CRITERI MULTIPLI E AIUTO ALLE DECISIONI NEL …old · L'utilità dell'individuo e l’utilità...

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Giuseppe B. Las Casas Università degli Studi della Basilicata Apertura A.A. 2010-2011 Pag. 1 "CRITERI MULTIPLI E AIUTO ALLE DECISIONI NEL PROCESSO DI PIANO" Giuseppe B. Las Casas 1. INTRODUZIONE: perchè? L'utilità dell'individuo e l’utilità della specie sono quantità eterogenee che malamente si possono paragonare Pareto, 1919 Dovendo assumere una decisione, ciascuno di noi vorrebbe avere certezza di prendere la migliore, quella giusta, quella vera. Se ad una prima riflessone ciò risulta problematico al livello individuale o familiare, al livello di una comunità urbana, regionale, nazionale certamente emerge con evidenza quanto ciò sia denso di dubbi e come occorra interrogarsi sulla possibile mancanza di senso delle espressioni: migliore, giusta, vera. È un’incertezza intrinsecamente legata alla partecipazione della decisione sia individuale che collettiva di una molteplicità di obiettivi in conflitto fra loro, non ben chiari né definitivi nell’animo dei partecipanti e che si confrontano con un contesto che mai possiamo dire di conoscere in maniera esaustiva. Nello sviluppo del ragionamento, dopo aver ricordato gli argomenti a sostegno del teorema della impossibilità e, tenuto conto della visione complessa entro il quale le decisioni vengono assunte, ricostruiremo i termini di un processo di conoscenza che si sviluppa nel dialogo e nella concertazione, innovando il quadro di informazione di cui dispongono i partecipanti a questo processo e assumendo nuove informazioni sulla ampiezza dell’insieme evolutivo delle alternative e dei criteri e sulla disponibilità a trattare. Vedremo come questo processo possa essere supportato da strumenti tecnici che intervengono nel dare senso rigoroso alla comparazione delle alternative e vedremo come i processi di selezione delle possibili allocazioni di risorse pubbliche o l’impiego di risorse naturali o le scelte di trasformazione dell’ambiente naturale o umano sia un problema particolare di quello più generale delle scelte collettive e della ricerca di una funzione di benessere sociale.

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"CRITERI MULTIPLI E AIUTO ALLE DECISIONI NEL PROCESSO DI PIANO"

Giuseppe B. Las Casas

1. INTRODUZIONE: perchè?

L'utilità dell'individuo e l’utilità della specie sono quantità eterogenee che malamente si possono paragonare

Pareto, 1919

Dovendo assumere una decisione, ciascuno di noi vorrebbe avere certezza di prendere la migliore, quella giusta, quella vera.

Se ad una prima riflessone ciò risulta problematico al livello individuale o familiare, al livello di una comunità urbana, regionale, nazionale certamente emerge con evidenza quanto ciò sia denso di dubbi e come occorra interrogarsi sulla possibile mancanza di senso delle espressioni: migliore, giusta, vera.

È un’incertezza intrinsecamente legata alla partecipazione della decisione sia individuale che collettiva di una molteplicità di obiettivi in conflitto fra loro, non ben chiari né definitivi nell’animo dei partecipanti e che si confrontano con un contesto che mai possiamo dire di conoscere in maniera esaustiva.

Nello sviluppo del ragionamento, dopo aver ricordato gli argomenti a sostegno del teorema della impossibilità e, tenuto conto della visione complessa entro il quale le decisioni vengono assunte, ricostruiremo i termini di un processo di conoscenza che si sviluppa nel dialogo e nella concertazione, innovando il quadro di informazione di cui dispongono i partecipanti a questo processo e assumendo nuove informazioni sulla ampiezza dell’insieme evolutivo delle alternative e dei criteri e sulla disponibilità a trattare.

Vedremo come questo processo possa essere supportato da strumenti tecnici che intervengono nel dare senso rigoroso alla comparazione delle alternative e vedremo come i processi di selezione delle possibili allocazioni di risorse pubbliche o l’impiego di risorse naturali o le scelte di trasformazione dell’ambiente naturale o umano sia un problema particolare di quello più generale delle scelte collettive e della ricerca di una funzione di benessere sociale.

