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sperimentazioni con gli zuccheri cristalli edibili Gabriele Lucchia

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sperimentazioni con gli zucchericristalli edibili

Gabriele Lucchi!a

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Università degli Studi della Repubblica di San Marino /Università Iuav di Venezia /Corso di laurea in Disegno Industriale /a.a. 2012–13 /

Gabriele Lucchi!a /

Cristalli edibili Sperimentazioni con gli zuccheri /Nuovi materiali e processi produ!ivi /

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indice

06 materiali p. 16

02 contesto p. 6

01 concept p. 5

07 miscele p. 19

03 riferimenti p. 8

08 osservazioni p. 20

09 tipologie p. 22

10 inventario p. 25

04 obbiettivi p. 12

11 produzione p. 32

05 processo p. 13

12 forma p. 37

13 applicazione p. 40

bibliografia

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conceptIl proge!o, nato come sperimentazione sui materiali commestibili, dopo una prima fase di ricerca si è focalizzato in particolare sullo zucchero, come ingrediente principale di miscele e legante di agglomerati. A pari passo con la ricerca sui materiali, ho portato avanti la sperimentazione di un processo di creazione artigianale a!raverso l’uso di uno stampo rotazionale, al fine di arrivare a un ogge!o iconico che raccontasse l’intero iter di proge!azione.Per la prima volta nella mia carriera proge!uale ho a"rontato il tema del cibo, procedendo per fasi di transizione per arrivare a un prodo!o finale. Provenendo da a!ività in laboratorio, ho trovato nella cucina un ambiente fertile dove sperimentare, osservare e toccare con mano cosa succedeva, interrogando i materiali e facendomi guidare dai processi.

Sintesi dell’iter progettuale: dal materiale all’oggetto finito.

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Negli ultimi anni il design ha visto l’a"ermazione di nuove prassi e modalità di lavoro, tra cui i designer metonimici ed empiristi, che fanno della ricerca e sperimentazione il loro punto di forza.Spesso il loro lavoro ha radici molto oltre il design. A confine con l’arte e la moda, la ricerca va a pescare quasi sempre in una sponda eterologa e si moltiplica in prodo!i e installazioni. Per i designer che scelgono questa poetica, il processo e la materia contano più del risultato finale e, data la buona dimestichezza con la manualità, la prototipazione e l’alto artigianato, il loro interlocutore finale non è sempre necessariamente un’ azienda. Sperimentando su materiali edibili, mi sono dovuto approcciare alla disciplina del food design, ovvero la proge!azione degli a!i alimentari veri e propri. In sintesi ciò significa elaborare processi e#caci per rendere più agevole e contestualizzata l’azione di assumere una sostanza commestibile in un preciso ambiente

e circostanza di consumo, in relazione a un’analisi sociologica, antropologica, economica, culturale e sensoriale.La ricerca, tra elementi di chimica e alimenti di cucina, mi ha portato alla scoperta della cucina molecolare, una vera e propria scienza. Partendo dall’osservazione del comportamento dei cibi durante la preparazione, perme!e di trasformarne la stru!ura molecolare senza fare uso di sostanze chimiche additive. Niente di particolarmente strano, se si pensa che la cucina molecolare sfru!a la trasformazione degli ingredienti grazie ad alterazioni fisico-chimiche, un po’ come avviene per il pane, dove la fermentazione dei lieviti trasforma la farina e l’acqua.L’inventore di questa disciplina è il premio Nobel, Pierre Gilles De Gennes insignito della prestigiosa onorificenza per la fisica nel 1991. Dal 1992 De Gennes si è impegnato, con la collaborazione di chimici, biologi e cuochi, ad elaborare una “teoria della pietanza”. Da qui è nata la Gastronomia molecolare.

contesto

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In pratica, alla base di questa disciplina c’è l’intenzione di destru!uralizzare i sapori dei cibi, agendo sulla temperatura e consistenza delle pietanze, per crearne di nuovi senza l’aggiunta di additivi o altri elementi.Gli studi sulla materia sono iniziati in Francia a partire dagli anni ‘80 ed hanno recentemente fa!o approdo in Italia, dove lo scienziato di maggior spicco è Davide Cassi, che collabora con lo Chef E!ore Bocchia.A livello internazionale, importanti contributi alla gastronomia molecolare sono dovuti allo chef spagnolo Ferran Adrià, dal 1984 a capo della cucina del ristorante elBulli.Cardine della cucina molecolare è la revisione dei classici metodi di co!ura per creare nuovi sapori e per migliorare i pia!i dal punto di vista gastronomico e nutrizionale.

