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    CAPITOLO 8

    LA CRISTALLOGRAFIA

    Introduzione

    Negli ultimi 20 anni i contributi pi rilevanti al settore della biologia strutturalesono derivati da una parte dal sequenziamento del genoma umano e dallaltradalla risoluzione della struttura tridimensionale di migliaia di macromolecoleproteiche. Questultimo rappresenta il contributo derivante dal notevolesviluppo che ha interessato le tecniche per lottenimento dei cristalli proteici, lesorgenti ed i rivelatori di raggi X, i quali forniscono informazioni anche sui

    cristalli proteici delle dimensioni di qualche micron.n figura ! " rappresentato il numero di strutture tridimensionali di proteinedisponibili in funzione del tempo. #ino agli anni $0 era nota solamente lastruttura tridimensionale di una decina di proteine, che sono diventate uncentinaio alla fine degli anni $0%inizi &0. 'agli anni &0 il numero di strutturetridimensionali disponibili ha cominciato a crescere in maniera esponenziale edoggi nel (rotein 'ata )an*, la banca dati che contiene queste strutture, sonopresenti circa +0,000 proteine.

    Figura 1. Numero di strutture deposte nel PDB in funzione del tempo.

    a diffrazione di raggi X! da parte di cristalli proteici " la tecnica pereccellenza per risolvere la struttura tridimensionale di una proteina. Quandoun fascio di raggi X viene diretto verso un campione di proteina pura, unabuona parte del fascio passa direttamente attraverso di essa, ma una piccolafrazione viene dispersa dagli atomi del campione. -e il campione " un cristallo

    !aggi X / forma di radiazione elettromagnetica, con lunghezza donda dellordine di 0,!nm.

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    ben ordinato, le onde disperse si rinforzano in certi punti ed appaiono comemacchie di diffrazione quando i raggi X sono registrati da un rivelatore adatto#ig. 23. o schema di diffrazione, insieme alla conoscenza della sequenza diaminoacidi della proteina analizzata, pu4 essere usato per produrre un modelloatomico.

    Figura 2. Schema dellapparato per diffrazione X.

    a determinazione della struttura tridimensionale di una proteina " un passonecessario per capire i meccanismi molecolari della sua funzione biologica, inquanto la struttura " strettamente correlata con la funzione ed il problema pu4essere affrontato sperimentalmente con studi di cristallografia a raggi X o

    spettroscopia N5 o altrimenti utilizzando metodi predittivi.(er effettuare una buona indagine cristallografica " necessario anzituttoottenere dei buoni cristalli partendo da una soluzione di proteina estremamentepura. a proteina comincia a cristallizzare in seguito ad una rimozionecontrollata dellacqua della soluzione al fine di consentire alle molecoleproteiche di interagire tra loro e formare un reticolo proteico ordinato.6na volta ottenuto il cristallo sar7 possibile risalire alla strutturatridimensionale attraverso la procedura ed i concetti qui schematizzati/a3 6n fascio di raggi X che colpisce un cristallo viene diffratto in varie

    direzioni ed i raggi diffratti possono essere rilevati per mezzo di una pellicolaradiografica.b3 raggi X sono deviati dagli elettroni presenti nel campione e quindi il poterediffrattivo di un atomo " proporzionale al suo numero di elettroni un atomo di8 provoca una diffrazione 9 volte maggiore di un atomo di :3;c3 il modo in cui le onde diffratte si combinano fra di loro dipende soltantodalla disposizione degli atomi;d3 " possibile, quindi, partendo dal pattern di diffrazione, costruire

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    ttenere cristalli proteici ! difficoltoso

    acqua " un buon solvente per le proteine in quanto stabilizza le caricheelettriche presenti sulla superficie esterna della proteina e, avendo unaltacostante dielettrica, favorisce la separazione fra le cariche, sfavorendolaggregazione delle molecole fra loro.l cristallo " ottenuto per rimozione controllata del solvente, sebbene larimozione non sia mai totale, in quanto un cristallo proteico " costituito perunalta percentuale di acqua. a crescita di cristalli proteici avviene dasoluzioni di proteina estremamente pura, che sono rese sovrasature pervariazione di alcuni parametri chimico%fisici, come la costante dielettrica, laforza ionica e la temperatura. Queste alterazioni, che portano ad una variazionedella solubilit7 della proteine, devono essere molto graduali in modo da evitare

    aggregazione e=o fenomeni di polinucleazione crescita di numerosi cristallimicroscopici3. > tal fine viene inizialmente esplorato lequilibrio diprecipitazione in pozzetti di microdialisi, per poi passare alla rimozionecontrollata dellacqua attraverso scambi lenti in fase vapore.l cristallo " un reticolo ordinato di molecole #ig. ?3 % in questo caso molecoleproteiche % le quali si ordineranno quando potranno interagire tra loro tramitealcune superfici della molecola stessa.

