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MENSILE DEL SANTUARIO DELL’AMORE MISERICORDIOSO COLLEVALENZA ANNO LIX 10 i NOVEMBRE 2018 CRISTO RE dell’Universo “... quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” !

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MENSILE DEL SANTUARIO

DELL’AMORE MISERICORDIOSO

COLLEVALENZAANNO LIX

10iNOVEMBRE

2018

CRISTO RE dell’Universo“... quando sarò innalzato daterra, attirerò tutti a me”!

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SOMMARIO

MENSILE DEL SANTUARIO

DELL’AMORE MISERICORDIOSO

COLLEVALENZAANNO LIX

10iNOVEMBRE

2018

CRISTO RE dell’Universo“... quando sarò innalzato daterra, attirerò tutti a me”!

L’AMORE MISERICORDIOSORIVISTA MENSILE - ANNO LIX

NOVEMBRE • 10

P. Mario Gialletti

Marina Berardi

Edizioni L'Amore Misericordioso

06059 Collevalenza (Pg)Tel. 075.89581 - Fax 075.8958228Autorizzazione:Trib. Perugia n. 275, 1-12-1959

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del sito del SantuarioSono sempre più quelli che vi trovanonotizie, informazioni, scritti dellabeata Madre Speranza, e molto ma-teriale di studio e di meditazione.

DAGLI SCRITTI DI MADRE SPERANZA

LA PAROLA DEL PAPA

LA PAROLA DEI PADRI

STUDI

IN CAMMINO CON IL SINODO DEI GIOVANI 3

ATTUALITÀ

STUDI - Leggiamo il libro di Giobbe - 1

ATTUALITÀ

Misericordia Infinita

DAL SANTUARIO DI COLLEVALENZA

19-23 novembre:Convegno Nazionale CISM

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L’Amore Misericordioso - novembre 2018 1

Madre Speranza di Gesù Alhama Valera nata il30 settembre 1893 a Santomera morta in Col-levalenza l'8 febbraio 1983 Fondatrice delle An-celle e dei Figli dell'Amore Misericordioso e delSantuario di Collevalenza.

È in corso il Processo canonico per la sua cano-nizzazione;� il 23 aprile 2002 la Chiesa l'ha dichiarata ve-

nerabile; � il 5 luglio 2013 è stato riconosciuto il miracolo

ottenuto per sua intercessione;� il 31 maggio 2014 è stata proclamata beata.� la festa liturgica si celebra il giorno 8 febbraio.

La carità è l’essenza della perfezione

dagli scritti di madre speranzaa cura di P. Mario Gialletti fam �

Consideriamo la virtù teologale della carità. La

carità è la virtù teologale con la quale amiamo il

nostro Dio per se stesso, noi e il prossimo per Dio.

Per sapere quale amore entra nella carità, figlie mie,

dobbiamo considerare che l’amore è la compiacenza

nel bene. L’amore di compiacenza è il desiderio del

bene per se stesso e non per altra cosa. Mentre l’amore

di concupiscenza è il desiderio del bene per il vantaggio

che procura all’amante, l’amore di benevolenza è la

volontà nel bene e la soddisfazione in esso per il vantaggio

che porta, non a colui che ama, ma a colui per il quale il

bene è voluto. Questo può esprimersi in quattro modi.

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dagli scritti di madre speranza

� Con l’amore di semplice benevolenza colui cheama sceglie per l’amato un bene piuttosto che unaltro, e fra molti beni quello più stimato;

� con l’amore di predilezione si crea l’unione degliaffetti tra l’amante e l’amato;

� con l’amore di carità l’amante vuole un bene perl’amato, che a sua volta ricambia l’amore,essendoci così comunicazione scambievole dibeni.

� La carità è amore di autentica amicizia fra Dio el’uomo, perché in essa si realizzano le quattrocondizioni dell’amore di amicizia: � essere amore scambievole, � amore di benevolenza, � amore palese dell’uno all’altro e viceversa, � amore che si esprime nella comunicazione dei

beni.

La carità esige per natura che l’amore a Dio siasommamente apprezzativo; sommo perché l’oggettodeve essere amato in proporzione alla sua bontà e labontà di Dio è infinita; apprezzativo perché cosìl’amore raggiunge e tocca il proprio oggetto; ciò èindispensabile nell’atto di qualsiasi virtù affinché nesia salvata l’essenza.

L’oggetto formale della carità, o il motivo per cuidobbiamo amare Dio sopra tutte le cose e il prossimoper Dio, è il bene divino soprannaturale e infinito, inquanto Dio è amabile in sé, per la sua grazia, comeBontà infinita e compendio di tutte le perfezioni. L’oggetto materiale secondario, cioè quello amatonon per se stesso ma per l’oggetto primario, sonotutte le creature ragionevoli, capaci di beatitudineeterna.

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dagli scritti di madre speranza

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Gli attributi della carità sono:� essere la più eccellente di tutte le virtù, molto più

di quelle morali acquisite o infuse, perché ha Dioper oggetto immediato, più che la fede e lasperanza;

� essere la forma, il motore, il fine e la madre di tuttele virtù, perché tutte le dirige e le muove e tutte alei si riferiscono;

� non avere misura né forma nella sua espressioneconcreta, dato che quanto più amiamo Dio tantopiù lo dobbiamo amare e tanto più Egli è degno diessere amato;

� poter crescere sempre finché l’uomo permane inquesta vita;

� non poter diminuire, una volta posseduta, per cui osi possiede come beatitudine che non si riduce,oppure scompare del tutto;

� avere il potere di giustificare il peccatore, anchefuori del Sacramento della Riconciliazione, quandoperò il peccatore che rientra nella carità promettedi confessarsi più presto che gli sia possibile.

� La carità autentica è virtù divina, è fiore del cieloche può nascere solo nel terreno della Chiesa esullo stelo soprannaturale della fede, sostenutodalla radice solida della speranza.

� La speranza, la fede e la carità sono, figlie mie, trerami del medesimo tronco alimentati dalla stessalinfa divina che è la grazia dello Spirito Santo.

� È così alto il valore di questa celeste virtù che senzadi lei nulla valgono i doni più vantaggiosi. Anche sepossedessimo tutti i tesori del mondo e li dessimoper il mantenimento dei poveri, questo, figlie mie,non avrebbe alcun valore senza la carità; cioè,senza la carità nulla ha peso sulla bilancia di Coluiil cui giudizio è la giusta misura delle cose.

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dagli scritti di madre speranza

� La carità è l’essenza della perfezione. È virtù nuovanell’uomo e superiore ad ogni forza di volontà, infattipromana solo e direttamente da Dio, così come pure lagrazia, ed è il primo frutto dello Spirito Santo. Chipersevera nella carità rimane in Dio e Dio in lui,perché Dio stesso è carità. Come vedete, figlie mie,possedere la carità è vivere realmente e in verità;questa è davvero una vita piena e gloriosa.

Care figlie, non c’è comandamento più gradito che ilcomandamento della carità, scaturito spontaneamentedal Cuore del nostro dolce Gesù: “Amatevi gli uni gli altri,questo è il mio comandamento”. E come profondamenterimase impressa questa raccomandazione del Maestro nelcuore dei suoi discepoli! Essi amarono fino al sacrificio,dimentichi di se stessi. E noi, Ancelle dell’AmoreMisericordioso, come dobbiamo amare e praticare questomeraviglioso comandamento della carità?!

Ameremo il nemico e lo abbracceremo come se fosse ilnostro più grande amico, pregheremo per lui e gli faremotutto il bene che possiamo. Impareremo a liberarci dalnostro personale giudizio; cederemo il nostro diritto pernon turbare la pace del prossimo, mettendo in pratica ilconsiglio del nostro buon Maestro: “A chi ti vuolechiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lasciaanche il mantello”.

Figlie mie, facciamo del bene a tutti, senzadistinguere buoni e cattivi, parenti ed estranei, amici enemici, e facciamo tutto il bene possibile, senza maipermettere che in noi venga meno questa fame dellafelicità altrui. Ricordiamo che la carità di Gesù mai siscoraggia, non dice mai basta e non fa distinzione fraamico e nemico; ama tutti, per tutti muore.

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dagli scritti di madre speranza

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Care figlie, insegnate alle figlie e ai bambini adapprezzare il valore della virtù della carità. Io credo chetra tutte le virtù sia la più sublime ed essenziale. (M.Esperanza de Jesús, eam) Inestimabile è il suo valore equanto dobbiamo essere riconoscenti al nostro dolceGesù per averci portato sulla terra questo sacro fuoco,tratto dal seno del suo eterno Padre! Prima di Gesù Cristotutto era tenebre e gelo di morte; infatti nel mondo nonregnava altro amore che l’egoismo, lo sfrenato amorproprio, l’amore ai piaceri, al proprio benessere, mentreper gli altri c’era tirannia e odio.

