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MARZO 2001 – sped. in abb. post. - trimestrale - 70% - P.T. Vicenza Ferrovia - tassa riscossa - taxe perçue - Italia - contiene IR 1/01 INDUSTRIA VICENTINA IL PAESE DEI BALOCCHI GIOCHI, GIOSTRE, TRENINI, PELUCHE E GIOCATTOLI: ECCO L’INDUSTRIA DEL DIVERTIMENTO LA VALLE INCANTATA C’È UN POLO DELLE FORGE DENTRO LA VAL D’ASTICO E UN’INDUSTRIA CHE VIVE PROTETTA DAI MONTI QUANTE BELLE ITALIE ILVO DIAMANTI COMMENTA LA MAPPA DI UN’ITALIA CHE GIRA A PIÙ VELOCITÀ NOVECENTO VICENTINO UN SECOLO DI ARTE IN MOSTRA GRAZIE ALLE COLLEZIONI PRIVATE 2001-1 INDUSTRIA VICENTINA TUTTI A TAVOLA PASTA, PANE, CARNE, LATTE... LE INDUSTRIE ALIMENTARI VICENTINE TRA SAPORI, QUALITA’ E GARANZIE DI SICUREZZA LA SOCIETA’ DISSOCIATA INCERTA E SPAESATA, BENESTANTE MA INSICURA. IL RAPPORTO DI ILVO DIAMANTI SULLA SOCIETA’ VICENTINA LA CORSA ALL’ EURO INDAGINE TRA MILLE IMPRESE: A CHE PUNTO E’ IL CAMMINO VERSO LA MONETA UNICA? UNA VITA DA VIAGGIO QUARANT’ANNI IN GIRO PER IL MONDO. CON UN OBIETTIVO IN TESTA E UNO A TRACOLLA

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IL PAESE DEI BALOCCHIGIOCHI, GIOSTRE, TRENINI,PELUCHE E GIOCATTOLI:ECCO L’INDUSTRIADEL DIVERTIMENTO

LA VALLE INCANTATAC’È UN POLO DELLE FORGEDENTRO LA VAL D’ASTICOE UN’INDUSTRIA CHE VIVEPROTETTA DAI MONTI

QUANTE BELLE ITALIEILVO DIAMANTI COMMENTALA MAPPA DI UN’ITALIACHE GIRA A PIÙ VELOCITÀ

NOVECENTO VICENTINOUN SECOLO DI ARTEIN MOSTRA GRAZIEALLE COLLEZIONI PRIVATE

2001

-1

INDUSTRIA VICENTINA

TUTTI A TAVOLAPASTA, PANE, CARNE, LATTE...LE INDUSTRIE ALIMENTARIVICENTINE TRA SAPORI, QUALITA’E GARANZIE DI SICUREZZA

LA SOCIETA’ DISSOCIATAINCERTA E SPAESATA,BENESTANTE MA INSICURA.IL RAPPORTO DI ILVO DIAMANTISULLA SOCIETA’ VICENTINA

LA CORSA ALL’ EUROINDAGINE TRA MILLE IMPRESE:A CHE PUNTO E’ IL CAMMINOVERSO LA MONETA UNICA?

UNA VITA DA VIAGGIOQUARANT’ANNI IN GIRO PER ILMONDO. CON UN OBIETTIVOIN TESTA E UNO A TRACOLLA

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Si è parlato molto, recentemente, deitempi lunghi della giustizia in provin-

cia di Vicenza, della durata dei processi edelle cause civili. Un fenomeno che inte-ressa tutto il paese, ma che da noi si se-gnala per la sua particolare gravità. IlCorriere della Sera ha riportato dati lam-panti: c'è un magistrato ogni 58 miliardiesportati in Italia, uno ogni 12 in Campa-nia, uno ogni 184 nel Veneto e addiritturauno ogni 466 a Vicenza. C'è un magistra-to ogni 4.431 abitanti a Messina e unoogni 17.000 nel Vi-centino. È evidente che, no-nostante l'impegnodei magistrati, a Vi-cenza le rispostedella giustizia nonsono adeguate ai bi-sogni dell'economiae della società. Inquesta situazione, inostri interlocutoriesteri, quando nellastesura di un con-tratto si arriva a fis-sare il foro competente, hanno buon gio-co nell'imporre il foro della loro sede, equesto per le nostre imprese significa co-sti e difficoltà in più da affrontare. L'Ordine degli Avvocati di Vicenza haavanzato l'ipotesi di un Tribunale priva-to, di una Camera arbitrale parallela allaquale rivolgersi per abbreviare i tempidella giustizia ordinaria. È una provoca-zione, una soluzione estrema, che rivele-rebbe l'incapacità dello Stato nel gestireuno dei pilastri su cui si regge l'ordinesociale ed economico. Sarebbe grave sesi dovesse prendere atto del venir menodella fiducia della gente nella capacità

dello Stato di gestire la giustizia.Mi auguro che lo Stato non si adagi sul-l'idea che il sistema economico vicentinopossa fare da sè anche nell'amministrarela giustizia civile. Occorre risolvere unavolta per tutte questa situazione, dallaquale deriva per il nostro mondo pro-duttivo una perdita di competitività in-diretta. Però il problema presentato dal-l'Ordine degli avvocati di Vicenza è realee concreto, e quella che hanno avanzatopuò anche diventare una via da seguire,

qualora nulla simuovesse da partedella giustizia ordi-naria. I rimedi perrisolvere il proble-ma, comunque, so-no noti: si tratta disemplificare il no-stro apparato legi-slativo, depenalizza-re i reati minori, mi-gliorare gli strumen-ti tecnologici e lestrutture a serviziodella giustizia, e po-

tenziare il numero dei magistrati: oggi aVicenza l'organico è del tutto inadeguatoal bisogno di giustizia espresso dalla so-cietà e dal sistema economico. Ci aspettiamo un segnale dallo Stato, ilquale deve garantire che la giustizia cisia e funzioni, per essere in grado di darerisposte al cittadino in qualunque mo-mento. Altrimenti, si mette in discussio-ne un cardine fondamentale della vitasociale e del senso di appartenenza delcittadino allo Stato.

Valentino ZichePresidente Associazione industriali di Vicenza

I tempi lunghidella giustizia

CO

RSIV

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In provincia le cifreparlano chiaro:

le risposte della giustizianon sono adeguate

ai bisogni dell’economiae della società.Si resta in attesadi un segnale

da parte dello Stato

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CORSIVO1 I tempi lunghi della giustizia

di Valentino Ziche

FOCUS5 La società degli insicuri

Il rapporto 2001 di Poster sugli orientamentidei vicentini dipinge una società incerta espaesata, che procede sulla strada dello svilup-po, ma si sente meno sicura e meno ricca dirapporti interpersonali. Una società che accet-ta l’immigrazione regolare, ma è preoccupatadi quella clandestina.di Ilvo Diamanti

ARGOMENTI14Affari nella rete

Il commercio elettronico cambia il quadro ge-nerale dell’economia e dell’impresa. Lo con-fermano anche i risultati del progetto speri-mentale sull’e-commerce concluso dall’Assin-dustria e condotto con un gruppo pilota diaziende già orientate alla vendita sulla rete.di Maurizio Dal Ferro

VICENZA PRODUCE18Tutti a tavola

Il mondo dei prodotti alimentari sta attraver-sando un momento delicato. Il “mangiar be-ne” assume un significato ampio in cui trova-no posto gusto e sapore, ma anche sicurezza,garanzia e certificazione. Siamo andati a vede-re cosa produce il settore alimentare vicentinonel duemila.di Anna Madron

L’INCHIESTA28La corsa all’euro

Come si stanno preparando le imprese vicenti-ne all’arrivo della moneta unica? A pochi mesidall’evento, un’indagine dell’Assindustria sumille aziende ha fatto il punto della situazione.“Chi non si è ancora mosso, adesso deve far-lo”, dice il presidente Ziche.di Luca Grifalconi

IMPRESE36Piccoli, medi e grandi motori

La Magnetic di Montebello Vicentino è un’a-zienda che spicca nel panorama italiano deicostruttori di motori per un “range” di prodot-

ti completo e particolarmente diversificato nelsettore dell’automazione industriale

38 I campioni della superlegaLa Csc di Schio lavora da venticinque anni nelmondo delle superleghe, progetta e costruisceper l’industria aerospaziale, navale, chimica eper le ricerche nell’ultra alto vuoto.

40 Impresaflash

PERSONAGGI42Un vulcano chiamato Bruno

Bruno Mastrotto, uno dei fratelli dell’omonimo“impero” conciario di Arzignano, unisce la ge-stione delle aziende del gruppo con un impe-gno diretto nel sociale, come presidente delmovimento per i diritti del malato di Arzigna-no. Il tutto alla sua maniera. Vulcanica.di Stefano Tomasoni

LAVORO E RELIGIONI46La saggezza dell’istrice

L’integrazione tra genti che hanno diversi con-cetti del lavoro e professano diverse religioni èun tema sempre più d’attualità in una provin-cia multietnica come la nostra. Ne abbiamoparlato con mons. Giuseppe Dal Ferro, diret-tore dell’Istituto “Rezzara” di Vicenza.di Maurizio Mascarin

SOCIETÀ E CULTURA48Una vita da viaggio

Vent’anni a girare il mondo per passione (conun’impresa epica da Guinness), altri venti ascoprirlo come fotografo professionista. È lavita di Cesare Gerolimetto, un artista della fo-to di ambiente, di paesaggio e di umanità acui la sua città, Bassano, ha dedicato una“personale”.di Stefano Tomasoni

52La provincia in piazzaIl libro “Vicenza. La provincia preziosa” rac-conta il Vicentino con centinaia di foto e unaricca collezione di testi di autori che di questaterra offrono un ritratto a tutto tondo. Propo-niamo uno stralcio del capitolo dedicato allefeste di piazza tradizionali vicentine.di Walter Stefani

RUBRICHE56Assoflash

60Osservatorio

SOMMARIO

Pubblicazione promossa dal Co-mitato provinciale per la piccolaindustria dell’Associazione indu-striali della provincia di Vicenza.

Direttore responsabileStefano PernigottiCaporedattoreStefano TomasoniHanno collaboratoMaurizio Dal Ferro, IlvoDiamanti, Luca Grifalconi,Anna Madron, MaurizioMascarin, Walter StefaniProgetto graficoPatrizia PeruffoStampaTipografia Rumor S.p.A.,VicenzaPubblicitàOepi, VeronaEditoreIstituto promozionaleper l’industria srlPiazza Castello, 3 - Vicenza

Anno diciannovesimo Numero 1.Marzo 2001Una copia L. 8.000.

Registrazione Tribunale diVicenza n. 431 del 23.2.1982

Questo numero è stato stampatoe diffuso in 4.900 copie.

È vietata la riproduzione ancheparziale di articoli e illustrazionisenza autorizzazione e senzacitare la fonte.

FOTOGRAFIEArchivio Associazione industrialipag. 23, 24 a sin., 56, 57, 58; Ar-chivio Ash Multimedia 15, 16; Ar-chivio Brendolan Prosciutti 20 in al-to; Archivio Bruno Mastrotto 42, 43,44; Archivio Coelsanus 20 in basso;Archivio Csc 38; Archivio Diesel 41a sin.; Archivio Filk 40 in alto; Ar-chivio Fitt 40 in basso; ArchivioGrafiche Tassotti 41 a dx; ArchivioHarry’s Morato 18, 21, 22; Archi-vio Magnetic 36, 37; Archivio San-to Stefano 24 a dx; Archivio Spega26; Cesare Gerolimetto 48, 49, 50,51; Corrado Pedon 5, 7, 8, 10, 11,12, 47; Fabiano Avancini 14; Libro“Vicenza. La provincia preziosa”52, 53, 54, 55; Opuscoli “eurofi-sco” ed “euroimpresa” del Ministerodel Tesoro Comitato euro 28, 30;Opuscolo della Commissione euro-pea “Quando arriverà concreta-mente l’euro nelle nostre tasche?”29, 34; Rodolfo Paolo Rossi 46.

Copertina: Archivio Associazioneindustriali, Archivio Harry’s Mo-rato, libro “Vicenza. La provinciapreziosa”.

INDUSTRIA VICENTINA

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Una società incerta e spaesata, sospetto-sa; che si guarda intorno con preoccu-

pazione. È ciò che esce dal Rapporto2001 sugli orientamenti della società vi-centina, giunto al sesto appuntamento an-nuo, realizzato da Poster per conto dell’As-sociazione industriali. Una società dissocia-ta, che procede rapida e spedita lungo lastrada dello sviluppo. Che non conosce ladisoccupazione. E si tiene saldamente aipuntelli tradizionali: la famiglia, la Chiesae l’impresa. Ma mentre si globalizza e correveloce, sembra allontanarsi dal suo conte-sto sociale, dal territorio. La società sembraperdere la società. Si smarrisce. Impauritada nuove minacce, come la criminalità. Dapaure che crescono anche perché il mondoche la circonda è meno amico. Meno riccodi rapporti interpersonali, di solidarietà.Per questo ha bisogno, più di prima, di ri-ferimenti istituzionali, che diano certezza.Ma ha bisogno al tempo stesso di ricostrui-re le relazioni sociali, il tessuto dei contattipersonali. Di riprendersi il territorio.

Successo economicoe insicurezza personale

Non vi sono motivi “materiali” alla basedei timori di vicentini. Le aspettative nelfuturo, quanto all’economia e al lavoro,sono positive. Il mondo degli affetti, del-le relazioni familiari e amicali continuaad apparire gratificante. Al pari dei rife-rimenti associativi più radicati: le orga-nizzazioni imprenditoriali, la Chiesa. Iproblemi sorgono, invece, dal rapportocon l’ambiente circostante, che risulta,sempre meno amico, sempre meno vivi-bile e percorribile. Si sta spezzando, cioè,il legame fra la società e il territorio, cheda luogo di vita e di relazioni tende a di-ventare, o meglio, ad apparire un terre-no ostile, rischioso; povero di occasionidi incontro e di comunicazione sociale.Così che la casa, la famiglia, le cerchieamicali più ristrette acquistano semprepiù valore, ma appaiono, al tempo stes-so, rifugi, quasi fortezze; luoghi di chiu-

La societàdegli insicuri

FO

CU

S

Ecco, nei risultatidell’annualerapporto di

Ilvo Diamanti,la fotografiadella società

vicentinaall’inizio del

nuovo millennio:incerta e

spaesata,procede

sulla stradadello sviluppo,

ma si sentemeno sicurae meno ricca

di rapportiinterpersonali.

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sura, piuttosto che punti di riferimentoaperti e proiettati all’esterno. D’altra parte camminare per strada do-po una certa ora, girare in bicicletta,mandare i bambini a scuola da soli vieneconsiderato molto pericoloso da 6-7 per-sone su 10. E altrettante persone non sisentono protette senza un sistema d’al-larme in casa. C’è una pericolosità am-bientale che spinge i vicentini tra le mu-ra domestiche, nei circuiti stretti dellaparentela e degli amici.Inoltre, i problemi dichiarati più impor-tanti dai cittadini evocano altrettanti se-gni della “pericolosità” e dell’ostilità delterritorio circostante: la viabilità, satura eintransitabile, che diventa per i vicentinil’emergenza; la criminalità comune, checontinua a costituire una minaccia in-combente; il degrado ambientale, che co-mincia a turbare seriamente gli occhi e lamente delle persone. Un contesto che aivicentini sembra, quindi, sempre più dif-ficile da vivere; insidioso e stressante daattraversare e percorrere; rischioso, per lasicurezza personale e familiare; deterio-

rato, deturpato. Certamente non ameno.È come se i vicentini scoprissero, brusca-mente, di vivere in una metropoli diffusa,con i problemi e le tensioni tipiche di unarealtà ad alta intensità urbana, dopo avercreduto, fino a poco tempo fa, di essereancora immersi in un mondo comunita-rio; in un paese punteggiato di rapportidiretti fra persone; in uno spazio transita-bile, animato da persone e di relazioni.L’impatto delle trasformazioni, per que-sto, risulta loro più pesante, meno accet-tabile. Abituati a vivere nelle piazze e nel-le strade, inseriti in una rete fitta di rela-zioni sociali; usi a muoversi senza fatica esenza timori in un territorio di grandequalità estetica, oltre che ambientale, lascoperta dei “mali” della città diffusa li(ci) rende più sofferenti e insofferenti.Così come appare loro meno sopportabilela tendenza all’autoreclusione, che crescein molti settori della società. Un terzo deivicentini, d’altronde, passa la maggiorparte del tempo esterno al lavoro da soloo con i familiari. Rinchiuso in casa; rifu-giandosi nelle relazioni “corte”.