    Figura "# rappresentazione $idimensionale di un

    cristallo con le sue celle elementari impaccate tra

    di loro.Nel disegno ogni cella contiene due oggetti

    correlati da simmetria $inaria% per e&idenziare il

    fatto che le molecole contenute in ogni cella di un

    cristallo sono sempre correlate in modo

    simmetrico tra loro.

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    @sistono tre classi principali di precipitanti attraverso le quali viene effettuatala rimozione controllata del solvente.@ssi usano meccanismi chimico%fisici differenti e sono elencati in Aabella !.

    'a$ella I. (genti precipitanti utilizzati per la cristallizzazione di proteine.

    e tre classi sono/

    sali inorganici che, aumentando la loro concentrazione, potenziano la forzaionica della soluzione favorendo la precipitazione delle diverse proteine. saliinorganici diminuiscono dunque la solubilit7 della macromolecolainfluenzando la forza ionica della soluzione.2

    2@sistono teorie molto articolate che spiegano la maggior parte dei fenomeni cheregolano il comportamento delle proteine in soluzione, ma " la teoria di 'ebBe%:uc*el, valida per le sostanze inorganiche ed anche per le piccole molecole organiche,ad essere quella pi semplice ed in grado di fornire delle indicazioni su comeprocedere per cristallizzare una proteina. >umentando la concentrazione di un

    elettrolita nella soluzione acquosa in cui si vuole far cristallizzare la proteina, si formaintorno ad ogni specie carica sia ionica che proteica3 unatmosfera di ioni di caricaopposta. effetto di tale atmosfera ionica " diverso a seconda della concentrazionedellelettrolita, ovvero della forza ionica C della soluzione, che " data dallespressione/

    ) * + , c-z-2dove c-" la concentrazione dello ione D%mo nella soluzione e z- la sua carica.Quando la concentrazione dellelettrolita " bassa, leffetto dellatmosfera ionica "quello di aumentare la solubilit7 della proteina, in quanto le interazioni con lemolecole di acqua divengono pi favorevoli effetto di Esalting inF3. Quando la forzaionica supera un certo valore massimo si ha la competizione fra elettrolita e proteina

    per le molecole di acqua; dunque la proteina avr7 meno solvente a disposizione e lasua solubilit7 tender7 a diminuire effetto di Esalting outF3; in questo caso pu4avvenire la cristallizzazione.

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    6n importante fattore nella scelta del sale di precipitazione " la sua solubilit7 inacqua, che deve essere abbastanza elevata, tale da evitare che precipiti primadella cristallizzazione della proteina. efficienza di un particolare elettrolita "proporzionale alla forza ionica della sua soluzione e quindi alla sua carica; gliioni bivalenti e trivalenti sono perci4 preferiti, sebbene anche la natura chimicadel sale costituisca un elemento importante, pur non essendone chiari i motivi.nfatti, a parit7 di forza ionica, la proteina con un determinato sale cristallizza,mentre con un altro rimane in soluzione o precipita in maniera amorfa. sali inorganici maggiormente utilizzati nelle cristallizzazioni di proteine sonoi seguenti/-olfati di sodio e di ammonio-uccinato di ammonio8loruro di litio

    8itrati di sodio o ammonio#osfati di sodio o ammonio8loruri di sodio o ammonio solventi organici sfruttano il fenomeno per cui aumentando la loroconcentrazione varia la costante dielettrica. effetto " duplice poichG unsolvente organico interagisce con le molecole di acqua analogamente ai saliinorganici, ma soprattutto contribuisce ad abbassare la costante dielettrica delmezzo. 8i4 riduce la repulsione elettrostatica tra le molecole e di conseguenzane aumenta lattrazione reciproca. primi solventi organici ad essere usati a

    questo scopo sono stati letanolo e lacetone ma, data la loro elevata volatilit7,attualmente si preferisce utilizzare un alcool a peso molecolare maggiore,dunque meno volatile/ il 2%metil%2,H%pentandiolo 5('3.(urtroppo non sempre " possibile impiegare solventi organici, perchG innumerosi casi provocano la denaturazione delle proteine.glicoli polietilenici (@I3 sfruttano da una parte la capacit7 di diminuire lacostante dielettrica e dallaltra di produrre un effetto di volume escluso, ovveroi glicoli si sostituiscono al volume occupato precedentemente dallacqua.(ossono avere diverso peso molecolare/ i pi usati sono quelli fra 2000 e 9000.l meccanismo dazione dei (@I non " ancora chiaro; probabilmente agisconosia come i sali inorganici, con un meccanismo di competizione con la proteinaper le molecole dacqua, sia con un meccanismo che si basa sullesclusione divolume. 6no studio approfondito sulle interazioni tra la proteina e le molecoledi (@I ha indotto a ritenere che si generano delle interazioni elettrostatichesfavorevoli che possono essere alla base di una separazione di fase dellaproteina dalla soluzione. vantaggi riscontrati nel loro uso consistono nel fattoche la maggior parte delle proteine studiate cristallizzano spesso in un ristretto

    intervallo di concentrazione di (@I +%!+ J3; inoltre il tempo necessario adottenere dei cristalli " breve rispetto a quello con gli altri agenti precipitanti.

