; má col tempo si vidde tantonecessaria, ed utile, che le fiere aveano per la perfez.ne di queste arti il concorso sopra tutte l’altre Città Vicine, e’ lontane. 50 Stabilite tutte qste Cose cδ gravi pene á Trasgressori, si partì cδ la stessa Comitiva di prima, accompagnato da tutta la Classe de Nobili, e’ del Popolo sino al fiume Allis,

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dove lo stavano attendendo quej di Catanzaro per la Visita; che fú alli 19. di Marzo. essendo stato rigalato á nome della Città di una Conca d’argento, quale nδ volle ricevere, e’ si donò al Vescovo per qd.o si faceva la Cena. Buttò pure danari al Popolo, e’ si portò cδ luj l’Arciprete, rigalato cδ un’ anello.

Capo 5. Delli Villaggi di Taberna, e’ p.° S. PietCapo 5. Delli Villaggi di Taberna, e’ p.° S. PietCapo 5. Delli Villaggi di Taberna, e’ p.° S. PietCapo 5. Delli Villaggi di Taberna, e’ p.° S. Pietrorororo

Tab.a l’anno 1064. essendo terminata di Fabriche, abbellita di edifizi. fortificata cδ il Castello dove era la Rocca, e’ fatta la Torre Rocca cδ accrescim.to di Fabriche nel Borgo cδ il Monte di pietoso sussidio, si penzò allo stabilim.to di qualche Villaggio: poiche 9. anni addietro, essendo nell’elez.ne de Dimagogi venuta la Nobiltà cδ il Popolo in qualche Contesa si venne all’armi. Volendo il Popolo, cercarsi j Dimagogi, dicendo, che le Cause de poveri, dovevano proteggersi da loro stessi, si venne alla violenza. La plebbe trucidò Georgio Pulipos eletto dimagoga da Nobili, e’ qsti tagliarono á pezzi due della plebbe, oltre li feriti; che á ciò infuriata, voleva á Congiunti dell’uccisore nδ perdonare né á sesso, ne ad età; tanto che furono costretti li Nobili ritirarsino parte nella Rocca, e’ parte nella Torre di S. Barbara. Agatocle Talaminos, ch’era l’Agagos cioè Comandante della Rocca, nδ solam.te dié ricetto alli Nobili, má sotto pretesto di sedare il tumulto, cercava catturarne li Capi; quindi il Popolo irritato, chiamò in agiuto á Tuscanio Lusignanna Uomo molto potente al di la di Crotone, e’ qsto venuto in soccorso del Popolo, s’impadronì della Città, stando le cose di tutto il Regno in cδtinua agitaz.ne per tante Nazioni, che lo dominavano nell’anno 1055.; e’ stimando opportuno per

51 conservarsi nel dominio, far parentela cδ qualche Nobile più potente, acciò potesse sostenersi, usò Eldo suo figlio cδ Ilnaide figlia di Caspare Mannilios, ch’era il più potente. Má le altre famiglie nobili mal soffrendo qsta sopranità chiamarono li Normanni, venuti in Calabria cδ Roberto loro Duce, qlli avendo fugato Eldo, e’ suoj aderenti, concede Taberna á Bajolardo figlio di Goffredo, ó Unfrido, ch’era fratello dello stesso Roberto l’anno 1057; quale avendo cδsiderato, che vi erano reliquie ancora dell’intestine dissenz.ni, penzò darvi la mano cδ fare uscire alcune famiglie á popolare lo stato cδ li Villaggi. Uscirono dunq: nell’anno 1064. dalla Città l’infrascritte famiglie, cioè Agatocle de Ferrarijs, Marco Conrado, Alesandro Pistoja, Flavio Munizza, Pietro Garzia, Luca Pitirra, Cesare Cumiso, Davide Pace, Tirso Ginetta, Torquato Iervasi, Guglielmo Mazza, ed Arvisio Modio Nobili, cδ 38 altre famiglie, che nelle falde del monte Ypisicon edificarono S. Pietro. A qste Latine se n’aggiunsero 8. Gote; e’ perche qste erano alquanto rozze, che facevano più danno, che utile 23 anni dopó furono mandate più sopra in Bucisano: E nel luogo, dove qsti si aveano fabricate le Case si penzò stabilirsino li Greci, che in alcune famiglie vollero uscire dalla Città.

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Furono qsti Greci famiglie 16, il di cuj capo ecclesiastico fú Nicoló Galas, qle ebbe la Cura dell’Anime, e’ delle fabriche per la sua Grecia; avendo la Chiesa di S. Nicolò j Greci, e’ quella di S. Pietro j Latini. Il governo della giustizia dipendeva da Taberna, come ancora il Regim.to sino all’anno 1094. 52 qd.o si fecero j proprij Catapani, e’ Jurati, cδforme dal Governo de Normanni era in uso.

San Nicolò di BucisanoSan Nicolò di BucisanoSan Nicolò di BucisanoSan Nicolò di Bucisano

Mandate l’8 famiglie Latino-Gothe, come si disse, per edificare un Villaggio, l’intitolarono dalla Chiesa S. Nicolò di Bucisano. Qste erano governate, come un’appendice di San Pietro tanto nello Spirituale, quanto nel temporale.

BartalisioBartalisioBartalisioBartalisio

Essendo cδcorse molte genti da luoghi circδvicini cδ l’occasione de Normanni, che li facevano godere protez.ne, ed esenzione di pagam.ti più d’ogn’altro luogo per esser Taberna della Casa dominante si mandarono sú del monte Styritos á stabilirsi in Villaggio l’anno 1096, acciò custodissero li passi, si coltivasse quella Terra al di sopra; e’ si lavorasse alla Lana per la fabrica de panni; e’ furono li Capi Fabio Curia di 17. famiglie; e’ di altre 13. Ortensio Dardano, che cδ qste famiglie propriam.te dell’Uria abitava nella Rocca di Cardias sopra Palepoli, qle poj si ritirò in qsto luogo.

Santa Maria di BompignanoSanta Maria di BompignanoSanta Maria di BompignanoSanta Maria di Bompignano

Con l’occasione del fiume Allis per li passaggieri, che nδ potevano al di la valicarlo per le parti di sotto per essere unito cδ Lytricon più copioso di acque si penzò stabilire un ospedale di San Giovanni, cδ la Chiesa di S. Maria attaccata al med.mo per Parocchiale sotto la direzzione di Vito Mariconio al declino del Monte Saconon; e’ furono 21. famiglie, che pure attendevano alla fabrica delli panni, alla incisione de legni, ed al biancheggio delle tele. E fú l’anno 1104.

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S. MarcoS. MarcoS. MarcoS. Marco

Sú del fiume Lytricon per la fabrica de panni si stabilì un Casino per il Prefetto cδ alquante Case all’intorno per li Telari de panni, l’anno 1416; potendosi dire Villaggio per fare Parocchia di Anime 134. col Curato Leonardo Politellia, abbenche sin dall’anno 1102. vi era la Chiesetta di S. Marco, per devoz.ne di Marco Vainero, ch’era il Maestro de panni in quel tempo, che s’introdusse tal fabrica.

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S. SofiaS. SofiaS. SofiaS. Sofia

L’anno 1117. penuriando la Città di gente addetta á servizi di Vettura, e’ di legna radunata la gente, che stava in Castel Minerva sopra l’Uria; la situò al num.o di 24. famiglie al di la del fiume Allis, dando la Cura della Chiesetta di S. Sofia, e’ del Villaggio dello stesso nome á Jacobo Turios per guidare come Capo Spirituale, e’ Temporale quella gente Greca.

S. Giorgio, e’ S. Nicolò di SabuzioS. Giorgio, e’ S. Nicolò di SabuzioS. Giorgio, e’ S. Nicolò di SabuzioS. Giorgio, e’ S. Nicolò di Sabuzio

Essendo venuta dalla Grecia l’industria della seta, si penzò stabilirla in luogo Caldo, e’ farne la fabrica in luogo Commodo di acqua, e’ di legna, e’ che fosse chiuso dall’arte per la sicurtà; tanto che per esser luogo più culto, e’ meno boscoso si stabilì ivi la fabrica per l’Artefici in S. Giorgio; e’ per la legna, e’ Coltura de Calzi in S. Nicolò di Sabuzio, e’ fú l’anno 1118. cδ famiglie 27., guidando tutte le due Chiese cδ le Case divise Ascanio Iozio.

S. BiaggioS. BiaggioS. BiaggioS. Biaggio

Li Prefetti della seta nδ volendo stare in luogo basso, má più sollevati di aere si stabilirono cδ li Casini al di sopra fabricandovi la Chiesetta di S. Biaggio guidata da Marco Mario Voina; famiglie 8., e’ fú l’anno 1121. essendo Prefetti Biaggio Scarola, e’ Muzio Riczello . 54

S. LeoneS. LeoneS. LeoneS. Leone

Avea l’Archimandrita Pesacense somministrato molte legna per la fabrica di Taberna, e’ molto soccorso di danaro per tante spese, e’ n’era stato compenzato dal Protospata, qd.o fece la Visita Imperiale di Cinque Campi; ed avendo qsto ricco Monasterio dato soccorso á S. Pietro per qsto fine di fabriche, e’ molto ancora á S. Nicolo di Bucisano, pretendeva per tante spese dalla Città tutto il Monte Natacos, che li stava dirimpetto cδ le pianure al di sopra, sino al fiume sotto S. Maria di Bompignano; ed avendosi fabricato un’ospizio di S. Basilio per tutti qlli che nδ potessero valicare il fiume nel tempo d’Inverno, che li portava nδ poco peso si fatta opera pia, poiche ritirandovisi li Monaci ivi nelli mesi più rigidi, tutti vi cδcorrevano per le spese, e’ per il ricetto; e’ tenendovi ancora l’Archimandrita molta gente in tutto il tratto di quel Monte per la sicura Custodia de passaggieri per quelle Selve, che in tempo d’inverno nδ vi era altra strada, che qsta eziandio per Taberna, nδ potendo valicare per le parti di sotto j Fiumi più gonfi. e’ Carichi di acque; tanto che soggiacendo á tanta Spesa, e’ per il mantenim.to del Ves.vo cδ tutte le Dignità; ed ecclesiastici in tempo dell’Assedio del Re Guglielmo, e’ per la guardia del Monte, e’ per tanti sboscatori per renderlo culto, li si dovea per ricompenza qsto Monte; che tenendolo la Città li recava tanta Spesa; e’ loro, che vi spendevano ogn’anno tanto, doveano almeno dal ricavato del med.mo

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cδpenzarsene le Spese tanto eccessive, facendosi il Computo, che la metà de Campi avuti si cδsumavano per qsto fine. Erano li motivi alquanto ragionevoli, má proposti al Corpo della Città si trovarono raggioni in cδtrario; e’ posti in bussola li Voti, trovavano l’esclusiva, cδ tutto che li ecclesiastici tutti pendevano cδ li Monaci; diceva il Senato della

55 Città che per il mantenim.to del Ves.vo aveano più guadagnato, che perduto; poiche vi aveano mandato molto comestibile, ed n’aveano cδ la sua dimora molto più raccolto; che se maj dovessero avere dal Ves.vo nδ era peso dalla Città, per sodisfare; che per la spesa fatta giornalm.te, nδ dovea sodisfarsi cδ un proprio perpetuo. che la custodia del Monte era stata più tosto per loro sicurtà, che per il Corpo della Città, che stava più sicura, che nδ fossero j Religiosi nel Convento, e’ nell’Ospizio; qsta risoluz.ne di tenere gente ivi, nδ era stata per cδsiglio della Città, má per loro propria Cautela, che per le legna, e’ spese i passaggieri n’erano stati ben cδpenzati nδ tanto dal Duce, quanto dalla Città, che cδ tanti donativi avea fatto un Convento tanto Commodo, nδ che ricco; essendo stata tutta l’opera di quej di Taverna cδ l’elemosine, cδ li voti, e’ cδ gli lasciti delli di loro famiglie. Queste erano le raggioni della Città apparenti; má nell’intorno vi erano pure dissapori; poiche posto l’assedio dal Re Guglielmo nδ solam.te la Città fú rovinata nelle fabriche, má ancora li villaggi di S.Pietro, Bucisano, e’ Bartalisio; avendosi la gente tutta de Villaggi salvata nelle Selve, e’ lasciati vuoti li Villaggi, li furono le fabriche pure smantellate cδ servirsi delli travi per l’assedio; l’Archimandrita somministrò legna cδdotti cδ li bovi á sue spese in S. Pietro, e’ Bucisano; á Bartalisio somministrò le legna, e’ nδ li bovi. E stando in gara dopó l’assedio S. Pietro cδ Taberna, pretendendo qllo attirarsi famiglie potenti; e’ stabilirsi da se in qsto Infrangente qualche vantaggio nel Regim.to, e’ nel sistema della Nobiltà, pretenzione tenuta á memoria nelle Calamità, nelle quali si deve dar soccorso, e’ nδ contrasto. Ed essendo l’Abbate nativo di S. Pietro rifondevano ogni disgusto alle gare del Paese: E perciò tenutosi Consiglio, si giudicò spediente mandare una Colonia di Gente armigera nel Monte per discacciare le Genti delli Monaci, e’ pigliarne il 56 dominio; tanto più che li Monaci sopra il pretesto della dominaz.ne Imperiale, e’ del bisogno, in cuj si vedea esser ridotta Taberna del di loro soccorso, che nδ potevano troppo altercarli ne li Confini dilatati ne Campi, ne la permissione del Monte, si credeano sottomettere la Citta, per farli dunq: á conoscere, che la Città in mezzo alle dissaventure sapeva dimostrare la sua Costanza, ed ancora á quej di S. Pietro la sua potenza, si risolvè farli stare ristretti, e’ cδservarsi il dominio. Risoluta dunq: qsta intrapresa, tentarono stabilirla cδ vigore; Scelsero li più bravi della Città al numero di 48. e’ li diedero per Capi li più Valorosi, e’ fazzionanti, che furono Leone Capilupia, Bartolo Mannia, Teodoro La fratta, e’ Georgio Curtes; ognuno che ne Comandasse 12; e’ bisognando l’unione di tutti fosse Capilupia il Capo

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per la nascita, e’ per il Valore, nδ che per la prudenza; e’ presso di luj fosse il Curtes soldato pure sperimentato, ch’aveva militato tant’anni in Siria* sotto il Re Baldovino IV. // Má risaputasi in Pesaca tal novità, subito li Monaci chiamaro j di loro Custodi del Monte, anzi tutti quej dell’Ospizio di S. Basilio, nδ stimando cδvenevole á Religiosi dar Causa di risse: e’ potere risvegliare alla Città altre pretenzioni sú quel tanto, che anticam.te possedevano nδ tanto per la Concessione Imperiale de Campi, quanto per l’eredità di nδ poche famiglie; poiche dall’anno, che si edificò Taberna Montana, e’ si diè principio alla Chiesa di Pesaca nell’anno seguente alli 8. di 7bre, per aver visto dalli 15. di Agosto tanta quantità di lumi, e’ ritrovata poj alli sudetti lumi da una fiaccola più luminosa indicato il luogo proprio una Imagine della B. Vergine, á tal miracolo la Città tutta, benche occupata alle fabriche proprie, non

57 mancò farvi una Chiesa, e’ cδ gli Voti, elemosine ed eredità otto anni appresso farvi Convento; e’ l’anno 988 farla Abbaziale Archimandrita cδ tanta rendita per l’eredità di Basilio Pasitichio, e’ Conone Zonotoros, che alla continua cδparsa de lumi ogni notte, si erano portati cδ molta gente entro quelle selve ad osservarli da Vicino, che ritrovata l’Imagine gli lasciarono la loro robba, ed ivi da Romiti si ritirarono, e’ poj da Monaci Basiliani morirono: fra lo spazio di qsti pochi anni aveano accumulato tanto, che l’Abazia fú fatta Archimandrita Capo degl’altri Abbati Basiliani cδ avere acquistato tanto sopra li Particolari; e’ nδ contenti di qsto avere stabilito l’Ospizio cδ tante cδmodità l’anno 1110; ch’era un’altro Convento, e’ tanto nδ bastarli. Data dunq: qsti Capi la notizia del ritiro delle genti, e’ della clausura dell’ospizio in Taberna; li fú risposto se volevano ivi abitare, che l’avrebbero dato ogni soccorso, e’ cδcedutoli ancora il Monte; quindi si diedero tutti á fabricare Case al di sopra l’ospizio, incidendo le parti boscose, e’ piantandole; tanto che l’anno 1182., ch’era il terzo anno dello stabilim.to si portarono le di loro mogli, da Taberna tutte, e’ si fece il Villaggio, chiamato S. Leone, per la Chiesa di qsto Santo, ch’era la Parocchiale governata da Ordeonio Monteruco; accresciuto il Villaggio per altre famiglie, e’ spezialm.te da quella di Giacomo da Paenizia*, benestante, che vi avea tutto il Monte dirimpetto là vicino; vi fabricò Georgio Curtes á sue spese l’altra Chiesa, che intitolò di S.Giorgio per suo ritiro eremitico ed invece dell’Ospizio di S.Basilio, pp nδ lagnarsino li passaggieri l’altri due Capi á loro spese fabricarono l’ospedale di San Giovanni; tanto che nella numeraz.ne del secolo nell’anno 1201 Taddeo Colannisio Curato diede la nota dell’Anime, e’ furono 382. ecclesiastichi Cinque. 58

S.Pietro in VinculisS.Pietro in VinculisS.Pietro in VinculisS.Pietro in Vinculis

Divisa la Casa Garzia in S. Pietro, ed avendoli toccato alcune* possessioni al di sopra volle ivi ritirarsi in un Casino, ed edificatavi la Chiesa di S. Simone, e’ Giuda, l’anno 1186. pretendeva Simone Garzia, ch’era il Capo cδ altre 7. famiglie stabilirlo in Villaggio; má opponendosi Giuliano Modio Curato di S. Pietro restò un appendice di

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quel Villaggio sottoposto allo stesso Curato Modio; e’ nella numeraz.ne del 1201. apparve d’Anime 65.

S. Mauro in CavisS. Mauro in CavisS. Mauro in CavisS. Mauro in Cavis

L’anno 1192. Opimia de Presbiteris moglie di Mauro de Petrutia*, che stava in S. Leone, nδ potendo tolerare, che le mogli di quej 4. Capi avessero la precedenza nelle Chiese ivi, come edificate da loro, stimandosi inferiore nel sedere fuora dal Sunno* ove le mogli di quej quattro sedevano, nel Monte Canio* all’ incontro di S. Leone, si edificò la Chiesa di S. Mauro, cδ il proprio Prete, e’ vi stabilì la sua dimora, tenendovi ivi sej famiglie di gente di servizio, e’ di Coltura per le sue robbe, e’ nella numeraz.ne del 1201. Jeronimo Sarconipia* Curato la mando di Anime 47.

Capo VI. Dell’Assedio di Taberna per lo Re Guglielmo.Capo VI. Dell’Assedio di Taberna per lo Re Guglielmo.Capo VI. Dell’Assedio di Taberna per lo Re Guglielmo.Capo VI. Dell’Assedio di Taberna per lo Re Guglielmo.

Li Normanni, che dalla Cimbria, ó sia Danimarca si erano stabiliti in Francia, passati in Italia, ed entrati nella Puglia cδ Guglielmo Ferrabac l’anno 1040. nδ prima sottomessala, che nell’anno 1053. da Unfrido di luj fratello, á cui Leone IX diede l’Investitura della Puglia, ove erano entrati, e’ della Calabria, e’ Sicilia, ove stavano per entrare; E di gia impadronitosi pure di qste le cedé á suo fratello Roberto: però due anni appresso morendo, pentitosi di qsto, chiamò Erede, e’ Successore Bajolardo suo figlio. Má di ciò sdegnatosi Roberto, tolse al Nipote la Calabria, e’ la Puglia cδ aggiungervi Troja, che alla Chiesa Romana ubbidiva. Má qsta poj restituitala á Nicolo Papa II. qsto lo Creò duca di Calabria, e’ di Puglia. Venuto poj dalla Nortmannia di Francia

59 in Italia Ruggiero fratello di Roberto, ed ultimo figlio di Tancredi di loro padre, li fú dato per cδquistarlo il restante della Calabria da Squillaci á Reggio; quale poj conquistato, se lo divisero, e’ per distinguersi fra loro, Roberto ebbe il titolo di Duca, Ruggiero di Conte. Bajolardo privato dal duca Roberto suo Zio dello stato Paterno ebbe per appannaggio Taberna; ed avendo ivi edificato il Castello, cδ altri magnifici edifizi, e’ stabilito un governo tanto cδmendabile, ingelosito il Zio, ne lo privò, e’ lo concesse alla sua sorella Aldizia maritata con Guglielmo Capriolo, di poj al di loro figlio Giordano per cδcessione di Ruggiero figlio di Roberto l’anno 1107. Ruggiero III. Duca, e’ Primo Re nell’anno 1136 la concede á Ridolfo della linea Unfrida Conte di Loritello; qsti avendo lasciato due figlioli piccoli Roberto, e’ Goffredo entrò in pretenzione il Zio Guglielmo fratello del Conte Ridolfo; má la Città prendendo le parti del pupillo Roberto, lo riconobbe per suo sovrano, governando la Contessa Vedova sua madre. Venuto poj in età si pigliò in moglie la figlia Naturale del Re Ruggiero I. e’ vi ebbe in dote Catanzaro.

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Ciò premesso. Essendo Guglielmo I. figlio del Re Ruggiero, e’ fratello della Contessa di Taberna, e’ Catanz.ro Margherita, per le pessime sue qualità odiato dalli popoli della Sicilia, Puglia, e’ Calabria; quindi la madre della Contessa, che teneva graδ summa di danaro cδ li suoj fratelli Alfieri, e’ Tomaso persuasero alla figlia, e’ Nipote essere adesso opportuno il tempo togliere al Re Guglielmo la Calabria per darla á suo figlio Roberto. Le città ribellate in tutti li tre suoj Regni; egli odiato tanto da popoli, e’ lontano stando in Sicilia; 60 ed all’incontro la linea Unfrida tanto ben affetta presso di tutti qsti tre Regni; quindi si diede la Contessa tutto e’ per tutto á sostenere le Città ribellate cδ promesse, e’ danari nδ solo per la Calabria, má ancora per la Puglia. Saputosi tutto qsto nella Sicilia dal Re Guglielmo, penzò impedire qsto torrente; e’ per mezzo di alcuni suoj Confidenti, ed antichi servitori introdotto negozio cδ alcuni di Catanz.ro, dove stava la Contessa di residenza, si fecero á sentire Arvisio de Arces cδ altri Capi nδ potere aderire al partito della Contessa contro il proprio Re: E volendo essa sforzarli, e’ quelli forti in Città defendersi, diede tempo al Re di passare al di quá il mare, e’ venire in Calabria. La Contessa essendo di qsta venuta avvisata, nδ stimandosi sicura in Catanz.ro, deliberò passare in Taberna, ed ivi fortificarsi; e’ quelli forti in Città defendersi, diede tempo al Re di ben prepararsi cδ l’esercito, e’ più cδ il maneggio nell’esercito della Puglia, che cδduceva il Conte Loritello per soccorrere Taberna. Venuto dunq: il Re in persona, e’ piantatovi l’assedio dopó 4. mesi, ed undeci giorni alli 17. di Luglio l’espugnò, dandovi un crudele sacco nδ solam.te al Mobile má una rovina alle fabriche, ed una stragge alla gente troppo barbara. Le cose migliori si ritrovarono cδ le donne, e’ piccirilli nella Rocca di Silone, che voleva pure espugnare, se nδ era sollecitato dalla rebellione della Puglia ad accorrere ivi; L’altre Cose meno cδsiderabili, e’ cδ la gente bassa inabile si era ritirata nelle selve sopra Pesaca. Il Ves.vo però cδ tutti gli ecclesiastici Nobili, e’ dignità, e’ Curati si era fortificato nel Convento; E li Villaggi tutti si erano radunati nelli Monti sopra Pesaca per le scorrerie nemiche pur anco rovinati nelle possessioni, e’ nelle fabriche. Li Cittadini, che aveano preso l’armi furono tagliati á pezzi senza pietà al numero di 1206. pochi scampati per una grotta, che nell’ingresso rapido de Siciliani pp trovarsi presto al sacco avevano lasciato senza Custodia nel tempo del assalto generale.Furono presi, e’ Condotti al Re la Contessa cδ la Madre, e’ cδ li

61 Zij, Tomaso fú mandato prigioniero in Sicilia. Alfiero fú decapitato avanti la piazza del Castello in Tav.a istessa; La Contessa, e’ la Madre furono pure mandati in Sicilia prigionieri. Il Conte, che intese qste funeste notizie cδ tutto il suo esercito, che conduceva in soccorso più numeroso di qllo del Re, ritornò nella Puglia; e’ fortificò Taranto; restando la Città priva di gente, e’ smantellata di tal maniera, che ne perdé ancora il titolo di Città, tutti li privileggi, e’ tutte le industrie nell’anno tanto

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memorabile del 1162. Ed acciò, che dalla speranza, che avea cδcepito di’ farsi Capo della Calabria, cadde nell’ultima desolaz.ne; Città tanto regolata, e’ Senato tanto prudente, nδ seppe prevedere, che l’esercito benche numeroso di Loritello era cδposto di Longobardi incostanti, e’ che il Re l’avea cδtaminato cδ li donativi fatti á Capitani per trattenere cδ mille pretesti sediziosi le marcie. Effetti del penato, che se bene un Re sia malvaggio, deve pure esiggere da sudditi la fedeltà. Il Vescovo cδ gli ecclesiastici durante l’assedio dimorò in Pesaca, poj alla partenza del esercito si ritirò in S. Pietro; e’ la gente ancora si ritirò in quej desolati Villaggi sino che al Re Guglielmo il Malo dopó Cinque anni venne Guglielmo II il Buono, e’ ripatriatosi in Taverna la Gente raminga popolarla di nuovo, come si fece risarcendo le

rovine. Memore però di tanta stragge in vendetta del sangue Normanno nel 1194, qd.o si mosse la guerra tra Tranchedi, ed Errico VI Svevo, mandò á qsto armi, e’ Cavalli; Comandava l’esercito Svevo Errico Colà, e’ Taberna stimò spediente inviarli Tarquinio Baldajo cδ 112. Vesti ferree cδservate nell’Ospedale di S. Giovanni á Nemesin su la riva del fiume al di quá di S. Sofia. Con qste Vesti ferree vi aggiunse ancora 38. Cavalli, che cδdusse Ginnio Nuz; furono accolti qsti Due deputati cδ molto gradim.to; e’ concedé a’ Taberna nδ solam.te li istessi Privileggi; má di vantaggio anni sej di franchiggia per ristorarsi da tante rovine. 62 Con li Svevi si andò ristabilendo in qualche parte dalle tante sue rovine, avendola guardato cδ occhio clemente Corrado Re, che la franchiggia di tre anni concessali da suo Padre l’Imperatore Federico la prolungò per altri sej anni; Venuti poj li Andegavenzi da Carlo I. d’Angiò fú assegnata per appannaggio alla Famiglia Reale, ed incominciò d’allora á ristorarsi di gente, fabriche, e’ d’ogn’altra perduta prerogativa, ed industria. Vennero li Re della Casa di Durazzo, e’ da Carlo III smembrato Catanzaro da Taberna, restò qsta sola per appannaggio alla Casa Durazzesca, governata per un Regio Giustiziario; e’ fú il p.° Giustiziario Edmundo

de Villequier* l’anno 1383.; poiche p.a di luj era governata per un Governatore. Il Re Ladislao l’arricchì cδ l’opere di Seta, tenendovi un altro Prefetto, e’ col Concorso delle fiere franche di ogni qualsiasi peso. La Regina Giovanna II. poj nδ avendo eredi ne fece dono alla Casa Ruffo in persona di Cubellia, che l’era stata sorella di latte, e’ ce la richiese in dono, e’ l’ottenne; che se bene qsta l’avesse posto nel più alto dell’utile, e’ dello splendore, nδ che della propria libertà in agire Taberna stessa tutto il Civile, e’ Criminale mercé del Senato, ch’ebbe in suo tempo vigore, e’ per di qd.° fioriva sotto l’Imperatori Greci, ad ogni maniera il tutto poj pago in ricompenza di quel tanto avea acquistato, come sentirete in appresso.

Fine del p.° Libro

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63 Libro II.Libro II.Libro II.Libro II.

Stato di Taberna, e’ Villaggi nell’Stato di Taberna, e’ Villaggi nell’Stato di Taberna, e’ Villaggi nell’Stato di Taberna, e’ Villaggi nell’ anno 1400. sino all’ultimoanno 1400. sino all’ultimoanno 1400. sino all’ultimoanno 1400. sino all’ultimo assedio.assedio.assedio.assedio.

Per darsi una perfetta notizia di quello, ch’era Taberna nel principio del Secolo 1400. sino alla sua totale destruz.ne mercé l’assedio dello Sforza 25. anni dopó, stimaj necessario in qsto libro 2.° dare un’esatto ragguaglio del Modo di Governarsi, della sua Nobiltà, del suo Vescovo, e’ Dignità; abbenche qsto nδ vi fosse stato in qsto tempo; ad ogni maniera per nδ cδfondere nel p.° Libro qsta materia di Vescovo, e’ Dignità, l’hó voluto in qsto riserbare. Capo I. Della Nobiltà.Capo I. Della Nobiltà.Capo I. Della Nobiltà.Capo I. Della Nobiltà.

Erano, come si disse nel p.° Libro tre ordini, che componevano il Corpo tutto di Taberna, cioè Nobile, Civile, Popolare; qsti poj nella Visita Imperiale del Tatamura ridursi solam.te al Nobile diviso in tre Classi. Questo Corpo di Nobiltà l’ebbe da Eraclio Imperatore ogni preminenza, e’ dignità; poiche nelle turbolenze del suo ribelle Lemigio, che volea da Esarca Imperiale spogliare dell’Italia l’Imperio Orientale, e’ cδ un Manifesto publicato allettare j Popoli á seguirlo nella sua ribellione. Trischene allora opponendosi cδ un’esercito al ribelle, ed il Senato cδ una dottissima Scrittura ributtando le fallaci offerte, che publicava nel Manifesto Lemigio ribellato, maritò la Munificenza Imperiale, come più chiaram.te apparisce dalla Concessione, ó sia Privileggio Diplomatico, che lo stesso Imperatore inviò al suo Protospata, Duce, e’ Straticó Nessarco, 64 á cui commise l’esecuz.ne de suoj Imperiali Comandi; ridotto dal Greco in Latino pp più maggiore intelligenza; che dice Così

Caesar Flavius Heraclius Pius, Felix, AugustusCaesar Flavius Heraclius Pius, Felix, AugustusCaesar Flavius Heraclius Pius, Felix, AugustusCaesar Flavius Heraclius Pius, Felix, Augustus Imper: XXIV.Imper: XXIV.Imper: XXIV.Imper: XXIV.

XXXX

Augustae Maiestatis indeficieris cura semper fuit, nδ soluδ armis firmare Regnoruδ paceδ, Legibus astruere Populoruδ concordiaδ; Veruδ etiaδ subditoruδ perpendere merita, fidelitatis scrutari officia, ut dignis decernantur premia, honoribus datur ansa

virtuti: Memores igit.r et subsidioruδ, quibus inter Magnae Greciae Urbes in finibus Italiae Civitas illa Trischenes et Gentiuδ numero, et Navium apparatur, et libenti pecuniae subsidio contra Imperij hostes erga Divos Augustos nostros Praedecessores quaδ strenue se gesserit; et discriminuδ, quibus illa fidelis Gens, sedulusquή Senatus contra rebelleδ, et infamen Esarcam olim nostruδ Lemigiuδ erga Nostraδ Augustam Maiestateδ, nostruδquή Imperiuδ et Armis fideleδ Nostruδ Ducem, Protospatamquή Nessarcuδ sunt viriliter prosecuti; et scriptis futilia reddidere hostis disseminata per

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Urbes promissa;ut nδ soluδ glyscentes compescerent seditiones, hospitantes firmarent animos, quin etiaδ conterminis Civitatibus darent praeclara exempla servitutis. Tot,

tantaqή igit.r insignia fidelitatis facinora, nostruδ Augustuδ impulere Animuδ, Urbeδ illaδ neduδ declarari fideleδ, Senatuδ virtute praedituδ, illiusqή Majores Nobilitatis

Insignibus decorandos; Veruδ etiaδ Populo illi munificentis.ma largitate Imperiali bis in anno concedenduδ trinundinuδ liberuδ, immune, nulli obnoxiuδ Sextae, nectigali, portorio. Tibi igit.r Nessarco nostro Protospatae, et Duci committimus, et mandamus erga Urbeδ illa haec nostra Augusta exequi beneficia, nundinas

65 publicare, Senatuδ stimmate Aeropagi insignire, Majoresqή illos Civitatis, perpensis eoruδ meritis perquisitisqή generis dignitate, et prosapia amplitudine in albo Nobiliuδ

ascribere; aliquδqή eoruδ, si tibi videt.r visis videndis, probatisqή probandis in numeruδ Cubicularioruδ nostruδ Imperialiuδ, Senatorionuδ, imò et Patritionuδ undiqή per nostruδ Imperiuδ asciscere; nec nδ Civitateδ ipsaδ, viribus tantopere pro nostra Servitute praeditaδ, proprio nunq.m discessaδ limite, ut Conterminis turbaret tranquillitateδ, quaeqή nostro Imperio firmam cδmostravit fideδ, Divisqή Theodosio,

eiusqή filio Arcadio nostris Augustis Praedecessoribus, ut fert.r, contra Abrogastem, Gildoneδ, Rufinuδ hostes, et rebelles opportunaδ attulit opem, et honorabile praebuit subsidiuδ omniqή quo Tribuit Specimina Servitutis; Nostrae Augustae placuit Majestati praecaeteris appellari Fidelem at qή intuitu Imperiali dignaδ; neve tanta nostrae Munificentiae obliturent.r insignia, epigraphis honoreδ benigniter elargimuδ; sic et in posterum Urbs cognominet.r Fidelis, taliq: praenomine insignitaδ per alias Magnae Graeciae Urbes declarari permittimus. Cupientes igitur nostruδ exequi, beneplacituδ, Tibi, aut Uni ex tuis Consiliarijs occasione arrepta Visitationis nostrae Imperialis, aut quacuδqή data opportunitate committimus ipsa adinapleri adimplenda; et omnia nostro Majori referre Apocriphario datuδ Bizantis die 9. Martis 639. Imperis nostri 28. Ex Exa* Xti 2.a

Procopius Didimus

A tenore dunq: di qsta Carta Imperiale, Il Protospata Nessarco spedì d’Aquilea, ove risedeva, nδ avendo tirato sino alla Magna Grecia la Visita Imperiale per tema della ribellione Lemigiana, di cui erano ancora restati j fermenti, e’ per Eleuterio Patrizio mandato dallo stesso Eraclio per vendicare la morte del Essarco Giovanni, spedì dico Georgio Crupolazio suo maggior Cubiculario per eseguire l’ordini Imperiali; má avendo saputo la ribellione ancora di Eleuterio, ritornò addietro, ed operato, che in Roma li stessi suoj soldati uccidessero il Ribelle, come seguì cδ mandare il Capo in Costantinopoli, ritornò di nuovo á riprendere la sua Incombenza; má giunto nella Puglia, e’ ricevuto da

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66 Teodoro destinato nuovo esarco in Italia, li confermò la Commessa per Trischene, dove arrivò nδ prima delli 16. Gennaro dell’anno 640; Incontrato da tutti li Maggiori cδ l’Ecclesiastici, e’ Senato nel fiume Arocha; e’ dalli Ministri sino á Crotone; li fú accomodato per sua residenza il Palazzo del Catapano, che in quell’anno era Procopio Mannilios in Palepoli. Esaminato il tutto circa il Contenuto del Privileggio stabilì tre ordini di Nobile, Civile, e’ Popolare; come si disse; avendo dichiarate Nobili 86. famiglie; che divise in rami erano 132., fece Cubicularij Imperiali Simplicio Catozumeno, e’ Severino Pediconthos, Senatori furono dichiarati Zosimo Pharagonios, Zaccharia Mannilios, Anastasio Balascos, Zinzino Polinzios; Patrizi poj furono Sergio*** che avea composto lo scritto contro il Ribelle, Eutichio Argyros, che avea comandato l’esercito

contro il sud.° ribelle, e’ lo stesso Procopio Mannilios Catapano X Il Vescovo poj Sicherio Rochas fú dichiarato Cubiculario, Senatore e’ Patrizio. Il Senato, che allora era Composto di 34. soggetti fú dichiarato Sedulo, e’ Virtuoso; tanto che col nome si aggiungevano qsti due titoli di Seduli, e’ Virtuosi, portando nell’Imprese il Sole. Si publicarono le fiere per tre giorni franche. E per il titolo di fedele alla Città restò sospeso, poiche l’altre Città apparivano alquanto offese, qualora ella sola avesse qsto titolo; e’ nδ volendo mettere gelosia, e’ disgustarsi l’Animi dell’altri, chiamando Trischene col titolo di fedele, apparendo, che l’altre nδ siano state ossequiose all’Imperio; rispose il Cubiculario Crupolazio, che di ciò n’avrebbe dato parte

all’Imperatore; ed avendo ogn’uno stimolato sú qsto punto, cδ tutto che il med.mo era molto Compiacente, si ostinò á nδ dichiararla tale, nδ per mancanza di merito, má per alcuni rispetti, che poj col tempo nδ mancherà di eseguirli. E veram.te luj avendo ricevute notizie, che l’Imperatore era fatto Idropico, cδ le Cose in Italia nδ tanto

assodate; stimò spediente sospendere il titolo sud.o, bastandoli l’altre grazie più utili pp nδ risvegliare maggiorm.te l’invidia dell’altre Città.