Formafantasma, Autarchy, Spazio RosanaOrlandi, 2010.Ettore Bocchia, Rombo assoluto cotto nel glucosio.

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Riferimentimangiamo ogni giorno, prestando una particolare a!enzione alla composizione delle materie prime, ai processi di trasformazione, ai metodi di conservazione e ai tipi di co!ura.Una volta giunto a individuare gli ingredienti principali con i quali sperimentare, ho seguito le ricerche condo!e da altri designer sul proge!o di ogge!i commestibili e non, realizzati con lo zucchero, individuato come elemento base delle mie miscele.

Nel mondo del design non è più una novità trovare dei designer che a"rontano la disciplina occupandosi della ricerca di nuovi materiali; questi proge!i, però, poche volte hanno come fine un prodo!o di food design. In ambito di sperimentazione alimentare, vi sono designer che lavorano con ingredienti abitualmente presenti in cucina, come i Formafantasma nel proge!o Autarchy; proge!isti che si occupano del riutilizzo degli scarti agroalimentari, come Alkesh Parmar in A Peel e Raúl Laurí Pla in Decafè, e una minoranza capeggiata dalla canadese Diane Leclair Bisson, che lega la ricerca a un ogge!o commestibile.Ho dovuto prendere in considerazione un ampliamento della mia ricerca valutando qualsiasi prodo!o alimentare che prendeva forma da una miscela di elementi in base a uno specifico metodo di produzione. Mi sono rivolto alla fisica e sopra!u!o alla chimica, coinvolte nella preparazione di tu!i i cibi che

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Raúl Laurí Pla, Koji s, Decafè, 2012. Diane Leclair Bisson, FoodNest, The Edible Project, 2011.Alkesh Parmar, A Peel, 2008.

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Italo Marchioni, Cono per gelato, Ben e Jerry’s Homemade, 1896.Fredric Baur e Alexander Liepa, Patatine Pringles original, 1967.Arantza Vilas (Pinaki Studios) e Chocolatl, Diamond pleat, Rococo Chocolates, 2012.

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Sebastien Cordoleani e Franck Fontana, Azucar, Papabubble, 2007. Greetje van Helmond, Unsustainable, RCA London, 2007. Fernando Laposse, Sugar glass, 2012.

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L’aspe!o rilevante di questo proge!o è la sperimentazione sul processo produ!ivo (stampaggio rotazionale) e sui materiali edibili indispensabili alla composizione delle miscele, per sfru!arne a pieno le cara!eristiche.L’evoluzione dalla cucina gastronomica classica al food design, come teorizzato dal designer spagnolo Martí Guixé, o"re la possibilità di relazionarsi con il cibo in modo diverso. È all’interno di questo cambiamento che si inserisce questo proge!o, mostrando come si possono veicolare i materiali, il contesto e le idee dietro il lavoro senza essere troppo espliciti o le!erali. Questo ci porta a considerare il design come un mezzo per comunicare idee, anche se non sono stre!amente legate al design. I prodo!i sono un mezzo particolarmente potente per fare ciò, grazie alle relazioni intime che instaurano con le persone, specialmente se si tra!a di cibo. Il cibo, l’elemento fisico indispensabile, si rivaluta continuamente e acquisisce un valore che va ben oltre quello

nutritivo.Il proge!o o"re inoltre la possibilità di portare a galla diverse questioni relative al rapporto tra produzione seriale e artigianato. Oggi quest’ultimo, a causa della rapida tendenza globale alla standardizzazione dei sistemi produ!ivi, ritrova la propria identità ed espressione nei prodo!i che costruisce, fru!o di un lavoro particolareggiato e vissuto in prima persona. L’artigiano domina l’intero processo produ!ivo, sperimenta una grande varietà di strumenti e materiali e considera l’errore come parte integrante dello stesso processo di sperimentazione. Il problema non è tanto evitare gli errori, quanto alimentare costantemente un senso di sfida verso se stesso e di curiosità verso ciò che lo circonda.

