Corte di Cassazione - copia non ufficiale · dell'IVA (e l'art. 1 Reg. CEE 918/83 prevede la...

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ORDINANZA INTERLOCUTORIA sul ricorso 21528-2014 proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende; - ricorrente - FEDERAL EXPRESS EUROPE INC-FILIALE ITALIANA in persona del procuratore speciale, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DI VILLA MASSIMO 57, presso lo studio dell'avvocato GUIDO BROCCHIERI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIANFRANCO DI GARBO, GIULIANA POLACCO giusta delega a margine; - controricorrente e ricorso incidentale - Civile Ord. Sez. 5 Num. 9150 Anno 2016 Presidente: PICCININNI CARLO Relatore: VELLA PAOLA Data pubblicazione: 06/05/2016 Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 21528-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

- ricorrente -

FEDERAL EXPRESS EUROPE INC-FILIALE ITALIANA in

persona del procuratore speciale, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE DI VILLA MASSIMO 57,

presso lo studio dell'avvocato GUIDO BROCCHIERI, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

GIANFRANCO DI GARBO, GIULIANA POLACCO giusta delega a

margine;

- controricorrente e ricorso incidentale -

Civile Ord. Sez. 5 Num. 9150 Anno 2016

Presidente: PICCININNI CARLO

Relatore: VELLA PAOLA

Data pubblicazione: 06/05/2016

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contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

- intimato -

avverso la sentenza n. 2878/2014 della COMM.TRIB.REG.

di MILANO, depositata il 28/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 09/12/2015 dal Consigliere Dott. PAOLA

VELLA;

udito per il ricorrente l'Avvocato FIORENTINO che ha

chiesto raccoglimento del ricorso principale il

rigetto dell'incidentale o il rinvio alla Corte di

Giustizia;

udito per il controricorrente l'avvocato POLACCO che

ha chiesto il rigetto del ricorso principale,

l'accoglimento dell'incidentale o il rinvio alla

Corte di Giustizia;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso

per raccoglimento del ricorso principale,

l'inammissibilità del ricorso incidentale

condizionato o il rinvio alla Corte di Giustizia.

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Lo svolgimento del processo

1. A seguito di verifica fiscale della Guardia di Finanza, culminata nel p.v.c.

notificato in data 18/09/2008, venivano emessi quattro avvisi di accertamento a

carico della società FEDERAL EXPRESS EUROPE INC. (FedEx) - filiale italiana

(appartenente al gruppo multinazionale facente capo alla FedEx Corporation) con

riguardo ai servizi di trasporto c.d. inbound da essa effettuati, consistenti nel

prendere in carico le spedizioni provenienti dal circuito internazionale e

provvedere alla successiva consegna ai destinatari sul territorio italiano.

2. In particolare, con l'avviso n. TMB067E01157/2012 (da cui origina la

presente controversia) veniva ripresa a tassazione, per all'anno 2007, una

maggiore IVA di C 1.913.970,00 con applicazione di sanzioni per C 5.167.719,01

a titolo di "omessa fatturazione di operazioni imponibili" e "dichiarazione di

imposta inferiore a quella dovuta", per non avere la società assoggettato ad IVA

i corrispettivi del trasporto al destinatario di documenti e beni di valore

trascurabile (c.d. piccole spedizioni, di valore inferiore, allora, a 22 euro),

nonostante esse non avessero scontato l'IVA in Dogana, poiché non soggette a

tale imposta ex art. 1, L. n. 479/92 (oltre che non soggette ai dazi, ex art. 27,

Reg. CEE 918/83 - ora art. 23, Reg. n. 1186 del 2009).

3. Ciò sulla base di una contestata interpretazione dell'art. 9, comma 1, n.

2, D.P.R. n. 633/72, in combinato disposto col successivo art. 69, comma 1,

ispirata all'art. 144 della Direttiva Iva n. 2006/112/CEE, per cui, ai fini

dell'esenzione da IVA dei servizi di trasporto eseguiti in Italia di simili beni,

sarebbe stata sufficiente l'inclusione dei relativi corrispettivi nella base imponibile

all'importazione, ai fini del pagamento dell'IVA - tanto sui beni importati quanto

sui servizi ad essi accessori - solo se dovuta, e senza duplicazione d'imposta.

4. L'avviso veniva impugnato dalla contribuente sia sotto il profilo formale,

per violazione dello Statuto dei diritti del contribuente, art. 12, commi 5 e 7 -

stante il protrarsi della verifica per oltre 379 giorni (di cui 59 non consecutivi di

effettiva permanenza presso la sede della società) e la mancata valutazione delle

osservazioni mosse ai rilievi del p.v.c. - sia sotto il profilo sostanziale, per una

serie di eccezioni: I) l'infondatezza della interpretazione data dall'Agenzia delle

entrate all'art. 9, comma 1, n. 2, DPR n. 633/72 - per cui il mancato

assoggettamento ad IVA delle c.d. piccole spedizioni rendeva necessario

l'assolvimento della relativa imposta sui corrispettivi dei servizi di trasporto -

quando con Circolari Ministeriali n. 26 del 3 agosto 1979 e n. 12 del 9 aprile

1981 la stessa Amministrazione finanziaria aveva distinto l'importazione con

modalità "franco destino", come quella di specie (in cui le spese di trasporto sul

territorio nazionale sono incluse nella base imponibile in dogana), da quella

"franco confine" (ove viceversa quella mancata inclusione comporta l'imponibilità n. 21528/14 R.G. Ag. Entrate c./ Federai Express Europe Inc.

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dei relativi corrispettivi); II) l'erroneità, nel quantum, dell'IVA pretesa, poiché

calcolata anche sui servizi doganali espletati in forza del Service Agreement

stipulato con FedEx International, pacificamente non imponibili, ai sensi dell'art.

9, comma 1, n. 4), DPR 633/72; III) quanto alle sanzioni, l'erronea applicazione

dell'art. 12, comma 5, D.Lgs n. 472/97 sul cumulo giuridico nonché l'impropria

applicazione della recidiva ex art. 7 commi 1 e 2, D. Lgs. cit.

