Cos'é la lettura per Romana Petri - La Stampa 19.06.2013

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  • 7/28/2019 Cos' la lettura per Romana Petri - La Stampa 19.06.2013

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    GLI STREGATI

    IlfascinodellaparolachesorprendeROMANA PETRI

    Prima di leggere (in-

    tendo quando anco-ra non sapevo farlo),

    mi piaceva molto ascolta-

    re chi lo faceva per me.

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    Dallaltro lato della barricata

    Abbiamo chiesto ai cinque finalisti del premio Strega 2013 di

    raccontare sulla Stampa che cosa per loro stare dallaltro lato

    della barricata, ossia non latto di scrivere ma quello di leggere.

    Dopo Alessandro Perissinotto (domenica scorsa) Paolo di Paolo

    (ieri) oggi la volta di Romana Petri, autrice del romanzo Figli

    dello stesso padre (Longanesi), i cui protagonisti sono due

    fratellastri, figli di due madri diverse ma, come dice il titolo,

    dello stesso padre. Nei prossimi giorni chiuderanno la serie

    Simona Sparaco e Walter Siti.

    Quante volte dovremmorileggerlounlibroperarrivarealla lettura definitiva? Questounlussochecisiconcedeconi libridellavita,quelli chece lhannopure cambiataunpo.Masarstato davverocoso stata solocosafortuita?

    Romana Petri autricedel romanzoFigli dellostesso padre(Longanesi)

    LETTURE

    Nellaparolachetisorprendesta ilbellodella lettura

    Uncertoaccumulodi stuporipotrrenderciunpopisaggiopipazziRomanaPetri, finalistadelloStrega,spiegachecosasignificaper lei leggere

    ROMANA PETRISEGUEDALLAPRIMAPAGINA

    Un tempo che non mailo stesso, che muta da li-

    bro a libro, ma che perme comunque un tem-po rispettabile, insom-

    ma, mai una volata. Certo, a volteper lavoro un libro si deve bere tut-to di un fiato (che strano, nel lin-guaggio giovanile, almeno a Roma,bersi qualcuno vuol dire fregar-lo), ma quando per il puro piacere,allora meglio non mettersi a cor-rere troppo. Il bello della lettura iltrasporto. Siamo qui che leggiamo,ma siamo subito anche da unaltra

    parte. Le parole lette diventano unarecitazione interna, fatta di pensie-ro, e intanto che ci si ascolta con ilproprio ritmo si va avanti ma puresi deve tornare indietro. Il piacerepuro richiede pazienza. Quandoleggo so che non sono io a doverpretendere qualcosa dallo scritto-re, ma lo scrittore che deve preten-dere qualcosa da me. E al gioco cisto, anzi, lo approvo in pieno. Dun-que mi dedico, compongo e scom-pongo per capire, anzi, per capirci amio modo che lunico in mio pos-sesso: seguire chi scrive ma met-tendoci quel tanto di me che alla fi-

    ne attacca il suo filamento. Lo sap-piamo, a ogni libro ogni lettore cimette una giunta che solo la sua.

    E ogni tanto tornare indietro,magari anche di pi pagine, perchallimprovviso una parola pare cifaccia comprendere in maniera di-

    vers a e fata le ci che pri ma aveva -mo inteso in altro modo. E che pe-na non trovarla, ch mica facileripescare una parole che avevamofissato con la memoria, che so, suuna pagina di destra, pi o meno amet. E allora ecco che si scorronotutte la pagine precedenti gettan-do sempre lo sguardo a destra equellaltezza, a volte pure inutil-

    mente, ch magari si trattato diuna memoria andata a finire nella

    stanza sbagliata del palazzo. Ab-bia mo credut o di ved erla in un c ert opunto, ma non era vero. Quando sitrova, capace che la caparbietdella ricerca ne ha fatto dimenticarela ragione, ma non importa. Stavoltale due parole (quella che ci ha spintoindietro e quella ritrovata) le segne-remo cerchiandole leggermente con

    E allora sul quaderno metto il titoloe lautore del testo, e da l parto fa-cendo ogni tanto qualche ragiona-mento, interpretando in pi manie-re per poi sottolineare quella checonvince di pi. Sar quella giusta?Deve esserci per forza? Certe volte,sfogliando i miei tanti quaderni, va-do di corsa a riprendere un libro. Sulquaderno, per fortuna, il numerodella pagina ce lo metto. Ma anchecos diverso, quello che ho scrittopu non combaciare con la rilettura.

    Avevo c api to megl io p rima o ad ess o?

    Ovviamente una questione di di-vers it : la mia . E allo ra un po ci sispaventa. Quante volte dovremmorileggerlo un libro per arrivare allalettura definitiva? Questo un lussoche ci si concede con i libri della vi-ta, quelli che ce lhanno pure cam-

    bia ta un po. Ma sar sta to davv erocos o stata solo cosa fortuita? Ma-gari, letto in altro momento, quel li-

    bro non sare bbe nem men o stat o trai prescelti. E invece, visto che pro-prio in quel dato momento labbiamoletto, tra i prescelti ci resta per for-za. Se ne fa una questione di princi-pio, come a non voler tradire noistessi. Nella lettura, la fretta non

    porta mai lontano. Allet di diciottoanni lessi un si aperse al posto diun si apr. Rimasi a pensarci mol-to, scrissi le due diverse forme su unfoglio e le pronunciai pi volte. Inquel si apr non cera tutto losquadernamento che intravedevonel si aperse. E me ne innamorai.

    Quando mi chiedono se la scrittura salvifica rispondo di no, che lo solola lettura. Ci salva ci che ci sorpren-de e dunque, a meno che lego non siaun caso clinico, non ci si pu sorpren-dere da soli. Sono le parole degli altria farlo. E donchisciottescamente sap-piamo che un certo accumulo di stu-

    pori potr renderci leggermente pisaggi, o pi pazzi, un po meno o unpo pi smarriti. Andr comunque be-ne perch le parole di chi ha scrittodiventeranno nostre mentre le legge-remo e saranno cos destinate a sali-re, ad ascendere. Alla fine anche aconvergere. Proprio come in quellostraordinario titolo che FlanneryOConnor and a prendere in una fra-se del filosofo e scienziato gesuitaPierre Teilhard de Chardin: Eve-rything that rises must converge. Tuttoci che sale deve convergere (anchese in italiano stato tradotto La vitache salvi pu essere tua), perch soloavendo la pazienza di convergere che,

    al dunque, libro e lettore se la inten-deranno proprio a dovere.

    una matita. Prima o poi ci torner inmente la necessaria comparazionerimasta in sospeso, lintuizione cheavrebbe rivelato ci di cui non era-

    vamo n emm eno in cerc a.Quando leggo ho sempre con me

    un quaderno. Il bello della lettura anche lardellare, ma mica si fa sullibro, sarebbe mancargli di rispetto.