Corte di Cassazione - copia non ufficiale · dell'IVA (e l'art. 1 Reg. CEE 918/83 prevede la...
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ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 21528-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
- ricorrente -
FEDERAL EXPRESS EUROPE INC-FILIALE ITALIANA in
persona del procuratore speciale, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DI VILLA MASSIMO 57,
presso lo studio dell'avvocato GUIDO BROCCHIERI, che
lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati
GIANFRANCO DI GARBO, GIULIANA POLACCO giusta delega a
margine;
- controricorrente e ricorso incidentale -
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9150 Anno 2016
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: VELLA PAOLA
Data pubblicazione: 06/05/2016
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AGENZIA DELLE ENTRATE;
- intimato -
avverso la sentenza n. 2878/2014 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 28/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/12/2015 dal Consigliere Dott. PAOLA
VELLA;
udito per il ricorrente l'Avvocato FIORENTINO che ha
chiesto raccoglimento del ricorso principale il
rigetto dell'incidentale o il rinvio alla Corte di
Giustizia;
udito per il controricorrente l'avvocato POLACCO che
ha chiesto il rigetto del ricorso principale,
l'accoglimento dell'incidentale o il rinvio alla
Corte di Giustizia;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per raccoglimento del ricorso principale,
l'inammissibilità del ricorso incidentale
condizionato o il rinvio alla Corte di Giustizia.
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Lo svolgimento del processo
1. A seguito di verifica fiscale della Guardia di Finanza, culminata nel p.v.c.
notificato in data 18/09/2008, venivano emessi quattro avvisi di accertamento a
carico della società FEDERAL EXPRESS EUROPE INC. (FedEx) - filiale italiana
(appartenente al gruppo multinazionale facente capo alla FedEx Corporation) con
riguardo ai servizi di trasporto c.d. inbound da essa effettuati, consistenti nel
prendere in carico le spedizioni provenienti dal circuito internazionale e
provvedere alla successiva consegna ai destinatari sul territorio italiano.
2. In particolare, con l'avviso n. TMB067E01157/2012 (da cui origina la
presente controversia) veniva ripresa a tassazione, per all'anno 2007, una
maggiore IVA di C 1.913.970,00 con applicazione di sanzioni per C 5.167.719,01
a titolo di "omessa fatturazione di operazioni imponibili" e "dichiarazione di
imposta inferiore a quella dovuta", per non avere la società assoggettato ad IVA
i corrispettivi del trasporto al destinatario di documenti e beni di valore
trascurabile (c.d. piccole spedizioni, di valore inferiore, allora, a 22 euro),
nonostante esse non avessero scontato l'IVA in Dogana, poiché non soggette a
tale imposta ex art. 1, L. n. 479/92 (oltre che non soggette ai dazi, ex art. 27,
Reg. CEE 918/83 - ora art. 23, Reg. n. 1186 del 2009).
3. Ciò sulla base di una contestata interpretazione dell'art. 9, comma 1, n.
2, D.P.R. n. 633/72, in combinato disposto col successivo art. 69, comma 1,
ispirata all'art. 144 della Direttiva Iva n. 2006/112/CEE, per cui, ai fini
dell'esenzione da IVA dei servizi di trasporto eseguiti in Italia di simili beni,
sarebbe stata sufficiente l'inclusione dei relativi corrispettivi nella base imponibile
all'importazione, ai fini del pagamento dell'IVA - tanto sui beni importati quanto
sui servizi ad essi accessori - solo se dovuta, e senza duplicazione d'imposta.
4. L'avviso veniva impugnato dalla contribuente sia sotto il profilo formale,
per violazione dello Statuto dei diritti del contribuente, art. 12, commi 5 e 7 -
stante il protrarsi della verifica per oltre 379 giorni (di cui 59 non consecutivi di
effettiva permanenza presso la sede della società) e la mancata valutazione delle
osservazioni mosse ai rilievi del p.v.c. - sia sotto il profilo sostanziale, per una
serie di eccezioni: I) l'infondatezza della interpretazione data dall'Agenzia delle
entrate all'art. 9, comma 1, n. 2, DPR n. 633/72 - per cui il mancato
assoggettamento ad IVA delle c.d. piccole spedizioni rendeva necessario
l'assolvimento della relativa imposta sui corrispettivi dei servizi di trasporto -
quando con Circolari Ministeriali n. 26 del 3 agosto 1979 e n. 12 del 9 aprile
1981 la stessa Amministrazione finanziaria aveva distinto l'importazione con
modalità "franco destino", come quella di specie (in cui le spese di trasporto sul
territorio nazionale sono incluse nella base imponibile in dogana), da quella
"franco confine" (ove viceversa quella mancata inclusione comporta l'imponibilità n. 21528/14 R.G. Ag. Entrate c./ Federai Express Europe Inc.
