Critica collodiana

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CRITICA COLLODIANA Critica primitiva Alberto Manzi: fissa l’importanza dell’uomo-giornalista dello “scaramuccia” senza isolarlo. Nell’articolo “l’amico dei bambini” descrive Collodi come l’ultimo di quella allegra brigata di scrittori toscani che mantennero vivo, scintillante nella sua bonarietà lo spirito vero della regione. Angiolo Orvieto: trapela la convivenza se non proprio la necessità di recuperare l’altro Collodi, quello per adulti, al fine della definizione in blocco del suo umorismo. Guido Biagi: colorisce il suo bravo incontro con un Collodi, dilettante di lettere e arti, padre felice della fortunatissima “bambinata” Pinocchio. Ferdinando Martini: completa il tratteggio di Collodi-macchietta di biscazziere incallito, che scrive le AP per saldare un debito di gioco. Paul Hazard: nel saggio La letterature enfantine en Italie (1914) riporta Pinocchio alla nobile famiglia delle marionette, eredi della gloriosa commedia dell’arte: si tratta di un burattino senza fili, impaziente di vivere a modo suo, in un movimento che non si arresta mai attraverso gli immensi domini dell’immaginazione. Tempesti dirà che modello strutturale di Pinocchio è la maschera fiorentina di Stenterello. Pietro Pancrazi: nell’ elogio di Pinocchio (1921) sottolinea come le vicende anche più straordinarie del ragazzo-burattino mantengono un senso domestico. Nella morale semplice e onesta delle AP, dietro a Pinocchio si dovranno vedere l’Italia umbertina e il suo pacifismo, quando la vita allora reggeva sopra una morale modesta e solida. Benedetto Croce: il 1883 è uno degli anni veramente feraci della moderna letteratura. Esce Pinocchio, un libro umano che presto le vie del cuore dato che il legno in cui è tagliato Pinocchio è l’umanità ed egli si rizza in piedi ed entra nella vita come l’uomo che intraprende il suo noviziato; fantoccio ma tutto spirituale. Croce non considera le opere minori di Collodi essendo Pinocchio scritto in un momento felice che l’autore non ritrovò più. Antonio Baldini: scrive La ragione politica di Pinocchio (1947). L’originale vitalità di AP sta nel loro risultare da un lato più favola di qualsiasi

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CRITICA COLLODIANA

Critica primitiva

Alberto Manzi: fissa l’importanza dell’uomo-giornalista dello “scaramuccia” senza isolarlo. Nell’articolo “l’amico dei bambini” descrive Collodi come l’ultimo di quella allegra brigata di scrittori toscani che mantennero vivo, scintillante nella sua bonarietà lo spirito vero della regione.

Angiolo Orvieto: trapela la convivenza se non proprio la necessità di recuperare l’altro Collodi, quello per adulti, al fine della definizione in blocco del suo umorismo.

Guido Biagi: colorisce il suo bravo incontro con un Collodi, dilettante di lettere e arti, padre felice della fortunatissima “bambinata” Pinocchio.

Ferdinando Martini: completa il tratteggio di Collodi-macchietta di biscazziere incallito, che scrive le AP per saldare un debito di gioco.

Paul Hazard: nel saggio La letterature enfantine en Italie (1914) riporta Pinocchio alla nobile famiglia delle marionette, eredi della gloriosa commedia dell’arte: si tratta di un burattino senza fili, impaziente di vivere a modo suo, in un movimento che non si arresta mai attraverso gli immensi domini dell’immaginazione. Tempesti dirà che modello strutturale di Pinocchio è la maschera fiorentina di Stenterello.

Pietro Pancrazi: nell’ elogio di Pinocchio (1921) sottolinea come le vicende anche più straordinarie del ragazzo-burattino mantengono un senso domestico. Nella morale semplice e onesta delle AP, dietro a Pinocchio si dovranno vedere l’Italia umbertina e il suo pacifismo, quando la vita allora reggeva sopra una morale modesta e solida.