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Concluderemo che, a fronte della conclamata impossibilità della selezione di una scelta ottima, la direzione non possa che essere quella della ricerca del compromesso migliore fra tutti gli obiettivi individuati, che la decisione non è un atto ma un processo entro il quale decisioni parziali “germogliano” come i “tempi forti” di una cadenza musicale. (B. Roy 1985)

Vedremo come “l’homme d’étude” di cui parla Bernard Roy, “… prendendo appoggio su dei modelli più o meno formalizzati, cerca di ridurre gli elementi di incoerenza che si pongono davanti ad un partecipante a questo processo…” e ci ricorderemo che,

“…. mentre parleremo di tecniche scientifiche di valutazione, al contrario, "libertà e volontà, cultura e razionalità, pressione

dell'organizzazione e condizionamento sociale, costituiscono, come a me sembra, gli ingredienti della decisione.

È ancora legittimo, in questa condizione parlare di una scienza della decisione?......io credo che si possa parlare di una scienza di aiuto

alla decisione".

B. Roy, 1983

Dopo un rapido confronto con il tema della complessità a cui numerosi autori hanno collegato la impossibilità di un approccio razionale alla pianificazione, presenterò una speranza che è la ragione per la quale un ricercatore nel campo della pianificazione territoriale assuma questi argomenti per fare luce sulla propria ricerca e come dalla gestione della visione intrinsecamente multicriteri del comportamento decisionale degli individui possano porsi basi di integrazione multidisciplinare la cui domanda emerge con forza da un territorio che per sua natura è multidisciplinare e, sul quale la competizione e la conflittualità degli obiettivi e dei criteri è cosa di tutti i giorni.

2. LE PROBLEMATICHE DELLE SCELTE COLLETTIVE

I problemi metodologici delle nuove democrazie europee

I nuovi regimi politici che vengono disegnandosi nel secolo diciottesimo, dopo le grandi rivoluzioni: dell’indipendenza americana e francese, pongono in termini operativi i vincoli di un comportamento democratico, dovendosi, in sostituzione del monarca che decideva per tutti, dar conto di un comportamento democratico nell’aggregare i punti di vista.

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Sono i matematici e i fisici che si cimentano con lo studio di un sistema di voto che soddisfi il principio che la maggioranza vince, tipico di un sistema democratico.

(cfr. Condorcet, M.J.A. 1785. Borda, J.Ch. 1781) ed è fin da quel tempo che appaiono le incoerenze che qualsiasi sistema di voto presenta quando le alternative e i decisori sono tre o più.

un esempio:

Si consideri un insieme di 3 candidati, { }cba ,, e di 21 elettori ed una distribuzione delle preferenze come segue:

10 elettori : a>b>c

6 elettori: b>c>a

5 elettori: c>b>a

Vincerà il candidato a, tuttavia, una maggioranza assoluta dei votanti lo scarta rispetto a tutti gli altri candidati: il sistema non consente dunque di rispettare le reali preferenze della maggioranza degli elettori.

Non solo, ma non modificando le preferenze degli elettori, si ha

10 elettori: baf

11 elettori cbf

11 elettori c> a

Che rappresenta il noto paradosso di Condorcet

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Consideriamo dunque:

• i limiti di una scelta a maggioranza relativa in cui il vincitore di un confronto elettorale guadagna il primo posto anche se non ha dalla sua la maggioranza dei votanti1;

• il paradosso delle preferenze circolari che si possono determinare quando i componenti di una commissione o di un’assemblea definiscono un ordinamento sui candidati basato sul confronto di tutte le coppie possibili;

• le incoerenze che si manifestano fra le classifiche ottenute considerando i confronti vinti e persi fra le diverse squadre di un torneo (le Alternative) e il risultato del confronto diretto, per cui una squadra può precedere in classifica quella dalla quale è stata sconfitta. 2

1 I premi di maggioranza introdotti in Italia, per la prima volta nel 1923 (la legge Acerbo) che premiava le maggioranze del Partito Fascista e reintrodotta da De Gasperi nel ‘53 (La “Legge Truffa”) l’attuale legge elettorale (il Porcellum) in fondo altro non sono che la l’espressione della volontà di sancire il diritto a governare con una maggioranza assoluta malgrado si sia conseguita solo una maggioranza relativa o con una maggioranza cospicua se si è raggiunta solo una maggioranza modesta.

Importante osservare che anche queste, non sono perfette e nascono da un accordo che vi acconsente e, dunque il potere promana anche dalle minoranze che, a maggior ragione, non dovrebbero essere sottoposte a quelle forme che qualcuno chiama “dittature delle maggioranze”.