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dei relativi corrispettivi); II) l'erroneità, nel quantum, dell'IVA pretesa, poiché
calcolata anche sui servizi doganali espletati in forza del Service Agreement
stipulato con FedEx International, pacificamente non imponibili, ai sensi dell'art.
9, comma 1, n. 4), DPR 633/72; III) quanto alle sanzioni, l'erronea applicazione
dell'art. 12, comma 5, D.Lgs n. 472/97 sul cumulo giuridico nonché l'impropria
applicazione della recidiva ex art. 7 commi 1 e 2, D. Lgs. cit.
4.1. In subordine, la contribuente formulava richiesta di sospensione del
giudizio e rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea sulla
compatibilità della normativa interna con l'art. 144 della Direttiva IVA.
5. Con sentenza del 27/03/2013 la Commissione tributaria provinciale di
Milano respingeva le eccezioni formali ma accoglieva, nel merito, il ricorso della
contribuente, la quale presentava anche ricorso alla Commissione Europea per
l'apertura di una procedura di infrazione nei confronti della Repubblica Italiana,
ex art. 258 T.F.U.E., a fronte di un trattamento IVA dei corrispettivi per il
trasporto di beni importati, di valore trascurabile, non conforme agli artt. 86,
comma 1, lett. b) e 144, Direttiva 2006/112/CEE, ottenendo dapprima un parere
favorevole del Comitato IVA ("Working paper n. 711" del 18/10/2011), poi
l'avvio della procedura di infrazione in data 27/09/2012, ufficializzata con la
Reasoned Opinion del 20/11/2013, ed infine (come emerge da successivo ed
analogo giudizio pendente tra le parti) l'adeguamento della normativa interna,
culminato nell'inserimento (ad opera dell'art. 12, comma 1, L. 29 luglio 2015, n.
115) del n. 4-bis) all'interno dell'art. 9, comma 1, D.P.R. n. 633/72, in base al
quale sono ora esenti da IVA "i servizi accessori relativi alle piccole spedizioni di
carattere non commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle
direttive 2006/79/CE e 2009/132/CE del Consiglio dell'Unione europea
sempreché i corrispettivi dei servizi accessori abbiano concorso alla formazione
della base imponibile ai sensi dell'art. 69 e ancorché la medesima non sia stata
assoggettata ad imposta".
6. La sentenza veniva confermata dalla Commissione tributaria regionale
della Lombardia, poiché l'interpretazione dell'Amministrazione era in "evidente
contrasto" con l'art. 144, Direttiva IVA 2006, e faceva dipendere il regime IVA
sul trasporto delle piccole spedizioni dalla insindacabile decisione della Dogana di
applicare o meno l'IVA all'importazione, tanto più che nella fattispecie concreta si
trattava di beni in importazione "franco destino", e non "franco confine".
7. Per la cassazione della sentenza d'appello n. 2878/2014 del 28/05/2014,
l'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso affidato a due motivi, cui la società
contribuente ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso
incidentale affidato a due motivi, corredato da memoria conclusiva ex art. 378
cod. proc. civ.
n. 21528/14 R.G. Ag. Entrate c./ Federal Express Europe Inc
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I motivi di ricorso in Cassazione
1. Con il primo motivo di ricorso principale, l'Agenzia delle entrate deduce la
nullità della sentenza impugnata, per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. - in
relazione all'art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ. - in quanto il giudice
di appello avrebbe ritenuto non imponibili ai fini IVA, per difetto del requisito
della territorialità, le prestazioni di trasporto di documenti e beni di trascurabile
valore "meramente in transito in Italia", quando era invece pacifico tra le patti
che si trattasse di trasporti effettuati all'interno dell'Italia, dagli spazi
aeroportuali sino al destinatario
2. Con il secondo motivo, l'amministrazione ricorrente deduce - in relazione
all'art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ. - la violazione e falsa
applicazione del combinato disposto dell'art. 2697 cod. civ., dell'art. 115 cod.
proc. civ., degli artt. 7, 9 e 69, D.P.R. n. 633/72, dell'art. 1, L. n. 479/92 nonché
degli artt. 86 e 144 della Direttiva del Consiglio 2006/112 CE.