Benedetto Croce: il 1883 è uno degli anni veramente feraci della moderna letteratura. Esce Pinocchio, un libro umano che presto le vie del cuore dato che il legno in cui è tagliato Pinocchio è l’umanità ed egli si rizza in piedi ed entra nella vita come l’uomo che intraprende il suo noviziato; fantoccio ma tutto spirituale. Croce non considera le opere minori di Collodi essendo Pinocchio scritto in un momento felice che l’autore non ritrovò più.

Antonio Baldini: scrive La ragione politica di Pinocchio (1947). L’originale vitalità di AP sta nel loro risultare da un lato più favola di qualsiasi altra favola e dall’altro nel mantenere toni fermi di realtà casalinga tipicamente toscana.

Pietro Mignosi: nel Il pregiudizio della letteratura infantile (1924) inaugura in AP l’inizio delle ricerche di sovrasensi, allegorismi, messaggi religiosi e clausole esemplaristiche. La necessità di riferire il processo educativo ad un sistema di vita elementarmente immediata lo induce a centrare sui sentimenti base dell’autonomia e della libertà i canoni della moderna letteratura infantile. Pinocchio è capace di procurare all’educando gioia di vivere facendo scaturire dall’uso effettivo del comico e del riso un sistema morale non imposto né predicato dall’autore ma spontaneamente e liberamente partecipato dal fanciullo.

Armando Michieli: in Commento a Pinocchio (1933) valorizza l’efficienza umana e morale della figura del burattino; AP è un’opera imperfetta perché manca l’elemento divino, la risoluzione della lotta in Dio.

Umberto Biscottini e Piero Bargellini: tendono a dimostrare come i valori religiosi fioriscano in AP non solo dietro le specie dell’allegoria favolosa. AP sono un libro religioso da leggersi secondo le prospettive e le norme della teologia. La favola di Pinocchio svolge le relazioni tra Padre e Figlio nei due cicli distinti di

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perdizione e redenzione. La Bella Bambina dai capelli turchini è una trasfigurazione teologale dell’immagine della Madonna.

Emilio Servadio: servendosi degli schemi freudiani analizza i motivi inconsci trasferiti da Collodi nelle avventure del burattino. Lotta tra impulsi vitali e ostacoli esterni; conflitto tra istinto e morale degli adulti; fissaggio del rapporto psico-sessuale al rapporto bambino-madre.

La critica collodiana analizzata finora difetta di una conveniente ambientazione storica di AP, non fa riferimento alla cultura dell’epoca e non considera le opere minori. Troppo pinocchiocentrica.

Critica collodiana nel principio della non-frattura

Ferruccio Ulivi: in il genio di pinocchio (omaggio a Pinocchio della rassegna lucchese 1952) svela che il segreto di Pinocchio consiste nella perfetta sutura tra il meraviglioso della favola e l’ambiente toscano. Pensare al surrealismo o al moralismo insito è una forzatura. Collodi ripiega sulla cronaca toscana ne ricrea tempi e luoghi obbedendo ad una fedeltà ideale: è una fusione riuscita perché la satira non manca in fondo di una lirica nostalgia.

Luigi Volpicelli: in la verità su Pinocchio (1954) dimostra come l’intera trafila del racconto e non solo l’aria dei luoghi e il paese ma i personaggi e la piega dei casi provengano da una precisa, documentabile tradizione di fiabe e maschere. Massime, proverbi, superstiti della novellistica e del favolismo toscano comprovano moduli, strutture e scorci stilistici, trapiantati dalla saggezza della fiaba popolare. Pinocchio è la maschera popolare del ragazzo, una maschera cresciuta educata sui temi più schietti della favola e della cultura popolare con una conclusiva attribuzione di una sapienza paesana e terrestre. I valori dominanti sono quelli della famiglia e del lavoro.