La legge che allora regolava le azioni umane potevaessere espressa in questi termini mostruosi: “Amerai testesso sopra tutte le cose e il tuo prossimo per te”. Mavenne il cristianesimo e disse all’uomo: “Amerai Dio sututte le cose e il tuo prossimo come te stesso, per amoredi Dio”. Apparve allora nel mondo questa virtù che,regolando e armonizzando il nostro amore, pone ordinein tutto l’uomo, lo sublima e lo innalza prodigiosamente.

Sapete come e perché lo innalza tanto? perché l’uomotanto vale quanto vale l’oggetto del suo amore. L’amore cifa somiglianti e quasi ci identifica con l’oggetto amato,per cui se questo è nobile, l’amore ci nobilita, se è vile ebasso, ci degrada e invilisce... Ami la terra? allora nonvali più di un pugno di terra, e questo tu sei. AmiGesù?... sei divino. Solo il peccato mortale è capace diprivare l’uomo della grazia, inseparabile compagna dellacarità.

(La Madre nel 1943;El Pan 8, 1053-1066)

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la Parola di Papa FrancescoPapa Francesco

Meditazione mattutina nella Cappella della Domus Sanctae Marthae Giovedì, 13 settembre 2018

Secondo la logica del mondo «amare inemici» è una «pazzia». Ma è pro-prio la «pazzia della croce» che deve

guidare il comportamento di ogni cristia-no, perché se vogliamo vivere «da figli»dobbiamo essere «misericordiosi come ilPadre» e non farci guidare dalla «logica disatana», il grande accusatore che cercasempre di «fare il male all’altro».

È lo «stile del cristiano» il centro dellameditazione che Papa Francesco ha svi-luppato durante la messa celebrata aSanta Marta la mattina di giovedì 13 set-tembre. Un tema, ha ricordato nell’ome-lia, che ricorre «parecchie volte nel Van-gelo», in tanti brani in cui il Signore «cidice come deve essere la vita di un di-

scepolo, la vita di un cristiano.Ci dà segnali per avanzare nelcammino». Accade, ad esem-pio, nel discorso delle beatitu-dini, dal quale, ha detto il Pa-pa, emerge «una cosa rivolu-zionaria, perché sembra la lo-gica del contrario»: è «la logicadel contrario rispetto allo spi-rito del mondo». In quell’occa-sione «il Signore ci insegna co-

Lo stile del cristiano«A voi cheascoltate, io dico:� amate i vostri nemici,

� fate del bene a quelli che viodiano,

� benedite coloro che vimaledicono,

� pregate per coloro che vitrattano male». (Luca 6, 27-38)

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la Parola del Papa

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me deve essere un cristiano». E nelcapitolo XXV di Matteo, dove siparla delle opere di misericordia,«il Signore ci insegna cosa deve fareuna persona per essere cristiana».Viene descritto uno «stile», di fron-te al quale, ha sottolineato France-sco, «diciamo: “Essere cristiano nonè facile”. No. Ma ci fa felici. È ilcammino della felicità, della paceinteriore».

Anche la liturgia del giorno attinge-va a un brano evangelico (Luca 6,27-38) dedicato a questo argomen-to. Si tratta di un passo in cui «il Si-gnore scende nei dettagli e ce nepropone quattro per vivere la vitacristiana». Le parole di Gesù sonochiare: «A voi che ascoltate, io dico:amate i vostri nemici, fate del benea quelli che vi odiano, benedite co-loro che vi maledicono, pregate percoloro che vi trattano male». Sono,ha detto il Pontefice, «quattro “co-mandamenti”» di fronte ai qualil’uomo normalmente rimane per-plesso: «Come posso amare quelloche mi fa del male? Non vendicar-mi, almeno difendermi». La rispo-sta è: «Amate i vostri nemici». Ver-rebbe, ha aggiunto il Papa, da ribat-tere: «Ma non posso odiarli? Ho di-ritto a odiarli, perché loro mi odia-no e io devo odiarli...». E la rispostaè sempre netta: «No. Amate. I ne-mici, coloro che vogliono distrug-gervi: amate. “Fate del bene a quel-li che vi odiano”».

C’è un contrasto tra ciò che appare«normale» — «Se io so che una per-sona mi odia, vado a dirlo a tutti gli

amici: “Questo mi odia. Questo mivuole distruggere”. Entro nel chiac-chiericcio...» — e ciò che vienechiesto al cristiano: «No. “Fate delbene”. Se tu sai che qualcuno tiodia ed è nel bisogno, ha qualchenecessità o passa per una situazio-ne difficile, fai del bene».

La terza indicazione di Gesù è: «Be-nedite coloro che vi maledicono».Qui si entra, ha notato il Papa, nel-la «logica della risposta. Uno ti diceuna maledizione e tu rispondi conuna di alto livello; l’altro fa salire illivello della maledizione e l’odiocresce e finisce nella guerra. È lalogica degli insulti. Finisce in guer-ra insultandosi». Il Signore invecedice: «No. Fermati, “benedite”. Ti hamaledetto? Tu benedicilo».

C’è poi «la più difficile, quella cheviene adesso: “Pregate per coloroche vi trattano male”». A tale ri-guardo Francesco ha chiesto:«Quanto tempo di preghiera ioprendo per chiedere al Signore perle persone moleste, per le personeche mi danno fastidio, o anche mitrattano male?». È bene fare «unesame di coscienza».

Tutto ciò, ha sintetizzato il Pontefi-ce, «è lo stile cristiano, questo è ilmodo di vivere cristiano». Si po-trebbe chiedere: «Ma se io non fac-cio queste quattro cose — amare inemici, fare del bene a quelli chemi odiano, benedire coloro che mimaledicono e pregare per coloroche mi trattano male — non sonocristiano?». Anche in questo caso la

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risposta è chiara: «Sì, sei cristianoperché hai ricevuto il Battesimo,ma non vivi come un cristiano. Vi-vi come un pagano, con lo spiritodella mondanità». E, ha aggiunto,«queste non sono figure poetiche:questo è quello che il Signore vuoleche noi facciamo. Così, diretto». So-no indicazioni concrete, perché «ètanto facile riunirci per sparlare deinemici o di coloro che sono di unpartito diverso o anche di coloroche non sono nella nostra simpatia.Invece la logica cristiana èla contraria».

E non ci sono eccezioni:«“Ma padre, questa è unacosa che va sempre segui-ta?”. Sì. “Ma questa è unapazzia?” Sì. Paolo lo dicechiaramente: “la follia dellaCroce”. Se tu come cristia-no non sei appassionato diquesta “follia della Croce”,non hai capito cosa signifi-ca essere cristiano».

A conferma di quanto det-to, il Papa ha ripreso il te-sto evangelico per sottoli-neare la differenza che lostesso Gesù fa tra cristianie pagani: «Usa la parola“peccatori”. “Pagani”, “pec-catori”, “mondani”». La sin-tesi di tale ragionamento laoffre la Scrittura stessa, do-ve il Signore, come in un«riassunto», spiega il moti-vo di certe indicazioni:«Amate invece i vostri ne-mici, fate del bene e pre-

state senza sperarne nulla, e saretefigli dell’Altissimo, perché egli è be-nevolo verso gli ingrati e i malvagi.Siate misericordiosi, come il Padrevostro è misericordioso». Il fine ditutto, ha spiegato Francesco, èquindi «arrivare a comportarci co-me figli, figli del nostro Padre, chesempre fa del bene, che è “miseri-cordioso”: questa è la parola chia-ve».

Perciò, ha aggiunto, «leggendo,ascoltando queste cose che Gesù

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dice, possiamo farci la domanda: iosono misericordioso?». Possiamo«entrare nel mistero della miseri-cordia» e chiederci: «Il Signore hausato misericordia con me? Hosentito io la misericordia del Signo-re? Se sono misericordioso, sono fi-glio del Padre». E così come talvoltasi dice di un bambino: «Ma comeassomiglia al padre!», ugualmente«soltanto i misericordiosi assomi-gliano a Dio Padre» perché questo«è lo stile del Padre».

Questa strada però, ha avvisato ilPontefice, è controcorrente, «nonaccusa gli altri» e «va contro lo spi-rito del mondo», Infatti, ha spiega-to, «fra noi c’è il grande accusatore,quello che sempre va ad accusarcidavanti a Dio, per distruggerci. Sa-tana: lui è il grande accusatore. Equando io entro in questa logica diaccusare, maledire, cercare di faredel male all’altro, entro nella logicadel grande accusatore che è distrut-

tore. Che non conosce laparola “misericordia”, nonconosce, mai l’ha vissuta».