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    ondizioni chimico/fisiche per la cristallizzazione

    n linea di principio tutte le molecole hanno la capacit7 di formare cristalli,benchG per ognuna di esse debbano essere individuate le specifiche condizionidi p:, forza ionica, temperatura, costante dielettrica etc. n passato la ricercadelle condizioni di cristallizzazione avveniva manualmente, mentre oggi vienerobotizzata allo scopo di accelerare lindividuazione delle condizioni ideali.(resupposto fondamentale per lottenimento di buoni cristalli " la possibilit7 diavere una proteina di purezza elevata ed in quantit7 rilevante. > tal proposito,la tecnica del 'N> ricombinante ha fornito un notevole contributo.a presenza di proteine contaminanti " il primo impedimento allottenimento dicristalli e la probabilit7 di ottenerne " legata alla purezza ed allomogeneit7 delcampione, requisito necessario, questultimo, affinchG le condizioni di

    cristallizzazione siano riproducibili. (er la medesima ragione anche laformazione di prodotti di deamidazione o di frammenti proteolitici deve essereevitata.Non esiste una concentrazione teorica ottimale per la cristallizzazione, sebbenesi tenda a mantenerla relativamente alta. n generale, pu4 definirsiconcentrazione ideale quella in relazione alla quale la precipitazione non siacosK veloce da generare un precipitato amorfo, nG eccessivamente limitata daprodurre quantit7 minime di precipitato. l p: " uno dei fattori pi importantinella ricerca delle condizioni di cristallizzazione di una macromolecola. @

    stato sottolineato il fatto che la differenza fra precipitato amorfo omicrocristalli e cristalli singoli possa essere data anche da una differenza disole 0.2 unit7 di p:. noltre, valori troppo alti o troppo bassi di p: possonoprovocare la denaturazione della proteina.a temperatura influisce sulla solubilit7 delle proteine/ sono state realizzateinfatti cristallizzazioni nellintero intervallo tra 0L8 e H0L8. n genere, lecristallizzazioni vengono condotte a temperatura costante, pi frequentementea HL8 o a 20L8. n tale contesto, anche la variabile tempo non " assolutamenteprevedibile; infatti larco temporale necessario ad ottenere la formazione dicristalli pu4 variare da poche ore a molte settimane se non, in alcuni casi, mesi.Ieneralmente, si cerca di tenere la velocit7 di nucleazione bassa, affinchG laformazione avvenga lentamente e si abbia una maggior probabilit7 di ottenerepochi cristalli abbastanza grandi, piuttosto che numerosi ma eccessivamentepiccoli.noltre, " stato osservato sperimentalmente che alcuni ioni metallici inducono ocontribuiscono alla cristallizzazione di alcune macromolecole. n molti casi taliioni influiscono sulla forza ionica oppure aiutano a mantenere compatta la

    struttura cristallina. n altri gli ioni metallici bivalenti sono stati utilizzati perstimolare la crescita dei cristalli, anche se il meccanismo dazione non " noto.

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    Quando ci sono proteine la cui cristallizzazione " invece inibita dalla presenzadi ioni, occorre aggiungere degli agenti chelanti @'A>3. Non bisognadimenticare che, spesso, laggiunta di un substrato particolare o di un coenzimaper la macromolecola favorisce la cristallizzazione, in quanto divenendo lastruttura pi rigida, limpaccamento " pi semplice.

    Procedure di cristallizzazione

    >vere una soluzione sovrasatura della proteina che interessa " fondamentaleper poter ottenere dei cristalli. 8i sono vari metodi per raggiungere lasovrasaturazione ma quello pi utilizzato " il Epending dropF EgocciapendenteF3, che permette lutilizzo di microquantit7 di soluzione. Questo

    metodo sfrutta lequilibrio di vapore che si viene a creare fra due soluzionidella stessa sostanza a concentrazioni diverse.Nel metodo del Epending dropF viene adoperato un bec*er chiuso da unpiattino sul quale viene messa una goccia di proteina, in genere ad unaconcentrazione di !0mg=ml #ig. H3. >lla goccia viene aggiunta una piccolaquantit7 di agente precipitante, mentre in fondo al bec*er " presente unasoluzione di agente precipitante saturato. n questo modo si verifica unoscambio di acqua in fase vapore con una lenta perdita di solvente allinternodella goccia ed un conseguente aumento della concentrazione della proteina

    che tende a cristallizzare.

    Figura 0. etodo del pending drop o

    goccia sospesa3.Sinistra# piattino con sopra &ersata una

    goccia di proteina con una piccola 4uantit5

    di precipitante. Il piattino ! poggiato con lagoccia allingi6 sul $ec7er% sul cui fondo si

    tro&a una soluzione saturata di agenteprecipitante. Destra# cristalli dellenzima

    8uBiSco da Anacystis nidulans ottenutimediante pending drop.