Carlo Betocchi: in Collodi, Pinocchio, Firenze (1957) afferma che le fonti letterarie di AP sono da ricercare in Giuseppe Conti o Alessandro Foresi, che scrissero pagine esemplare di un quieto vivere toscano lasciando in retaggio alla sapida e bonaria urbanità di Collodi narratori un fondo di scetticismo, umano compatimento e ironia.

Fredi Chiappelli: in Sullo stile del Lorenzini (1953) studia il sistema espressivo di Collodi giornalista-scrittore, evidenziando la massima consapevolezza linguistica e una sicurezza stilistica d’espressione. Il fluido stile di Pinocchio è dovuto a: amore della velocità, accelerazione dei tempi, carica di ironia e insieme atteggiamento di urbanità universale, improvvisi cambiamenti di quota sotto l’indicazione di una metafora, passaggi originati da spunti lessicali, gruppi fissi, cliché dei modi di dire. L’infallibile senso della lingua di Collodi è originale grazie alle accorte mescolanze fra elementi regionali e lingua nazionale con un risultato colorito e meno specioso lessicalmente.

Italiano Marchetti: in Collodi (1959) afferma che da tutti gli scritti collodiani numerosi sono gli elementi di mestiere che confluiscono in AP. Non è un capolavoro nato per caso e riesce con geniale intuizione a cogliere il misterioso processo per cui dal fanciullo sboccia l’uomo pienamente formato e moralmente sano.

Luigi Santucci: in Collodi (1961) restaura la morale taumaturgica della fantasia, rinnegando quella esterna della corrente pedagogica. La morale più persuasiva di Pinocchio è giocata internamente, anticipata nel lettore da un’attenta vicenda di gioie e dispiaceri, sicché questo Bene, che deve pur trionfare, si realizza come una sagra della buona vita, del tutti lieti in un percorso univoco. La pastosa lingua toscana del Collodi è fatta apposta per incantarsi in quest’aurea felicità ove le parole si allineano conversevoli e persuasive sempre e la pagina respira una sua vita naturale in un perpetuo stato di grazia.

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Renato Bertacchini: in Collodi narratore (1964) afferma che Collodi non sia autore unius libri e segue il principio letterario della non-frattura tra Collodi-Pinocchio e Collodi-Giornalista. Bisogna considerare tutto.

I grandi convegni

Direzioni della critica nel ventennio 1961-1981:

1. Ricerche e interventi sull’autore e sulla biografia2. Apporti saggistici e contributi sull’altro Collodi3. Ricognizioni e incontri con Pinocchio svolti attraverso ottiche interpretative e metodologiche sul

versante strutturale, comparatistico e simbologico

Fernando Tempesti: in Chi era il Collodi (1972) ricostruisce quanto è possibile sapere intorno a Collodi sulla base verificata e corretta delle tracce biografiche lasciate dai contemporanei. Illustra il lavoro svolto da Collodi come membro straordinario della Giunta del ministro Broglio (manzoniano) per la compilazione del Nuovo vocabolario della lingua italiana secondo l’uso di Firenze.

Roberto Maini e Piero Scapecchi: ristudiano la posizione di Collodi giornalista e evidenziano che il nuovo favolismo europeo si localizza in Toscana proprio a Firenze presso la libreria dei fratelli Paggi.

Giuseppe Pontiggia: inquadra la versione collodiana dei racconti delle fate negli anni in cui il processo unitario suscitava sul versante culturale la rinascita del romanzo realista che avrebbe approdato a Verga e favoriva anche gli studi organici di favole e novelle popolari.

Paolo Paolini: in Collodi traduttore di Perrault afferma che Collodi, senza essere esperto di moderne scienze semiologiche sente con l’istinto del narratore che il testo da acculturare in italiano deve subire un processo di adeguamento alle esigenze dei suoi lettori, quasi una naturalizzazione in ambiente nostrano.