FOC

US

Dimensioni dell’insicurezza locale“Quanto ritiene pericoloso, nel suo paese o quartiere,

comportarsi nei seguenti modi?”(percentuale di coloro che ritengono Molto o Moltissimo pericolosi – N.r. media 1,3%)

Uscire soliquando è buio

Non avere in casaun allarme

Girare in bicinel traffico

Lasciare giocarei bambini soli

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57

65

75

0 20 40 60 80 100

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Incerti e spaesati

È per questo che appaiono spaesati. So-no cambiati profondamente e in fretta.Ma la percezione di questo mutamentonon è facile da assorbire; da tollerare. Ilche rende la società locale ancora piùreattiva. Più insicura. Non a caso unapersona su due considera il futuro “diffi-cile, incerto e carico di rischi, per sé eper la propria famiglia”. Il 5% in più didue anni fa. Un indice superiore a quellonazionale. Né il rapporto con lo Stato e con le isti-tuzioni sembra migliorato. Resta alta,non a caso, la fiducia nelle “forze del-l’ordine”, che riflette la domanda di pro-tezione e di sicurezza; ma anche nel Pre-sidente della Repubblica, oggi unico rife-rimento comune e unitario, al di là dellegenerazioni e delle colorazioni politiche,per i vicentini (come per gli italiani ingenerale). E le stesse istituzioni locali –comuni e regioni – ed europee registranoun buon grado di confidenza, fra i citta-dini. Ma altri ambiti che, nel passato re-cente, mobilitavano le aspettative e isentimenti sociali oggi suscitano consensiassai minori, come la magistratura; op-pure generano delusione, come le ban-che e la borsa. Lontani dallo Stato, scoraggiati dai ca-nali che promuovono le aspettative dimiglioramento economico e finanziarioindividuale e sociale; e, peraltro, semprepiù soli nel loro ambiente. I vicentinisembrano pagare a caro prezzo il lorosuccesso economico, il loro benessere, laloro soddisfazione circa i luoghi della vi-ta quotidiana (famiglia, lavoro, amici-zia), immersi come appaiono in un cli-ma di incertezza, di ritiro dal mondo

delle relazioni sociali, di fuga dal territo-rio, di paura nei confronti del futuro.

Inquieti54%

Sereni9%

Preoccupati37%

Nella categoria “Preoccupati” rientrano coloroche hanno valutato pericoloso almeno uno deicomportamenti proposti; nella categoria “Sere-ni” quanti invece ritengono che nessuno deicomportamenti in esame sia pericoloso.

Insicurezza locale

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Immigrazione,tra realismo e timore

Va detto che il senso generalizzato di in-sicurezza che inquieta i vicentini, nonimpedisce loro di valutare e affrontarecon realismo i principali fenomeni e leprincipali trasformazioni che segnanoquesta fase. Spesso, cioè, la paura che lipervade costituisce un sentimento indi-stinto, sintomo di un malessere più am-pio, che si ridimensiona e comunque siprecisa di fronte a questioni definite econcrete. È il caso, in particolare, del-l’immigrazione. Gli immigrati, com’ènoto, costituiscono al tempo stesso unarisorsa e una fonte di timore per molticittadini, in quanto – anche se talora im-propriamente – la loro presenza vienecollegata all’aumento di tensioni come ildiffondersi della criminalità comune.

Oppure alla possibile crisi di identitàculturale e religiosa della popolazione lo-cale. Tuttavia, l’indagine mostra come ivicentini si pongano di fronte al fenome-no, senza farsi travolgere dalle emozionie dai risentimenti.L’immigrazione, infatti, è vissuta comeuna minaccia per l’identità culturale ereligiosa dal 28% dei cittadini. Non èpoco, ma resta una minoranza. Comenel resto del paese.Più alta è, invece, la quota di chi la con-cepisce come una minaccia per l’ordinepubblico: il 37%. Un dato, peraltro, in-feriore sia a quello veneto che a quellonazionale.Per contro, il 53% dei vicentini consideral’immigrazione necessaria allo sviluppodell’economia locale; e il 77% di essi ri-conduce le tensioni prodotte dall’immi-grazione ai clandestini. Nei confronti de-gli immigrati, quindi, i vicentini esprimo-no un atteggiamento contraddittorio, masenza estremismi. Senza pregiudizi ideo-logici. Provano disagio, perché è un feno-meno nuovo per un’area che storicamen-te ha rappresentato una terra di emigran-ti, non di immigrazione. Perché l’immi-grazione si associa a tanti altri cambia-menti, a tante altre trasformazioni. Peròriescono, al tempo stesso, a capire che inlarga misura l’entità del fenomeno è pro-dotta dall’interno, dalle nostre esigenze,dalle dinamiche dello sviluppo economi-co e del mercato del lavoro. Ne percepi-scono la necessità e, al tempo stesso, neprovano inquietudine. Però non sono cie-chi e insensibili. Non preferirebbero, co-me talora si sente dire, che venissero sen-za farsi vedere. Che lavorassero senza vi-vere in mezzo agli altri. Tant’è che il pro-blema non è l’immigrazione. Ma l’immi-

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grazione clandestina. Tant’è che il 60%dei cittadini vede, come soluzione alletensioni suscitate dal fenomeno, la “nor-malizzazione” della condizione degli im-migrati, attraverso la casa (60%) e il ri-congiungimento familiare (66%).

Il salto generazionale

Questi dati suggeriscono che anche inquest’area ci si abituerà all’immigrazione;anzi che ci si stia già abituando ad essa.Ma indicano come occorra abituarsi pre-

sto ai molti, diversi cambiamenti che in-vestono la nostra società. Anzi: al cam-biamento, in generale. Occorre, cioè, su-perare lo spaesamento. Capire che il vil-laggio in cui si pensava di vivere e abitarenon c’è più; perché siamo inseriti in uncontesto globalizzato; perché noi stessiabbiamo contribuito a cambiare il nostrocontesto locale, con il nostro lavoro, conle nostre abilità. Dobbiamo, cioè, fare iconti con la metropoli che siamo diventa-ti. E affrontare i cambiamenti interni allanostra società. Le fratture che l’attraver-

Ora le illustrerò alcune opinioni sugli immigrati.Quanto si sente d’accordo con ciascuna di esse?

(% di coloro che si sono sentiti Molto o Moltissimo d’accordo)

Gli immigrati sono una minaccia per la nostra identità nazionale e religiosa 27,6L’immigrazione è necessaria al nostro sviluppo economico 53,2Gli immigrati sono un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone 37,2Il problema dell’immigrazione sono i clandestini 77,1Non risponde 3,9%Base (val. ass.) 800

“Quanto ritiene opportune le seguenti strategieper far fronte ai problemi posti dall’immigrazione?”

(percentuale di coloro che le ritengono Molto o Moltissimo opportune – N.r. media 3,7%)

Garantire una casaagli immigrati

Favorireil ricongiungimentofamiliare

Introdurre il reatod’immigrazionecalndestina

Rimandare a casatutti i clandestini

66

59

69

70

0 20 40 60 80 100

Fiducia nelle associazioni

di categoria, un po’ meno

nelle istituzioni, nel gover-

no. Anche la chiesa perde

qualche punto. Lo dicono i

risultati del rapporto di

Diamanti.

“Sono naturalmente soddi-

sfatto del fatto che nella

gente ci sia un’alta consi-

derazione delle associazio-

ni imprenditoriali – com-

menta Valentino Ziche,

presidente dell’Assindu-

stria – , per contro, tutta-

via, non è un bene che cali

la fiducia nella politica,

perché finisce che le asso-

ciazioni vengono chiamate

a coprire questo vuoto di

credibilità delle istituzioni

e della politica, assumendo

un ruolo che non è loro

proprio. La gente chiede

che siano fatte determinate

cose, e la risposta la deve

dare la politica, riappro-

priandosi del ruolo che le

spetta”.

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sano. Perché le tensioni, il disagio che at-traversa la realtà vicentina, non riguarda-no allo stesso modo tutta la società. Èuna tendenza che avevamo osservato giàlo scorso anno. E quest’anno si ripropo-

ne: più profonda e marcata. Vicenza ap-pare, infatti, una società dissociata nonsolo per il disassamento fra il mondo divita delle persone e il contesto che le cir-conda. Ma anche internamente: per i saltiche ne segnano la continuità biografica. Osservando le tendenze e gli orienta-menti dei vicentini, infatti, emerge unadoppia frattura: generazionale e cultura-le. Fra giovani e anziani; fra persone adalta e bassa scolarità. Fratture che si im-plicano e compongono reciprocamente.E delineano distanze più ampie rispettoa quelle delle tradizionali forme di strati-ficazione sociale (la classe, il reddito).La paura: è tanto più forte fra gli anzia-ni, a bassa scolarità, con una rete cortadi relazioni sociali. Settori sociali pervasida sfiducia, inquietudine, incertezza nelfuturo; perplessi verso il futuro, lontanidalle istituzioni, afflitti dalla solitudine,scettici verso le nuove tecnologie, timo-

FOC

US

Qual è il problemapiù importante da affrontareoggi in provincia di Vicenza?

(dati in percentuale)

Vicenza 2001Strade e viabilità 29,7Criminalità 26,8Degrado ambientale 14,2Immigrazione 11,6Burocrazia 8,7Disoccupazione 7,2Carenza di manodopera 1,0Competitività dei mercati 0,8Totale 100,0Non risponde 10,1%Base (val. ass.) 800

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rosi di fronte all’immigrazione. Al con-trario i giovani, con elevato grado diistruzione: immersi in reti di amicizieaperte e molteplici, non molto ottimistinei confronti del futuro, ma meno spa-ventati dal clima di incertezza in cui so-no immersi, integrati nei nuovi media,più aperti verso gli immigrati.

Il rischio di uno svilupposenza società

Tutto normale? Replica di un copionenoto? Non è del tutto vero. Perché ri-spetto al passato si rileva una differenzaprofonda: i giovani sono in costante de-clino. Gli adulti e gli anziani in forte cre-scita. La società vicentina è una societàinvecchiata rapidamente. Le paure chela attraversano non riflettono solamentei cambiamenti rapidi di una società chesi è trasformata dal punto di vista eco-nomico e culturale; e che al contempo siè globalizzata intensamente. Riproduco-no anche una società più sazia, sterile,biograficamente invecchiata. È, quindi, una società che deve fare iconti con problemi di diverso segno. Ma,

peraltro, noti. Che possono trovare ri-sposta attraverso politiche sociali e infra-strutturali. In tempi non troppo lontani,visto che stanno producendo un impattomolto forte sugli orientamenti delle per-sone. L’insicurezza ambientale e la via-bilità, in particolare. È una società chedeve essere aiutata dal sistema politico,

Ci può dire se lei nel suo tempo libero frequenta:(valori in %)

Con una certa assiduità Solo in particolari circostanze Mai% % %

Una compagnia fissa di amici 50,5 28,2 21,3Persone e amici diversi 23,9 42,7 33,4Parenti 51,8 40,8 7,4Associazioni e gruppi di volontariato 18,5 18,8 62,7Bar 13,0 29,1 57,9Centri di incontro 10,2 17,7 72,1Sta prevalentemente da solo 23,5 36,9 39,6Non risponde (media) 0,3%Base (val. ass.) 800

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dalle istituzioni, a ricostruire un ambien-te di vita amico, protetto, sicuro. Ma chedeve, al contempo, ricostruire il suo tes-suto di relazioni, il suo rapporto con il

contesto. Afferrando gli appigli che lasua stessa tradizione le offre. Ricorren-do, ad esempio, a quel 22% di personeche si dicono impegnate nel sociale e nelvolontariato. Ricostruire la socialità e riconquistare ilterritorio, per garantire sicurezza nelpresente e nel futuro: questo potrebbeessere lo slogan per rispondere all’in-quietudine che scuote i vicentini.Ma, al tempo stesso, appare importanteriprendere il dialogo e la comunicazionefra generazioni. Fra genitori e figli. Fraanziani, adulti e giovani. E riprendersi il tempo per capire ciò chesta avvenendo attorno a noi. Questo svi-luppo è nato grazie alla società che glista intorno. Ma oggi il percorso dello svi-luppo economico e della società sembradivergere. Non bisogna permettere chela società si ritiri e si prosciughi. Ne sof-frirebbe lo stesso sviluppo. Ma ne soffri-remmo anzitutto noi.

Ilvo Diamanti

FOC

US

Relazionicorte25%

Solitudine7%

Impegnatinel sociale

22%

Relazioniestese46%

Nella categoria intermedia “Relazioni Corte”sono collocati coloro che passano il propriotempo libero prevalentemente in famiglia o dasoli. Invece nella categoria “Relazioni Estese”troviamo coloro che denotano uno sviluppo in-tenso di relazioni sociali. Nella categoria “Im-pegnati nel Sociale ci sono quelli che con unacerta assiduità si dedicano ad attività di volon-tariato presso associazioni e parrocchie.

Le relazioni sociali

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Affarinella rete

“Il commercio elettronico sta cre-scendo a passi da gigante. Entro il

2003 il numero delle persone che com-preranno on-line sarà triplicato rispettoad oggi e il valore delle transazioni au-menterà di venti volte. Le persone cheutilizzeranno il commercio elettronico inEuropa supereranno il numero degliutenti americani e le aziende connessead Internet totalizzeranno l’80% delprodotto interno lordo europeo”. Èquanto si legge in un recente studio-pre-visione pubblicato dalla Commissionedell’Unione Europea che indica anchetutta una serie di strumenti e di azioniprioritarie volte a superare gli handicapche frenano il rapido sviluppo delle tec-nologie digitali in Europa.Qualche dato quantitativo completa ilquadro: nell’Unione Europea, nel 2003l’e-commerce toccherà verosimilmentequota 430 miliardi di euro mentre quel-

lo italiano raggiungerà un valore ap-prossimativo di 30 mila miliardi di lire.L’affermarsi dell’economia digitale do-vrebbe inoltre contribuire a cambiare ilquadro generale dell’economia. I pro-duttori potranno controllare le disponi-bilità di materia prima in tempo realesemplificando i problemi di approvvigio-namento, organizzare la produzione inbase ai bisogni dei clienti, controllaredove si trova esattamente una merce inconsegna ed ottenere altre informazioniche permetteranno di ottimizzare il cicloproduttivo. Il cliente sarà informato sul-l’avanzamento del suo ordine, acconten-tato con prodotti “su misura” in gradodi soddisfare i propri desideri, seguito edassistito nel loro utilizzo e nella manu-tenzione.Questi sviluppi, d’altra parte, impliche-ranno importanti cambiamenti nel mo-do di fare impresa ed una profonda ri-

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Il commercioelettronico

cresce a passida gigantee cambia il

quadro generaledell’economia e

dell’impresa.Una conferma

arriva anche daiprimi risultatidel progetto

sperimentalesull’e-commerce

conclusodall’Assindustriae condotto con

un gruppo-pilotadi aziende già

in marcia versola venditasulla rete.