67 Partitosi alli 13. di Marzo il Cubiculario accompagnato cδ la stessa Comitiva di prima da tutti li ordini della Città sino á Cotrone, da dove passar dovea nell’Epiro, fú

rigalato nδ solam.te dalla Città, má da tutti li Nobili, che aveano ricevuto le Imperiali dignità, oltre la spesa eccessiva arrecata al Comune, avendosi meritato si fatti donativi per la sua dolcezza, prudenza, e’ graδ dottrina, spezialm.te nel regalare li tre

ordini, li Consoli dell’arti, e’ le costituz.ni per le fiere, ed ogn’altro attinente al buon governo cδ l’ordine regolato; e’ spezialm.te per il Senato, dove la Potenza prevaleva talvolta nelli Voti. Il Tatamura nella sua Visita Imperiale cangiò, come si disse, qsto sistema; lo riformò Giovanni di Brayda nella Visita, che fece nella Calabria per Carlo

I. di Angiò l’anno 1270. E finalm.te la Contessa Ruffo il 2.° anno del suo possesso di Taberna, che fú l’anno 1416; e’ fú di qsta maniera.

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1. Che il Corpo della Nobiltà fosse diviso in tre Classi da radunarsino in tre luoghi distinti. Il p.° luogo dovea essere nella Sala della Torre di S. Barbara attaccata alla Chiesa: Il 2.° nella Sala attaccata alla Parocchia di S. Nicolo. Ed il 3.° nella Sala attaccata alla Parocchia di S. Silvestro. Ciò succedea in quelle Cause attinentino in qualche Classe di Nobiltà cδ l’esclusiva dell’altre; come á dire nelli Consigli di guerra, era la Nobiltà della p.° Classe. Nelle decisioni di giustizia era la 2.a cδ l’esclusiva della p.a. E nelle decisioni di Annone, ed Industrie erano tutte le tre Classi da radunarsi nella Sala attaccata in S. Maria Maggiore; dove tutti davano j Voti; però la p.a e’ 2.a avea l’attivo, ed il passivo; la 3.a l’attivo solamente; si eccettuava però qualora il Padrone in scriptis per mezzo del suo Giustiziario eliggeva qualche soggetto della 3.a; potea ottenere il passivo; però nδ si estendea qsta grazia nella famiglia. 2 Che la p.a Classe si dovesse intendere per quella famiglia, che avesse avuto distinte in diversi tempi 9. dignità Militari, ó la Maggior parte delle 9. da Capitani in su; e’ qsta Classe era Nobile senza altro aggettivo; e’ s’intendeva cδ ciò della Prima. 68 3 che la 2.° Classe fosse di quej, che nella di loro famiglia avessero avuto 9. dignità graduate, ó che n’avessero la maggior parte delle 9. erano graduate e’ nδ militari tali famiglie; Intendendosi tal Dignità il dottorato in Legge, in medicina, l’esser Notaro, ó Sotergrafio, ó Ayure dignità ecclesiastica da Canonico in sú, ó Paroco di S. Nicolò; però distinte in diversi tempi, nδ cδputandosi in due fratelli, bensì da Padre á figlio. Il Dottorato poj in Atene portava due dignità; purchè si dottorasse ancora in Napoli, Parigi, Bologna, Salerno. Tali famiglie si dicevano Nobili graduate. 4 Che la 3.a classe fosse di quej, che aveano pure in distinti tempi Cinque dignità ó militari, ó graduate, dicendosi Nobili aspiranti, perche aspettavano l’altre dignità; potendosi á qste dispenzare dal Padrone sino á 3. dignità mancanti; sedevano però nell’ultimo luogo. E per una dignità mancante vi dispenzava tutto il Corpo della Nobiltà, qualora il Soggetto fosse in Dignità attuale, utile al Publico, bensì nδ dovea nelle Cariche, che otteneva per 3. Volte ricever mercede alcuna. 5 Che nelle Sale vi fossero le Sedie cδ li nomi delle famiglie sul loro posto; poiche quelle, che aveano più dignità militari, che graduate; e’secondo l’antichità de tempi erano nel sedere le prime, acciò l’ordine nδ si potesse Confondere, siccome erasi stabilito, mercè d’un contrasto tra le famiglie Crea, e’ Ioino l’anno 1305 á tempo del Re Ruberto d’Angiò. 6 Che li forastieri aventino tali prerogative negli stati de Ruffi, e’ de Marzani, venuti cδ la Contessa, e’ successivam.te venendo in qualità di Giustiziarij, Castellani, Mastri Razionali, ó Consiglieri di orecchia godessero le stesse prerogative delli altri Nobili; siccome l’anno 1419. si stabilì qd.o il Castellano Clemente Morone prese posto nella sala della p.a classe. 7. Che le famiglie uscite nobili da Taberna fossero prive di attivo, e’ passivo, se nδ tornassero dá Villaggi, ó d’altronde, ove erano stabilite tre anni prima cδ le di loro

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famiglie per osservarsino da Censori j di loro Costumi; se avessero cangiato qualità, e’ se caso tali famiglie

69 si trovassero estinte in Taberna, benche Vive nelli Villaggi, ó altrove, venendo in Taberna erano pure escluse, se nδ passavano li sudetti tre anni di Continua dimora; nδ dovendo tenere tali famiglie ó sparse per li Villaggi, ó fuora del territorio stabilite altra prerogativa, che il solo nome di Nobile, l’eguaglianza ne matrimonij, e’ la parità in ogn’altra occasione, fuorche nelle Sale di radunanza. Si eccettuavano però le Persone Militari di Capitani in sú che nelli affari di guerra chiamati prendeano posto nel luogo antico delle loro famiglie; Così parimenti li Graduati, qd.o erano chiamati per qualche affare politico nella 2.a Sala; dove era l’antico posto loro prima che da Taberna uscissero; nδ stimandosi cδvenevole, che chiamati per utile del Publico, fossero in qsta occasione privi dell’antiche loro prerogative; mentre prima dell’anno 1415. nell’occorrenza si scriveva á qsti tali, e’ rispondevano cδ il di loro parere. Má la Contessa volle togliere qsta Usanza, volendo, che in tali occorrenze necessitose al bene Publico, fossero redintegrati nelle di loro prerogative de posti cδ la publica dimostranza. 8. Che le nove dignità, quali doveano avere le famiglie per essere della p.a ó 2 .a Classe Nobili, si potessero abbreviare, quante volte avessero ó Toghe di Mastri Razionali in sú, ó Vescovi, ó Comandanti Supremi, ó Cavalieri Gerosolimitani, ó della Banda Istituiti 47. anni addietro da Alfonso Re di Spagna, ó di Calatrava, ó di S. Giacomo; valendo qste Dignità ogn’una per tre eziandio militari; e’ le dignità ecclesiastiche di Arciprete, Cantore, Arcidiacono, Tesoriere, Primicerio, Decano, Protopapa, Protonotario, Cappellano Maggiore, Cimeliarca, Penitenziero, Succensore, Succantore, Teologo Prebendato, Priore di S. Stefano, Abbate della SS.ma Trinità di Mileto, di Monte Cassino, Forense, e’ Pesacense, valere per una dignità, eziandio Militare, tanto se fossero ecclesiastiche fuora della propria diocesi, quanto Religiose nelli sudetti accennati Conventi; ó Paroco nella Chiesa di S. Nicolò, come all’articolo 3. 70 9. Che nelli luoghi del sedere in qste Sale, ognuno vi dovesse tenere la Tabella della propria descendenza cδ il numero delle dignità, e’ cδ la qualità della med.ma, e’ col tempo nel quale l’aveano ottenute, dovendovi á qsto soprastare tra li più vecchi pp ogni rispettiva Classe, acciò esaminassero il tutto, per nδ succedere qualche inganno, progiuduzioso alle prerogative dell’altri. E tali tabelle, che dovessero essere sugellate col suggello di tutte le famiglie Nobili delle 3. Classi. E se ciascuno avesse voluto turbare qsto ordine cδ passare in luogo superiore nel sedere, eziandio per errore, nδ si dovesse ammettere discolpa, má dovesse per un’anno sedere nell’ultimo luogo: e’ se maj avea qsto l’Ultimo luogo era dall’intutto per un’anno escluso dall’Ingresso nelle Sale; senza che l’altre famiglie fra qsto anno passate forse nella p.a ó 2.a classe li potessero occupare l’antico luogo, nδ dovendo perdere l’ansianità; conforme l’anno 1421. che successe il Caso fú deciso.

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10. Che ognuno di qste tre Classi Nobile contraendo matrimonij fuora di qste tre Classi, dovesse perdere per ogni matrim.o una dignità militare. Si eccettuavano però li Matrimonij nobili delle Città dichiarate per tali; e’ la povertà del Nobile, qualora ricevesse dote quatrupla; volendosi in tal Caso cδ il cδsenso in scriptis di tutte le tre Classi alla maggioranza de Voti dispenzare á nδ perdere la Dignità militare, má restare come prima. 11. Che della famiglia divisa in più rami, se voleva il Ceppo intervenire, fosse preferito alli rami; má nδ volendo intervenire fosse preferito il ramo più Vicino al tronco. Nelle Aspiranti però fossero preferite il numero, la qualità ed il tempo delle Dignità, nδ il tronco, come nell’altre due Classi.

71 12. Che l’attuale dignità nδ era preferita nel Sedere, dovendo occupare il posto della famiglia, e’ di quella Classe, ove si ritrovava. Si eccettuavano però le Dignità, che apportavano il triplo, qd.o qsto soggetto si attrovava nella Radunanza; avendo nelle Sale il rango sopra tutte le classi, ponendoli una sedia apparte per ciascheduno; ed in cδcorrenza di più soggetti di dignità tripla, si decise così, qd.o nell’anno 1308. furono nelle Sala di Radunanza Filippo Longos Vescovo di Squillace, e’ frà Giacomo Altimario Vescovo di Taverna, e’ Catanzaro, ed Ascanio Pediconthos Vescovo di Tropea, ed Alesandro Mannilios Comandante del Re Carlo II., e’ Crispo Baroardos Mastro Razionale del med.mo, e’ frà Rocco *** Cavaliero Gerosolimitano. Che li Ves.vi dovessero essere li primi secondo la loro antichità, ó sia anzianità d’elezzione, di poj il Comandante; poj il Cavaliero, e’ nell’ultimo il Mastro Razionale. 13. Che le famiglie estinte, ó traspiantate altrove dopó anni 50; se nδ citavano la Classe, erano prive di radunanza, poiche nδ vi si lasciava nelle Sale più posto per loro. 14. Che per dare il Voto bisognava al Soggetto anni 33.; E meno di qsta età si occupava il luogo, má nδ s’avea ne attivo, ne passivo; però essendovi nella famiglia Rami di età dovuta, dovea il ramo Vicino al tronco occupare il luogo nel Voto, nδ quello, che de rami fosse di più età maggiore. Ciò intendendosi nell’elez.ne del Catapano, Soterargirio, e’ Prefettura della Seta, e’ de panni, ove il Voto si dava per ogni tronco, nδ per li rami delle famiglie. Qste furono le Capitolaz.ni della Nobiltà in diversi tempi riformate, come nel principio de Normanni á tempo di Bajolardo, e’ di Carlo I. di Angiò, e’ di Margarita, e’ Ladislao durazzeschi registrate per Andrea da Jazzolis, ed ultimam.te dalla Contessa cδpilate nelli sopradetti articoli per la radunanza di Sej li più dotti, e’ Vecchi per ciascuna classe; oltre dell’altre di sopra dette, qd.o ebbe principio dalla Concessione di Eraclio. 72

Capo II. Delle nove Prefetture dell’ArtiCapo II. Delle nove Prefetture dell’ArtiCapo II. Delle nove Prefetture dell’ArtiCapo II. Delle nove Prefetture dell’Arti

Li 9. Prefetti dell’arti, che si eliggevano ogn’anno dal Corpo di tutta la Nobiltà, e’ doveano essere soggetti Nobili della p.a ó 2.a Classe. Si creavano il giorno

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dell’Epifania per voti entro la bussola; ed eletti il giorno seguente si radunavano nella propria Sala, attaccata alla Chiesa di S. Nicolò, ove al di fuora vi era scritto l’epitafio sopra la Porta, cavato dalla Topica d’Aristotele nel 3.° libro; che diceva in Latino: Justitia Regentis est Utilior subditis, quam fervilitas temporis, solatium pauperum, haereditas filioruδ. Radunati tutti li 9. alli 7. di Gennaro entro qsta Sala, disponevano le cose attinentino all’Arti, secondo la varietà de tempi, riformando, annullando, e’ cangiando quello che li pareva più spediente ed utile; e’ cδ loro v’intervenivano 2.° il bisogno li più antichi di quell’Arti, che aveano bisogno di riforma: e’ dopó qsti esami alla metà di Gennaro si cavavano scritte le Costituz.ni per ciascheduna Arte; e’ si affiggevano nel sopportico della Sala; e’ nelle strade, ove vi erano quelli Artisti proprij pure si affiggevano le Costituz.ni di quella Istessa Arte; dovendo alli 3. di Febraro obligare tutti all’esecuz.ne, e’ nδ prima; tanto per Taberna, quanto per li Villaggi. Scorsi li 3. di febraro qsti 9. Prefetti aveano la potestà sopra li Rispettivi loro sudditi nell’esaminare le loro opere, punirli in caso di mancanza, e’ difetto, facendosi il tutto osservare da 3. esperti li più anziani di quell’arte, e’ stabilire ogni cosa per il publico utile, e’ Commodo; dovendosi prima di portarsi alle fiere essere ogni cosa cδ l’assistenza di qsti tre revista, e’ tassata, cδ il prezzo di sopra scritto, e’ sugellato col sugello del Prefetto; e’ perdeva il doppio del Valore, se maj vi si cδmettesse in qste cose tassate, e’ suggellate qualche frode. La cosa poj tassata, nδ si poteva Vendere meno del prezzo stabilito, acciò nδ si avvilisse in progiudizio dell’altri: E sú di qsto si stava cδ graδ rigore; e’ perciò le cose per nδ restarli invendute, li Artefici nδ si lagnavano della tassa; má talvolta volevano loro il prezzo minore pp nδ restar oziosi, cδsistendo il guadagno alla frequenza dello spaccio, non alla altezza del prezzo.

73 Non potevano poj gli Artefici le loro opere darle á Credenza nelle fiere senza il consenso del Soterargirio, che vi designava in quel tempo due Ispettori per qsto fine; má quel che restava invenduto si riserbava sino all’altra fiera á Capo dell’anno; ed avendo l’Artefice bisogno, era tenuto il Soterargirio darli danaro in soccorso; e’ l’Artefice dovea tenere la sud.a robba á richiesta del Soterargirio; e’ qsta robba era dall’Ispettori descritta, cδ un’altro suggello sugellata, nδ stando sottoposta á veruno altro peso. Qd.o poj la sud.a robba suggellata per l’altr’anno nδ si vendeva; si mandava dal sud.o Soterargirio altrove per vendersi á Carica del Publico: ó pure fuora lo stato si dava á Credito, ó in Cambio cδ altre cose, sempre però á Conto del Publico. Li Nobili poj nδ potevano ricevere á Credito cose dagli Artisti sotto pena della sospenzione di tre anni dagli officij, e’ dall’ingresso nelle sale di Radunanza; e’ l’Artefice era á proporzione del Credito punito; acciò la Nobiltà nδ spendesse talvolta cδ la speranza, e’ restasse soggetto all’Artefice cδ diminuz.ne del suo decoro, e’ molto più cδ la prosunz.ne del Villano, e’ del Suddito. essendo stata legge sin dal tempo di Margarita di Durazzo, che le robbe stabilì de Nobili nδ si potessero vendere, se nδ al Corpo della Nobiltà. E che l’Ignobili andando fuora nδ si potessero esiggere il frutto

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delle robbe passato l’anno, se nδ la metà del frutto, dopó due anni il terzo, dopó tre anni il 4°; e’ successivam.te sino che si estinguesse totalm.te il frutto. Eccetto però se andava per beneficio dello stato in qualche parte, e’ vi faceva dimora per smaltire robbe, come succedeva, tenendo bottegha; ó per altro beneficio del Publico. Si ammetteva il Credito fra gli Artisti, e’ Nobili, qualora qsti si ritrovassero fuora lo stato, nδ potea però passare il semestre; e’ stando in Casa si ammetteva per 48. ore la Credenza; però passato qsto termine era tenuto l’Artista portarsi dal Soterargirio per darlene la notizia, ed essere sodisfatto; dando però la pleggeria del ricevuto: Ed in caso di trascuraggine, ó falsità era punito tanto l’Artista che molte volte pagava il doppio 74 del Credito, che avea. Il Nobile pure era punito qualora nδ pagava per trascuraggine, dovendo oltre il debito pagare il quarto del med.mo debito in benef.o del Monte Sussidiario. Se poj fosse stata impossibilità, nδ si puniva cδ qsta pena del 4.°; má pagava il Soterargirio, e’ poj se nδ li era dal Nobile fra un’anno pagato, perche durava l’Impossibilità, si pagava dal sud.o Monte; e’ si procura al med.mo Nobile qualche Impiego entro, ó fuora lo stato; nδ succedendo qsto Cosa se nδ rarissime volte; perche cδ le Cariche si sostentavano le famiglie Nobili: E se erano cδ soggetti inabili, li si metteva subito il Curatore. Doveano qsti Prefetti ancora esaminare il bisogno di quell’Arte, e’ l’Utilità, che se n’arrecava: E così il numero degli Artefici in una Arte, ch’era decaduta, si diminuiva; e’ si accrescevano li Giovani all’insegnam.to di quell’arti più utili al Publico; dovendosi li Discepoli ordinarsi dal Prefetto á quali arti si doveano impiegare, nδ potendo sú ciò la volontà de Padri, e’ Madri; má il bene del publico: Nelle arti di Pittura, Scultura, Lavoro Sottile, ed ogn’altra che fosse altrove più eccellente, si mandavano li Giovani Idonej fuora per apprenderla ó á spese della loro Casa, ó se nδ qsta nδ poteva á spese del Soterargirio; che poj la dovea riscotere dallo stesso Artista á docati dodeci l’anno cδ il cδsenso del Pref.o. Se l’Artista diventava inabile, il Prefetto ordinava all’altri della stessa arte á somministrarli il bisognevole, mandandoli ogn’uno il pranzo una, ó due volte al mese, secondo il num.o delli Artisti, e’ delli Inabili; supplendo al di più la Cappella, ó il Monte, cδsiderate dal sud.o Prefetto tutte le Circostanze. Era Cura ancora del Prefetto maritare le figlie dell’Artisti cδ la dote della Cappella; dovendo tenere un Ispettore per l’esazzione nelle fiere di grana 13. per fiera nell’Artefici di arte Vile; e’ di grana 22. nell’Artefici d’arte Nobile,

75 oltre dell’elemosina, che si esiggeva ogni festa, ó spezialm.te in ogni giorno della fiera per la Cappella; e’ molti la p.a opera, che vendevano, e’ nδ eccedeva il prezzo di Carlini Cinque aveano per Costume darla alla Cappella; esigendo qsta elemosina l’Ispettore del Prefetto, ch’era tenuto darne nota distinta del dante, e’ del dato; acciò si regolasse il Prefetto del tutto; e’ nel ripartim.to delle Botteghe potesse assignare 2.°

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li parirebbe più proprio il posto più e’ meno vistoso, e’ Commodo; appartenendo questo officio al Prefetto dell’Arti, ed al Iurato, che sú ciò cδvenivano. Vi era poj una pena; che se maj li Artisti si lamentassero del Sussidio, che davano agli altri suoj Compagni Invalidi, e’ veniva all’orecchio del Prefetto, era condannato á nδ avere bottegha propria, má vendere in bottegha d’altri, che li era di graδ vergogna. Il Prefetto spediva le Patenti all’Artisti nδ tanto per Taberna, quanto per li Villaggi, dove solea andare ogni p.°, ó 2.° giorno del mese, ó veram.te mandare in sua Vece á visitare le di loro opere; ed osservare j discepoli circa l’Arte, e’ li Costumi. Tale Visita era obligato personalmente ogni sej mesi farla, e’ per ordinario si facea dopó l’ottava di Pasqua, e’ la p.a di 7bre per osservare l’opere, s’erano degne della fiera. E per li costumi se ne lasciava la Cura secretam.te á qualcheduno per punirli, ò cδrreggerli. Dovea risedere nella Casa del Curato, e’ nδ altrove, e’ la spesa, che il Curato facea li era rimborzata dal Soterargirio. Nδ si dava fra loro precedenza all’Arte; má all’età avanzata circa il sedere nella loro sala; ne si avea riguardo se il Prefetto fosse della p.a, ó 2.a Classe eletto; poiche qsta Sala nδ era radunanza per la Nobiltà, má per l’Arte; E così ancora nella Cappella, ove nelle solennità maggiori, talvolta intervenivano tutti; nella propria Cappella interveniva il Prefetto solo di quel Arte, di Cui il Santo n’era Protettore; come per li Agricoltori S. Agricola. Per li Fabricatori li S.S. Procopulo, e’ Massimo: queste erano nella Chiesa di S. Silvestro. Per li Ferrari Santo duristano; Per li Calzolaj li S.S. Crispino, e’ Crispiniano. Per li Sartori S. Omobono; qste erano 76 nella Chiesa di San Nicolò. Per li Pittori era S. Luca entro S.ta Maria Maggiore. Per li Pellicciari S. Bartolomeo, ed era nella Chiesa di S. Barbara. Per li Carpentieri S. Giuseppe; E per li Pastori Gesù Xsto cδ la pecora sú le spalle. Ego sum Pastor bonus entro la Chiesa di S. Giovanni Crisostomo. Le Costituz.ni poj di qste Cappelle fatte per Nicodemo Catanzaro Paroco di S. Nicolò l’anno 1382. furono cδfirmate per Carlo III. di durazzo, il Prefetto le faceva osservare appuntino, e’ li Curati nelle di loro chiese vi tenevano il Prete per far le Congregaz.ni ogni festa; ed ogni p.° Lunedì di mese ogni Prefetto interveniva la sera all’officio de morti, nella Sua rispettiva Cappella.

Capo III. Delle Prefetture delCapo III. Delle Prefetture delCapo III. Delle Prefetture delCapo III. Delle Prefetture della setala setala setala seta

Avendo il Conte Ruggiero conquistata l’Albania, la Macedonia, e’ la Tessaglia, dove vi avea trovato la seta, che dall’India avea fatto venire l’Imperator Giustiniano, penzò il sud.o Conte stabilirla in Calabria; e’ Bajolardo suo Nipote nδ trascurò piantarla in Taberna; e’ cercando qualche luogo più vicino alla Città, e’ più caldo, e’ meno esposto á Venti, si penzò al di lá del fiume, ove li due fiumi Lytricon, e’ Alli si univano ergere ivi li ponti, acciò potesse la gente valicare sicura, e’ coltivare l’industria, avendosi piantato li Celzi per di là; ed erettovi alcune Case in S. Giorgio, in Sabuzio, e’ Santo Biaggio. A Bajolardo successe Aldizia sua sorella, á qsta suo

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figlio Giordano; ed l’industria si avanzò, poiche oltre delli Cittadini lo stesso Giordano avea piantato j celzi per suo Conto; e’ Ridolfo Conte di Loritello l’avanzò molto prima della ribellione; tanto che avendo la Città eretto per Prefetto della Seta á Muzio Riczello, e’ il Conte á Biaggio Scariola; qsta Prefettura nella famiglia Scariola passò poj ad essere della Corte Reale; poiche Ladislao l’anno 1387 volle i Velluti**, le rascie, e’ damaschi di Taberna; e’ si stimò eriggere un’altra Prefettura sola, come si cδveniva per qsto fine, e’ si destinò Luc’Antonio Scarola. Per il Conte Gian Orazio Riczello; e’ per la Comunità Nardo** de Gattis; abitanti in S. Biaggio, dove vi erano li telari nelli di loro Casini. má molto più

77 in S. Giorgio, essendo in tempo dell’ultimo assedio 22. telari; cioè 4. per il Reggio Palazzo, 7 per la Contessa, 8. per la Comunità, 3. per li Provvisionati; poiche ogni provvisionato publico doveva avere oltre della mercede due Canne di rascia nella fine del suo officio; Il Giustiziario, Castellano, Soterargirio, e’ Catapano Maggiore l’aveano di Velluto; e’ l’altri á proporz.ne. Aveano qsti Prefetti la Cura di riuscire l’industria Copiosa, e’ di ottima qualità, avendo sudditi sotto di loro tutti li attinenti alla sud.a Industria; eziandio alli Velettari, zagallerari, frangiari, mercatanti; tintori, come ancora alli Patellari; ed alle Maestre quali erano sej, due per ciascheduna Prefettura; tenendo qste la Carica di Visitare l’altre donne, per vedere, come raccoglievano, e’ disponevano la seta, ed il lavoro; tenendo qste di provis.ne docati 10. l’anno cδ un manto di velo ogni 7. anni, alla fine del loro servizio, dovendo essere sopra gli anni 40., di probata vita, acciò pratticando cδ le figliole, che lavoravano detta seta, facendo Zagarelle, Calzetti, Cuffie, trapunti di sottane, pizzilli, guanti, fettuccie, ligaccie, ed ogn’altro, nδ li guastassero li Costumi, essendovi pena di perpetua Carcere, chiunqή di loro li portasse ambasciate, eziandio, di legitimo matrimonio; poiche portandole á mal fine, erano mandate in perpetua galera. Teneano qsti Prefetti due Ispettori, eccetto quello del Reggio Palazzo, dovendo luj stesso fare questo Officio nelle telari Regij, che stavano nelli Casini di S. Biaggio; ove vi era il Tribunale cδ 6. soldati. Visitavano cotesti Ispettori tutti li attinenti all’industria; Uno stava in S. Giorgio, e’ l’altro in Taberna; dovendo tali Ispettori venire da’ Prefetti á ricever l’ordini, á dare il Conto dell’opere, ed á pigliarsi il danaro pp pagare gli operarij, quali doveano essere sodisfatti ogni Sabato la sera dalli stessi Prefetti, alli quali servito aveano. 78 In S. Pietro, dove pure si operava la seta per Conto della Contessa; stante che qsta nδ volle escluderli di coglierla, filarla, e’ fare il nutricato, abbenche li Trattori tutti fossero in Sabuzio cδ li Testitori in S. Biaggio, e’ S. Giorgio; ad ogni modo il Prefetto nδ volle mandarvi Ispettore proprio; má vi stava uno della sua stessa famiglia per soprastare á quelli, essendovi stabilito Porzio Scarola, e’ suo figlio Gian Girolamo, che vi governarono solam.te per anni sette.

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In tempo delle fiere di Maggio, e’ 7bre il Prefetto del Publico era obligato portarsi in Taberna, e’ cδsegnare secondo la raccolta dell’anno il pattuito lavoro de drappi; e’ quello, che li avanzava potea venderlo per suo Conto franco; tenendo apposta una bottegha sua propria col proprio mercatante, che ce li smaltiva: E se maj per qsta sua vendita propria, trascurasse qualche cosa circa la qualità de drappi pattuita; era privato per un’anno di questa Utilità; standovisi cδ ogni rigore dal Soterargirio cδ altri sej Nobili, per Ciascheduna Classe due per esaminare la qualità del drappo, il peso, e’ l’altre circostanze, e’ spezialm.te, se per vantaggiare la sua propria bottegha cδ il superfluo, mancasse alla Comunità. La cδsegna si dovea fare al sud.o Soterargirio cδ li sej Nobili; quelli della Contessa si cδsegnavano al suo Mastro Razionale; e’ quelli del Regio Palazzo si mandavano talvolta cδ lo stesso Prefetto, ó persona di sua famiglia, ó di chí designava il Corpo della Nobiltà per andarci, nδ trascurando ognuno di fare qsto viaggio ordinariam.te si cδmetteva al più Vistoso, eloquente, e’ povero de Nobili per la ricompenza Reale, che era solito di ricever alcune volte in danari, e’ molte volte in Governi, ed altre cariche cδsiderabili.

79 Capo IV. Della Prefettura de panni.Capo IV. Della Prefettura de panni.Capo IV. Della Prefettura de panni.Capo IV. Della Prefettura de panni.

Avendosi detto di sopra che il Conte Ruggiero cδquistasse la Macedonia, e’ la Tessaglia cδ aver portato l’industria della seta, portò parimente quella de panni; ed Aldizia, sorella di Bajolardo nδ trascurò metterla in Taberna; avendo fatto venire Marco Vainerio Greco Veneziano, cδ tutti gli ordegni necessarij, e’ cδ altre sej Persone per la fabrica di detti panni: però si fatta industria per tanti infrangenti accaduti negli anni seguenti nδ si estese più delle Lane nostrali per provedersino Taberna, e’ li Villaggi nel proprio Commodo. Giunse nel anno 1415. la Contessa, ed avendo trovato Taberna in ogni cosa ben regolata, tenendosi ad onore vantaggiare cδ splendidezza quello Stato, ch’era sempre stato del Reale Appanaggio, procurò questa industria farla da dover risplendere. Chiamò l’anno seguente alli 4. di Febraro in Castello tutto il Corpo della Nobiltà; e’ fra gli altr’affari economici, gl’incaricò qsto de panni, promettendoli ogni soccorso di danaro, purche vi volessero attendere; E rispostoli di sì, che avrebbero il tutto fatto, purche venisse Artefice più Prattico, poiche quelli, che vi erano, nδ li facevano tanti fini, e’ di qualità per mancanza d’Istrum.ti, di Arte, e’ di Lana; quindi la Contessa fece venire Ambroggio Sanopirio Greco suddito de Veneziani per Maestro, cδ la lana di Macedonia, e’ si diede principio all’opera. Avendo la stessa Contessa scelto dal Corpo della Nobiltà Giacomo Frosina per Prefetto, acció si facesse un’altro varcho nel fiume Lytricon, ed egli si stabilisse in S. Marco 80 di residenza; avendo sotto di se due Ispettori; uno per condurre le Lane, che sbarcavano cδ le Navi Veneziane nell’Uria, quali poj dovea cδsegnare alli Scardassatori di Bartalisio; e’ per filarsino cδ li Mangani alle donne di S. Pietro,

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Bucisano, e’ Borgo di S. Crisostomo; nδ potendo filarle entro Taberna le donne. L’altro Ispettore andava in giro per qsti luoghi pagando ogni settimana li operarij. Li Telari posti in S. Marco erano Visitati dal Prefetto; e’ l’Ispettori nδ trascuravano assistere ora alli Varchi, ora alli operarij, ora alli Tintori, tanto che l’anno 1418. alla fiera di 7bre cδparvero li panni cδ uno smaltim.to incredibile per la beltà, e’ qualità. Tanto che l’anno seguente si mandò la robba ancora di seta, e’ lana cδ li panni per li stati de Ruffi, e’ de Marzani cδ un guadagno straordinario di tanti. Avea il Prefetto autorità nδ solam.te sopra li sudditi di qsta industria; má ancora sopra quej drappi ch’erano composti di lana, e’ seta per il mezzo tempo; sopra le tele Bambacine, e’ di lino; sopra li Cordari, e’ sopra li Stampatori delle sud.e tele, avendo luj il Ius dello Bollo sopra qste Cose ed in ogn’altro ove vi entrava la lana, ed il lino. Era però tenuto dare due Canne di Panno per ogni officiale Publico, 4 Canne al Castellano, Giustiziario, Soterargirio, e’ Catapano; come ancora alle dignità ecclesiastiche ogni tre anni due canne de meno fini all’altri officiali Minori nδ del Corpo della Nobiltà: Cinque Canne di drappo seta, e’ lana per ciasceduno Paroco ogni tre anni; ed alla Contessa li si davano due pezze di Canne 12. l’una in segno di ossequio, e’ gratitudine;

81 ed altre 24. Canne di drappetto seta, e’ lana di quel Colore che li piaceva dandone prima l’ordini; però volendo qualche pezza porporina, dovea far dare la Cocciniglia; questo era ogn’anno; oltre altre pezze 8. per la sua Corte di panno metà fino, e’ metà grosso ogni tre anni. Secondo poj la qualità delle Lane, la quantità delle med.e, e’ li prezzi dell’oglio era obligato il Prefetto cδsegnare al Soterargirio la nota delle pezze. Il di più era per suo Conto, potendo smaltirlo ó nella fiera, ove teneva bottegha propria col proprio Mercatante, ó altrove; fuora però dalli Stati de Ruffi, e’ de Marzani, ove andavano le pezze del Publico; per nδ turbare il trafico Comune, ch’era una sorgente tanto lucrosa per Taberna, e’ per li Villaggi, che affezzionati alla Contessa per tanto guadagno, che li arrecava, si precipitarono cδ essa sino alla rovina: perche extrema gaudij luctus occupat. Capo V.Capo V.Capo V.Capo V. Della Prefettura della Carta.Della Prefettura della Carta.Della Prefettura della Carta.Della Prefettura della Carta.

Avendosi fatto il Computo della spesa, che apportava in Taberna la Carta si penzò stabilirne la fabrica; tanto più, che dovendo portare li Vetturieri tanti drappi per li Stati de Ruffi, e’ de Marzani, per nδ tornarsene vacanti potevano qsti portare le pezze per la Carta. Si propose l’anno 1416 qsta fabrica, e’ fú approvata dal Soterargirio, dal Catapano, e’ da Tutti; tanto che ancora la Contessa promettendovi ogni assistenza, mandò lo stesso anno á chiamare da Salerno Ottavio Salistonio Artefice, quale venuto cδ altri Cinque Persone prattiche designarono il luogo sotto S. Sofia; e’ l’anno seguente verso la fine s’incominciò cδ qualche rozzezza, sino al

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Giugno delli 18.; creando il Corpo della Nobiltà il suo Prefetto cδ due Ispettori per invigilare all’opera, ed alla spesa, che nδ fú poca, ed á raccogliere in giro le pezze, avendo li Mercieri nella 82 fiera avuto licenza di accredenzare per li paesi sottoposti á Ruffi ed á Marzani mercanzie di cose piccole all’altri Mercieri: E qsti erano obligati al mese di Luglio, ed 8bre tener leste le pezze de loro paesi al ritorno delle Vetture; che aveano portato li drappi di Seta, li panni, e’ le tele. Fú dunq: eletto Annibale Altimatio pp Prefetto, qle risedea in Taberna, e’ dovea visitare almeno una volta la settimana la fabrica, secondo il bisogno, comandando all’Ispettori il bisognevole, tenendo sotto di se alcuni di S. Sofia per assisterli, tenendo cotesti le patenti per distinguersi dall’altri destinati ad altri servizi di vetture, sporte, legna, oglio, Api, nδ potendo dalli Centurioni essere molestati per altri servizi. Erano qsti Centurioni li più stimati dell’arte, á qli doveano ubbidire l’altri inferiori, dicendosi come Capi; e’ qsti se li eliggevano loro stessi secondo l’abilità in ogni principio d’opera, che doveano fare, nδ durando più questo titolo in loro. Soprastava il Prefetto alla Pellicciari, che facevano pergamene, esaminando solam.te qste circa la qualità, ed il prezzo, che dovea tassare; alli Statuari di Carta pista, che nδ erano pochi; Alli Stampatori sopra la stessa Carta circa le figure; all’Indoratori di Carta; ed alli Pittori sopra la stessa carta á guazzo, dovendo á qste opere dare il prezzo per le fiere, bollando il tutto cδ il suo sugello, proprio di ciascheduna famiglia; però il bollo della Carta dovea essere della Impresa antica di Taberna; cioè tre Tabernacoli cδ l’Arcangelo S. Michele al di sopra, anzi nella Carta detta Augustea, ch’era la più migliore dovea il bollo essere più grande con la Corona al di sopra per distinguerla dall’altra Augustea, che si vendea, e’ dava ad altri fuora della Contessa.