Quindi, ha detto France-sco, il cammino del cristia-no è sempre di fronte a unbivio: da una parte «l’invitodel Signore» a «essere mise-ricordioso, un invito che èuna grazia, una grazia di fi-liazione, per assomigliareal Padre». Dall’altra parte,c’è «il grande accusatore,satana, che ci spinge ad ac-cusare gli altri, per distrug-gerli». Non si può, ha con-cluso il Pontefice, «entrarenella logica dell’accusato-re» e, anzi, «l’unica accusalecita che noi cristiani ab-biamo, è accusare noi stes-si. Per gli altri soltanto lamisericordia, perché siamofigli del Padre che è miseri-cordioso».

(da: L’Osservatore Romano, ed.quotidiana, Anno CLVIII, n.208,14/09/2018)

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Il vero sacrificio consiste in ogniazione con cui miriamo a unircicon Dio

in un santo rapporto, rivolgendoci aquel sommo Bene che ci può rendereveramente beati.

Perciò anche le stesse opere dimisericordia, con cui si viene insoccorso dell’uomo, se non sifanno per Dio, non possono dirsivero sacrificio. Infatti, benché ilsacrificio venga compiuto e offertodall’uomo, tuttavia è cosa divina,tanto che gli antichi latini l’hannodesignato anche con quest’ultimonome. Perciò un uomo consacrato aDio e votato a lui, in quanto muore almondo per vivere a Dio, è un sacrificio.È anche un’opera di misericordia checiascuno fa verso se stesso, come sta scritto: «Abbi misericordia della tuaanima, rendendoti gradito a Dio» (Sir 30, 24 volg.).

Dunque veri sacrifici sono le opere di misericordia sia verso se stessi,sia verso il prossimo in riferimento a Dio. D’altra parte le opere dimisericordia non si compiono per altro motivo, se non per essere liberi dallamiseria e rendersi così beati di quella beatitudine che non si consegue senon per mezzo di quel bene di cui fu detto: «Il mio bene è stare vicino aDio» (Sal 72, 28).

Ne consegue senza dubbio che tutta la città redenta, cioè lacomunità e la società dei fedeli, viene offerta a Dio quale sacrificiouniversale, per mezzo del grande Sacerdote, che ha offerto anche se stessoper noi nella sua passione, sotto le sembianze di servo, perché divenissimo

la parola dei padriDa «La Città di Dio» di sant’Agostino, vescovo

(Lib. 10, 6; CCL 47, 278-279))

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In ogni luogo si sacrifica al mio nome una vittima

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corpo di così grande capo. Ha offerto, infatti,questa natura umana e in essa venne offertoperché proprio per essa è mediatore, sacerdote,sacrificio.

L’Apostolo ci esorta ad offrire i nostri corpi come sacrificiovivente, santo e gradito a Dio, come nostro atto di culto

spirituale (cfr. Rm 12, 1). Ci raccomanda di non conformarci al mondopresente, ma a trasformarci rinnovando la nostra mente per poterdiscernere qual è la volontà di Dio,

� per capire qual è il vero bene a lui gradito e perfetto, � per comprendere che noi stessi costituiamo tutto intero il sacrificio.

Per questo soggiunge: «Per la grazia che mi è stata concessa, io dicoa ciascuno di voi:

� non valutatevi più di quanto è conveniente, � ma valutatevi in maniera da avere di voi un giusto concetto, ciascuno

secondo la misura di fede che Dio gli ha dato; � poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste

membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, puressendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la suaparte siamo membra gli uni degli altri;

� abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno dinoi» (Rm 12, 3-6)

Questo è il sacrificio dei cristiani: «Pur essendo molti siamo un corposolo in Cristo» (1 Cor 10, 17). E questo sacrificio la Chiesa lo celebra anchecon il sacramento dell’altare ben noto ai fedeli, in cui le viene mostratoche, in ciò che essa offre, essa stessa è offerta nella cosa che offre.

Che cosa offrirò al Signore? Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buonoe che il Signore ti chiede:

� praticare la giustizia, � amare la misericordia, � camminare umilmente con il tuo Dio

Al Signore tuo Dio appartengono i cieli e la terra.

Ora che cosa ti chiede il Signore tuo Dio? � di operare il bene:� praticare la giustizia, � amare la misericordia, � camminare umilmente con il tuo Dio.

(Cfr. Mic 6, 6. 8; Dt 10, 14. 12)

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la parola dei padri

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e si offre pura

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ROBERTO LANZA

Èil 26 agosto 1978, il cardinale Albino Luciani, patriarca di Venezia,viene eletto Papa prendendo il nome di Giovanni Paolo I° e guide-rà la Chiesa soltanto per 33 giorni. Tuttavia seppur breve, il suo

pontificato ha lasciato il segno: “Bastarono 33 giorni perché Papa Luciani en-trasse nel cuore della gente”, dirà il Papa Emerito Benedetto XVI°. Quaran-t’anni sono passati da quella elezione per molti aspetti storica: fu un con-clave tra i più brevi, seguito in mondovisione. Il primo al quale non parte-ciparono con diritto di voto i cardinali ultraottantenni.

Eppure io credo che il suo magistero sia da riscoprire molto in chiave ca-rismatica dell’Amore Misericordioso, davvero “immortale” resterà nellastoria della Chiesa l’angelus del 10 Settembre del 1978, quando con vocetremante, ma assolutamente carica di tenerezza disse: “Anche noi che sia-mo qui, abbiamo gli stessi sentimenti; noi siamo oggetto da parte di Dio di unamore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anchequando sembra ci sia notte. È papà; più ancora è madre. Non vuol farci del

“Giovanni Paolo I°,il Papa dellatenerezza di Dio”

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male; vuol farci solo del bene, a tutti.I figlioli, se per caso sono malati,hanno un titolo di più per essereamati dalla mamma. E anche noi seper caso siamo malati di cattiveria,fuori di strada, abbiamo un titolo dipiù per essere amati dal Signore.”

Giovanni Paolo II°in varie udienzedel mercoledì, confermava questaimpostazione: “Dio riassume in sé an-che le caratteristiche che solitamente siattribuiscono all’amore materno” 1 eancora: “Dio ha mani di padre e diMadre nello stesso tempo”2. Anche ilPapa Francesco è su questa lineaquando afferma che: “Dio ha com-passione di noi, come la Madre con ifigli” e aggiunge: “Così ci ama Dio”3.

A livello teologico e nonostantel’argomento abbia suscitato molteinterpretazioni da parte di moltistudiosi e teologi, quello che è indiscussione, non è tanto capire la“natura” di Dio, ma il suo modo diesprimere l’amore per i propri figli,una modalità che spesso porta consé le caratteristiche proprie di unaMadre. E non può essere altrimen-ti, perché la misericordia è l’atteg-giamento con il quale Dio si mettein contatto con la nostra debolezzae con la nostra sofferenza. Il termi-ne biblico “compassione” (reha-mîm), richiama proprio le viscerematerne: una Madre, infatti, provauna reazione tutta propria di fronteal dolore dei figli. Con il termine,“viscere”, si allude proprio al senti-mento intimo e profondo che lega

due persone per ragioni di sanguee di cuore, come avviene nel rap-porto d’amore fra una Madre e ilproprio figlio, questo amore, tuttogratuito, corrisponde e ha originead una necessità interiore, ad un’e-sigenza del cuore.

Chi di noi, quando eravamo piccolie facevamo qualche “guaio”, non èmai andato subito dalla mamma,per farsi perdonare e magari perchiederle di mettere una buona pa-rola, perché papà non si arrabbiasse.Ciascuno conosce le delicatezze, isacrifici, l’amore che una Madre saoffrire nell’arco della sua vita e co-me, nel nome di “mamma”, si rac-chiudano le più dolci premure e leattese più grandi del nostro cuore. A lei ricorriamo nei momenti piùpesanti e nelle situazioni più diffi-cili, per avere ascolto e soccorso;un porto sicuro dove ottenere rifu-gio nel mare in tempesta e una gui-da ferma nella rotta della vita, unaMadre accetta qualsiasi sacrificiopur di appianare la via che condu-ce alla felicità l’amato figlio. La Ma-dre Speranza è risuscita ad incarna-re in modo esemplare, nella pro-pria esistenza, tutta questa teologiadi misericordia di un Dio, che ci se-gue e ci ama anche in modo mater-no. Tale “maternità” di Dio fu tal-mente chiara anche per la MadreSperanza, tanto che ne rimase dav-vero colpita se poi, nel suo Diario,annota che Dio, ci ama e ci cercacome una tenera Madre: “Dio è unPadre pieno di bontà che cerca contutti i mezzi di confortare, aiutare erendere felici i propri figli; li cerca e liinsegue con amore instancabile come

1 Udienza del 20 Gennaio 19992 Udienza dell’8 Settembre 19993 Angelus 9 Giugno 2013

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“Giovanni Paolo I°, il Papa della Tenerezza di Dio”

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L’Amore Misericordioso - novembre 2018

se Lui non potesse essere felice senzadi loro; l’uomo il più perverso, il piùmiserabile ed infine il più perduto èamato con tenerezza immensa da Ge-sù che è per lui un Padre ed una tene-ra Madre”4.