    @sistono diverse varianti del metodo del pending drop, ma in tutte lo scambiodi acqua " comunque molto lento ed avviene in fase vapore. > volte vengonoinserite nella goccia dei microcristalli ottenuti con altre procedure che possonofunzionare da centri di nucleazione per la formazione di un cristallo pigrande.Auttavia, ad oggi, le dimensioni del cristallo sono parzialmente limitanti, in

    quanto lutilizzo di sorgenti di raggi X sempre pi intense e di rivelatori semprepi sensibili permette di lavorare anche con cristalli dellordine di alcuni

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    micron. (er quanto riguarda le sorgenti, i cristallografi dispongono di sorgenti,nei propri laboratori, dove i raggi X sono generati bombardando con elettroniuna lastrina di rame ma i dati decisivi vengono molto spesso raccolti presso isincrotroni"#ig. +3.

    Figura 9. Schema di un sincrotrone.

    > tal proposito, in talia " stato inizialmente impiegato E>doneF, lacceleratorecostruito a #rascati per studiare la fisica delle particelle e che alla fine degli

    anni 10 " stato utilizzato come generatore di onde elettromagnetiche di varielunghezze donda. >ttualmente in @uropa esistono diversi sincrotroni, mentrelunico funzionante in talia " @lettra, che si trova a Arieste. l vantaggionellutilizzo dei sincrotroni " relativo allintensit7 della radiazione migliaia divolte pi intense rispetto alle sorgenti di laboratorio3 ed alla scelta dellalunghezza donda modulabile con continuit7 nellintervallo necessario3.noltre, lo sviluppo di procedure che consentono la raccolta di dati in tempidellordine del decimo di secondo, apre interessanti prospettive sulleinformazioni tridimensionali in funzione del tempo.

    aratteristiche del cristallo proteico

    6n cristallo ideale " costituito da una disposizione ordinata di molecole tale dadare un pattern di ripetizione regolare nelle tre dimensioni, con ripetizioni chesi estendono per migliaia di volte rispetto alla dimensione molecolare. 6ncristallo reale " un cristallo con una periodicit7 non perfetta dovuta alla

    ?-incrotroni/ acceleratori di particelle che danno luogo ad emissione di radiazioneelettromagnetica molto intensa

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    presenza di difetti e=o impurezze. 6n cristallo proteico " un cristallo conimperfezioni e con un alto contenuto di acqua cosK che alcune molecole non sitrovano allo stato cristallino ma sono in soluzione. a necessit7 di avere uncristallo per risolvere la struttura tridimensionale deriva dallesigenza didisporre di un pattern di diffrazione intenso. analisi strutturale in linea diprincipio pu4 anche essere condotta su una sola molecola, posto che siaisolabile, manipolabile e che esistano sistemi di rivelazioni altamente sensibili.l vantaggio di usare un cristallo " che le intensit7 di diffrazione sonoestremamente pi intense, in quanto ogni cristallo contiene da !0!1 a !0!&

    molecole proteiche.a forma di un cristallo " variabile e dipende dalla cella unitaria, checostituisce lunit7 simmetrica pi piccola la cui traslazione nelle ?' dia luogoal reticolo cristallino #ig. 9 e #ig. 13.

    Figura :. 8eticolo $idimensionale con e&idenziata la cella unitaria e lunit5 asimmetrica0.

    Figura ;. 8eticolo $idimensionale cone&idenziata la cella unitaria.

    >llinterno della cella unitaria ci pu4essere pi di una molecola proteica, come

    H Mesempio dei reticoli bidimensionali pu4 essere illuminante/ poichG il reticolosuddivide lo spazio in elementi identici, il problema di sapere quanti diversi reticolipossono esistere equivale a scoprire, ad esempio, quante diverse forme di piastrelleidentiche si possono usare per ricoprire un pavimento.

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    rappresentato nellesempio bidimensionale in figura 1. -olo deiparallelogrammi a quattro lati definiscono, per la forma della cella unitaria, itre reticoli semplici/ quadrato, rettangolare od obliquo, reticolo nel quale lacella unitaria " un parallelogramma con angoli non retti3. unit7 individuale "chiamata unit7 asimmetrica parte tratteggiata nella figura 13 perchG la suatraslazione nello spazio non riesce a riprodurre un reticolo regolare.-ebbene il cristallo si ottenga per rimozione controllata del solvente, non tuttoil solvente viene rimosso, come nel caso di figura $ dove " mostrato uncristallo di immunoglobulina.

    Figura

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    degli enzimi allo stato cristallino " identica a quella degli enzimi in soluzione,una volta corretta per la velocit7 di diffusione del substrato allinterno delcristallo. a presenza di un numero relativamente basso di interazioniintermolecolari fa si che i cristalli proteici siano estremamente fragili, infattilenegia che stabilizza il reticolo di un cristallo proteico " dellordine di alcune*cal=mol.