2 Si pensi al Campionato del modo di Formula 1 che attribuisce dei punti a seconda del posto conseguito in classifica da ciascun concorrente che potrebbe condurre al fatto che il pilota tale precede talaltro pur non avendolo mai superato in nessuna delle prove del campionato, o al campionato di calcio che stabilisce una classifica assegnando tre punti alla squadra vittoriosa e un punto alle squadre che pareggiano e, dopo aver effettato tutti gli incontri possibili e per due volte, somma i punti ottenuti per compilare la classifica e ci mostra come una squadra ne possa precedere un’altra che non ha mai battuto.

Entrambi gli esempi mostrano, come nel tempo, si sia intervenuti su un arbitrio: il numero di punti da attribuire al posto in classifica o alla vittoria nel caso del campionato.

In entrambi i casi la manovra su questo arbitrio ha inteso rispettare un accordo relativo a possibilità finalità condivise: nel caso del campionato di formula 1, enfatizzare la lotta per la prima posizione in ogni prova, nel caso nel campionato di calcio, scoraggiare la ricerca del pareggio a vantaggio dello spettacolo e dell’agonismo.

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Nella consapevolezza della imperfezione di sistemi di voto che viene via facendosi più chiara, ogni Paese ed ogni istituzione, associazione o altro, si da’ il suo sistema, scegliendolo come quello che meglio rappresenti natura, finalità, composizione dell’organismo al quale sovrintende. La formulazione, la riformulazione, le modifiche delle leggi elettorali e gli aggiornamenti dei regolamenti delle assemblee rimangono argomento di confronto politico in cui si alterna la forza della coalizione con le buone ragioni di chi cerca (o crede) di rappresentare al meglio un Paese, una collettività.

Prima di avviare un breve ragionamento sul concetto di utilità collettiva, e di democrazia riportiamo le parole di Wiston Churchill:

No one pretends that democracy is perfect or all-wise. Indeed, it has been said that democracy is the worst form of Government except

for all those other forms that have been tried from time to time.

W.S. Churchill, 1947

L’utilità collettiva

Supponiamo una collettività costituita da un lupo e da un agnello: la felicità del lupo sta nel mangiare l'agnello, quella dell'agnello, nel non esser mangiato. Come facciamo a render felice quella collettività? Pareto, 1919

Mentre da un canto matematici e filosofi si proponevano di studiare in forma sistematica la corrispondenza delle decisioni assunte con diverse tecniche di voto ed una presunta preferenza collettiva, una nuova branca della filosofia morale si rivolgeva alla definizione e alla misura dell'utilità collettiva e del benessere sociale.

Dalle opere di pensatori quali Beccaria (1765) e Bentham (1789), ripresi da Edgeworth (1881) e Pareto (1919), che esaminano il rapporto fra utilità del singolo e utilità della collettività, emerge la non additività delle singole utilità in una generica “funzione del benessere collettivo” e, sulla base della constatazione logica che l’utilità collettiva non derivi dalla semplice somma delle singole utilità, si viene a formare il principio paretiano:

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“la migliore delle scelte sarà quella in cui nessuno perde e qualcuno almeno vede migliorare la propria condizione.

Ovvero qualcuno migliora la propria condizione senza peggiorare quella degli altri”

Mentre concordiamo che il terreno della decisione pubblica rappresenti un terreno di confronto politico prima che tecnico ed essendo ben chiaro ai numerosi autori come tali famiglie di decisioni investano risorse di interesse collettivo e attribuiscano ai diversi partecipanti costi e vantaggi, osserviamo come gli aspetti tecnici della valutazione dell’efficienza di una scelta traversino studi e formulazioni e sperimentazioni estremamente ricche e rigorose dove, al di là della dimensione quantitativa della valutazione, entra in gioco la robustezza logica del ragionamento o del processo attivato per raggiungere la selezione desiderata attorno alla quale potrà essere aggregato il consenso.

Gli esercizi ed i principi della programmazione economica si sfidano, dunque, con la ricerca di una “funzione di benessere sociale” alla quale confrontare la decisione.

Anche in questo caso si perviene a formulazioni che non rivestono caratteri di generalità, ma che conducono o ad un accordo o al prevalere di uno dei giudici sugli altri (principio di dittatorialità o, in generale di costituzione di coalizioni “ad escludendum”).

È il caso, ad esempio, degli esercizi di Valutazione Costi Benefici che interpreta il benessere sociale con la massimizzazione della funzione del rendimento di un investimento, alla luce di:

• un’unica funzione obiettivo;

• i rimanenti obiettivi espressi come vincolo rigido;

• una stima del tasso di sostituzione;

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• la omogeneizzazione delle grandezze attraverso la monetizzazione di benefici e costi;

• e la costruzione di una funzione di utilità di tipo additivo.