L’amore materno è tenero, affettuo-so, si dona senza limiti, ma la carat-teristica più importante dell’amorematerno è l’essere incondizionato:“Si dimentica forse una donna del suobambino, così da non commuoversiper il figlio delle sue viscere? Anche sequeste donne si dimenticassero, io in-vece non ti dimenticherò mai”5. Il Si-gnore ci ama, ci ha insegnato la no-stra Madre Speranza, come un Pa-dre e una tenera Madre, e quantopiù un figlio è misero spiritualmen-te, tanto più le premure materne siaccentuano e si moltiplicano; e vo-lete che Dio sia meno di una mam-ma. Un Padre tutto bontà, che cer-ca con ogni mezzo di confortare,aiutare e far felici noi suoi figli, cicerca, ci segue con amore instanca-bile, come se lui non potesse esser“felice” in cielo se noi siamo in dif-ficoltà qui su questa terra. Dio cichiama, ci esorta, ci corregge, ci of-fre la possibilità di incontrarlo, per-ché ci ama come la più tenera dellemadri, il suo modo di agire nei no-stri confronti è molto simile a quel-lo di una mamma umana. Si preoc-cupa maggiormente per i figli ribel-li, quelli che si allontanano da casa,che frequentano cattive compa-gnie, che non amano i “doveri”, masolo i piaceri. Gesù è per tutti un

Padre buono che ci ama con unamore infinito, che non fa distin-zioni, anche l’uomo più perverso, ilpiù miserabile e abbandonato èamato da Gesù con tenerezza im-mensa. Gesù è per lui un Padre euna tenera Madre. L’amore di Dio èdelicato come quello di una Madre,Dio ama con la tenerezza di unaMadre. Dio ci ama di un amore in-condizionato, duraturo e fedele, tisegue, ti difende e ti sostiene comeuna Madre. Dire, quindi, che Dio è

misericordioso significa pensare algrembo materno, come dire che ac-cogliere qualcuno, chiunque eglisia, equivale al gesto della Madreche stringe a sé suo figlio, questo èil rapporto che Dio ha con noi, unarelazione di misericordia; un rap-porto materno.

È tipico di una Madre avere pazien-za, continuare a sperare, prorogarele scadenze, prolungare le attese,concedere nuove opportunità, esse-

4 Diario (1927-1962) (El Pan 18) 5 Is. 49,15-16

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re misericordiosa, fare continui eripetuti sacrifici per non perderenessuno, lottare con tutte le sueforze e fino allo stremo pur di darela vita stessa, pur di salvare la per-sona amata. E’ tipico di una Madreavere la capacità di allargare lamente, in modo tale da non giudi-care la storia di nessuno, così comeè ancora una caratteristica mater-na, avere un cuore dilatato che sap-pia muoversi verso le necessità deipropri figli. Una Madre vive conti-

nuamente una disposizione “empa-tica”, un atteggiamento per il qualesi soffre vedendo l’altro soffrire,non a livello teorico ma ad uno sta-dio concreto, personale, sentimen-tale: è la partecipazione reale del-l’affetto e della volontà, per cui miaccorgo e partecipo in modo sensi-bile a questo bisogno dell’altro.

Quante volte il “fico” della nostravita sarebbe stato da tagliare se ilSignore non ci avesse dato un altro

tempo per smuovere il nostro cuo-re e rivitalizzare le radici. Quantevolte, abbiamo detto: “Aspetta”,“adesso non posso, abbi pazienza”,e il Signore come buon Padre si èseduto e ci ha aspettato lungo il no-stro cammino? Il nostro carisma èvenuto a rivelarci che, la sottomis-sione a Dio, non è quella delloschiavo, ma del figlio, del bambinoche affida alla mamma le suepreoccupazioni. Dobbiamo fidarcidi questo Dio che è tutta misericor-dia, perché noi gli stiamo davvero acuore! Come non ripensare, allora,alle mani del Padre raffigurate neldipinto di Rembrandt del figlio pro-digo. Se le si osservano attenta-mente possiamo notare che non so-no uguali, ma sono una maschileed una femminile.

Partendo da questa esperienza an-che la Madre Speranza si è fattagrembo, luogo di incontro, affinchéogni figlio disperso potesse tornarea casa, nel roccolo della misericor-dia, e contemplare il cuore di un Pa-dre, che non giudica, non tiene inconto, tutto dimentica: “Dobbiamoessere autentiche madri di chi ha biso-gno, senza considerare se volutamentesi sono cacciati in una situazione dolo-rosa. Gesù non si comporta così, néper farci del bene considera se gli sare-mo riconoscenti o meno. Poveri noi se,al momento di crearci, avesse tenutopresente le volte che lo avremmo offesoe le nostre innumerevoli ingratitudini.Egli invece ha rivolto il suo sguardo sudi noi solo per colmarci di grazie eamarci con amore infinito” 6.

6 El Pan 2, n.56.

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“Giovanni Paolo I°, il Papa della Tenerezza di Dio”

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Questo è il nostro carisma, l’aspettocostitutivo dell’Amore Misericordio-so: Dio è Padre, ma ci ama comeuna Madre, è amore gratuito, amo-re che ci precede sempre, che per-dona, che ha fiducia negli uomini.Questa è stata la maternità carisma-tica della Madre Speranza, vivere fi-no in fondo la “buona notizia” dellamisericordia, di un Dio che ha scel-to di intervenire nella storia per sal-vare l’umanità. Un Dio che è un Pa-dre e una tenera Madre, che è mise-ricordia, perdono, tenerezza infini-ta, che addirittura non può esserefelice senza i propri figli, che li cer-ca con amore instancabile. Se c’è unelemento importante e fondamenta-le nel carisma fondazionale dell’A-more Misericordioso, è proprioquello della sua dimensione di ma-ternità. L’annunciare al mondo cheDio ci ama, ci cerca, con amore in-stancabile come un Padre ed una te-nera Madre, non significa solo affer-mare che esiste un nuovo messag-gio di Dio che viene alla luce perl’umanità, ma vuol dire anche fareesperienza tangibile che esiste unDio che vuole la felicità degli uomi-ni e che mobilita tutto e tutti perraggiungere questo scopo. L’amore,quello con l’A maiuscola, è fondatosulla dimenticanza di sé e sul sacri-ficio, e i figli conserveranno tantopiù la loro “riconoscenza”, quantomeglio avranno compreso, quelloche una Madre, disinteressatamentee con sacrificio ha fatto per loro. Do-narsi, vuol dire che la propria vitaha raggiunto un senso profondo;vuol dire che si è importanti nonper la fama, ma per il nostro amore,per la nostra dedizione, perché il

nostro essere, la nostra interioritàdiventa “vita” per altri. Se si vuolebene a un’altra persona è normaleche ci si impegni nel sostenerla so-prattutto nei momenti più difficili, esenza una mamma siamo davvero“spacciati”. La vera preghiera esaudi-ta è la preghiera che ci trasforma, èquella che ci fa entrare nel progettodi Dio, che ci inserisce nella suaazione, forse è preferibile un Dioche ci sorprende ad un Dio che ciaccontenta!

Non è forse questo l’Amore Miseri-cordioso?Questa è l’originalità, l’essenza delnostro carisma. La logica dell’AmoreMisericordioso di Dio non è la no-stra, non rispetta i nostri parametri.Ciascuno di noi è prezioso, impor-tante, ognuno di noi merita ricercheostinate, sollecitudini infinite, atteseestenuanti, pazienza interminabile,da parte di Dio, perché Egli non sirassegna a stare senza l’uomo, anzilo ama ancora prima del suo ravve-dimento e del suo pentimento. Dioè così. L’Amore Misericordioso è co-sì: vuole amarci, nonostante tutto.Amarci e basta. Un Dio che non ciabbandona mai, così scriveva la Ma-dre Speranza nel suo Diario: “[..].. eche l’uomo più malvagio, il più abban-donato è da Lui amato con immensatenerezza ed Egli è per lui un padre euna tenera Madre”7. L’amore di Dioper l’uomo, non è un amore qualsia-si: è un amore misericordioso, unamore che “sente” la nostra debolez-za e miseria ed opera per toglierla:“Se qualcuno ha avuto la disgrazia di

7 Diario (1927-1962) (El Pan 18)

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offendere Gesù, non esiti un istante,corra da Lui per chiedergli perdonoperché egli l’accolga come Padre buonopoiché Egli l’attende con grande trepi-dazione e tenerezza. Allora vedrete co-me l’Amore Misericordioso vi stringeràa sé con l’infinita dolcezza del suo cuo-re e vi meraviglierete di costatare cheEgli stesso vi ha attirato a sé proprioquando lo credevate adirato e pronto,con la spada in mano, a vendicarsidelle offese ricevute” 8. L’amore incontatto con la miseria umana, di-venta misericordioso, come un cuo-re pieno di tenerezza, come il cuoredi una Madre; ed è sempre l’amoredel Signore che ci toglie dall’indiffe-renza e dallo scoraggiamento per in-serirci nel suo progetto di salvezza,di un Dio che è presente, che ama,che guarisce e che conforta.