Duplice criterio relazionale della critica collodiana:

1. Sulle basi teorizzate da Propp in le radici storiche dei racconti delle fate si considerano AP non tanto in termini di romanzo quanto piuttosto di fiaba

2. Pinocchio è un romanzo vero e proprio, per bambini e adulti

Aldo Rossi: in modelli culti e connettivo popolare nella fiaba di Pinocchio riscontra nel personaggio Pinocchio considerato da una prospettiva antropologica la funzionale opposizione burattino-uomo: i riti d’iniziazione che Pinocchio compie implicano una preparazione-allontanamento dai genitori (morte iniziatica, rinascita, trasformazione).

Pietro Bigongiari: in Un libro letto, ascoltato, veduto “im traum” precisa il punto sostanziale e differenziante della triplice morte del protagonista che gli sembra una vera e propria morte e trasfigurazione dell’eroe in clima fiabesco richiamante dal subcosciente dei lettori l’esempiio di Cristo.

G. Genot: costruisce un modello-sistema capace di leggere il romanzo d’avventure Pinocchio nella sua unità specifica. Distingue nel tessuto narrativo delle sequenze minori che si organizzano con spontaneità: 1. Proposito promessa o desiderio 2. Tentazione o ostacolo 3. Esitazione o paura 4. Azione colpevole 5. Punizione 6. Pentimento o rimostranza 7. Prova o purificazione 8. Salvezza 9. Ricompensa

Emilio Garroni: in Pinocchio uno e bino (1975) afferma che AP è per lettori adulti che abbiano ritrovato l’infanzia. In esso coesistono due romanzi: Pinocchio 1 romanzo breve di autonoma e più serrata crudele

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pertinenza che termina con l’impiccagione di Pinocchio; Pinocchio 2 che ingloba e dilata il precedente, trasfigurandone il senso modificandone i rapporti interni. Dalla loro fusione deriva alle AP il carattere modello di romanzo pedagogico.

Barberi Squarotti: in Il romanzo di Pinocchio avverte una somma di negatività trasmessa dal teso con una visione del mondo alla rovescia: gli uomini sono burattini e il burattino è un fanciullo divino, la giustizia è capovolta e un repertorio romantico percorre varie scene.

Asor Rosa: il burattino-popolo- Italia che matura attraverso il dolore e la sventura senza mai rinunciare a quella fase di passione tra ingenuità e coscienza è in sostanza la più vera fra le ricerche d’identità che l’Ottocento ci ha trasmesso.

Gianfranco Contini: scrittura felicemente paratattica trama gestita estrosamente a pelo e contropelo del senso comune, dinamismo fattuale e comico di movimento.

Frattini: sottolinea le note qualificanti della scrittura collodiana: veloce animazione di un dialogo a battute in prevalenza monolemmatiche; magistrale contemperamento di ipotassi e paratassi; vitalizzante immersione nel mondo della natura che connota gli strumenti comparativi.

De Rienzo: Collodi è un paladino dell’ordine continuamente tentato dal disordine, un ‘esigenza anarcoide che si esprime attraverso la privilegiata ricorrente metafora della fuga e del gioioso balletto iniziale del burattino nella casa di Geppetto.

Guglielminetti: AP risulta una sorta di tragicommedia con episodi-stazioni di una trama teatrale che si conclude col lieto fine. Il lieto fine comporta la dissoluzione dell’artificio drammatico perché Pinocchio quando esce di scena prende spoglie mortali e diventa ragazzo. La lingua è strumento di umanizzazione.

Giorgio Candeloro: ricostruisce l’attività del Collodi giornalista, da un originario mazzinianesimo, democratico e anticlericale a posizioni annessionistiche e unitarie che sostituiscono la Cosituente italiana.

Gianni Rodari: collodi è testimone di una crisi di ideali delle tante delusioni degli anni che seguirono al raggiungimento dell’unità nazionale. Collodi si è posto di fronte ai ragazzi non come un maestro ma come un adulto.