4.1. In subordine, la contribuente formulava richiesta di sospensione del

giudizio e rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea sulla

compatibilità della normativa interna con l'art. 144 della Direttiva IVA.

5. Con sentenza del 27/03/2013 la Commissione tributaria provinciale di

Milano respingeva le eccezioni formali ma accoglieva, nel merito, il ricorso della

contribuente, la quale presentava anche ricorso alla Commissione Europea per

l'apertura di una procedura di infrazione nei confronti della Repubblica Italiana,

ex art. 258 T.F.U.E., a fronte di un trattamento IVA dei corrispettivi per il

trasporto di beni importati, di valore trascurabile, non conforme agli artt. 86,

comma 1, lett. b) e 144, Direttiva 2006/112/CEE, ottenendo dapprima un parere

favorevole del Comitato IVA ("Working paper n. 711" del 18/10/2011), poi

l'avvio della procedura di infrazione in data 27/09/2012, ufficializzata con la

Reasoned Opinion del 20/11/2013, ed infine (come emerge da successivo ed

analogo giudizio pendente tra le parti) l'adeguamento della normativa interna,

culminato nell'inserimento (ad opera dell'art. 12, comma 1, L. 29 luglio 2015, n.

115) del n. 4-bis) all'interno dell'art. 9, comma 1, D.P.R. n. 633/72, in base al

quale sono ora esenti da IVA "i servizi accessori relativi alle piccole spedizioni di

carattere non commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle

direttive 2006/79/CE e 2009/132/CE del Consiglio dell'Unione europea

sempreché i corrispettivi dei servizi accessori abbiano concorso alla formazione

della base imponibile ai sensi dell'art. 69 e ancorché la medesima non sia stata

assoggettata ad imposta".

6. La sentenza veniva confermata dalla Commissione tributaria regionale

della Lombardia, poiché l'interpretazione dell'Amministrazione era in "evidente

contrasto" con l'art. 144, Direttiva IVA 2006, e faceva dipendere il regime IVA

sul trasporto delle piccole spedizioni dalla insindacabile decisione della Dogana di

applicare o meno l'IVA all'importazione, tanto più che nella fattispecie concreta si

trattava di beni in importazione "franco destino", e non "franco confine".

7. Per la cassazione della sentenza d'appello n. 2878/2014 del 28/05/2014,

l'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso affidato a due motivi, cui la società

contribuente ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso

incidentale affidato a due motivi, corredato da memoria conclusiva ex art. 378

cod. proc. civ.

n. 21528/14 R.G. Ag. Entrate c./ Federal Express Europe Inc

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I motivi di ricorso in Cassazione

1. Con il primo motivo di ricorso principale, l'Agenzia delle entrate deduce la

nullità della sentenza impugnata, per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. - in

relazione all'art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ. - in quanto il giudice

di appello avrebbe ritenuto non imponibili ai fini IVA, per difetto del requisito

della territorialità, le prestazioni di trasporto di documenti e beni di trascurabile

valore "meramente in transito in Italia", quando era invece pacifico tra le patti

che si trattasse di trasporti effettuati all'interno dell'Italia, dagli spazi

aeroportuali sino al destinatario

2. Con il secondo motivo, l'amministrazione ricorrente deduce - in relazione

all'art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ. - la violazione e falsa

applicazione del combinato disposto dell'art. 2697 cod. civ., dell'art. 115 cod.

proc. civ., degli artt. 7, 9 e 69, D.P.R. n. 633/72, dell'art. 1, L. n. 479/92 nonché

degli artt. 86 e 144 della Direttiva del Consiglio 2006/112 CE.

2.1. In particolare, la ricorrente lamenta: "che l'art. 1 L. n. 479/92 - in

attuazione di direttiva comunitaria - prevede la non applicabilità - in Dogana -

dell'IVA (e l'art. 1 Reg. CEE 918/83 prevede la franchigia dai dazi) alle

importazioni di merci oggetto di piccole spedizioni (id est documenti o altri beni

di trascurabile valore, id est non superiore a 22 Euro)"; che "l'art. 9 n. 2 D.P.R.

n. 633/72 prevede la non imponibilità dei trasporti relativi a beni di importazione

i cui corrispettivi sono assoggettati all'imposta (IVA; NDD) a norma del primo

comma" del successivo art. 69, il quale a sua volta "prevede che in Dogana VIVA

si applica sul valore dei beni aumentato - fra l'altro - delle spese di trasporto -

all'interno della comunità - sino al luogo di destinazione"; che, pertanto,

condizione della non imponibilità a fini IVA dei servizi di trasporto "interno" è che

VIVA su detti servizi sia stata applicata ed assolta in Dogana.

2.2. Secondo parte ricorrente, una simile lettura delle norme interne non si

porrebbe in contrasto con la Direttiva del Consiglio 2006/112 CE, sia perché, non

essendo essa self- executing, la relativa applicazione avrebbe decorrenza dal 1

gennaio 2008, sia perché la fattispecie concreta sarebbe fuori dal campo di

applicazione tanto dell'art. 144 della Direttiva - che esenta le prestazioni di

servizi connesse con l'importazione di beni il cui valore è compreso nella base

imponibile - quanto dell'art. 86 della stessa - che fa rientrare nella base

imponibile il trasporto fino ai primo luogo di destinazione dei beni nel territorio

dello Stato, in quanto: a) l'importazione ed il trasporto internazionale sono stati

effettuati dalla FedEx (casa madre), mentre la filiale italiana ha effettuato solo il

successivo trasporto interno; b) le merci in questione non sono soggette ad

applicazione dell'IVA in Dogana.

n. 21528/14 R.G. Ag. Entrate ci Federa! Express Europe inc

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2.3. Difetterebbero dunque i presupposti sia del trasporto internazionale (in

quanto la prestazione in oggetto ha avuto inizio nello spazio aeroportuale, dopo

che il trasporto internazionale aveva avuto termine, con le operazioni di

"sdoganamento"), sia della inerenza o accessorietà della prestazione (in quanto

effettuata da soggetto diverso da quello che ha effettuato il trasporto

internazionale, ed in favore di quest'ultimo, non già del destinatario finale).