Altre tecniche di natura empirica tentano negli anni sessanta di mettere in piedi strumenti di comparazione fra azioni (o, insiemi di azioni come un piano) senza legarsi direttamente a somme ponderate, di grande interesse fra questi la matrice “goals achievment di Morris Hill (1968, 1973) e i contributi di Nathaniel Lichfield (1968, 1975)

Senza voler mettere in questione la utilità di analisi del tipo Costi Benefici, è possibile notare come in essa rimangano incorporate alcune delle contraddizioni logiche che fin dalle origini venivano rilevate e, successivamente, conclamate dal teorema della impossibilità:

• la esistenza di una funzione di benessere sociale come somma di utilità individuali

• la somma ponderata di utilità parziali in un’ottica di stabilità dei tassi di sostituzione e l’adozione del saggio di sconto come strumento di ponderazione di costi e benefici monetari;

• la prevalenza di un criterio sugli altri

Il che lascia aperti gli aspetti generali che abbiamo considerato.

La utilità della specie e la utilità dell’individuo sono grandezze eterogenee che malamente si possono confrontare

Pareto 1919

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Il teorema di Arrow

Kennet Arrow, 1921 a New York

For a finite number of individuals, at least three and at least three distinct social alternatives, there is no social welfare function (SWF) satisfying conditions P, U, I, and D3

P: principio dell’unanimità (paretiano debole), la società preferisce α a β se tutti lo preferiscono (α >i β ∀i ⇒ α > β)

U: principio di universalità o della consistenza, tutti gli ordini di preferenze individuali sono ammessi (purché completi e transitivi cioè consistenti o razionali)

I: indipendenza delle alternative irrilevanti, la scelta tra α e β non deve dipendere da altre alternative

D: non dittatorialità , ∃i : α i ≥ i β ⇒ α ≥ β

3 Il teorema della impossibilità è dovuto a Kennet Arrow (1951) e la sua dimostrazione ha appassionato gli studiosi durante la seconda metà del secolo scorso. Si veda per tutti: P. Martelli (1981) e Forte e Mossetto (1977): lo studio delle condizioni del teorema e le vie per il rilassamento dei vincoli in forma processuale ha largamente interessato gli allievi della scuola di Roy.

P = Paretiano o dell’unanimità

U = Universalità o consistenza

I = Indipendenza dalle alternative

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3. UNA RIVOLUZIONE NEL MODO DI PENSARE LA RICERCA OPERATIVA: dal paradigma della ottimalità al compr omesso ottimale

…Allo stesso modo, mentre parleremo di tecniche scientifiche di valutazione…. al contrario, "libertà e volontà, cultura e razionalità-,

pressione dell'organizzazione e condizionamento sociale, costituiscono, come a me sembra, gli ingredienti della decisione. E’ ancora legittimo, in questa condizione parlare di una scienza

della decisione?......io credo che si possa parlare di una scienza di aiuto alla decisione.

B. Roy, 1983

La scuola del Lamasade (Laboratoire d'Analyse et Modélisation de Systèmes pour l'Aide à la DEcision, Universitè Paris Dauphine)

A cavallo degli anni ’60 e 70 è stato diffuso presso le associazioni europee di ricerca operativa un saggio di Roy in cui veniva presentato un articolo che, nell’esaminare i vincoli della impossibilità, proponeva un modo rivoluzionario di intendere la RO.

Il contributo di base proposto da Roy a partire da quel momento riguarda la costruzione di procedure operative che fossero funzionali nella esercizio dell’Aiuto alle decisioni, mentre l’aspetto così detto “rivoluzionario” riguarda il passaggio dal “Decision Making” alla attività di Decison Aid e dalla ricerca della ottimalità a quella della ricerca del compromesso ottimale.

È dunque scontata la adesione al teorema della impossibilità e lo studio che riveste un patrimonio, oggi ricchissimo, di casi di applicazione, di procedure e metodologie che, partendo dal rilassamento dei vincoli di Arrow, contribuisse a “maîtriser” il processo di decisione.

Con la fondazione, nel 1974, di un grande Laboratorio dell’Università di Paris Dauphine, viene attivato un cospicuo gruppo di riflessione che avvia un rilevante volume di iniziative publicistiche e convegnistiche oltre ad un ciclo di workshop semestrali 4, nati per discutere approfonditamente volta per volta, un ristretto numero di articoli.