Franco Frabboni: cerca di rispondere alla domanda se i libri scolastici del Collodi (Giannettino, Minuzzolo, i tre viaggi per l’italia di Giannettino e la lanterna magica di giannettino) possano essere considerati opere di ingegneria didattica. Analizza quindi la loro marca pedagogica intesa a cogliere il modello educativo che quelle opere esprimono e la marca didattica per valutare la teoria della conoscenza, l’epistemologia genetica che le attraversa. Per esempio Giannettino fornisce un esemplare manuale di trasmissione delle conoscenze, disegna un’ipotesi di ingegneria didattica costruita prevalentemente sul terreno di un approfondimento per riproduzione e per impressione.

Pino Boero: analizza il pinocchio 1 (1881) e individua le linee tematiche principali a sostegno del ceto medio borghese: l’apprezzamento dell’industria e dell’officina, insistenza sui valori della quotidianità (come la casa nido), il lavoro come fatto etico e spirituale, discorso insistito sulla morte e la petulanza pedagogica del grillo parlante.

Gian Luca Pierotti: in Ecce puer. Il libro senza frontespizio e senza indice (1980) indica tutta una serie nodale di simboli biblici che si saldano laicamente nella storia di un burattino: circoncisione (geppetto taglia il naso a pinocchio), il rischio di una strage degli innocenti (i burattini minacciati di sacrificio da mangiafuoco), i falsi

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profeti (il gatto e la volpe), l’episodio dell’ultima cena (Pinocchio impiccato e “crocifisso” alla Quercia Grande).

G. Marchianò: individua in Pinocchio un modello androgino nella sua doppia natura tenera, morbida-rigida, legnosa. Partendo dall’importanza dei sogni di Pinocchio, sottolinea il significato ricorrente e simbolico del numero 4, le frequenti e ininterrotte sanzioni meteorologiche, la doppia natura, i due segni numinosi rappresentati dalla Fata-capra e dall’asino.

S. Resnik: sottolinea la struttura portante di AP, di forma triangolare in quanto Pinocchio tende verso un’idea del padre e della madre.

Maria Teresa Gentile: la strada di Pinocchio non è quella ideale-eterna descritta da Vico; le AP scorrono nel tempo risorgimentale e insieme dentro un’atmosfera senza tempo quale sottofondo armonioso e remoto della più umana delle avventure. Riscontra l’itinerario formativo di Pinocchio con i vari miti e riti primitivi, saghe, leggende, con la crescente coscienza della morte opposta alla vita, con gli usi iniziatici.

Libri paralleli

Ovvero scritti sull’interno e al presente del capolavoro; gli scrittori prendono di petto il messaggio ambiguo e polivalente di Pinocchio, lo contestano, li invalidano in gran parte ma anche lo spianano, lo sciolgono nei suoi nodi, lo approfondiscono nelle zone di più discussa e travagliata complessità. Tali libri paralleli sono giustificati da due motivi: 1) pinocchio riguadagna una volta di più il livello arduo e problematico di libro per adulti; b) Pinocchio come testo poco ortodosso dal punto di vista strutturale e che non è comunque possibile studiare con accademica e sistematica oggettività. Esempi di libri paralleli: La vita nova di Pinocchio di Luigi Compagnone, Pinocchio: un libro parallelo di Giorgio Manganelli e Pinocchio con gli stivali di Luigi Malerba.

L’edizione critica di AP è quella di Castellani Pollidori, la quale valutando l’impegno correttorio e varianti stico di Collodi ad AP dal 1883 al 1890, su quest’ultima edizione Bemporad 1890, curata e rivista dall’autore poco prima di morire (26 ottobre 1890) fonda per buona norma filologica il testo critico delle AP.