3. Nel controricorso, la società FedEx Inc. - filiale italiana ritiene le suddette

censure fondate su una interpretazione del diritto nazionale difforme dalle

disposizioni comunitarie e sollecita questa Corte, in caso di persistenti incertezze

sul trattamento IVA dei corrispettivi delle prestazioni di trasporto di beni di

valore trascurabile e di documenti, a sospendere il giudizio e riferire il caso alla

Corte di Giustizia UE. Propone altresì, per il caso di accoglimento del ricorso

principale, ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi.

3.1. Con il primo deduce - in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3)

cod. proc. civ. - la falsa applicazione degli artt. 9, comma 1, n. 4) e 12, comma

2, D.P.R. n. 633/72, per avere l'Ufficio illegittimamente computato nella

maggiore IVA accertata anche quella afferente ai servizi di sdoganamento resi da

FedEx Italia nell'ambito della propria "custom activity", pacificamente non

imponibili ai sensi del citato art. 9.

3.2. Con il secondo contesta - in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3)

cod. proc. civ. - la falsa applicazione degli artt. 12 e 7, commi 1, 2 e 3, D.Lgs. n.

472/97, per avere l'Ufficio applicato il criterio del cumulo giuridico alle violazioni

ripetute su più periodi di imposta, nonché aumentato le sanzioni nonostante la

correttezza e trasparenza della condotta della contribuente, oltre che per avere

impropriamente applicato sanzioni accessorie a fronte di questioni meramente

valutative, non già di comportamenti fraudolenti o evasivi.

4. Ritenuto preliminarmente di dover respingere, per infondatezza, la

censura di nullità della sentenza impugnata di cui al primo motivo del ricorso

principale - in quanto il giudice d'appello riferisce chiaramente la tesi dei beni

"semplicemente in transito sul territorio nazionale (donde la mancanza del

presupposto/requisito della territorialità ex art. 7 stesso DPR)" ad una pretesa

"lettura che la ricorrente/appellata offre dell'art. 9, comma 1, n. 2), del DPR n.

633/1972", mentre nei successivi capoversi della motivazione espone la propria

(diversa) lettura - questa Corte reputa invece necessario affrontare in via

pregiudiziale la questione della corretta interpretazione, alla luce delle

disposizioni comunitarie, delle norme interne sul trattamento ai fini IVA dei

corrispettivi delle prestazioni di trasporto sul territorio nazionale (dagli spazi

aeroportuali ai destinatari italiani, con la clausola "franco destino") di documenti

e beni importati c.d. di valore trascurabile (non superiore ad C 22,00).

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I riferimenti normativi comunitari

l. L'art. 27 del Regolamento del Consiglio del 28 marzo 1983, n.

918/83/CEE (in vigore dal 26 aprile 1983), relativo alla fissazione del regime

comunitario delle franchigie doganali (Gazz.Uff. CEE n. 105 del 23 aprile 1983) -

nel testo consolidato all'I. dicembre 2008, con Reg. (CE) n. 274/2008 -

stabilisce: "Fatto salvo l'articolo 28, sono ammesse in franchigia dai dazi

all'importazione le spedizioni composte di merci di valore trascurabile spedite

direttamente da un paese terzo ad una persona che si trova nella Comunità. Per

«merci di valore trascurabile» si intendono le merci il cui valore intrinseco non

eccede complessivamente 150 euro per spedizione" (valore originario 22 ECU,

poi così modificato dall'art. 1, comma 3, Reg. (CE) n. 274/2008).

2. L'art. 22 della Direttiva 28 marzo 1983 n. 83/181/EEC - cui corrisponde,

ora, l'art. 23 della Direttiva 19 ottobre 2009, n. 2009/132/CE (Gazz. Uff. UE n.

292 del 10 novembre 2009 Serie L, versione codificata, che determina l'ambito

d'applicazione dell'articolo 143, lettere b) e c), della Direttiva 2006/112/CE per

quanto concerne l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto di talune

importazioni definitive di beni (in vigore dal 30 novembre 2009) - stabilisce che

"sono ammesse in esenzione le importazioni di beni di valore totale non

superiore a 10 EUR. Gli Stati membri possono ammettere in esenzione le

importazioni di beni di valore totale compreso fra 10 e 22 EUR. Tuttavia gli Stati

membri possono escludere dall'esenzione di cui al primo comma, prima frase, i

beni importati nell'ambito di una vendita per corrispondenza".

3. La Direttiva del Consiglio 5 ottobre 2006, n. 2006/79/CE (Gazz. Uff. UE

n. L 286 del 17 ottobre 2006), relativa alle franchigie fiscali applicabili

all'importazione di merci oggetto di piccole spedizioni a carattere non

commerciale provenienti dai paesi terzi (in vigore 6 novembre 2006) esordisce

affermando: "1) La direttiva 78/1035/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978,

relativa alle franchigie fiscali applicabili all'importazione di merci oggetto di

piccole spedizioni a carattere non commerciale provenienti dai paesi terzi è stata

modificata in modo sostanziale e a più riprese. A fini di razionalità e chiarezza

occorre provvedere alla codificazione di tale direttiva. 2) Sarebbe opportuno

esentare dalle imposte sulla cifra d'affari e dalle imposizioni indirette interne

l'importazione in piccole spedizioni a carattere non commerciale provenienti dai

paesi terzi. 3) A questo riguardo per ragioni pratiche i limiti entro i quali si

applica questa franchigia dovrebbero essere per quanto possibile uguali a quelli

previsti per il regime comunitario delle franchigie doganali dal regolamento

(CEE) n. 918/83 del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativo alla fissazione del

regime comunitario delle franchigie doganali".

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3.1. Dopo questa premessa, la suddetta Direttiva all'art. 1 prevede: "1. Le

merci oggetto di piccole spedizioni, prive di carattere commerciale, spedite da un

paese terzo da un privato e destinate ad un altro privato che si trovi in uno Stato

membro, godono all'importazione di una franchigia dalle imposte sulla cifra di

affari e dalle altre imposizioni indirette interne. 2. Ai sensi del paragrafo 1, si

considerano come «piccole spedizioni prive di carattere commerciale» le

spedizioni che nel contempo: a) presentano carattere occasionale; b) riguardano

esclusivamente merci riservate all'uso personale o familiare dei destinatari e che,

per la loro natura o quantità, escludano qualsiasi interesse di ordine

commerciale; c) riguardano merci il cui valore globale non superi 45 EUR; d)

sono inviate dallo speditore al destinatario senza pagamento di alcun genere".