Obbiettivi

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PROCESSOmateriale o!enuti, è stato necessario uniformarne la forma e la dimensione. Ho scelto di lavorare perciò con uno stampo in silicone per dolci, che mi consentiva di o!enere dei campioni di forma cilindrica di diametro 55 mm e altezza 5 mm.Di volta in volta ho dovuto procedere in modo analitico seguendo con rigore le varie fasi del processo: peso dell’esa!a quantità degli ingredienti, co!ura della miscela su piastra ele!rica a fuoco basso, misura della temperatura fino al raggiungimento dei gradi o!imali, immissione nello stampo con relativa a!enzione ai tempi di solidificazione.A seguito delle prove svolte è stato possibile scegliere quali dei materiali sperimentati erano più idonei allo stampaggio rotazionale. Con questi ho iniziato la seconda fase di sperimentazione.

Il processo è una parte fondamentale di questa ricerca: partendo da materie prime alimentari sono arrivato a sperimentare diversi materiali commestibili per la produzione di ogge!i e nuovi alimenti. Fin dall’inizio si è reso necessario e"e!uare alcune scelte per cercare di dare dei confini al proge!o. Il primo limite che mi sono imposto, dopo un’accurata analisi delle miscele e dei metodi di produzione comunemente impiegati nella fabbricazione di molti alimenti, è stato di utilizzare lo stampaggio rotazionale. Questo metodo o"re la possibilità di o!enere degli ogge!i cavi partendo da miscele liquide che, una volta versate nello stampo e fa!e ruotare dalla macchina, solidificano. Dal metodo di produzione scelto è derivata la necessità di sperimentare diverse miscele che avessero la densità adeguata a essere versate in uno stampo e a solidificare in un lasso di tempo ristre!o.Per poter confrontare le cara!eristiche dei campioni di

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Processo di realizzazione dei campioni: cuocere gli ingredienti, versare la miscela nello stampo, estrarre il campione.

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Ebollizione della miscela eimmissione nello stampo.

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I limiti imposti dalla tecnica di produzione sono stati di grande aiuto per restringere il campo delle infinite possibilità che una sperimentazione sul cibo o"re. La consistenza della miscela che veniva versata nello stampo doveva essere infa!i abbastanza liquida e rapprendersi in poco tempo all’interno dello stampo senza bisogno che questo venisse riscaldato o ra"reddato.Per queste ragioni ho scelto di lavorare con sostanze liquide, solide e farinose che possedessero capacità addensanti e collanti. Ho riscontrato queste cara!eristiche in svariate sostanze per gelificare (colla di pesce, carragenina, pectina, agar agar, kuzu, carbossimetilcellulosa), negli zuccheri (saccarosio, fru!osio, glucosio), negli amidi (amido di mais, amido di riso, fecola di patate), nella farina e nelle uova.Dietro i materiali utilizzati ho scoperto un mondo vastissimo, a cominciare dalla quantità di zuccheri provenienti dai più remoti angoli della terra: il “Demerara”, uno zucchero di

canna chiaro in cristalli dall’aroma intenso dovuto alla presenza di melassa, proveniente dall’Isola Mauritius; il “Picaflor”, uno zucchero di canna chiaro proveniente dal Paraguay, dal colore ambrato e sapore delicato, che non sovrasta gli aromi; il “Dulcita”, uno zucchero di canna integrale prodo!o utilizzando un metodo artigianale tipico del nord dell’Equador, ricco di sali minerali e ferro, dal colore ambrato e l’aspe!o non cristallino; il “Mascobado”, uno zucchero di canna integrale con un leggero retrogusto di liquirizia, proveniente dalle Filippine. Oltre a questi qua!ro zuccheri estra!i dalla canna da zucchero, ho utilizzato dei comuni zuccheri bianchi italiani ra#nati e provenienti dalla barbabietola da zucchero.Per quanto riguarda le sostanze gelificanti ho lavorato sia con quelle di origine animale, costituite da proteine come la colla di pesce, che con quelle di origine vegetale, polisaccaridi, come l’agar agar e la carragenina.

MATERIALI

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Sciroppo di glucosio, agar agar, saccarosio da barbabietola da zucchero bianco.

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Colla di pesce, kuzu, amido di mais, uovo.