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flessione sulle strategie e sulle scelte disviluppo aziendale. È quanto risulta an-che dal progetto ICN (Innovative Comu-nication Network) promosso dall’Asso-ciazione industriali e conclusosi di recen-te dopo due anni e mezzo di sperimenta-zioni. Obiettivo del progetto, finanziatodal Fondo Sociale Europeo, era verifica-re le potenzialità offerte dall’utilizzo del-le reti – in modo particolare dal com-mercio elettronico – senza trascurare al-tri aspetti interni all’azienda che questonuovo strumento modificherà profonda-mente.Una quarantina le aziende che hannoaderito all’intero progetto: tredici di loro(Axios, Biasia Francesco, Boschetti,Compressori DGM, Cotonificio Valbren-ta, Distilleria Poli, Girovì, Lucente, Ma-gnabosco Guido, Miles, Schiavon, Vicen-za & Valentina, Xacus) si sono concen-trate sull’aspetto commercio elettronico.Il progetto nel suo insieme si è articolatoin tre fasi: ricerca e monitoraggio, for-mazione, assistenza e accompagnamentoalle aziende.La sperimentazione condotta con leaziende ha permesso di individuare iprincipali nodi da affrontare prima edurante il percorso che può portare alcommercio elettronico. Sinteticamentesono stati raggruppati in quattro aree te-matiche: strategia e organizzazione,marketing e politica commerciale, tecno-logia, aspetti legali e amministrativi.L’area strategia ed organizzazione si rife-risce alla necessità di scegliere oculata-mente i prodotti da mettere in venditasu Internet (una linea creata apposita-mente o alcuni prodotti delle gamma),di fare un’analisi del mercato per capir-ne l’orientamento, le motivazioni e la

propensione all’acquisto on-line, di co-noscere la concorrenza (posizionamentoe approccio al cliente), di valutare l’im-patto sulla rete distributiva (potenzial-mente potrebbe verificarsi un azzera-mento della catena distributiva), di ela-borare un progetto organizzativo perprepararsi a possibili cambiamenti sullastruttura aziendale, di prevedere la for-mazione del personale all’uso della reteanche per dialogare in altro modo con ilconsumatore/cliente.L’area marketing e politica commercialeriguarda tematiche quali la scelta del ti-po di negozio virtuale che si vuole atti-vare, la definizione del prezzo di vendita(il prezzo è fondamentale: l’acquirentein rete si aspetta, in genere, un prezzopiù basso), il marketing per svolgereun’adeguata azione promozionale (an-che su Internet bisogna farsi conoscere)facendo un mix degli strumenti di co-municazione e valutando il tipo di ac-quirente a cui ci si rivolge, il packaging ele spedizioni.L’area tecnologia interessa la definizionedi un’adeguata connettività a Internet,valutando le diverse possibilità esistenti(non confondendo il collegamento a In-ternet che permette di navigare sulla retecon quello che connette il server del sitoalla rete stessa), la predisposizione di unsito chiaro, dinamico ed efficace, perconsentire collegamenti facili e accatti-vanti, l’importanza di comunicare la si-curezza (il sito deve invogliare all’acqui-sto, ma anche garantire sicurezza alcliente che usa la sua carta di credito).Infine nell’area riguardante gli aspetti le-gali e amministrativi sono affrontate te-matiche quali la registrazione del nomedel proprio dominio, la stipula di patti

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chiari con il provider definendo livelli diservizio, garanzie, responsabilità, even-tuali penali. Nella scelta dei contenutidel sito si deve tener presente che la reteè accessibile a tutti: va quindi prestataattenzione a eventuali diritti di terzi sunotizie, testi, immagini e suoni, ma nellostesso tempo va tutelata la proprietà el’ideazione dell’impresa per evitaresfruttamento da parte di terzi. Altriaspetti riguardano la tutela della pri-vacy, la formulazione dei contratti divendita, le normative di legge per auto-rizzazioni e licenze per determinate atti-vità (assicurazioni, finanza, editoria,agenzie viaggi), la tutela del consumato-re. I contratti della logistica sono un al-tro aspetto che richiede una particolareattenzione.La maggioranza delle aziende vicentinesembra essere già cosciente delle nuovesfide all’orizzonte: su 2350 aziende asso-

ciate all’Assindustria, circa la metà risul-ta collegata a vario livello (dalla sola e-mail alla presenza con proprie pagine)alla rete Internet, ma sia il numero degliutenti che la sofisticazione nell’utilizzodelle reti sono in rapida crescita. E daun’indagine che ha coinvolto 600 azien-de nell’ambito del progetto risulta chepiù del 60% delle aziende che hanno ri-sposto sono convinte che Internet cambiil modo di fare affari.Un approccio prudente ma aperto allepotenzialità dello strumento: per il futu-ro poi le indicazioni espresse portano aritenere che una parte non trascurabiledell’attività si svilupperà utilizzando laRete, che perderà progressivamente ilsolo aspetto di strumento di promozioneper integrarsi pienamente nelle attivitàaziendali.

Maurizio Dal Ferro

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Tutti a tavolaIl mondoalimentare staattraversando

un momentodelicato.

Il mangiare beneassume un

significato ampioin cui trovanoposto gusto e

sapore, maanche sicurezza,

garanzia ecertificazione.Siamo andatia vedere cosa

produce il settorealimentare

vicentinonel duemila.

Dai salumi ai formaggi, dalleconserve al pane, dalla carne

alla pasta. I prodotti sono i più di-versi ma l’industria è la stessa, quel-la alimentare, voce fondamentalenell’economia non solo nazionalema anche locale. Basta pensare chein provincia di Vicenza le aziendealimentari associate all’Assindustriasono circa una settantina e occupa-no un posto di tutto rispetto quantoa fatturato. E ancora: il 40% dellacarne prodotta nel nostro paese pro-viene dal Veneto, a testimonianzadell’importanza e della diffusionedell’industria alimentare nel nostroterritorio.

Un settore che gode di ottima salutea giudicare dai dati Istat, che negliultimi mesi del 2000 evidenziano unincremento dell’indice di fatturatonazionale pari a circa il 10% rispet-to allo stesso periodo dell’anno pre-cedente. Crescita dovuta ad un au-mento sia sul mercato interno(+9,3%) che su quello estero(+11,4%).Dati rassicuranti, dunque, per unsettore che però sta attraversando unmomento delicato. Perché la buferache si è scatenata intorno alla carneha alzato i livelli di guardia da partedi un consumatore oggi più attentonon soltanto nei confronti della fetti-

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na, ma anche di tutto ciò che mette nelpiatto. E così si leggono le etichette, ci siinforma sulla provenienza, sui processidi lavorazione, sulle normative che ga-rantiscono un prodotto finale sano e ge-nuino. Accontentare il palato, insomma,non basta più. E mangiar bene assumeun significato sempre più ampio in cuitrovano posto gusto e sapore, ma anchesicurezza, garanzia,certificazione.

Un nuovocorso di laureaper iprofessionistidel controllo

Parole che sono di-ventate una sorta dicomandamento perle industrie del set-tore. Lo ribadisceLuigi Morato, im-prenditore che halegato il suo nomealla panificazione – è presidente dellaHarry’s Morato di Altavilla – e che al-l’interno dell’Assindustria è presidentedella sezione industrie alimentari. “Nel Vicentino – spiega – c’è una tra-dizione di serietà che accomuna tuttele aziende del settore, che, nella mag-gior parte dei casi, sono certificate, ariprova dell’impegno e della volontà dioffrire la massima garanzia al consu-matore. Non dimentichiamo poi chenella nostra provincia operano enti dicontrollo all’avanguardia a livello na-zionale, basti pensare all’Istituto lat-tiero caseario di Thiene, ritenuto unodei migliori d’Italia”.

E proprio il controllo sembra essere lastrada vincente per il futuro. “Anche senel nostro settore – osserva Morato –non ci sono figure specializzate in que-sto senso. Ogni azienda si crea da solaun entourage di professionisti, medici,chimici, microbiologi, con il compito divigilare, analizzare, seguire da vicino iprocessi produttivi a partire dalle ma-

terie prime”. L’o-biettivo, però, èambizioso. “Laproposta intorno acui stiamo discu-tendo – prosegue ilpresidente della se-zione alimentaridell’Assindustria –è quella di istituireun corso di laureabreve, tre anni chepotrebbero prolun-garsi con un masterdi specializzazione,destinato a chi la-vorerà poi nell’in-

dustria alimentare”.Perché se è vero che esiste già la fa-coltà di scienza dell’alimentazione, èanche vero che manca totalmente uncorso di studi destinato a chi poi en-trerà in azienda per vigilare sulle ma-terie prime e su tutto ciò che accade amonte della produzione. Passaggi fon-damentali sui quali, a detta di Morato,si giocherà il futuro della moderna in-dustria alimentare. Settore che forsepiù di altri è tenuto a seguire scrupolo-samente la normativa.“I nostri prodotti si mangiano – prose-gue Morato –, e questo comporta unagrande responsabilità da parte nostra.

“Nel Vicentino – diceil presidente dellasezione alimentari

dell’associazione – c’èuna tradizione di serietàche accomuna tutte le

aziende, che per lo piùsono certificate, a riprova

dell’impegno nel darela massima garanzia

al consumatore”.

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Per questo cerchiamo di migliorarci co-stantemente non solo applicando le leg-gi, ma anche dotandoci della tecnologiapiù sofisticata”.

Se la verduraè sotto vetro

Una filosofia, questa, che è di ca-sa, in provincia, anche nell’in-

dustria con-serviera,presentesoprat-t u t t o

n e l l afasciapede-m o n -t a n aaltovi-centi-

na (Caltrano, Torrebelvicino, Marosti-ca), nel capoluogo berico e nel Basso Vi-centino. A Sossano si trova, ad esempio,la Coelsanus, azienda che produce ver-dure e ortaggi sott’aceto, sott’olio e al-cune specialità particolari come le ver-dure arrostite e messe in olio. Una pro-duzione che conta oltre 30 milioni divasetti all’anno per un giro d’affari di67 miliardi. Traguardi frutto dell’espe-rienza e della qualità, che significa an-che controlli su tutta la catena produtti-va, a cominciare dal terreno coltivatosul quale ridurre al minimo l’utilizzo disostanze chimiche.“Siamo al di sotto del 50% dei limitiprevisti dalla legge – spiega l’ammini-stratore delegato Enrico Caloni –, espesso si va addirittura al di sotto del90%”. In più il consumatore può con-tare su quella che è stata battezzata“coltivazione di prodotto integrato”,

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una tecnica particolare a metà stradatra la coltivazione normale e quella bio-logica, riservata ad alcune verdure co-me cipolline, peperoni, funghi. E il bio-logico? “Lo facciamo per non sottrarcia delle logiche di mercato, ma in modomarginale – dice Caloni – perché noncredo che nel nostro settore avrà ungrande sviluppo”.Dai vasetti di vetro ai prosciutti crudi. Ilmarchio è quello di Brendolan, azien-da di Lonigo che è una delle poche inItalia a produrre prosciutti di diverso ti-po: Parma, San Daniele, nazionale e ve-neto, che escono dagli stabilimenti inEmilia, in Friuli e nel Veneto (a Lonigo,appunto), per un totale annuo di oltre400 mila prosciutti. Lo scorso anno laBrendolan ha ceduto quote azionarie adue gruppi nel Mantovano, i quali a lo-ro volta hanno acquisito una società nelCremonese, il che consente ora unascelta di oltre trentamila suini macellatialla settimana. Sui quali i controlli sonoseveri: non solo certificazioni e Haccp,ma anche il vaglio di “Ineq” e “Ipq”,enti di tutela del prosciutto che garanti-scono la genuinità.“Il prodotto possiede una sua sicurezzaintrinseca – interviene Filippo Amo-retti, direttore generale della Brendolan– perché il prosciutto crudo è il risultatodell’azione combinata tra sale marino euna stagionatura che varia dai 14 ai 16mesi. La sicurezza viene anche dal fattoche è praticamente impossibile lo svi-luppo di cariche batteriche, in quanto laperdita di acqua impedisce la riprodu-zione di microrganismi”.Una carta d’identità di tutto rispetto,per un prodotto che si presenta con unbuon “vissuto salutistico”. E in termini

di controllo e tutela del consumatore,l’azienda vicentina guarda avanti.“La strada da percorrere – prosegueAmoretti – è quella del controllo di tut-ta la filiera, per riuscire a certificarel’intero percorso del prosciutto crudo, apartire dall’allevamento. Il consumato-re italiano può stare tranquillo, poten-do contare sulla serietà degli organismidi vigilanza, delle normative e della fre-quenza con cui vengono effettuati icontrolli”.

“Abbiamo le normativepiù severe della Cee”

“Abbiamo le normative migliori dellaCee”, rincara Luigi Morato, la cuiazienda produce 500 quintali di pane algiorno. Pane industriale, definito “alter-nativo”, per lo più affettato, morbidograzie ad una lavorazione particolare equindi adatto agli usi più diversi in cu-cina. “È un pane che si può riscaldare –precisa Morato – che è sempre prontoall’uso e che in molte case ha sostituitoquello tradizionale, che non sempre èpossibile acquistare fresco tutti i giorni”.Un pane che va di pari passo con la vitadi oggi, dunque, in cui spesso è difficiletrovare anche cinque minuti per entrarein un negozio a fare la spesa. Non a ca-so da qualche anno i consumi di panefresco sono scesi.“Attualmente in Europa siamo al quar-to posto come consumi pro capite. Que-sto significa che francesi, tedeschi e au-striaci consumano più pane di noi ita-liani”, spiega Morato. Motivo? Un ri-tardo nella produzione di pane indu-striale che solo da una decina d’anniriempie gli scaffali dei supermercati, of-

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frendosi come alternativa al consuma-tore frettoloso e costretto a fare la spesauna volta la settimana. Ma se le abitu-dini di vita influenzano i consumi, restacomunque un fatto: il pane è un ali-mento sano. Per la semplicità degli in-gredienti ma anche perché è un alimen-to che non può essere inquinato.“Inoltre non è soggetto a sviluppi bat-terici – continua Morato – sviluppa sol-tanto muffe, ed è disciplinato da nor-mative rigorose che fissano gli ingre-dienti base: oltre a farina, lievito, ac-qua e sale anche olio di oliva, normaleo extravergine, strutto o burro. E solorecentemente si è consentito l’impiegodi grassi vegetali per pani particolari”.Perché anche il pane cambia. “Le in-dagini di mercato rivelano un consu-matore sempre alla ricerca di novità –prosegue Morato – per questo innova-zione, ricerca e perché no, anche unpo’ di fantasia, sono indispensabili nel-l’arte bianca”.Un’arte nella quale la farina è ingre-diente fondamentale. Ne sa qualcosa

Luigi Benedetti al timone del Moli-no Benedetti, azienda storica per il

Vicentino, in piena attività già ametà Ottocento, quando i molini

non solo erano colonne portantidell’economia locale, ma fun-

zionavano addirittura da

“banche” per la gente povera a cui pre-stavano la farina, un po’ come si faadesso con i soldi. Oggi l’azienda Bene-detti, che ha sede a Grisignano di Zoc-co, produce 110 mila quintali di farineall’anno, conta un giro d’affari di circasette miliardi e fornisce i propri prodot-ti, farine speciali per la panificazione,soprattutto alle aziende del Nordest. Unmercato su cui però soffiano venti dicrisi.“Il nostro è un segmento difficile – spie-ga Luigi Benedetti che è anche vicepre-sidente della sezione alimentare dell’As-sindustria –, che oggi risente soprattuttodel calo del consumo di pane. Dopo i fa-sti del passato, oggi il settore procedecon un andamento costante, senzagrandi scossoni, ma anche senza parti-colari momenti di gloria”. Una situazio-ne di stasi, dunque, per i molini, quasitutti a conduzione familiare, molti deiquali alle prese anche con il problemadel ricambio generazionale con i figliche scelgono strade diverse rispetto ailoro padri. Eppure oggi i molini sonoaziende moderne, con impianti all’a-vanguardia. “Con tanto di certificazioneIso – spiega Benedetti – e normative, co-me l’Haccp, che rappresentano una ga-ranzia per l’intero ciclo produttivo”.

Latte e formaggi: una filieracontrollata in ogni sua fase

Dalle farine ai lavorati del latte, altrosettore che in provincia è ben presente, econtrollato. Eccoci alla Casearia Braz-zale di Zanè, azienda che si divide indue settori, una spa con il marchio“Burro delle Alpi” che produce 70mila quintali di burro all’anno, e

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un caseificio vero e proprio in cui vienelavorato il latte (600 mila quintali an-nui) per la produzione di formaggi di va-rio tipo, in particolare il Grana Padano.“Sia nel caso del burro che dei formaggi– spiega Oscar Grandotto, dirigentedella Casearia Brazzale – la filiera ècontrollata in ogni sua fase, dalla stallafino al prodotto finito. Si tratta di con-trolli esterni, spesso a sorpresa, da partedegli enti preposti alla vigilanza, ma an-che di verifiche continue nel laboratoriointerno all’azienda per impedire il proli-ferare di batteri, mantenere costantel’umidità, verificare la stagionatura nelcaso dei formaggi”. Di cui, fanno notarealla Brazzale, c’è sul mercato una certasovraproduzione. “Questo comportache i prezzi devono essere mantenutipiuttosto bassi – continua Grandotto –e spesso non corrispondono al valorereale del prodotto”.E il burro? Il momento non è dei più fe-

lici per questo derivato del latte che vie-ne acquistato dal consumatore soprattut-to nella grande distribuzione. Messo albando dalle diete, sostituito da prodottianaloghi e magari meno grassi, il burroha subìto per anni una propaganda ne-gativa. “Che fortunatamente si è fermata– prosegue Grandotto – perché il burro èun prodotto che, se consumato nella giu-sta quantità, non può che far bene”.Che il settore sia controllato in tutta lafiliera lo confermano anche alla Cen-trale del latte di Vicenza, 53 miliardidi fatturato annuo, 30 milioni di lattelavorati all’anno e un impegno costantenella ricerca e nell’innovazione tantoche sei anni fa la Centrale fu la primaazienda del settore in Italia ad ottenerela certificazione Iso 9001. La produzio-ne spazia dal latte fresco a quello a lun-ga conservazione, dallo yogurt alla pan-na. Di nuovo si torna a parlare di qua-lità e dell’esigenza di figure professionali

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specifiche, in grado di gestire a montel’integrità delle materie prime.“In modo che le aziende non subiscanopassivamente il controllo – fa notare ildirettore Franco Cera –, ma siano lorostesse ad autocontrollarsi. Una necessitàdettata dai tempi che verrebbe soddisfat-ta dalla nascita di una facoltà universita-ria specifica, che potrebbe avere sedeproprio qui a Vicenza”. Dove, come delresto in tutto il paese, anche i gusti deiconsumatori cambiano. “Il consumo dellatte è aumentato – continua Cera – male preferenze vanno verso quello a lungaconservazione, l’Uht, che ha una duratadi novanta giorni perché subisce un trat-tamento termico a temperature più ele-vate, 145 gradi che, ovviamente, nonconsentono di mantenere i principi nu-tritivi e le caratteristiche del latte fresco”.Produzione all’insegna della qualità an-che alla Comalat di Cartigliano, piccola

azienda di 13 dipendenti che lavora ognianno 36 mila quintali di latte trasfor-mandolo in formaggi freschi genuini.“Anche prima che ci fossero le norma-tive sull’Haccp il controllo sul latte inentrata era un imperativo - dice Gio-vannino Manca, amministratore dele-gato -. Del resto, tutte le stalle sono con-trollate dall’Ulls e devono avere caratte-ristiche ben precise. Noi ci teniamo nonsolo alla qualità ma anche alla genuinitàdel prodotto, e per genuinità intendo lalavorazione di latte possibilmente italia-no, raccolto direttamente da aziendecontrollate, portato in caseificio e lavo-rato tale e quale”.