3.2. L'art. 2 della stessa Direttiva aggiunge, inoltre, che per prodotti quali

tabacco, bevande alcoliche, profumi, caffè e tè, la franchigia opera solo entro

precisi limiti quantitativi, restando nella facoltà degli Stati membri ridurre o

escludere dal beneficio della franchigia detti prodotti. Il successivo art. 3 dispone

poi che le predette tipologie di merci, laddove oggetto di una piccola spedizione

priva di carattere commerciale, ma in quantità superiore a quelle previste dalla

direttiva, sono totalmente escluse dal beneficio della franchigia.

4. La Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 (in

prosieguo «Direttiva Iva»), relativa al sistema comune di imposta sul valore

aggiunto (GU L 347, pag. 1) entrata in vigore il 1 gennaio 2007 - come

modificata dalla direttiva 2007/75/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2007 - che

ha sostituito la Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977 (in

prosieguo «Sesta Direttiva») in materia di armonizzazione delle legislazioni degli

Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di

imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1) -

come modificata dalla direttiva 2005/92/CE del Consiglio, del 12 dicembre 2005

- contiene, nel Titolo IX, Capo 5 ("Esenzioni all'importazione"), le disposizioni di

seguito indicate.

4.1. L'art. 143 della Direttiva Iva - corrispondente gli artt. 14, par. 1, e 28-

quater, parte D, della Sesta Direttiva - prevede (tra l'altro) che "1. Gli Stati

membri esentano le operazioni seguenti: a) le importazioni definitive di beni la

cui cessione da parte di soggetti passivi è, comunque, esente nel loro rispettivo

territorio; b) le importazioni definitive di beni disciplinate dalle direttive

69/169/CEE, 83/181/CEE e 2006/79/CE del Consiglio".

4.2. L'art. 144 della Direttiva Iva - corrispondente all'art. 14, par. 1 e 2,

della Sesta Direttiva - prevede che "Gli Stati membri esentano le prestazioni di

servizi connesse con l'importazione di beni e il cui valore è compreso nella base

imponibile, conformemente all'articolo 86, paragrafo 1, lettera b)".

n. 21528/14 R.G. Ag. Entrate c./ Federa! Express Europe Inc

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4.3. L'art. 86, primo paragrafo, della Direttiva Iva - corrispondente all'art.

11, parte B, par. 3, Sesta Direttiva - dispone: "1. Devono essere compresi nella

base imponibile, ove non vi siano già compresi, gli elementi seguenti: a) le

imposte, i dazi, i prelievi e le altre tasse dovuti fuori dello Stato membro

d'importazione, nonché quelli dovuti per l'importazione, ad eccezione dell'IVA da

riscuotere; b) le spese accessorie quali le spese di commissione, di imballaggio,

di trasporto e di assicurazione, che sopravvengono fino al primo luogo di

destinazione dei beni nel territorio dello Stato membro d'importazione, nonché

quelle risultanti dal trasporto verso un altro luogo di destinazione situato nella

Comunità, qualora quest'ultimo sia noto nel momento in cui si verifica il fatto

generatore dell'imposta".

I riferimenti normativi nazionali

1. Circa il regime IVA delle importazioni, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633

(Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto) non contiene - nel testo

vigente all'epoca dei fatti - specifiche disposizioni sui beni oggetto di causa

all'interno dell'art. 68 ("Importazioni non soggette all'imposta"), nel quale infatti

non figura la categoria dei «beni di valore trascurabile», se non limitatamente

alle "importazioni di campioni gratuiti di modico valore, appositamente

contrassegnati" (lett. b), accanto ad altre categorie come le c.d. cessioni

all'esportazione (lett. a) ovvero "ogni altra importazione definitiva di beni la cui

cessione è esente dall'imposta o non vi è soggetta a norma dell'articolo 72" (lett.

c), con riferimento ai trattati e accordi internazionali).

1.1. In adeguamento alle Direttive 83/181/CEE e 83/183/CEE del 28 marzo

1983 (come modificate, rispettivamente, dalle Direttive 88/331/CEE, del 13

giugno 1988, e 89/604/CEE, del 23 novembre 1989) - concernenti le franchigie

fiscali applicabili a talune importazioni definitive di beni - è stata invece emanata

la Legge 26 novembre 1992, n. 479 (GU Serie Generale n. 295 del 16/12/1992,

entrata in vigore il 31/12/1992), recante all'art. 1 la sostituzione dell'art. 12

delle disposizioni preliminari alla tariffa dei dazi doganali d'importazione,

approvata con d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, come segue: "Art. 12. - 1. Salvo

quanto previsto dal regolamento (CEE) 918/83 del Consiglio, del 28 marzo

1983, e senza pregiudizio delle maggiori facilitazioni stabilite dagli accordi

internazionali, è concessa l'importazione definitiva in esenzione dai diritti di

confine, diversi da quelli contemplati dal suddetto regolamento, delle merci per

le quali risultano soddisfatte le medesime condizioni prescritte, per la franchigia

daziaria, dal regolamento stesso. 2. Non sono soggette all'imposta sul valore

aggiunto le importazioni di merci per le quali l'esenzione dal predetto tributo è

disposta, con carattere di obbligatorietà, dalle direttive del Consiglio delle

Comunità europee adottate in materia di armonizzazione delle disposizioni

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riguardanti la franchigia dalle imposte sulla cifra di affari riscosse

all'importazione nel traffico internazionale dei viaggiatori, ovvero le franchigie

applicabili all'importazione delle merci oggetto di piccole spedizioni a carattere

non commerciale, o quelle applicabili alle importazioni definitive di beni personali

di privati provenienti da uno Stato membro, nonché dalle direttive del Consiglio

delle Comunità europee adottate in materia di determinazione del campo di

applicazione dell'articolo 14, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 77/388/CEE

del Consiglio, del 17 maggio 1977".