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MisceleHo iniziato la sperimentazione provando a creare dei campioni di materiale usando gli ingredienti precedentemente elencati singolarmente o mescolati con l’acqua, seguendo alcune rice!e trovate su libri di cucina molecolare. Essendo nuovo in questo campo, ho dovuto procedere a piccoli passi, ripetendo anche più volte lo stesso processo, fino a raggiungere il risultato desiderato.Il primo materiale con il quale mi sono cimentato sono stati gli zuccheri. Ognuno di essi ha solubilità in acqua, temperatura di fusione e potere dolcificante di"erenti. Per ogni zucchero ho provato co!ure a diverse temperature, in modo da o!enere campioni di consistenza, colore e trasparenza diversa. Sfru!ando infine il potere collante di questo materiale l’ho usato per unire altri elementi, come ad esempio fru!a secca e spezie. È stato interessante toccare con mano le cara!eristiche dei diversi campioni, assaggiarli e sopra!u!o fotografarli per me!erne

in risalto la trasparenza.Ho mescolato gli zuccheri anche con elementi insoliti ad esempio la grappa, il ca"è, il sale, il bicarbonato di sodio, l’aceto e il brodo vegetale. Anche da questa sperimentazione un po’ più azzardata, sono rimasto soddisfa!o.Conclusa l’esperienza con gli zuccheri, utilizzati come elemento primario, ho iniziato a lavorare con le sostanze gelificanti (spesso unite a zuccheri), inizialmente in modo classico (seguendo le rice!e), poi da autodida!a aggiungendo o togliendo gelificante, allo scopo di raggiungere una buona consistenza del materiale e diminuire i tempi di ra"reddamento. In questa fase si è reso necessario anche l’impiego di amidi per addensare la gelatina (amido di mais, amido di riso, fecola di patate), che mi ha fornito nuovi stimoli. Sarebbe stato interessante seguire le nuove prospe!ive aperte e ampliare il numero di campioni per avere una maggiore conoscenza di altri materiali ma ciò avrebbe richiesto più tempo.

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osservazionilimone

glucosio

bicarbonato

Il limone e altre sostanze acide rallentano il processo di indurimento della miscela perme!endo di controllare meglio il colore e la trasparenza del caramello.

Lo sciroppo di glucosio, come anche quello di mais e il miele, rendono la miscela più malleabile in fase di indurimento.

Il bicarbonato di sodio versato in una miscela dove c’è un acido (es. acido citrico) reagisce con questo formando biossido di carbonio, rendendo “bollosa” la miscela.

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Sale

Alcolici

Il sale rallenta il processo di indurimento della miscela, una quantità esagerata ne va a intaccare la consistenza del materiale.

Le sostanze alcoliche velocizzano la co! ura della miscela in quanto l’alcool ha una temperatura di ebollizione inferiore a quella dell’acqua.

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I risultati della sperimentazione sono stati circa un centinaio di campioni. Li ho suddivisi in tre famiglie, in base alle cara!eristiche che volevo me!ere in evidenza: colore/trasparenza, consistenza e agglomerati.Ogni campione è stato debitamente numerato ed etiche!ato. Nell’etiche!a è riportato il numero identificativo, la famiglia di appartenenza, gli ingredienti utilizzati (espressi in percentuale di grammi), il tipo di preparazione, la temperatura di co!ura e i tempi di solidificazione. Ho assegnato inoltre ad ogni famiglia un colore diverso andando a scegliere nella gamma di colori caldi, quegli stessi che più si avvicinavano ai campioni realizzati. Poichè il proge!o si colloca in un ambito artigianale, ho scelto di cara!erizzarlo in questo senso anche per gli aspe!i grafici, utilizzando una font handwriting per i titoli e spiegando i processi a!raverso illustrazioni eseguite a mano libera. Per ciò che riguarda la stru!ura vera e propria, ho scelto sia per le etiche!e,

che per le pagine della relazione una carta riciclata ed una rilegatura cucita a mano che lascia visibile il dorso.

tipologie

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colore/trasparenza

agglomerati

consistenza

C=5 M=35 Y=75 K=20

C=10 M=80 Y=90 K=0

C=40 M=95 Y=90 K=30

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Numero identifi cativo

Preparazione e co! ura

Tempo impiegato per solidifi care Tipologia Ingredienti

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inventarioPer ragioni di spazio non è stato possibile trasporre su questo testo tu!i i materiali sperimentati. Pertanto ho deciso di raggrupparli in so!ocategorie per descriverne almeno le cara!eristiche salienti. Di seguito sono quindi riportate 9 categorie di campioni, suddivise per tipologie, con la relativa descrizione, gli ingredienti utilizzati e la foto del campione più rappresentativo.I raggruppamenti sono stati fa!i in base alla preparazione eseguita, alle temperature di co!ura delle miscele e agli ingredienti utilizzati. Per esempio è possibile all’interno della famiglia dei “caramelli” (saccarosio co!o oltre i 140°) riconoscere le di"erenze di colore e trasparenza, conseguenti all’utilizzo di zuccheri diversi.