Carne: la parola d’ordineadesso è rintracciabilità

Se il burro è reduce da anni difficili, perla carne il momento è delicatissimo. An-

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che se chi lavora seriamente guarda alfuturo con serenità. È il caso della San-to Stefano, azienda di Sandrigo che daoltre 35 anni opera nel settore carni conattività di macellazione, preparazione,disosso e confezionamento sottovuoto dicarne bovina nazionale. La ditta operainoltre nel settore della lavorazione dicarne suina destinata alla produzione diinsaccati freschi co-me salsicce, sala-melle e cotechini.Settantacinque di-pendenti, un girod’affari annuo di105 miliardi, laSanto Stefano ven-de esclusivamentesul mercato nazio-nale, anche se i for-nitori sono attintidal mercato estero.“La qualità nel set-tore carni non siimprovvisa – sotto-linea FerdinandoDalla Valle, responsabile dell’azienda –è frutto di esperienza, ma anche di pre-cise scelte aziendali. Che spaziano dallaselezione accurata dei fornitori, alla pre-disposizione di strutture e sistemi a ga-ranzia della corretta lavorazione e con-servazione dei prodotti; dalla definizio-ne di procedure operative attente al ri-spetto delle esigenze igienico sanitarie,alla formazione, motivazione e sensibi-lizzazione del personale. Qualità signifi-ca inoltre offrire ai consumatori finaligaranzie reali come la completa rintrac-ciabilità del prodotto consumato”.In che modo? “È fondamentale – spie-ga Dalla Valle – la selezione dei forni-

tori, ai quali chiediamo precise garan-zie in termini di sostanze utilizzatenell’alimentazione ed esclusione di so-stanze farmacologiche vietate dallalegge, nonché rispetto ed applicazionedel sistema Haccp. I capi destinati allamacellazione vengono selezionati unoad uno. La stessa applicazione del si-stema Haccp significa rispetto delle

disposizioni igieni-co sanitarie duran-te tutte le fasi dellalavorazione dellecarni. Altro aspettoda non trascurare èl’attività del veteri-nario responsabiledi struttura: la pre-senza vigile e co-stante di una figu-ra esterna rappre-sentante del Servi-zio sanitario nazio-nale costituisceun’ulteriore garan-zia di qualità, di ri-

spetto e applicazione delle norme igie-niche e quindi di tutela dei consuma-tori. E infine la rintracciabilità deiprodotti, attraverso un sistema infor-matico che permette in ogni momentodi risalire all’intera storia del bovino:nascita, provenienza, macellazione, di-sosso, vendita”.Normative, tecnologie, innovazione.Strade obbligate per raggiungere quellaqualità che è requisito fondamentale perrendere competitiva l’azienda e al tem-po stesso tutelare il consumatore e of-frirgli il meglio. Principi su cui si basaanche Spega, azienda di MonticelloConte Otto che riunisce sotto lo stesso

“La qualità nel settoredelle carni è frutto diesperienza e scelte

aziendali, che vannodalla selezione dei

fornitori alle procedureattente al rispetto delle

norme igienico-sanitarie.E qualità significa anchecompleta rintracciabilità

del prodotto”.

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marchio la ristorazione (certificata daun anno e mezzo) e il caseificio (que-st’ultimo in fase di certificazione) conalcuni prodotti di spicco tra cui lo yo-gurt e i formaggi freschi. Prodotti che sisono affermati negli anni e sono diven-tati sinonimo di qualità per il consuma-tore, sia per la scelta della materia pri-ma che per l’esclusiva ricettazione ed imolteplici controlli eseguiti in ogni fasedella produzione.Questa assoluta attenzione alla qualità ealla genuinità trova conferme anche nelrecente conseguimento della certifica-zione AIAB per la produzione di prodot-ti da agricoltura biologica, come sottoli-nea Gaetano Mattiuzzo, che della Spe-

ga è responsabile di stabilimento.“Qualità – osserva – è un termine cheha un significato molto ampio. E checomunque nel settore alimentare spaziadalla certificazione che consente distrutturare meglio l’azienda, all’appli-cazione della normativa Haccp, obbli-gatoria per legge, che regola l’aspettoigienico sanitario del prodotto fino atutte quelle forme di autocontrollo in-terne all’azienda che cominciano dallamateria prima e terminano con il pro-dotto finito”.Affinché quello che arriva sulla tavola sipossa davvero mangiare ad occhi chiusi.

Anna Madron

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La corsaall’euro

Mancano pochi mesi, ormai, all’en-trata in vigore dell’euro, e il pa-

norama che emerge dalle indagini na-zionali ed europee disegna un quadropreoccupante, con difficoltà operativee ritardi. E le imprese vicentine comesi stanno preparando all’evento? Peravere un quadro aggiornato e chiarodella situazione l’Associazione indu-striali ha condotto un’importante inda-gine (a mezzo questionario) su uncampione ampiamente rappresentativodi 1000 aziende. L’iniziativa assume una grande rilevan-za rispetto ad altre precedenti per due

motivi: innanzitutto, le imprese in que-sti ultimi mesi hanno incrementato il lo-ro grado di consapevolezza di tutti gliadempimenti che l’euro comporta equindi i dati forniti rispecchiano conmaggior fedeltà l’effettivo stato di pre-parazione; in secondo luogo, questo pe-riodo è cruciale per il processo di ade-guamento e inizia a coinvolgere anche leaziende finora meno motivate ad acce-lerare i tempi, ossia quelle di ridotte di-mensioni e quelle che operano esclusi-vamente sul mercato interno o su mer-cati esteri poco ricettivi nei confrontidella moneta unica.

L’IN

CH

IESTA

Come si stannopreparando

le impresevicentineall’arrivo

dell’euro?A pochi mesidall’evento,un’indagine

dell’Assindustriasu milleaziende

ha fatto ilpunto dellasituazione.

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C’è ancora ritardo, ma arrivanoanche segnali positivi

I dati emersi dall’analisi confermano lasituazione generale nazionale ed euro-pea che vede le aziende, soprattutto lepiù piccole, ancora in ritardo nel cam-mino di adeguamento. Non mancanotuttavia alcuni segnali positivi che fan-no ben sperare e confermano l’elevatadinamicità e internazionalizzazione del-le imprese locali che dimostrano in al-cuni casi di avere una marcia in più ri-spetto ai concorrenti.Il primo quesito chiedeva alle imprese diprecisare quali sono le aree aziendali sul-le quali l’euro avrà l’impatto maggiore.Le risposte prevedono per l’area conta-bile-amministrativa la mole di lavoropiù pesante: per il 96% delle imprese èquesta infatti l’area più critica.Anche l’adeguamento delle aree com-merciale e acquisti è rilevante (rispet-tivamente 50% per le piccole e 42%per le aziende medio grandi). Sembraessersi leggermente ridimensionatoinvece il problema informatico, mesifa inizialmente indicato come l’aspet-to più preoccupante. Segno questoche le software-house hanno lavoratosodo in questi mesi e hanno ormaitutte approntato nuove soluzioni “eu-roready”.Si può inoltre constatare come le aziendepiù grandi percepiscano una maggiorecomplessità del passaggio al l’euro, indi-viduando un maggior numero di aree“euro-sensibili”.Un altro importante parametro di valu-tazione è quello dell’approccio seguitodalle imprese per affrontare il processo diadeguamento.

Le tappe del processodi adeguamento

Poiché la maggior parte degli studi con-dotti nei mesi precedenti su grandi realtàavevano indicato nell’approccio di pro-getto la metodologia più adatta ad af-frontare un problema che impatta su cosìtante aree aziendali, si è cercato di capirequanti effettivamente stiano seguendoqueste indicazioni.Le aziende di dimensione maggiore han-no avvertito questa necessità di imposta-re a livello organizzativo il processo,mentre per quelle più piccole, la cuistruttura è ovviamente meno complessa,la logica di progetto non sembra esserein tutti i casi necessaria.Per affrontare correttamente la fase diadeguamento è importante che il perso-nale aziendale delle aree maggiormentecoinvolte riceva adeguata formazione. Il

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livello di formazione del personale è unaimportante indicazione sulla effettivapresa di coscienza delle dimensioni delproblema e dei tempi necessari per lasua soluzione. Anche in questo caso ladimensione delle aziende influisce note-volmente sul loro comportamento: il75% delle aziende medie e grandi ha giàavviato la formazione del proprio perso-nale, contro solo il 38% delle piccole.Se è confortante il fatto che le aziende piùgrandi si sono attivate con adeguato anti-cipo, desta qualche preoccupazione la ri-

levante percentuale di piccole aziende chenon ha ancora colmato questa lacuna.A conclusione delle domande finalizzatea conoscere come le aziende si sono at-trezzate al proprio interno per affrontareil problema euro, è stato chiesto quali ri-sorse e competenze l’azienda intendemettere in campo per affrontare le nu-merose attività inerenti la conversione.La risposta è significativa: la stragrandemaggioranza degli intervistati utilizzerà ilproprio personale e i propri professionistiabituali, a conferma della logica del “fai

L’IN

CH

IESTA

Valentino Ziche, presidente dell’Associazioneindustriali, non è particolarmente preoccupatodel fatto che, all’inizio del 2001, molte piccoleaziende vicentine segnalassero di non aver an-cora affrontato compiutamente la conversionedalla lira all’euro. “Le aziende più indietro so-no quelle di più piccole dimensioni, mentrequelle più grandi hanno avviato da tempo leprocedure necessarie o sono già arrivate infondo – osserva Ziche –. Proprio le ridotte di-mensioni, peraltro, consentono tempi di ag-giornamento inferiori. Quindi, è bene dire chegli spazi di manovra per adeguarsi all’euro cisono ancora; certo nessuno adesso può piùpermettersi di stare a guardare. Chi non l’haancora fatto, deve pensare a organizzare l’a-zienda in termini di euro e deve svolgere la ne-cessaria attività di formazione nei confronti deidipendenti”.E per chi guarda ancora alla moneta unica co-me ad una “grana” di cui si farebbe volentieria meno?“L’euro significa semplificazione burocratica esnellimento nei rapporti commerciali – osserva

Ziche –. Porterà indubbiamente dei vantaggivisibili fin dall’inizio per le imprese che lavora-no con l’estero”.“Le aziende esportatrici hanno a che fare conl’euro già dal ‘99, perciò hanno cominciato giàun paio d’anni fa a prendere coscienza di que-sto tema – aggiunge Giorgio Tassotti, vicepre-sidente dell’Assindustria e, al suo interno, dele-gato ai progetti speciali, tra cui appunto l’euro–. La nostra provincia, nel suo complesso, sicolloca in posizione piuttosto avanzata rispettoalle altre realtà italiane, soprattutto proprioperché ha un tessuto produttivo che esportamolto e che quindi ha già affrontato il passag-gio all’euro. Le aziende meno preparate sonoquelle piccole e quelle che lavorano sul merca-to interno, ma sono anche quelle che, proprioper la snellezza della loro organizzazione,avranno meno problemi e quindi meno neces-sità di tempo per adeguarsi. L’aspetto più criti-co sarà quello amministrativo e contabile, e suquesto in particolare occorre fare formazioneinterna”.

s.t.

“Chi non si è ancora mosso, adesso deve farlo”

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da te” tipica delle nostre imprese. Solo il25% attiverà anche risorse straordinariespecifiche per affrontare il problema.

Un’azienda eurocompatibile

Passando ad esaminare le fasi più pro-priamente operative che misurano l’ef-fettivo stato di preparazione delle impre-se, iniziamo con le attività che permetto-no ad una azienda di essere “eurocom-patibile” durante il periodo transitorio,almeno nei confronti dei propri clienti efornitori: la predisposizione dei listini, lafatturazione e lo scambio di informazio-ni con i propri partner.Per l’analisi di queste variabili si è seg-mentato il campione secondo il livello diexport piuttosto che per dimensioneaziendale, essendo il primo il vero stimoloche porta le aziende ad anticipare i tempi.Iniziando con i listini, si può constatareche oltre la metà delle aziende che

esportano ha già presentato per l’annoin corso i listini in euro, contro solo il20% di quelle che operano esclusiva-mente sul mercato interno.Appare comunque preoccupante, soprat-tutto in termini strategici, il fatto che cir-ca la metà delle aziende del campionenon ha ancora iniziato questa attività.Passando alle attività di fatturazione, il60% delle aziende esportatrici dichiaradi emettere parte delle fatture in euro; il70% delle imprese che non esportanonon emette ad oggi fatture in euro, aconferma del fatto che, per quanto ri-guarda il mercato interno, l’euro è anco-ra poco utilizzato.

Il ruolo strategicodell’informazione

La transizione all’euro dell’azienda nonpuò essere vista solo come un fatto inter-no: uno degli aspetti su cui gli esperti si

Aree aziendali coinvolteQuali sono le aree che subiranno il maggiore impatto?

(più risposte possibili)

AmministrazioneContabilità

Informatica

Personale

Commerciale

Acquisti

Logistica

piccolemedie-grandi

Aziende:

0 20 40 60 80 100

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sono maggiormente soffermati è quellodell’importanza dello scambio di infor-mazioni con clienti e fornitori circa le in-tenzioni su come e quando operare ilpassaggio. Oltre che a rispondere a esi-genze organizzative, si ritiene che l’infor-mazione giochi un ruolo strategico inquanto offre la possibilità all’azienda diincrementare il livello di fidelizzazionecon i propri clienti e di offrire un’imma-gine dinamica e aperta al cambiamento.Le risposte indicano che l’informazioneattiva è stata effettuata dal 10% delleimprese, mentre quella passiva confer-ma che il processo di comunicazione è

stato attivato ancora da pochi soggetti.Passando ad analizzare le variabili checontraddistinguono l’adeguamento del-l’azienda al proprio interno, le rispostedelle aziende sono state riclassificatenuovamente per dimensione aziendale. La prima domanda posta riguarda l’a-deguamento del sistema informatico.Sembra essere stata questa, infatti, lamaggior fonte di preoccupazione delleaziende in questa prima fase, visto che irisultati sono oltre ogni aspettativa: oltreil 50% degli intervistati ritiene che ilproprio sistema informatico sia prontoad operare in euro e solo il 17% non lo

L’IN

CH

IESTA

FatturazioneState già emettendo fatture in euro?

Conversione della contabilitàAvete fissato la data di passaggio all’euro come moneta di conto?

No

Non esportatriciEsportatrici

Aziende:

Già avvenuta nel 2000

Durante il 2001

Dal 1º gennaio 2002

Non definito

piccolegrandi

Aziende:

0 10 20 30 40 50 60 70 80

0 10 20 30 40 50 60

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ritiene affatto adeguato. È da notare chein questo caso le piccole aziende hannotenuto il passo delle più grandi.Diversa invece è la situazione per quan-to riguarda la conversione della conta-bilità, l’adempimento sicuramente piùimpegnativo per le aziende: solo il 3%delle aziende (il 2% delle piccole e il 9%delle medio-grandi) dichiara di averconvertito la conta-bilità nella nuovamoneta. Ben il 60%delle imprese sem-bra invece orientatoad effettuare il pas-saggio in imminen-za dell’ultimo gior-no disponibile.L’ultimo quesito ri-guarda un altroadempimento di na-tura amministrati-va, ossia la conver-sione del capitalesociale per le societàdi capitali. La rispo-sta delle imprese è confortante, come pe-raltro confermato da una recente indagi-ne svolta da Infocamere: Vicenza infattiè la provincia che registra il maggior nu-mero di società a responsabilità limitatae per azioni che hanno già provveduto aconvertire in euro il proprio capitale so-ciale. L’11% delle piccole aziende e il21% delle più grandi dichiara di avergià provveduto alla conversione. Pur non essendo questo un adempimentoche richiede per le ditte tempi lunghi diattuazione, è prevedibile che gli ultimigiorni dell’anno vedranno un enorme nu-mero di pratiche (60% delle aziende)presso gli uffici del Registro delle Imprese.