Solo il cuore di una Madre può co-noscere certe sofferenze intime, chetrafiggono l’anima e portare il consi-glio e la sapienza giusta. L’amore piùforte è quello di una Madre, cheama tutti i suoi figli; anteponendo laloro salvezza e il loro bene ai propriinteressi, e facendo sentire in que-sto modo quanto sono amati. È com-pito di una Madre fare in modo chei propri figli camminino su stradebuone, perché chi ama, dona sem-pre le cose più belle e più buone al-la persona che ama, chi segue unaMadre non andrà mai perduto, cam-minerà sempre sulla via della sal-vezza. Una Madre conosce come cu-stodire i propri figli, li difende conla propria vita, mettendo la sua

“presenza”, tra loro e coloro che glivogliono fare del male: “Come un pa-store egli fa pascolare il gregge e con ilsuo braccio lo raduna; porta gli agnellisul petto e conduce pian piano le peco-re madri”9. Andrò in cerca della peco-ra perduta, e ricondurrò all’ovile quel-la smarrita, fascerò quella ferita e cu-rerò quella malata..”10.

Qui contempliamo una misericor-dia senza limiti di Dio. Ognuno dinoi, deve fare i conti ogni giornocon le proprie fragilità e i propri li-miti, ma possiamo sempre contaresull’amore smisurato di Dio. Possia-mo anche sbattere la porta di casaper fuggire alla ricerca di nuovesensazioni, allontanarci, perderci,rimanere schiavi dei nostri stessisbagli, ma Dio non ci abbandona alnostro destino. Anzi, più prendia-mo le distanze da Lui e più ci cer-ca. Colui che è stato da semprepensato in termini di onnipotenzae di inavvicinabilità, vive, invece,all’insegna di un amore folle, per-ché è, prima di tutto e soprattutto,Padre e Madre! Giovanni Paolo I°nell’udienza generale del 6 settem-bre del 1978 diceva così: “Dobbia-mo sentirci piccoli davanti a Dio.Quando io dico: Signore io credo;non mi vergogno di sentirmi comeun bambino davanti alla mamma;si crede alla mamma […]

Sembra di sentire le stesse paroledella Madre Speranza: “Per quantopiccoli, siamo sufficientemente grandi

8 Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

9 Isaia 40,1110 Ez.34,15-16

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“Giovanni Paolo I°, il Papa della Tenerezza di Dio”

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perché il nostro buon Padre si occupidi noi con la stessa premura come sefossimo soli al mondo. Pertanto, dob-biamo abbandonarci tra le sue brac-cia come bambini piccoli, cercando dinutrire il nostro spirito con questaconsiderazione, anzi, verità: Gesù miama; mi ha pensato da tutta l’eternitàe mi ha amato con amore speciale” 11.

Dio mi vuole per me stesso, ha acuore la singolarità della mia vita edel mio cammino, anche se a meappare poco interessante. Dio ha inmente e ha in mano la mia storiacome storia irripetibile, singolaris-sima, come valore immenso e irre-

vocabile. Ciascuno dinoi deve essere certodi stare nel cuore diDio. A questa veritànoi forse pensiamopoco, e così non dia-mo importanza a noistessi, mentre staproprio qui la fontedella nostra dignitàpersonale e della no-stra felicità. L’AmoreMisericordioso hacura di noi, Dio è pernoi Padre, ci ha scel-ti, ci ha pensati dal-l’eternità, ha chiama-to all’esistenza ognu-no di noi, per primoha pronunciato il no-stro nome e ha “alita-to” il Suo Spirito divita nelle nostre na-rici, perché divenis-simo Suoi figli, percondividere con Lui

la Sua gloria e ricevere in eredità ilSuo Regno. Se Dio è accanto a noi,non abbiamo più nulla da temere ese ancora la paura ci assale è per-chè non abbiamo ancora capito ilSuo infinito amore e lo scopo percui ci ha creati.

Se così ci ha amati Dio, noi dobbia-mo desiderare ardentemente di tor-nare spesso, sempre in quel “luogo”,in quel cuore di Madre, dove Dio staaspettando gli uomini “…non comeun giudice per condannarli e infliggereloro un castigo, ma come un Padre eduna tenera Madre che li ama, che liperdona, che dimentica le offese rice-vute e non le tiene in conto…11 Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

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Una lettura la facciamo ancora sui primicapitoli del libro della Genesi per unmessaggio da dare ai giovani. Mi sof-

fermo sul primo capitolo che ci presenta ilracconto della creazione, cronologicamenteposteriore rispetto al capitolo secondo.Questo primo capitolo si apre con il raccon-to della creazione mettendo al sesto giornola creazione dell’uomo:“Allora Dio disse:Facciamo l’uomo a nostra immagine, a no-stra somiglianza, e domini sui pesci del maree sugli uccelli del cielo, sul bestiame… Diocreò l’uomo, a sua immagine; a immaginedi Dio lo creò; maschio e femmina licreò”(Gn 1,26-27).L’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio.Ai giovani cosa dice questa espressione biblica?Vorrei offrire due interpretazioni. La pirima in

ordine al rapporto che l’uomo ha con il crea-to; secondariamente il rapporto tra la naturauna e trina di Dio e la natura maschile e fem-minile dell’uomo.Mi soffermo qui sul primo aspetto: il rapportotra l’uomo e il creato.Nel primo capitolo della Genesi, il raccontoculmina nella creazione dell’umanità (’adam)a cui il creatore affida una missione di domi-nio:“E Dio disse: Facciamo l’uomo a nostraimmagine, a nostra somiglianza, e domini suipesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul be-stiame, su tutte le bestie selvatiche e su tuttii rettili che strisciano sulla terra” (Gn 1,26).È molto illuminante questo insegnamento ri-guardante la creazione dell’uomo. Da questotesto scaturisce il carattere personale del rap-porto tra Dio e l’uomo.

Sac. Angelo Spilla

Incammino con il Sinodo dei Giovani

3. Ad immagine e somiglianza con Dio nel nostro rapporto con il creato

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Al riguardo, merita una speciale attenzionel’interpretazione di Barth. Questi legge nel bi-nomio, immagine - somiglianza, una analogiatra Dio e l’uomo.L’essere immagine si esplicita nella somiglian-za: nell’essere fatto capace di somigliarsi aDio, di diventare come lui. L’analogia è sug-gerita dal fatto che l’uomo è l’essere capacedel rapporto io - tu.Ma vediamo più da vicino questo versetto 26del primo capitolo della Genesi che può pre-starsi a falsa interpretazione.In che cosa consiste l’essere umano immaginedi Dio? Nell’essere il proprietario del mondo onell’avere il poter di dominio su ogni altra crea-ture del mondo vegetale, animale e minerale? Per un’esatta risposta occorre andare a rilegge-re i versetti precedenti a questo passo biblico.Qui il mondo appare in un modo ben preciso.Il testo precisa che Dio quando inizia a creareil cielo e la terra, la terra era vaga e vuota;all’inizio c’era l’oscuro caos delle acque pri-mordiali ed era impossibile ogni tipo di vita.Dio inizia con il dominare queste forze dimorte imponendo loro un limite per creare lecondizioni di vita. Quindi separa la luce dalletenebre, divide il caos dalle acque, fa apparirela terra ferma separandola dal mare.In questo modo gli elementi negativi non ven-gono aboliti o soppressi dall’atto creatore, masono dominati attraverso la mite potenza dellaparola divina. Questo ordine armonioso del-l’universo è il segno del dominio di Dio sul caose sulle forze di morte. Questa immagine di Dionon ha niente a che fare con la potenza asso-luta. Qui viene sottolineata, invece, la mitezza.Dio domina tramite la parola, senza fare vio-lenza. Questo permette la vita. E ci dice, poi,il brano biblico che ne esce un mondo armo-nioso, insieme ordinato e brulicante di vita.Poi Dio si ritira per fare spazio. E crea l’uomo.Pronunciando dieci parole, Dio realizza otto

opere in sei giorni. E ogni sera si meravigliaper il bene e il bello creato. Come ci dovrebbefar riflettere il fatto che Dio si rallegri di ciòche non è lui.Ed eccoci, quindi, al passo che riguarda lacreazione dell’uomo:“Facciamo l’uomo a no-stra immagine, a nostra somiglianza e dominisui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sulbestiame, su tutte le bestie selvatiche e sututti i rettili che strisciano sulla terra”.In che senso l’uomo, creato ad immagine diDio, è chiamato a dominare? Come? L’imma-gine di Dio è quella di Colui che dona per lafelicità altrui. Non ha nulla a che fare vederecon l’atteggiamento di spadroneggiare, perchéquesto non corrisponde all’immagine di Dio.Dio si ritira, se così possiamo dire, per asse-gnare a noi un compito, quello di diventarecreatore del proprio mondo tramite l’eserciziodel suo dominio. Un esercizio fatto con mi-tezza e dando spazio alla vita dell’altro. Il do-no fattoci da Dio richiede, per colui che lo ri-ceve, un invito a prolungare il gesto del dono,condividendolo.Nell’atto di donazione della terra si manifestala vera immagine di Dio.E da qui, come conseguenza, comprendiamocosa significa l’uomo creato ad immagine esomiglianza di Dio. Dio è colui che dona perla felicità altrui. Ecco la vocazione dell’uomo,creato ad immagine di Dio: saper donare,condividere il creato.Anche Papa Francesco nell’Enciclica Laudatosi’ ce la ricorda particolarmente quando di-ce:“ È importante leggere i testi biblici nel lo-ro contesto, con una giusta ermeneutica, e ri-cordare che essi ci invitano a “coltivare e cu-stodire “ il giardino del mondo” (67).È l’invito ad assumere la propria responsabi-lità di fronte al creato per essere anche noicreatori di un mondo umano tramite la mitepotenza nella parola di Dio.