2. Con riguardo invece al regime IVA dei servizi di trasporto, lo stesso D.P.R.

26 ottobre 1972, n. 633 prevede (sempre nella versione vigente ratione

temporis):

2.1. all'art. 7, comma 1, lett. c), il criterio della territorialità proporzionale,

secondo cui "le prestazioni di trasporto si considerano effettuate nel territorio

dello stato in proporzione alla distanza percorsa";

2.2. all'art. 7, comma 4, che "non si considerano effettuate nel territorio

dello Stato le cessioni all'esportazione, le operazioni assimilate alle cessioni

all'esportazione e i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali di

cui ai successivi artt. 8, 8 bis e 9";

2.3. all'art. 9, comma 1, n. 2), che "costituiscono servizi internazionali o

connessi agli scambi internazionali non imponibili" - tra l'altro - "i trasporti

relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonchè

i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati

all'imposta a norma dell'art. 69, comma 1";

2.4. all'art. 69, comma 1, che, per le importazioni di beni soggette all'IVA,

"l'imposta è commisurata, con le aliquote indicate nell'art. 16, al valore dei beni

importati, determinato ai sensi delle disposizioni in materia doganale, aumentato

dell'ammontare dei diritti doganali dovuti, ad eccezione dell'imposta sul valore

aggiunto, nonché dell'ammontare delle spese d'inoltro fino al luogo di

destinazione all'interno del territorio della Comunità che figura sul documento di

trasporto sotto la cui scorta i beni sono introdotti nel territorio medesimo (...).

La procedura di infrazione

1. La Commissione europea, ritenendo incompatibile con gli artt. 143 e 144

della Direttiva 2006/112/CE l'articolo 9 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ha

avviato a carico dell'Italia la Procedura di infrazione n. 2012/2088, con

riferimento alla disciplina IVA dei costi accessori - come i costi di trasporto -

relativi ad importazioni di valore modesto.

2. A tale riguardo, in data 20 novembre 2013 la stessa Commissione ha

inviato all'Italia un Parere motivato, nel quale faceva presente: che secondo l'art.

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86 della Direttiva IVA, nella base imponibile dei beni importati in un Paese UE da

uno Stato terzo devono essere conteggiati, oltre al corrispettivo, anche le spese

accessorie, ivi comprese quelle dovute per il trasporto; che in caso di

importazione di un bene da uno Stato terzo, l'IVA può essere pagata

dall'importatore direttamente alla dogana, cioè all'ingresso nello Stato membro

dell'Unione; che in base all'art. 144 della Direttiva IVA, alla soggezione ad IVA

dei servizi resi dietro corrispettivo fanno eccezione i casi in cui gli stessi servizi,

in quanto connessi alle importazioni, siano stati già compresi nella base

imponibile IVA sul bene importato, al momento del pagamento di quest'ultima

alla dogana, essendo la ratio della norma evitare una doppia imposizione

(laddove uno stesso servizio, già oggetto di imposizione IVA al passaggio della

dogana, venga nuovamente tassato durante l'esecuzione del trasporto nello

Stato membro); che l'art. 143 della Direttiva IVA, in combinato disposto con

l'art. 23 della direttiva 2009/132/CE e con l'art.1 della Direttiva 2006/79/CE,

stabilisce che siano esenti da IVA le importazioni, da Paesi terzi, di beni aventi

valore non superiore a 10 euro (innalzabile fino a 22 euro dallo Stato membro)

ovvero oggetto di piccole spedizioni prive di carattere commerciale; che, di

conseguenza, anche i servizi di trasporto - accessori a tali importazioni esenti da

IVA - devono beneficiare della stessa esenzione.

3. La Commissione ha dunque rilevato che, al contrario, la normativa

italiana disciplina i suddetti servizi accessori (segnatamente di trasporto) allo

stesso modo di quelli accessori ad importazioni soggette ad IVA, stabilendo

che essi debbono essere soggetti ad imposta, potendo considerarsi esenti solo se

VIVA stessa sia stata già pagata alla dogana (e quindi non anche quando le

importazioni siano ex sé esenti). In effetti, ai sensi dell'art. 9, comma 1, n. 4),

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, i costi accessori di trasporto relativi alle

importazioni di beni - anche di valore modesto - sono ritenuti non imponibili

solo ove siano stati già assoggettati ad IVA all'atto dell'importazione.

Le modifiche normative sopravvenute

1. Al dichiarato fine dell'archiviazione della sopra indicata Procedura di

infrazione n. 2012/2088, il legislatore italiano ha adottato, all'interno della Legge

29 luglio 2015 n. 115 (legge europea 2014), l'art. 12 - intitolato "Modifiche alla

disciplina dell'imposta sul valore aggiunto relativa a talune importazioni di merci

di valore modesto. Procedura di infrazione n. 2012/2088", in vigore dal 18

agosto 2015 - con il quale ha modificato il trattamento fiscale dei servizi

accessori relativi alle piccole spedizioni a carattere non commerciale, nonché alle

spedizioni di "valore trascurabile" di cui alle direttive 2006/79/CE e

2009/132/CE.

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2. In particolare, il primo comma dell'art. 12 ha modificato l'art. 9, comma

1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (e successive modificazioni), inserendo

dopo il numero 4) il seguente numero: «4-bis) I servizi accessori relativi alle

piccole spedizioni di carattere non commerciale e alle spedizioni di valore

trascurabile di cui alle direttive 2006/79/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, e

2009/132/CE del Consiglio, del 19 ottobre 2009, sempreché i corrispettivi dei

servizi accessori abbiano concorso alla formazione della base imponibile ai sensi

dell'articolo 69 del presente decreto e ancorché la medesima non sia stata

assoggettata all'imposta».

2.1 II secondo comma ha invece previsto che "Con regolamento adottato con

decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 17,

comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono apportate modifiche al

regolamento recante norme in tema di franchigie fiscali, di cui al decreto del

Ministro delle finanze 5 dicembre 1997, n. 489, con le quali si stabilisce che, nel

caso di applicazione della franchigia alle piccole spedizioni di carattere non

commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive

2006/79/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, e 2009/132/CE del Consiglio, del

19 ottobre 2009, sono ammessi alla franchigia dai diritti doganali anche i relativi

servizi accessori indipendentemente dal loro ammontare".