Importante formare il personale

Dall’indagine quali considerazioni sipossono trarre? Il rischio ritardo esisteveramente?L’analisi stratificata del campione dimo-stra una notevole differenza tra le azien-de grandi e piccole: le prime si sonomosse in anticipo mentre le seconde

hanno preferito at-tendere.Si può affermareche esiste ancorauna grande fetta diaziende di piccoledimensioni e cheopera solo sul mer-cato nazionale, cheancora poco o nien-te ha fatto per ade-guarsi all’euro.Questa constatazio-ne però non è neces-sariamente conse-guenza di un atteg-giamento disinteres-

sato, ma può avere una motivazione benprecisa: le ridotte dimensioni aziendaliconsentono un tempo di adeguamentoinferiore rispetto a quello necessario peruna azienda più grande. La mancanzadi attività con l’estero, inoltre, non sti-mola sicuramente tali aziende ad antici-pare il processo di conversione: nonavrebbe senso operare in euro quandoancora i propri partner gestiscono esclu-sivamente la valuta nazionale.È evidente quindi che la scelta del mo-mento della transizione dipende forte-mente dal comportamento del mercatoin cui l’azienda opera.La notevole durata del periodo transitorio

L’indaginedell’Associazione

dimostra una notevoledifferenza tra le grandi ele piccole aziende: leprime si sono mosse in

anticipo, mentre leseconde hanno preferito

attendere, potendocontare su tempi di

adeguamento più brevi.

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(tre anni) stabilito dalla Commissione Eu-ropea, pensata probabilmente per attorieconomici di altra natura, ha probabilmen-te causato una ulteriore caduta di tensione.Un altro fattore che sembra motivare il ri-tardo è anche quello dell’incertezza checontraddistingue il processo di sostituzionedella valuta, evento assolutamente nuovoper tutti: la piccola impresa in tal sensopreferisce aspettare e imparare dall’espe-rienza delle più grandi per non incorrere

in problematiche tipiche del pioniere.Ci si domanda allora se ci sia effettiva-mente da preoccuparsi. Dato che il ritar-do non necessariamente significa che leimprese stiano sottovalutando il proble-ma, ciò che conta veramente è che essonon dipenda dal non averci ancora pen-sato e quindi dal non aver percepito ilproblema e stimato i tempi necessari perla sua soluzione.Il vero e unico rischio pertanto, mano amano che passano i giorni, è che il ritar-do, inizialmente frutto di una precisa va-lutazione aziendale, non si tramuti inuna rincorsa frenetica e disperata del-l’ultimo momento.Poco rassicurante appare in quest’otticail dato che indica che molte piccoleaziende non hanno ancora formato ilpersonale, fattore invece determinanteper potersi muovere velocemente e beneall’ultimo momento, sulla base rassicu-rante dell’esperienza fatta da quelleaziende che hanno, per loro necessità ostrategia, anticipato i tempi.

Luca Grifalconi

L’IN

CH

IESTA Formazione del personale

Il vostro personale ha partecipato a corsi o convegni sull’euro?

piccolemedie-grandi

Aziende:

Non ancora

Non lo faremo

0 10 20 30 40 50 60 70 80

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Piccoli, medie grandi motori

MagneticL’aziendadi motori

di Montebelloha completatoil suo “range”

di prodottinel settore

dell’automazioneindustriale

Motori per l’automazione industrialedalla A alla Z. A spazzole a magne-

ti permanenti, brushless e asincroni vet-toriali, e poi anche dinamo tachimetri-che. Motori piccoli, medi e grandi, da 0,1a 300 kW, per tutte le esigenze. Questa laspecializzazione della Magnetic, aziendadi Montebello Vicentino che nel 2000 haraggiunto l’obiettivo di completare lapropria gamma di prodotti.La storia di quest’azienda comincia nel1981, quando viene fondata da alcuniimprenditori locali per costruire piccolemacchine elettriche rotanti ad alta tecno-logia per gli azionamenti a velocità varia-bile e in particolare per l’automazione in-dustriale. Partendo da una produzione

esistente di pompe a spazzole per ilsollevamento dell’acqua pulita,

l’azienda si pone l’obiettivo di di-versificare produzione e mercati. Si

parte con la produzione di dinamotachimetriche, servomotori a corrente

continua a magneti permanenti, e poimotori a corrente continua a campo av-

volto. Tutti motori a velocità variabile pi-lotati da convertitori elettronici, per le piùdiverse applicazioni nei processi e neimacchinari industriali. L’azienda, dun-que, passa nel giro di pochi anni da unmercato civile “povero” ad un mercato

avanzato dell’automazione industriale. Un vero cambio di marcia, che si concre-tizza ancor più negli anni Novanta, conun’ulteriore evoluzione tecnologica e l’in-gresso in produzione di altre famiglie diprodotti, più evolute. In particolare, sitratta dei motori brushless (“senza spaz-zole”) e dei motori asincroni vettoriali.Motori di nuova generazione, sui quali laMagnetic ha investito molto, arrivando direcente a completare la gamma dei mo-tori offerti.“Per noi - spiega Daniele Sartori, ammi-nistratore delegato dell’azienda di Monte-bello - ci sono due settori ugualmente im-portanti: quello dei sistemi di posiziona-mento con servomotori a magneti perma-nenti di dimensioni relativamente piccolee ad alte prestazioni utilizzati negli asser-vimenti automatici e nei controlli asse, equello dei motori di potenza a velocitàvariabile, con o senza spazzole, utilizzatinegli impianti industriali che possono ar-rivare fino a 300 kW con pesi fino a mil-lecento chili”.Oggi, la caratteristica dell’azienda è ap-punto quella di avere un “parco prodot-ti” completo: dal servomotore a magnetipermanenti, ai motori di media potenza,dalla tecnologia “general purpose” incorrente continua alla corrente alterna-

IMPR

ESE

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ta, dalla piccola alla grande dimensione.Una diversificazione, quella della Ma-gnetic, che non ha eguali. “Siamo l’uni-ca azienda italiana ad offrire un rangecosì ampio di prodotti nel settore del-l’automazione industriale - afferma Sar-tori -. Abbiamo scelto la strada, impe-gnativa, della massima diversificazionee dell’elevato contenuto tecnologico,spesso in collaborazione con il diparti-mento di ingegneria elettrica dell’Uni-versità di Padova, con il quale abbiamosviluppato un rapporto utile ad entram-bi. Questo collegamento con l’universitàfa sì che l’intuizione di un prodotto nuo-vo possa essere verificata con una scuoladi pensiero che si confronta continua-mente con la ricerca in tutto il mondo.Ed è proprio questo confronto con gliscenari mondiali che ci interessa. Siamoun’azienda che punta sui progetti e sullacapacità di applicarli nelle macchine,proponendo soluzioni che interpretanole esigenze dei clienti”.Questa capacità di produrre motori “dalpiù piccolo al più grande” non significadimensioni d’organico particolarmenteampie. La Magnetic, infatti, occupa unacinquantina di persone, è dunque una ti-pica piccola azienda, snella e flessibile,che punta sull’apporto esterno di una re-te di terzisti di fiducia. “La produzioneavviene in parte al nostro interno e inparte all’esterno, - spiega Sartori -. Nellanostra officina facciamo i montaggi, lelavorazioni speciali di qualità come l’e-quilibratura e la rettifica, e poi i controlliintermedi, i collaudi finali e le finiture”.Dal ‘94 Magnetic fa parte del GruppoFerroli, multinazionale europea per ilbenessere domestico che ha sede a SanBonifacio e che opera con quindici unità

produttive ecommerciali intutta Europanel campo delriscaldamento,della climatizzazione, dell’idromassaggioe del termo-arredo. Il presidente delGruppo, Dante Ferroli, è anche presi-dente della Magnetic.L’azienda di Montebello, che è certificataIso 9001 dal ‘94, esporta il 25% del fat-turato, tra Europa (soprattutto Spagna,Francia, Gran Bretagna e Germania) emercati mondiali tra i quali spiccano Co-rea, Taiwan e Turchia. In vent’anni di at-tività, l’azienda ha venduto ormai120.000 motori e 200.000 dinamo tachi-metriche. I clienti-tipo della Magneticoperano nei settori della robotica, dellemacchine utensili, dei magazzini auto-matici, delle macchine per la lavorazionedel filo metallico e del filo di rame, dellemacchine per cavi, delle macchine estru-sori per materie plastiche, dei macchinariper il tessile, per la carta e il cartone, peril legno, per la lavorazione del vetro, perla produzione di giostre. Insomma, l’a-zienda è presente in tutti quei processidove c’è necessità di azionare o controlla-re macchine a velocità variabile.Quali le prospettive per il futuro, nel set-tore? “La concorrenza è sempre più ag-guerrita, sia da parte di aziende italianeche da parte delle grandi multinazionali -risponde Sartori -. Il settore dell’automa-zione industriale è comunque in espan-sione. Si tratta di puntare sempre piùsullo sviluppo di nuovi prodotti, per con-trastare la forza delle multinazionalimondiali con la capacità tecnica, la fles-sibilità e la fantasia tipiche della piccolaimpresa della nostra area”.

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I campionidella superlega

CSCTraguardo dei

venticinque anniper l’azienda

di Schio chelavora sullesuperleghe,

progettae costruisce

per l’industriaaerospaziale,

navale, chimicae per le ricerche

nell’ultra altovuoto.

“Siamo un’azienda piccola, conuna manodopera altamente spe-

cializzata in grado di fare quello che glialtri non sanno o non possono fare. La-voriamo in una nicchia di mercato doveci sono aziende che hanno bisogno dipezzi unici e difficili da realizzare, siacome forma che come materiali”.Eccoci alla Csc. Piccola azienda di Schio(una trentina di dipendenti) che compiequest’anno vencinque anni di vita. L’a-cronimo significa “Costruzioni saldate

collaudate”. Ma qui non saldano nor-malissimi acciai e metalli. La-

vorano su superleghe come iltitanio, il tantalio e il nichel.

Progettano e costruiscono perl’industria aerospaziale, navale,

chimica e petrolchimica e per le ri-cerche nell’ultra alto vuoto.

Hanno costruito la centralina utilizza-ta per il caricamento del propellente e

dell’ossidante dei motori del “Tethered”,il satellite artificiale europeo mandato inorbita con lo Shuttle nel ‘96. Hanno rea-lizzato parti per altri satelliti, componen-ti speciali del programma europeo “Jet”

sulla fusione nucleare controllata. Hannorealizzato per conto degli americani uncalorimetro per rilevare le particelle neu-tre (fotoni, neutroni, pioni e quark) chesi formano nelle reazioni nucleari. Han-no progettato e costruito camere in ultraalto vuoto per il Sincrotone di Trieste eper la ricerca in campo medico. Su inca-rico del Cern di Ginevra hanno prodottovarie parti della più grande macchinadel mondo per la ricerca nel campo delleparticelle subnucleari. Hanno costruitoun serbatoio in titanio per ricerche sotto-matine in Antartide per conto di Enea-Tecnomare. Hanno realizzato compo-nenti in titanio per il “Moro di Venezia”che all’America’s Cup del ‘92 fece passa-re notti insonni a mezza Italia, e poi par-ticolari in titanio anche per la Ferrari diFormula 1, e telai in alluminio per lemoto Aprilia classe 500. Hanno costruitoidrogetti per un’azienda olandese leadernella propulsione delle navi.Ne hanno fatte di cose particolari, in-somma, da quel 1976, quando sei soci(Antonio Dalle Carbonare, MarianoScortegagna, Alessandro Pamato, Leoni-da Dal Santo, Gino Dal santo e sua mo-glie Maria Conzato) decisero di mettersiin proprio. Lavoravano tutti alla Zanondi Schio, e ad un certo punto pensaronodi fare qualcosa per conto loro. Dei seisoci di partenza, è rimasto solo lui e suamoglie Maria. Gli altri quattro sono statisostituiti dai rispettivi figli.“Manteniamo la flessibilità dell’artigianoe ci aggiungiamo la possibilità di realiz-zare lavori molto più grandi di quelli cheuna struttura come la nostra potrebbepermettersi. Come? Associandosi con al-tre ditte. Tutte le lavorazioni meccaniche,ad esempio, le facciamo fare all’esterno».

IMPR

ESE

A fianco,

un calorimetro per ricerche

sulla fusione nucleare.

Qui sotto,

una partenza del razzo

Ariane 5 contenente

il satellite XMM, del quale

la CSC ha costruito

il serbatoio di

caricamento.

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Faraplan, scoperta diuna plastica riciclabile

La Faraplan, azienda di Fara Vi-centino del Gruppo Fitt (tubiflessibili, rigidi e semirigidi peruso agricolo e industriale), haannunciato la scoperta di unnuovo modo di produzione delPvc, che consente di controllareil rilascio di metalli e dell’acidocloridrico dalla plastica, renden-do atossico e iper-riciclabile ilPvc. Il materiale, realizzato insie-me con l’americana CromtonWitco, evita il rilascio di sostanzeinquinanti, specie nell’acqua, daparte delle tubature e dei conte-nitori in plastica. La soluzionestudiata dalla Faraplan prevedel’eliminazione del piombo nellacomposizione del Pvc. La nuovatecnologia, oltre a produrre pla-stica atossica e più volte riutiliz-zabile, anticiperebbe i terminidella messa al bando degli effettiinquinanti del Pvc, previsti inambito Ue a partire dal 2005.

E intanto Fitt sbarca in Usae cresce in Europa

Intanto, il Gruppo Fitt, che hasede a Sandrigo, ha segnato re-centemente alcune importantitappe di crescita: ha stipulatoun importante accordo con laTeknor Apex, la maggioreazienda statunitense del settore,per la realizzazione negli Usadella gamma di tubi flessibiliFitt con un sistema antitorsione,e ha acquisito tre nuove azien-de, le ultime due aziende con-correnti francesi e un’aziendastorica italiana. In Europa oggi Fitt ha unaquota di mercato intorno al50%, con un volume pari a cir-ca 350 milioni di metri di tubovenduto (foto sotto).

Gioielli Flik alla conferenzamondiale sull’oro

I gioielli Filk hanno sfilato sullapasserella di uno tra i più pre-

stigiosi e attesieventi mondialidel settoreorafo. La Con-ferenza Mon-diale sull’Oroindetta dal Fi-nancial Timescon la collabo-razione dellaGoldman Sachse svoltasi recen-temente a Ro-ma.

Il prestigioso appuntamento del-la “World Gold Conference” harichiamato a Roma i più in-fluenti esponenti del mercatoorafo mondiale. La partecipa-zione di Filk ha portato sotto iriflettori il prodotto finito cherealizza i numeri più significativinel mercato.“Abbiamo portato a Roma pro-dotti rivolti ai giovani – spiegaPietro Cremasco, presidente delGruppo Filk – per sottolinearel’importanza di adattarci ad unmercato in continua evoluzionein cui i ragazzi hanno un ruolosempre più determinante”.

Un megastore Dieselnel cuore di Tokyo

La Diesel di Renzo Rosso (nel-la foto) ha inaugurato un me-gastore a Tokio: 650 metriquadrati su tre piani nel cuoredi Harajuku, una zona diven-

IMPR

ESE

IMPRESAFLASH

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tata ormai il fulcro della modadella capitale giapponese. Ne-gli ultimi anni l’Asia è diventa-ta un mercato sempre più im-

portante perDiesel, e inquesto qua-dro granderilievo haassunto ilG i appo -ne: quil’azien-da con-ta 21puntiven-ditat r ane-

gozi diret-ti e corner, con un

fatturato in continua espansio-ne. Le vendite nel paese delSol Levante sono arrivate arappresentare il 6% del girod’affari complessivo della so-cietà di Molvena, che nel 2000è ammontato a 750 miliardi dilire e nel 2001 dovrebbe salirea 880 miliardi.

Dalle Officine Munariun impianto peril gruppo Renault

Le Officine Munari di Zanè,azienda specialista nella pro-gettazione e costruzione di im-pianti per pre-trattamento everniciatura dei metalli chenegli ultimi anni ha allargato

la produzione anche nel setto-re delle fonderie, ha acquisitoun’importante commessa dallafonderia francese “FonderieLe Mans”, che fa parte delGruppo Renault e producegetti in ghisa per il settore au-tomobilistico. La commessa riguarda la pro-duzione di uno speciale im-pianto automatico per l’essic-cazione di anime per fonderia,e fa parte di una commessapiù ampia per la fornitura diun’intera linea produttiva, allaquale partecipa un’altra azien-da italiana e una spagnola.