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In cammino con il Sinodo dei Giovani

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In quel tempo, gli apostoli si ri-unirono attorno a Gesù e gli ri-ferirono tutto quello che aveva-

no fatto e quello che avevano inse-gnato. Ed egli disse loro: «Venite indisparte, voi soli, in un luogo deser-to, e riposatevi un po’». Erano infat-ti molti quelli che andavano e veni-vano e non avevano neanche iltempo di mangiare. Allora andaro-no con la barca verso un luogo de-serto, in disparte. Molti però li vide-

ro partire e capirono, e da tutte lecittà accorsero là a piedi e li prece-dettero. Sceso dalla barca, egli videuna grande folla, ebbe compassionedi loro, perché erano come pecoreche non hanno pastore, e si mise ainsegnare loro molte cose.

C’era tanta gente che andava e ve-niva che non avevano neanche iltempo di mangiare. Gesù allora mo-stra una tenerezza di madre neiconfronti dei suoi discepoli: andia-

Ermes Ronchi

A t t u a l i t à

L’arte divina dellacompassioneper restare umani

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a t t u a l i t à

mo via, e riposatevi un po’. Losguardo di Gesù va a cogliere lastanchezza dei suoi. Non si ferma amisurare i risultati ottenuti nellamissione appena conclusa, per luiprima di tutto viene la persona, lasalute profonda del cuore.Più di ciò che fai, a lui interessa ciòche sei: non chiede ai dodici di pre-gare, di preparare nuove missioni oaffinarne il metodo, solo li conducea prendersi un po’ di tempo tuttoper loro, del tempo per vivere. È ilgesto d’amore di uno che vuole lorobene e li vuole felici.

Come suggerisce questo testo moltonoto:

Prenditi tempo per pensare / perché questa è la vera forza dell’uomoPrenditi tempo per leggere /perché questa è la base della saggezzaPrenditi tempo per pregare /perché questo è il maggior potere sulla terraPrenditi tempo per ridere /perché il riso è la musica dell’animaPrenditi tempo per donare /perché il giorno è troppo corto per essere egoistaPrenditi tempo per amare ed essere amato/perché questo è il privilegio dato da DioPrenditi tempo per essere amabile / perché questo è il cammino della felicità.Prenditi tempo per vivere!

E quando, sceso dalla barca vide lagrande folla, provò compassioneper loro.

Appare una parola bella come unmiracolo, filo conduttore dei gestidi Gesù: l’arte della compassione.Che è detta con un termine che evo-

ca le viscere, un crampo nel ventre,un graffio, un’unghiata sul cuore.

Che lo coinvolge. Gesù è preso fradue compassioni in conflitto: lastanchezza degli amici e lo smarri-mento della folla. E cambia i suoiprogrammi: si mise a insegnare loromolte cose.

Gesù cambia i suoi programmi,ma non quelli dei suoi amici. Ri-nuncia al suo riposo, non al loro.«Venite in disparte, con me», avevadetto. «Poi torneremo tra la gentecon un santuario rinnovato di bel-lezza e generosità».

E i suoi osservano e imparano anco-ra più a fondo il cuore di Dio: Dioaltro non fa che eternamente consi-derare ogni suo figlio più importan-te di se stesso.

Stai con Gesù, lo guardi agire e luiti offre il primo insegnamento: co-me guardare, prima ancora di co-me agire. E lo consegna ai dodiciapostoli: prima ancora delle paroleinsegna uno sguardo che abbrac-cia, che ha compassione e tenerez-za. Poi, le parole verranno e sa-pranno di cielo.

Se ancora c’è sulla terra chi ha l’artedivina della compassione, chi sicommuove per l’ultimo uomo, allo-ra questa terra avrà un futuro, allo-ra c’è ancora speranza di restareumani, di arrestare questa emorra-gia di umanità, questo dominio del-le passioni tristi.

(Cfr: Marco 6, 30-34)

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Il libro di Giobbe è considerato co-me un capolavoro della letteratu-ra. È un libro tanto letto, tanto ap-

prezzato, amato e conosciuto. Preci-so subito. Lo scopo di questo libro bi-blico non è, come si crede comune-mente, quello di spiegare l’enigmadella sofferenza ingiusta e neppurequello di risolvere il problema delmale. Rappresenta, invece, il tentati-vo dell’uomo, turbato e sconvolto daldolore, di meglio comprendere lapropria posizione di fronte a Diosanto e onnipotente.Victor Hugo a tal proposito ha detto:”Domani, se tutta la letteratura dovesseessere distrutta e fosse dato a me il com-

pito di salvare solo un libro, sceglierei illibro di Giobbe”. E il filosofo e teologodanese, Soren Kierkegaard (1813-1855) dice anche: ”Se non avessi Giob-be! Io non lo leggo con gli occhi come silegge un libro, me lo metto per così diresul cuore … Come il bambino che metteil libro sotto il cuscino per essere certo dinon aver dimenticato la sua lezionequando al mattino risveglia, così la not-te mi porto a letto il libro di Giobbe. Ognisua parola è cibo, vestimento e balsamoper la mia povera anima”.Il libro di Giobbe è il primo dei cin-que libri dell’Antico Testamento co-nosciuti comunemente come “LibriPoetici”. Questi includono: Giobbe,

Sac. Angelo Spilla

Il Libro di Giobbe:il libro della crisi

Leggiamo il librodi Giobbe - 1

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Salmi, Proverbi, Ecclesiaste e Canti-co dei Cantici. Tale appellativo deri-va dal fatto che sono stati scritti instile poetico, a differenza con lo stilenarrativo della maggior parte deglialtri libri della Bibbia. Questi cinquelibri vengono anche chiamati “LibriSapienziali”. La letteratura sapienzia-le è stata ricca di espressioni in tuttol’Oriente antico. C’è tutta una tradi-zione e una letteratura. Che cosa siintende con il termine “sapienza”nella Bibbia e quale significato assu-me, quindi, questo termine nella ri-velazione biblica? È presuntuosopretendere di dare una definizionedi un termine il cui significato si svi-luppa nel tempo; bisognerebbe ordi-nare varie definizioni. Mi limito aduna indicazione ora. Sapienza è, perl’antico popolo di Israele, una quali-tà della vita umana per cui gli uomi-ni sono in grado di destreggiarsi inmezzo alle cose del mondo, di pren-dere contatto con le vicende in cuisono coinvolti, in maniera da realiz-zare positivamente la propria vita,che si realizza in modo benefico,consolante, gratificante. Sapienza èqualità molto pratica, artigianale: ca-pacità di stare nel mondo, in mezzoalle persone, di gestire il vissuto conle situazioni imprevedibili e spessodrammatiche. Capacità di vivere be-ne in mezzo ai problemi personali,sociali, in un mondo sfuggente. An-che gli aspetti tecnologici fanno par-te della sapienza, in un contesto incui gli strumenti sono ancora artigia-nali e non evoluti come per noi. Male situazioni considerate dall’internosi ripropongono. La sapienza è la ca-pacità di vivere bene.