2.1. In particolare, la ricorrente lamenta: "che l'art. 1 L. n. 479/92 - in
attuazione di direttiva comunitaria - prevede la non applicabilità - in Dogana -
dell'IVA (e l'art. 1 Reg. CEE 918/83 prevede la franchigia dai dazi) alle
importazioni di merci oggetto di piccole spedizioni (id est documenti o altri beni
di trascurabile valore, id est non superiore a 22 Euro)"; che "l'art. 9 n. 2 D.P.R.
n. 633/72 prevede la non imponibilità dei trasporti relativi a beni di importazione
i cui corrispettivi sono assoggettati all'imposta (IVA; NDD) a norma del primo
comma" del successivo art. 69, il quale a sua volta "prevede che in Dogana VIVA
si applica sul valore dei beni aumentato - fra l'altro - delle spese di trasporto -
all'interno della comunità - sino al luogo di destinazione"; che, pertanto,
condizione della non imponibilità a fini IVA dei servizi di trasporto "interno" è che
VIVA su detti servizi sia stata applicata ed assolta in Dogana.
2.2. Secondo parte ricorrente, una simile lettura delle norme interne non si
porrebbe in contrasto con la Direttiva del Consiglio 2006/112 CE, sia perché, non
essendo essa self- executing, la relativa applicazione avrebbe decorrenza dal 1
gennaio 2008, sia perché la fattispecie concreta sarebbe fuori dal campo di
applicazione tanto dell'art. 144 della Direttiva - che esenta le prestazioni di
servizi connesse con l'importazione di beni il cui valore è compreso nella base
imponibile - quanto dell'art. 86 della stessa - che fa rientrare nella base
imponibile il trasporto fino ai primo luogo di destinazione dei beni nel territorio
dello Stato, in quanto: a) l'importazione ed il trasporto internazionale sono stati
effettuati dalla FedEx (casa madre), mentre la filiale italiana ha effettuato solo il
successivo trasporto interno; b) le merci in questione non sono soggette ad
applicazione dell'IVA in Dogana.
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2.3. Difetterebbero dunque i presupposti sia del trasporto internazionale (in
quanto la prestazione in oggetto ha avuto inizio nello spazio aeroportuale, dopo
che il trasporto internazionale aveva avuto termine, con le operazioni di
"sdoganamento"), sia della inerenza o accessorietà della prestazione (in quanto
effettuata da soggetto diverso da quello che ha effettuato il trasporto
internazionale, ed in favore di quest'ultimo, non già del destinatario finale).
3. Nel controricorso, la società FedEx Inc. - filiale italiana ritiene le suddette
censure fondate su una interpretazione del diritto nazionale difforme dalle
disposizioni comunitarie e sollecita questa Corte, in caso di persistenti incertezze
sul trattamento IVA dei corrispettivi delle prestazioni di trasporto di beni di
valore trascurabile e di documenti, a sospendere il giudizio e riferire il caso alla
Corte di Giustizia UE. Propone altresì, per il caso di accoglimento del ricorso
principale, ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi.
3.1. Con il primo deduce - in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3)
cod. proc. civ. - la falsa applicazione degli artt. 9, comma 1, n. 4) e 12, comma
2, D.P.R. n. 633/72, per avere l'Ufficio illegittimamente computato nella
maggiore IVA accertata anche quella afferente ai servizi di sdoganamento resi da
FedEx Italia nell'ambito della propria "custom activity", pacificamente non
imponibili ai sensi del citato art. 9.
3.2. Con il secondo contesta - in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3)
cod. proc. civ. - la falsa applicazione degli artt. 12 e 7, commi 1, 2 e 3, D.Lgs. n.
472/97, per avere l'Ufficio applicato il criterio del cumulo giuridico alle violazioni
ripetute su più periodi di imposta, nonché aumentato le sanzioni nonostante la
correttezza e trasparenza della condotta della contribuente, oltre che per avere
impropriamente applicato sanzioni accessorie a fronte di questioni meramente
valutative, non già di comportamenti fraudolenti o evasivi.
4. Ritenuto preliminarmente di dover respingere, per infondatezza, la
censura di nullità della sentenza impugnata di cui al primo motivo del ricorso
principale - in quanto il giudice d'appello riferisce chiaramente la tesi dei beni
"semplicemente in transito sul territorio nazionale (donde la mancanza del
presupposto/requisito della territorialità ex art. 7 stesso DPR)" ad una pretesa
"lettura che la ricorrente/appellata offre dell'art. 9, comma 1, n. 2), del DPR n.
633/1972", mentre nei successivi capoversi della motivazione espone la propria
(diversa) lettura - questa Corte reputa invece necessario affrontare in via
pregiudiziale la questione della corretta interpretazione, alla luce delle
disposizioni comunitarie, delle norme interne sul trattamento ai fini IVA dei
corrispettivi delle prestazioni di trasporto sul territorio nazionale (dagli spazi
aeroportuali ai destinatari italiani, con la clausola "franco destino") di documenti
e beni importati c.d. di valore trascurabile (non superiore ad C 22,00).