83 Era il Prefetto in obligo ogn’anno dare alla Contessa di qsta Carta Augustea cδ la Corona rotola 24., al Castellano, Giustiziario, Soterargirio, Catapano, dignità ecclesiastiche rotola tre. All’altri officiali, e’ Curati di Carta Libana rotola due. Alli Sotergrafij di Carta ordinaria rotola 8.; cioè 4. all’ecclesiastico, e’ 4. á qllo del Publico; All’Apocrifario del Publico rotola 12. Al Monte Sussidiario rotola 6.; alli Curati de Villaggi rotola 2. Alli Consoli dell’arti rotola sej per Ciascheduno. Al Soterargirio per il suo Tribunale rotola 26. All’Ateneo per la Libreria Publica, e’ Scuola rotola 36.// Per Conto del Publico al Soterargirio rotola 1400 di Carta ordinaria. Cantara 8. di Carta Emporitica turchina, e’ Cantara 6. di bianca per vendersela á Conto del Publico, e’ pagarsene le spese. Il di più poteva vendersela nella sua bottegha, tenendovi il Venditore. Durava tal Prefettura per anni tre; però si potea dire perpetua nelle famiglie, come quelle de Panni, e’ della seta spezialm.te, nδ tanto per il danaro impiegato, che vi teneano qsti Prefetti, alli qli il Publico era tenuto rimborzare, má per nδ turbarsi le Costituz.ni dell’Industria, e’ li Ministri della Contessa vi ponessero qualche clausula

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col tempo progiudiziale, scemando l’utile al Publico, per riceverlo loro, come ordinariam.te cδ li Padroni si osserva; che nelli torbidi cercano far pesca. E perciò in molte occasioni maj si amonevano li Prefetti, má le mancanze più tosto li si toleravano cδsigliando, che nδ punendo. 84 Capo VCapo VCapo VCapo VI. Del CatapanoI. Del CatapanoI. Del CatapanoI. Del Catapano

La potestà del Catapano era di molta autorità; poiche abbracciava tutto il Comestibile per lo Stato; che sebene in S. Pietro vi era il Catapano proprio, qsto nδ avea altra potestà, che sopra li pesi, mesure, ed assise, nδ sopra le proviste; per le quali poteva spendere danaro al di fuora lo Stato. Tenendo sotto di se gl’altri Catapani minori, ordinariam.te tre, má alle volte più secondo il bisogno, otto soldati, il suo Apocrifario, ed un Giudice per le Controversie, che occorrevano. Dovea provedere tutto lo Stato, fin l’osterie di Carni, grani, ogli, latticini, sale, salumi, vini, frutti, ed ogn’altro attinente al Mangiare. Suonava la Campana del suo Tribunale nella Chiesa di S. Maria Maggiore, qualora teneva giustizia; e’ quella della Torre di S. Barbara per qd.o dovea far Parlam.to Publico, dovendovi intervenire il Giustiziario, il Soterargirio, ed il publico Sotergraphio per Conservare le Risoluz.ni Parlamentarie, intervenendovi li Nobili di 33. anni in sú, qualora si decretavano le provvis.ni faciende*, , , , si stabilivano li prezzi, e’ si facevano le risoluz.ni economiche per il publico bene, scrivendo il tutto il Publico Apocrifario; e’ dandosi li ordini scritti alli Catapani Minori per eseguirli; ed il Sotergrafio dovea firmati Conservarli in tutti li due Archivij in S. Maria Maggiore, ed in S. Barbara; poiche l’inverno pp ordinario si tenevano tali Parlam.ti in quella, l’està in qsta.

85 Dovea provedere il Castello, e’ la Torre di tutto il Comestibile, come ancora gli Luoghi delle Industrie, l’Ateneo per li fanciulli poveri, l’Ospedale, le Locande entro, e’ fuora, li Conventi, e’ Monasterij, il Monte Sussidiario, e’ Frumentario di grani, nδ potendosi qsti provedere se nδ dal Catapano, acció nδ alterassero li prezzi delle Cose, spezialm.te j luoghi pij, che per spendere danaro nδ proprio, cercavano il Commodo loro, nδ quello del Comune. Avea giurisdiz.ne sopra li Molinari Publici, eccetto però nelli 3. che avea il Padrone; ed ancorche la Contessa ne avesse dato uno all’Arciprete Rocca per la Chiesa di S. Barbara, passando in dominio di qsta, il Catapano ne prese il possesso; poiche eccetto á quelli del Padrone, era di sua giurisdiz.ne ogn’altro. E’ perciò luj dovea mettere j Molinari, osservare la puntualità de med.mi, la qualità, e’ lo sfrago della farina tanto per Taberna, quanto per li Villaggi; così ancora á luj apparteneva mettere li Fornari, e’ cacciarli. Avea sotto di se li Buccieri, Confettari, Maccaronari, Candelari di seno, Trottari, Cacciatori di reti, Ostieri, e’ tutti addetti al Comestibile; come ancora alli Pescatori

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nelle marine del suo Territorio di Allis, ed Arocha, e’ similm.te á tutti li operari de Cannameli per il Zucchero, qd.o si faceva quell’anno per Taberna poiche stando tali Cannamele tra Allis, e’ l’Uria due anni tocava á Sibari, ed uno á Taberna, dopó, che Sibari fú dal Catimero in quella Rivoluz.ne di Taberna, toccato á luj più per forza, che per raggione, come ancora il Monte Selion, ove avea piantato la Rocca per difesa de suoj Latini, chiamata Asilia, come Asilo in quelle inondaz.ni di Saraceni; e’ restando tutto qsto territorio dalla parte di Catanz.ro, per tenere molte Cannamele, si cδchiuse ogni 3. anni, uno toccarne á Taberna 86 ponendovi il Catapano per questo terzo anno, che toccava á luj, tutti li operari per il Zucchero; qle tolta la spesa si distribuiva á proporz.ne per li officiali, per gli luoghi pij, e’ per l’ecclesiastiche Dignità, inclusevi li Curati, nδ cavandone il Publico altro guadagno. Appena eletto il Catapano, era tenuto il Soterargirio cδsegnarli docati tre mila per la Provista de grani, e’ d’ogn’altro, spezialm.te del salame; per cui teneva Taberna la porzione nell’affitto della pesca de pesci Tonni, tenendovi impiegati docati 600. per avere l’ottima qualità, e’ il prezzo più dolce, compartendosi la rata dell’usufrutto alli terzalori, che si smaltivano per li luoghi pij, e’ per le Botteghe; stando esente solam.te il Palazzo del Giustiziario, ed il Castello, quale nδ poteva darne ad altri; standovisi cδ molta attenz.ne per nδ essere progiudicato; come successe l’anno 1418. cδ li Domenicani, qli avendosi introdotto secretam.te cδ l’intelligenza del Castellano salame, il Catapano la notte li fece fare una sepe all’intorno delle porte del Convento per nδ uscire in Publico li Religiosi, se nδ consegnassero il salame. E cδ tutto che il Castellano, e’ Giustiziario ne lo pregasse, rispose il Catapano ch’era qsta una Costituz.ne Publica, e’ perciò vi bisognava il parere del Publico. Fece sonare la Campana, si radunò il Corpo della Nobiltà, si espose la Causa, si tirarono le palle, e’ di 104. votanti, un voto solo fú inclusivo, abbenche tutta la Nobiltà avesse promesso al Giustiziario di se; tanto che conosciutasi l’Unione, furono consegnati li Marzaroli al Catapano, che li mandò al Monte di Pietà pp servirsene: però due mesi appresso li pagò il prezzo, dicendoli, che per rispetto del Castellano ciò si faceva. E dubitando, che il med.mo nδ scrivesse alla Contessa in Montalto, dove si attrovava, essendo il Castellano persona grave di età, e’ di Credito

87 abbenche nδ fosse stata sua la colpa, má del figlio: dubitando il Publico di qualche sinistra informaz.ne, spedì Agostino Nuz., e’ Giulio de Jazzolis cδ una lunga lettera alla Contessa cδ le raggioni del Catapano, e’ cδ le conseguenze, che ne seguivano al Publico, qd.o si avesse chiuso l’occhi á tanto, sapendosi bene, che l’officio deve apportare il Zelo, nδ la Connivenza: Era qsta lettera composta da Filippo Beroaldos, il più eloquente, ed erudito fra dottori, tanto celebre per l’opere date in luce: de felicitate, e’ di tante altre sue dotte Orazioni, che la Contessa ne restò appagata, e’

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rispose al Castellano, che l’avea scritto, d’una maniera molto aspra, che li servì d’insegnam.to. E li frati col tempo furono dal Convento mandati via. Tiene il Catapano sotto di se oltre li Catapani Minori, tre Ispettori: Uno per l’Acqua tanto delli fiumi, e’ fonti, quanto per li Molini, e’ Cisterne dovendone accomodare li argini, e’ tenere sicuri li ponti: L’altro per le strade di tutto lo Stato, per qd.o si guastassero. Ed il 3.° per le fabriche publiche di tutto lo Stato, e’ spezialm.te dell’osteria, nδ potendo li fabricatori senza l’ordine espresso in scriptis del Catapano alzar fabriche, accomodare edifizi, aprir fenestre ó porte; dovendo le fenestre essere tutte di una misura. Nel Borgo poj, dove vi stava più spazioso, nδ correva tanto rigore. Avea di mercede il Catapano alla fine dell’anno docati 48.: e’ del tornese á rotolo della Carne, e’ delli Maccaroni, ed oglio in tempo delle fiere; come di grana 4. á tumolo d’orzo ne dovea pagare le provis.ni alli Catapani minori di docati 12. l’anno; e’ tumola sej di grano; così all’Ispettori; ed alli Birri docati sej l’anno, e’ tumola 4. di grano per Ciascheduno; tenendo pure qsti l’esazzione di grana due per Ciascuno Animale grosso, che veniva alla fiera per vendersi; e’ di ogni diece piccoli pure grana due, e’ mezzo; ciò si faceva per il pascolo del Publico, nδ per paga di dazio; essendo le fiere franche: e’ qsto danaro si compartiva alli Ministri del Catapano; quale pure esiggeva pp li giorni ultimi della sua Carica li deritti delle Cause 88 che si potevano fare sommariam.te, qsti poj si ridussero alli soli debiti, dal Vescovato sino alla Porta Maritima, otto giorni per luj, ed altri otto per il suo Giudice, quale pure avea il quarto delle pene á suoj sudditi, má questo si tolse pure, e’ li si diede in ricompenza il Panno, e’ la Carta; e’ tutte le pene andavano al Soterargirio per accrescerne l’Erario Publico; nδ volendo, che il Catapano, ed il suo Giudice potessero transiggere cδ rigore*, si fece qsta ricompenza. Capo VII. Del Soterargirio.Capo VII. Del Soterargirio.Capo VII. Del Soterargirio.Capo VII. Del Soterargirio.

La potestà del Soterargirio se nδ era di estensione quanto quella del Catapano, era nondimeno di una grandis.ma stima, per il Bene, che arrecava al Publico, e’ per la Persona, che dovea occupare qsta Carica, dovendo essere di molta abilità. Egli dovea esiggere l’entrate dello Stato, distribuire li Campi Comuni per li pascoli, e’ per la semina, provedere á tutti li bisogni; e’ pagare al Regio, alla Padrona, ed alle Persone addette all’industrie, e’ fatighe dello Stato. Teneva sotto di se due Apodecti, ó siano Tesorari, che facevano l’offizio di Razionali, uno per l’Introito, l’altro per l’esito. Teneva tre Esattori, ed 8. soldati; dovendo qsti esiggere ogni provento de Campi, ogni dazio Reale, ogni utile dell’Industrie, e’ delle fiere, delle qli ancorche apparisse esserne li Iurati Maggiori Padroni, ad ogni maniera. La rendita era tutta esatta dal Soterargirio, e’ spezialm.te li Iussi Civili, e’ Criminali per nδ succedere estorzioni, qd.o il deritto, ó molta era del privato, e’ nδ del Publico.

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Esiggeva le Patenti, che li Prefetti dell’Arti facevano á loro rispettivi Artisti, nδ volendo, che tali Patenti entrassero á Prefetti per nδ ammettersino Persone meno Idonee, e’ più numero di sudditi di quello giovasse allo Stato. Esiggeva li Iussi sopra li delinquenti nel Comestibile, nδ appartenendo qsti al Catapano; má al Soterargirio per dividerseli á metà col Giustiziario. Esiggeva ancora il Ius delle Carceri nella Torre di S. Barbara, nδ

89 potendo il Carceriero prendere cosa alcuna eziandio sotto titolo di arbitrio; essendo subito privato di officio, se trasgrediva le Costituz.ni sú qsto particolare; dovendo il Carceriero dare il Giuram.to, e’ la plaggeria di qualche cosa, che succedeva in aggravio per l’essere l’offeso redintegrato, ed il trasgressore punito; dovendo il plaggio sodisfare in caso di fuga, ó di morte. Avea di mercede docati 60. l’anno, oltre gli altri proventi. Li Apodecti docati 48. l’uno; e’ l’esattori lo stesso; e’ docati 20. per Ciascheduno per li Cavalli, dovendo caminare per tutto lo Stato. Durava la sua carica un’anno, però era sempre confirmato sino á 7. anni, secondo l’esigenza dello Stato. dovea però ogn’anno dare il Conto á 4. deputati, che il Corpo della Nobiltà eliggeva. Il suo sedere appresso del Catapano nelle funzioni publice, e’ nelle Sale di Radunanza era quello della sua famiglia, però dopó l’arrivo della Contessa era in sedia distinta per il graδ peso, che portava cδ tante Industrie specificato cδ questa marca di onore .

Capo VIII. De Iurati, Prefetti de Monti, Capo VIII. De Iurati, Prefetti de Monti, Capo VIII. De Iurati, Prefetti de Monti, Capo VIII. De Iurati, Prefetti de Monti,

e’ dell’Ateneo.e’ dell’Ateneo.e’ dell’Ateneo.e’ dell’Ateneo.

Li Dimagogi, come si è detto di sopra, all’arrivo de Normanni cangiarono qsto nome Greco, e’ li fú imposto quello de Iurati, qle col tempo li restò. Erano qsti due col peso di proteggere le Cause de poveri, vedove, pupilli, invigilare la notte ad ogni incδveniente, che potesse succedere; e’ nelle fiere registrare il tutto, e’ correggere li abusi, e’ punire li delitti, che in qlle occorressero. 90 Se n’elessero due, acció uno assistesse, e’ difendesse le Cause tra gli Poveri, vedove, e’ pupilli; l’altro tra il Nobile, e’ qsti. Ed ancorche tali Iurati si potessero dire uno nell’altri pesi, poiche scambievolm.te facevano l’offizio loro ó una settimana, ó un mese á di loro beneplacito, e’ Convenz.ne per Ciascheduno; così parim.ti nelle due fiere, era uno per fiera il Soprastante; á quella di Maggio era il Iurato tra il povero, e’ il Nobile; poiche vi era più incommodo alla difesa, e’ per conseguenza dovea aver più mercede, essendo la fiera di Maggio più lucrosa; tenendo il Iurato due grana ad Animale grosso, e’ tornesi Cinque ad ogni diece piccoli, che venivano per vendersi, eziandio per le galline. Teneva pure Cinque tornesi á bottegha nel Borgo, e’ grana Cinque á quella entro le Mura per la guardia della Notte ogn’anno; ed un Carlino per Baracca nella fiera. E per ogni cosa, che si misurava un grano á Canna; il panno un

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tornese; le Zagarelle similm.te un tornese, purche passassero li grana diece á Canna. Oltre li altri proventi, che li venivano dal Publico per rigalo, come Officiale Maggiore; sedendo nelle funzioni publiche appresso il Soterargirio. Aveano sotto di se li Iurati minori, secondo li tempi variati nel Numero; e’ qsti erano salariati dalle Botteghe de Mercatanti, che pagavano cδ l’Orefici molto più dell’altri per la Custodia della notte, nδ stando affissi tanto alla pagha quanto alla Convenienza; anzi molti Palazzi li rigalavano, come ancora li Luoghi pij, ed il Monte Frumentario, ed il Soterargirio, che teneva il peculio publico, e’ qllo di molti privati li faceva rigalare nδ poco; tanto che per qsti Iurati Minori nδ mancavano persone Civili impegnarsino ad ottenerne la Carica, e’ per il lucro, e’ per il trasporto dell’Armi: potendo di notte á chi Caminava senza fiaccola, ó lume Carcerare, eziandio li ecclesiastici, quali doveano consegnare la stessa notte á loro Superiori, senza esiggerne cosa alcuna per la Cattura.

91 Spedivano le Patenti con la firma d’amendue; e’ qste si doveano presentare al Giustiziario per sapere chi siano questi Iurati minori, acció sotto qsto pretesto nδ fosse progiudicato il suo Tribunale; qsti poj doveano essere, nδ dipendeva dalli sudetti Iurati Maggiori, má dal Corpo della Nobiltà; che ne scieglieva 24.; per ogni sej un Capo di loro; dovendo qsti sej rondare la notte per dentro le mura; e’ l’altri sej rondare per il Recinto de Iudei, e’ per il Borgo; facendo cangio fra di loro per riposarsino dalla notte passata. Le Carceraz.ni poj appartenevano transiggerle al Soterargirio, essendo qsto tenuto oltre gli altri emolum.ti darli 4. tumola di grano per uno l’anno; e’ parim.ti sej tumola al Carceriero per l’incommodo delle Carceri nella Torre, ove tenevano li Iurati le di loro Carceri: Stendendosi il di loro dominio ancora per li villaggi, eziandio per S. Pietro. Il Prefetto del Monte Sussidiario di Pietà era pure un Nobile scelto dal Corpo della Nobiltà, quale dovea tener Conto dell’entrade, elemosine, e’ della raccolta della Manna: appartenendo á luj la metà della manna, che si raccoglieva; che dandone rotola 12. all’ospedale; il di più era suo; nδ avendo in qsto genere potestà il Catapano; má qsto Prefetto farla raccogliere per lo Stato. Dovea provedere li pupilli, li orfani, le Vedove, li poveri, e’ l’invalidi di qualche sussidio; e’ l’ospedale di tutto il bisognevole per li ammalati; nδ avendo alcuna mercede per l’incδmodo; mδ la ricompenza li veniva più Copiosa nell’altra vita. Era però rigalato dell’Emolum.ti publici; come l’altri officiali: però si cδvertivano da luj in opere pure pie; ed in mancanza delle rendite, era obligato il Soterargirio contribuirli qualche Sussidio. Nδ avea posto fuorche nella propria Chiesa distinto. Ed avea sotto di se li Subalterni tanto per l’esaz.ne quanto per li pegni, elemosine dispenzande, governo delli esposti, spedale, e’ Servizio di Chiesa, nδ meno che, 38. Persone. 92 Il danaro impiegato per li pegni nδ dava frutto per un’anno, passato qsto si dovea pagare il due per 100. secondo la Concessione del Papa Pasquale II l’anno 1099; Per il

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Mobile di Lana passato l’anno si esponea all’incanti, e’ si vendea; nδ però l’altra robba franca di tarlo. E qd.o vi stava danaro de Cittadini riserbato, il Monte nulla esiggeva di Frutto, poiche molti per nδ tenere ozioso il danaro per un’anno, e’ più solevano dare il danaro al Monte per traficarlo in qualche cosa lucrosa per sollievare li poveri.// La Contessa poj, che volle nel suo arrivo dimostrare la sua pietà, lo arricchì di molti doni per la Chiesa, di danaro per tal uso di pegni, e’ per abbellirlo nelle fabriche, tanto che nel 1421. che fú terminata la Fabrica cδ il suo Ritratto di Marmo al frontespizio, vi fece incidere questa Iscrizione tolta dall’Istituz.ne di Giustiniano al tit.o de Libertinis. Nostra pietas omnia augere, et in melioreδ statuδ revocare desiderat. Il Prefetto del Monte Frumentario era pure un nobile, che avea cura di 600 tumola di grano per darlo á poveri alla Voce di Luglio, conforme si comprava, e’ si riscotea dalli Campi dati in semina dal Publico; qsto si accredenzava, e’ dopó un’anno si riscotea cδ le fatighe, che facevano; godendo di qsto tempo, e’ del prezzo; dopó l’arrivo della Contessa si avanzò á tumola 1400. per il guadagno dell’industrie, e’ per la possibilità di pagarsi l’esito. Di qsto ne partecipavano li Villaggi á proporz.ne del bisogno. E molte volte cδcertavano col Catapano per la provista, e’ per la quantità del grano, dandosi pure la potestà á qsto Prefetto provedere li Magazeni publici, ed il Castello ancora cδ li luoghi pij; spogliandosene di qsto peso il Catapano, occupato in altri affari. La crescita del grano per l’assistenti; e’ luj avea docati 36. l’anno.

93 Il Prefetto dell’Ateneo si eliggeva pure dal Corpo della Nobiltà; ed ordinariam.te cadeva l’elez.ne in Persona Ecclesiastica, costituita però in Dignità almeno di Paroco; dovendo costuj avere la Cura delli Maestri nelle Scuole, e’ nelli studij, mutandoli, e’ licenziandoli, qualora vi scorgesse qualche difetto, negligenza, ó scandalo; dovendo almeno una volta la settimana fare la visita ora in una Classe, ora in un’altra; esaminando li Maestri, e’ li Giovani intorno all’abilità, e’ pure alla Presenza, spezialm.te, in coloro, che si applicavano alli Studij Legali; volendo, che fossero di bello aspetto, fecondi, e’ di piacevole voce, appoggiato á quello, che dicono alcuni dottori di Papiniano Giurisconsulto, che fú molto stimato, e’ lodato da Giustiniano nel Proemio de digesti per essere stato bellis.mo di Corpo, e’ di Animo. Non solam.te il Prefetto invigilava nelli Scolari, e’ studenti, quali erano distinti dall’altri ignobili in Camere Separate, e’ secondo le diverse classi separati; má alli Maestri l’erano state date le Regole fondate sú quel libro di Plutarco de Istitutione pueros; e’ di Varrone nel trattato de pueris educandis; alla quali vi aggiunsero secondo la varietà de tempi altre regole cavate dal Simposio di Platone; quali regole nδ potevano senza diminuz.ne del Salario á proporz.ne della mancanza dismettere; standovisi sú qsto cδ molto rigore, essendo li Maestri ben salariati dal Publico, senza 94 che potessero ricevere cosa alcuna ne dalli scolari, ne dalle di loro case eziandio in tempo di Natale, ó Pasqua per nδ succedere parzialità all’insegnam.to; pagavano bensì

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le Case al Monte Sussidiario qualche cosa al mese secondo li tempi per le Collazioni, che si davano á figlioli, qli doveano essre tagliate, e’ poste alla Rota per essere distribuite, nδ potendo portare lo Scolaro cosa alcuna dalla sua Casa: má dovea il Monte Sussidiario somministrare ogni cosa. Per li figlioli Nobili somministrava di altra qualità le Collazioni, tutte però eguali. Soprastava qsto Prefetto ancora alle Maestre, che insegnavano le figliole, tanto nelle loro Scuole Publiche, ch’erano tre, due nella Città, ed una nel Borgo; quanto á quelle, che andavano per le Case de Nobili, e’ per li Monasteri insegnando, essendo pure obligato, almeno una volta al mese farne la visita, abbenche á questo effetto li Parochi pure vi s’impiegavano, nδ tanto per sapere leggere, e’ scrivere; quanto per sapere le Cose attinentino alla dottrina Cristiana, ed all’Istituzione della Vita; dovendo le figliole oltre dell’arti feminili, che sappiano bene li precetti per ben vivere. Queste Maestre salariate pure dal Publico, che doveano esser oltre delli anni 40. di età, doveano ogni sej mesi essere esaminate nell’Ateneo circa la dottrina Cristiana; e’ qsto si faceva, dopó la venuta delli Iudei in Taverna, acció cδ il commercio di quelle donne cδ qste, nδ si turbasse la mente cδ qualche dogma pernicioso; essendo le donne facili nel Credere. E perciò si dovea fare questo esame nδ solam.te innanzi al Prefetto; má ancora innanzi le Dignità tutte Ecclesiastiche, invitate á qsto effetto; abbenche per gara di precedenza nel sedere nδ vi intervenissero maj assieme; má una Dignità per volta.

95 Era la fabrica dell’Ateneo una delle più belle, e’ capaci per il Comodo di tanti; poiche oltre delle scuole per l’Ignobili vi erano le Sale per le Classi de Nobili, per li Studenti; e’ per li Ecclesiastici separatam.te da Laici; mettendo Maestri distinti per coloro doveano ascendere al Sacerdozio: E perciò il Prefetto era Ecclesiastico, ordinariam.te per togliere qualche ombra, che li Ves.vi potessero avere, qualora fosse il Prefetto Laico, e’ pretendesse per li suoj ecclesiastici introdurre qualche Seminario cδ grave spesa delle Case, che doveano tenere li Alunni: poiche di qsta maniera si potea ricevere per Seminario; anzi il Maestro di Teologia Morale, qd.o il Prefetto lo dovea mettere, ne giva á parlare col Ves.vo, dandoli quasi una Certa tacita obedienza per nδ risvegliarli la pretenz.ne del Seminario; poiche li Vescovi Sicherio, e’ più in quà Anastasio** aveano lasciato all’Ateneo per entrada due Campi, e’ li Vescovi di Catanzaro li pretendeano per eriggere il Seminario in Catanzaro istesso: E perciò quej di Taberna questa rendita l’impiegavano all’Ateneo dell’Ecclesiastici per togliere qsta pretenzione; nδ mancando altra entrada per suo Commodo; e’ per il mantenim.to della Chiesa entro il sud.o Ateneo sotto il titolo di S. Dioniggi, che nδ avea porta di fuora per nδ entrarvi donne; má era per Commodo delli Maestri Preti per Celebrare; e’ per li Giovani á farvi le di loro divoz.ni, ed ascoltarvi messa, li Nobili da sopra; e’ l’Ignobili da terra.

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96 Avea il Prefetto per sua mercede le Convenienze solite all’altri Prefetti, nδ paga; e’ durava il suo officio per anni tre, e’ molte volte era Vitalizio, qualora il soggetto era di prelibati Costumi, e’ di dottrina superiore all’altri; ó pure qd.o era ricco cδ la speranza di qualche Lassito, ó faceva á sua spesa utile all’Ateneo nδ era maj amosso; poiche á tanta spesa vi bisognava qualche sussidio, nδ mancandovi li Governatori, qd.o si ritiravano da loro Governi, e’ li Mercatanti nell’Ultimo delle fiere somministrarli qualche Cosa, nδ tanto per il mantenimento delli Scolari poveri, quanto per il salario de Maestri; Ricevendo bensì l’Ateneo per li Giovani Nobili de Villaggi, ó pure Commodi qualche Sussidio: però dopó l’introduz.ne delli panni, e’ della Carta, entrando molto Utile al Publico, e’ la spesa per la Carta diminuita nδ si stava cδ rigore á qsto sussidio: má si lasciava in libertà di ognuno, che volea al sud.o Ateneo contribuire grano, ó danari. Per ordinario si ricevevano graδ quantità di messe dalle Case de figlioli, che imparavano, e’ nδ poco contribuivano alla porzione della Mercede, che li Maestri ricevevano, che secondo la qualità de med.mi ricevevano il salario; e’ molte volte si faceano venire, qd.o bisognavano, forastieri per tal fine, nδ risparmiandosi á spesa, purche li Maestri fossero ottimi per l’Insegnam.to // Vi era al frontespizio dell’Ateneo quel Versetto delle Parabole, scolpito in marmo: Beatus homo, qui invenit Sapientiam, et qui affluit prudentia al Cap. 3.°.

97 Capo IX. Dell’Epanortote.Capo IX. Dell’Epanortote.Capo IX. Dell’Epanortote.Capo IX. Dell’Epanortote.

L’Epanortote, ó Censore de Romani, ó per meglio dire Correttore de Costumi si creava da Nobili nelle Stanze Arcipresbiterali, ove vi era una stanza apparte cδ l’iscriz.ne cavata dall’Ecclesias.co all’ 8: Non te praetereat narratio Senioruδ: ipsi n* didicerunt á patribus suis, quoniaδ ab ipsis disces intellectuδ, et in tempore necessitatis dare responsuδ. In qsta stanza Arcoipresbiterale, entro il Vescovato si radunavano li Nobili, tanto Ecclesiastici, quanto Secolari, che passavano l’età di anni 50., e’ davano in potere dell’Arciprete, ó Paroco di S. Nicolò il Voto scritto, e’ sugellato dell’Eligendo; e’ coluj, che avea la maggior parte de Voti era l’eletto, che dovea passare l’età di anni 50. sia Ecclesiastico, sia Secolare. Questo eletto nδ si sapeva chi era, solam.te licenziata la Radunanza, publicava all’Eletto l’Arcip.te l’elezzione sua in Correttore de Costumi; quale avea autorità nella sola Città: poiche per li Villaggi, e’ per le donne, l’Arcip.te, con il Cantore, e’ li Parochi n’eliggevano un’altro secretam.te fra di loro; che si chiamava Correttore del 2.° Semestre. Si diceva il Correttore della Città del p.° Semestre, nδ perche la sua autorità durasse sej mesi, perche durava per tutto l’anno: má perche terminato l’anno della sua carica, dopó sej mesi, il nuovo Censore esaminando la Condotta del passato, riceveva dall’Arcip.te la mercede. Quello del 2.° Semestre, perche dovea essere esaminata la sua Condotta per un’anno, dopó

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98 ch’era uscito di officio per essere affari donneschi, e’ di Villaggi, ove vi bisognava più tempo per esaminarsino secretam.te; si pagava un’anno dopó, ch’era uscito alla fine del 2.° Semestre, acció li nuovi Correttori avessero tempo per bene esaminare la condotta delli passati. Che se mancanti si trovavano nel loro Uffizio ó per negligenza, ó per condiscendenza, ó per altra passione erano privi della dovuta mercede, anzi talvolta erano privati dell’attivo, e’ passivo nell’altre Cariche per tre anni qualora dimostravano cδ azzioni esterne loro essere li Censori, ó cδfidassero tal Carica, che possedevano; stimandosi l’essenza di qsto officio l’Inviolabile secretezza; tenendola sotto sigillo l’Ecclesiastici. E quindi si dovea dar gastigo, ó rimediare alli sconcerti, si mandava al reo, ó alla Casa il biglietto sugellato cδ la pena impostali, ó col comando della Correzzione. E bisognando carceraz.ne ó alli padri di famiglia, ó alli Maestri, ó alli Rej s’imponeva qsta al Torriero di S. Barbara, ó al Castellano s’era nobile, mandandosi á qsti per eseguirla l’ordine senza firma, má invece di qsta li Sette Suggelli, che teneva qsto Tribunale per sopranome chiamato Phoberos, che voleva dire Terribile. Con le donne si procedeva per via di Parochi. E per li Villaggi col Magistrato, ó per mezzo delle Correzzioni de loro rispettivi Curati; avendosi col tempo scoperto, li stessi Correttori avere punito sino le mogli istesse, e’ li proprij fratelli, nδ che figli; tanto richiedea il Zelo, portando in ogni sigillo delli 7. questo Verso dell’Eclesiaste all’8. Qui custodit praeceptuam, nδ experietur quisquam mali.

99 Corregevano ancora gli Ecclesiastici di grado superiore, mandando il Censore il suo biglietto cδ li sette sugelli al Ves.vo, ó al suo Cantore per li Preti, e’ Parochi; ed á qllo per le sue Dignità, e’ Par.co di S. Nicolò, ch’era fra gli altri Parochi graduato; scaricandosi la di loro Coscienza cδ l’avviso, nδ appartenendo altro alli Censori. Con li Ministri procedevano pure così, qualora avvisati de loro difetti nδ si emendavano, si spediva dal Censore l’avviso á Deputati del di loro Sindacato, e’ quando erano persone nδ soggette á Sindicato, come il Castellano, ó li avvisavano li difetti per emendarli frá un mese, ó ne davano parte al Padrone; che á cose attinenti al Publico nδ teneva á discaro, ricevere qsti avvisi. A quej, che amministravano Cariche publiche, se avvisati del difetto, nδ si emendavano, essendo cose gravi, fra un mese erano deposti. Si dava qsto mese di tempo per giustificarsino, il che si facea, cδ sigillare le di loro Repliche difensive, e’ metterle poj nel buco Parocchiale, per essere poj da Parochi portate secretam.te al Censore; nδ dandosi ad altra Persona il permesso di sapere chí fosse il Censore. In qsto buco, che al di fuora tenea l’Iscrizzione sopra, tratta dalla L.8. ff ad L. Aquliam, che dicea: Unusquisquή debet intelligere infirmitateδ suaδ; posto al lato della Porta grande di ogni Chiesa Parocchiale, e’ che terminava dentro, si mettevano le accuse, e’ le difese; essendo obligati li Parochi ogni sera, ed ogni mattina visitare quel

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luogo, dovendo tenere cuscite le due chiavi, che aprivano la cassetta alla fine del buco, nelle proprie saccoccie invisibili ad ognuno, nδ potendosi qste fidare maj se 100 nδ á Parochi in caso di qualche impedimento, dovendo il tutto passare cδ secreto inviolabile; stimandosi spediente più d’ogn’altro Castigo, ó cδsiglio profittevole á ben educare li Giovani il non sapere de Vecchi Nobili quale fosse il Censore; stimandosi cδ qsta oscura ignoranza tutti j Vecchi, che passavano l’età delli anni 50. La più Cura maggiore ne Censori era nelli Padri, e’ Madri di famiglia, nelli Maestri, e’ Maestre, circa l’educaz.ne, osservare l’Indole, e’ l’Inclinazione de Giovani Nobili, poiche per l’Ignobili vi stavano vigilanti li Prefetti dell’arti; nδ potendo li Padri, e’ Madri impiegare j figlioli á loro genio; má alla volontà del Censore, che senza passione conosceva l’indole del Nobile, che dovea comparire poj infaccia di gente straniera per l’impiego, che dovea occupare politico, ó militare. Circa l’impiego del tempo á nδ stare oziosi, ó spendendolo in giochi indoverosi, ó in conversaz.ni meno lecite. S’invigilava sopra il lusso del vestire, considerandone de Nobili ancora la spesa del di loro mantenim.to, e’ delle di loro rendite. Si punivano li negligenti delle di loro possessioni, qualora nδ procuravano di vantaggiarle, dalle Compre mal fatte, e’ di ogni cosa malam.te adoprata, facendoli trovare il Curatore nella Casa eletto, á cuj doveano ubidire coloro della Casa; punendosi fino quelli, che tenevano li Cavalli magri; tanto che tutti doveano caminare la strada di mezzo; usandosi più rigore in Taverna, che nella Republica di Roma usavano cδ le di loro Tavole Cerite li Romani Censori. Rigore, che di Nobili facea popolare j Villaggi, má la Città la facea onorevole, ed opulente, nδ che dotta, e’ pia. La mercede del Censore era di docati 30. l’anno.

101 Capo X. Del giustiziario, Mastro Razionale, Capo X. Del giustiziario, Mastro Razionale, Capo X. Del giustiziario, Mastro Razionale, Capo X. Del giustiziario, Mastro Razionale,

e’ Castellane’ Castellane’ Castellane’ Castellanoooo.

Si disse, che nell’Uria nella sua prima fondaz.ne Governava la Regina Astiochena, poj il Duce, e’ l’Arconte, ed á tempo di Trischene pure il Duce col Senato. Qd.o poj fú soggetta l’Uria alla Republica Romana vi era in luogo di Duce il Correttore; má stabilitosi poj in Tirio* dalla sud.a Republica l’anno 187. prima della Venuta di Xto Nostro Sig.re Duellio Caninio col titolo di Correttore, il Correttore dell’Uria prese il titolo di Diacata**, che volea dire Moderatore, ó Gubernatore in Latino; abbenche il Senato vi avesse la maggior parte del Governo. A tempo de Normanni si chiamava Iurato Gubernatore, e’ Capitano; má separata Taberna da Catanz.ro á tempo di Carlo III. durazzesco li si diede il titolo di Giustiziario. Ora qsto Giustiziario eletto dal Padrone, abbenche li Giudici assistenti fossero Cittadini, ne teneva uno per se á cδsigliarlo, teneva il suo Tribunale, decidendo le liti, e’ dava sino la Morte á delinquenti, tenendo di rimpetto al Castello li Patiboli dalla parte Montana; risedeva nel sud.o Castello; e’ nella Casa Publica entro la Città qd.o nel Castello sud.o vi stava il Padrone; dovea però fare la Giustizia nella sud.a Casa

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Publica, nδ essendo obligati li Cittadini andare in Castello alla chiamata; má il sud.o Castello per il Giustiziario nδ era Casa di Tribunale; má per suo maggior Commodo; pagando il Publico oltre la Casa di Giustizia un’altra Casa 102 contigua per la sua moglie, e’ figli, nδ potendo qsti entrare nella sud.a Casa di giustizia, per nδ intorbidare li affari Publici: Si teneva Tribunale tre giorni la settimana, sonando la Campana; ed allora erano obligati tutti li Giudici assieme intervenire; e’ decretare: fuora di qsti giorni in cause leggiere vi andavano li Giudici soli, ed il Giustiziario firmava in Casa le proviste dalli Giudici; quali tenevano distinte le Sale nella sud.a Casa Publica: però in quella, dove interveniva il Giustiziario, ed era la più grande della Città tutta per li Avvocati, e’ la Gente; vi stava la Rota per li Ministri; ed al mezzo una Statua della Giustizia cδ l’Iscrizzione: Diligite Iustitiaδ qui judicatis terram. Teneva sotto di se oltre li Ministri, e’ Scribenti, e’ Conservanti le Scritture, il Sigillario, ed il Trombetto cδ 8. soldati; ed al bisogno era tenuto il Castellano, ó li Iurati darlene più; essendo tutti salariati dal Publico; tenendo il Giustiziario per sua mercede docati 120. oltre l’altre Convenienze. La Contessa Ruffo nδ volle però, che li si desse qsta mercede, bastandoli li deritti; ad ogni maniera l’officio, che durava un’anno, era allungato al triennio, che nδ troppo era grato á Cittadini, cδ tutto, che nell’ingresso li avessero da fare le spese per otto giorni, e’ li avessero da dare docati dodeci per rigalo; ed altretanti alla Moglie. Li drappi poj li si davano pure all’ingresso, ed alla partenza secondo era la sua Condotta oltre delli soliti all’altri.