Campione realizzato con una miscela di zucchero e glucosio con l’aggiunta di un colarante blu.Campione della serie degli agglomerati con delle albicocche secche all’interno.

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Dai 60°, necessari alla solubilizzazione dello zucchero in acqua, ai 155°, oltre i quali la molecola di saccarosio si rompe, la miscela di zucchero e acqua assume diverse consistenze a seconda della temperatura e della quantità dei due ingredienti. Da questa tipologia di miscele si o!iene un materiale ruvido e non trasparente perché il saccarosio, in seguito all’evaporazione dell’acqua, si ricristallizza.

La soglia dei 155° rappresenta la temperatura oltre la quale una miscela di saccarosio e acqua viene considerata dai cuochi caramello. Dai 155° ai 160° si o!iene il caramello biondo dal colore chiaro e sapore delicato, oltre i 165° il caramello assume un colore bruno, più scuro e saporito, superati i 175° brucia e diventa inutilizzabile.

saccarosio cotto a T<155°

saccarosio cotto a T>155°

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Il saccarosio mischiato con altri zuccheri e portato a temperature oltre i 140° assume trasparenze, colori e consistenze di"erenti.Sono stati provati: sciroppo di glucosio, glucosio, fru!osio, miele, sciroppo di mais, zucchero vanigliato.

Miscele in cui la sperimentazione è più ardita: gli zuccheri vengono mischiati a diversi ingredienti sia liquidi che solidi, per o!enere campioni dalle cara!eristiche inaspe!ate.Gli ingredienti utilizzati in questo caso sono: acido citrico e bicarbonato di sodio, aceto, sale, ca"è, tea, cioccolato, formaggi, brodo vegetale, vino, birra e altri alcolici.

Zuccheri e...

zuccheri e Dolcificanti

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I campioni appartenenti a questa categoria sono tu!i realizzati colando la miscela di zucchero calda sopra agli agglomerati precedentemente disposti nello stampo.Gli ingredienti utilizzati sono: fiori di camomilla, arancia secca, uva secca, albicocche secche, mirtilli secchi, cedro candito, infuso di arancia e melograno, infuso ai fru!i rossi, pinoli, mandorle.

Le miscele che riguardano tale categoria sono composte di zucchero e spezie in polvere, queste ultime non si sciolgono neppure a temperature elevate e restano sospese nel materiale.Gli ingredienti utilizzati sono: pepe nero, zenzero, cannella, sale grosso.

Zuccheri, frutta secca e infusi

Zuccheri e Spezie

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Le miscele che riguardano questa categoria sono composte con diversi zuccheri uniti a cereali, alcuni sono mischiati in co!ura, altri disposti nello stampo e poi ricoperti di zucchero caldo.Gli ingredienti utilizzati sono: sesamo, mais per pop corn, riso so#ato, quinoa so#ata, cereali a fiocchi.

Zuccheri e Cereali

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In questa categoria sono state testati diversi tipi di sostanze gelificanti. Ogni campione, a seconda del gelificante utilizzato, non ha solo una diversa consistenza ma anche una di"erente temperatura di gelificazione, fusione e un diverso tempo di indurimento.Insieme ai gelificanti sono stati utilizzati: zucchero, sale, brodo vegetale.

Oltre al procedimento precedentemente illustrato, per o!enere altre tipologie di campioni sono ricorso a di"erenti lavorazioni: la filatura dello zucchero, la preparazione a freddo della glassa e la cristallizzazione in soluzione satura.In questa categoria rientrano inoltre tu!i i campioni in cui per una particolare reazione la solidificazione non è avvenuta del tu!o, come ad esempio in presenza di eccessive quantità di glucosio e sale.

Lavorazioni e reazioni particolari

gelificanti

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Alcuni dei campioni sperimentati messi sottovuoto.