Il capolavoro letterario della corren-te sapienziale è propriamente il li-bro di Giobbe. Ricordiamo quindiche si tratta di un testo contenutonella Bibbia ebraica e cristiana. Èscritto in ebraico e, secondo l’ipotesimaggiormente condivisa dagli stu-diosi, la redazione del nucleo poeti-co centrale risale all’XI-X secoloa.C., mentre la redazione definitivacon le aggiunte in prosa (prologo edepilogo) è stata composta in Giudeaverso il 575 a.C.È composto da 42 capitoli descriven-ti la storia del saggio Giobbe, la cuivita è provata da un dolore inspiega-bile, con ampie meditazioni conte-nute nei dialoghi con i suoi tre amicisul perché Dio permette il male al-l’uomo giusto. Il nucleo in poesia an-tico sostiene che Dio è troppo di-stante dall’uomo perché questi pos-sa capirlo e giudicare il suo operato,lasciando aperta la speranza di un“redentore” che riscatterà il male.L’epilogo aggiunto tardivamente so-stiene, in apparente contraddizionecol corpo centrale, che Dio retribui-sce in terra il male subito dal giusto.Il libro inizia con un racconto in pro-sa. Giobbe, servo di Dio, viveva riccoe felice. Dio permise a Satana di ten-tarlo per vedere se fosse rimasto fe-dele anche nella cattiva sorte. Colpi-to prima nei beni e poi nei figli,Giobbe accetta che Dio si riprendaquel che gli aveva dato. Ammalatosidi una malattia ripugnante e doloro-sa, Giobbe rimane sottomesso e re-spinge la moglie che gli consiglia dimaledire Dio. Allora tre suoi amici,Elifaz, Bildad e Zofar vengono acompiangerlo (capitoli 1 e 2). Giob-

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L’Amore Misericordioso - novembre 2018

be e gli amici confrontano le loroconcezioni riguardo alla giustizia di-vina. Elifaz parla con la moderazio-ne che l’età gli ispira; Zofar segue gliimpulsi della sua giovane età, men-tre Bildad è un sentenzioso che sitiene su una linea media. Tutti e tre,però, difendono la tesi tradizionalesecondo la quale se Giobbe soffre si-gnifica che ha peccato. Ma alle loroconsiderazioni teoriche Giobbe con-trappone la propria esperienza dolo-rosa e le ingiustizie di cui il mondoè pieno; nella sua condizione di tur-bamento morale, il grido di rivolta sialterna a espressioni di sottomissio-ne. A questo punto interviene unnuovo personaggio, Elhu, che dà tor-to sia a Giobbe che agli amici, ten-tando di giustificare la condotta diDio. Viene interrotto da Jahve inpersona che di mezzo al turbine, cioènello scenario delle antiche teofa-nie, risponde a Giobbe. Il libro siconclude con un epilogo in prosa:Jahve rimprovera i tre interlocutoridi Giobbe e rende a quest’ultimo,

moltiplicandoglieli enormemente, ibeni che prima dell’accaduto posse-deva. Gli dona nuovi figli e figlie,queste in particolare di bellissimoaspetto (42,7-17).Il libro di Giobbe è la testimonianzadella crisi. È un libro monumentale,uno dei grandi libri sapienziali ditutta la Bibbia. La crisi viene affron-tata con grande lucidità, con intra-prendenza, provocatoriamente. Pre-feriremmo talvolta non toccare que-ste pagine che scottano e infastidi-scono. Come mai nella Bibbia un li-bro che ha più domande che rispo-ste ci mette in crisi? E’ appunto il li-bro della crisi. Ci dice quale è il pro-blema per cui occorre ridiscuteretutto da capo. E’ un’indicazionequanto mai impegnativa in una pro-spettiva di conversione.

Nudo uscii dal grembo di miamadre

Tutto il libro di Giobbe potrebbe es-sere letto alla luce dell’antica sapien-za biblica che è esperienza vissuta,

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interiorizzazione e riflessione: “Ticonoscevo solo per sentito dire, ma orai miei occhi ti hanno veduto” (42,5). IlLibro si compone di due parti: unaparte poetica (capp. 3-42) e una par-te in prosa (prologo ed epilogo); laparte centrale è un testo pre-esisten-te a cui è stato aggiunto un prologoe un epilogo. Tutto il Libro sacro rac-conta la storia di quest’uomo giusto,chiamato Giobbe. Più che storia è un racconto cono-sciuto in tutta la letteratura orienta-le. Non è quindi una storia vera, masi parla dell’uomo giusto e dentro aquesto racconto l’autore ispirato civuole insegnare delle verità. Giobbeè l’uomo giusto, la sua vita non fauna piega, proprio per questo ci so-no dei dubbi circa la storicità delpersonaggio Giobbe, perché nessunuomo è perfetto. Caratteristica delracconto è quella di far emergere gliestremi: il buono e il cattivo, ma dàanche degli insegnamenti: per Giob-be tutto rimane mistero, lui non losa, ma noi che abbiamo letto il libro,sappiamo come va a finire la sua sto-ria. Noi tutti abbiamo delle prove,anche la storia biblica è piena di per-sonaggi provati da Dio. La prova èun segno delle nostre forze, perchéDio mette alla prova coloro che ama,e nella prova c’è sempre un inter-vento di Dio a favore dell’uomo.Giobbe prima viene arricchito diogni bene e poi è provato da Dio.L’azione di Dio precede qualunqueazione dell’uomo. Questo non vuoldire che a livello umano, quando sia-mo provati siamo sereni, tutt’altro,proviamo la tensione, il contrasto.Ma la prova vista in questo progetto

salvifico di Dio, acquista una conno-tazione di fede. La prova è il segnodella nostra risposta al progetto diDio, è la risposta a Dio che ci chiedese abbiamo preso a cuore il suo pro-getto. Questo itinerario lo ha provatoil popolo di Israele: dopo essere statoscelto da Dio, egli lo prova per 40 an-ni nel deserto, ma la mèta finale è laterra promessa. La prova, quindi, sicolloca dentro un cammino doveDio interviene per primo. Ci troviamo dinanzi a delle paginedella Bibbia che ci accompagnano al-la conoscenza dell’uomo, alla esplo-razione dell’assurdo mondo dellasofferenza, ma soprattutto ci intro-ducono al cospetto di Dio. Il nucleodel Libro è proprio questo: l’appas-sionata ricerca di Dio.Vediamo più in particolare chi èquesto Giobbe e l’inizio della sua sto-ria. Ci soffermiamo adesso partico-larmente sul primo capitolo di que-sto libro della Bibbia, riguardante ilprologo. Inizia con la presentazionedel personaggio Giobbe (1,1-3) e del-la sua famiglia (1,4-5). Segue poi ilracconto quando vengono convocatii figli di Dio per decidere la sorte diGiobbe (1,6-12) e il momento delleprove (1, 13-22).Giobbe abitava a Us, nella località diEdom, a sud-est del Mar Morto. Nonera, quindi, un figlio d’Israele ma unfiglio della cultura orientale. Questoha qualcosa da dire alla culturaebraica e anche a noi che spesso cicapita di incontrare personaggi pienidi fede ma al di fuori della nostracerchia. Un uomo con un carattereeccezionale, benedetto da una gran-de famiglia e con molti possedimen-

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ti: ha una moglie, sette figli e tre fi-glie (i numeri sette e tre indicanopienezza); possiede settemila peco-re, tremila cammelli, cinquecentocoppie di buoi, cinquecento asine eun grandissimo numero di servi. Viene presentato come un capo pa-triarcale, onesto giusto e timorato diDio. Di lui si legge nel Libro sacro:”Uomo integro e retto, timorato di Dioe lontano dal male”. La sua relazionecon gli altri aveva una dimensionedi benevolenza, viveva i valori mo-rali e sociali, amava Dio e non vole-va per niente offenderlo. Per dire co-me temeva Dio basta ricordare cheogni qualvolta i suoi figli amavano“festeggiare” Giobbe cercava di puri-ficarli offrendo olocausti a Dio. Que-ste stesse caratteristiche Dio le pre-senta a Satana (v. 8); la benevolenzadegli uomini verso di lui è, quindi,riconosciuta anche da Dio.Il racconto poi si sposta in cielo doveDio convoca i suoi figli; si tratta di es-seri superiori agli uomini identificaticome Angeli e tra essi c’è Satana equesti presenta il caso di Giobbe di-cendo che il timore di Dio per Giobbeè dettato da tutte le benedizioni rice-vute da Dio; afferma inoltre cheGiobbe lo avrebbe maledetto se aves-se perduto tutto. Dio, quindi, misenelle mani di Satana tutto ciò cheGiobbe aveva eccetto Giobbe stesso;decide di metterlo alla prova perchésicuro della sua fede. Riprende il rac-conto in terra e avvengono quattrodisgrazie provocate da fattori diversi.In uno stesso giorno Giobbe perde isuoi buoi e le sue asine e chi le accu-diva, per un assalto dei Sabei (predo-ni); le sue pecore e chi le accudiva

per mezzo del fuoco; i suoi cammellie chi li accudiva per una razzia deiCaldei (predoni) e infine i figli e le fi-glie a causa di un vento impetuoso.La prima e la terza disgrazia (Sabei,Caldei) vengono provocate dagli uo-mini. La seconda e la quarta (fuoco evento) da fenomeni naturali. L’uomoe la storia da una parte, la natura e lacreazione dall’altra, sono le due fontidella sofferenza, e l’uomo di frontead esse è impotente. Dinanzi a ciò Giobbe si alza, si strac-ciò il mantello, si rase il capo ed en-tra nel profondo silenzio. Dopo es-sersi prostrato a terra, dice:” Nudouscii dal grembo di mia madre e nudovi ritornerò. Il Signore ha dato, il Si-gnore ha tolto, sia benedetto il nome delSignore!”.Il primo capitolo si conclude conquesta affermazione solenne:”In tut-to questo Giobbe non peccò e non attri-buì a Dio nulla di ingiusto”. Giobbe civuole ricordare che i momenti de-cisivi della nostra vita sono inizio efine: lì risulta la verità dell’uomo cheè un essere fragile, non padrone disé e della propria vita. Se l’uomo na-sce nudo e muore nudo, vuol direche tutto ciò che è aggiunto durantela sua vita non gli appartiene in mo-do stabile, ma gli viene donato perpoi venire a mancare.Ma soprattutto il brano biblico ci ri-corda che Giobbe non peccò e non at-tribuì a Dio nulla di ingiusto; la suareligiosità non era interessata comeaffermava Satana. Vedremo in seguitolo svolgersi di questa vicenda e so-prattutto come Giobbe nonostante leprove resti fedele a Dio fino alla fine.