103 Il Giustiziario, qd.o pigliava il possesso, altro nδ facea, che leggere la Patente entro la Sala di S. Maria Maggiore in presenza dell’altri officiali, e’ Nobiltà tutta ivi radunata, occupando il primo luogo nδ solam.te in qsta occasione; má in ogn’altra, ed appresso di luj il Castellano. E qd.o venne la 2.a Volta cδ qsto titolo, che fú l’anno 1384. la Persona di Gottifredo Lumicisio antico Servitore di Carlo III, ebbe contrasto al Possesso; poiche vi erano alcune clausole nuove progiudiziali alla Libertà del Publico, ch’avea goduto circa li proprij Giudici in luogo dell’antico Senato; má rispondendo, che tali clausole erano poste per dignità dall’officio col nome di Giustiziario, ch’era di più potestà, che nδ fosse qllo di Gubernatore Comune all’altre Città, che nδ erano del Reale Appannaggio; nδ erano qste clausole apposte per progiudicare l’antiche prerogative, má solam.te per titolo, nδ per sostanza: tanto che fú necessario, stenderne una protesta; e’ così prese il Possesso: dicendo li dottori di Taberna; che se bene Catanzaro fosse stato smembrato in Persona di Pietro Ruffo l’anno 1250 dal Re Corrado; ad ogni modo fra qsto spazio di tempo Taverna rimasta sola nell’Appannaggio, nδ era stata cangiata maj circa le sue prerogative, eziandio dopó l’Assedio del Re Guglielmo,

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104 che l’avea desolata, cδ privarla del titolo di Città, ad ogni modo nell’altre sue prerogative, che appartenevano all’Utile, nδ era stata cangiata, ne variata; e’ se bene alcuni dubitavano quest’atto cagionarli qualche disgrazia, e’ si accomodavano alla toleranza; ciò nδ ostante prevalse il partito della protesta; ed il Giustiziario ch’era Vecchio, e’ Corteggiano più che nδ militare vi si accomodò, amando la quiete, e’ nδ il disturbo; risoluz.ne approvata dallo stesso Re Carlo, che nel Terzo** Giustiziario, che fú dopó il triennio Ascanio Cozza, vi pose alla Patente la Clausola: salvis civiuδ juribus; conoscendo molto bene l’Indole di quej Cittadini nδ avvilirsi d’animo, benche abbattuti dalle disgrazie. Il Mastro Razionale era quello, che esiggeva l’entrade del Padrone, tenendo sotto di se due altri Razionali, e’ 6. soldati per esiggere tutti li Iussi cδ le rendite. Risedeva nel Castello; e’ teneva il luogo appresso il Castellano nel sedere. Il Castellano teneva giurisdiz.ne nel Castello, e’ sino alla porta della Città pure se l’usurpava; Nella fiera, che ivi si faceva era luj il Padrone; Teneva sotto di se due Capitani, Uno per Consigliero, e’ l’altro per il Comando; essendo per ordinario il pred.o Consigliero un Capitano giubilato Vecchio, al quale li si dava la Potestà di consigliare nelli delitti de soldati, e’ decretare le pene ad moduδ belli, e’ soleva dimorare, ora in un castello, ora in un’altro della Giurisdiz.ne però dello stesso Padrone. La Carica di Castellano durava á beneplacito del Padrone, e’ nelle solennità occupava il 2.° luogo nel sedere.

105 Capo XI. Del Vescovo, e’ sue DCapo XI. Del Vescovo, e’ sue DCapo XI. Del Vescovo, e’ sue DCapo XI. Del Vescovo, e’ sue Dignità.ignità.ignità.ignità.

Avendo l’Apostolo S. Paolo per la Magna Grecia caminato, ed ivi attrovate le Genti troppo imbevute della dottrina Pitagorica, nδ poté l’anno 49. di Xto più della Città di Reggio piantarvi la Vera Fede; nulladimeno però vi lasciò sparsi molti semi della Cristiana Religione; che Dionisio poj l’Aeropagita passato d’Atene, ove era Ves.vo in Cotrone, e’ da qui pp la Magna Grecia, acció cδpisse ciò che l’Apostolo Paolo avea incominciato di passaggio, si fermò nell’Uria, e’ convertì alla Fede Gilio Sacerdote nel Tempio di Palepoli, ne mancò di cδvertirne altri li più maggiori in dottrina, poiche la Fama della Sapienza di Dionisio era bene in tutta la Magna Grecia nota, se nelle cose più ardue, e’ difficili soleano scrivere in Atene all’Aeropago, e’ Dionisio di quel graδ Senato sapeasi esserne l’Anima. Nδ consegnò Gilio Ves.vo, volendo, che più fosse nella Fede Confermato; nδ dimeno raccomandò in Reggio á Stefano Niceno Ves.vo lasciato ivi dall’Apostolo, acció facesse una Visita per la Magna Grecia, ed ordinasse ivi li Vescovi, come infatti l’anno 51. di Xto ordinò Vescovo dell’Uria allo stesso Gilio; e’ l’anno 62. á Porfirio dopó la morte del med.mo Gilio. Li Vescovi successori stavano in qualche Cautela, abbenche á tempi di Trajano, Adriano, Marco, e’ Antonino Pio Imperatori vivessero li Cristiani senza tante inquisiz.ni, ad ogni modo ne tempi seguenti stavano molto occulti, e’ segretam.te si

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facevano cδsacrare da qualche Ves.vo più vicino; sino, che Aniceto Papa ordinò, che il Ves.vo da tre Vescovi si cδsecrasse; qual cosa poj confermò il 106 Concilio Niceno, allora j Vescovi dell’Uria si eliggevano, má per timore nδ si consecravano, stando le Persecuz.ni troppo grandi, avendosi dall’anno 157. sino al 302. consecrati li Ves.vi da un solo Ves.vo, nδ potendosi adempire ciò che Aniceto avea ordinato. In qsto tempo poj essendo eletto Simeone in tempo che Costantino si era fatto Xno, e’ si poteva per tutto l’Impero professare liberam.te la Religione, s’istituj il Diacono, ed il Cantore per assisterli nelle funzioni sacre. Gregorio poj 4.° suo successore vi aggiunse il Cimeliarca, che volea dire Custode della Sacra Suppellettile: poiche li Vescovi incominciavano á cδparire cδ più splendore; e’ fú l’anno 449. e’ Lucifero, che li venne appresso costituì il Protopapa, che volea dire, come un’Arciprete; abbenche il Capo de Preti l’avesse prima di luj istituito Marco Ves.vo l’anno di Xto 343. Il Decano poj; cioè il più anziano de Preti sin dalla prima nascita del Vescovato fú istituito assieme al Tesaurario dallo stesso Porfirio, abbenche nδ vi fossero tante cose preziose da cδservare, ad ogni modo, le cose sacre, che servivano á ministeri in quella p.a niscente fede si stimavano per cose molto più preziose, degne da fidarsino al più degno tra Preti col nome, e’ dignità di Tesaurario, e’ fú l’anno 66. di Xto; e’ fú il p.° Tesaurario Gamaliele Lemazichio, che abitava in Atenopoli per timore di Lucio Cicerejo Correttore, che risedeva in Tirio per Nerone, abbenche Trischene cδ qualche secreto donativo era riguardata di buona parte circa l’affare della Religione. Qsto Tesaurario cδservava le cose con segretezza inviolabile, e’ se maj il Ves.vo patisse qualche sorpresa, si trovassero almeno le Cose Sacre poste in qualche sicurtà; stimandosi questa dignità in quej tempi la p.a per il pericolo della Vita, nel quale incorrevano tutti

107 quelli, che tenevano le cose sacre, e’ nδ le rivelavano; e’ nelli tempi più appresso conservavano l’elemosine, e’ distribuivano quelle alli bisognosi, Carica di molta stima presso de Greci, ch’aveano Mogli, e’ Figli. Il decano poj era il p.° nel tempo, che il Ves.vo officiava; e’ solea chiamarsi ancora il Diacono, má il più Vecchio tra Ministri assistenti nδ di anni, má di officio; che poj col tempo si disse Arcidiacono, dignità ancora primaria, introdotta dal Ves.vo Sicherio**, dopó che Trischene ebbe da Eraclio Imperat.e il Privileggio, e’ fú creato il sud.o Ves.vo Patrizio, Senatore, e’ Cubiculario Imperiale, come si disse. A tempo di Lucifero si dilatò la sua Parocchia, ó sia Vescovado per la Diocesi di Squillace, avendoli così ordinato Galasio I. Papa di farne la Visita, come á Vescovado Greco, abbenche stessero sotto il Patriarca Costantinopolitano sin dal tempo di Teodosio, qd.o si celebrò il secondo Concilio Generale, e’ si dichiarò la Chiesa Patriarcale di Costantinopoli avere dopó la Romana il p.° luogo, anteriore all’Alessandrina, ed Antiochena per essere Costantinopoli una nuova Roma. Má

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venuto poj in tanta arroganza Anatolio Patriarca di atterrare le Costituz.ni Sacre dei Canoni Niceni per render soggetti tutti li Vescovi dell’altri Patriarcati; e’ li Patriarchi Giovanni, e’ Ciriaco aspirantino á Voli più alti, facendosi chiamare Vescovi Universali, cδ usurparsi il p.° luogo nella S.ta Chiesa, appoggiati all’Imperat.e Maurizio, che ambizioso pur egli volea il Papato in Costantinopoli; ad Anatolio si oppose Papa Leone, scrivendo á Marciano Imperat.re, ed á sua moglie Pulcheria; ed á Giovanni, e’ Ciriaco si oppose Papa Greg.o, scrivendo á Maurizio, ed á Foca pur anco Imperatori; tanto che d’allora li Vescovati della Magna Grecia si fecero soggetti dall’intutto á Greg.o, abbenche nδ mancassero li Vescovi fra qsto intermezzo di tempo ubidire ad amendue, cioè tanto al Papa, quanto al Patriarca Costantinopolitano, parlandosi dal tempo di Teodosio sino á Papa Greg.o. Má diviso l’Imperio tra Carlo Magno, e’ Niceforo, restò la Magna Grecia all’Imperat.re d’Oriente, e’ li Vescovati Greci soggetti al Patriarca, quali pure doveano ubbidire alla Santa Sede di Roma nelle chiamate dei Concilij, ed in ogn’altro; fuorche nella spediz.ne delle Bolle. Taberna poj stando sotto il Metropolitano di Reggio, nδ conosceva tanto il Patriarca. Venuti alla fine li Normanni, s’impegnarono qsti destruggere il rito Greco, e’ nδ li fú difficile, poiche Costantinopoli nδ ebbe più dominio nella Magna Grecia; e’ molte diocesi 108 furono spogliate di Luoghi per vestirne l’altre Latine, come successe á Taberna. Signoreggiava in una graδ parte della Calabria Rebecca figlia del Conte Ruggiero, la quale mal soffrendo l’elezzione di Leonzio Vescovo Greco, abbenche di famiglia Latina, volendo, che fra tanti Latini, che Taberna abitavano, fosse il Ves.vo eletto nδ di rito Greco più, má di rito Latino: penzò dunq: in Nicastro, giacche in Taberna aveano eletto il Greco, eliggere il Latino, e’ dimezzare la Diocesi, conforme successe, avendosi eletto Riccardo, che dal Papa Alesandro II. li fú concesso l’anno 1063., inclinando nδ poco il Papa stesso á spegnere dall’intuto il Greco Rito. Má Taberna di fresco eretta dopó la stragge de Saraceni nδ potea competere cδ Rebecca, e’ col Papa si accomodò á qsto dismembram.to della sua Diocesi, aspettando l’opportunità per qd.o li si apparecchiava. Morto poj Andrea Ves.vo successore di Leonzio in quel tempo, che morì Ridolfo Conte di Loritello, e’ rimasta la Contessa sua moglie Governatrice si venne alle fazzioni: e’ perciò in qste turbolenze nδ si poté fare elez.ne di Ves.vo; pretendendo ogni fazzionante elegerlo dalla sua parte. Il Conte di Altavilla Guglielmo fratello di Ridolfo, che Come Bailo de Nipoti pretendeva il dominio, nδ ebbe la Città favorevole, avendo qsta prese l’armi á favore della Contessa, e’ di Roberto, e’ Goffredo suoj figli; quindi sdegnato Guglielmo contro de Tabernati, nδ potendo in altro vendicarsi fece soggetti ad Errico Vescovo Necastrense Tiriolo, e’ l’Amato; ed á Giovanni Ves.vo Squillacenze la Rocca Feluca; depredando li poderi del Vescovato, e’ spogliando l’Archivio, che per maggior sicurezza si cδservava nel Castello di Simeri, di tutte le Scritture, e’ singolarm.te di tanti, e’ tanti privileggi, che teneva il Vescovato.

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109 Venuto poj Roberto figlio del Conte Ridolfo á governare Taberna, procurò risarcire il Vescovato con stabilirvi il Vescovo. E perche le dissenzioni erano fra Greci, e’ Latini, che ogni Nazione lo desiderava del suo rito, pensando, che al Latino v’inclinasse il Papa, e’ de Latini era la Fazzione più numerosa, si determinò inviare in Roma due soggetti li più abili á maneggiare qsto affare, da cui si sperava la reintegraz.ne di qnto si era perduto. Spedì dunq: per Roma Egidio Silingezio Curato di S. Nicolò, e’ Cesare Tranfio suo Consigliero con forti lettere á Pietro Ruffo suo Parente Diacono Cardinale di S. Maria in Cosmedin, acció dal Papa Galasio II. si ottenesse nδ solam.te la mutaz.ne del Ves.vo di Greco in Latino, má la redintegraz.ne della Diocesi, e’ più d’ogn’altro tutto quello si aveano pigliato li fazzionanti di sostanze, e’ di scritture: má giunti in Roma, e’ passati poj in Provenza per girne sino alla Francia, intesero ivi la morte del Papa nel Monastero di Clugnì alli 29. Gennaro dell’anno 1119 succeduta; tanto che si fermarono per attendere l’elez.ne del nuovo Pontefice. Li Cardinali, che si trovavano in Clugnì elessero la p.a di Febraro per Papa Calisto, quale nδ volle ricevere il Papato; se li Cardinali, che si trovavano in Roma nδ approvassero tale elez.ne; quale approvata, si partì per l’Italia, giunto in Roma, si 110 partì per Benevento á componere le differenze tra Ruggiero Conte di Sicilia, e’ Guglielmo Duca di Puglia; e’ nδ avendo potuto ivi dimorare per esservi caduto infermo, spedì al Conte che assediava Catanzaro Ugone Alatrino Diacono Cardinale di S. Maria in via lata, acció desistesse dall’assedio, nδ dovendo molestare lo Stato de Loritelli; quindi il Conte proseguì avanti, avendosi impadronito della Calabria, e’ Puglia; poiche Guglielmo Duca era partito per Costantinopoli á pigliarsi la figlia dell’Imperat.e per moglie; tanto che nδ avendo nemici, s’impadronì delli suoj stati, e’ si fe’ chiamare Re d’Italia. Fra qsto tempo essendo morto Roberto succedé Goffredo suo fllo alla Signoria di Taberna, e’ Catanzaro; ed avendo ripigliato il filo del Vescovado Latino, poiche la Nazione Greca nδ era tanto potente, e’ numerosa, e’ volendo pure aderire al genio del Papa, che nδ era troppo inclinato á qsto rito Greco; e’ pure per governo Politico, sapendo, che li Normanni si aveano la Calabria usurpata dall’Imperio Greco, e’ ne voleano sepellire il nome, s’intavolò l’affare, accudendovi li due Inviati, ch’erano ritornati col Cardinale, ed erano persone di graδ Credito per la di loro grande dottrina, ed á quali il Papa si avea rimesso, acció col Cardinale si adoprassero á qsto fine, dipendendo il Cardinale sud.o in qualche maniera alli Consigli delli med.mi Inviati, molto bene conosciuti per soggetti prelibati dallo stesso Papa Calisto, graδ conoscitore delli Letterati. Quindi si diede l’opera á scegliere la Persona del Ves.vo, e’ si fissò á Giovanni de Arces Consigliero del Conte, ed Arciprete di Simeri, ben affetto á tutti li Latini di Taberna per la sua graδ letteratura, bontà, ed affezzione á Tabernati, cδ li quali tirava una grandis.ma sequela di stretto parentado, tenendosi per fermo, che per qsta elez.ne tutti li Latini più potenti di Taberna, nδ ardissero per tanti riguardi farne

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doglianza; tanto più, che le rendite del Vescovado erano di gia precipitate, e’ disperse; e’ qsto cδ la sua potenza poteva ricuperarle; e’ si poteva cδ decoro in qsta mancanza sostenersi da Ves.vo mercé le facoltà proprie, essendo la sua famiglia in Catanz.ro la più ricca per avere ereditato buona parte delli Beni Catimeri, che cδ l’occas.ne del matrimonio 34. anni addietro di Teodora figlia, ed Erede Unica di GianGiulio Catimero, si era fatta molto potente di appoggi, e’ di beni sopra tutte l’altre famiglie di Taberna, e’ Catanzaro, se maj n’eccettuassero quella di Polibio Ioino.

111 Ciò nδostante e’ Latini, e’ Greci di Taberna uniti assieme stabilirono farne le proteste col Cardinale, mandandoli una lunga Scrittura, composta da Carlo Verardo, celebre per l’Istorie Costantinopolitane date in luce cδ tanto applauso, e’ che passava per dottore il più erudito di qste materie vescovili; esponeva in qsta Scrittura la Raggione di Taberna, ove protestava, e’ pregava; ad una quasi consimile al Conte; avendole presentate Teotimo Pedicontos al Cardinale, ed Eusebio Mannilios al Conte, due Greci li più affezzionati al di loro Rito. Rispose il Conte, che il tutto dipendeva dal Cardinale; che visitata la Diocesi, stimava opportuno eliggere il Ves.vo Latino, ricco di sua famiglia per potere ristorare li danni patiti nel Vescovato, bisognandovi potenza, e’ dottrina; nδ che grande spesa per eseguire qsto progetto tanto necessario alle Cose Divine. Il Cardinale rispose; che nδ avrebbe mancato di darli un Ves.vo Greco, come per lo passato, parlandone al Papa per qd.o si ritirava in Roma, nδ mancando di fare giustizia alla di loro Causa, e’ di adoprarsi per effettuarla; volendo cδ qste parole dolci temperare il primo bollore de Tabernati; sperando col tempo di assuefarli á qsta scossa tanto al principio sensitiva. E Taberna allettata da qsta promessa, si accomodò alla speranza, ó più meglio alla necessità; considerando pure, che ogni famiglia, á cuj cadea il Vescovo, dovea molto tolerare d’inquietitudine, e’ di dispendio; sperando, che col tempo avendo spianato le difficoltà questo Ves.vo, potesse Taberna mettere in chiaro le sue pretenzioni antiche, e’ nδ esserli denegata la Giustizia in possedere quella Sede, che fin dalla nascita della Religione avea posseduto. 112 Ed infatti il Ves.vo Giovanni eletto l’anno 1122. per trenta anni, che visse nδ dié materia á Tabernati di lagnarsino; poiche facea la sua dimora più in Taberna, che in Catanzaro; e’ qd.o nδ risedeva ivi vi lasciava ó il Decano, ó il Tesorario nello stesso Vescovato di Taberna, restandovi sempre fissi l’Arcip.te, ed il Cantore: Spargendo elemosine di consideraz.ne á poveri; nδ però restò sopito il desiderio di avere il proprio Ves.vo, quale sempre li veniva denegato per mancanza di rendite á potere tolerare due Vescovi in una Diocesi dimezzata. Venne poj l’anno 1162. tanto Infelice per l’assedio del Re Guglielmo; e’ restando Taberna smantellata quasi di fabriche, e’ rovinata di gente, nδ poté più penzare al Ves.vo, cδ tutto che l’anno antecedente all’assedio avea proposto al Papa Alesandro III. l’assegnaz.ne delle rendite per il di luj mantenim.to, ed il Cardinal Cinzio Diacono di S. Adriano avea quasi cδchiuso l’affare; tanto che si avea eletto il Ves.vo Sempronio Rochas; má il Papa andando in rivolta, e’ la Città cδ

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l’assedio, restò l’affare sospeso, e’ poj per la rovina di Taberna dall’intutto impossibilitato. Smembrato poj Catanzaro da Taberna in persona di Pietro Ruffo, l’anno 1250. per cδcessione del Re Corrado, si tornò di nuovo ad intentare in Roma l’affare del Vescovo, poiche restando sola Taberna per l’appannaggio Reale, dovea ricuperare l’antica sua sede di qualsivoglia Rito si fosse; ed infatti li Andegavenzi ó Angioini Padroni vi promettevano l’assistenza, ed intentata la lite in Roma presso il Papa Clemente V., si sperava ogni buon esito, qd.o il Papa appena eletto volle trasferirsi cδ la sua Corte in Francia, lasciando la Cura á Fra Nicolo da Prato dell’ordine de Predicatori Cardinal Vescovo Ostiense, e’ Velitrense per l’informaz.ne, quale si credea felicem.te terminarla per Taberna, avendosi eletto per Vescovo á Filippo Longos, aspettando la Conferma dell’elez.ne, qd.o morì Carlo II. lo stess’anno, e’ turbate le Cose, restò sospeso l’affare. Venne Roberto, e’ nδ volle prestarvi orecchio per nδ imbarazzarsi cδ la famiglia Ruffo allora prepotente; tanto che restò sola Taberna alla lite, nδ avendo voluto lo stesso Re Roberto per altro

113 pio favorire Taberna, che dopó la spesa di sette anni di lite in Avignone, ove risedeva il Papa altro nδ ottenne, che di chiamarsi il Ves.vo di Taberna, e’ Catanzaro, nδ obligandolo ne meno á residenza per la metà dell’anno, cδforme avevano Usato l’antecessori Ves.vi per loro propria cδvenienza; tanto che Lucio Balascos, ed Epifanio Faragonios altro nδ portarono d’Avignone, che qsto nudo titolo di avere da ponersi primo Taberna, e’ poj Catanzaro; che delle dignità vi restassero fisse l’Arciprete, ed il Cantore; e’ qd.o piaceva al Ves.vo vi mandava nel Vescovato di Taberna per residenza ora il Decano, ora l’Arcidiacono, e’ molto più frequente il Tesaurario; officiando bensì li Canonici cδ qste Dignità per le feste solenni, toccandone Una per Dignità. Il Ves.vo Alfonso vi dimorava quasi la metà dell’anno; ed un’anno facea l’Ogli Santi in Taberna, ed un’altr’anno in Catanz.ro: però qsta dimora nδ era di obligo, má di convenienza; per nδ risvegliare á Tabernati nuove pretenz.ni sopra il proprio Ves.vo, nδ avendo maj lasciata l’intenzione di ottenerlo pp qd.o si presentava l’occas.ne. Le Dignità del Vescovato erano qste l’Arcidiacono, l’Arcip.te, ó sia Protopapa, il Cantore, il Decano, il Tesaurario, ed il Cimeliarca con otto Canonici: fra li quali vi era l’Apocrifario talvolta, alcune volte nó: però il Sotergrafio dovea essere sempre Canonico, come ancora il Penitenziero, ed il Par.co di S. Nicolò, cδ il Canonico Prebendato, che tra li Canonici avea il 2.° luogo dopó il Par.co; che occupava il primo; e’ passava per una Dignità, come si disse al capitolo della Nobiltà per avere il Par.co di S. Nicolò Andrea Ghinio nel 588 á tempo della scesa de Longombardi somministrato gran danaro alla Chiesa del Vescovado, ed al Publico. E perciò alli suoj successori restò tal prerogativa tanto onorevole.

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114 Nota de Vescovi di Tab.Nota de Vescovi di Tab.Nota de Vescovi di Tab.Nota de Vescovi di Tab.aaaa

Anni di Xto

51. Gilio 62. Porfirio 74. Giovanni 93. Ponziano 113. Eusebio 131. Cornelio 157. Sergio. E qsto fú il p.° cδsacrato da tre Vescovi. 164. Eugenio* 181. Galardo* 198. Ugobaldo* 211. Matteo* 242. Laurenzio* 265. Nicolo* 284. Teodoro* Questi furono cδsacrati da un Ves.vo, e’ stettero occulti. 302. Simeone 341. Marco 377. Anastasio. Il p.° che si fé soggetto al Costantinopolitano Patr.ca 408. Neutario. Qsto nδ ubbidì al Patriarca Costantinopolitano má alla S. Sede, dopó che Alarico Re de Visigoti nell’anno 4. di Teodosio soggettò la Calabria. 449. Gregorio 462 .Lucifero 483. Decio 508. Tomaso 529. Mattia 560. Polibio

587. Giacchino. A questo vennero i Longobardi, e’ la Sede fú raccomandata da San Greg.o al Ves.vo di Squillaci. 598. Placido fú eletto e’ nδ consacrato 603. Fabio Zarzata* p° suffraganeo di Reggio. 639. Sicherio Rochas. Questo si trovò á tempo del Privileggio di Eraclio Imp.re 679. Marziale Barrachios 701. Pietro Zelatocon 714. Giacomo Ioppolo 738. Emilio Pediconthos 769. Gaspare Mariconios 796. Audiface Modio 816 Tuscolo Currado 823. Leonino Longos 841. Fabiano Micelio 850. Anastasio Catimerio 864. Giovanni Baldojo 883. Landulfo Ioino 905. Boemondo Garzia 949. Ippolito Nuz. Qsto governava la Parochia di Squillace 969. Pompeo Tulio 979. Nicoló Mariconio 1019. Basilio Genesio 1062. Leonzio de risu 1077. Andrea Catizunio 1081. Cirillo Mazza. Eletto má nδ cδsacrato 1161. Sempronio Rochas. Eletto má nδ consacrato 1309 Filippo Longos. Eletto, má nδ Consacrato

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115 LIBRO III.LIBRO III.LIBRO III.LIBRO III.

Dell’ultimo Assedio di Taberna. Dell’ultimo Assedio di Taberna. Dell’ultimo Assedio di Taberna. Dell’ultimo Assedio di Taberna. Nell’anno 1426.Nell’anno 1426.Nell’anno 1426.Nell’anno 1426.

Essendo il principale motivo, nδ tanto d’intessere la storia succinta di Taberna; má descrivere l’Assedio, che ne fecero li Francesi Angioini sotto il Comando di Francesco II. Sforza; ed abbenche qsta memoria l’abbia intitolato Cronaca per le notizie, che vi hó dato dalla nascita di Taberna sino al presente, e’ sia qsto titolo inconveniente; dovendogli dare quello di Diario, ad ogni maniera tenendo Io le operette Greche, che ne trattavano, cδ tante turbolenze, e’ rovine dubitando ó per la dismessione della Lingua Greca cδ il tempo; ó pure cδ tante rivolte perdersene la memoria, stimaj in qsto Diario assieme cδ l’assedio formarvi la Cronica. Ed acció qsto assedio sia ben Capito sin dall’origine, e’ gli Posteri ammirassero la Costanza nella difesa, la fedeltà nelle promesse, e’ la munificenza della Contessa nel premiare tante morti per sua Cagione nelli di loro posteri, e’ ristabilire per quanto abbia potuto tante perdite lagrimevoli; hó voluto dare un dettaglio dello stato nel quale si ritrovava Taberna l’anno antecedente all’Assedio; cδ la numeraz.ne del Secolo fatta nel 1400; che fú l’ultima; poiche quella del 25. non si poté fare per l’apparecchio della Guerra. Sia dunq: 116

Capo I. Stato di Taberna, e’ Villaggi prima Capo I. Stato di Taberna, e’ Villaggi prima Capo I. Stato di Taberna, e’ Villaggi prima Capo I. Stato di Taberna, e’ Villaggi prima dell’Assedio.dell’Assedio.dell’Assedio.dell’Assedio.

Ristorata dopó la destruz.ne del Re Guglielmo Taberna, fortificata di fabriche, ed abbellita di Edifizi Publici, e’ Privati, come ancora cδ l’Industrie arricchita, spezialm.te dopó l’arrivo della Contessa nell’anno 1415. á dominarla, accresciuta pure di Gente tanto per entro, quanto per Fuora, di famiglie Nobili solam.te si ritrovava scemata, poiche 32. erano disperse per Governi Politici, e’ Militari per tutti li Stati de Ruffi, e’ de Marzani; ed altre 18. famiglie erano sparse per li Villaggi; restando solam.te famiglie Nobili, e’ Graduate 48.; e’ Nobili Aspirante 37.; quali tutte seguivano il Rito Latino, avendosi li ecclesiastici Greci ritirato in S.to Pietro, ove tenevano la Grecia; ed altri in Simeri, ove pure era la Grecia, però andava cδ Catanz.ro, dopó che qsto passò in dominio di Pietro Ruffo, restando smembrato da Taberna; abbenche nello stesso tempo, che Simberi passò alli Ruffi, la Sellia si procurò restare á Taberna, cδ tutto che qsta era stata edificata da Iulo Catimerio per Asilo de suoj nella inondaz.ne de Saraceni; avendovi in quel Monte situato le donne, l’inabili alla guerra cδ le robbe, e’ nδ pochi Saraceni, che di quando in qd.o andava facendo prigionieri; nδ avendo altro luogo più sicuro per Conservarli; avendolo allora ben fortificato coδ l’arte, abbenche la Natura lo rendesse forte.

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117 Dominava dico nell’Asellia la Famiglia Catimera; má qsta stabilita da per tutto in Catanzaro, stando più vicina á Taberna, si stimò di aggregarsela, cedendo le terre di Simeri; e’ così ne fece compra la famiglia Mazza di S. Pietro da Guglielmo Catimero, che n’era Padrone col beneplacito del Re Carlo I. d’Angiò; tanto che la Sellia si stimava membro di Taberna, ancorche nδ stesse sotto la sua dipendenza, come li Villaggi, má quella gente si trattava come cosa propria, avendoli dato li Campi al di là dell’Uria in mezzo li Campi stessi di Taberna, acció potessero far la semina; obligati però á portare il grano nel Monte Frumentario più del di loro bisognevole, per esserli pagato come si pagava all’altri Cittadini. Il sud.o Monte Frumentario era pure cresciuto di fabriche, come ancora il Sussidiario; e’ le Chiese pur anco abbelllite, ed accresciute; e’ dopó l’arrivo dell’Andegavenzi vi aveano piantato un Convento di S. Fran.co di Assisi al principio della porta occidentale; ed un’altro di S. Dom.co all’estremità verso la porta orientale. Il Monasterio di S. Basilio di rito Greco era cδvertito in quello di S. Chiara di Rito Latino, cδ avervi eretto l’ospizio per le donne di pentimento. Li Durazzeschi aveano accresciuto pure il Monte Sussidiario, e’ l’ospedale, e’ la Contessa vi avea fatto fare 4. stanze per il Depositario de Pegni, ed arricchita la Spezieria, e’ dotata la Chiesa. Come ancora avea fatto ben ristorare, ed ammobilire due locande Publiche per alloggio de forastieri; una entro e’ sotto al Vescovato, e’ l’altra fra la porta Publica, e’ la porta del Castello al di fuora. La sud.a Contessa poj al Borgo vi avea fatto fare un’altra locanda, ed accresciuto li forni Publici, oltre li 8. che stavano dentro; come ancora sej molini di grano per qd.o il fiume avesse guastato quelli dell’acqua; tenendone pure li Conventi uno per loro Commodo, qd.o però quelli del fiume fossero impediti. Avea fortificato la torre di S. Barbara cδ alcune opere esteriori; ed avea l’edificij Publici fatto pure abbellire al di fuora á spese però dello stesso Publico. 118 Circa le Chiese nδ si avea trascurato di abellirle: La Sala di radunanza entro la med.ma á spese delle Classi respettive de Nobili, alli quali apparteneva, si erano rese magnifiche, cδ stucchi all’intorno, e’ cδ li tetti al di sopra dipinti; e’ spezialm.te quella delli Nobili aspiranti, che vi aveano fatto una spesa grande, volendo, che qd.o la Contessa v’intervenisse, conforme era stata nell’altre, si ritrovasse più bella, e’ magnifica, avendoci fatto venire da Melfi l’anno 1419. Giacomo Carimozio per pingervi l’Imprese delli soggetti più Valorosi, e’ più letterati delle famiglie. S. Maria Maggiore cδ il lassito di Terenzio Carpinio Mercante si era pure resa vistosa, e’ magnifica cδ li lavori de stucchi entro, e’ fuora. E il Vescovato era stato pure adornato di pitture, e’ di stucchi, cδ la Cappella di S. Basilio da Ortensio Ves.vo, fatta eriggervi á sue spese; officiandovi il Decano

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Sempronio** Grassio in tutte le Solennità; poiche tra l’Arciprete, ed il Cantore vi era una lite di precedenza in Roma: poiche il Ves.vo nδ vi si era voluto intromettere, essendo la sud.a lite che abbracciava quasi tutta la Nobiltà, per essere fra due famiglie le più prepotenti: cioè la Rocca, di Cui era l’Arcip.te; e’ la Faragonios del Cantore; ed il Ves.vo vi teneva il Decano per officiare sino che dal Papa fosse tale lite decisa; poiche l’Arcivescovo di Reggio Bartolomeo Gattulo l’avea deciso á Favore del Cantore, e’ l’Arciprete si avea appellato al Pontefice Martino; e’ si aspettava da Roma la decisione. E perciò il Ves.vo Ortensio vi veniva per sej mesi, e’ pp l’altri sej vi lasciava il sud.o Decano, che faceva oltre le funzioni l’officio ancora di Vicario, nδ avendo voluto, che il Cantore durante qsta lite esercitasse tal Carica, di tanto utile, ed onore.

119 Intorno al Governo nδ vi era mutaz.ne più di quello si è detto, qd.o si há trattato di sopra. Li Consoli dell’Arti, ó siano Prefetti si facevano secondo l’antico solito, così parim.ti quelli della Seta, Panni, e’ Carta; avendo desiderato la Nobiltà far cangio, ó sia elez.ne di quello dell’Ateneo; má perche ciò si facea ad astio per la lite tra il Cantore, e’ l’Arcip.te, la Contessa ordinò, che nδ si facesse nuova elez.ne, nδ dovendo per il malgradim.to del privato, turbarsi il bene publico. Il Borgo poj era pure dilatato di Fabriche, perche dovea essere capace di più gente per le famiglie de Vasari di Creta, Mastri di polvere, Concieria di pelli, Tintoria di seta, e’ panni, ferrari, bottari, fornari, e’ la Laniena* dell’Animali; poiche uccisi doveano portarsi per dentro Taberna, per nδ rendere la Città men pulita; come ancora tutte l’arti, che faceano strepito, erano situate nel Borgo, e’ parim.ti le arti più vili, per nδ pagare affitto grande, ed occupare il luogo all’altri, sino alli Cappellari. Il Recinto delli Giudej era pure ampliato; poiche cδ tante industrie nella Città, qsti nδ mancavano di profittarne; oltre** li Stati de Ruffi, e’ de Marzani, dove andavano li Cittadini á smaltire le Robbe, li ebrej andavano per tutto, portandone però di quelli, che nδ riuscivano troppo buoni nelle tinte, e’ per la mala qualità, che talvolta s’incontrava nella lana. Tutte le cose invendute nelle fiere, che restavano al Soterargirio, se ne pigliavano porzione, che vendevano. E sopra tutto la più maggiore industria si era, li Vestiti, che facevano di ogni sorte Nuovi, e’ Vecchi; e’ robbe ancora di tela, che l’esponevano alle fiere: che dopó l’industria de panni era qsta Razza moltiplicata, ed arricchita cδ le Berrette dell’Uomini, e’ cδ le Coppole per le donne, e’ piccirilli, che mandavano per il Regno tutto, e’ fuora pur anco. 120 Fatta la Numeraz.ne di tutto lo Stato, secondo la Nota ricevutane Olibrio Rocca l’anno 1400; poiche quella del 25. per l’apparecchio della guerra nδ si fece; conforme era solito ogni 25. anni di farsi; si ritrovò la seguente.

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Taberna Anime 4788. Ecclesiastiche 72., Religiosi 29. Religiose 16. Soldati, ed officiali nel Castello 93., Nella Torre 14. forastieri di servizio 38. Nel Borgo 482: Ecclesiastici 8. Nel Recinto de Giudej 218. S. Pietro Latini 1131., Greci 1787. Nobili 47. Ecclesiastici 32. tanto Greci, quanto Latini,. Religiosi di S. Dom.co 9. S. Nicolò di Bucisano 573. Ecclesiastici 21. Nobili 17. Religiosi Basiliani 18. S. Pietro in Vinculis 103. Nobili 7. Ecclesiastici 3. S. Sofia 318. Ecclesiastici 7. S. Giorgio, e’ Sabuzio 137. Ecclesiastici 5. S. Biaggio 82. Nobili 21. Ecclesiastici 3. S. Leo 418. Ecclesiastici 8. S. Mauro 84. Ecclesiastici 2. Bompignano 242. Ecclesiastici 7. S. Marco 34. Ecclesiastici 2. Nobili 6. Bartalisio 581. Ecclesiastici 15. / Nel 1425 erano oltre Oltre di qsti vi stavano nella Marina per la Guardia, e’ per la pesca 22. Anime. Per li Ospizij alle ripe de fiumi 18. nella Torracene per la guardia 14., Monaci Pesacensi due nel ritiro di S. Basilio cδ due fratelli; e’ nel proprio Monastero 14. cδ 7. Servienti. In Fateano Religiosi 8. e’ Servienti 7. Qsta fú la Numeraz.ne data dalli Curati all’Arcip.te Olibrio secondo il solito per l’anno 1400: Confrontata cδ l’anno dell’Assedio si supponeva più numerosa per l’accrescim.to dell’Industrie; má come dissi, qsta nδ si poté compire. Lo stato delli officiali nel 1426. è qsto seguente, fatto dall’anno antecedente, nδ avendosi per la guerra fatto nuova Elez.ne.

121 Nota dell’Officiali, e’ Prefetti, e’ Curati Nota dell’Officiali, e’ Prefetti, e’ Curati Nota dell’Officiali, e’ Prefetti, e’ Curati Nota dell’Officiali, e’ Prefetti, e’ Curati

ccccδδδδ le Dignità nel 1426.le Dignità nel 1426.le Dignità nel 1426.le Dignità nel 1426.