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PROduzionestato formato per colata all’interno di un contenitore d’alluminio dov’era stato disposto l’ogge!o realizzato in cemento. Dopo 24 ore il processo di vulcanizzazione si era concluso ed era possibile aprire lo stampo.Studiando la tecnica del rotostampaggio, sia a livello industriale che artigianale, sono arrivato a proge!are e realizzare una macchina, che semplifica al massimo la produzione di ogge!i in questo modo. Naturalmente la tecnica da me utilizzata è pre!amente artigianale e prevede tempi più lunghi di esecuzione del pezzo, in quanto la macchina va alimentata manualmente.Lo stampaggio rotazionale è un processo che consiste nel posizionare il materiale all’interno di uno stampo cavo che viene fa!o ruotare lungo due assi in modo che il materiale aderisca alle pareti dello stampo in maniera omogenea. Ruotando all’interno dello stampo il materiale si ra"redda e, catalizzando, dà vita ad un ogge!o cavo.

All’inizio della sperimentazione ho provato diversi materiali al fine di trovare quello ada!o alla realizzazione dello stampo da utilizzare per lo stampaggio rotazionale. Il silicone si è rivelato essere il materiale migliore, dotato di un’elevata elasticità e di un eccellente e"e!o antiaderente, consente di sformare pezzi anche molto de!agliati. Innanzitu!o, per formare l’ogge!o con cui realizzare il calco, ho provato a usare per prima la plastilina, poi sono passato al gesso a presa rapida e da ultimo ho provato il cemento con cui ho o!enuto un risultato soddisfacente. Mentre la plastilina era possibile modellarla a mano, le miscele di gesso e cemento venivano versate in uno stampo in plastica (polipropilene) e prendevano forma per stampaggio rotazionale.La seconda fase è stata quindi la realizzazione dello stampo in silicone vero e proprio, utilizzando una gomma siliconica atossica della Prochima, la 184 silplay. Lo stampo è

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Processo di realizzazione degli oggetti: versare gli ingredienti, cuocere, versare la miscela nello stampo.

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Processo di realizzazione degli oggetti: stampaggio rotazionale, apertura dello stampo, oggetto finito.

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Macchina per lo stampagio rotazionale ferma e in movimento.

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Fasi di realizzazione dello stampo in gomma siliconica. Stampo in gomma siliconica aperto.

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FormaIl food designer si concentra più su questioni relative alla forma che sul gusto: con lui l’arte e la proge!azione entrano nella cucina. Bruno Munari, in Good Design, mostra come le “cose” della natura contengano in sé forme definite ed appropriate, che ad un’osservazione a!enta si rivelano ricche di rigore e di metodo e contemporaneamente di grande sorpresa e libertà. Possiamo a!ingere ad esse per costruire ogge!i che raccontino la natura e le qualità dei materiali, l’iter proge!uale e il processo creativo che sta alle loro spalle: metafora dell’alchimia, infinita tensione di trasformazione della materia vile a!raverso il processo creativo.Sono arrivato a concepire una forma scultorea che richiama quella del cristallo di saccarosio, l’ingrediente base di tu!a la ricerca. Spigoloso all’esterno e curvo all’interno, racconta il processo produ!ivo da cui è nato e consente di verificare la trasparenza delle superfici sperimentate.

Prove in gesso e cemento per la scelta della forma.

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Stampo in gomma siliconica per la realizzazione dell’oggetto iconico: in fase di estrazione del pezzo fi nito, aperto metre si versa la miscela.

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Oggetto iconico ottenuto per stampaggio rotazionale utilizzando una miscela di saccarosio, glucosio e acqua.

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APPLICAZIONEproge!o potrebbe essere un’istallazione presso un evento legato al design e/o al cibo. Un valido esempio è Lobmeyr Experimental Sweet Factory, che i designer Bertille & Mathieu hanno organizzato per la Vienna Design Week 2013. Si tra!erebbe più di una dimostrazione di come il prodo!o è fa!o che di una performance, che ha cara!eristiche più teatrali e vicine all’arte. A!raverso queste dimostrazioni, si può mostrare al pubblico il valore del prodo!o e averne un immediato riscontro, a!raverso un’esperienza di diverso tipo, visivo e gustativo ma sopra!u!o dimostrare che la funzionalità oggi va oltre l’uso e un ogge!o può contenere sia una sostanza che un’idea.