    =a diffrazione di raggi X da parte di un cristallo

    e varie tecniche di cristallizzazione permettono di ottenere cristalli dasottoporre a studi di diffrazione di raggi Xper acquisire informazioni sullastruttura tridimensionale della proteina in esame. a comprensione della

    struttura ?' di una proteina consente di decifrare i meccanismi della suafunzione biologica, che " strettamente connessa alla disposizione nello spaziodei gruppi di atomi. a diffrazione ai raggi X su singolo cristallo rendepossibile determinare la struttura di una proteina; essa richiede lutilizzo dicristalli di adeguate dimensioni +0%!00 Om3 ad elevato potere diffrangente.>ttualmente, un enorme numero di strutture proteiche, determinate grazieallanalisi di diffrazione ai raggi X, sono presenti nel Protein Data Bank(')3.n figura & sono rappresentate le onde elettromagnetiche in funzione della loro

    lunghezze donda, dalle radio e micro onde, fino allultravioletto ed i raggi X,passando da infrarosso e visibile.

    Figura >. Schema energetico delle &arie onde elettromagnetiche.

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    (er effettuare la diffrazione di un cristallo vengono utilizzati i raggi X, cio" unaradiazione che ha unalta energia e quindi una lunghezza donda minima adattaad esplorare distanze inter%atomiche. raggi X possono causare danni alleproteine in quanto altamente energetici. noltre, con le radiazioni vienegenerato calore ed in questi casi il raggio primario pu4 decomporre il cristallo.(er tali ragioni, i cristalli che sono sottoposti a raggi X, vengono spessoraffreddati fino a circa %!+0 L8.l metodo cristallografico per lo studio della struttura tridimensionale dellemacromolecole pu4 essere descritto attraverso una comparazione tracristallografia e microscopia ottica o elettronica3. a struttura atomica dellemacromolecole, caratterizzata da distanza biatomica dellordine dellP, vieneanalizzata con lunghezze donda tra 0.1 e 2.0 P, mentre il microscopio otticoutilizza radiazioni elettromognetiche tipiche della luce visibile.

    a radiazione X che colpisce una molecola proteica interagisce con le nuvoleelettroniche presenti su ciascun atomo e si propaga sotto forma di trasformatamolecolare A53. a A5 contiene linformazione strutturale completa dellamacromolecola che lha generata.e informazioni sono contenute nella modificazione delle ampiezze e dellerelazioni di fase tra le varie onde diffratte che si propagano nelle varie direzionidello spazio #ig. !03.

    l meccanismo di funzionamento delmicroscopio " lo stesso/ in figura "

    rappresentata una sorgente luminosa ed unalente che collima le onde sul campione.interazione dellonda elettromagnetica con ilcampione d7 luogo ad una trasformata otticache viene raccolta e ricomposta da unaltralente al fine di ricostruire unimmagineingrandita del campione in esame. n sintesi, ilprocesso " costituito da due fasi principali/!3 #ase di analisi, in cui il campione vieneanalizzato da una radiazione elettromagnetica23 #ase di sintesi, in cui la trasformata ottica omolecolare prodotta dal campione vieneutilizzata per ripristinare limmagine delcampione stesso.

    Figura 1?. onfronto tra microscopia ottica e

    cristallografia a raggi X.

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    Nel caso del microscopio ottico la ricostruzione dellimmagine ingrandita delcampione pu4 essere ottenuta tramite lenti, mentre nel caso dei raggi X ci4 non" possibile, pur essendo il fenomeno del tutto analogo.a diffrazione X infatti funziona esattamente nello stesso modo/ esiste unasorgente, un collimatore e linterazione con il cristallo che d7 luogo allatrasformata molecolare. >d oggi, non esiste alcuno strumento in grado diraccogliere londa diffratta e ricostruire limmagine, come avviene per ilmicroscopio ottico. n altre parole, non potendo disporre di ElentiF per raggi X,il processo di ricostruzione della macromolecola, che ha dato luogo allatrasformata molecolare, deve essere eseguito matematicamente. principi fisicialla base del suddetto processo sono ben noti per cui, se non si riscontrasserolimiti di tipo sperimentale, la ricostruzione tridimensionale non porrebbedifficolt7, se non limpossibilit7 di misurare sperimentalmente le fasi delle

    onde che costituiscono la trasformata molecolare.

    =a legge di Bragg ! alla $ase del fenomeno della diffrazione

    l fenomeno della diffrazione X pu4 essere compreso analizzando il fenomenodella diffrazione di unonda visibile effettuato con un EcampioneF costituito dauna maschera bucata presente e ripetuta regolarmente su un cartoncino. lpattern di diffrazione di una sola molecola costituita da sei atomi viene

    descritto da una funzione continua di varia intensit7 che " determinata dallastruttura della molecola. Quando la molecola " ripetuta in maniera regolare suun reticolo, le onde diffratte sono in fase in un numero limitato di direzioni. ntal modo, la diffrazione continua di una singola molecola diventa discreta econcentrata in pochi punti a causa della presenza di pi molecole su un reticoloordinato.-e le molecole sono ravvicinate, il pattern di diffrazione " ben separato, seinvece la distanza " ampia, il pattern di diffrazione " costituito da spotravvicinati tra di loro. 8i4 deriva dal fatto che la direzione delle onde diffrattedipende solo dal reticolo bidimensionale e non dalla struttura della molecola.Quindi il pattern di diffrazione di un reticolo cristallino d7 luogo ad un reticoloreciproco. o stesso avviene in tre dimensioni.Autto ci4 trae origine dalla legge di Bragg# @* 2dsin A,dove d " la distanzadelle molecole nel cristallo, teta3 " langolo di incidenza dellondaelettromagnetica sul cristallo stesso e R " la lunghezza dellondaelettromagnetica #ig. !!3.