Ecclesiastici Il Ves.vo di Taberna, e’ Catanzaro vi risedeva li 6. mesi di està. Sempronio Grasso Decano, e’ Vicario dello stesso Ves.vo Ascanio Faragonios Cantore, e’ in S. Maria Maggiore Curato Giuliano Rochas Arciprete Eugenio Scariola Paroco di S. Nicolo Sigisberto Grande Curato di S. Silvestro Arsenio Correa Curato di S. Martino Teopompo Calinurio Curato di S. Maria Maggiore Giovanfrancesco Picciolo altro Curato di S. Maria Maggiore Tiberio Saranzio Curato di S. Giovanni Crisostomo, ed assistente al Paroco di S. Nicolo

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Silvestro Russo Curato di S. Barbara Gerolamo Rotellio Curato dell’Ateneo, e’ Sotergrafio del Vescovato Giuseppe Nicolosio Apocrifario del Vescovato. Secolari Terenzio Falcomatá Giustiziario partì all’arrivo della Contessa restando in suo luogo Baldasarro Ruspo suo Giudice Muzio de Gattis Giudice Clemente Marone Castellano Giulio Longos Catapano Filippo Boverio Soterargirio Anselmo Nuz. Iurato M. Flavio Filanzio Prefetto dell’Arte Francesco Beroardo Prefetto dell’Arte Domenico Frosine Prefetto dell’Arte Gaspare Faragonios Prefetto dell’Arte Ascanio Balascos Prefetto dell’Arte, e’ Giudice dell’Animali Nunzio Ioino Prefetto dell’Arte, e’ Sotergrafio Pompeo Mannilios Prefetto dell’Arte Flaminio Verardo Prefetto dell’Arte, e’ Giudice Egidio Rotellio Prefetto dell’Arte, ed Apocrifario Arsenio Longos Prefetto del Monte Sussidiario Ernesto Scariola Prefetto della Seta per la Regina Giovanna II. Orazio Riczello* Prefetto della Seta per la Contessa Luca de Gattis Prefetto della Seta per Taberna. Per li panni, e’ per la carta erano li med.mi di sopra descritti. Il Cantore Prefetto dell’Ateneo. 122

Capo II. Motivi per la Guerra con le disposiz.Capo II. Motivi per la Guerra con le disposiz.Capo II. Motivi per la Guerra con le disposiz.Capo II. Motivi per la Guerra con le disposiz.nininini ed apparecchi militari.ed apparecchi militari.ed apparecchi militari.ed apparecchi militari.

La Regina Giovanna II. avea per mancanza di legitimi figlioli adottato ora ad Alfonso IV di Aragona, ora á Ludovico III. di Angiò; tanto che venuti qsti adottati in competenza, e’ la Contessa Cubellia seguendo le parti Aragonesi, Ludovico vi avea mandato l’esercito Francese sotto il comando di Francesco II. Sforza per soggiogare il Regno; e’ la Contessa, che li era la più potente nemica per li tanti Stati, che teneva la famiglia sua propria de Ruffi, e’ quella di suo marito Nicolò Marzano, nδ potendo impadronirsi del Regno, qualora nδ abbatteva qste due graδ famiglie. La Contessa, che si trovava in Catanzaro, stimandosi più forte in Taberna, volle far prova delli di loro Animi; tanto che mandatosi á chiamare il Soterargirio, ch’era il più stimato per la Candidezza de Costumi, e’ per la Carica, l’espose la sua Risoluz.ne per scorgere l’Animi de Tabernati, senza de quali nδ potea stare á fronte del Nemico. Ritornò il Boverio in

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Taberna, e’ parlando cδ li Capi della Nobiltà; li espose la Risoluz.ne della Contessa, desiderando la di loro Risoluz.ne per potere il tutto poj riferire all’istessa. Agitò grandem.te questa proposta nδ tanto la Nobiltà, quanto il Popolo, che da quella dipendeva, cδsiderando lo stato in che poteva venire á tutti; il dispiacere alla Contessa era una ingratitudine troppo grande per tanti benefici ricevuti, il cδpiacerla era un male per troppo sensibile per la guerra, che si attiravano; tanto che si giudicò chiamarsi tutta la Nobiltà delli Villaggi, dalla quale in caso di guerra ne doveano avere bisogno, nδ avendo altro appoggio per conservarsino le donne, li fanciulli, e’ le sostanze che li sudetti Villaggi, la di cui gente dipendeva molto da quella Nobiltà, che rispetto á quella entro Taberna era molto opulente, toltone la famiglia Ioino, che tenendo li poderi entro lo Stato di Simberi, nδ potea troppo dar soccorso á Taberna, tanto che la sua opulenza nδ era tanto sicura.

123 S’intimò dunq: il giorno 16. di 9bre, acció tutta la Nobiltà de Villaggi si conferisse in Taberna assieme cδ tutti li Capi de sudetti Villaggi, acció á Voce viva potessero ricevere le Risoluz.ni. E perche vi doveano pure intervenire li Ecclesiastici, si determinò la Radunanza della Nobiltà tutta tenersi nella Sala del Vescovato, dove radunati espose il Soterargirio la proposta della Contessa cδ alcune raggioni per indurre li animi á seguire il suo partito. Li Ecclesiastici tutti, á quali cδveniva dare il p.° Voto, parlando de Sacerdoti in sú, furono di parere seguire il partito Francese, dovendo per coscienza ubidire alle risoluz.ni Pontificie, attesa l’investitura, che Ludovico n’avea ricevuta da Alesandro V., Giovanni XXIII, ed ultimamente da Martino V. Sommi Pontefici; nδ dovendosi ripugnare á ciò che avean determinato tre Vicarij di Gesù Cristo, dovendosi l’utile Mondano postponersi all’Ubbidienza verso** la Santa Sede. á qsti Capi ecclesiastici vi aderiva pure la famiglia Faragonios, e’ Frosine, asserendo che l’esercito di Ludovico era molto potente, comandato dallo Sforza cresciuto sin da fanciullo nell’armi, e’ che teneva la Calabria tutta in sua devoz.ne, che la Contessa senza soccorso di Aragona nδ poteva sussistere; che tal soccorso era lontano, e’ per venire stava sottoposto á mille accidenti di mare, nδ potendo come dalla Francia venire pp terra in Italia, se nδ per mezzo di navi; che si dovesse scansare il pericolo presente cδ la speranza del futuro soccorso; che venendo dopó Alfonso nδ li poteva essere qsta mancanza imputata á delitto; che perdere l’industrie, che avea promosso la Contessa, era veram.te un colpo sensibile; má restando nella guerra oppressi essere una rovina irriparabile. E finalm.te li Grandi accomodarsino fra di loro; má le Città abbattute nδ così facilm.te, potersino ristorare senza una lunga serie di anni. 124 Tutta l’altra Nobiltà però preoccupata da qualche invidia forze della famiglia Faragonios, ch’era la più potente, per essere Giulio Faragonios, ed Ascanio Frosine

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Capitani dello Sforza, supponevano tutti, qste parole á favore delli Francesi essere più tosto esaggerate per fini particolari, che nδ fossero per il bene publico; che venuta Taberna in potere de Francesi, qsti avrebbero dispoticam.te fatto dominare alle sudette famiglie Faragonios, e’ Frosine; che tutte le Costituz.ni sarebbero sconvolte; che la ritiratezza delle donne sarebbe degenerata cδ la Nazione Francese in una licenza troppo libertina; che avendo li Francesi tolto li Governi á quej di Taberna, che si trovavano nelli Stati de Ruffi, e’ de Marzani, avendo cδtro ogni equità, e’ giustizia rattenuto prigione á Gian Girolamo Beroaldos Governatore per la Contessa in Sessa, quale speranza potevano avere li Nobili di Taberna di aver Cariche in quelli Stati più; che l’industrie avrebbero passato á Catanzaresi, cδ li quali lo Sforza avea dimostrato dipendere; che se Catanzaro, ch’era stato feudo de Ruffi quasi per poco meno di due secoli, nδ volea seguire la parte della Contessa: nδ era á Taberna tanto obligata per soli anni diece di dominio Ruffo ricevere tante munificenze, e’ dare tanti contrasegni di stima, e’ di protezzione la sud.a Contessa; e’ pure avere operato

125 tanto nδ solam.te cδ l’affezzione, e’ col Zelo, quanto cδ le graδ summe di danaro speso per la fabrica delle sud.e industrie; e’ per l’edifizi publici; che la sud.a Contessa si era più volte dichiarata, che terminate l’altre Cure più essenziali, e’ lucrose per il Comune, nδ avrebbe mancato di far tornare in Taberna il proprio Vescovo, eziandio cδ assegnarvi di suo proprio danaro la rendita nδ solam.te cδvenevole, quanto splendida; che Alfonso l’avea nel suo Manifesto chiamata Città, prima di Catanzaro, ciò che nδ avea voluto fare Ludovico; che perciò ad Alfonso si era dato il giuram.to, ed á Ludovico nó; nδ dovendosi mancare á Dio per secondare il genio de Papi, che talvolta si guidano dalli proprij interesti circa l’Investiture de Regni, nδ essendo qsta una decisione di Fede. E perciò incδtrastabile nella Credenza, ed ubbidienza; che qsta Causa d’Investitura era ancora in pendenza di appellaz.ne; e’ finalm.te per nδ parere ingrati á tanti Beneficij dover seguire la Fortuna della Contessa sino alla Morte; nδ tenendo ella esercito meno potente dello Sforza, l’agiuto d’Aragona vicino: E poj qd.o ella si fidava in Taberna, dovere cδ la sua Persona perire tutti li cittadini. 126 A quest’ultima raggione di dover tutti perire cδ essa, giacche ella essendo venuta* in Taberna confidata á suoj Cittadini, doveano questi morire pure cδ lej; rispondendo il Cantore, che la Contessa avea molti Stati, che essendoli rovinato uno, si ripatriava nell’altro; ciò che nδ potea succedere cδ loro; esclamarono tutti, che la Contessa poteva tutti ripatriare meglio di Taberna. La Nobiltà de Villaggi, vedendo la piena di tutti pendere alla difesa della Contessa, penzando, che la guerra veniva á Taberna più che nδ á villaggi, nδ troppo replicarono, stimando, che la Contessa avendoli fatto mille finezze intorno alle liti avute cδ la Nobiltà Cittadina, accompagnandola nella guerra, si acquistavano per intiero la di lej benevolenza; e’ facendosi danno il più maggiore,

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risultava all’altri, e’ nδ á loro; dovendosi per politica massima li Emuli essere più abbattuti nelle Calamità, che nelle prosperità: e’ fabricandosi da loro med.mi la rovina, lasciar correre senza impedirneli. Li Capi de Villaggi venuti pure ivi per la risoluz.ne, sperando che la rovina era più per li Tabernati, che per loro, nδ potendo cδtrastare ad una Nobiltà risoluta, nδ ebbero ripugnanza di aderire al partito della Contessa. Tanto che li ecclesiastici procurarono ritirarsi in luogo sicuro, andando in Pesaca, dove l’Archimandrita, Giulio, fratello dell’Arcip.te, che fatto Religioso si avea cangiato il nome coδ Basilio, mandò li suoj Religiosi in S. Nicolò di Fateano per dar luogo á tanti Ecclesiastici, ed egli restò cδ loro. Gli altri procurarono stabilire le di loro famiglie, e’ sostanze per prepararsino alla guerra. La famiglia Faragonios, e’ Frosine si ritirarono in una Casa di Campagna poco discosta da Taberna.

127 Fra di tanto la Contessa, che aspettava la risoluz.ne; avendola ricevuto così pronta, spedì li ordini al Morone suo Castellano per disponere il tutto; qsto fece la nota de Comandanti per la Città solam.te e’ la mandò alla Contessa, quale l’approvò; e’ cδ Terensio Siribio mandò graδ quantità di danaro per allestire il bisognevole per la guerra. Chiamò nel Castello il Morone á Fabrizio Boverio dandoli la Carica di risarcire le Mura, e’ fortificarli cδ nuove opere, come ancora le due Porte grandi, di fabricare la porta piccola di S. Nicolò, ch’era fatta aprire per Commodo della Gente, che volea passare nel Borgo, e’ di rasare alcune Case nel sud.o Borgo, e’ nel recinto delli Iudej; dovere inalzare sej fortini, due dalla parte di occidente, e’ quattro dalla parte Settentrionale. Chiamò á Giacomo Balascos, ordinandoli di scrivere tutti li Atti all’armi tanto per Taberna qnto per li Villaggi, cδ dispensarli l’armi, ed insegnarli l’esercizio militare per qnto il tempo brevis.mo richiedea. Chiamò á Fulvio Beroaldo di far costruire le Machine di guerra per la difesa della Città; ed á Rodolfo Mariconio per disponere il Comestibile necessario, almeno per un’anno. Ed il tutto fú puntualm.te eseguito. Chiamò per la difesa de Villaggi per S. Pietro ad Agatocle de Ferrarijs soldato il più sperimentato, acció cδ due, ó tre Capitani sotto di se difendesse S. Pietro sua Padria, cδ tutto quel Contorno; dandoli la potestà di estendersi sino á Bartalisio, e’ per di quá il fiume. Per di là poj al fiume si penzò nδ stabilire Comandante Supremo, má solam.te alzare forti nelli passi più stretti, ed in S. Leo dove le sostanze, e’ le donne cδ li figlioli, e’ vecchi 128 si ponevano in salvo, nδ volle al Castellano darvi il Comandante luj, má che la Città se l’eligesse á suo beneplacito. Cacció, dunq:, la nota delli Comandanti, che furono per il Castello tre Capitani sotto di luj: Albizio Ginneso, Roberto Faraldo, Tomaso Filanzio. Per la torre Quinzio Ananeo. Per la Piazza avanti al Vescovato Nunzio Mariconio. Per il Largo della

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Torre coδ tutto il suo recinto sino alla Porta Maritima Flavio Nuz. Per la Porta Montana Giulio Ricca. Per la Porta Maritima Nicodemo Fontino. Per la Custodia delle Mura nella parte occidentale Fabrizio Boverio cδ due Capitani sotto di se. Per l’altra parte della Mura orientale, che riguardava l’Aquilone Mario Boverio suo fratello cδ tre Capitani sotto di se. Per l’Artiglieria, e’ Machine Fulvio Beroaldo cδ tre Capitani sotto di se. Per la Gente de Villaggi Giacomo Balascos. Per la Gente della Città Flaminio Rocca: E qsti due ultimi tenevano sotto di se quattro Capitani con tre porta insegne, ó siano Alfieri. Il Supremo Comando risedeva ad Oddo Ruffo Zio della Contessa. Vi erano ancora otto altri Capitani Sopranumerarij senza mercede, per qd.o morisse uno potesse subintrare alcuno di questi otto per nδ disgustare le famiglie Nobili, che restavano senza Comando; essendo questi otto Giovani inesperti, che doveano imparare il Comando sotto li Capitani di Mercede.

129 Era poj la Soldatesca cδposta di Milizia parte Veterana, e’ parte Urbana. Li soldati della Contessa, che si cδputavano per Veterani, erano pure tramischiati cδ quelli delli altri suoj Stati nδ troppo esperti al mestiero dell’armi, che facevano in tutto il numero di 2234. Quelli poj di Taberna, e’ Villaggi, che cδponevano la Milizia Urbana erano 2386. // Per S.to Pietro vi erano soldati 428. // E per l’altri Villaggi, e’ forti eretti nelli passi più stretti 382.// Però di qsti Soldati ne stavano al Castello 1232.// Nella Torre 474. Fornari, e’ Guastatori 136.; la maggior parte di qsti erano li Iudej, alli quali si erano pigliate le di loro robbe quasi per pegno della di loro fedeltà. Erano poj qsti soldati, toltine quelli addetti all’artiglieria grossa, armati di spade, lancie, balestre, moschetti, archibugi, smerigli, e’ falconetti piccoli da poterli maneggiare. Vi erano nelle Porte 12. spingardi, ed altretanti falconetti grandi per Ciascheduna; ed á quella della Marina 8. Carabatane con due Cannoni. Nella Torre 3. Cannoni, e’ 2. Bombarde, cδ 10. falconetti. Nella piazza d’armi avanti il Vescovato 8. passavolanti, 3. mezzi Cannoni, due serpentine, 4. strifalchi. Nella torre Campanaria dello stesso Vescovato un Cannone piccolo, una Serpentina, e’ 4. passavolanti cδ altretanti falconetti. Per li Villaggi, e’ forti falconetti 34., archibuggi 468. Nel Castello Cannoni 8. Mortari 4., bombarde 12., ed armi d’ogni sorte difensive, ed offensive, cδ le Machine necessarie, e’ provis.ne di bocca, e’ di guerra per tutto Competente, e’ per 12. bombarde, 8. Cannoni, 36. falconetti pp le mura. 130 Alli 19. di Xbre dell’anno 1425. venne secretam.te Oddo per vedere ciò che si era fatto; ed abbenche il tempo fosse stato così breve per l’apparecchio di tante Cose, ad ogni modo nδ mancò di ammirare la sollecitudine di tutti in disponere tante Cose disparate in una staggione impropria. Avanti la piazza del Castello volle vedere li soldati cδ l’officiali fare l’esercizi militari, che nδ li dispiacquero in tanto breve tempo, che sembrava una maraviglia, e’ spezialm.te, come Giacomo Balascos l’avesse potuto

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raccogliere da Villaggi, ed insegnarli. Visitò pure la machina di guerra, le opere fatte sú le mura, cδ li forti così in un subito alzati, l’artiglieria incassata; ed ogni cosa in stato di essere prima di un mese pronta al bisogno. Lodò il Zelo de Comandanti, ed alli operarij, e’ Soldati fece distribuire buona summa di danaro, che fú un’esca per incappare più facilm.te alla rete.

Capo III. Venuta della Contessa in TabernaCapo III. Venuta della Contessa in TabernaCapo III. Venuta della Contessa in TabernaCapo III. Venuta della Contessa in Taberna

con altre con altre con altre con altre disposizioni.disposizioni.disposizioni.disposizioni.

Partitosi Oddo da Taberna cδ aver lasciato 238. soldati venutili da Catanz.ro, per sollecitare l’opere bisognantino all’intorno del Castello, ed avendo alla Contessa riferito il tutto, ne restò molto appagata; quindi penzò tentare l’Animi de Catanzaresi con chiederli 300. soldati pp suo servizio, dovendoli estrarre da tutti gli atti all’armi; li fece fare qsta proposta dal suo Castellano Gottifredo Siribio, nδ volendo ella in caso di negativa, esponersi á qualche disvantaggio la sua Autorità, e’ decoro.

131 Spiegò tal proposta il Siribio al Corpo della Nobiltà, e’ li fú negato ogni soccorso; anzi Guido d’Arces, e’ Polibio Grasso, ch’erano in quella Città Uomini li più intesi, e’ fazzionarij del Re Ludovico, incominciarono á sollevare la Città; tanto che saputosi ciò dalla Contessa, si stimò fingere il tutto, ó nδ avendo forza á domarli, ó per aspettare forse qualche pentim.to, rientrando la Città á miglior consiglio; má vedendo, che la fazzione era quasi per diventare manifesto tumulto, stimò secretam.te fuggirsene per Taberna. La notte delli 8. Gennaro uscì per una Cava, scortata da 234. Soldati cδ un freddo eccessivo; tanto che la mattina arrivata in Taberna, e’ datone il segno cδ lo sparo del Cannone al Castello, ove si era accomodata, licenziò il Giustiziario, di Cui nδ stava troppo Contenta, e’ si ripose nel letto, nδ dando Udienza ad alcuno sino al giorno delli 10., solam.te alli officiali Maggiori. Il giorno dell’11. ammise tutte le Gentildonne alla sua visita, come ancora alli Ecclesiastici venuti cδ l’Archimandrita Pesacanse; avendo designato il giorno delli 12. per la visita di tutta la Nobiltà, come infatti seguì per la Nobiltà de Villaggi alle ore 22. di quel giorno. Era la Contessa di anni 34. Vedova di Nicolo Marzano, e’ perciò vestita di nero, alta di statura, e’ piena di corpo, occhi neri, e’ grandi, naso aquilino, bocca piccola, carnaggione bruna, eloquente nel dire, alta nella voce, pronta nel ridere, ceremoniosa nell’azzioni, magnanima nel dare, esatta nelle promesse; però facile all’ira, ed impaziente nell’ 132 operaz.ni, liberale cδ li virtuosi, severa cδ li delinquenti, sostenuta cδ li sudditi, però affabile cδ li Confidenti, tarda nel credere, e’ cδ difficoltà persuasibile. Dopó la sua Visita, si fece quella di Oddo suo Zio, quale ci ordinò di nδ partire per li Villaggi sino al giorno delli 15.; qd.o chiamata in Castello tutta la Nobiltà, si fece dare da tutti li

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Comandanti, e’ Capitani il giuram.to di Fedeltà, toccando ciascuno il Missale in presenza di tutti, tenendolo nelle sue mani lo stesso Oddo: fummo tutti licenziati, ed entrò nella sua visita l’Abbate di Fateano Nicolo Mariconio, á Cui furono dati docati 800. per due mila tumola di grano, parte per li Villaggi, e’ parte per Taberna, volendo, che tutto fosse condotto in Bompignano, per essere luogo sicuro, incapace li nemici á rubarselo, e’ cδmodo per essere distribuito á tanti, che si restringevano nelli Villaggi ad abitare, volendo che cδ li Cartelli di Francesco Currado fossero distribuiti alli Villaggi di quà il fiume, e’ cδ quelli di Luc’Antonio Capilupia fossero distribuiti á S. Leo, dovendo l’Abbate á qsti Cartelli consegnare detto grano; che á proporz.ne dell’abitanti, e’ del bisogno si dovea distribuire; tenendone questi due l’Istruz.ni: operaz.ne molto lodata, per Cui l’Animi più si accesero ad accompagnare la Guerra con più Calore, ed affetto.

133 Frá di tanto quej di Catanzaro accortisi della fuga, ch’avea così precipitosa, ed ascosta fatta la Contessa, cδsiderando il malanimo, cδ Cui ella si era partita, stimarono, stimarono spediente, di spedire un’ambasceria allo Sforza, che si trovava nelli Villaggi di Cosenza radunando l’esercito, nδ solam.te avvisandolo della fuga sud.a má offrendoli la di loro Città, ed insegnandoli le maniere per cδquistarla senza troppo dispendio di gente, e’ di tempo, altro nδ desiderando per quest’offerta, che riguardasse Catanz.ro cδ qualche marca di Fedeltà per ristabilirvi quelle industrie, che á Taverna aveano li Ruffi situato cδ tant’utile, dovendone partecipare Catanzaro, come un’istesso Popolo; e’ spezialm.te il territorio Montano, che tutto era per Taberna, ó almeno dilatarsino nelle Marine. Lo Sforzia li parlò cδ termini equivoci, promettendo, che dalla sua parte nδ avrebbe mancato rappresentare il tutto al Re Ludovico, e’ far che ricevessero la ricompenza delli di loro fedeli servizi. Appagati li Deputati Catanzaresi Tiberio Passarellio, Guidone Marescanio, ed Andrea de Arces di tutte qste promesse dello Sforza, si ritirarono risoluti di effettuire quanto aveano offerto, procurando di sorprendere il Castello, ed ad un colpo terminarne 134 la Conquista. Má il Castellano molto fedele alla Contessa nδ mancò in un’azzardo popolare, farli conoscere la di loro mal fondata temerità. E Taberna cδsapevole di quest’offerta per dimostrare il Zelo più vivo alla Contessa, e’ per il proprio interesse si accinse ad una più che valida difesa, risoluti di restar sepelliti sotto j sassi, che mancare al di loro dovere con una Padrona tanto Benefattrice, che avea fidato la sua Persona alla di loro fedeltà. Alli 13. di Febbraro ricevutasi la notizia, che fra breve lo Sforza si metteva in marcia, la Contessa á tutte le mogli, e’ Figli de Comandanti, e’ di qualche Capitano se lo ritenne in Castello, avendoli detto, che in quell’emergente bisognavano tenerli

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cδvertaz.ne; cδ tutto che la sua famiglia era molto numerosa di donne. Siasi ciò per qsto fine, ó siasi per star più sicura del servizio de loro mariti cδ questa specie di politica, nδ si poté penetrare. Ella però le faceva trattare cδ ogni distinzione, e’ cδ tutto che il suo naturale fosse sostenuto, nδ mancava di darli Confidenza più delle sue donne proprie di sevizio. Ed á figlioli ordinò, che fossero insegnati, avendo fatto venire un Maestro dell’Ateneo, quale si era trasferito nel Convento di S. Pietro per li Nobili: E per l’altri Ignobili in S. Nicolò di Bucisano. Il giorno susseguente uscì l’ordine, che fra tre giorni dovessero uscire di Taberna tutti li Vecchi, fanciulli, e’ donne per dar luogo alli soldati, e’ scemare il cδsumo delle Vettovaglie, e’ dell’acqua cδ tante bocche inutili; che nδ fú di poco travaglio, volendo alcune morire sotto quej sassi; ad ogni maniera accomodatisi alla

135 necessità, qd.o partirono nδ dimostrarono tant’affanno, quanto il giorno dell’intimazione, che invece di cδsumarsi á registrarsino le Cose, si cδsumò á pianti, e’ lamenti. Si partirono tutti l’inutili, avendo preceduto le robbe, alli 19., li Nobili Vecchi restarono in S. Pietro cδ alcune donne Nobili dove quella nobiltà, accδmodate in S. Pietro in Vinculis alcune di esse per stare più cδmode; la maggior parte poj di esse cδ le sostanze più preggievoli si accomodarono nell’Ospizio Pesacanse sotto S. Leo per essere luogo ben murato, da sopra custodito dallo stesso paese di S. Leo, ed al di sotto dalla gente di Bompignano, avendo alzato un forte nell’Ospedale di S. Giovanni, ed un altro sotto S. Mauro, nδ avendosi mancato di provisionare il luogo di Comestibile, ed armi per gli Uomini, e’ donne, avendosi ivi fatto ritirare li drappi di S. Biaggio cδ tutte le genti di S. Giorgio, Sabuzio, e’ S. Sofia, impiegata qsta gente á cδduttare il grano da S. Nicolò di Fateano, ove quell’Abate oltre il suo proprio, n’avea procurato da luoghi circδvicini. Ivi stavano pure le robbe de Iudej, cδ le di loro famiglie situate in S. Leo, che pure stava ben fortificato, per qnto la brevità del tempo avea potuto permettere. Le genti del Borgo furono situate in Bartalisio, e’ spezialm.te le donne più vili, acció lavassero li panni, e’ facessero il pane, sino che fú interdetto dall’assedio il Commercio. In Bompignano pure ne furono situate molte donne per stare più spaziose, servendo á quella gente di S. Leo, e’ dell’Ospizio, bisognandoli il tempo á fare le fortificazioni; e’ spezialm.te per farsi ivi il pane, á dispenzarsi giorno per giorno. 136 Appena partiti li uomini, e’ donne inabili dalla Città, che subito s’incominciò á riempire di Soldatesca, e’ di machine fabricate nel Borgo, nδ avendo cessato notte, e’ giorno li ferrari, e’ legnajoli per terminarle; má sopratutto li fabricatori per alzare baluardi, far parapetti, ed argini, essendovi da Sabuzio, S. Sofia, e’ Bucisano 212. Uomini per qsti mestieri, e’ per Cavare li fossi nella Torre, e’ nel Castello più profondi; ed traminare il Largo innanzi la porta Maritima. Alli 24. febraro fú evacuata

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Taberna di tutte le robbe, nδ restando altro, che il bisognevole per la milizia, essendosi pure ben proveduta di legname, e’ di vettovaglie, tanto che altro nδ si aspettava, che di giorno in giorno il Nemico per Combatterlo, e’ respingerlo.

Capo IV. Racconto della guerra dalli 3. diCapo IV. Racconto della guerra dalli 3. diCapo IV. Racconto della guerra dalli 3. diCapo IV. Racconto della guerra dalli 3. di

Marzo sino alli 14. AprileMarzo sino alli 14. AprileMarzo sino alli 14. AprileMarzo sino alli 14. Aprile

Radunatisi entro il Castello in presenza della Contessa tutti li Capi della milizia alli 3. di Marzo, acciò deliberassero ciò che doveano operare, giacche l’avviso era giunto, che il nemico sin dalli 22. di febraro si era posto in marcia per piantare l’assedio senza potersi sapere notizia del numero de soldati, poiche disertori finora nδ ne erano comparsi per scorgere cδ qualche particolarità le notizie necessarie del nemico; che abbondando di Cavalli, batteva molto innanzi la scorreria, e’ teneva due Vanguardie tre miglia distante una dall’altra, scorrendo

137 da per tutto per trovar vettovaglie, di Cui penuriava per fare li Magazeni; travagliando nelli ponti molta gente, avendo intrapreso la strada per le parti maritime; nδ sapendosi altre notizie da tanti emissarij, che la Contessa spedito avea per informarsene; solam.te Correa una falsa voce, che l’esercito nemico nδ passava li 6.000. soldati. Dibattutosi nel Consiglio di Guerra, se dovesse il nostro esercito uscir fuora cδ accamparsi, ó aspettarlo entro le Mura: la risoluz.ne fú presa di aspettarlo addentro; poiche la Cavalleria nemica era numerosa, e’ la nostra nδ oltrepassava li 160. Cavalli, servendo, qsti per ogn’accidente, che potesse occorrere alla Contessa, ed ad Oddo di fuga; e’ per uso de Comandanti, e’ Capitani che nδ potevano scorrere da una parte all’altra appiedi; che per fare un Campo fuora vi voleva più tempo, ed essendo battuto, nδ vi restava più speranza per Taberna; che la milizia essendo di fresco insegnata, nel tempo della battaglia l’esercizij militari si dimenticavano, nδ essendo milizia, che Urbana, cδ poco Veterana, restata qsta in Castello per difesa della Contessa. Entro la Città li stessi Cittadini essere più Coraggiosi, e’ Forti che nδ al di fuora, ove li nemici assuefatti alla guerra stavano cδ più coraggio. Era qsto il parere di molti, che approvato da Fulvio Beroaldo, e’ Giacomo Balajcos, alli quali Oddo ad occhi chiusi sottoscriveva per essere qsti due Comandanti assuefatti sin dalla fanciullezza alla guerra sotto Braccio Montone, e’ Carmignola Celebri Capitani per tanti 138 anni, e’ la sola speranza della Contessa era tutta riposta alli medesimi, più che nδ fosse al Castellano, ch’era pp l’età decrepita inabile, solam.te al Consiglio si stimava per Conto, e’ stava in molta stima per l’azzioni passate, essendo impotente per le

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presenti; esercitando il figlio la Carica del Padre in quell’azzioni, che vi bisognava fatiga. Ed abbenche avessero stabilito tutta la forza esercitarla per dentro, ad ogni modo stimarono spediente ritardare nelle marcie il Nemico, e’ chiudere qualche passo stretto ad impedirne più presto l’arrivo; stando sempre cδ la speranza, che á primaviera venisse l’esercito d’Aragona, ordinarono rinforzare una torre sú le Cime del monte Mysaros, servendo quasi di un gagliardo forte per nδ fare passare l’esercito. Fú dato pp ciò il comando á Tiberio Filanzio Capitano,acció cδ 60. soldati, ed 84. Urbani guardassero qsto forte, ó sia torre fortificata; gli diedero 2. spingardi, e’ 4. falconetti; qual cosa fú di grand’incδmodo á nemici, dovendo proseguire il Camino per altra strada, per la quale nδ potevano condurre artiglieria; poiche avvicinatisi li nemici al passo stretto, per il giorno 10, ed 11. di Marzo perderono molta gente, e’ nδ poterono passare: tanto che il Comandante della Vanguardia nemica nδ stimò spediente impegnarsi di Vantaggio, e’ pigliò la strada al di sotto per il fiume; quale lasciata in guardia á 120 di S. Sofia, e’ Bartalisio, che aveano per Capo Bartolo Tyrios atterriti dalla prima scarica dell’artiglieria nemica, che si era cδposta di 24. falconetti á mano, cδ alquanti grossi archibuggi se ne fuggirono ad un’altro forte, ch’era sú del fiume nelle falde dello stesso monte Paramites, ó sia di Taberna guardato da 136 fra Soldati, ed Urbani, sotto il comando di Gian Paolo

139 Rotellio, che avea molti archibuggi, 4. spingarde, e’ 4. falconetti; ed avendo fatto una Valida resistenza per due giorni continuj; e’ che il Comandante nemico notte, e’ giorno disperatam.te li travagliava, vedendosi mancare la munizione, e’ la gente, il sud.o Capitan Rotellio stimò spediente di ritirarsi nell’altro forte di sopra; e’ fece qsta ritirata cδ tant’arte, ed ingegno, che l’istessi nemici la mattina ritrovarono il forte vacante, senza che se n’accorgessero, avendosi portato li feriti, e’ la piccola artiglieria, ch’aveano: furono li morti de Nostri 8., feriti 17., de nemici si disse, che fossero stati li morti 102. feriti 47. Giunti nel forte eretto alla metà del monte sú della Collina, che s’inalza nel piano detto di Pennia, il Comandante, ch’era Sifrido Rocca cδ 280 soldati, 10. spingarde, 8. falconetti, ed altre opere esteriori traminate, all’arrivo del nemico, che fú la mattina delli 16.; benche scarso di provis.ne di bocca, e’ di guerra, perche il giorno avanti li era arrivato il Rotellio cδ gli altri suoj soldati, ed aspettava la sud.a provis.ne richiesta al Boverio, suo Zio; una metà della sua gente l’apparecchiò per ribattere il nemico, e’ l’altra metà per riceversi la robba, che li veniva spedita dal sud.o suo Zio; quale di subito spedì quantità di comestibile, e’ polvere cδ 20. some, e’ 100. soldati appiedi sotto il Comando di Ettore Mannia, che tra soldati si stimava il più valoroso, e’ prudente; che se bene attaccato da 40. Cavalli nemici, e’ molti altri soldati, fecero sforzi di valori, e’ si cδdussero al forte, lasciando de nemici 18. morti; e’ di loro 4.//

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Onde Sifrido cδ qsto rinforzo si chiuse entro il forte, ed incominciò á respingere il nemico. 140 Comandava la Vanguardia nemica Ugone Colignio numerosa di Cavalleria, e’ più di 3000. soldati di fanteria, stimandosi troppo offesa dal ritardo della marcia, impedita da qsti forti, e’ dall’altro Canto l’attaccarli cδsumar troppa gente; stimò aspettare l’esercito tutto più vicino,acció potesse ricevere soccorso di gente, e’ di armi. E fra di tanto per nδ parere di stare ozioso, spedì molti Cavalli, e’ fanti verso S. Pietro; má accortosi di qsto distaccam.to Arcadio Modio, e’ Giulio Cumiso, quali cδ alcuni Cavalli guardavano quej Contorni, assieme cδ molti fanti Urbani, deliberarono di girli incontro per attaccarli, nδ avendo mancato di dare l’avviso ad Agatocle de Ferrarijs, che era il Comandante di S. Pietro di stare all’armi, e’ di mandarli soccorso: fra di tanto li Nemici cδparsi in una pianura, dove erano alcune vigne, li nostri fanti ascosti dietro una sepe cδ l’archibuggi; qd.o la nostra Cavalleria scoperse il nemico, si pose in fuga, e’ quella inseguendo j nostri, tirarono dall’aguati molte archibuggiate quej fanti, che sebene li nemici á briglia sciolta atterriti fuggirono, ad ogni modo ve ne rimasero 28. feriti, e’ 32 morti; incapaci quelli á fuggire, poiche restarono Caduti da Cavalli; e’ la nostra piccola Cavalleria inseguendoli presero di quej Cavalli 8. Questo successo giovò molto á Villaggi; poiche li nemici si avvidero, che stavano tutti ben guardati per nδ fare più simili scorrerie. Il Modio restò ferito in una gamba, che dopó 12. giorni morì. Delli nostri più di 6. feriti non furono.

141 Fratanto li Capi del nostro esercito avendo di nuovo tenuto Consiglio di guerra in Castello, nδ giudicando á proposito lasciar venire l’esercito nemico senza che al di fuora le mura nδ si molestasse, e’ s’impedisse l’accesso, conoscendo, che la milizia Urbana si andava assuefacendo al Coraggio, cangiati di opinione, risolverono uscirli all’incontro sotto il forte, e’ defenderlo. Si spedirono á qsto fine due Capitani del Comando di Flaminio Rocca, ch’erano Roberto Mazza, e’ Tiberio de Ioppolis cδ 30 Cavalli, e’ 300 soldati verso il forte,acció in un passo stretto potessero impedire il nemico, e’ caso sarebbero soprafatti dal numero, ritirarsino al forte. Ed infatti il giorno de 24. di Marzo comparve in marcia l’esercito, e’ venuto al passo poco lungi dal forte, il Mazza valorosam.te l’investì, e’ stando al Combattim.to, giudicò Sifrido mandarli dal forte in soccorso altri 60. soldati, e’ per Capo il Mannia; quali tutti valorosam.te cδbattendo dall’ore 20. sino ad una di notte, l’impedirono il passaggio cδ molta stragge de nemici sino al giorno 27. ogni mattina, e’ sera cδbattendo, sino che soprafatti dal numero de Nemici, si ritirarono sotto il fronte, restandovi graδ numero di morti; e’ fra gli di loro feriti lo stesso Comandante Colignio. De Nostri vi perirono soldati 33. feriti 19., fra li quali fú lo stesso Mazza. Si acquistò un’Insegna, un timpano, e’ 32. prigionieri.