Cangini Filippi si rafforzacon Nazareno Gabrielli

Alla Cangini Filippi, storicaazienda vicentina specializzatanella produzione di agende erubriche per la cartoleria el’ufficio, è stato conferito il ra-mo cartoleria della NazarenoGabrielli. Il passaggio fa partedi un accordo più ampio tra laNazareno Gabrielli e la Ledi-berg di Bergamo, accordo dalquale è nata una nuova so-cietà, la N.G. Diaries.L’operazione punta a consoli-dare la posizione di CanginiFilippi nel mercato degli arti-coli cartotecnici e agende at-traverso la diversificazione ap-portata dall’uso del marchio edei prodotti Gabrielli e il po-tenziamento delle strutture di-rigenziali.

Grafiche Tassotti, unanuova “carteria”a Venezia

Le Grafiche Tassotti di Bassa-no del Grappa hanno apertouna nuova carteria a Venezia,in calle della Bissa. Vi si trovauna ricca serie di oggetti dicarta e tela (scatole, cartelle,agende e rubriche, album por-tafoto...), di coloratissimestampe artistiche riprese daantiche incisioni, di bigliettiaugurali e carte decorative.La nuova carteria Tassotti è laquarta in Italia dopo quelle diBassano del Grappa, Milano eFirenze.

“L’obiettivo – dice GiorgioTassotti, che conduce l’aziendacon le figlie Arianna e Nicole –è quello di arrivare entro l’an-no ad aprire una decina dinuove carterie nelle principalicittà italiane, puntando so-prattutto su quelle che hannoun’accentuata connotazione diturismo culturale”.

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Un vulcanochiamato Bruno

Bruno Mastrotto,uno dei fratellidell’omonimo

“impero” dellaconcia di

Arzignano,unisce la gestione

delle aziendedel gruppo con

un impegnodiretto nel

sociale, comepresidente del

Movimento per idiritti del malato

di Arzignano.“Ci diamo da fareper migliorare i

servizi e i rapportiumani all’interno

delle strutturesanitarie”.

Arriva, saluta, ti offre il caffè, comin-cia a parlare, si interrompe per dar

retta ad un collaboratore con un proble-ma urgente da risolvere, chiede unapausa, si alza e va in un’altra stanza. Èun vulcano in azione. Se entra qualcunoa presentargli un problema, capace chedecide lì per lì di fare una riunione, con-voca in cinque minuti tutte le personeinteressate e via, la riunione comincia.Bruno Mastrotto è come l’ago di unabussola che indica contemporaneamentetutti e quattro i punti cardinali.È così, del resto, che il Gruppo Mastrottodi Arzignano è diventato uno dei primiproduttori europei e mondiali della con-cia. Grazie alla natura vulcanica di Bru-no, e del fratello Santo. Con loro ilGruppo Mastrotto è diventato il colossoche è, partendo da una piccola conceriaacquistata quarant’anni fa per provare alavorare la pelle in proprio. Oggi la

realtà è quella di otto aziende e ottocen-to dipendenti. E poi, c’è l’altro gruppo,quello che fa capo al fratello Rino.Insomma, le vicende di questa famigliasono intrecciate con quelle della conciaitaliana. La storia comincia nel 1912 adAlvese, una contrada sopra la valChiampo, dove in quell’anno nasce Arci-so Mastrotto, primo di quattro figli. È unbambino sveglio, e quando diventa unuomo si sposa e mette al mondo sei par-goli, Bruno, Angelo, Santo, Mario, Rinoe Nella. Negli anni Cinquanta i primi fi-gli cominciano a lavorare in alcune con-cerie del luogo. Bruno fa da apripista nel‘53, a 12 anni, assunto alla “Soldà” conuna paga di trenta lire all’ora. Prestopassa alla conceria “Faggiana”, doveguadagna cinquecento lire al giorno.Finché nel ‘58 Arciso decide di avviareun’attività conciaria in proprio e, con unsocio, compra la prima conceria, la “Au-

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rora”. Un paio d’anni dopo, cede l’atti-vità e con altri quattro soci apre un’altraconceria, la “Astra”. Nel ‘63 nasce la“San Marco”; passano altri due anni e lacollaborazione con i soci finisce, i Ma-strotto vanno avanti da soli.“Il primo anno che abbiamo lavorato inproprio abbiamo chiuso in perdita – ri-corda Bruno –. Allora ci siamo guardatibene in faccia e abbiamo detto: calma,non facciamo il passo più lungo dellagamba. Siamo tornati indietro e abbia-mo cominciato a lavorare per conto ter-zi, e questa è stata una palestra di espe-rienza importantissima, ci ha fatto cre-scere tutti. Più che soldi, in quegli anniabbiamo fatto esperienza, tornata utilequando più tardi abbiamo deciso cheera arrivato il momento di mettersi dav-vero in proprio”.Mentre l’uomo arriva sulla Luna, ad Ar-zignano nasce la Basmar, dalle inizialidei cinque figli maschi con l’aggiunta delpapà. Nel 1975, Arciso si fa da parte: di-vide tutto tra i figli e torna al suo primoamore, l’agricoltura. Anni dopo, Rino sistacca e fonda un’azienda tutta sua.Bruno e Santo, per parte loro, con ac-quisizioni e sviluppi aziendali mettono leali al Gruppo Mastrotto. “Negli ultimivent’anni siamo cresciuti dieci volte, co-me dipendenti e come fatturato – diceBruno –. I dipendenti sono arrivati a es-sere ottocento e col fatturato siamo oggia 580 miliardi, con tre milioni di pelli la-vorate all’anno”.Cosa è stato a mettere in moto tuttaquesta trasformazione nel giro degli ulti-mi vent’anni? “Intanto – risponde BrunoMastrotto –, il fatto che ciascuna aziendadel gruppo sia indipendente e segua lasua strada, con una propria politica e

con i pro-pri pro-d o t t i .Non sono setteaziende fotocopia, in altreparole. Questo consente di esserepiù flessibili e dinamici. E poi ho sempreinsistito sull’importanza di avere la fidu-cia del cliente, e per farlo devi sempre ri-spettare gli impegni; non parlo di quelliscritti, che sono scontati, ma di quelliverbali. L’importante è essere seri. Miopadre diceva sempre: piuttosto di fregarequalcosa a qualcuno, preferisco che fre-ghino me”.Bruno ha cominciato a lavorare comeapprendista, è passato presto operaio enegli anni Sessanta era già vicecapore-parto. Da giovane ha fatto tutti i lavoriche esistono in una conceria. Oggi che èsempre più difficile trovare giovani levedisposte ad andare a lavorare nelle pelli,il settore è pieno di immigrati. Nelleaziende di Mastrotto ce ne sono circaduecento, un quarto di tutta la forza la-voro. Viene da chiedersi: come fate conle case? “Gliele diamo noi” dice Bruno.Negli ultimi anni Mastrotto ha acquista-to un’ottantina di appartamenti e li haaffittati ai propri dipendenti, soprattuttoa quelli stranieri.“Non è che abbiamo fatto un conto eco-nomico di convenienza – dice –. Certo, èchiaro che se diamo una sistemazione aquesta gente, gli diamo anche più sere-nità, più sicurezza, e quindi lavorerannomeglio. Ma prima di tutto abbiamo fattoun conto da uomini: conosco il problemadi chi arriva da lontano per lavorare, infondo anche la nostra generazione è fi-glia del tempo dell’immigrazione italia-na all’estero”.

In queste pagine,

alcune immagini

di Bruno Mastrotto tra

casa, azienda e famiglia.

In apertura,

tra i bottali dell’azienda

insieme a una delle figlie

e ad una modella

per l’ultima campagna

promozionale.

Sopra,

nella sua casa

di Arzignano.

A pagina 44

con tutta la famiglia

e in un momento

di vacanza.

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Ma Bruno Mastrotto non è ancoratutto qui. Di lui c’è anche un’altra

dimensione, quella fuori dall’azien-da. Ormai da otto anni è presidente

del Movimento per i diritti del malatodi Arzignano e Montecchio. Proprio

niente a che fare con l’impresa.“C’era bisogno di qualcuno che si inte-ressasse di queste cose – spiega lui –. Ilmovimento è un pungolo all’ente pub-blico per migliorare il servizio sanitarioal cittadino. È un impegno di volonta-riato che vuol dire magari rinunciare aqualche sabato in montagna, che è lamia passione, per andare a vedere comefunzionano gli ospedali e come sonotrattati i malati. E se insisti, qualche ri-sultato lo porti anche a casa. Il nostro èconsiderato il Movimento per i diritti delmalato più attivo del Veneto”. E in effetti, tanti piccoli grandi risultati,Mastrotto e i suoi collaboratori del Movi-

mento li hanno ottenuti. “La cosa im-portante è già quella di esserci e di potercontribuire ad aiutare gli altri – osserva–. Quanto ai risultati concreti che anchela nostra azione ha permesso di ottenere,ricordo su tutti l’estensione della guardiaanestesiologica all’ospedale di Arzignano24 ore su 24, e poi il potenziamento del-la presenza notturna degli infermieri neireparti, il fatto che si siano ridotti sensi-bilmente i tenmpi di attesa per i prelievidi sangue. E poi altro ancora. Tante pic-cole cose, insomma, che messe insiemedanno una grande soddisfazione. In de-finitiva, quello che più ci interessa ècreare una migliore civiltà nei rapporti,all’interno delle strutture sanitarie pub-bliche, un rapporto umano migliore. Equesto significa a volte un vero cambiodi mentalità”.

Stefano Tomasoni

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La saggezzadell’istrice

Immigrazione,integrazione

tra genti eculture che

hanno diversiconcetti

del lavoroe professano

diversereligioni.

Sono temisempre più

d’attualità inuna provincia

come la nostra,ricca di oltrecento etnie.

Ne parliamo,inaugurando

una nuovarubrica,

con mons.GiuseppeDal Ferro,direttore

dell’Istituto“Rezzara”di Vicenza.

Èun autorevole studioso, nonché do-cente di Ecumenismo e dialogo in-

terreligioso alla Facoltà Teologica di Pa-dova e Venezia. A monsignor GiuseppeDal Ferro, che a Vicenza dirige l’istitutodi Scienze sociali “Nicolò Rezzara”, ab-biamo chiesto alcune riflessioni su con-cetti chiave del nostro tempo quali l’im-migrazione e l’integrazione, il lavoro e lereligioni. Concetti che ci portano ad in-terpretare i mutamenti in atto in unaprovincia come Vicenza, che dà lavoro amigliaia di immigrati. Un puzzle multietnico – sono 102 le et-nie presenti in provincia – che nell’otticadi un processo reale di integrazione por-ta inevitabilmente a riflettere su due am-biti destinati a coniugarsi: cultura deipopoli, cultura (nostra e degli altri) dellavoro.Ecco, sintetizzando per singoli temi, cosaè emerso dal colloquio con monsignorDal Ferro.

Immigrazione. Su questo tema, sostie-ne il prelato, l’unica strada praticabile èquella del dialogo con le persone di cul-ture diverse. “Il processo auspicabile èquello della integrazione dal basso, incui noi e loro operiamo per gestire assie-me anche aspetti di conflittualità, inevi-tabili tra persone che provengono darealtà socio-economiche diverse”. L’integrazione, dice ancora il responsa-bile del “Rezzara”, esige determinatiorientamenti. “Le linee guida si possonotradurre nell’accettare l’altro, abbando-nando la sfera dei pregiudizi. Se non siglobalizza la cultura, non si globalizzanemmeno la nostra fabbrica, nemmenoquella apparentemente multietnica. Aquesto proposito ritengo importante lafigura del cosiddetto mediatore cultura-le. È colui che fa da trait d’union tra lanostra cultura e quella delle etnie omo-genee presenti in un contesto di lavoro oterritoriale. Non c’è dubbio che l’azienda

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si configuri come il maggior laboratoriodi integrazione. La figura del mediatoreculturale è un passaggio che favoriscequesto processo, perché in una economiache cambia anche i nostri luoghi di lavo-ro si trasformano”. Religioni. Il punto di partenza è il con-fronto tra religioni. “Il dialogo interreli-gioso non mira a convertire, ma a rispet-tare l’Assoluto di ciascun popolo, di cia-scuna etnia – afferma monsignor DalFerro –. Nella nostra provincia c’è unalarga componente di musulmani e il lorodiritto alla preghiera è fuor di dubbio.Nell’Islam ci sono grandi valori da recu-perare; valori che possono aiutare, noi eloro, a rafforzare concetti universaliquali la pace, i diritti umani, il rispettodell’ambiente. Certo, l’Islam è un mondoche a noi occidentali appare lontano: hail senso della giustizia, non della carità;non distingue tra lo Stato e la Religione;la moschea ha una forte caratterizzazio-ne sociale. Non dimentichiamo però cheanche gli islamici che vivono e lavoranoall’estero stanno rielaborando il loro mo-do d’essere, in una prospettiva di Islameuropeo. Del resto, che in Veneto si pos-sa vivere da buoni musulmani emergeanche da un’autorevole ricerca dell’uni-versità di Padova svolta proprio tra im-migrati di fede islamica: l’84 per centodel campione ha infatti detto che quipuò praticare la propria fede senza par-ticolari problemi. Un dato che in fondo ègià l’inizio di un’integrazione possibile”. Lavoro. “È evidente che ogni popolo hail proprio concetto di lavoro – osservaDal Ferro –. Da noi il lavoro è diventato‘tutto’, con gli elementi negativi che avolte anche quest’atteggiamento estremocomporta. Di conseguenza non bisogna

stupirsi se altri popoli hanno del lavoroun concetto, come dire, più fatalistico. Ilmusulmano, ad esempio, ha una forte einnata propensione al commercio; i se-negalesi di etnia Muridi, invece, hannoun concetto elevato di lavoro manuale,inteso come preghiera. Ciascuno, insom-ma, ha la propria ‘vocazione’ al lavoro”. L’integrazione, in definitiva, è un proces-so complesso, che costa fatica. “Alla fineperò l’integrazione è produttiva, nellasocietà come nella fabbrica – riprende ildirettore dell’Istituto “Rezzara” –. Comemi diceva un amico imprenditore fran-cese, oggi i suoi migliori dipendenti sonoi musulmani di terza generazione. In-somma, ci vuole buona volontà recipro-ca. Pensiamo a quell’immagine dei dueistrici che si avvicinano per riscaldarsi:piano piano s’incontrano e si riscaldanosenza pungersi. È l’integrazione”.

Maurizio Mascarin

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Una vitada viaggio

Vent’anni agirare il mondo

per purapassione

del viaggio,altri venti

a scoprirloin lungo e inlargo come

fotografoprofessionista.

Ecco la vitadi Cesare

Gerolimetto,un artistadella foto

di ambiente,paesaggi e

umanità a cuila sua città,

Bassano, hadedicato una“personale”.