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    Figura 11. =a legge di Bragg o&&ero la diffrazione da parte di un reticolo regolare.

    'alla misura della spaziatura del reticolo reciproco del pattern prodotto dalla

    diffrazione di un cristallo con una radiazione a lunghezza nota, " possibilericavare le dimensione del reticolo nello spazio reale.informazione strutturale sul contenuto della cella unitaria " contenuta nelleintensit7 delle singole riflessioni a cui hanno contribuito tutti gli atomi presentinella macromolecola. nfatti sono gli elettroni, che si trovano allinterno dellamacromolecola, a dare luogo al fenomeno della diffrazione e leffetto sar7 tantopi evidente per atomi pesanti, ovvero contenenti un elevato numero dielettroni. e molecole proteiche sono costituite principalmente da atomi diazoto, carbonio, ossigeno oltre che da idrogeni, ovvero da atomi

    essenzialmente leggeri.intensit7 dellonda diffratta " correlata allintensit7 dellonda incidente ed alfattore di scattering atomico tramite la seguente relazione

    I* I? F @"CcriCcu

    dove # " il fattore di scattering e Scri e Scu rappresentano rispettivamente ilvolume del cristallo ed il volume della cella unitaria. 'alla suddetta relazionesi evince che lintensit7 del pattern di diffrazione, nel caso di un cristalloproteico, non pu4 essere particolarmente intensa a causa di una serie di fattori

    2?0

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    sfavorevoli. nfatti # " in generale basso, essendo una macromolecola proteicacostituita da atomi leggeri. noltre, mentre il volume di un cristallo proteico ",in genere, ridotto a causa delle difficolt7 di crescita, il volume della cellaunitaria " ampio, essendo di rilevanti dimensioni la macromolecola in essacontenuta.l cristallo viene montato in piccoli tubi alla base dei quali vi " la soluzionemadre dalla quale il cristallo " stato ottenuto. tubi vengono sigillati e quindi ilcristallo permane in una situazione umida proprio per la presenza dellasoluzione madre agli estremi del tubicino #ig. !23.

    Figura 12. ristallo in tu$etto porta campione.

    Aale procedura impedisce al cristallo di rompersi per mancanza di umidit7. lrelativo pattern di diffrazione " riportato in figura !?. >ttraverso lanalisi dellesingole diffrazioni " possibile ottenere informazioni sulla strutturatridimensionale di una macromolecola.

    Figura 1". appa di diffrazione di un cristallo proteico.

    2?!

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    Il pro$lema della fase

    e diverse operazioni necessarie per ottenere la struttura tridimensionale di unamacromolecola sono riportate in figura !H sotto forma di schema a blocchi quidi seguito sintetizzate/!3 8ristallizzazione23 accolta dei dati diffratti?3 >ssegnazione di una fase ad ogni onda diffrattaH3 8alcolo ed interpretazione delle mappe di densit7 elettronica+3 affinamento della struttura atomica

    Figura 10. Diagramma di flusso riassumente le principali fasi di unindagine

    cristallografica.

    a difficolt7 di assegnare la fase corrispondente a ciascuna onda diffratta delcristallo, costituisce la questione centrale della cristallografia.+. Tgni onda "

    caratterizzata da unampiezza e da una fase. Nel processo di raccolta dei dativengono misurate le ampiezze delle onde che compongono la trasformata delcristallo, ma si perde ogni informazione relativa alla loro fase.l calcolo delle mappe di densit7 elettronica richiede sia la conoscenza delleampiezze, che possono essere ottenute dalla loro intensit7, che il valore dellecorrispondenti fasi. e onde diffratte dal campione possono interferire in

    +>l momento di valutare i dati di un esperimento di cristallografia a raggi X lunico dato adessere definito " lampiezza delle onde, ma per definire la struttura di una proteina si devono

    necessariamente specificare anche le EfasiF, che non sono direttamente determinabili. -arannodunque necessarie ulteriori metodiche perchG si possa realizzare una loro indirettadeterminazione. Autto ci4 " definito come Eproblema della faseF.