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Il giorno 28. si aspettó il corpo dell’esercito pp unirsi cδ la Vanguardia: poiche di due Vanguardie una andava per le Marine (raccogliendo provis.ni di bocca dalli Paesi per fare li Magazeni) ed unito di gia nel giorno seguente si presentò il nemico innanzi al forte, dove Rocco 142 Mandarone da Sessa Artigliero diede fuoco all’Artiglieria, cδtinuandolo notte, e’ giorno; má giunta l’artiglieria nemica, benche piccola, pure alquanto molestava alla fabrica del forte per essere di fresco riparato cδ le fabriche, abbenche anticam.te la Città lo riteneva per torre; má in tempo, che la polvere nδ era in uso: poj cδ l’artiglieria era fabricato á qsto Uso. Si cδtinuò quest’assedio sino alli 9. di Aprile, qd.o alle ore 12. datosi un’assalto generale, furono li nemici respinti cδ grave perdita; poiche datosi allora fuoco alla mina, ne restarono graδ parte distesi al suolo. Il giorno 10. cδtinuando un nuovo assalto alle ore 13 abbatterono dopó 4. ore di combattim.to molta parte del forte, dove valorosam.te combattendo vi morirono Sifrido, e’ lo stesso Mazza, che ancora nδ guarito, avea voluto trovarsi á quel Combattim.to; procurando il Iazzolis salvare l’altri entro le Mura di Taberna, come infatti eseguì, lasciando libero il passaggio á nemici, e’ qualche provis.ne di bocca, nδ avendola potuto portare; bensì salvò l’artiglieria; ritrovandosi morti de Nostri 122.; e’ Feriti 38.; che furono portati cδ la licenza del Comandante nemico entro Taberna, cδ li Corpi di Sifrido, e’ del Mazza; poiche si venne in qualche Convenzione amichevole. Questa perdita diede molto affanno alla Contessa, supponendo, che il Nemico in qsto passo abbia molto più stentato á superarlo; dall’altro Canto, cδsiderando l’assalti replicati, senza badare á perdita di gente, dava bene á conoscere, che l’esercito nemico fosse più numeroso di quello si credeva. Il corpo di Sifrido fú seppellito

143 in S.ta Maria Maggiore; quello del Mazza in S. Nicolò; celebrandosi l’esequie il giorno 13. cδ l’intervento di tutti li Comandanti, e’ di Oddo istesso, che vedendo la Nobiltà, ed il Popolo sgomentati, li Confortava cδ l’imminente soccorso del Re Alfonso per la fine d’Aprile in Regno sbarcato, ó al più per tutto Maggio. Capo V . Dalli 14. Aprile sino alli 27. Mag.Capo V . Dalli 14. Aprile sino alli 27. Mag.Capo V . Dalli 14. Aprile sino alli 27. Mag.Capo V . Dalli 14. Aprile sino alli 27. Mag.oooo

Vedendosi il nemico, che superato il forte, tuttavia si andava verso Taberna avanzando, si penzò sotto la Torre di S. Barbara fuori la porta Maritima, accamparsi un buon numero di soldati, cδ fare un Campo volante nel Borgo, ed impedire l’accesso alla Città; tanto che dal giorno sud.o delli 13. subito si diedero á lavorare molta gente per stabilire il sud.o Campo; dandosene il Comando supremo á Simone Cindio, Capitano del Castello benaffetto alla Contessa, e’ rinomato più dalla di lej benevolenza, che dal Valore. Li diedero sotto di se quattro altri Capitani, cioè Silimbro Scariola cδ 60. Cavalli; Bernabò Catanzaro; Sisinio Malgaro, Valerio

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Rizzello; e’ poj vi aggiunsero un’altro Capitano Soprannumerario, che fú Pirro Nicosia, per Custodire l’artiglieria guidata dal Mandarone cδ 12. Mastri polverari del Borgo, che li servissero d’artiglieri; Li soldati erano 1200, per l’artiglieria 84. Cannonetti 4., spingarda 10, falconetti 13. Questo Comando in persona di Cindio diede qualche gelosia á Tabernati, perche era forastiero, e’ la Contessa dava cδ ciò ad intendere, che nδ era ben sodisfatta della difesa de forti; má avendo penetrato qsta doglianza, rispose quasi per scherzo; che quel di fuora la Città, l’avea voluto dare á Forastieri per risparmiare il Valore de Cittadini entro la di loro Città. 144 Il nemico che fra di tanto aspettava l’esercito tutto per ponersi in marcia, radunato, che l’ebbe alli 19. d’Aprile la mattina, ben per tempo cδparve quasi un miglio distante dalla Città, caminando disposto in forma di battaglia, precedendo la Cavalleria, e’ poj la fanteria, framischiata tra qsta la sua piccola artiglieria; aspettando pure Cavalli, e’ Muli per tirare la grossa al di sopra il Monte, avendo mandato á ricercarne per ogni parte, bramando di accelerare l’assedio, e’ cδ più Cavalleria devastare li paesi all’intorno, e’ cδ le scorrerie rendere il suo esercito abondante di Vettovaglie, delle quali penuriava, e’ spezialm.te di foraggi per tanti Cavalli, essendo la pastura dell’erbe al principio di primavera, e’ li Cavalli senza cibo sodo nδ potere resistere á Fatighe si grandi, essendoli necessario pascolare la sud.a Cavalleria un giorno per metà. Il Comandante Cindio, avendo scoperto il nemico, che marciava all’insù alquanto disordinato per la malagevolezza delle strade, e’ molto stanco, stimando qsto essere il tempo più opportuno per attaccarlo, prima che arrivato si ordinasse, e’ riposasse, diede l’ordine di uscire fuora dal suo accampam.to, cδpartendo l’esercito in tre Corpi: la Vanguardia cδposta della Cavalleria comandata da Silimbro; e’ da 200. fanti guidati dal Barnabò; il Corpo di Battaglia cδ l’artiglieria maneggiabile delli falconetti se l’avea riserbato per luj. E la Retroguardia di 400. soldati era Comandata dalli Capitani Sisinio, e’ Valerio; restando il Campo vacante, solam.te cδ 150. fanti sotto la guida del Sopranumerario Nicosia.

145 Il nemico vedendo, che li Nostri di gia lo volevano attaccare si pose alla difesa, ordinandosi in forma di battaglia, e’ distaccando parte del suo esercito per l’intorno, che nel tempo dell’attacco circondarono talm.te li nostri soldati, quali benche avessero pugnato cδ incredibile valore, soprafatti da ogni parte dal numero, furono costretti di ritirarsi nel primiero accampam.to, cδ lasciar morti nel Campo 102, sino allo stesso Sisinio; feriti furono 32., tra li quali lo stesso Valerio. Delli Cavalli appena se ne salvarono la metà: Tanto che qsta risoluz.ne troppo precipitosa del Cindio pigliata in mala parte dal Castello, ove risedevano li Capi di guerra, li fú sostituito al Comando Mattia de Jazzolis Capitano Vecchio, pigliando il baston di Comando cδ molto applauso de Capitani, e’ dell’esercito, come ancora dalli stessi Tabernati, che molto

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l’amavano; quale portasi* all’accampam.to, rinforzato cδ più fanti, ed artiglieria, risolvé attendere á pie fermo il nemico. Come infatti due giorni appresso cδparve l’esercito nemico più numeroso di prima ordinato in forma di battaglia: precedevano p.a li Arcieri, poj gli Archibuggieri cδ li micci accesi, fiancheggiati da Cavalli cδ alcuni passavolanti, e’ Falconetti pronti á tirare: poj tutto il Corpo dell’esercito, che scoperto dalle mura, diede graδ terrore alla Gente, nδ avendosi figurato* essere tanto numeroso. Si accampò di rimpetto al Campo, e’ si pose á fortificare, tirandoli continuam.te la Torre, benche cδ poco danno ó sia per la lontananza, ó per la mala prattica degli Artiglieri, nδ avendone la Contessa potuto avere migliori; tanto che si penzò chiamare Frontone Curso, ch’era restato nel Castello di Catanzaro, potendo venire dalla Parte occidentale, nδ ancora circondata da Nemici, conforme la notte seguente fú eseguito cδ secretezza per nδ saperlo quej di Catanz.ro 146 Alli 26 avendo piantato il Nemico l’artiglieria, incominciò verso al mezzo giorno á bersagliare il nostro Campo, ed ancora alla Torre: avendo piantato artiglieria grossa, e’ più n’aspettava; tanto che ricevendo il nostro Campo qualche danno, stimò il Jazzolis di notte farli una sorpresa sopra la sud.a artiglieria se li fosse possibile inchiodarla, ó almeno guastarli l’opere fatte. L’impresa era troppo temeraria, e’ ppciò degna di pigliarne dal Castello Consiglio; mandato l’avviso ad Oddo, l’approvò; ed egli per starli più vicino, scese dal Castello nelle Case faragonie, ch’erano vacanti; poiche Fabio Faragonios sospetto alla Contessa per tenere il fratello presso lo Sforza, erasi ritirato in una Casa di Campagna al di sotto il Borgo. Ricevuta il Jazzolis questa risoluz.ne, si accinse la notte ad eseguirla; má bisognandovi più Cavalleria, si spedì l’ordine al Ferrarijs la stessa sera in S. Pietro per mandarli quanto più poteva Cavalli, che poj ce l’avrebbe rimandato. Mandò pure ricercarcando qualche Cavallo á Giulio Mannia, e’ Camillo Spicano, ch’erano Capi nelli forti di Cyrrheos; come á quelli Capi, ch’erano nelli due forti d’Arsaliso Guido Putero, e’ Tiburzio Levato; quali mandarono 12. Cavalli ed 82 Uomini delli forti di Cyrrheos, scusandosi gli altri, che li Nemici cδ li di loro Cavalli erano il giorno avanti cδparsi á quej Contorni, onde nδ poteano lasciar S.to Pietro esposto alle Scorrerie. Arrivati qsti alla Porta Montana verso la sera principiando la notte, furono cδ altri 20. Cavalli, e’ 40. Soldati mandati al Jazzolis per eseguire l’Intrapresa.

147 Rinforzato da qsto soccorso il Jazzolis la notte delli 27. senza dir nulla alli soldati, má solam.te á Capitani, s’incaminò verso l’esercito nemico, portando seco oltre li Cavalli, 60. soldati in groppa per guastare se li fosse possibile li ripari, ed inchiodare l’artiglieria, essendovi fra qsti 60, ferrari 16 per qsto fine, tutti cδ l’ordegni necessarij per tal fine. Accortesi le Sentinelle di qsta sorpresa, diedero l’avviso, ed appena

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ricevuto il segno del accesso de Nostri, subito si diede all’armi; li nostri videndosi scoperti, ed il ritardo poter chiamare tutto l’esercito alla mischia, furono costretti assaltare due posti de Cannoni, che l’eseguirono cδ tanta bravura, e’ celerità, combattendo da disperati senza ben conoscersi fra di loro chi fossero l’amici, e’ li nemici in quell’oscurità, che ebbero la sorte prendere 13. pezzi di artiglieria piccola, inchiodando 7. pezzi di grossa; e’ li due Cannoni grossi, che facevano il più danno maggiore alla Torre, li rotolarono; facendo sempre fronte li Cavalli comandati da Silimbro. Vi morirono delli nostri 37. col capitano Bernabò, feriti 56.// Questo fatto ritardò l’assedio sino alli 17. Maggio, nδ avendo li Nemici artiglieria bastevole per intraprenderlo; ne li due pezzi grossi si poterono sino all’ultima di Maggio cδdurre al Campo per quej dirupi; abbenche avesse portato seco graδ quantità di metallo per fonderli, come infatti fece appresso. Quindi vedendosi lo Sforza impotente ad agire nelle Mura, per nδ perder tempo sino, che si provedesse d’artiglieria penzò di assalire li Villaggi, tanto più, che l’esercito penuriava di vettovaglie, e’ si aspettava la nuova raccolta á provederlo del bisognevole. 148 Scrisse al Conte Attendolo Vicario della Prov.a * in Cosenza,acció l’avesse proveduto di Vettovaglie, e’ di muli per cδdurre l’artiglieria sopra del Monte, come ancora di bovi; ed infatti li mandò bovi 34., e’ muli 22. Penetratosi per mezzo de disertori il disegno del nemico per assalire li villaggi, ove erano ricoverate le genti, e’ le sostanze, si tenne cδsiglio presso Oddo, e’ si determinò di fare più distaccam.ti per accorrere al bisogno. Si mandarono 70. soldati cδ 24. Cavalli al Ferrarijs per custodire S. Pietro, raddoppiando ivi le sentinelle. A Nardo Pistoja diede il sud.o de Ferrarijs 84. soldati per custodire Bartalisio, ed accorrere se vi fosse il bisogno in S.to Pietro, dovendosi postare nel mezzo del monte Styritos. Per S. Leo si spedì Alesandro de Gattis cδ 130. soldati, e’ 200. archibuggi per armarne li Vecchi, ed ancora le donne più ardite, ordinandoseli di barricare li passi, e’ lasciar sola aperta una strada; e’ bisognando soccorso, dessero il segno cδ lumi, se maj di notte fossero assaliti,acció cδ nuovi soccorsi fossero agiutati. In Bompignano, ove era la Vettovaglia, e’ nδ poca gente, si mandarono 38. soldati, sotto il Comando di Cesare de Presbiteris; potendo scambievolm.te agiutarsino l’uni cδ l’altri di qsti posti vicini. Li diedero 44. arcibuggi per armarne ancora la gente di S. Marco, e’ l’abitanti dello stesso Bompignano. Alli 29. lo Sforza fece 4. distaccam.ti: uno per sotto Barbaro á foraggiare, e’ prendere bestiame, stando l’esercito in bisogno di Comestibile. Il 2.° lo spedì per S. Pietro. Il 3.°, e’ 4.° per S. Sofia procacciando legname, e’ salendo al di sopra se fosse possibile scorrere sino á S. Leo, ó á Bompignano; e’ qsti erano di Fanti, bisognando scorrere per passi malagevoli, tenendo molti guastatori per sforzare due graδ passi stretti, uno á Manfrò

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149 al di sopra S. Sofia, l’altro á S. Marino per lo corso del fiume Allis; poiche andando per altra strada men disastrosa vi bisognava più tempo, e’ doveano giungere di giorno; il che nδ potevano eseguire, á causa che scoperti dalle sentinelle, accorrevano da ogni parte genti per fugarli, stando in molti forti Custodi armati per questo fine. La mattina de 30. ben per tempo apparve il p.° di qsti distaccam.ti alle Vigne de Pandolfi; e’ venutone l’avviso in S.to Pietro, senza sapersi il num.o de nemici, si posero tutti all’armi, dando l’avviso all’accampam.to del Styritos di passare subito in S. Pietro in Vinculis, dove si erano salvati tutti l’inabili di S. Pietro per fuggire in caso sinistro per li Monti verso Pesaca, dovendo qsto distaccam.to del Styritos star pure pronto ad ogni bisogno per lo stesso S. Pietro. Il Comandante de Ferrarijs radunata tutta la sua gente d’armi, lasciatane buona parte alla Custodia del paese per nδ succedere qualche ripentino attacco d’altra parte, s’incaminò cδ il restante verso il nemico. Ed avendo ricevuto la notizia, che tutto il distaccam.to nemico poteva essere numeroso al più di tre, ó 400. soldati armati di spade, ed archibuggi, cδ 40. soldati di Cavalleria cδ le picche, e’ spade, muniti di Corazze, e’ di elmi, nδ tardò il sud.o

Comandante uscirli dirimpetto alla strada per attaccarli; però dubitando di più maggior numero appresso, ó dal distaccam.to di Barbaro, per Cui nδ avea potuto portare seco più gente di S.to Pietro, penzò mandare 30. Cavalli innanzi per ben scoprirli, ordinandoli á qsti, che appena scoperto il nemico, ritornassero per la stessa strada addietro; volendo fare una imboscata, se li fosse stato possibile ed

150 infatti, avendo dietro una Collina ascosti 170. archibuggieri cδ ordine di uscire solam.te dall’aguati nel tempo della mischia, qd.o si avesse sentito il suono della tromba. Il nemico avendo scoperto li 30. nostri Cavalli, comandati da Silvestro Cumiso, procurò di mettersi in forma di battaglia; má qsti Cavalli fingendo á tal scoperta di ritornare addietro, come spaventati, li Cavalli nemici l’inseguirono, ed arrivati al luogo dell’aguati, comparve la fanteria ascosta secondo il segno della tromba, e’ tirati li archibuggi á qsti 40. Cavalli, più di 8. fuggendo á briglia sciolta, nδ se ne salvarono; tanto che sparsi qsti nel suolo parte morti, e’ parte feriti, comandò Guido Pistoja, che n’era il Capitano, di fare nuovam.te la Carica, e’ di unirsi coll’altro esercito comandato dal Ferrarijs, nδ permettendo di accostarsi alli Cavalli sparsi á terra,acció fra qsto mentre nδ fossero sopragiunti dalla fanteria nemica, qle avendo inteso l’archibuggiate, e’ poj tornati li 8. Cavalli fuggiti essere quej luoghi ripieni de nostri, e’ nδ vedendo cδparire l’altri Cavalli, temendo di quello era succeduto, stimarono ritornare addietro, come fecero; Si ritrovarono tra quej soldati di Cavalleria morti 17., feriti 15., quali furono portati in S.to Pietro per Curarsino: de Nostri ne morirono 7., feriti leggierm.te 9.; portandosi ogni cosa per dividersi tra soldati. E successe qsto fatto al Cancello della Vigna di Marco Pitiura verso le ore 13.

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La stessa mattina delli 30. andando l’altri due distaccam.ti in S.ta Sofia, ritrovò vacante il paese, e’ si diede parte del med.mo al taglio della legna; l’altra parte pp salire al di sopra. Alcuni de nostri, che stavano alla guardia de Cupelli, se ne fuggirono sopra spaventati portando la notizia, che li nemici l’inseguivano in un numero molto più grande di qllo che lo spavento li avea fatto apparire. Verso la sera si unirono,

151 e s’incaminarono verso il forte di Mambrò; má vedendolo da lontano, che stava cδ molta gente dentro, e’ fuora ben custodito, senza far altro si ritirarono, portando seco una graδ quantità di mele, nδ volendo cimentarsi nel Consumo di qsti forti senza troppo utile, cδsiderando, che superato n’avrebbero uno, ritrovavano l’altro; e’ che senza graδ mortalità di gente, nδ si poteva attaccare Villaggio; e’ qsta bisognando per Taberna, si giudicò ritirarsino nel Campo per proseguire cδ tutto lo sforzo l’assedio incominciato, prima che d’Aragona avesse potuto venire soccorso alla Contessa, come si supponeva. Avendo il Nemico radunata fra di tanto la sua artiglieria, e’ quella, che avea fatto fondere in Pennia, ove li fonditori notte, e’ giorno faticavano nel far mortari, e’ Cannoni grandi, stando in qualche termine di perfez.ne, rinforzato pure di gente l’esercito, e’ d’ogni necessario bisognevole fornito alli 2. di Maggio si pose in Marcia dalla strada del sud.o Pennia, che si era la più meno disastrosa, e’ che nδ potea essere troppo scoperto l’esercito, ed offeso; precedevano molti guastatori per accomodare, e’ spianare la strada,acció di fronte potessero almeno Caminare sej soldati armati di archibuggio, ó pure quattro armati di falconetti á mano. La sera dello stesso giorno giunse qsto esercito di Pennia, e’ si unì cδ l’altro, che si trovavava alle Mura di Taberna; e’ così, unito tutto la stessa sera al tardi senza pender riposo si dispose per la parte settentrionale per attorniare la Città, e’ cδparire sotto il Castello. E la notte istessa si divise lo stesso esercito in due ale; una per qsta parte, l’altra più numerosa per la porta Marittima; poiche per la parte Australe nδ poteva troppo inoltrarsi, standovi li Monticelli ben custoditi cδ forti alzativi, e’ spezialm.te quello sotto S. Maria 152 Maggiore, che più esposto ad esser dalla parte di sotto assalito, ed attaccato alli 19. di Aprile cδsideratane l’importanza si era alzato, e’ rinforzato d’artiglieria lo stesso forte cδ la Chiesa di S. Maria del Soccorso unita al med.mo cδ 112. soldati, sotto il Comando di Egidio Rocca, oltre li due bastioni delle mura, che ancora guardavano qsta parte; tanto che lo sforzo nemico tutto si aggirava nella parte settentrionale, da dove l’esercito dovea passare per cingere almeno da lontano il Castello, ove dimorava la Contessa, ch’era lo scopo della Guerra. Tenutosi in tanto Consiglio di Guerra in presenza della stessa Contessa nel Castello, da tutti li Capi del Supremo Comando si giudicò spediente darsi ordine al Comandante

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del Campo nel Borgo di uscirli incontro per attaccare il nemico: però uscire da un Campo fortificato nell’aperta campagna vi bisognava una graδ quantità di gente, atteso che il nemico era più di qllo si era supposto numeroso di soldati, ed abbondante di artiglieria, si determinò aspettarlo á piè fermo: ed infatti alla mattina delli 5. cδparì l’esercito sotto il Campo á tiro, si fermò alzando terreno per fortificarsi sino al giorno delli 11., qd.o verso le ore 13. dato l’assalto al nostro Campo, e’ cδbattendosi per 6. ore Continue, si ritirarono cδ graδ perdita, nulla avendo acquistato, che rovinare due ripari, quali si erano fatti nel Recinto de Iudej, ove qsti aveano la di loro Sinagoga nel mezzo, restando mezza abbattuta. Si ritrovarono de Nostri morti 64. fra quali fú Virginio Rotellio Nipote del Comandante Capitano Sopranumerario, ed Arcangelo Rocca, quali dal Castello aveano portati da Capitani 240 soldati per rinforzare il Campo; feriti furono 142; tra quali fú Giansimone Catanzaro, e’ Ludovico Altimanio Capitani pure Sopranumerarij; essendosi condotti nell’Ospedale del Castello per guarirsino; e’ l’altri feriti nella Casa de Longhi, ove era lo Spedale Comune.

153 Nel tempo di qsti assalti l’altra ala nemica si era incaminata per la parte Boreale sotto le mura; ed abbenché dalli Bastioni l’avessero tormentata, nulladimeno il danno era stato poco, e’ nδ l’aveano potuto impedire nel pigliar posto; la Contessa penuriava d’Artiglieri, e’ di Artiglieria grossa per tenere lontano il Nemico; e’ quej che ella teneva erano Mastri di polvere, che facevano Artifizij di gioco, e’ di festa, nδ di guerra, e’ difesa; e’ qsta forse fú la Cagione primaria di Cadere la Città. Alli 14. si diede un nuovo assalto al Campo, dove danneggiarono nδ poco le fortificaz.ni da Nostri erette, abbenche cδ graδ coraggio avessero respinto il nemico. Vi restarono de Nostri feriti 87., morti 29.; tanto che si giudicò da Comandanti Supremi in un consiglio di guerra tenutosi la stessa notte in Castello avanti la Contessa, che volea intervenirvi sempre, ritirarsi il giorno seguente il Campo entro le mura della Città, e’ defenderla, mancando la gente di giorno in giorno, e’ nδ potersi più sostenere l’assedio; fú approvato il parere, e’ la notte delli 15. si ritirò il Campo, nδ avendo il nemico potuto penzare qsta ritirata, sentiva il rumore, e’ dubitando di qualche sorpresa, stiade la notte in armi, senza muoversi dal suo accampam.to. La mattina si accorse di tutto qsto, però nδ volle avanzarsi nel sud.o Campo vacante senza pria far la sperienza, se vi fosse qualche mina di sotto; e’ trovato il tutto senza inganno, má di mancanza di gente essere l’argomento, occupò verso la sera il sud.o Campo, avvicinandosi verso la porta, e’ rinforzando l’esercito, che giva per la parte settentrionale 154 alli 17. la Città si ritrovò circondata da nemici per questi lati, e’ per sotto lo stesso Castello.

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La parte occidentale restava alquanto libera, e’ dava graδ speranza á Cittadini mezzo abbattuti dalli disaggi, dalli pericoli, e’ dallo spavento, nδ che dalle fatiche insolite ad una Città, che si governava cδ l’arti, e’ cδ la quiete, e’ cδ l’abbondanza; la speranza si era la fuga in caso di un’assalto generale, standovi da qsto lato due Cave, che uscivano fuora della Città, incognite á quej de Villaggi, ed ad altri soldati forastieri; una spuntava alla Chiesa di S. Maria del Soccorso; e’ perciò qsta Chiesa si era fortificata, e’ cδfidata ad Egidio Rocca, sapendosi quanto era d’importanza qsto Comando; l’altra usciva nell’estremità del Monticello dirimpetto verso la porta Montana, ove era la Chiesetta di S. Sebastiano cδ le Camere dell’Arcip.te per l’esta’, fatte dall’Arcip.te Tiburzio Rocca l’anno 1321; ed era per qsto fine cδfidata la Cura della Chiesetta, ove usciva la porta della Cava á Flavio Longos Cognato dell’Arcip.te, che volle ritirarsi in qste stanze senza volersi ingerire all’affari di guerra, tenendo le parti del Arcip.te, ed in tanto nδ si ritirò cδ luj in Pesaca, per nδ dimostrare mancanza alla Contessa; má sotto pretesto di poca buona salute si ritirò ivi cδ la sua famiglia, ed altri 12. persone armiggere per ogni accidente, standovi pure ivi cδ 6. pezzi di artiglieria piccoli, e’ molti archibuggi proprij. Qsto Custodiva la bocca della Cava per non uscire gente, perche de Nemici nδ vi era timore, essendo il luogo inaccessibile,

155 solam.te il timore era per li Cittadini, che attediati dalla guerra, nδ fuggissero. Le mura erano pure Custodite di gente, ove girava per la Custodia Lucio Balasco, che dovea pure accorrere in queste due Chiese del Soccorso, e’ S. Sebastiano; se maj n’avessero bisogno; tenendo alcune scale di funi per scendere dalle mura soldati se maj bisognassero, dandosi il segno cδ li lumi per qd.o fosse di notte il bisogno. Alli 19. verso l’ore 16. si vidde il Nemico disponersi per attaccare qsta parte, alzando terreno, e’ trincierandosi; stimando lo Sforzia, che senza prendere qsta parte, nδ si poteva chiudere Taberna, e’ per cδseguenza tirare á lungo l’assedio. La notte delli 19. istessa si incominciò á battere il forte del Soccorso, quale avendo richiesto agiuto cδ il segno de lumi, il Balascos fece scendere li soldati per girvi; má vedendo, che l’assedio durava continuam.te, ed il posto essere di cδseguenza, deliberò andarvi luj stesso cδ il cδsiglio de Comandanti, dandoseli artiglieria, munizioni, e’ gente; il tutto sceso dalle mura cδ le funi. Ed in fatti l’assalti essendo cδtinuj, le respinte nδ erano meno rigorose; e’ da una parte, e’ dall’altra si corrispondeva cδ pari valore, e’ Coraggio; má la malaprattica dell’Artiglieri, che precipitò il tutto, nδ mancò di precipitare ancora quest’altro Cimento per tanti giorni mantenuto, ed ammirato dalla Città, e’ da Nemici stessi. La sera delli 26., qd.o ad una di notte si stava al meglio della Respinta de Nemici, quali cδ tutto il loro potere aveano dato l’assalto. E faceano l’ultimi sforzi; si diede per Casualità fuoco alla polvere; e’ restò il Balascos

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156 consunto cδ altri 38. soldati; e’ stroppiati 64; e’ nδ avendosi potuto conoscere il di luj Cadavere, ordinò la Contessa nello stesso Castello il publico funerale, nδ mancando di cδservarne la memoria per li suoj Posteri; avendo ella stessa per tanti giorni ammirato dal Castello il suo invincibile Valore, ed intrepidezza incomparabile, nδ che diligenza indefessa; essendo morto per voler luj supplire alla mancanza dell’Artigliero. A qsto accidente posero Bandiera bianca nel forte per Capitolare, tutto á fine di ascondere col tempo il Buco della Cava, e’ nδ entrare li Nemici nella Città; vollero otto giorni di tempo per disponere le Cose de feriti, e’ l’artiglieria, cδ la gente, cδtendandosi li nemici solam.te del posto, nδ volendo altro: E se in caso nδ avrebbero accordato l’artiglieria, e’ la gente, avrebbero penzato di salvare il tutto per la Cava. Má il nemico accordò tutto quanto il Comandante Egidio li richiese, ó sia per patto di guerra, ó per rispetto alla famiglia Rocca ben affetta al Re Ludovico, avendo tanto perorato á suo favore contro il partito Aragonese; ó sia per altra politica; il nemico si ritirò, aspettando, che il forte sud.o fosse dopó li 8. giorni evacuato; come in fatti puntualm.te il tutto fú eseguito. A qsto sinistro accidente si sgomentò il Castello, e’ la Città, che nδ avezza á patire qsti infortunij, incominciava á detestare la sua presa risoluz.ne; e’ molto più, che vedeva chiusa una delle porte, ó sia apertura della Cava, dalla quale si figurava sempre lo scampo, ed il soccorso delle Vettovaglie in caso di penuria; spuntando

157 qsta grotta alla Casa del Publico nell’Ateneo; restando solam.te aperta l’altra bocca, che spuntava alle Case delli Rocca di Guglielmo. Questa perdita del forte, e’ molto più del Balascos fú sensibile alla Contessa, ed alla Città, qle dopó li 8. giorni stabiliti fú circondata da qsta parte, poco potendoli ostare alli suoj disegni l’altro forte rimastovi; nδ essendo capace di resistenza; tanto che alla cδparsa de Nemici nδ fece fuoco sopra; e’ lo stesso Nemico nδ lo molestò, considerandosi come Casa di Campagna della famiglia Rocca, alla qle si usava riguardo. E li Comandanti aveano ordinato al Longos di far qsto tratto politico per nδ impegnare il nemico all’assalto, e’ chiudere l’altra bocca della Cava, senza speranza di potersino la gente salvare; poiche li Cittadini nδ sapeano cosa loro stessi fare, dipendendo dalla contessa, che teneva il Castello, ed á Cui tutti viveano appoggiati, nδ potendo discostarsi da essa per cuj sacrificavano tutto.

Capo VI. Dell’assedio di S. Leo sino alli Capo VI. Dell’assedio di S. Leo sino alli Capo VI. Dell’assedio di S. Leo sino alli Capo VI. Dell’assedio di S. Leo sino alli

29. Maggio29. Maggio29. Maggio29. Maggio

Appena si stabilì la Capitolaz.ne del forte, per la Cui perdita restava la Città circondata d’assedio per quest’altra parte, che si stimava la più resistente, avendosi per l’adempim.to restati per ostaggi li due Capitani Onorarij Artabano Beroaldo, ed

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Ernestino Boverio figlioli de Comandanti, che nδ passavano li anni 18., che stavano presso j Padri, e’ nel Castello, imparando la milizia, e’ Corteggiando la Contessa; per la qual Cagione lo Sforza stava più che sicuro dell’adempim.to di quel trattato; tenendo quasi per Certo la Conquista della 158 Città, qualora j fonditori, che notte e’ giorno travagliavano per fondere alcuni Cannoni grossi, e’ mortari, quali nδ potevano cδduttare per l’erto del Monte; e’ perciò li fondevano sotto il Borgo; tenendo per sicura la cδquista del Castello, qd.o questi fossero terminati. Lo Sforzia nato in Lombardia, ed allenato sotto la disciplina del Padre, che si era stato tanto celebre Capitano, avea ben cognizione più d’ogn’altro delle Bombarde, che se bene ritrovate in Alemagna, in Italia apparvero l’anno 1380. qd.o li Veneziani l’adoprarono cδtro li Genovesi, abbenche 31* anni prima li Mori nell’assedio, che faceva Alfonso XI Re di Castiglia di Algazarà, si fossero difesi cδ certi truoni, e’ botte di ferro, che spiccavano contro li Spagnoli Castigliani; e’ 250. anni prima le navi del Re di Tunisi contro il Re di Siviglia cδbattendo aveano pure adoprato qsti Truoni, abbenche nδ cδ quella perfez.ne, che li Veneziani l’adoprarono contro j Genovesi; e’ lo Sforza, ch’ era Capitano tanto celebre, cδ l’uso di qste Bombarde si teneva in pugno la Vittoria. E perche l’impegno suo era più cδ la Contessa nel farla prigionera, che nella Conquista di Taberna, procurava tutti j mezzi nel fare, che li Cittadini deponessero l’armi, ó almeno agissero nδ cδ tanto vigore; penzando la maniera di poterne uscire senza offendere la Contessa, e’ la di loro fedeltà; e’ trovato il modo da luj, ó dalli due Tabernati, che stavano presso di luj, di potere sciogliersi dall’Impegno j Cittadini; si giudicò di attaccare S. Leo cδ il Recinto Basiliano, ove stavano le donne, li figli, e’ le più preziose sostanze.

159 Quindi determinato quest’assedio, ne diede la Cura ad Andrea de Arces nemico giurato della Contessa, scrivendoli di procurare cδ gente di Catanzaro, ove luj era il p.° fazzionante di assaltare S. Leo cδ l’ospizio Basiliano; Andrea, il quale avea assaltato il Castello di Catanzaro, e’ n’era stato respinto cδ molta perdita di gente, e’ di stima, á qsto Comando dello Sforzia si tenne molto obligato per adempirlo, tanto più, che vi stava la moglie del Comandante di S. Leo Zoe Moniza, la più bella di Taberna, e’ denegatali da Parenti, ch’erano Greci, nemici giurati de Catanzaresi; e’ per la di Cui gelosia il marito si avea procurato qsto Comando, nδ volendo star fuora della moglie, e’ nδ volendo restar senza impiego, dando qualche ombra alla Contessa; Andrea e’ per vendicarsi di questo, e’ per risarcirsi l’onore del Castello, e’ per farsi merito presso lo Sforza, e’ per altri rispetti siano di passione, ó di Utile si accinse á proseguire questa Impresa cδ tutte le dovute circostanze, tenendo artiglieria, e’ gente presso di se per dare ombra al Castellano di Catanzaro,acció nδ mandasse soccorso alla Contessa in Taberna.

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Alli 27. dunq:, avendo prima furtivam.te sfilato di qd.o in qd.o soldati armati, si partì da Catanzaro la notte, e’ si ascose lontano dal Castello, aspettando li soldati dispersi per radunarsino, quali radunati al num.o di 400, cδ 36. Cavalli, e’ 40. guastatori, s’incaminò per l’assalto di S. Leo; e’ la mattina apparendo verso i forti lumi, che davano indizio alle sentinelle; qste ne portarono l’avviso in S. Leo di sospetto de nemici; però essendo 160 quest’avviso più volte portato, nδ mancando maj scorrerie de Catanzaresi verso quelle parti per trovare animali, e’ portarli nel Campo dello Sforza á venderli á buon prezzo, onde più fiate aveano le sentinelle dato avviso cδ lumi, e’ poj erano restati quej di S. Leo delusi; stimarono così essere al presente, che l’attacco era vero. Due ore prima di far giorno, restando poca gente dello Arces al forte eretto nello stretto al declino del Monte Panaros, il maggior numero passò per attaccare l’altro forte al Monte Rosolos; poiche quelli del p.° forte impiegati all’assalto nemico, nδ poterono impedire il passaggio al num.o maggiore; quindi avendo trovato poca resistenza tanto all’uno, qnto all’altro forte; e’ spezialm.te á qsto 2.°, dove assicurati più che maj, sperando di ricevere avviso dal p.° e’ qsto nδ ricevuto, stavano nel meglio del sonno; tanto che assaliti improvvisam.te nδ fecero resistenza alcuna; e’ la stessa mattina all’Alba si trovarono sopra S.Leo; má accorti quej, che in un’altro forte al di sopra il Villaggio, e’ quasi cδtiguo ad una chiesetta custodivano il passo, si venne all’armi cδ la morte di 6. Catanzaresi, e’ feriti 9.; delli nostri morti soli 3., e’ feriti due; E perche si vedeano scoperti, stimò l’Arces lasciare in qsto forte 60. de suoj per Combatterlo, ed egli sforzare le barricate del Villaggio, ed entrarvi dentro. Comandava in S. Leo Giovanni de Gattis, avendone ricevuto la patente di Capitano, procuratasi da luj per fuggire la Guerra, e’ Custodirsi la Moglie, Uomo nδ troppo atto per qste sorti di Combattim.ti; quindi avendo la Gente ivi racchiusa tenutolo da Capitano nella stima, ed onore, ad

161 ogni modo nel Combattere nδ avendolo per tale, essendo allevato più agli aggi della sua Casa, che al mestiero della guerra, vollero per loro Capo á Giulio Capilupia, avendo fatto ritirare al Gattis nel Recinto delle donne per custodirle; e’ loro uscire cδ Giulio al Combattim.to. Uscito, dunque, il Capilupia cδ 238. soldati armati di spade, ed archibuggi, quali essendosi postati sotto li parapetti, che avevano alzati poco distanti dalle Case, potendoli qste servire pure di scampo in caso di fuga: al tocco della Campana della Chiesetta di S. Giorgio, avanti della quale era il Campo della battaglia, usciti da ripari li nostri cδ li micci accesi, tutti egualm.te sparando á quel tocco di Campana, ne fecero una mezza stragge; poiche si trovarono morti de Catanzaresi 22. soldati, e’ feriti gravem.te 18.; oltre gli altri leggermente feriti; che tutti spaventati, si diedero á

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precipitosa fuga. má poj ascostosi sú del Monte Rosolos, ed uniti cδ gli altri, ch’erano restati all’attacco de forti, stimarono ritornar di nuovo ad assalire il Villaggio; essendo troppo vergogna all’Arces ritornarsene così abbattuto: Scrisse egli una lunga lettera ad Agostino suo fratello, che l’avesse mandato più gente, ed artiglieria, raccontandoli il succeduto; e’ per la fretta nδ avendoli potuto raccontare li morti, e’ li feriti; ognuno di Catanzaro per trovare li suoj Congiunti si dispose á seguitare questa impresa. Li spedì subito 4. spingarde, e’ 4. falconetti di maneggio cδ 32. altri soldati; e’ 10. Prattici per quest’artiglieria. procurando di spedirne altri, se poteva; e’ qsti 10. Prattici dell’artiglieria, che veniva cδ muli portata, erano pure armati di Corazza, ed elmo á Cavallo. 162 Intanto la stessa mattina de 28. qd.o furono certi dell’arrivo nemico, abbenche fosse ben per tempo, e’ si dubitava, se il segno de lumi potesse ben’apparire in Taberna, perche il lume del giorno era prossimo, si spedì l’avviso in Bompignano, e’ Bartalisio per soccorso, nδ sapendosi il numero de nemici. Visti da Taberna j lumi, tutti si sgomentarono l’animi de Cittadini; e’ perche si approssimava il giorno, invece de lumi facevano al di fuora l’abitato fuochi, e’ signantur quelle donne del Recinto più spaventate dell’altri, la Città spedì subito ordini al Comandante del Styritos di spedire soldati in S. Leo; tanto che la stessa mattina furono radunati 74. soldati, quali portarono pure archibuggi per armarne le donne più Coraggiose nel Recinto Basiliano: essendo il Villaggio diviso in due pezzi; Uno era delli Monaci Pesacensi antico, e’ vi erano molte Case stabilite per li sudetti Monaci, e’ passeggieri, essendo ben chiuso di fabrica cδ un cortile spazioso; l’altro al di sopra, ch’era S. Leo, barricato di fresco, e’ parapettato cδ nuove mura di fabrica, restando aperta solam.te la Porta sotto la Chiesa di S. Leo, che risguardava Taberna, nδ mancandovi guardie all’intorno per avvisare qualche accesso nemico, trattandosi di esservi riposto ivi il più prezioso delle sostanze di tutti, e’ spezialm.te la Gente Nobile, Civile, e’ più Commoda. Stando in qsta positura le Cose giunse il nemico alli 29. verso le ore 10. cδ l’apparato dell’artiglieria, e’ cδ le genti tutte disposte á sforzare il Villaggio; tanto che giudicó il Capilupia distaccare 100. soldati de suoj cδ 50. di quelli

163 di Bartalisio armati di archibugi, e’ picche; e’ cδ altri 200. armati pure di archibuggi Corte cδ spade, ed assaltare il nemico; uscendo egli cδ li primi soldati in Campo aperto; e’ qsti 200 star pronti sopra li parapetti ad accorrere al bisogno; nδ avendo mancato per le Case ivi situate tenervi altra gente armata; má vedendo, che il nemico era più numeroso di luj penzò delli 200. distaccarne la metà, e’ servirsene per le spade, ed armi Corte in questo assalto; trattandosi di uscire improvvisam.te in aperta Campagna, ed in luogo alquanto angusto per quest’effetto, dovendo essere piutosto una Zuffa, che una regolata battaglia.