Il mio lavoro è una ricerca base: questa tesi non prevede delle applicazioni specifiche ma, vuole essere una sperimentazione a tu!o tondo.Quello che vado a delineare è solamente un concept di utilizzo per i materiali proge!ati.Nel food design il prodo!o buono incorpora nel proge!o elementi di usabilità ed ergonomia con tu!e le qualità politiche ed etiche proprie di un ogge!o commestibile contemporaneo. Inoltre, tale ogge!o commestibile può aprire la possibilità di tornare a mangiare con le mani, rinunciando al pia!o e ai coperti, invitando a liberarsi anche di un tavolo per mangiare.Il mio proge!o si rivolge sia all’ambiente domestico che alla ristorazione, in particolare potrebbe aprire la strada a un nuovo food format più aderente ai cambiamenti di abitudini della popolazione urbanizzata nell’alimentazione e nei modi di mangiare.Un’altra applicazione di questo

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Martí Guixé, Candy Restaurant, 2007. Martí Guixé, FoodBALL, Camper, 2004. Bertille & Mathieu, Lobmeyr experimental sweet factory, Vienna design week 2013.

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BibliografiaBeppe Finessi (a cura di), Proge!o cibo. La forma del gusto, Electa Mondadori, Milano, 2013

Martì Guixe, Transition Menu, Corraini edizioni, Mantova, 2013

Martì Guixe, Food Designing, Corraini edizioni, Mantova, 2010

Stefano Colonna e Fabiano Gua!eri, Cucina e scienza. Ingredienti - Processi - Menu, Hoepli, Milano, 2013

Anne Cazor e Christine Liénard, Manuale di cucina molecolare. 20 tecniche per comprendere 40 rice!e per provare, Bibliotheca culinaria, Lodi, 2009

Richard Hamilton e Vicente Todolì (a cura di), Comida para pensar, pensar sobre el comer, Actar Editore, Barcellona, 2009

Trish Deseine, Il caramello delle meraviglie, Guido Tommasi Editore, Milano, 2008

Stefania Barzini e Fabio Fassone, Sale un pizzico non vale l’altro, Gambero Rosso, Roma, 2007

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Chiara Alessi, Dopo gli anni zero. Il nuovo design italiano, Laterza, Roma, 2014

Edward De Bono, Creatività e pensiero laterale, BUR Rizzoli, Milano, 2010

Edward De Bono, Il pensiero laterale, BUR Rizzoli, Milano, 2010

Bruno Munari, Da cosa nasce cosa: appunti per una metodologia proge!uale, Laterza, Roma, 1981

Bruno Munari, Good Design, Corraini edizioni, Mantova, 1998

Riccardo Blumer, La pelle come limite, Corraini edizioni, Mantova, 2008

G. Cappellato (a cura di), Voglio ba!erti Robin Day, editrice compositori, Bologna, 2005

John Thackara, In the bubble, Umberto Allemandi & Co., Torino, 2008

Stefano Micelli, Futuro artigiano: l’innovazione nelle mani degli Italiani, Marsilio, Venezia, 2011

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Chris Anderson, La coda lunga: da un mercato di massa ad una massa di mercati, Edizioni Codice, Torino, 2010

Chris Anderson, Makers. Il ritorno dei produ!ori. Per una nuova rivoluzione industriale, Rizzoli Etas, Milano, 2013

Chris Le$eri, Making it. Manufacturing Techniques for Product Design, Laurence King Editore, Londra, 2012

Alberto Bassi, Design anonimo in Italia. Ogge!i comuni e proge!o incognito, Electa Mondadori, Milano, 2007

AA. VV., Speciale Food, allegato a “Domus”, 913, aprile 2008

Riccardo Blumer, Paradossi inaspe!ati, in “Domus”, 907, o!obre 2007, pp. 118-120

AA. VV., Around food, in “Area”, 109, aprile 2010

Deborah Duva, Melagrana, in “Inventario”, 6, 2012, pp. 48-55

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Grazie:

alla mia famiglia per avermi sostenuto in quest’avventura,

ai professori che hanno messo la loro competenza e cultura a mia disposizione,

a tu!e le persone con cui ho condiviso questi tre anni a San Marino.

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Stampato su carta riciclata Favini Shiro 120 g

presso la cooperativa sociale FuturaSan Vito al Tagliamento (PN)

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