3. Nei lavori preparatori della legge si da atto che, in base alla direttiva

2006/79/CE, le merci oggetto di piccole spedizioni prive di carattere

commerciale, ove spedite da un paese terzo ad un privato e destinate ad

un altro privato che si trovi in uno Stato membro, godono all'importazione

di una franchigia dalle imposte sulla cifra di affari e dalle altre imposizioni

indirette interne. Al riguardo si precisa che sono considerate "piccole spedizioni

prive di carattere commerciale" quelle che contemporaneamente: 1) hanno

carattere occasionale; 2) riguardano esclusivamente merci riservate all'uso

personale o familiare dei destinatari e, per la loro natura o quantità, escludano

qualsiasi interesse di ordine commerciale; 3) riguardano merci N cui valore

globale non superi 45 euro; 4) sono inviate dallo speditore al destinatario senza

pagamento di alcun genere. Vengono poi richiamati i limiti quantitativi previsti

per determinati prodotti (tabacco, bevande alcoliche, profumi, caffé, té), il cui

superamento comporta l'esclusione dal beneficio della franchigia.

4. Viene altresì rammentato che, a norma dell'art. 131 e dell'art. 143, lett.

b) e c), della Direttiva IVA, gli Stati membri esentano - ferme restando le altre

disposizioni comunitarie e alle condizioni da essi stabilite per prevenire elusioni,

evasioni e abusi - le importazioni definitive di beni che fruiscono di una

franchigia doganale diversa da quella prevista dalla tariffa doganale comune.

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5. Con la direttiva 2009/132/CE si è inteso quindi definire l'ambito

d'applicazione di siffatte esenzioni dall'imposta, individuando le categorie di beni

che godono di tale trattamento agevolato; in particolare, come già anticipato,

l'art. 23 ammette in esenzione IVA le importazioni di beni di valore

"trascurabile", ovvero non superiore a 10 EUR, salva la facoltà degli Stati

membri di ammettere in esenzione le importazioni di beni di valore totale

compreso fra 10 e 22 EUR e di escludere dall'esenzione detti beni se

importati nell'ambito di una vendita per corrispondenza. Il successivo art. 24

esclude espressamente dall'esenzione: 1) i prodotti alcolici; 2) i profumi e

l'acqua da toletta; 3) i tabacchi e i prodotti del tabacco.

La giurisprudenza nazionale

1. Di recente questa Corte (Cass. Sez. V, 11 novembre 2015, n. 23034) ha

avuto occasione di esaminare una questione che presenta (solo) alcuni profili in

comune con la fattispecie in esame, facendo applicazione proprio del combinato

disposto degli artt. 7, 9 e 69 del D.P.R. n. 633/72, nella versione vigente prima

delle riferite modifiche normative.

2. In quell'occasione si è affermato:

2.1. che la non imponibilità ai fini IVA per i servizi connessi agli scambi

internazionali di cui all'art. 9, comma 1, n. 2), con specifico riguardo ai "trasporti

relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati all'imposta a

norma dell'art. 69, comma 1", si giustifica solo perché la prestazione

corrispondente alla tratta nazionale - che, in ragione del principio di territorialità

ex art. 7, D.P.R. 633/72, costituirebbe in tesi una operazione imponibile - è

stata già oggetto di tassazione in Dogana, grazie alla prescrizione per cui le

spese d'inoltro fino al luogo di destinazione (all'interno del territorio della

Comunità) devono concorrere a formare la base imponibile ai fini della

dichiarazione di valore che l'importatore è tenuto a rendere all'atto dello

sdoganamento dei beni importati;

2.2. pertanto, la previsione di non imponibilità di tali corrispettivi è diretta a

scongiurare che la medesima prestazione sia tassata due volte, dapprima in sede

doganale, e poi in sede di effettuazione del trasporto, allorché l'imposta diviene

esigibile;

2.3. che è onere del vettore dimostrare che la relativa prestazione, avendo

formato oggetto di dichiarazione doganale, è già stata sottoposta a tassazione,

poiché il coordinamento tra l'art. 9 e l'art. 69 del D.P.R. n. 633/72 è diretto a

scongiurare il rischio di una doppia imposizione, ma non può finire per

legittimare una indebita sottrazione di materia imponibile;

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2.4. che in tale contesto assume rilevanza se il trasporto sia stato convenuto

"franco confine" - nel qual caso le spese relative da dichiarare in sede doganale

corrisponderanno solo al costo del trasporto dal luogo di partenza fino

all'ingresso nel territorio dello Stato, ed il successivo trasporto dal confine alla

destinazione finale costituirà un'operazione ordinariamente tassabile - ovvero

"franco destinazione", comprensivo cioè anche del servizio corrispondente alla

tratta territoriale, nel qual caso le spese relative, da dichiarare ai fini doganali,

saranno quelle occorrenti per l'inoltro dei beni fino al luogo di destinazione

finale;

2.5. che, in conclusione, solo le importazioni "franco destino" sono

operazioni non soggette a imposizione, poiché, in quel caso, le spese di trasporto

rilevano ai fini della determinazione dell'imposta da assolvere in dogana.

Le ragioni del rinvio pregiudiziale

1. Nel caso di specie, è pacifico che i trasporti de quibus sono stati effettuati

con la clausola "franco destino"; ma è anche pacifico - di qui la problematica

sulla quale si richiede l'interlocuzione della Corte di giustizia - che i beni oggetto

di importazione non sono imponibili ai fini IVA.

2. Come visto, l'amministrazione finanziaria assume che la contribuente

avrebbe dovuto fatturare come imponibili i corrispettivi per i servizi di trasporto

c.d. inbound relativi ai documenti e agli altri beni di valore trascurabile (cioè non

superiore a 22 euro), proprio in quanto essi non erano stati assoggettati ad

imposta. E ciò perché la ratio della non imponibilità stabilita dall'art. 9, comma 1,

n. 2), DP.R. n. 633/72 - attraverso il suo riferimento al successivo art. 69,

comma 1 - sarebbe appunto (e solo) quella di evitare una doppia imposizione,

con la conseguenza che il mancato assoggettamento dei beni ad IVA, al

momento dell'importazione, farebbe riespandere la regola generale della

imponibilità delle connesse prestazioni di trasporto sul territorio nazionale.