4 Rencontre de l’école française d’analyse multicritère d’aide à la décision

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Nel 1983 dà vita alla prima scuola estiva in cui i docenti sono presenti per quindici giorni, affiancati da conferenzieri, e discutono fra loro e con gli allievi, basi e avanzamenti della teoria delle decisioni collettive e della operatività di metodi di analisi, di supporto al processo di apprendimento collettivo che sottostà allo sviluppo di un processo evolutivo durante il quale “ jallouinissent” (germogliano) le decisioni.

I lavori si svolgono sempre in un’atmosfera di grande rigore, configurando una sorta di confraternita molto coinvolgente.

50th meeting of the working group in MCDA at Cerisy in 1999 (Bernard is in the second rank in the middle) Fonte: Denis Bouissou e Daniel Vanderpooten “Bernard Roy: From Graph Theory to Multiple Criteria” 5

Questo gruppo di lavoro si caratterizza per una adesione quasi maniacale ai principi della ricerca in forma processuale del compromesso ottimale. È il periodo della massima attenzione a questo carattere di evolutività e agli aspetti processuali della decisione in cui i ricercatori cercano di descrivere lo spazio entro cui la decisione si sviluppa. Le dimensioni dello spazio delle

5 Quel giorno a Cerisy Salle si parlava anche lucano! infatti erano presenti ben tre relazioni legate al nostro territorio, delle quali due: Wolfler Calco, R e M. Parrucini (2001) e Las Casas e Tamma sono selezionate dal comitato scientifico per la pubblicazione nel volume a cura di Colorni, Parrucini e Roy 2001

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decisioni rappresentato dagli attori, i ruoli e le loro presenze, le alternative, i criteri6 e le regole di decisione che vengono via via definendosi (Ostanello e Tsukias, 1993)7

La decisione come processo di apprendimento collettivo

Secondo Roy, dunque, il processo di decisone si sviluppa in misura proporzionale alla crescita dell’informazione dei partecipanti, i quali, in ugual misura, accrescono la attitudine ad assumere una decisione condivisa. La componente più importante di questo apprendimento (l’apprentissage di B. Roy) riguarda la importanza relativa che ciascun attore assegna ai diversi criteri e la sua disponibilità a trattare. Le diverse metodologie di aiuto alla decisione e relativi strumenti di supporto, sviluppano soprattutto una rappresentazione anche grafica delle conseguenze di un ricollocamento di aspirazioni, bisogni e preferenze del sistema degli attori, compresi “les agis” (coloro che subiscono gli effetti della decisone stessa). È il momento in cui si dà spazio ai sentimenti dei partecipanti e agli aspetti personali, percettivi, psicologici dei partecipanti.

Anche se questo non compare negli scritti di Roy e della sua scuola, mi piace in questo caso ricordare il contributo di Amartya Sen relativo alla necessità di ritrovare nei valori e negli ideali le dimensioni della decisione grandezze non considerate nello strumentario classico dell’economia del benessere.

6 Il criterio è una funzione dipendente dagli obiettivi che consente, per ogni attore, di stimare la relazione di preferenza fra le coppie di alternative

7 Il modello proposto tende a descrivere lo spazio della decisone attraverso preferenze e priorità di un insieme di partecipanti al processo di decisione e formalizza i diversi passaggi. Dobbiamo ad un nostro allievo, l’ing. Lucia Tilio, laureata anche presso Paris Dauphine al termine di uno scambio esito di un programma Erasmus la prima applicazione ad un progetto di regolamento urbanistico (il R.U. di Laurenzana) cfr. Tilio 2008 e Tilio ed altri 2008….

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Amartya Kumar Sen (Santiniketan, 03 Novembre 1933), Premio Nobel per l’economia, 1998

….. Ne consegue che l’efficienza non possa più essere considerata l’unico criterio economico di giudizio: il modo migliore di vedere il vantaggio di una persona non è da considerarsi in termini di risultati raggiunti ma anche in termini di libertà raggiunta e di importanza intrinseca assegnata a diritti e valori.

Avere la possibilità di pensare e di scegliere è uno degli aspetti più importanti della vita umana

4. ALTRI PUNTI DI VISTA SUGLI STRUMENTI DI SUPPORTO ALLE DECISIONI

…. numerosi strumenti, molti dei quali a buon diritto, possono essere definiti metodi multi criteri di Aiuto alle Decisioni e possono essere

facilmente classificati in relazione alla scuola o corrente di pensiero dalle quali, in forma più o meno esplicita, sono stati trattati i

concetti di utilità e di scelta collettiva

Eric Jacquet-Lagreze, 1983

Non viene qui presentata una tassonomia delle metodologie multicriteri di aiuto alle decisioni, piuttosto, si intende presentare un principio di demarcazione che separa l’approccio della scuola francese dalle altre, in genere legate alle scuole di economia americane e olandesi. Si tratta di una peculiare attenzione alla processualità della decisione e alla utilità delle metodologie nel supportare tale processo.