    2?2

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    maniera costruttiva dando uno spot di definita intensit7 sulla lastra dirivelazione. l raggio X colpisce il campione e lo EanalizzaF, conseguentemente

    ogni onda diffratta rappresentata dal vettore Fh*l contiene linformazionerelativa a tutti gli N atomi della molecola con coordinate UD, BD, zD /

    a3

    dove fD " il fattore di scattering atomico, proporzionale al numero atomico, che

    indica il potere diffusivo dei raggi X da parte di ciascun atomo D. a relazionedi cui sopra pu4 essere riscritta, utilizzando le propriet7 dei numeri complessi,

    sotto forma del prodotto del modulo del vettore Fh*lper la sua fase/

    b3 Fh*lV #h*leUp i Wh*l

    Fh*l" osservabile sperimentalmente, mentreWh*lsi perde nellesperimento.a fase di sintesi, la ricostruzione dellimmagine della molecola EanalizzataFdal raggio X3, prevede loperazione inversa a quella riassunta dalla a3. n unpunto di coordinate U,B,z dello spazio del cristallo le coordinate sono riferitealla terna di assi della cella elementare3, la densit7 elettronica U,B,z3 " definitadallespressione/

    c3

    dove S " il volume della cella elementare e la sommatoria " estesa alle infiniteonde diffratte. -e a ciascuna onda diffratta contribuiscono tutti gli atomisommatoria tra ! e N nella a3, alla ricostruzione della densit7 elettronica in unpunto contribuiscono tutte le onde diffratte del cristallo sommatoria della c3.applicazione della c3, dove per praticit7 la sommatoria " limitata ad unnumero finito di onde diffratte, porterebbe direttamente alla ricostruzione,

    punto per punto, della densit7 elettronica della proteina. l vettore Fh*l "conosciuto solo nel suo modulo e loperazione di ricostruzione denominata

    2??

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    Ycalcolo della mappa di #ourier della densit7 elettronica3 pu4 essere effettuatasolamente quando saranno conosciute le fasi Wh*l.6n esempio di ricostruzione di un profilo di densit7 elettronicamonodimensionale " rappresentato in figura !+, utilizzando quattro termini #0%

    #?per ricostruire la densit7 elettronica.

    Figura 19. 8icostruzione della densit5 elettronica partendo da 4uattro onde.

    a questione della fase viene affrontato attraverso tre procedure diverse/

    % la sostituzione isomorfa% molecular replacement% la dispersione anomala a varie lunghezze donda

    (er proteine completamente nuove, il metodo pi diffuso e tuttora valido " lasostituzione isomorfa/ la proteina di cui si vuole determinare la struttura vienemodificata inserendo, ad esempio, molecole con atomi pi pesanti nei canaliche ospitano solvente, in modo da semplificare il problema della fase. Questaprocedura pu4 coinvolgere uno o pi prodotti di sostituzione. Ieneralmente lemodificazioni vengono prodotte introducendo Eatomi pesantiF ovvero adelevato numero di elettroni. -u questa base, disponendo delle ampiezze delleonde diffratte del cristallo della proteina nativa non modificata (3 e di quellerelative alle proteine modificate (:!, (:2, (:?Z3, " possibile ottenereinformazioni sui valori degli angoli di fase Wh*lper la proteina non modificata e,sulla base di questi ultimi, eseguire un primo calcolo della densit7 elettronica.n figura !9 sono riportate una serie di modifiche utilizzate dai cristallografi

    per introdurre atomi pesanti, tra cui le pi diffuse utilizzano la reattivit7 dicisteine.

    2?H

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    Figura 1:. 8eagenti utilizzati per introdurre atomi pesanti.

    n figura !1 " descritto leffetto sulle intensit7 delle riflessioni di un cristallo diemoglobina in cui sono stati inseriti in maniera isomorfa due atomi di :g.

    Figura 1;. Effetto dellintroduzione di atomi pesanti sulle riflessioni di un cristallo di

    emoglo$ina.

    a sostituzione isomorfa presenta un elevato livello di difficolt7 e, insieme allaproduzione di cristalli, rappresenta lo stadio limitante la risoluzione dellestrutture tridimensionali.l metodo della sostituzione molecolare o Emolecular replacementF, vieneapplicato quando si deve risolvere la struttura tridimensionale di una proteinaper la quale " nota la struttura ?' di un componente della famiglia omologa diproteine. >d esempio, dalla conoscenza della struttura dellemoglobina umana

    " possibile risolvere la struttura dellemoglobina di cavallo, ricorrendo allatecnica della sostituzione molecolare.

    2?+

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    e fasi relative al suddetto metodo possono essere cosK sintetizzate/!3 8ristallizzazione della proteina incognita23 accolta dei dati di diffrazione?3 ecupero delle coordinate atomiche della proteina omologa ovverodella proteina modelloH3 8onfronto delle funzioni di (atterson opportuni strumenticrstallografici3 delle due proteine+3 (osizionamento della proteina modello nella cella elementare dellaproteina incognita93 8alcolo approssimato delle fasi sulla base del modello13 8alcolo della densit7 elettronica utilizzando le ampiezze sperimentalidella proteina incognita e le fasi ricavate dal modello.