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Apparvero sopra li parapetti li 100. soldati; ed egli fratanto cδ gli altri uscendo dalla porta, girò un poco al di sopra, e’ cδ tutti gli suoj li fú addosso; mentre che li nemici giudicavano, che tutto lo sforzo fosse al di dentro, nδ avendosi maji potuto penzare, di essere tanto arditi di uscire fuora il Villaggio per attaccarli. Comparso il Capilupia all’improvviso, e’ facendoli una scarica pure improvvisa di archibuggiate, ne lasciarono de nemici nδ pochi atterrati; e’ quelli al di dentro, benche cδ tiri lontani, poiche li assalitori accorsero al Capilupia per respingerlo, nδ mancarono di ferirne altri; tanto che venuti all’armi Corte, si fece dall’una parte, e’ dall’altra una sanguinosa battaglia, tanto più Crudele, quanto più ristretta dal luogo. 164 In qsta battaglia, che durò dalle ore 14 sino alle 22. vi morirono 34. del Villaggio e’ feriti 63. tra quali il Capilupia in una gamba; de nemici si ritrovarono morti 43. tra qsti lo stesso Arces; feriti ne restarono 52. oltre quelli, che poterono ritirarsi in Catanz.o: Restarono al Villaggio due falconetti ed una spingarda cδ 58. archibugi; e’ li Vestimenti de Morti furono dati á Credenza alli Judej, che pure al numero di 35. servivano da soldati al Capilupia, ed importarono docati 78: per distribuirsino alli soldati.// Però á tanta allegrezza succede la stessa sera una mestizia molto grande; poiche si diede fuoco alla Casa del Capilupia, e’ si abbruggiarono cδ le sue Case molte abitaz.ni dell’altri cδ la Chiesa di S.Leo, restando di qste franco dalle fiamme il Campanile cδ la Sacrestia al di sotto; abbruggiandosi più della metà del Villaggio. La colpa fú delli Custodi de Micci, quali avendosi acceso, e’ lavorato il fuoco per li parapetti di legname, nδ trovandosi acqua bastante per smorzarlo, poiche vi stavano altre materie pure comestibili verso la parte di S. Giorgio, restò da qsta Chiesa á quella di S. Leo tutto incenerito; Robbe però nδ se ne perderono; poiche il tutto era conservato nel Recinto Basiliano; ed il più prezioso, e’ di poco Volume si era condotto nel tempo di qsto assalto in Bompignano; se maj il Recinto sud.o fosse dopó S. Leo assalito.

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Capo VII. Continuaz.Capo VII. Continuaz.Capo VII. Continuaz.Capo VII. Continuaz.nenenene dell’assedio dalli 30. Maggio dell’assedio dalli 30. Maggio dell’assedio dalli 30. Maggio dell’assedio dalli 30. Maggio sino alli 18. Giugnosino alli 18. Giugnosino alli 18. Giugnosino alli 18. Giugno

Ricevutasi la notizia dell’infelice successo di S. Leo cδ la morte del Comandante Arces nel Campo Nemico, si determinò lasciarsi ogn’intrapresa per li Villaggi, e’ fare tutto lo sforzo per la Città. Li due pezzi di artiglieria grossa rotolati per li dirupi si erano cδ tanta fatiga ricuperati, e’ l’aveano situati assieme cδ altra artiglieria nuovam.te fondata nel giorno de 29; tanto che per l’ult.mo giorno di Maggio, preceduto il giorno avanti l’apparecchio, si determinò dallo Sforzia stringere più dapresso Taberna; incominciandosi dalla Rocca di S. Barbara, dove essendosi il nemico avvicinato, e’ cδ l’artiglieria avendo diroccato li Merli, si molestava la piazza d’armi; ed abbenche per

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tutto il giorno li nostri pure corrispondessero cδ molti tiri, il danno nδ era però troppo grande, e’ proporzionato cδ qlle del nemico per mancanza di Artiglieri più esperti. Alla p.a di Giugno nδ potendo li nostri star più fuora li ripari, si ritirarono entro la Rocca, e’ li nemici più si avanzarono; e’ verso la sera avendo abbattuta una graδ parte del forte alzato dalla parte di sotto alla Porta, uccisero 8. Soldati cδ il di loro Capo Nardo Parotto. Nello stesso giorno delli 30. erano pure mossi l’accampam.ti nemici dalla parte Boreale, bersagliando li 4. Baloardi, e’ dall’occidentale li due; tanto che stava la Città molto stretta; nδ però si trascurava la difesa da tutte le parti; ed Oddo istesso nδ mancava in persona accorrere ove più si conosceva il bisogno; Il nemico però quanto perdeva, li veniva rimpiazzato con nuove reclute, che il Vicario 166 della Prov.a* li mandava, nδ così Taberna, che con la speranza del soccorso, nδ vedeva cδparire ne esercito d’Aragona, ne dalli Stati della famiglia Ruffo, e’ Marzano recluta alcuna; stando tutti del partito di Ludovico. Alli 3. di Giugno caddero due baloardi, ed avrebbero pure Caduto l’altri, se vicini al Castello, che li scopriva, nδ avesse tenuto lontani li nemici. Alli 6. furono così vicini alle mura, che si dubitò di qualche assalto; má nδ sortì allora, poiche lo Sforzia volea tenere li Cittadini sotto l’armi, e’ cδ qsta apprensione,acció cδ qsti finti attacchi, restassero sicuri qd.o dovea dare li Veri. La notte delli 8. diedero li segni cδ le trombe verso la Rocca, dove accorsero tutti; má l’attacco fú nelle mura dalla parte occidentale, ove aveano guadagnato il forte del soccorso, tenendovi 1500 soldati in quel monte per sorprendere la Città fra il Vescovato, e’ la porta di S. Barabara. E dalla parte Boreale, ove erano stati diroccati li due baloardi, si diede pure l’assalto alla sordina: però in qsto luogo furono respinti; nδ così all’altro lato, dove talm.te si erano li nemici indoltrati, che tenevano pronte le scale, se nδ fosse stato soccorso Oddo cδ li due Capitani Petronio Filanzio, e’ Giulio Catanzaro, quali avendo lasciato la Rocca, accorsero in qsta parte, ove il bisogno si giudicava più maggiore. La pugna, che durò per tre ore cδtinue, fú ostinata, fino che il nemico fú respinto cδ grave perdita. Delli nostri vi morirono 62. soldati; li due Capitani nel giorno seguente; e’ Martino Boverio cδ Albero Ratta giovinetti Capitani Volontari; li feriti furono da 127., fra quali Simone Balascos. Mandatovi da suo Zio per fare le sue parti; e’ Marco Mario Mariconio Capitano delli Balestrieri.

167 A qsta scossa risentitisi gli animi de Tabernati, davano qualche lagnanza alla Contessa, che cδ le sue promesse di vicini soccorsi, aveano loro sacrificato tante Vite; che però cδsiderando giuste qste doglianze, spiccò la Contessa dal Castello 120 soldati per rinforzare la Gente negl’assalti, e’ nδ restare il peso della stragge tutto á Cittadini. La notte delli 11. si diede di nuovo un’assalto alle mura più sanguinoso, ed

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ostinato del passato; poiche avendosi battuto cδtinuam.te la Rocca, nδ poteva più quella sostenersi; ne la porta Maritima cotanto defendersi, tenendo rovinate le Mura, che la sostenevano; e’ la parte Aquilonara della Città, che si giudicava la più fortificata per sostenersi dagl’assalti nemici richiedeva graδ gente; e’ l’esercito nemico á qsta parte si vedeva più impegnato cδ le Machine, artiglieria, e’ soldatesca; nδ mancando pure di dar timore all’altre parti della Città, che tutta si trovava circondata dall’esercito sforzesco. E li nostri Comandanti per li posti avendo distribuita la Soldatesca, e’ la Cittadinanza tutta aspettavano á momenti qualche nuovo assalto; come successe nella notte dell’11., che datolo generale all’ore 3. dopó 4. ore di Continuo cδbattim.to per ogni parte, si trovò il nemico la mattina, che avea pigliato posto nel piano della Rocca di S. Barbara, e’ che si avea fortificato cδbattere il Castello, e’ la Città; ed abbenche il Castello, e’ la Torre Campanaria del Vescovato continuam.te li corrispondesse cδ tiri per discacciarli, il nemico si conobbe che poco danno s’avesse ricevuto; poiche nδ tralasciava di più fortificarsi; tanto che la Città vedendosi, che nδ avea potuto discacciare il Nemico, qd.o era al di fuora, quale speranza li poteva restare nel discacciarlo al di dentro; avendosi la mattina delli 12. ritrovato 168 morti 116; e’ feriti 196; tanto che bisognava da dovere penzare á qualche accomodam.to, nδ dissaprovandolo lo stesso Oddo, acció potessero li soldati sparsi per la difesa della Città, radunarsi tutti alla difesa del solo Castello sino che potesse comparire la tanto desiderata armata d’Aragona. Propostisi qsti motivi alla Contessa, nδ poco si turbò, penzando, che nδ fosse tanto bisogno, quanto timore de Tabernati, ó vacillam.to della di loro fede; ne mancò di sospettare che le famiglie Faragonios per mezzo di suo fllo cδ lo Sforzia avesse fatto qualche progetto di darsi Taberna, applicando á tepidezza di difesa ogni disastro, cδ tanto che vedeva tanti morti, e’ feriti: ed abbenche Oddo avesse veduto cδ gli suoj proprij occhi in tante occas.ni la valorosa difesa de Cittadini, e’ procurasse disgombrarli dalla Mente questa idea sinistra de Tabernati, pure nδ era possibile capacitarsi, volendo in ogni Conto defendersi sino all’ultimo. Diede ella gli ordini á Cinzio Alimenio suo Confidente, e’ che faceva la figura di ottimo Comandante nel Castello, egli stesso di uscire cδ 400 soldati, e’ procurare á discacciare il nemico dal posto assaltandolo. Uscì dunq: dal Castello cδ Lorenzo Micelli Capitano 8. spingarde, e’ 16. falconetti, volendo il giorno delli 13 visitare li posti, e’ rinforzarli. Radunatisi tutti avanti il Vescovato, dove barricate le strade, aveano fatto piazza d’armi cδ esortare ogn’uno alla difesa propria, l’animò all’assalto per discacciarne il nemico dal posto, promettendo á soldati premij eccessivi. La mattina delli 14. ben per tempo si radunarono tutti per qsta impresa, essendo piantati li falconetti, e’ le spingarde parte nella Torre del Vescovato, e’ parte nelle

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Case delli Rocca di Guglielmo, aspettando il tocco della Campana del sud.o Vescovato per dar principio tutti all’attacco, come successe cδ ottimo principio; má deplorabile fine. Caminavano innanti 200. Lancie Vestite di ferro cδ 44. guastatori,acció rompessero li parapetti nemici. Comandava qsta

169 Lancia il Capitano Roberto Faraldo: succedevano á qste li 400 soldati cδ spade, ed archibuggi, comandati dal Micello, poj l’Alimeno cδ 1200. altri soldati parte di Taberna, e’ parte ancora del Castello, che accompagnavano la sua persona, essendo di qlli di Montalto, che stavano fra la porta Montana, ed il Castello, al numero di 236. e’ qsti erano pure armati di archibugi, e’ di altre armi bianche, che custodivano lo stesso Alimenio, ed Oddo, che ancora stava al fianco di luj. E per retroguardia erano 124. archibuggieri comandati da Alonso Lucifero. Dalla strada poj si S. Nicolò dovea entrare in soccorso Natale Mariconio cδ 140. picche. E dalla Casa di Tonno da Presbiteris per la strada, che usciva alla Rocca dovea pure entrare cδ 80. soldati per essere il passo stretto Flavio de Gattis, bisognando maggior rinforzo. Stando le cose così disposte, la mattina de 15. ad ore 12 diede il segno la Campana del Vescovato, e’ tutto l’esercito da ogni parte fú in mossa, rotti li parapetti, entrarono cδ tanta furia nel Campo, che nulla più si vidde di coraggioso, e’ di ostinato valore: Era il luogo angusto á tanta gente; má ristretto il Faraldo diede improvvisam.te sopra á nemici, che qsti nδ potendo resistere al furioso incontro, retrocederono alquanto; ed il Faraldo inseguendoli diede Campo al Micello d’entrare nel suo luogo; quindi scaricati per due volte l’archibuggi, e’ poj venuti all’armi corte. Succedé graδ mortalità d’ambe le parti. Quindi subintrato l’Alimeno col Corpo dell’esercito, avendosi il Faraldo, e’ Micello ristretti per dar luogo á qsti nuovi soldati per entrare in battaglia, il nemico andando sempre rinculando, poco mancò di nδ restar vuoto il Campo: má ó fosse cautela del Comandante nemico, ó avviso forse anticipato da quej di Taberna, come si andava sussurrando; tenendo ascosti molti pezzi di artiglieria, li fecero giocare cδ tanta furia, 170 e’ cδ tanta copia de Nemici, ch’entrarono cδ mille fuochi artificiali, oltre le di loro armi di fuoco, á Corte, che dopó 3. ore di ostinato combattim.to, furono costretti li nostri á retrocedere entro la Città, lasciando per la fretta d’entrare, e’ per la furia dell’aggressori vacante lo spazio sino alla porta; e’ questa quasi rovinata dal Cannone continuo, che nel tempo di qsto Combattimento avea giocato appostatam.te sopra di essa per fracassarla. Restarono prigionieri, e’ feriti il Faraldo, ed il Micello; avendosi ritirato il Comandante Alimenio cδ Oddo, che si ritrovò solam.te in quest’azzione semplice spettatore, nella piazza del Vescovato sotto il Campanile barricate le strade

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da per tutto; però la sera si ritirò Oddo al Castello. Li morti de nostri furono 308., feriti 94, prigionieri 196. L’esercito nemico nδ volle più inoltrarsi per nδ perdere troppo gente, volendo á poco á poco cδsumare li difensori sino che fossero ridotti in stato di nδ potersino piú difendere, e’ sperando, che á tanta scossa si potessero ravvedere, prima che da ambe le parti si fosse la gente cδsumata. Má vedendo, che nulla si operava d’accordo, anzi più la difesa si procurava cδ calore; deliberò lo Sforza nel giorno susseguente dare un generale assalto alle mura per ogni lato; Come infatti la mattina del 17. ad ore 12. s’incominciò ad assaltare la parte occidentale, dove comandava Fabrizio Boverio, che teneva sotto di se due Capitani Marzio Trinchida, e’ Sigismondo Nuz; Si fecero prove di valore incredibile, respingendo li nemici, che tentavano cδ le bombe, e’ l’arieti, e’ Montoni diroccare le Mura, servendosi dell’antico, e’ moderno modo di combattere; cδ tutto ciò nδ li fú possibile á prender posto; abbenche li morissero 38. de suoj, e’ 62. feriti; e’ delli nostri 8. morti, e’ 14. feriti.

171 Nδ così succedé á Mario suo fllo, che comandava l’altra parte delle Mura, dove il nemico era cδ tutto l’esercito, cδ tutta l’artiglieria, e’ tutte le machine apparecchiate. S’incominciò dalla mattina ad ore 13., ed all’ore 21. era di gia aperto il muro più di 20 palmi, ed in molte parti smantellato, tanto che si vedeano prone le scale per salirvi, come in fatti avrebbero desiderato di fare molti Soldati li più coraggiosi, se n’avessero avuto il Comando da loro Capitani. Mario accorreva ad ogni parte, nδ stimando pericolo, ancorche avesse Veduto caderli á piedi morti due suoj Nipoti Capitani Volontarij Egidio, e’ Sebastiano figlioli di suo fratello Ascanio, ed altri due Capitani Curzio Catanzaro, e’ Terenzio Frosine gravem.te feriti, cδ Nicolo Carpinio, che portava l’Insegna; Soldati morti 186.; feriti 318, nδ avendovi potuto occorrervi in difesa Oddo col Beroaldo, occupati á respingere il nemico, che postato entro Taberna, minacciava sorprenderla per assalto, ed abbenche qsto attacco fosse scoperto essere finto, poiche per la strettezza delle Case, e’ per timore di qualche mina, e’ per la torre Campanaria del Vescovato, che cδtinuam.te bersagliava il campo nemico, nδ si potea supponere inoltrarsi cδ tanta sicurezza, pure Oddo dovea agire, come se fosse stato Vero, nδ stando sicuro di qsto, e’ perciò incapace á dare soccorso all’altre parti delle mura attaccate: E durando qsto finto attacco sino alla sera delli nostri ne morirono 48.; e’ feriti 56; fra li quali il più rimarchevole fú Gaspare Mariconio, che senza comando volle corteggiare ad Oddo. 172 La Contessa, che il tutto avea osservato dal Castello, sbigottita da tante perdite, cδpassionando tanti Cittadini, e’ Capitani esposti per lej alla morte, volea mandare alla Città soccorso; má dall’altra parte cδsiderando nδ restarli poj soldati per sostenere il Castello, deliberò in un cδsiglio di guerra tenuto la notte istessa delli 17. chieder

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tregua per qualche giorno; tanto che all’apparire dell’Alba del giorno 18., fece esporre nel Campanile del Vescovato bandiera bianca, mandando Cinzio Crea Capitano cδ un trombetta nel Campo nemico,acció chiedesse passaporto per li Deputati, che s’inviavano allo Sforza per l’accordo. All’apparire della bandiera bianca subito cessarono l’ostilità; e’ nel Comparire il Crea nel Campo, bendato luj cδ altri sej di seguito,acció passando per il Campo, nδ l’osservasse, li fú cδceduto il Passaporto, accompagnato pure cδ la benda sino al nostro esercito. Fra tanto Taberna cδ la Contessa stabiliti li Deputati per trattare l’accordo. Sin dalli 13. mi avea mandato á chiamare la Città,acció l’avessi servito in quell’ultima occorrenza di Consiglio, prevedendo tutto questo, che poj avvenne; tanto che dubitando nel Viaggio, fuj scortato da 64. soldati; che S. Pietro mandava al Castello per rinforzo, poiche il nemico stando tutto occupato all’assedio, nδ potea supponersi assalto più alli Villaggi. Io mi portaj dalla Contessa in Castello, e’ lej ivi mi trattenne poiche la mia età nδ mi permetteva ritrovarmi nella Città, dove altro nδ si vedeva che straggi e’ rovine.

173 Erano gli altri deputati della Città per dottori Io, e’ Michelangelo Boverio, che pure dimorava in S. Pietro,acció defendessimo li Privileggi della Città, per nδ restare oppressi da Catanzaresi, che pretendevano Campi, ed Industrie. La Contessa vi mandò per li suoj Privileggi il suo Consigliero Nardo da Sessa. Per le cose della guerra la Città vi mandò Cesare Pistoja, e’ Lorenzo Mariconio, e’ la Contessa vi mandò Antonio Micello Capitani. E per scrivere le Capitolaz.ni;e’ per la Causa de Privileggi; qlli cδ se portavano tanto pp quej di Taberna, quanto pp qlli della stessa Contessa, vi vennero Crispo Catanzaro, e’ Iulio Sacco Notari, ed Apocrifarij. Avevamo avuto l’ordine di andar temporeggiando, lusingandosi la Contessa di qualche soccorso, che aspettava; E lo Sforza sembrava pure pigliar tempo, aspettando nuove reclute, e’ molto più l’artiglieria grossa pp battere il Castello, poiche li fonditori ancora nδ l’aveano potuto terminare.

Capo VIII. Dell’Accordo fattosi per Taberna Capo VIII. Dell’Accordo fattosi per Taberna Capo VIII. Dell’Accordo fattosi per Taberna Capo VIII. Dell’Accordo fattosi per Taberna

solamente.solamente.solamente.solamente.

Partiti la mattina delli 19. dal Castello tutti Noi deputati á Cavallo, accompagnati solam.te da 16. di Cortaggio pure á Cavallo, portando 24. Canne di Velluto per complimentare cδ questa riconoscenza lo Sforza, arrivati, che fummo all’esercito nemico ni furono bendati gli occhi;acció nell’arrivo, e’ nel ritorno nδ si potesse 174 vedere l’accampam.to nemico; quindi giunti al Padiglione dello Sforza, e’ toltaci la Benda dagli occhi, fummo Condotti dallo stesso Sforza, quale ritrovammo all’impiedi Vestito di abito lungo Senatorio, nδ militare, col pugnale, e’ cδ la spada al fianco á

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somiglianza dell’abito Senatorio di Venezia, rassembrando come se fosse un Signore Greco; tenendo qsta foggia di Vestire un misto bizarro, senza penetrarsene il fine, avendoci di poj informato, che qsto Vestito se l’avea fatto cuscire 8. giorni prima, volendo apparire, che luj ancorché lombardo, nδ odiava il Greco, al di cuj nome, ancorché Taberna fosse Latina, dimostrava una estraordinaria affezzione alla Nazione Greca, essendoli ben noti li dissapori fra Taberna, e’ Catanzaro: e’ perciò risoluto di nδ progiudicare l’Una per compiacere l’altro; giacche si aveano posto in mente quej di Catanz.ro oltre il Vescov.o, prendersi il territorio, e’ la maggior parte dell’industrie, e’ Taberna vivendo in qsta falsa credenza combattere cδ tant’ostinaz.ne á favore d’Alfonso contro Ludovico. Fatte le dovute riverenze ad uno ad uno li fú baggiata la mano, ed avendo il Boverio parlato á nome della Città, e’ Nardo á nome della Contessa, lo Sforzia rispose, che avrebbe assegnato li suoj Deputati per conchiudere l’accordo cδ ogni sodisfaz.ne; e’ fattali riverenza, ed egli pure avendoci col Capo chino corrisposto, ci ritirammo in un altro Padiglione Vicino, dove trovammo Ugone Trincio, e’ Nicodemo Pozzio* Lombardi assieme cδ li due Tabernati, qualj

175 avendo apparecchiato un graδ pranzo, si cδchiuse per la sera la sessione dell’accordo; avendo presentato la Città li Velluti per lo Sforza, quale gradì grandem.te, essendo egli persona molto avvenente, e’ Principe per ogni parte compito. Era Fran.co II. Sforza figlio di Francesco I. quel graδ Capitano, che morì nel passaggio del fiume di Pescara*, senza aversi potuto trovare il suo Cadavero; allevato fin da fanciullo col padre della guerra; era alto di statura, bianco di volto barba nera, ameno di faccia, naso aquilino, occhio grande, loquace, ceremonioso; e’ poteva essere poco più di anni 30. Valoroso, intrepido, arrischiato, prudente, e’ cauto, passando per il primo Capitano d’Italia, e’ forse al di fuora; avido di gloria più che nδ sia di danaro; si notava in luj alquanto di ostinaz.ne nelle sue risoluz.ni. // Tenutasi la sessione dell’accordo, nulla si poté cδchiudere, poiche quej della Contessa nδ volevano aderire á partito alcuno, pretendendo di darsi tregua per un mese intorno al Castello; má li Deputati dello Sforzia ostinati per la Contessa, si procurò cδchiudersi l’accordo per Taberna sola, avendosi in ciò cδtentato la stessa Contessa, e’ furono le seg.ti condizioni dopó tre giorni di Contrasto continuj. 1 che si dovesse dare l’Indulto generale per tutti coloro, che in qsta guerra aveano avuto parte, computandosi ogni cosa come se nδ fosse stata fatta, dovendosi riconoscere per legitimo Soprano il Re Ludovico, conforme l’altre Città l’aveano riconosciuto. 176 2. che si dovessero restituire li prigionieri d’ambe le parti senza veruna paga; eccetto però quelli, che si trovavano in Castello appresso la Contessa, nδ stando in poter loro.

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3. che li abitanti si potessero trasferire altrove cδ portarsi ogni cosa cδ loro, eccetto le cose attinenti alla guerra. 4. che nδ si potessero pigliare le Campane delle Chiese, eccetto quella del Vescovato, quale avendo sonato per la guerra, dovea essere in pena per qsta mancanza. 5. che dovessero cδsegnare ogni sorta d’armi, solam.te quelle delli Villaggi restavano á Cittadini. 6. che tutte l’artiglierie de forti eretti potessero essere de Cittadini, nδ potendole però vendere, ó improntare per un’anno appresso, incominciando dal giorno delle sud.e Capitolaz.ni. 7. che li Villaggi nδ potessero essere molestati in cosa alcuna circa li stabili, ó circa le scorrerie, ó circa qualche servizio. 8. che dovessero fra giorni 10. pagare docati 2200 per distribuirsino á soldati in cambio del sacco. 9. che dovessero pure fra giorni 10. Canne 200. di Velluti per gli officiali consegnare; intendendosi per li officiali Maggiori; poiche per li Minori dovessero fra qsto termine cδsegnare 400. Canne di panni. E 700. Canne di tela. Come ancora per lo Sforzia Canne 120. di Damasco per farsene il Padiglione. 10. che tutti li Cavalli, e’ li Muli dopó 10. giorni dall’accordo fossero consegnati all’esercito. 11. che li Cittadini fossero mantenuti nelli di loro privileggi, senza essere variati nel Governo, nelle fiere, e’ nelle manifatture. 12. che dopó 12. giorni, che si avesse conquistato il Castello, dovesse il nemico evacuare la Città,acció l’abitanti vi potessero ritornare.

177 13. che l’esercito nδ si potesse servire delli materiali della Città per l’assedio del Castello; má le Case dovessero restare nello stato, che si ritrovano. 14. che li Cittadini nδ potessero sotto qualsivoglia pretesto servire alla Contessa, ne dare ricetto á suoj nelle Villaggi per alimentarsino. 15. che per tutto il giorno delli 25. dovesse restare evacuata la Città, potendosi gli abitanti oltre le munizioni di guerra, ed armi portarsi qualsivoglia cosa di Comestibile, potendoselo eziandio vendere al Castello se volesse. Queste furono le Condiz.ni dopó tanti dibattim.ti conchiuse, quali nδ vollero accettare quelli, ch’erano Venuti per la Contessa, dandosi per l’adempim.to tre Capitani per ostaggi dalla parte di Taberna; e’ tre altri per quella dell’esercito; má lo Sforzia rispose, che nδ volea questi Ostaggi, perche alli suoj deputati, che li proposero questi ostaggi dalla sua parte, rispose, che loro erano deputati che negoziavano cδ sudditi, nδ cδ eguali. E qd.o si venne poj alla firma dell’accordo, rispose, che la sua firma era la sua Parola, che nδ poteva cδ una Città, qle si era unita cδ una ribelle del suo Re, trattare cδ firme, bisognando queste cδ le Pari, nδ cδ le Città suddite, alli quali si

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dava solam.te la Parola. A qsta parola Ribelle, che toccava la Contessa, e’ la Città Io risposi in difesa della Città; che il giuram.to di fedeltà essendosi stato dato ad Alfonso, nδ si poteva mancare la parola á Dio; che il prendere la difesa d’Alfonso era stata più tosto fedeltà á Dio, ed al Principe; che atto di ribellione. E veram.te la cosa appariva degna di scusa; se maj si potessero ammettere discolpe tra la forza del Principe cδ la raggione del Suddito. 178 La Reggina Giovanna II. avendo adottato per mancanza di legitimi eredi, come si disse, ora ad Alfonso, ora á Ludovico, per due volte, si mandarono da Ludovico l’ordini alle Città del Regno per dare il giuram.to di Fedeltà, ed Ubidienza, e’ nδ fú nominata fra le altre Città Taberna; quindi il Giustiziario, nelle di cuj mani si dovea prestare il giuram.to, nδ volle prenderlo, nδ avendone ricevuto espresso ordine dalla Contessa; tanto che si appigliarono tutti al partito del nó. Venne di poj adottato Alfonso, e’ qsto spedì l’ordini circolari per il sud.o giuram.to á tutte le Città, fra le quali rispose Taberna prima di Catanz.ro quindi si diede in mani del Giustiziario il sud.o Giuram.to da tutto il Corpo della Città sud.a; tanto che li Cittadini obligati per via di giuram.to ad Alfonso, e’ nδ á Ludovico, si stimarono obligati pigliar l’armi in favore di qllo, e’ nδ di qsto. Ed abbenche lo Sforza facesse plausibili qste raggioni; si ostinò, che l’accordo nδ lo volea firmare; má il tutto volle, che restasse sotto la sua parola; e’ Taberna costretta dalla necessità, fú di bisogno accettarlo, come li piacque al Comandante di darlo. Ritornati alla Città, e’ rappresentata l’ostinaz.ne dello Sforza, vedendosi incapaci á poter più resistere, poiche cδ questo accordo si cδservava almeno in apparenza qualche cosa della Città, la quale era nelle fabriche molto offesa, avendo li Cannoni, e’ le Bombe molto offeso d’ogn’altro il Vescovato, che cδ l’occasione del Campanile, che offendeva, il nemico più d’ogn’altro luogo avea drizzato la batteria, rovinatasi la Cappella di S. Cassiano, che li Pedanti á loro spese aveano l’anno avanti alzata cδ tanta Vaghezza, e’

179 magnificenza, come ancora l’Ateneo mezzo diroccato, e’ tutti li edificij più alti, ora dal Castello, ora dal nemico nelli tetti fracassati quasi tutti quelli, che correano da una Porta all’altra; tanto che nδ conoscendosi più la Città qual si fosse, si penzò cδ qsto accordo poterla poj col tempo ristabilire. Si diedero tutti ad adempire le Condiz.ni, ed á cδdurre la robba per li Villaggi, avendosi la Contessa ritirato li suoj soldati nel Castello, procurando da ivi la difesa. La maggior parte poj della gente più cδmoda si ritirò in S. Leo, come luogo più forte, più lontano da Scorrerie, e’ chiuso per ogni parte; l’altri in Bompignano; e’ la gente più bassa in Bartalisio: E perche il tempo era breve, ed il più vicino era lo stesso Bartalisio, ivi fú cδdotta ogni cosa; avendo la Contessa procurato sodisfare il danaro

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accordato, nδ essendo li Cittadini capaci á pagarlo. Li drappi poj, li panni, e’ le tele furono puntualm.te cδsegnati, perche vi stavano pronti. E così fú eseguito circa l’armi, ed ogn’altra cosa pattuita, avendo lo stesso Sforzia cδceduto altri tre giorni di tempo più dell’accordato; tanto che alli 6. di Luglio nella Città nδ vi era più persona alcuna fuorche Soldati, che partendo li Cittadini subintravano nelle Case per fortificarsino, e’ disponere il tutto per l’assedio del Castello; dove era restata l’ultima speranza della Contessa; la quale á molti diede il permesso di uscire, qualora volessero; nδ tanto per conoscere la fedeltà di chí restava, quanto pure per scemare qualche bocca inutile, penuriandosi d’acqua, che le Cisterne givano mancando, se nδ pioveva. 180

Capo IX. Descrizione del Castello, e’ suoj Capo IX. Descrizione del Castello, e’ suoj Capo IX. Descrizione del Castello, e’ suoj Capo IX. Descrizione del Castello, e’ suoj Comandanti.Comandanti.Comandanti.Comandanti.

Il Castello fabricato da Bajolardo figlio di Unfrido, come si disse, benche fatto all’antica prima dell’uso della polvere fosse una delle più belle opere di quej tempi, da Ludovico di Durazzo 70. anni prima dell’assedio fú ornato di molte opere esteriori, ed ampliato ancora per Capire più soldatesca, e’ regolato per maggior sicurezza cδ sej baloardi; due anni prima di quest’assedio la Contessa vi fece fare altri 8. baloardi all’intorno, cδ fortificare il recinto, piantandovi nelli suoj angoli 4 rivellini, e’ scavandovi una profondis.ma fossa,acció ai nemici si rendesse inespugnabile . La sua fabrica cδsisteva in tre grandis.me torri di figura ovata, continentino molte stanze, cioè 34. al di sotto, e’ 23. al di sopra cδ due grandis.me sale: grandi ancora 4. stanze sotto, ed altre 4. sopra per cδservarvisi le armi di ogni specie ; tanto che nδ si trovava altro Castello all’intorno, che fosse provisto più di qsto di armi antiche, e’ moderne. Sotto qste Torri vi erano Camere 62. all’intorno, ben fortificate di grosse mura per li soldati, e’ comunicavano entro le torri per 4 portelluccie di ferro; due alla torre di mezzo, ed una per ciascheduna torre, oltre di qste Camere ben fortificate vi erano molte Caserme per la fiera di S. Sebastiano, ed in caso di bisogno per cδmodo dell’altri soldati,acció nδ stessero esposti all’ambiente; má potessero avere qualche ricovero; nδ potendo qste cδsiderarsi come fortezza per difesa; má per puro cδmodo; essendovi in queste 4. stanze per l’Ospedale distinte.

181 Il recinto chiuso del Castello era quadrato, cδ un’altis.mo muro all’intorno del Monte. Si entrava in qsto recinto per due porte di ferro, una dalla parte orientale verso la Città, e’ l’altra dall’occidentale. La porta orientale si chiamava di S. Martino, per esservi al di dentro attaccata la Chiesetta di S. Martino, ch’era la Parocchiale del Castello, fattavi fare da Ludovico istesso di Durazzo; standovi pure entro le Torri due oratorij: uno per la Contessa al di sopra, ove ella era solito di abitare l’esta’, e’ qsto era col titolo di S. Margherita; poiche era stato edificato per ordine di

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Margherita di Durazzo. L’altro oratorio al di sotto per Commodo del Castellano, e’ officiali era col nome di S. Sebastiano, pure fatto edificare dalla sud.a Margherita; e’ dalla Contessa due anni prima di qsto assedio era stato molto abbellito, cδ far fare S. Sebastiano Protettore del Castello, e’ della Città, cδ farci intervenire il Corpo del Magistrato, e’ Regim.to nel giorno della sua festa ottenutone il Breve dal Pontefice Martino V., dovendo in tale giorno officiare l’Arciprete, cδ una fiera franca per tutto il recinto del Castello, che durava tre giorni. Comandava da Castellano Clemente Morone; má per la sua decrepitezza fatto più per consigliare, che per combattere, faceva le sue parti Giulio suo figlio, tenendo á lato Fulvio Beroaldo Soldato invecchiato nell’armi, e’ si teneva per maneggio delle Machine di difesa per il primo, avendo sin dalla gioventù militato sotto il Comandante Alberico de Cunio, tanto celebre; poiche Oddo teneva il Supremo Comando più per onore della sua persona, che per Valore Militare. Vi erano poj per Capitani Albrizio Ginnesio per li Baklestrieri, Roberto Faraldo per gli Archibuggieri, Tomaso Filanzio per l’altre armi corte e’ lunghe incδfuso sotto l’insegna Verde; Flavio Nuz per l’artiglieria sotto l’insegna 182 rossa, e’ Valerio Riczello risanato sotto l’insegna bianca, cδ Orazio Ruspo sotto l’insegna gialla; qsti tre Capitani comandavano fuora le torri: poiche qste erano riserbate á Gilio, e’ Scipione Alimeni, come ancora á Bernardo Longos. Questi furono li Comandanti restati al Castello, come più attaccati all’interessi della Contessa; e’ più fedeli; essendosi gli altri ritirati nelli Villaggi. Li Soldati per l’armi erano 1213.; per l’artiglierie 684.; per le Machine 782.; per servizio del Comestibile 62. ed 83. Iudej, che pure servivano pp qsto ministerio, nδ essendo atti all’armi. La gente, che serviva alla Contessa, ed Oddo per Corteggio tra Uomini, e’ Femmine 53., essendo state tutte l’altre persone inutili mandate via per li Villaggi di S. Pietro la maggior parte, e’ per S. Pietro in Vinculis. Li Capi poj dell’artiglieria erano li due artiglieri, cioè Curso, e’ quel di Sessa; tenendo sotto di loro 30. Maestri Polverari del Borgo, che l’assistevano nello Sparo; poiche per l’altre occasioni di Carico, condotta, ed altro assistevano li Soldati. Artisti, Fabri, e’ Falegnami erano 46. per lo bisogno del sud.o Castello. Ed 8. dispenzatori del pane. Tutti qsti erano quelli, che si trovavano nel Castello sudetto; nδ penuriandosi d’altro, che di acqua nelle Cisterne; poiche li Condotti di fuora cδ le nuove fabriche erano alquanto guastati; e’ la staggione correndo arida cδ tanta gente, si temeva di tal mancanza; abbenche di poj nδ avesse mancato, per essere l’assedio durato più breve di qllo si lusingavano li Assediati.