“Viaggiare è spostare la noia”. Co-sì ha scritto Jerome K. Jerome,

l’autore di “Tre uomini in barca”. Scia-gurato. Chissà cosa gli risponderebbeCesare Gerolimetto, se Jerome fosse an-cora vivo e potesse incontrarlo. Sarebbeun bel duello, verbale s’intende. Sì, per-ché se c’è uno che ha fatto del viaggio lasua filosofia di vita, questo è Cesare Ge-rolimetto. Il noto fotografo di Bassanodel Grappa. O meglio, residente a Bas-sano, ma classico “cittadino del mon-do”. Gerolimetto ha chiuso da poco unasua bellissima “personale”, un’esposi-zione di grandi fotografie di viaggio rea-lizzate nella sua carriera in tutto il mon-do; una mostra che la sua città natalegli ha dedicato a Palazzo Agostinelli,uno dei tempi della cultura bassanese.Una soddisfazione non da poco, per lui,perché si sa che è difficile essere profetiin patria, perlomeno da vivi.Gerolimetto questo affetto e questa at-tenzione da parte della sua città l’hameritata in tanti anni passati a fotogra-fare il mondo. Oddio, tanti: relativa-mente tanti, se si pensa che la rivelazio-

ne dell’obiettivo come strumento di la-voro e di vita gli è arrivata intorno aiquarant’anni, e che oggi il “grande Ce-sare” di anni ne sta per compiere ses-santadue. Ma da allora ad oggi Geroli-metto ha sicuramente recuperato quelloche non aveva fotografato nella primaparte della sua vita, ha bruciato le tap-pe, ha accumulato esperienze che basta-no per due vite, non per una.La sua storia ha tratti decisamente ano-mali e per certi versi unici. “Prima ditutto, nasco come viaggiatore – inizia araccontare –. La parola chiave, per me,più ancora che viaggiare è andare. Iopartirei tutti i giorni. Il sogno della miavita è sempre stato quello di andare, an-dare senza mai fermarmi, cambiare let-to ogni notte”.Concetto già di per sè forte, in una so-cietà che ci vede sedentari nel lavoro eturisti pigri nelle vacanze. Nel vocabola-rio di Gerolimetto, invece, non c’è postoper la parola “tutto compreso” o “volo etrasferimenti inclusi”. Non esiste.“Viaggiare con gli aerei, con i treni ocon i mezzi pubblici non mi è mai pia-

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ciuto – dice –. Non sento di vivere ilviaggio, se negli spostamenti dipendoda altri. Ho bisogno di sentirmi indi-pendente, libero di muovermi. Come iviaggiatori di una volta. Così ho sem-pre usato l’auto, perché è l’epoca dellequattro ruote, ma sennò sarei andato acavallo. Perché è così che si vive ilviaggio”.Insomma, con queste convinzioni, ma-turate fin da quando era ragazzo, Gero-limetto ha cominciato a girare il mondonel ‘63. In quell’anno, giovane venti-quattrenne inserito nell’attività di com-mercio di famiglia, parte e usa tutte leferie per andare con una Fiat 600 a Ba-ghdad, in tempi in cui già era difficiletrovare una guida turistica di un paeseeuropeo, figuriamoci di un paese comel’Iraq. Passata l’iniziazione, negli annisuccessivi va più volte (sempre in auto)in Turchia e in Marocco, nel ‘68 nel girodi due mesi e mezzo va e torna dal Ne-pal, via terra, con una Fiat 124. Nel‘71, insieme con un architetto di Feltrefa il periplo dell’Africa in jeep, attraver-sando il Sahara in andata e ritorno, to-tale 50.000 chilometri. E fin qui, atten-zione, Gerolimetto viaggia, ma non fo-tografa. Non se la porta proprio via, lamacchina fotografica. Pensa a godersi“l’andare”. “Le foto allora mi dicevanopoco, viaggiavo per me stesso, e basta”.Il giro dell’Africa, però, segna una svol-ta. “Al ritorno mi sono detto: o smetto,o punto al massimo. Ho cominciato al-lora a pensare al giro del mondo. Percinque anni ho studiato carte e percorsi,scritto ad ambasciate e consolati, trova-to tutti i sistemi per avere informazionisulle vie percorribili. Perché quelli eranoancora tempi pionieristici, sotto certi

profili: non esistevano carte geografichedei paesi del Terzo mondo. In quegli an-ni di preparazione, ho cominciato aprendere confidenza con la macchinafotografica. Alla fine ho deciso di parti-re, convincendo a farlo anche DanielePellegrini, un fotografo professionista”.Gerolimetto molla tutto, a partire dal

In apertura,

un curioso autoritratto

di Gerolimetto a Venezia:

tre immagini

in un solo scatto.

Sotto:

donne a Teheran (1997) e

bambini in Sudan (1999)

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lavoro nell’azienda di famiglia, e va.Parte nell’agosto del ‘76 con un camionmesso a disposizione dalla Fiat. Sta viadue anni e sette mesi. Attraversa l’Euro-pa dell’est, l’Asia, arriva a Singapore,sbarca in Australia e se la fa tutta, arri-va in Africa e la percorre nella massimalunghezza da città del Capo alla Tuni-sia, passa per Genova a prendere la na-ve per l’America Latina (e mentreaspetta la nave si sposa!), proseguedunque in Sudamerica, va in Terra delFuoco, risale fino agli Stati Uniti, prose-gue per Canada e Alaska, torna e NewYork, vola a Lisbona e arriva finalmen-te a casa. Dopo 184.000 chilometri. È ilpiù lungo giro del mondo mai compiuto

con un camion. Un record che resisteancora nel Guinness dei primati.In tutto questo “andare”, Gerolimettoscopre, stavolta sì, la fotografia: scat-ta quattromila istantanee, contro le

sessantamila del compagno di viaggiofotografo.“Dopo quel viaggio, la testa per il lavo-ro e la vita quotidiana non c’era più –ricorda –. Ho lavorato ancora due o treanni, poi ho detto basta. E dall’84 hocominciato a fare soltanto il fotografo.Sono stato fortunato, perché sono en-trato presto in un buon giro, non hodovuto fare troppa attesa. Ho comin-

ciato presto a lavorare per i grandi edi-tori milanesi, continuando a girare ilmondo, ma stavolta per lavoro, foto-grafando per riviste di viaggio, di na-tura, di ambiente. Da Time a Panora-ma, da Airone a Epoca”.E arrivano anche i libri fotografici, sul-le grandi città del mondo e le capitali.Ma la gran parte dei suoi libri, Geroli-metto li dedica al suo Veneto. Nasconocosì “Venezia”, “Veneto d’acqua”,“Plaga felix”, “Il giardino veneto”,

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Da sinistra:

Jaen,

Spagna, 1990;

Erg di Muyzuk,

Libia, 1998;

Salar di Uyuni,

Bolivia, 1978.

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“Veneto, l’immagine dell’anima”, finoall’ultimissimo libro, tutto dedicato aBassano del Grappa.“È stato il professor Italo Zannier, unavolta, a consigliarmi: nel tempo libero,fotografa la tua regione. L’ho fatto,adesso ho centomila foto sul Veneto. So-no immagini che fanno di questa regio-ne una terra molto più bella di quantosia in realtà – osserva –. Qualcuno mi

ha invitato a riprendere anche le brut-ture, ma proprio non ce la faccio a foto-grafare e a soffrire”. Da quando ha fatto della macchina fo-tografica il suo “arnese del mestiere”,però, Gerolimetto non può più evitareaerei e treni. Non è più come una vol-ta, quando saliva in macchina e non lofermava più nessuno. “Certo, adessol’aereo devo pur prenderlo, ma non midiverte – dice lui –. Se mi dicessero:qua c’è l’automobile, parti per il Suda-

frica, io partirei nel giro di un’ora. Su-bito. Ho sessantadue anni, ma non miimporta: parto. La testa è ancora quel-la di un trentenne”.Vien da pensare che tutto questo siapossibile solo per un uomo “single”, peruno che non ha famiglia. Invece no, Ge-rolimetto è sposato, con Lia Peserico.“È la santa di turno, capisce che la miaè una spinta più forte di qualsiasi cosa.

Però anche lei in questi anni ha viaggia-to molto con me, e molti libri sono an-che merito suo, del suo lavoro di prepa-razione e di studio”.Un uomo fortunato, insomma, il nostro.“Penso di sì – dice –. Ho sempre fattoquello che ho voluto, ho vissuto intensa-mente. Se morissi oggi, morirebbe unuomo contento”. Ma in realtà, di viaggiGerolimetto vuole farne ancora tanti.

Stefano Tomasoni

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La provinciain piazza

“Vicenza.La provincia

preziosaӏ il titolo

di un volumedi 500 pagine

che raccontail Vicentino

con una granquantità di foto

e una riccacollezione di

testi di autoriche conoscono

bene questaterra.

In questepagine

proponiamouno stralciodel capitolo

dedicatoalle festedi piazzavicentine.

Ogni centro della nostra provincia, pic-colo o grande, ha sempre destinato

un luogo nel quale i suoi abitanti potesse-ro riunirsi, assistere o partecipare a qual-che evento particolare, sia che fosse ricor-rente o straordinario. Il luogo non potevaessere che una piazza centrale, magari vi-cino alla chiesa, al teatro, al palazzo co-munale, nel corso dei secoli servito allepubbliche grida, ai festeggiamenti per lafesta del patrono, alle processioni religio-se, le parate militari, le cerimonie civili opatriottiche, i comizi politici, gli spettacoli,le luminarie e i fuochi d’artificio.Quindi, ogni momento della nostra storiamillenaria ha avuto come protagonista lapiazza, luogo deputato per eccellenza allavita pubblica della comunità. Perciò ognioccasione poteva essere buona per far fe-sta in piazza: come corollario a solennitàreligiose, a manifestazioni ludiche e spor-tive, a rassegne economiche, a promozio-ni turistiche, a eventi memorabili. E ognicentro della nostra provincia ha avuto – espesso conserva – una sua tradizione fe-

staiola, puntualmente rispettata. Citiamoqui, un po’ a caso qualcuna di esse: Bre-ganze con la festa del vino, Bassano e lamostra-concorso dell’asparago, Marosti-ca con la sagra delle ciliegie, Nove e ilconcorso della ceramica, Malo con la sfi-lata dei carri mascherati, Schio col moto-raduno del Pasubio, Sandrigo con la fe-sta del baccalà, Valdagno e Recoaro conla chiamata della primavera, Cesuna conla festa del ciclamino, Castelnovo di IsolaVicentina con la rassegna gastronomicaGran-Polu, Roana e Cesuna con la mo-stra dei cuchi, Valli del Pasubio con lasagra della soppressa, Arzignano con lafiera di Ognissanti, Nanto col concorsoNantopietra, Grisignano con la fiera delSòco, Costabissara con la sagra della bir-ra, e via di questo passo. […]

Vicenza, feste per nobili e popolo

Nel corso dei secoli, numerose furono leoccasioni per la città berica di veder gre-mite le sue piazze – soprattutto quella

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maggiore – per gli avvenimenti e le ma-nifestazioni più disparati. Particolarmen-te quando si trattava di festeggiare qual-che ricorrenza storica o qualche visitatoreillustre, di assistere a qualche torneamen-to equestre, oppure a parate, concerti, ce-rimonie. Il popolo gremiva indifferente-mente la piazza maggiore per assistere al“lavoro” della ghigliottina, oppure lapiazza dell’Isola per vedere le tauroma-chie. I nobili si davano convegno nell’an-fiteatro ligneo e smontabile eretto inCampo Marzo per assistere alle corse deicavalli scossi, nella piazza dei Signori peri loro caroselli allegorici, nel salone dellaBasilica e nel Teatro Olimpico per i lorofastosi spettacoli e ricevimenti.Durante un nevoso febbraio del 1784,fece epoca la corsa delle slitte, cioè una

sfilata in pompa magna ditrenta slittoni riccamente ad-dobbati, sui quali avevanopreso posto i nobili dellemigliori casate, che anda-rono a gara nel dimo-strare la loro maestrianel guidare i cavalli sulla su-perficie gelata del Corso e del giardinoValmarana (ora giardino Salvi) per ilgran finale. Centinaia di torce resinose,sostenute da una turba di lacchè, feceroluce all’eccezionale kermesse notturna,mentre una folla strabocchevole, asside-rata dal freddo pungente di quella notte,assisté imperterrita all’inusitato spettaco-lo, facendo ala al passaggio dei vari equi-paggi e salutando gioiosamente gli intre-pidi cavalieri. […]

In queste pagine,

alcune delle centinaia

di foto d’autore

raccolte nel libro.

In apertura,

mercato notturno

a Bassano del Grappa;

qui sopra,

l’ingresso del santuario

di Monte Berico.

È stato pubblicato di recente, su ideazione erealizzazione di Biblos Edizioni, il volume “Vi-cenza. La provincia preziosa”. Si tratta di unlibro a sua volta davvero prezioso, che in quasicinquecento pagine di grande formato scanda-glia ogni aspetto della vita culturale, artistica,storica, religiosa, naturalistica ed economicavicentina grazie ad una serie di testi realizzatida autori ed esperti di indubbio prestigio e aduna ricca galleria di fotografie di grande sug-gestione.Il volume si divide in sei aree tematiche, intito-late “Le origini” (la provincia sotto il profilostorico), “La luce, lo spazio, la natura” (lamontagne, i fiumi, la flora e la fauna, la ga-stronomia), “La città preziosa” (le piazze, igiardini, i castelli e le ville, i musei e i teatri,l’architettura palladiana, i luoghi della fede),

“La memoria popolare” (le feste, i mercati, icaffè storici), “La provincia erudita” (le faccia-te affrescate di Bassano, l’altopiano di Asiagoraccontato da Rigoni Stern) e “Il territorio ope-roso” (le varie tradizioni industriali tra passatoe presente).Dopo un testo introduttivo del vescovo di Vicen-za, mons. Pietro Nonis, “Vicenza. La provinciapreziosa” ospita contributi di trenta autori di-versi, tra i quali Giuseppe Barbieri, GiovanniCapnist, Giovanni Luigi Fontana, Danilo Lon-ghi, Paola Marini, Mario Rigoni Stern, RemoSchiavo, Renato Zironda. In queste pagine pro-poniamo alcuni passi del capitolo che, nel volu-me, Walter Stefani dedica alle feste in piazzache sono entrate nella tradizione popolare vi-centina. Anche le foto sono tratte dall’enormemateriale iconografico contenuto nel libro.

Vicenza, la provincia preziosa

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La Rua

In cinquecento anni divita, la fiabesca torre li-gnea vicentina ha seguitoe vissuto direttamentesulla propria immaginel’intero procedere delle vi-cende storiche, politiche edi costume della città. Natacome emblema d’un Colle-gio professionale e per unaprocessione religiosa, passòcol volgere di pochi decenniad assumere il valore di simbo-lo popolare per l’intera comu-nità berica. Una questione, inaltri termini, di campanile... mo-bile, trasportato lungo un percor-

so divenuto quasi subito canonico: dapiazza dei Signori per contra’ Muschieria,piazza Duomo, il Vescovado, piazza Ca-stello, poi il Corso fino alla svolta di con-tra’ Santa Barbara, col ritorno “trionfale”in piazza dei Signori.Qualcuno volle attribuire l’invenzione del-la Rua al Palladio; ma quando il sommoarchitetto era nella sua piena attività, laRua era già vecchia d’un secolo. È accer-

tato che contribuì in varie occasioni, apredisporre gli addobbi per la venuta aVicenza di qualche personaggio illustre, enon è quindi da escludere che egli possaaver partecipato ad arricchire anche laRua. Parte della più colorita tradizione lo-cale, specialmente ottocentesca, voleva in-vece che l’origine della Rua risalisse al ri-cordo d’una battaglia vinta dai Vicentinisui Padovani nel 1200: in particolare, allaconquista d’una ruota del Carroccio av-versario. Vero invece è che la Rua nacquepresso i notai quando questi decisero, nel1441, di creare qualcosa ben più impo-nente del cero che seguiva, assieme all’in-segna della categoria, la processione delCorpus Domini, solennizzata dal Comunesin dal 1389. Ma perché, poi, al centro delsimulacro doveva stare una ruota? Occor-re a questo punto ricordare che i notai sidividevano in Modulanti e Vacanti. I pri-mi, trecento in tutto, ripartiti in cinque se-zioni, si succedevano a turno negli incari-chi. Era stato tale periodico “giro” a ri-chiamare il movimento della ruota e a farnascere la relativa insegna del Collegio.Ecco perché, nella struttura della macchi-na, venne inserita una sorta di piccola gio-stra girevole nel senso verticale, dotata di

Qui sopra,

l’ultima apparizione

della Rua

in piazza dei Signori,

l’8 settembre 1928.

A destra, la Rotonda,

la più famosa

delle ville palladiane.

A pagina 55,

immagini legate

alla coltivazione

della terra.

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scanni su cui far salire alcuni bambini.Sembra assodato che la prima uscita dellaRua in tal foggia sia avvenuta nel 1444, eabbia subito goduto del favore generale.Tanto che, di lì a poco, ogni avvenimentoimportante per Vicenza, non più soltantodunque il Corpus Domini, diventò occa-sione perché la gran mole – anno dopoanno arricchita sempre più di figuranti vi-vi o in cartapesta, di stoffe vario pinte e dipennacchi – venisse fatta uscire dai ma-gazzini, quando addirittura non ricostrui-ta ex novo. Era il Comune stesso a richie-derla ai notai: i quali ben presto denuncia-rono difficoltà finanziarie, tanto che nel1483 decisero di non farla uscire, stante lacospicua spesa per il suo restauro.Cent’anni dopo, quando il problematornò a presentarsi, venne interessato ilComune che deliberò di “municipalizza-re” il simulacro, grazie anche all’interes-samento del nobile Pietro Paolo Bissari.Ecco perché dal 1585, anno della pubbli-cizzazione del patrio spettacolo, ebbe ori-gine anche il saluto: «Viva la Rua di casaBissara!», lanciato in segno di gratitudineda figuranti e popolo.La trasformazione in una accezione piùlaica dell’iniziativa procedette comunqueancora: dal 1616, la torre iniziò a giraresolo al termine della processione. Questoperché le autorità religiose non sembrava-no più disposte ad accettare che la folla,nel giorno del Corpus Domini, attendesse-ro con più ansia il transito della Rua chenon quello del Santissimo. Col passare deltempo, le dimensioni della torre lignea sifecero sempre più imponenti, fino a oltre24 m d’altezza e a un peso di ottantaquintali. Cosicché aumenterà anche il nu-mero dei facchini “precettati” per trasci-narla, che raggiungeranno l’ottantina. As-

sieme alla folla cittadina e “foresta” au-menterà anche l’interesse della Rua comefenomeno sociale, come “passaporto col-lettivo” a una giornata di autentici bagor-di, e s’infittirà anche il numero degli invia-ti dei giornali italiani, perché ogni uscita,scatenando tutta una serie di festeggia-menti popolari, poteva fornire interessantispunti di colore e di costume. Ovvio cheun simbolo di tale presa venisse caricatoanche di significati politici. Durante la lorooccupazione, i Francesi al posto dell’origi-nale Leone di San Marco appiccicaronosulla Rua il caratteristico Gallo d’Oltralpe,col cartiglio «Libertà ed Eguaglianza», gliAustriaci vi imposero l’Aquila bicipite de-gli Asburgo mentre, dopo l’Unità, essa di-venne tutta tricolore arricchita con gli scu-di di casa Savoia. L’ultimo percorso “nor-male” attraverso il centro storico venne ef-fettuato nel 1901. Undici anni dopo, laRua sarà trascinata soltanto in piazza deiSignori e in piazza Biade, dal momentoche le vie del suo “giro” erano già occupa-te dai fili dell’illuminazione elettrica, deltelegrafo e del tramway.L’ultima uscita risale al 1928, con l’ac-compagnamento dei labari fascisti. Poi losmontaggio e il deposito al Lazzaretto inGogna, dove verrà completamente di-strutta dai bombardamenti aerei dell’ulti-ma guerra. Così, mentre la vecchia e glo-riosa Rua lanciava al cielo le sue ultimefaville come fossero gli estremi sussulti diuna persona morente, anche Vicenza erain fiamme e semidistrutta. Quasi a signi-ficare, emblematicamente, la fine di un’e-poca. Cioè di quella Vicenza di ieri a noicosì tanto cara, e che amiamo ricordarespesso nei nostri conversari.