Questo argomento permette soprattutto di distinguere quelle tecniche caratterizzate per l’offrire supporto nella ricerca della “soluzione one shoot”

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tipica dei metodi tradizionali della RO e interna ai metodi della ottimizzazione.

La loro diffusione è legata ad una capillare opera di informazione dovuta da un lato, soprattutto alla ponderosa produzione di Peter Nijkamp, come pure di Luigi Fusco-Girard da una parte, che sviluppa soprattutto i metodi legati alla relazione di concordanza e dall’altra alla commercializzazione di tecniche legate alle metodologie legate alla tecnica AHP che calcola i pesi dei criteri come gli autovalori di una matrice in cui i criteri siano stai confrontati l’uno con l’altro lasciando esprimere ad un panel di esperti la importanza dell’uno rispetto all’altro e poi procedendo con una somma ponderata.

Questa tecnica, pubblicata per la prima volta nel 1977, ha riscosso grande successo, soprattutto fra chi non si pone troppi problemi e accetta la aggregazione in un super criterio ottenuto come somma degli altri, con buona pace di trade-off e processo di apprendimento.

5. L'AIUTO ALLE DECISIONI E LA SFIDA DELLA COMPLESSITÀ

The complexity of the interactions of the different actors who are involved in the decision processes regarding the actions of territorial

transformation makes these processes not predictable, not concordant in scope and then lacking of possibility of convergence

Faludi, 1987

Io non ho inteso la ingegneria del territorio come lo studio sul territorio delle opere di ingegneria, ma come la capacità di scomporre e ricomporre i problemi della decisione di intervenire con opere di ingegneria e con strutture economiche di organizzazione dell’impresa.

Nel proporre a me stesso e ai miei allievi questo programma ho assunto i paradigmi della complessità come punto di partenza.

Questo mi ha consentito di riprender quegli aspetti di multidimensionalità del territorio che numerosi autori avevano posto fin dagli anni settanta alla base di una ricerca di metodi e strumenti analitici di tipo modellistico, la cui lontana origine era statistica o probabilistica e basata sull’idea che “what has been done once, could be done again” e su una analisi dinamica delle ricorrenze.

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La letteratura è ampia, ma vorrei solo citare Alan Wilson, oggi professore emerito presso l’università di Leeds, comunemente considerato un capo scuola.

Nella sua riformulazione entropica della teoria della interazione spaziale (Wilson, 1977), affronta la complessità del sistema osservato e modellizzato attraverso quelle che Silvana Lombardo (1998) chiama “finestre di conoscenza”: cioè le uniche forme di conoscenza che possono essere attinte in un processo di conoscenza che sia sistemico e che si collochi in un’area di compromesso fra un approccio riduzionista e un approccio olistico.

Dalle lezioni apprese dalle migliori scuole di modellistica territoriale8 è possibile assumere il robusto esercizio che è stato condotto ai fini della “segmentazione” del sistema cioè de modo in cui studiarlo pezzo a pezzo senza perdere la visione di insieme.

La questione si collega alla messa in opera di procedure per la selezione delle variabili rilevanti. Le procedure scelte variano dalla ricerca empirica delle relazioni più robuste e ricorrenti alla applicazione di tecniche di analisi multivariate della varianza.

È utile osservare come questo approccio consideri importante riferirsi alla selezione di variabili e di relazioni rispetto alle quali esistano teorie, tali da poter essere assunte come “congettura” di un processo di “trial and error”.

La teoria della Base Economica Urbana (cfr. Artle, 1959) e la teoria della Interazione Spaziale9 sono quelle che, attraverso i decenni, malgrado i numerosi tentativi di confutazione10, manifestano la maggiore stabilità.

Un esempio di applicazione che abbiamo sperimentato ai fini della definizione di indicatori si lega alla rappresentazione dovuta a Marcial Echenique nel 1970, presente in forma quasi analoga anche da McLaughlin

8 Un importante surwey viene proposto in M. Wegener 1994 ( una raccolta di saggi dell AJP dedicato al ventennale dell’articolo di Lee che aveva avviato una battaglia contro l’approccio modellistica, accusandolo di essersi macchiato di sette peccati mortali

9 Difficile indicare una paternità per la teoria della interazione spaziale oltre alle prima formulazioni presenti nei primi trattati di economia regionale (Isard 1954, o Ansen 1959) ci piace riportare il saggio Harris e Wilson 1978 in cui viene formulato un modello completo del sistema urbano.