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25° presenza in Romania Ancelle Amore Misericordioso

25 anni di presenza e delle Suore Ancelle del

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25° presenza in Romania Ancelle Amore Misericordioso

di attività in Romanial’Amore Misericordioso

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25° presenza in Romania Ancelle Amore Misericordioso

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25° presenza in Romania Ancelle Amore Misericordioso

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P. Gabriele di S. M. Maddalena

L’amore di Dio verso di noi assume un carattere tutto particolare, consono allanostra natura di creature fragili e deboli: il carattere della misericordia.

La misericordia è l’amore che si china sulla miseria per sollevarla, per redimerla,per innalzarla a sé.

Sembra quasi che Dio ci ami attratto dalla nostra debolezza, non perché questasia amabile, ma perché Egli, bontà infinita, ne ha compassione e vuol supplirvicon la sua misericordia.

Con la sua perfezione infinita vuol sanare la nostra imperfezione, con la sua pu-rezza la nostra impurità, con la sua sapienza la nostra stoltezza, con la sua bontàil nostro egoismo, con la sua fortezza la nostra fragilità.

Dio, bene supremo ed eterno, vuole essere il rimedio di tutti i nostri mali “Perchésa bene di che siamo impastati e rammenta che siamo di fango” (Ps. 103, 14).

E siccome il nostro male maggiore — anzi, l’unico vero male — è il peccato, eccoche la misericordia infinita vuole essere il rimedio anche a questo male estremo.

Certamente Dio odia il peccato ma, mentre a motivo di esso Egli è costretto a ri-tirare la sua amicizia, la sua grazia dall’anima del peccatore, la sua misericordiasa ancora trovare il modo di continuare ad amarlo; e, di fatto, se non può amarlopiù come amico, lo ama per quel bene che resta ancora in lui e che dà speranzadi conversione.

La misericordia di Dio è tanto grande che nessuna miseria, per quanto profonda,può esaurirla, che nessun peccato, neppure il più obbrobrioso, purché pianto, puòarrestarla. Una unica cosa ha questo triste potere: la volontà superba dell’uomoche si rinchiude sdegnosamente nella sua miseria non volendo riconoscere il bi-sogno che ha della misericordia infinita. Dinanzi a questi casi, benché la miseri-cordia divina sia immensa, si avverano le gravi parole del Vangelo: “Dio disperdecoloro che si inorgogliscono nei pensieri dei loro cuori rovescia dal loro trono ipotenti... e rimanda vuoti i ricchi” (Lc. 1, 51-53). (Da “Intimità divina” vol. IV n. IX)

Misericordiainfinita

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P. Ireneo Martín fam

Ottobre 2018

Giovanni Paolo II pellegrino al Santuario

DAL SANTUARIO DI COLLEVALENZADAL SANTUARIO DI COLLEVALENZA

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DAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZADAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZA

Il Sinodo dei giovani

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DAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZA

VII° Convegno mondiale di Radio Maria

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Da Valdaso (Fermo)

Dalle Marche

Da Bari

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DAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZADAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZA

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Alcune immagini del VII ConvegnoMondiale di Radio Maria

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XIX Assemblea SDFAM e Delegazione FAM d’Italia

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DAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZA

Ass. Campo delle Stelle (Bergamo-Milano)

Da Corridonia

Da Cerveteri (Roma)

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I pellegrini

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Da Forci (Chieti)

Gruppo Sig.ra Gianfranca sorella del Card. Comastri

Da Cosanza

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Gruppi ottobre

Da Prato

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DAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZA

Da Milano

Dalla Francia

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PER Collevalenzada Roma Staz. Tiburtina 7,00 Ditta Sulga ferialeda Roma Staz. Tiburtina 8,15 Ditta Sulga festivo

da Roma Staz. Tiburtina 14,00 Ditta Sulga ferialeDitta Sulga - Fermata a Todi Pian di Porto festivo

da Roma Staz. Tiburtina 16,00 Ditta Sulga - Fermata al Bivio paese Collevalenza ferialeda Fiumicino 16,30 Ditta Sulga - Fermata a Todi Pian di Porto festivoda Fiumicino 17,00 Ditta Sulga - Fermata a Todi Pian di Porto ferialeda Napoli 8,15 Ditta Sulga - a richiesta - su Prenotazio ne* giornalieroda Pompei 7,15 Ditta Sulga - a richiesta - su Prenotazio ne* giornalieroda Roma Staz. Tiburtina 18,00 Ditta Sulga - Fermata a Todi Pian di Porto festivoda Roma Staz. Tiburtina 18,30 Ditta Sulga -Fermata a Todi Pian di Porto feriale

DA Collevalenzaper Roma Staz. Tiburtina 7,40 Dal bivio paese Collevalenza ferialeper Roma Staz. Tiburtina 14,45 Dal Centro informazioni - Fermata a richiesta - Prenotazio ne* ferialeper Roma Staz. Tiburtina 15,20 Dal Centro informazioni - Fermata a richiesta - Prenotazione * festivoper Napoli - Pompei 14,45 FERIALI (Navetta)

15,20 FESTIVI (Pullman di linea) ( ) giornaliero

per Roma - Fiumicino 8,10 Da Todi Pian di Porto festivoper Roma - Fiumicino 8,40 Da Todi Pian di Porto ferialeper Roma - Fiumicino 9,10 Da Todi Pian di Porto festivoper Roma - Fiumicino 9,40 Da Todi Pian di Porto feriale

* Le prenotazioni vanno effettuate al n. verde 800.099661 entrol’ultimo giorno feriale antecedente la parten za (entro le 19.00)

Dal Centro informazioni - Fermata a richiesta - Preno tazione*

2018 iniziative a Collevalenza

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19-23 novembre: Convegno Nazionale CISM

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Orari e Attività del Santuario

Orari e Attività del Santuario

Come arrivare a

Dall’autostrada del Sole:per chi viene da NORD: uscire al Casello di VALDICHIANA e prose-

guire per Perugia, Ponte San Giovanni, Todi, Collevalenza;per chi viene da SUD: uscire al Casello di ORTE e proseguire (sulla

linea di Perugia) per Sangemini, Acquasparta, Collevalenza.

Con il pullman:Vedi orari sullo specchietto “SERVIZI DI PULLMAN” sulla pagina

precedente (III di Copertina)

In trenola rete delle Ferrovie dello Stato è collegata con la rete ferroviariadella Centrale Umbra: Sansepolcro – Terni.

SANTUARIO AMORE MISERICORDIOSO - COLLEVALENZAhttp://www.collevalenza.it

Centralino Telefonico 075-8958.1Conto Corrente Postale 11819067

Tel.: 075-895 82 82 - Fax: 075-895 82 83E-mail: [email protected]

TELEFONI – FAX – E-MAIL– CASA del PELLEGRINO

075-8958.1 - [email protected]

– ATTIVITÀ GIOVANILE VOCAZIONALE075-8958.209 - 075-8958.291

E-mail: [email protected] - http://www.giovaniamoremisericordioso.it

– POSTULAZIONE CAUSA DI CANONIZZAZIONE DI MADRE SPERANZA075-8958.1 -

Accoglienza dei sacerdoti diocesani a Collevalenza:1. Presso la Comunità FAM del Santuario, per i sacerdoti che vogliono trascorrere qualche

giorno in comunità (referente il Superiore della Comunità del Santuario).2. Presso la Comunità di Accoglienza sacerdotale dei FAM, per i sacerdoti diocesani anziani,

in modo residenziale (referente il Superiore della Comunità di Accoglienza).