3. Che una simile interpretazione delle norme previgenti non sia

palesemente infondata, è testimoniato non solo dalla richiamata giurisprudenza

di questa Corte, ma anche dalla stessa necessità di un intervento del legislatore

(sulla spinta della procedura di infrazione di cui si è detto) per addivenire ad una

diversa conclusione; invero, solo grazie al nuovo n. 4-bis) dell'art. 9, comma 1,

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 è stato espressamente affermato, come visto,

che "i servizi accessori relativi alle piccole spedizioni di carattere non

commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive

2006/79/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, e 2009/132/CE del Consiglio, del

19 ottobre 2009" non sono imponibili, alla sola condizione che i relativi

corrispettivi abbiano concorso alla formazione della base imponibile, ai sensi del

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citato art. 69 - il quale, si noti, disciplina la determinazione dell'imposta per le

importazioni di beni che sono soggette ad IVA - ma senza che sia più necessario

un concreto ed effettivo assoggettamento all'imposta, come può verificarsi,

appunto, nell'ipotesi in cui i beni importati siano a loro volta non imponibili (o

esenti).

4. Resta quindi da chiarire se la normativa interna applicabile al caso di

specie, vigente prima della modifica intervenuta nel 2015, sia compatibile con

l'art. 144 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 -

corrispondente all'art. 14, par. 1 e 2, della Direttiva 77/388/CEE del Consiglio,

del 17 maggio 1977 - laddove prevede che "gli Stati membri esentano le

prestazioni di servizi connesse con l'importazione di beni e il cui valore è

compreso nella base imponibile, conformemente all'articolo 86, paragrafo 1,

lettera b)", il quale a sua volta dispone - in corrispondenza all'art. 11, parte B,

par. 3, della Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977 - che

"devono essere compresi nella base imponibile, ove non vi siano già compresi",

tra l'altro, "le spese accessorie quali le spese di (...) trasporto (...) che

sopravvengono fino al primo luogo di destinazione dei beni nel territorio dello

Stato membro d'importazione".

5. In altri termini, occorre verificare la compatibilità con l'ordinamento

comunitario del combinato disposto delle norme interne di cui all'art. 9, comma

1, n. 2), e 69, comma 1, del D.P.R. n. 633/72, laddove essi - ai fini della non

imponibilità ai fini IVA dei corrispettivi per i servizi di trasporto connessi agli

scambi internazionali - pongono una condizione ulteriore, rispetto agli artt. 144

e 86 della Direttiva IVA sopra richiamati, pretendendo non solo che le spese di

inoltro fino al luogo di destinazione siano incluse nella base imponibile alla

Dogana, ma anche che esse siano in concreto assoggettate all'imposta, perciò

escludendo la non imponibilità - nonostante la loro accessorietà - in tutti i casi

in cui si tratti di importazioni di beni a loro volta non imponibili, come appunto

per i documenti ed i beni di valore trascurabile (inferiore a 22 euro).

6. Al riguardo va evidenziato che, nel momento in cui l'art. 9 fa riferimento,

ai fini della non imponibilità ai fini IVA dei servizi di trasporto connessi agli

scambi internazionali, al successivo art. 69 - il quale disciplina le modalità di

applicazione dell'imposta per le importazioni di beni che sono soggette all'IVA -

esso sembrerebbe riguardare (solo) operazioni di importazione imponibili; ed

entro questi limiti pare indubbiamente corretta la lettura dell'amministrazione

finanziaria, che individua la ratio delle norme in questione nell'esigenza di evitare

una duplicazione di imposta.

7. Il problema si pone invece, come visto, proprio per le importazioni di beni

che non sono imponibili (o sono esenti) ai fini IVA: venendo certamente meno, in

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quel caso, ogni rischio di doppia imposizione, occorre stabilire se riprenda vigore,

per i relativi servizi di trasporto interno, l'ordinaria soggezione ad IVA, in forza

del principio di territorialità; ovvero se la natura accessoria di quelle prestazioni

le renda non imponibili ai fini IVA per le stesse ragioni - in ultima analisi,

un'esigenza di semplificazione - che sono alla base della non imponibilità delle

importazioni di documenti e beni di trascurabile valore (cfr. Corte giustizia UE 2

luglio 2009, causa C-7/08, Har Vaessen Douane Service, punti 34-38).

8. Peraltro, i servizi di trasporto in questione (quand'anche effettuati

direttamente in favore del destinatario e da soggetto diverso dal vettore

internazionale, come asserito, in ricorso, dell'amministrazione) paiono integrare

delle "prestazioni accessorie", anche alla luce recente sentenza della CGUE 16

luglio 2015, C-584/13, Mapfre warranty SpA, la quale ha ribadito (punti 49 ss.):

8.1. che anche se "ai Fini dell'IVA, ciascuna operazione deve essere

normalmente considerata distinta e indipendente, come risulta dall'articolo 2,

punto 1, della sesta direttiva (v. sentenze Aktiebolaget NN, C-111/05,

EU:C:2007:195, p.to 22; Field Fisher Waterhouse, C-392/11, EU:C:2012:597,

p.to 14, e BG2 Leasing, C-224/11, EU:C:2013:15, p.to 29)", tuttavia, "in

determinate circostanze più prestazioni formalmente distinte, che potrebbero

essere fornite separatamente e dare così luogo separatamente a imposizione o a

esenzione, devono essere considerate come un'unica operazione quando non

sono indipendenti";

8.2. che "si è in presenza di un'operazione unica, in particolare, quando due

o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo sono così strettamente collegati

da formare, oggettivamente, un'unica prestazione economica inscindibile la cui

scomposizione avrebbe carattere artificioso. Ciò accade anche nel caso in cui uno

o più elementi debbano essere considerati nel senso che costituiscono la

prestazione principale mentre, al contrario, uno o più elementi debbano essere

considerati alla stregua di una o più prestazioni accessorie cui si applica la stessa

disciplina tributaria della prestazione principale (v. sentenza BG2 Leasing,

C-224/11, EU:C:2013:15, punto 30 e giurisprudenza ivi citata)";