Walter Stefani

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Il nuovo consiglio delcomitato piccola industria

Giordano Malfermo, presidentedella Eltra di Sarego è stato elettoalla guida del Comitato piccolaindustria dell’Associazione. Su-bentra a Gianfranco Pavan.I vicepresidenti sono GianninoBeschin (Conceria Beschin Gino,Arzignano) e Giorgio Tassotti(Grafiche Tassotti, Bassano delGrappa). Il consiglio direttivo èinoltre composto da Luisa Silve-stri Bandini (Errepidueveneto,Vicenza), Paolo Bastianello(Marly’s Confezioni, Arzignano),Marisa Converti (CDS SecurityVicenza, Vicenza), GiuseppeFilippi (Pieffe Plast, BolzanoVicentino), Ernesto Graizza-ro (Luigi Graizzaro, S.PietroMussolino), Giorgio Giubi-lato (Giubilato Cicli, Cas-sola), Alessandro Mene-gatti (Menegatti F.lli, Vi-cenza), Luigi Morato(Harry’s Morato, Alta-villa Vicentina), Renato

Munaretto (F.lli Munaretto,Zanè), Francesco Pronio (Verada Pozzo, Thiene), RobertoSalviato (Lab. Chimico farm.Sella, Schio), Gaetano Stella(Azalea, Caldogno), GianfrancoPavan (Camoter, Vicenza, pastpresident).

Bonaguro confermatopresidente a Bassano

Giampaolo Bonaguro (Edithink,Marostica) è stato confermato peril prossimo biennio alla presiden-za del Raggruppamento di Bas-sano del Grappa dell’Associazio-ne. Potrà contare ancora sul con-tributo di Antonio Francesco Biz-zotto (Sace & C., Rosà) alla vice-presidenza, e dei consiglieri Lu-dovico Barettoni (Dr. Barettonigià Antonibon, Nove), ValerioBresolin (Hydor, Bassano delGrappa), Silverio Cerato (Silmar,Romano D’Ezzelino), AureliaDilda (Baggio Tecnologie, Tezze

sul Brenta) Domenica Donaz-zan (Bonotto, Mol-

vena),

Michele Eger (Conjugi Eger,Mussolente), Antonio Fiorese(Fiorese Silvano, Bassano delGrappa), Fabio Giolai (Gipel,Rossano Veneto), GiovanninoManca (Comalat, Cartigliano),Giovanni Menon (Raasm, SanZeno di Cassola), Carlo Orso(Ialc Serramenti, Romano D’Ez-zelino), Carlo Pasinato (Impr.Edile Pasinato Vittorio, Pove delGrappa), Mario Patuzzi (AxiosItalia, Bassano del Grappa),Gianfranco Rubbo (Rubbo Gian-franco, Marostica), Arianna Tas-sotti (Grafiche Tassotti, Bassanodel Grappa), Renato Zaltron(Masters, Bassano del Grappa).

Raggruppamento di Schio:conferma per Franco Masello

L’assemblea del Raggruppamen-to di Schio ha confermato Gio-vanni Franco Masello, ammini-stratore delegato della Deroma diMalo, alla presidenza del Rag-gruppamento stesso per il bien-nio 2001-2001. Conferma ancheper il vicepresidente, Albino Bi-

sio (Officine Bisio,Santorso).

Parz ia lmenterinnovato, invece,

il resto del consi-glio direttivo, di cui

ora fanno parte Gio-vanni Battista Bertol-

lo Conte (LanificioG.B. Conte, Schio),

Mario Ciscato (Foc Ci-

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scato, Velo D’Astico), Fulvio Da-roit (Daroitex, Schio), Luigi DeTomi (Iterra Impianti, Malo),Mirco Gasparotto (Arroweld Ita-lia, Zanè), Mario Meneghini (Ma-glificio Rover, Zanè), CarmelinoPessina (Norda, Valli del Pasu-bio), Carlo Primultini (PrimultiniF.lli, Marano Vicentino), MarioRossato (Finmoda, Schio), Ro-berto Salviato (Lab. ChimicoFarm. Sella, Schio), Paolo Xoc-cato (Xacus, San Vito di Leguz-zano) e Massimo Zampieri (Its,Schio).

Energindustria, accordoanche per il gas metano

Energindustria, il consorzio del-l’Associazione industriali per lafornitura di energia alle aziende,ha firmato un accordo-quadrocon Edison Gas per l’erogazionedi gas naturale ed è partita con leforniture al primo blocco diaziende contrattualizzate.In questa prima fase, l’accordointeressa una quarantina di

aziende fino ad oggi servite daSnam e ora inserite in un proget-to-pilota su cui l’Assindustria stalavorando da tempo. L’accordocon Energindustria è uno dei pri-mi che Edison Gas ha siglato nelTriveneto e consentirà alle qua-ranta aziende per ora interessatedi risparmiare complessivamente2 miliardi e mezzo di lire nel cor-so del 2001.L’intesa prevede anche l’istituzio-ne di una commissione tecnica,composta da esperti di Energin-dustria e di Edison Gas, incarica-ta di valutare i risultati del pro-getto per arrivare a estendere lafornitura anche ad altre aziendedel consorzio.Per l’Assindustria, l’accordo si-glato con Edison Gas rappresentaun importante passo avanti sullastrada dei consorzi di aziende perabbattere i costi energetici.

È nato Unionfidi,dalla fusione tra CPI Fidie Confidexport

Si chiama Unionfidi ed è unanuova realtà consortile dell’Asso-ciazione industriali, nata dallafusione tra Confidexport e CPIFidi. Il nuovo consorzio fa partedi un sistema che unisce ancheConfidi e Assofidi e che rappre-senta oggi, all’interno dell’Assin-dustria, un sistema di 835 azien-de affidate per un totale di 510miliardi.Nel programma del nuovo con-sorzio, c’è la volontà di far cono-

scere al maggior numero di im-prenditori possibile le opportu-nità di cui possono disporre. So-no anche in programma signifi-cativi interventi di abbattimentodei costi fissi per alcune praticheagevolate di largo utilizzo da par-te delle piccole imprese. Saranno

semplificati i flussi informativi ele procedure operative per rende-re più agevole il ricorso ai servizi:sarà infatti possibile, entro l’an-no, scaricare via Internet i docu-menti da compilare e restituire alconsorzio, tramite un sito di sem-plice e immediata consultazione.

Una ricerca sull’evoluzionedel distretto orafo vicentino

“Tradizione ed evoluzione: il di-stretto orafo vicentino”. Questo iltitolo di una ricerca sull’oreficeriavicentina che la sezione orafi eargentieri dell’Associazione hacommissionato al Dipartimentodi tecnica e gestione dei sistemiindustriali della facoltà di inge-gneria dell’Università di Vicenza.

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Uno studio per conoscere in mo-do approfondito gli scenari e leprospettive del settore orafo, cosìda definire meglio le strategie per

il futuro e capire quali potrebbe-ro essere le innovazioni da intro-durre sul versante tecnologico esoprattutto su quello commercia-le e gestionale.I temi affrontati sono numerosi:dagli aspetti normativi e istitu-zionali dell’industria orafa mon-diale (domanda e offerta delmetallo nel mondo), alle caratte-ristiche del mercato interno e in-ternazionale dei gioielli in oro,all’analisi dei mutamenti deicomportamenti d’acquisto deiconsumatori. La domanda el’offerta internazionale di pro-dotti orafi è stata oggetto di

un’analisi particolarmente accu-rata che ha permesso di racco-gliere elementi dettagliati su cia-scuno dei paesi maggiori pro-duttori e consumatori di orefice-ria. Questa parte della ricercaera importante per valutare op-portunità e minacce della cre-scente competizione internazio-nale per le imprese del distrettoorafo vicentino”.Una parte importante della ri-cerca è stata condotta medianteun’indagine sulle cinquantaprincipali imprese orafe dellaprovincia. I risultati dell’indagi-ne sono stati raccolti in un libro.

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L’industria vicentina si mantie-ne in salute. Nel periodo otto-bre-dicembre 2000 la produ-zione delle aziende vicentine èrisultata in leggero aumento,collocandosi sui livelli miglioridi tutto l’anno 2000. Per laprecisione, il 54% delle aziendeha dichiarato aumenti di pro-duzione (era stato il 50% secconel trimestre precedente), men-tre il 12% ha segnalato caliproduttivi. Il saldo, ovvero ladifferenza tra l’uno e l’altro da-to, è dunque ampiamente posi-tivo: +42, contro il +37 del tri-mestre precedente.Le esportazioni hanno eviden-ziato anch’esse una tendenzapositiva, ma meno evidente ri-spetto alla produzione: il saldotra chi ha segnalato export inaumento e chi in diminuzione èrisultato positivo di 23 punti,contro i 21 del trimestre luglio-settembre.La consistenza del portafoglioordini conferma il positivo mo-mento congiunturale. Da un la-to, sale dal 21,5 al 24,7% lapercentuale di chi dice di averelavoro assicurato per un periodomolto breve, meno di un mese;dall’altro lato, però, diminuiscedal 65 al 60% per cento la per-centuale di chi ha ordini per unarco di tempo che arriva ai tremesi, e aumenta (dal 13,5 al15%) il numero delle aziendeche possono organizzare la pro-duzione sapendo di avere da-

vanti un periodo di lavoro assi-curato superiore ai tre mesi.Anche il saldo occupazionale siè confermato su valori positivi:il 28% delle ditte ha segnalatoincrementi nel numero degliaddetti, mentre il 12% ha di-chiarato diminuzioni. È salitainvece la quota di aziende chesegnalano ritardi negli incassi:dal 29 al 36%.

I prezzi delle materie prime equelli dei prodotti finiti sono ri-sultati ancora in tensione: più disette aziende su dieci hanno de-nunciato prezzi in aumento perle materie prime.Le previsioni: per la prima par-te dell’anno gli imprenditori vi-centini si attendono la confermadel positivo andamento con-giunturale degli ultimi mesi del2000. Domanda interna edesportazioni dovrebbero ancoracrescere per circa il 40% delleindustrie. Anche l’occupazionesi conferma in aumento.

Osservatorio

PRODUZIONE ed EXPORTSaldi di opinione

PRODUZIONE3º trimestre 2000

Saldi di opinione

Imprese operanti in provincia 1999Attività connesse con l’agricoltura 15.225Estrazione di minerali 91Alimentare 858Tessile 705Abbigliamento 1.263Pelli e cuoio 946Legno 1.005Carta, stampa, editoria 436Chimica 194Gomma e materie plastiche 414Lav. minerali non metalliferi 887Metalmeccanico 6.141Altre industrie 2.352Energia 27Edilizia ed inst. impianti 8.584Commercio 17.237Alberghi e ristoranti 3.216Trasporti 2.711Servizi finanziari 1.225Servizi 6.454Istruzione 150Altri servizi pubblici 2.956

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Tassi e condizioni bancarieMercato creditizio vicentino.

I dati sono stati rilevati nel mercato creditiziovicentino al 28 febbraio 2001 su

un campione di imprese con positiviindicatori economico-finanziari.

Conto corrente

Tasso franco commissione 7,30%max scoperto

Spese per operazione 1.930

Valuta per assegni fuori piazza 3 gg. lav.

Anticipi su fattura/contratti

Tasso aperto 5,60%

Smobilizzo Italia

Tasso sbf 5,20 %

Commissione incasso effetti 4.050cartaceo

Commissione incasso effetti 3.350elettronico

Valuta portafoglio cartaceo 4,8 gg. lav.

Valuta portafoglio elettronico 4,7 gg. lav.

Operazioni con l’estero

Tasso lire per anticipi export 5,10%

Spread a favore della banca 0,30%su eurodivisa

Commissione valutaria 0,03 %

Crediti di firma

Fidejussione Italia 1,1 %

Indicatori di riferimento

Bce 4,75 %

Prime rate ABI 8,00 %

Euribor 3 mesi lettera 4,837 %

Rendimento lordo titoli pubblici 4,939 %

Pubblica AmministrazioneEfficienza dello Stato: economia, politica e giustizia - Surveys IMD

Posizione Qualità Attuazione Efficienza Efficienzain classifica delle politiche delle politiche giustizia burocraziasu 47 paesi economiche economiche

0 = giudizio negativo; 10 = giudizio positivo

Irlanda 3 7.20 6.53 8.37 5.93

Olanda 7 7.43 6.66 8.78 5.80

Finlandia 9 7.48 8.05 8.77 6.68

Stati Uniti 10 6.58 5.94 7.42 4.66

Canada 15 6.03 6.61 8.84 4.74

Regno Unito 17 5.96 5.70 7.96 4.24

Spagna 18 6.63 6.43 4.80 3.74

Danimarca 21 5.91 6.85 8.99 5.70

Giappone 22 4.77 4.28 6.59 3.10

Austria 25 5.53 5.60 8.53 3.47

Germania 28 4.66 4.92 8.35 3.55

Svezia 33 4.79 5.53 8.32 5.50

Portogallo 34 5.41 4.41 3.06 2.11

Grecia 37 5.47 4.69 5.17 2.08

Belgio 40 5.42 5.01 5.03 2.89

Francia 41 4.46 5.82 6.15 2.68

Italia 46 3.77 3.04 2.99 1.48

InfrastruttureBenchmarking

Rete autostradale e ferroviaria nell’Unione Europea per paese(anno 1996 - numeri indici: U.E. = 100)

AUTOSTRADE FERROVIEPAESI Km per Km per veicolo Km per Km ferrovie/

abitante circolante abitante Km autostrade

Francia 118,0 111,0 131,0 111,0

Germania 103,0 96,0 122,0 118,0

Italia 116,0 88,0 67,0 57,0

Paesi Bassi 112,0 135,0 42,0 38,0

Portogallo 52,0 75,0 68,0 132,0

Regno Unito 41,0 51,0 67,0 164,0

Spagna 149,0 165,0 75,0 50,0

Svezia 105,0 114,0 268,0 256,0

Fonte: International Road Federation (IRF), Ministero dei Trasporti

EducationBenchmarking

Tasso di abbandono e durata media degli studi universitari

Fonte: Ocse

PAESI Durata media Tassodegli studi di abbandono

Giappone 4 11

Regno Unito – 19

Repubblica ceca 4 21

Irlanda 4 23

Finlandia 5 25

Germania 6 28

Olanda – 30

PAESI Durata media Tassodegli studi di abbandono

Danimarca – 33

Belgio – 37

USA 4 37

Francia 5 45

Austria 7 47

Portogallo 3 51

Italia 6 65

FISCOPressione fiscale sui redditi d’impresa

(imposte nazionali e locali; 2001)Paesi AliquoteItalia (1) 49,2Giappone 41Stati Uniti 40,8Belgio 40,17Germania 38,88Francia 37,77Lussemburgo 37,5Portogallo 37,4Spagna 35Paesi Bassi 35Austria 34Danimarca 32Regno Unito (2) 30 (20)Finlandia 29Svezia 28Irlanda (3) 24 (10)

(1) Aliquota implicita compresa l’Irap. Per la meto-dologia di calcolo si veda “Previsioni dell’economiaitaliana” Csc, dicembre 2000. (2) L’aliquota del20% si riferisce alla tassazione delle piccole imprese.(3) L’aliquota del 10% è relativa all’indsutria mani-fatturiera localizzata in certe zone del Paese.

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