10 La confutazione più rappresentativa è quella già ricordata di Lee, 1974. Un altro tipo di confutazione di natura epistemologica è in Paleremo, P.C. 1992

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(1969) e, successivamente ad Alan Wilson (si veda figura 2), nella quale vengono classificate le componenti spaziali e le strutture socio-economiche (“activities”) oltre alle relazioni che fra di esse intercorrono.

È a partire da questo tipo di partizione che “l’homme d’étude” seleziona sistematicamente i domini entro i quali elaborare gli indicatori dell’insoddisfazione e nel processo di apprendimento collettivo definisce i

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criteri in relazione ai quali avviare la comparazione. La dimensione della complessità si manifesta in tutto il suo spessore nella decisione collettiva, in particolare nella decisione che investe programmi e progetti di trasformazione.

Essa, infatti, investe una pluralità di spazi e di risorse, di individui e di sogni, aspirazioni, interessi, di discipline e di intervalli temporali e la decisione assunta per ciascuno di essi influenza quella assunta per ogni altro.

Quella integrazione multidisciplinare, alla quale tutti aspiriamo, si confronta con un fabbisogno di conoscenze che investe questi aspetti e con la molteplicità degli approcci adottati per la loro valutazione e per la comprensione di fenomeni e processi fondati su una molteplicità di sensibilità, di culture, di tecniche e tecnologie e con scale spaziali e temporali spesso imparagonabili.11

Il problema della decisione ci pone dunque a confronto con la complessità poiché porta il confronto dalla speculazione astratta, verso l’urgenza di assumere una deliberazione.

Occorre, dunque confrontarsi con un sistema di relazioni intricato, nella consapevolezza che non si riuscirà a mettere l’universo su un foglio di carta né dentro un computer.

Da Alan Wilson ad esempio, abbiamo appreso come non aggiunga molto alla qualità del fitting dei modelli integrare nelle funzioni di generazione o di attrattività troppe variabili ma, al contrario, come sia rilevante integrarvi quelle giuste e dedicare riflessione e studio al processo di calibrazione ponendo attenzione a come dati e processi rilevabili statisticamente, nei dettagli, nascondano libertà e sensibilità che regolano i comportamenti di scelta.

11 In occasione della Rassegna Urbanistica Nazionale del marzo sacorso. L’università della Basilicata ha raccolto la sfida di presentare in un convegno pubblico i contributi di tutte le discipline presenti ai temi del Governo del territorio. Dal confronto delle 25 relazioni presentate, (Copertino e Las Casas 2010) si ricava come non sia soltanto la diversa natura, tradizione e linguaggi delle discipline a porre ostacoli, ma che proprio il diverso senso che il tempo assume nei processi che vanno dalla geologia alla trasformazione forestale o alla realizzazione di infrastrutture, alla trasformazione insediativa e alle dinamiche del mercato edilizio.

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Lo stesso può dirsi nell’analisi delle decisioni collettive, in cui occorre garantire al processo di aver indagato aspirazioni e bisogni delle comunità insediate, di aver indagato valori e rischi delle risorse di un territorio, rispetto alle azioni che si intende intraprendere, tenendo presente che gli impatti sulle diverse categorie di beni e di bisogni sopravverranno con tempi differenti.

Fonte: adattato da Las Casas, 1984

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6. CONCLUSIONI: PROSPETTIVE E PROGRAMMI

La grande intuizione della scienza del ventesimo secolo consiste, allora, nell’aver scoperto che non è possibile comprendere i sistemi

complessi soltanto per mezzo dell’analisi: le proprietà delle parti non sono proprietà intrinseche, ma possono essere comprese

soltanto nel contesto di un insieme più ampio

(dalla prolusione del prof. Fiorentino all’a.a. 2006-07 della Università di Basilicata)

Al punto precedente abbiamo cercato di stabilire l’analogia o, meglio, la appartenenza del processo di piano all’insieme più ampio delle decisioni collettive. Sulla base di questa affermazione, apparentemente innocua, ci si propone di costruire un rinnovato approccio alla negletta razionalità del piano.

Un approccio che non rifiuti di affrontare i limiti di un comportamento sociale del quale non comprendiamo fino in fondo i caratteri di razionalità, e l’analisi del comportamento decisionale sembra confermarlo. Infatti: ciò che ci si propone nel campo dell’aiuto alle decisioni è di studiare con metodi razionali e strumenti rigorosi ciò che, viceversa, è immerso in una conoscenza imperfetta ed instabile e produce comportamenti incoerenti.