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Capo X. Dell’Assedio del Castello, e’ sua Capo X. Dell’Assedio del Castello, e’ sua Capo X. Dell’Assedio del Castello, e’ sua Capo X. Dell’Assedio del Castello, e’ sua Capitolazione sino al fine.Capitolazione sino al fine.Capitolazione sino al fine.Capitolazione sino al fine.

Il giorno sesto di Luglio era di gia stato l’ultimo per li Cittadini di Taberna; poiche in qsto giorno s’erano tutti ritirati alli Villaggi, ed á proporzione della di loro partenza, venivano li Soldati dal Campo ad occupare le Case, ed alzare difese per lo Sparo del Castello, che li molestava. Piantò nella Torre Campanaria del Vescovato 4. pezzi di Cannoni; altri sej ne piantò nelle Case di Virginio Boverio avanti la Chiesa di S. Nicolò; due mortari cδ le bombe avea piantato nella strada di Rosario Longos tra il Vescovato, e’ la Porta Montana. Un altro mortario cδ due Cannoni al Convento de Domenicani, e’ due Cannoni á quello di S. Francesco. Nelli Buchi delle Case di Onorato Mariconio, ed Eugenio Rocca 32. falconetti, 26. spingarde , e’ 14 cannoni piccoli per tirare al recinto del Castello. E qsta era l’artiglieria piantata dal Nemico cδ li suoj Artiglieri venutili da Lombardia, e’ Germania molto prattici á tal mestiere. Avea poj lo Sforzia, che abitava nelle Case del Faragonios mandati dalla parte settentrionale 3888. soldati cδ 6. Cannonetti, e’ 3. Cannoni grandi, che doveano quella parte cannonare continuam.te come in fatti seguì la mattina delli 14. Luglio avendo in tutti li posti egualm.te il nemico principiato il fuoco dell’artiglieria; ed abbenche il Castello pure corrispondesse, ad ogni maniera il danno era poco per li ripari, che li nemici aveano fatto. La sera disfecero dalle torri 14. merli cδ la morte di 6. Soldati, ed 8. feriti che ivi si ritrovavano. 184 Il giorno delli 15. continuò il fuoco, ed una bomba caduta nel Recinto sotto le torri uccise 3. Soldati, e’ ne ferì 5.; tanto che vedendosi le stesse torri bersagliate, la Contessa, pretendendo di additare il luogo dove ella si fosse ritirata,acció dal Cannone nδ fosse offesa, come si costumava tra Sovrani, di nδ indirizzare ivi lo sparo, dubitando di qualche ripulsa, si ritirò cδ le sue donne nel più basso della torre maggiore; dalla quale verso la sera caddero 8. merli cδ morte di 7. e’ feriti 3.; ed il fuoco del Castello ancora nδ avea troppo offeso il nemico. Il giorno 16. si stiede in riposo dalla parte del nemico; má nella mattina delli 17. diede per ogni lato fuoco all’artiglieria, roverciando graδ parte del recinto verso l’oriente; però accorsavi graδ gente al riparo vi morì Flavio Nuz cδ 22. altri soldati, oltre di 7. feriti. Dalla parte poj Australe, e’ Boreale succede nδ poco danno alli merli cδ la morte di 7. Soldati, e’ 4. feriti. Alli 18. Una bomba cascò in Magazeno di polvere attaccato alla torre maggiore, e’ vi fece graδ spavento più che nδ fosse il danno; morendovi soli 4., e’ feriti due. Questo caso fece risolvere á Comandanti di uscire dal recinto cδ tutta la forza, ed assaltare il posto della Casa per sorprendere li Mortari piantati nella strada di Rosario Longos,

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che facevano il più danno. Si diede il carico al Ginnesio, ed al Faraldo, quali usciti dal recinto, ed assaltato il posto, vi restò morto il Ginnesio cδ 14. Soldati, oltre 17. feriti; tanto che furono costretti al ritiro; progettando 185 qualche cδvenzione. Furono sostituiti al Nuz Valerio Riczello, ed al Ginnesio, Orazio Ruspo, quali appena ricevuto il Comando, terminarono nel seguente giorno la Vita. Essendosi fatta l’apertura del recinto, si penzò dal nemico sforzare quel posto; ed avvicinata più da Vicino l’artiglieria grossa, cominciò un fuoco terribile; e’ più d’ogn’altro li falconetti facevano rovina della gente, che giva per affacciarsi alle Mura. Verso la sera 300. soldati vestiti di ferro, e’ seguiti da altri 1000. cδ archibuggi voleano penetrare in quel posto per sforzarlo; il Valerio, che conobbe questa risoluz.ne de nemici, trovandosi ivi cδ 200. Soldati, procurò respingerli; má da un colpo di falconetto nell’occhio destro cadde morto; Vi accorse il Ruspo cδ 300. Soldati, e’ seguita un’ardentis.ma Zuffa, respinse il nemico; má da una archibuggiata perduto il braccio destro, fú costretto lasciare l’impresa, essendo dopó due giorni morto; restando pure morti nel recinto altri 42., e’ 63. feriti. Alli 21. verso l’ora di pranzo preceduto lo sparo di tutta l’artiglieria, si diede per ogni parte un generale assalto, nδ facendosi più Conto di vita, comandando lo stesso Sforzia; e’ cδ ardore incredibile Oddo col Beroaldo, col Castellano, e’ cδ li due Alimeni, poiche Cinzio si ritrovava indisposto, e’ nδ potea Comandare, stando presso la Contessa per Confortarla, procuravano di respingere il nemico, essendovi dalla parte orientale il Faraldo, e’ dall’occidentale 186 il Filanzio; si respinse il nemico in quella parte, má restò superiore in qsta; tanto che trovandosi diroccato il recinto più di 40. piedi, e’ superato dal nemico cδ fortificarvisi, avendovi subito piantato due Cannoni, e’ 18. falconetti, diede motivo á Comandanti del nostro esercito ad intavolare qualche accordo, prima di esser preso il Castello per assalto, ó ridursi all’ultima estremità, e’ soggiacere á condiz.ni troppo dure. La Contessa, che pure conosceva l’impotenza nel resistere, e’ la speranza di soccorso perduta, si rimise al Suo Consiglio di guerra, quale giudicò mettere bandiera bianca per sospendersi l’ostilità, come in fatti cessò lo sparo per tutta la sera, e’ la notte. La mattina si spedì nel Campo cδ un Trombetta Scipione Alimenio per intavolare l’accordo, promettendo la Cessione del Castello, salva però la persona della Contessa, di Oddo, e’ di tutta la gente, e’ robba: evacuandolo; e’ nδ portandosi altro li Soldati, che l’armi, restando nel Castello le munizioni di guerra, e’ di bocca cδ l’artiglierie, ed altre armi, eccettuate quelle, che ogni soldato dovea portare. Giunto l’Alimenio presso dello Sforzia, ed esposta l’ambasciata li fú risposto, che la guerra si facea per la Contessa, nδ per il Castello; che bisognava uniformarsi alla fortuna dell’armi; che per Oddo l’avrebbe fatto uscire libero cδ 200. soldati per sua

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guardia, armi, bandiere spiegate, tamburi battenti; má per l’altre Cose, nδ poteva privare la sua milizia dell’utile, ne il Re Ludovico delle muniz.ni, attrezzi, artiglierie, armi, e’ soldati. Oddo, che nδ era rubricato* più che la parentela della Contessa, poteva trasportare 4. Carri coperti per se, e’ 4. altri per li Soldati. Scortati sino á

187 Montalto. E nδ avendo potuto più vantaggiare le Condiz.ni il sud.o Alimenio se ne ritornò subito; e’ la Contessa procurando cδ qualche donativo raddolcire l’asprezza dello Sforzia, avendolo fatto proponere ad Ambrogio Triburzio suo Parente per placare cδ qsta strada il rigore di qste condiz.ni, dove la sua Persona restava prigioniera cδ la perdita di tutti li suoj Officiali, e’ soldati: Má il Triburzio nulla avendo potuto cδchiudere restò per la via dell’armi, á terminare qsto cδtrasto. Il giorno dunq: delli 24. verso la mattina si ripigliarono l’ostilità; incominciando dalle Torri, alle quali era indrizzata l’artiglieria tutta. Verso l’ora di Vespro, la Torre occidentale era quasi mezzo diroccata, e’ quella di mezzo molto offesa, sperando il nemico, che per il giorno seguente li soldati ne potessero scalare le Mura del Castello qd.o le Torri restavano disfatte; e’ così n’era perso* il Comando dal giorno antecedente. Che però la Contessa vedendosi impotente á resistere, volle prima di darsi tentare cδ la sua presenza gl’ultimi sforzi. Uscì la mattina delli 26. cδ tutto l’esercito per scacciare il Nemico dal Recinto occupato,volendo ella mettersi á fronte de suoj soldati accompagnata da Oddo, e’ dal Beroaldo, e’ tutti li restanti Capitani per esperimentare l’ultimo crollo della fortuna. S’incominciò l’attacco cδ un valore incredibile; má il nemico contraponendo allo stesso valore il numero 188 molto maggiore de Soldati, la Sperienza dell’Artiglieri, il Coraggio delle continue Vittorie, fú necessitata la Contessa ritirarsi entro il più basso delle Torri, cδ aver veduto sú gl’occhi suoj proprij Cadere morti de suoj Soldati 141.; feriti 83. fra i quali Bernardo Longos, e’ Gilio Alimenio; ed il Beroaldos in una mano leggierm.te; tanto che vedendosi il tutto precipitato, per nδ restare esposta all’assalto, fece mettere nella torre grande bandiera bianca per intavolare la resa cδ quelle cδdizioni, che si potrebbero ottenere in qsto stato quasi deplorabile. Spedì subito la Contessa al Beroaldo dove lo Sforzia, che si trovava nella Villa Faragonia,acció intavolasse le condiz.ni; quali abbenche le cose erano ridotte all’estremo, pure lo Sforzia si portò cδ qualche indulgenza; avendo ad Oddo accresciuti altri 100. soldati cδ 4. officiali; altri due Carri Coperti,acció potessero salvare qualche cosa di più; potendo uscire cδ tutti gli onori militari, e’ cδ due pezzi di artiglieria; però nδ dovessero per tre anni militare contro il Re Ludovico. furono qste condiz.ni dalla Contessa firmate, má dallo Sforza nó: allegando quelle raggioni istesse, che allegò per Taberna, volendo che la sua parola servisse per firma. E perche la Contessa cδ quest’atto restava troppo offesa, fece scrivere sotto le Capitolaz.ni

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l’accertam.to dal Triburzio suo Parente, spiegando, che lo Sforzia senza firmare, si era compromesso su la sua parola di eseguire, e’ fare eseguire quanto si era cδ la Contessa, e’ col Beroaldo stabilito circa l’accordo, e’ signantur circa la stessa Persona sua, che veniva á restare priggioniera.

189 Accettate le Condiz.ni il giorno seguente si consegnò ad Ottavio Verme una porta del Castello, della quale s’impossessò con 300. Soldati sino, che la cose fossero adempite, quali puntualm.te adempirono per li 3. di Agosto, nel di cuj giorno parti Oddo, secondo il Concordato per la volta di Montalto. E la sera dello stesso giorno la Contessa cδ tutto il suo Cortaggio si portò nel palazzo delli Rocca, ove li fú assegnata la Guardia di 100. Soldati cδ il Capitano Canossa. Il giorno seguente venne lo Sforzia dalla Villa per visitarla, accompagnato da Simone Faragonio, e’ Gilberto Verme; la Visita fú brevis.ma, avendosi ritirato nella Villa la stessa mattina. Però la susseguente mattina vi mandò per visitarla á suo nome lo stesso Verme; e’ la sera tutti gli Officiali Maggiori vennero dal Campo á cδplimentarla, nδ avendo maj lo Sforzia mancato di provederla nel tempo dell’assedio di Vini, Neve, ed ogn’ altro per la sua Corte. La mattina delli 9. partì la Contessa per la Volta di Cosenza, avendosi designato la sua dimora in quel Villaggio, che più li piaceva, e’ li era cδmodo per l’aere, stando alquanto indisposta; accompagnandola per corteggio, e’ per Custodia 400. Soldati cδ due Capitani sino che il Re Ludovico avesse di lej determinato il di più; nδ avendola prima delli due anni aggraziata; però restando dopó qsto tempo libera, nδ trascurò di attendere á sollevarsi da tanti gravi dispendij; ed á dare pure qualche sollevo á Taberna, ed á tante famiglie rovinate per di lej caggione. Delli Soldati, che militavano nel Castello furono posti in libertà quej di Taberna, Catanzaro, Cotrone; quej dell’altre parti furono incorporati al suo esercito,acció lo servissero per tre anni, dandoseli poj la libertà, cδforme puntualm.te 190 fú eseguito; E lo Sforzia avendo il giorno 11. di Agosto voluto andare sino al Convento di Pesaca improvvisam.te, dove fú accolto da tutti quegli Ecclesiastici cδ graδ marche di onore, avendo lasciato docati 120. per una lampada di argento, la sera dimorò in S.to Pietro nelle Case del Ferrarijs, al qle diede lode grande per il valore dimostrato nella difesa della sua Padria; la mattina si ritirò in Taberna, ed il giorno 16. partì per Cosenza, avendo lasciato nel Castello 200. Soldati cδ 30. Cavalli sotto il Comando di Ambrogio Tarbisio Castellano; á cui si diede pure la Cura della Torre di S. Barbara. Nelle Case Faragonie, quali erano restate le più salve, vi si collocarono due Mastri Razionali per esiggere le rendite dello Stato, incorporate al Fisco. E per Giustiziario lasciò la Cura á Gregorio Frosine per qd.o la Gente si fosse ritirata, restando evacuata la città, cδforme si era cδvenuto.

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Ma perche le cose della Contessa nδ si vedevano ben assodate, e’ le Case della Città erano tutte rovinate, l’industrie perdute, ed il sito senza qste nδ poteva alimentare le genti, standoli il territorio molto lontano, e’ qlli che dalle marine avrebbero potuto trasportare cδ 200. Soldati nel Castello nδ potevano stare sicuri, deliberarono nelli Villaggi accommodarsino alla meglio li fosse stato possibile sino che il tempo potesse maturare queste dubiezze; e’ potessero gli abitanti trovare più maggiore sicurtà.

191 Ed avendo fra tanto disegnato il luogo più opportuno, e’ Capace per tanta gente dispersa, giudicarono Bompignano, chiuso da ogni parte, e’ cδmodo ad ogni accidente di soccorso dalli Stati de Ruffi per la parte delle montagne, potendo ricevere soccorso dalli Villaggi; che se bene fossero lontanti dalle Marine, erano più vicini alle Montagne: ed essendo tempo di esta’, dove la montagna nδ appariva aspra, má deliziosa, tenendo l’acqua in copia, e’ la pietra cδ la Calce, e’ legna entro lo stesso Bompignano, nδ tardarono di ivi stabilirsino; e’ li Monaci Pesacensi si cδpromisero d’ogni agiuto; e’ quej di Fateano nδ mancarono di cδtribuire ancora grani per alimentare tanta gente dispersa. E per rendere il luogo più sicuro, nel passo delle Montagne,acció li ladri nδ sorprendessero la Bestiame, la raccolta, e’ la gente, fabricarono á spese comuni cδ li Pesacensi una graδ Torre col recinto ampio, ed alto detta Torrecene, che voleva dire Torre Comune, terminata l’anno 1431 col piano de parapetti, e’ cδ due baloardi, oltre 42 merli; standovi cδtinuam.te 16. di guardia cδ 4. falconetti, e’ 48. archibuggi; scorrendo di qsti al di sopra 8. per guardia più maggiore; soggiacendo Taberna alla metà della spesa cδ li Monaci Pasacensi, che veram.te in qsta Calamità si portarono cδ graδ Carità, e’ Zelo nδ solo cδ gli Ecclesiastici, e’ Popolo; quanto cδ le Chiese, nδ avendo trascurato cδtinuam.te somministrare li bovi pp trasporto della legname. 192 Si ritirarono in Bompignano tutte le famiglie disperse, cδ qlle che si trovavano in S. Leo, poiche quelle, ch’ erano andate in S. Pietro, fecero jvi dimora: Tanto che radunati tutti gli Artisti di Taberna nel sud.o Bompignano, procurarono stabilirvi le Stesse Parrocchie cδ l’istesse strade delle Arti, conforme erano ivi distinte, framischiandovi le Case de Nobili nelli siti più migliori; nδ tenendo strada propria, come in Taberna, fuorche la Parocchia di S. Nicolo, ove situarono il maggior num.o de Palazzi; ed in Bompignano stesso S.ta Maria Maggiore; tanto che fatta la numeraz.ne secondo si costumava in Taberna in quest’anno 1450. nel quale Io scrivo, si ritrovarono abitanti 3629. inclusovi li ecclesiastici, Religiosi, e’ Servi Forastieri. Bartalisio salì più sopra, e’ si divise in due pezzi; Uno chiamato Albio, situato nella Vigna di Agostino Albio; l’altro Dardanisio, per esservi situate le famiglie antiche di Palepoli nell’Uria, quali erano li residuj di quelli antichi Trojani, che Dardani eziandio in Taberna si dicevano, e’ stavano al vico fra la chiesa di S. Nicolo, e’ le Case de Longhi. Facevano nella

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numeraz.ne l’Albio 416., dardanisio 206. Sopra il fiume Litricon vi era l’Ospizio di S. Giovanni per li Passaggieri; in qsto situate alcune Case dello stesso Bartalisio vi fecero abitaz.ne numerata per Anime 77. In S. Giorgio si ritirarono gli abitanti, però nδ come prima cδ l’industria della seta, restandovi soli 3. telari, e’ facea anime 47; ed in S. Nicolò di Sabuzio mancando il lavoro, mancarono l’Anime, nδ facendo più che 83.

193 Quej Mastri poj nel Borgo venuti in Bompignano per stabilirsino, ed avendo cδtrastato cδ la Maestranza, che abitava entro la Città, volendo come tale essere preferita á quella del Borgo, qsta corrucciata, procurò situarsi in S. Biaggio, ove li Prefetti della Seta, come più facoltosi la potevano agevolare in qste Calamità, quindi venuti dal Borgo li Mastri della polvere, li Conciatori de pelli, e’ li Ferrari al num.o di 364. uniti cδ quelli di S. Biaggio si cδprarono il piano de Garuppi, ed edificarono Maranisio, ove era la Vigna di Marco Maranisio. S. Sofia si ritirò al di sopra Manfró, dove per argine del nemico vi aveano fatto una graδ fossa, e’ lo chiamarono Fossato. S. Leo si ritirò dopó l’incendio nel graδ Cortile del Recinto Basiliano, cδtracambiato cδ li Pesacensi nel terreno di Palepoli; cδcedutoli dalla Città per la Custodia fatta delle robbe, e’ delle genti. E perche S. Pietro nδ partecipò di qsto benef.o di custodia, nδ volle cedere il jus del pascolo sú quel tempo nell’Uria. E cδtrastando per il nome, chí volea chiamarlo S.Leo, má ancora vi erano molte Case, chí S. Basilio, come si chiamava, alla fine per un graδ piede di Sorbo nel mezzo del Cortile si disse il Sorbo. Così S. Mauro sceso dal Monte al piano per una graδ Noce di Gasparo Rizzo s’intitolò la Noce per togliere le gare tra li Vecchi, e’ Nuovi abitatori: facendo nella Numeraz.ne S. Biaggio ritirato in Maranisio 487; S.ta Sofia 314. ritirata in Fossato. E S. Leo stabilito nel Sorbo 482.// S. Pietro accresciuto di oltre 83. famiglie facea Anime 3113: S. Pietro in Vinculis 182., Bucisano ritiratosi al Basso in luogo più sano, detto Magissano facea Anime 567. S. Marco accresciuto di altre famiglie facea Anime 319. Li Iudej nδ avendo potuto trovar luogo, che possa essere á proposito per la di loro sussistenza in qsti tempi tanto calamitosi, si ritirarono cδ il di loro Rabino presso gli altri in Catanz.o facendo da Capo, e’ da Rabino Simeone Cleazaro Amorreo. In Taberna restarono pure abitanti 314., che á proporzione, che le Case mancavano, si ritiravano in Bompignano. 194 Qsto fú il fine lagrimevole di Taberna, alla quale nδ mancò la famiglia Ruffo di dar soccorso, e’ premij á tante Case restate desolate, ed abbattute. Appena la Contessa dopó due anni di prigionia liberata, comprò le terre Maritime da quej, ch’erano passati in Catanz.o, e’ le dispenzò, come ancora avendo ottenuto la facoltà di alienare qualche cosa feudale, diede molti Campi á tutti quelli, li di Cui padri erano morti per suo servizio; chí cδ la metà del Jus, chí cδ tutto secondo il titolo de Nomi, e’ Cognomi, che

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l’imposero á qsti Campi, furono in parte ristabiliti gli Eredi. Al Boverio li diede il Campo di Giuriso cδ la plenaria giurisdiz.ne e’ l’intitolò Boverio; al Balasco li diede il Campo della Grottella; á Chiriaco figlio di Flavio Nuz gli diede il Campo de Chiriachi; A Carlo Riczello figlio di Valerio li diede il Prato Nitricon, e’ l’intitolò Carlizzello; A Campulo Catanz.o li diede per li meriti di suo Padre Giulio li fú dato il Campo Porzellio, e’ lo chiamò Campulo; ad Achille Faraldo il Campo di Savalos; e’ così á tutti gli altri figli de Capitani si distribuì la Marina, cδ lasciare pure molti Campi per il Comune di tutti. La Montagna fú pure distribuita, avendone da Alfonso Re l’anno 1443. ottenuto il permesso cδ il dazio; riserbandosi solam.te il Re alcune Camere Reali, e’ la Contessa le sue Baronali; e’ tutto il restante fú distribuito. Al Beroaldos il Molino della legname cδ tre Campi; alli Catanzari la Serra del Monte; Alli Ginnesi li due prati di Tacina; Alli Flanzij il prato Candias; alli Longhi li Campi di Platea dividendoseli cδ li Jazzolijs figli di Mattia, e’ il Corso del fiume Melito alli figli di Silimbro; e’ così á tutti dimostrò la sua munificenza, lasciando ancora molti Campi per il Comune; distribuendo sino li Molini, e’ mandando per la fabrica á Taberna docati 3000.; ed alli Villaggi docati 2000. l’anno 1429.

195 nδ mancarono pure Nicolo Ruffo e’ Giov[…] figlia […] l’anno 1438. concedere á Taberna […]laggi molte terre all’intorno l’abitaz.ni,acció potessero sussistere cδ maggior Comodità; avendo mandato sino á docati 400. per pagarsino li Sboscatori,acció tagliati j pini si rendesse la terra più atta alla Coltura. E se nδ fosse stata la ribellione di suo Marito Ventimiglia, si avrebbe introdotto in Taberna quella industria, che avea perduto; nδ avendo mancato cδ Alfonso l’anno 1444. d’impetrare la fiera cδ la franchiggia da ogni peso sino á quest’anno corrente, nel quale Io scrivo. Li 18. figlioli de Capitani morti nell’assedio e’ dalla Contessa Cubellia seco portati, furono tutti ristabiliti in fortuna per tutti li Stati suoj Ruffi, Marzani, e’ Ventimiglia in Sicilia, e’ col Matrim.° di Marino Franc.co Marzano figlio di Cubellia cδ la stessa figlia del Re Alfonso speramo, che Taberna, se nδ torna, come prima, almeno poco differente di quella; nδ avendo tralasciato di provedere li Tabernati nelle Cariche Civili, e’ Militari; giacche la sua Nobiltà[…] sacrificò per la sua Casa. Ferrarijs ebbe il Campo di Malitonos per dividerselo cδ li […]suoj Capitani; e’ si contrasta cδ li Mazza, e’ cδ quej del […] Asellia; tanto che tutti furono ben provveduti, Noj ancora nδ sappiamo qual providenza dalli Ruffi sperare possiamo, nδ restandoli nelle Marine altro che dare p […] dar cδpenzo á tante spese, che S.to Pietro per l’assedio fú necessitato di tolerare; abbenche á tutti cδpenzò cδ qnto poté di forza, e’ di Volontà tante rovine.//

finis

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L’ultima pagina del manoscritto prima del restauro.

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Appendice documentaria

Principale cronologia della “Cronica”, dalla fondazione alla distruzione della città medievale di Taberna.

Teresa Danizio

968 Flagizio pone la prima pietra della Rocca di Taberna. 969 Fondazione della chiesa di S.Maria di Pesaca. 981 Viene terminata la costruzione della Rocca. 988 La chiesa di S.Maria di Pesaca viene dichiarata abbaziale ed Archimandrita. 999 L’Imperatore di Costantinopoli Costantino VI decide di mandare un suo ministro, Gregorio

Tratamura, per verificare lo stato dei lavori effettuati a Taberna dopo la partenza di Flagizio. 1000 Numerazione della gente (censimento) ad opera dell’Apocrifario Giovanni Finanzio. 1004 Compare la prima guardia del Protospata. 1055 Scoppia una rivolta tra la nobiltà ed il popolo di Taberna che trucida Georgio Pulipos eletto

demagogo dei nobili. I nobili sono costretti a ritirarsi, alcuni nella Rocca, altri nella torre di S. Barbara. Il popolo, chiama in proprio aiuto il crotonese Tuscanio Lusignanna, che venuto in soccorso s’impadronsce della città.

1057 Bajolardo figlio di Goffredo fa uscire dalla città alcune famiglie di nobili per popolare i villaggi. 1064 Viene terminata la costruzione di Taberna. Alcune famiglie edificano il villaggio di S. Pietro. 1087 Edificazione del villaggio di Bucisano. 1094 Fino a questa data il governo della giustizia ed il regimento operanti nel territorio dipendono da

Taberna. 1096 Fondazione del villaggio di Bartalisio. 1002 Fondazione della chiesa di S.Marco per devozione di Marco Vainero, greco veneziano. 1104 Fondazione del villaggio di S. Maria di Bompignano. 1107 Taberna viene concessa da Ruggero al governo di Giordano. 1110 Costruzione dell’ospizio dei frati basiliani di S.Maria di Pesaca. 1117 Fondazione del villaggio di S. Sofia. 1118 Fondazione dei villaggi di S. Giorgio e S. Nicolò da Sabuzio. 1121 Fondazione del villaggio di S. Biagio. 1136 Ruggiero III concede Taberna a Ridolfo Conte di Loritello. 1162 Distruzione di Taberna per opera delle truppe di Guglielmo il Malo. 1167 Arrivo di Guglielmo il Buono. La gente ripopola Taberna e i villaggi vicini.. 1182 Fondazione del villaggio di S. Leone. 1186 Fondazione del villaggio di S. Pietro in Vinculis. 1192 Fondazione del villaggio di S. Mauro in Cavis. 1194 In occasione della guerra tra Tancredi ed Enrico VI Svevo, Taberna manda Tarquinio Baldajo in aiuto

agli Svevi; questi concede alla città sei anni di franchigia. 1270 Il sistema di governo viene cambiato da Giovanni di Brayda durante la visita fatta in Calabria per

Carlo I d’Angiò. 1383 Edmondo de Villequier* viene nominato Giustiziario. 1387 Viene istituita la Prefettura della seta. 1415 Arrivo a Taberna della Contessa Ruffo. 1416 Fondazione del villaggio di S.Marco. 1416 Il sistema di governo viene cambiato dalla Contessa Ruffo durante il II anno del suo governo. 1416 Si inizia a costruire la fabbrica della carta. 1418 Istituzione della Prefettura dei panni. 1419 Il pittore Giacomo Carimozio viene fatto venire da Melfi per decorare la sala di radunanza dei nobili

di Taberna. 1421 La Contessa Ruffo dona al Monte Sussidiario di Pietà una sua effige in marmo che viene esposta

sulla facciata della fabrica. 1426 Distruzione del castello di Taberna ad opera delle truppe comandate dal Duca Francesco Sforza. 1429 Nuova ripartizione del territorio di Taberna. 1431 Viene terminata la costruzione della Torrecene (Torre Comune). 1450 Ferrante Galas completa l’originaria stesura della “Cronica”.

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Intervento di restauro del manoscritto Cronica di Taverna – Istituto per l’Arte ed il Restauro “Palazzo Spinelli”, Firenze.

Cura del progetto di restauro - Prof. Maurizio Copedè Esecuzione del lavoro e scheda di restauro - Prof.ri Antonella Brogi e Roberto Bartolini

Oggetto del restauro: Cronica di Taverna, ms. cartaceo, sec. XVII, rilegatura in pieno cuoio bruno su piatti in cartone leggero. L’opera è collocata presso la Biblioteca Comunale di Taverna. Stato di conservazione dell’opera. Il volume si presenta in un grave stato di degrado causato da un uso non accurato, da condizionamento in luogo non idoneo, da ripetute bagnature subite, da interventi grossolani ripetuti nel tempo. La legatura, completamente staccata dal corpo libro, è molto sporca con macchie di varia origine, sono presenti molte lacerazioni e lacune soprattutto nelle zone di piede e testa, molto deformata con una riduzione delle misure originarie, probabilmente causata da un riscaldamento eccessivo per una operazione grossolana di asciugatura. La cucitura, a punto intervallato irregolare, spezzata in più punti, risulta essere non originaria, trovandosi tracce di un’altra precedente. Il dorso del corpo libro ha un rinforzo in carta con uno strato di colla di notevole spessore, con molte lacerazioni in corrispondenza dei punti di cucitura. Le carte, in particolare quelle degli ultimi fascicoli, sono molto danneggiate, imbrunite, con numerose lacerazioni e lacune, ampie gore da acqua e forti macchie da uso. Risultano mancanti le prime due carte; le due carte bianche, una posta come prima carta e la seconda cucita tra le carte numerate 20 e 21, risultano, dopo un esame delle filigrane e delle macchie presenti, essere due carte di guardia, la prima posteriore e la seconda anteriore. L’esame del pH ha rilevato valori di acidità della carta compresi tra 5,32 e 5,88. Gli inchiostri presenti, di natura metallo-tannica, hanno subito, in alcune carte, un leggero sbiadimento con un lieve viraggio al bruno, causati dall’ossidazione delle componenti metalliche; l’acidità presente è sufficientemente contenuta, pur acidificando leggermente la carta. Risultano, dopo gli opportuni test, essere sufficientemente stabili alle soluzioni acquose. Intervento di restauro.

Le operazioni di restauro hanno seguito le indicazioni fornite nel progetto esecutivo: i fascicoli sono stati scuciti, previo controllo della numerazione delle carte e un attento esame della cucitura; è seguita una pulitura meccanica con pennelli e gomme appropriate. Lavaggio di tutte le carte con acqua demineralizzata, facendo uso, in parti particolarmente sporche e lungo i margini, del pennello e di gel di metilcellulosa al 0,5%. Su alcune carte, per il particolare stato dell’inchiostro, è stato eseguito un prelavaggio in una soluzione acqua/alcool etilico 1:1. La deacidificazione non si è resa necessaria, poiché con il lavaggio si è ottenuto un adeguato innalzamento del pH della carta, evitando di procurare così l’incremento dell’ossidazione degli inchiostri causato dalla soluzione alcalina. Le carte sono state rinsaldate, con metilcellulosa al 0,5%. Le lacerazioni sono state suturate con velina giapponese (9 gr/m²) e metilcellulosa al 3%; le lacune integrate con carta giapponese ( 6-22 gr/m²), posta a sandwich. Rammendo alla piega dei bifogli con carta giapponese di adeguato spessore e ove necessario è stata eseguita l’imbrachettatura con carta giapponese (11 gr/m² ) e metilcellulosa al 2%. Velatura parziale o totale, solo ove necessaria, eseguita con carta giapponese (6 gr/m²) e metilcellulosa a 2 %. Allestimento di brachette volanti o di congiunzione per le carte che lo necessitavano, con carta giapponese (11 e 22 gr/m²) e metilcellulosa al 2,5%. Le carte sono state infine spianate sotto leggera pressione, previo interfoliazioni ed uso di feltri. Ricomposizione dei fascicoli. Cucitura a telaio su tre nervi in canapa e filo di cotone come originale. La cucitura è stata dotata di schermo e tubo, elementi che consentono il non contatto tra la colla e il corpo libro. Le carte di guardia originali sono state recuperate parimenti alle carte scritte e reinserite nel volume con giusto ordine. E’ stata inserita anche la prima carta adesa del piatto posteriore della coperta, recante un

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numero di inventario apposto con numeratore ad inchiostro; mentre le altre carte rinvenute sono state inserite all’interno della scatola per conservazione del volume, alloggiate in una “tasca” di contenimento. Sono state aggiunte quattro carte di guardia nuove, anteriori e posteriori, a lunga conservazione in “carta roma”, colore michelangelo. Allestimento di nuovi capitelli tronchi, costituiti da un’anima in corda e cucitura con refe di cotone. E’ stato possibile procedere al restauro e al riutilizzo della coperta originale. La coperta è stata smontata, pulita meccanicamente e ammorbidita con una soluzione di olio di piede di bue e spianata. Le lacune sono state integrate con innesti di pelle di capra opportunamente tinteggiati. Sono stati inseriti nuovi piatti in cartone di puro cotone, 400 gr/m², e rimontata la coperta, in seguito trattata con soluzione cerosa protettiva. Allestimento di un contenitore conservativo a doppia valva, con una tasca contenente le carte rinvenute durante lo smontaggio e poste come rinforzo all’interno dei piatti della coperta. Queste carte sono state idoneamente restaurate e inserite all’interno di due cartelline camicia, una contenente le carte del piatto anteriore ( 1A carta manoscritta; 2A carta bianca; 3 A carta a stampa), l’altra le carte del piatto posteriore ( 1B carta bianca con tracce di numero di inventario apposto con numeratore sulla carta precedente; 2B carta a stampa; 3B un piccolo frammento manoscritto ritrovato sul dorso del volume). La scatola è stata realizzata in cartone e rivestita esternamente in tela di puro cotone. Il rivestimento interno, in tutti i punti a contatto con i documenti, esclusi gli snodi, è in cartone durevole per la conservazione e carta roma. Per una eventuale sostituzione del tassello moderno, recante una segnatura a penna, è stato inserito un nuovo tassello in carta durevole con segnatura stampata in oro 9.

9 Il recupero del manoscritto, concluso nel mese di gennaio 2008, è stato curato dall Prof.Maurizio Copedè, Presidente del Comitato Scientifico del Dipartimento di Restauro Materiale Cartaceo, dell’Istituto per l’Arte e il Restauro “Palazzo Spinelli”di Firenze che ha predisposto il progetto esecutivo di restauro dell’opera realizzato dai Prof.ri Antonella Brogi e Roberto Bartolini, docenti dello stesso istituto toscano.

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Due pagine finali del manoscritto restaurato.

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Bibliografia

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CANINO G., Taverna tra mito storia civiltà, Calabria Letteraria Editrice, Soveria Mannelli CZ 2002

FIORE G., Della Calabria Illustrata (a cura di U.Nisticò) Rubbettino Edizioni, Soveria Mannelli CZ 1999.

FERRARI U., Taverna in epoca bizantina, Estratto dal volume XXXIX (1971) dell’Archivio Storico per la

Calabria e la Lucania, Roma 1973.

MONTUORO D., (a cura di) Cronaca delle Tre Taverne e della Città di Catanzaro, Ursini Edizioni,

Catanzaro 2006.

OLIVO D., Briciole di storia inedita (a cura di Padre Fotino), Catanzaro 1983.

RAFFAELE F., Taverna patria di Mattia Preti, in “Brutium” XLV (1966), 1-2 e successive ristampe,

Catanzaro 1978 e 1990.

VALENTINO G., Taverna città d’arte – per ricostruire un’identità perduta. Fratelli Gigliotti Editori,

Lamezia Terme CZ 1994.

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