    > seguito dellampliamento della banca dati cristallografica, tale proceduraviene applicata assiduamente.6n metodo di risoluzione alternativo " il multiple anomalous dispersion5>'3, in cui si impiegano differenti lunghezze dMonda e che si basa sulprincipio dell accentuazione della dispersione anomala di una classe didiffusori. a metodologia sfrutta la dipendenza della componente diffusivaanomala dalla lunghezza dMonda della radiazione incidente, in altre parole ilcambiamento di fase dovuto allintroduzione di un particolare atomo varia alvariare della lunghezza donda utilizzata. utilizzo di diverse radiazioni

    consente di ricostruire la diffusione anomala ed infine la soluzione delproblema della fase, in modo analogo alla sostituzione isomorfa, pur in assenzadi atomi pesanti.

    ualit5 del modello

    8ome detto precedentemente, linformazione relativa alla strutturatridimensionale di una molecola " presente in ogni singolo spot del pattern didiffrazione perchG ad esso hanno contribuito tutti gli atomi presenti nellamacromolecola. a ricostruzione di una struttura tridimensionale " quindipossibile, in linea di principio, sia analizzando un singolo spot che un limitatonumero di spot di diffrazione. a differenza sulle strutture ottenute riguarda larisoluzione con cui " ricostruita la struttura ?' della macromolecola. @importante sottolineare che lanalisi di un esiguo numero di diffrazioni non d7luogo ad una ricostruzione parziale, ovvero di una sola regione della molecola,ma alla produzione di un modello meno definito. Questo problema " ben

    descritto dallanalogo ottico riportato in figura !$ dove si vede che la qualit7

    2?9

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    dellimmagine ricostruita migliora allaumentare dellampiezza del pattern didiffrazione analizzato.

    Figura 1

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    Figura 1>. appe di densit5 elettronica a di&ersi gradi di risoluzione.

    interpretazione della densit7 elettronica costituisce un passaggiofondamentale nella risoluzione di una struttura tridimensionale. l processo "agevolato dalla conoscenza della struttura primaria e dallutilizzo di programmi

    di computer grafica che permettono di visualizzare la densit7 elettronica e dicostruire un modello di proteina stereochimicamente compatibile.6na volta creato il modello, esso va ottimizzato, inizialmente tramite unraffinamento cristallografico in cui vengono comparate le ampiezze calcolateed osservate attraverso la seguente formula

    8 * G H HFo$sH/HFcalcH3 HG HFo$sH3

    dove #obs" lampiezza osservata e #calc" lampiezza calcolata. Quando ha

    valori intorno a 0.?%0.H la differenza tra il valore sperimentale ed il valoreosservato risulta eccessiva. -i procede quindi per approssimazioni successive/le fasi calcolate tramite il primo modello costruito permettono di delineare unanuova e migliore mappa di densit7 elettronica, che permetter7 di perfezionare ilmodello, e cosK via. Quando " [ 0.!+% 0.!9 si pu4 parlare di un buon modellodella proteina. l raffinamento finale viene effettuato attraverso procedure diminimizzazione e di dinamica molecolare che consentono di far rilassare lastruttura in una configurazione compatibile con tutti i vincoli geometriciottenuti dalla diffrazione. a struttura proteica cosK ottenuta non solo soddisfa icriteri cristallografici, ma " anche accettabile da un punto di vista delle regole

    2?$

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    stereochimiche, determinate su peptidi o proteine precedentemente studiate.6na proteina raffinata ad alta risoluzione mostra valori degli angoli e \compresi nelle zone ammesse del diagramma di amachandran e le distanze dilegame variano in media per meno di 0.002 P. 6n modello di questo tipo "affidabile e adatto ad essere inserito nella )roo*even 'ata )an*. l modellodepositato, oltre a contenere le coordinate degli atomi appartenenti allaproteina, contiene anche il loro fattore di temperatura ). Questo ultimo tieneconto del disordine relativo a ciascun atomo che " preso in considerazionepesando il contributo per il fattore/

    ep /Bsin2A @23

    dove " langolo di ogni riflessione, R " la lunghezza donda usata e ) " il

    fattore di temperatura. 5aggiore " questo valore, minore " la localizzazionedellatomo. n una situazione ideale il disordine " dovuto unicamente allavibrazione termica e quindi ) pu4 essere correlato allampiezza quadraticamedia della vibrazione/

    B* K2

    Auttavia la vibrazione termica non pu4 essere considerata lunica fonte didisordine.l disordine in un cristallo pu4 essere sia di tipo statico che dinamico. l

    disordine statico " dovuto ad un cattivo ordinamento delle molecole allinternodel cristallo, mentre il disordine dinamico " dovuto ad unelevata flessibilit7intrinseca della molecola. 6n modo per discriminare tra queste due possibilit7 "di raccogliere dati a due diverse temperature. abbassamento dellatemperatura riduce infatti il disordine dinamico, mentre non ha nessun effettosul disordine statico.

    2?&

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