Seguendo B. Roy, è alla riduzione di tali elementi che ci rivolgiamo!

Lo sfacelo ambientale a cui in queste settimane sta andando incontro il nostro paese, la invereconda consumazione del nostro paesaggio, meriterebbero un ritorno ad un uso contenuto, razionale e, dunque, pianificato, cioè che nei contesti di incertezza, competizione e conflittualità ci si abituasse alla ricerca di soluzioni condivise, che siano compromesso fra una equa distribuzione di costi e vantaggi, una efficiente allocazione di risorse e di finalità di durevolezza ambientale.

Troppi autori, soprattutto italiani, si sono cimentati negli anni ’80 e ‘9012 con la distruzione dell’immagine di una “razionalità collettiva”, intesa come

12 Soprattutto rappresentati da un lavoro che nel 1992 ( Pier Carlo Palermo 1992) pretese di mettere la parola fine a questa pretese esaminando in maniera critica l’universo dei metodi razionali di formazione delle decisioni e quell’approccio in termini di sistema che sulla scorta dei contributi seminali di Chadwick e di Mac Laughlin avevano raccolto concetti, metodi e modelli che tutte le altre discipline andavano facendo propri talvolta in maniera poco critica, ma prevalentemente impostate nei termini prudenti e consapevoli della attività scientifica che sulla sensata esperienza da un lato e sulla robustezza di una logica a-priori dall’altro si andavano sviluppando. Purtroppo nessuno seppe efficacemente

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base metodologica per un approccio sistemico alla formazione delle decisioni…..

Ora se si riconosce la robustezza logica di metodi e strumenti dell’aiuto alle decisioni, allo stesso modo come sulla complessità è possibile aprire “finestre di conoscenza” (Lombardo, 1998), allora sarà possibile esercitare l’arte del governo della nave (governance) barcamenandosi fra gli scogli dell’incertezza, fra i venti dei poteri economici, fra il canto delle sirene della costruzione del consenso attorno alla coalizione vincente e non attorno a decisioni che meglio rispondono a bisogni ed aspirazioni di tutti i partecipanti.

Un gruppo di riflessione sui temi della innovazione disciplinare

Nulla vi è di più pratico di una buona teoria!

In questa ottica serie istanze di innovazione disciplinare si pongono. Istanze legate forse agli insuccessi che occorre registrare e valutare. Allora, sono istanze di un profondo rinnovamento che paghi il giusto prezzo alla riflessione teorica, metodologica e, infine, strumentale

Quattro università del Sud, riunite attorno al nostro piccolo ateneo di montagna, attiveranno, a partire da quest’anno, un programma di ricerca e confronto interdisciplinare, un programma di formazione permanente variamente articolato, che promuoverà il confronto con il mondo della ricerca di varie discipline, della professione e dell’amministrazione e uno sforzo di comunicazione multimediale

Verranno promossi incontri a cadenza ravvicinata, strutturati in funzione dell’avanzamento del programma organico di riflessione che si propone di:

• identificare con precisione le istanze di innovazione, verificandone i contenuti e la relativa classificazione e articolandoli in maniera più precisa;

confutare quel testo anzi si consolidò una maggioranza di ricercatori di vaglia che sui paradigmi della incertezza e della impredittibilità, fondarono la loro ricerca, spingendosi fino alla rinuncia del ruolo di saperi tecnici e di razionalità a-priori nella concezione del piano, il tutto a favore di una

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• documentare attraverso l’esame di appropriati casi di studio gli elementi di insoddisfazione sui quali si fondano le istanze di rinnovamento;

• indagare sul ruolo delle altre discipline con particolare priorità per quelle del territorio, al fine di far emergere istanze e modi di integrazione in un’ottica di ricerca di conciliazione dei settori tecnici nello spazio e nel tempo

• formulare ipotesi di riordino del quadro normativo;

• formulare di ipotesi di riordino del quadro degli strumenti di governo del territorio.

E, attraverso forme di comunicazione che assicurino la possibilità di una valutazione:

• estesa; • libera da vincoli di prossimità spaziale; • e libera da vincoli economici legati alla edizione del testo • di facile lettura, ma disponibile ed idonea per una riflessione meditata e

approfondita,

verranno strutturati strumenti di concertazione ineristituzionale, multilivello e multiscalare fra le discipline, alla ricerca del terreno comune dove piantare una pianta robusta i cui frutti potranno essere raccolti dai nostri nipoti.

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