Daniela Marcheschi: legge Un romanzo in vapore nel senso proprio di vademecum ad uso del viaggiatore e come guida sotto forma di parodia . in Gli amici di casa (opera teatrale di Collodi) individua l’ironia caustica sotto la trama della battute brillanti e comiche, il tutto immerso in uno spaccato di vita domestica inquietante, una visione amara della realtà contemporanea, un dramma-commedia di costume i cui protagonisti erano esponenti dell’aristocrazia, o comunque Signori. In I misteri di Firenze Collodi delimita il romanzo sociale, ne smonta i meccanismi, ne prende bellamente in giro i pretesi misteri.

Convegno “Folkloristi italiani al tempo di Collodi (settembre 1982): hanno esaminato il clima culturale alle sorgenti native e creative di Pinocchio. La critica riconosce ad AP il carattere di genus mixtum quale risulta dall’esperienza giornalistica e compilativa, dalla sollecita frequentazione di temi fiabeschi, dallo schema del romanzo accettato o contestato.

Convegno internazionale “Pinocchio tra i burattini” (marzo 1987): se Pinocchio è un burattino meraviglioso da quale cultura comico-popolare, da quale repertorio teatrale l’ha tratto il suo autore? Quale conoscenza aveva Collodi del mondo delle marionette? Maria Signorelli ci dice che gli spettacoli di bambocci e le pulcinellate sono forme di divertimento popolare e strumenti di aggregazione, è nella tradizione girovaga dei burattinai che è rappresentata la gente semplice che si ribella al prepotente e all’ingiustizia. Michele Rak, nella sua relazione dal taglio sociologico, prospetta i burattini come esseri doppi,

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creati per produrre stupefazione e alterità; precedendo il doppio pirandelliano Mattia Pascal, Pinocchio bambino e marionetta viene sconfitto nella sua doppia natura di legno e carne.

Convegno internazionale “La fortuna di Pinocchio nel mondo” (novembre 1983): Meckel della Germania Federale con Metamorfosi in Pinocchio racconta alla rovescia la storia del burattino: una volta ragazzo perbene a Pinocchio viene la febbre del legno. Lisi parla di Pinocchio che vive la vita dei figli dei contadini. Bonaviri sottolinea la semplicità e il realismo di Pinocchio. Risaliti in Pinocchio e la cultura russa presenta il romanzo La chiavina d’oro di Tolstoj rifatto sulle tracce collodiane. (...)

Conclusioni

- La lingua di Pinocchio nella sua semplicità sorgiva nasce da una perfetta padronanza linguistica e da una felicità innata di stile. La lingua di AP offre un naturale ed esemplare spaccato del fiorentino vivo di medio dell’ottocento, in quanto non concede nulla al forbito né al veramente popolare.

- Il realismo e il fascino verbale di Pinocchio non derivano da fattori culturali semplicemente folkloristici, sono piuttosto il frutto della cultura parlata cioè di una cultura non scritta dalla quale ogni classe se serviva e con la quale le diverse classi comunicavano.

- La lingua che Collodi usa si stacca dalla linea Broglio negli ultimi 15 anni della sua vita, abbandona il programma linguistico manzoniano per tendere piuttosto verso la soluzione unitaria di un italiano non generico ma comune.

- Nella lingua di Collodi laica, naturale, istintiva, scritta come se non fosse parlata occorre tenr presenti al di là del fiorentino di tono medio, gli assorbimenti culturali, il tessuto di intenti e realtà espressionistiche ed espressivistiche.

- Negli anni collodiani a Firenze vengono scritti e stampati numerosi libri per ragazzi perché l’ambiente era favorevole, coltivato pedagogicamente culturalmente e per l’agevole possibilità che gli scrittori toscani avevano di parlare scrivendo o inversamente di scrivere parlando.

- In Collodi, De Amicis, Rodari F. Cambi analizza il pianeta infanzia nelle sue drammatiche e labirintiche componenti. Collodi interpreta l’infanzia come tragedia nella sua divisione in classi, Rodari legge l’infanzia in termini di età creativa da riconoscere e valorizzare, De amicis lega linfanzia ideologicamente alla società nel nome del cuore.