8.3. che pur non apparendo le prestazioni nel caso concreto (vendita di un

veicolo usato e garanzia per guasti meccanici prestata da altro operatore

economico) "così strettamente connesse da costituire un'operazione unica"

(poiché la loro considerazione separata "non può costituire, di per sé, una

scomposizione artificiosa di un'operazione economica unica, tale da alterare la

funzionalità del sistema dell'IVA"), resta comunque in capo al giudice nazionale

di rinvio il compito di valutare "se esistano ragioni specifiche relative alle

circostanze di cui ai procedimenti principali che possano indurre a ritenere che gli

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à elementi in questione costituiscano un'operazione unica (v., in tal senso,

sentenza BG2 Leasing, C-224/11, EU:C:2013:15, punto 40)";

8.4. che in definitiva, con riguardo alla nozione giurisprudenziale di

operazione unica, "una prestazione è considerata accessoria a una prestazione

principale, in particolare, quando costituisce per la clientela non già un fine in sé,

ma il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale (v. sentenza

8G2 Leasing, C-224/11, EU:C:2013:15, punto 41)"; presupposto, questo, che

come anticipato sembrerebbe ricorrere appunto nella fattispecie qui in esame.

9. Alla luce di tutto quanto precede, questa Corte ritiene necessario, ai fini

della decisione, rimettere pregiudizialmente alla Corte di giustizia la questione di

interpretazione delle norme comunitarie sopra menzionate - segnatamente gli

artt. 144 e 86 della Direttiva IVA - per stabilirne la corretta applicazione, senza

margini di ragionevole dubbio, tenendo conto che, nella versione vigente ratione

temporis, le norme nazionali - segnatamente gli artt. 9 e 69 D.P.R. n. 633/72 -

ne riproducono il contenuto, aggiungendo però un ulteriore requisito valevole ai

fini dell'esenzione dall'imposta.

10. In concreto, a fronte di operazioni di importazione di beni "franco

destino", da uno Stato terzo in un Paese UE, non imponibili ai fini IVA in quanto

concernenti documenti e beni c.d. di trascurabile valore, occorre appurare se,

per assumere la non imponibilità (anche) dei relativi servizi di trasporto interno:

10.1. sia necessario e sufficiente che il corrispettivo di detti servizi sia

conteggiato - quali "spese accessorie" - nella base imponibile IVA dei beni

importati, ai sensi del combinato disposto degli artt. 144 e 86 della Direttiva IVA,

a prescindere dal loro concreto assoggettamento ad imposta, peraltro da

escludere anche in ragione della loro natura di prestazioni accessorie alla

prestazione principale, non imponibile;

10.2. ovvero, essendo la ratio delle suddette disposizioni solo quella di

evitare una doppia imposizione, i corrispettivi di tali servizi di trasporto debbano

restare imponibili in difetto dell'ulteriore requisito - previsto dall'art. 9, comma

1, n. 4), D.P.R. n. 633/72 - del loro assoggettamento ad IVA all'atto

dell'importazione, ossia del concreto pagamento, in dogana, dell'IVA (anche) su

tali "spese accessorie".

La questione pregiudiziale

In conclusione questa Corte, essendo giudice di ultima istanza e non avendo

rinvenuto una specifica soluzione nella giurisprudenza comunitaria, intende

domandare alla Corte di giustizia dell'Unione Europea - previa sospensione del

presente giudizio - di pronunciarsi in via pregiudiziale, ai sensi dell'art. 267 del

Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, sulla seguente questione:

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"Se il combinato disposto degli artt. 144 e 86, primo paragrafo, della Direttiva

2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 (corrispondenti agli artt. 14,

paragrafi 1 e 2, ed 11, parte B, paragrafo 3, della Direttiva 77/388/CEE del

Consiglio, del 17 maggio 1977) possa essere interpretato nel senso che unica

condizione per la non imponibilità ai fini IVA delle prestazioni connesse,

consistenti nel servizio di trasporto interno c.d. inbound - dagli spazi

aeroportuali sino a destinazione, nel territorio dello Stato membro, e con la

clausola "franco destino" - è che il loro valore sia compreso nella base

imponibile, a prescindere dal loro effettivo assoggettamento ad imposta in

dogana, all'atto dell'importazione dei beni; e che quindi non sia compatibile con

le suddette disposizioni comunitarie una lettura del combinato disposto delle

norme interne di cui agli artt. 9, comma 1, n. 2), e 69, comma 1, del D.P.R. 26

ottobre 1972, n. 633, nella versione allora vigente, ratione temporis, in base alla

quale in ogni caso, e quindi anche nelle ipotesi di importazioni non imponibili ai

fini IVA - come nella specie, trattandosi di documenti e beni di trascurabile

valore - debba essere soddisfatto l'ulteriore requisito del loro effettivo

assoggettamento ad IVA (e del concreto versamento dell'imposta in dogana)

all'atto dell'importazione dei beni medesimi; e ciò eventualmente anche in

considerazione del rapporto di accessorietà dei servizi di trasporto rispetto alle

prestazioni principali (importazioni) e della ratio di semplificazione sottesa ad

entrambe le operazioni".

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE

Visto l'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, chiede alla

Corte di giustizia dell'Unione Europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla

questione di interpretazione del diritto comunitario indicata in motivazione.

Visto l'art. 295 cod. proc. civ., ordina la sospensione del processo e dispone che

copia della presente ordinanza sia trasmessa alla cancelleria della stessa Corte di

giustizia, all'indirizzo di Rue du Fort Niedergreinewald, L-2925 Lussemburgo,

mediante plico raccomandato.

Dispone altresì l'invio di copia del fascicolo della causa (sentenza impugnata,

ricorso, controricorso, memorie difensive delle parti) ai sensi dell'art. 30 della

nota informativa della Corte di Giustizia 2011/C 160/01.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 9 dicembre 2015.

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