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I riferimenti normativi comunitari
l. L'art. 27 del Regolamento del Consiglio del 28 marzo 1983, n.
918/83/CEE (in vigore dal 26 aprile 1983), relativo alla fissazione del regime
comunitario delle franchigie doganali (Gazz.Uff. CEE n. 105 del 23 aprile 1983) -
nel testo consolidato all'I. dicembre 2008, con Reg. (CE) n. 274/2008 -
stabilisce: "Fatto salvo l'articolo 28, sono ammesse in franchigia dai dazi
all'importazione le spedizioni composte di merci di valore trascurabile spedite
direttamente da un paese terzo ad una persona che si trova nella Comunità. Per
«merci di valore trascurabile» si intendono le merci il cui valore intrinseco non
eccede complessivamente 150 euro per spedizione" (valore originario 22 ECU,
poi così modificato dall'art. 1, comma 3, Reg. (CE) n. 274/2008).
2. L'art. 22 della Direttiva 28 marzo 1983 n. 83/181/EEC - cui corrisponde,
ora, l'art. 23 della Direttiva 19 ottobre 2009, n. 2009/132/CE (Gazz. Uff. UE n.
292 del 10 novembre 2009 Serie L, versione codificata, che determina l'ambito
d'applicazione dell'articolo 143, lettere b) e c), della Direttiva 2006/112/CE per
quanto concerne l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto di talune
importazioni definitive di beni (in vigore dal 30 novembre 2009) - stabilisce che
"sono ammesse in esenzione le importazioni di beni di valore totale non
superiore a 10 EUR. Gli Stati membri possono ammettere in esenzione le
importazioni di beni di valore totale compreso fra 10 e 22 EUR. Tuttavia gli Stati
membri possono escludere dall'esenzione di cui al primo comma, prima frase, i
beni importati nell'ambito di una vendita per corrispondenza".
3. La Direttiva del Consiglio 5 ottobre 2006, n. 2006/79/CE (Gazz. Uff. UE
n. L 286 del 17 ottobre 2006), relativa alle franchigie fiscali applicabili
all'importazione di merci oggetto di piccole spedizioni a carattere non
commerciale provenienti dai paesi terzi (in vigore 6 novembre 2006) esordisce
affermando: "1) La direttiva 78/1035/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978,
relativa alle franchigie fiscali applicabili all'importazione di merci oggetto di
piccole spedizioni a carattere non commerciale provenienti dai paesi terzi è stata
modificata in modo sostanziale e a più riprese. A fini di razionalità e chiarezza
occorre provvedere alla codificazione di tale direttiva. 2) Sarebbe opportuno
esentare dalle imposte sulla cifra d'affari e dalle imposizioni indirette interne
l'importazione in piccole spedizioni a carattere non commerciale provenienti dai
paesi terzi. 3) A questo riguardo per ragioni pratiche i limiti entro i quali si
applica questa franchigia dovrebbero essere per quanto possibile uguali a quelli
previsti per il regime comunitario delle franchigie doganali dal regolamento
(CEE) n. 918/83 del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativo alla fissazione del
regime comunitario delle franchigie doganali".
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3.1. Dopo questa premessa, la suddetta Direttiva all'art. 1 prevede: "1. Le
merci oggetto di piccole spedizioni, prive di carattere commerciale, spedite da un
paese terzo da un privato e destinate ad un altro privato che si trovi in uno Stato
membro, godono all'importazione di una franchigia dalle imposte sulla cifra di
affari e dalle altre imposizioni indirette interne. 2. Ai sensi del paragrafo 1, si
considerano come «piccole spedizioni prive di carattere commerciale» le
spedizioni che nel contempo: a) presentano carattere occasionale; b) riguardano
esclusivamente merci riservate all'uso personale o familiare dei destinatari e che,
per la loro natura o quantità, escludano qualsiasi interesse di ordine
commerciale; c) riguardano merci il cui valore globale non superi 45 EUR; d)
sono inviate dallo speditore al destinatario senza pagamento di alcun genere".
3.2. L'art. 2 della stessa Direttiva aggiunge, inoltre, che per prodotti quali
tabacco, bevande alcoliche, profumi, caffè e tè, la franchigia opera solo entro
precisi limiti quantitativi, restando nella facoltà degli Stati membri ridurre o
escludere dal beneficio della franchigia detti prodotti. Il successivo art. 3 dispone
poi che le predette tipologie di merci, laddove oggetto di una piccola spedizione
priva di carattere commerciale, ma in quantità superiore a quelle previste dalla
direttiva, sono totalmente escluse dal beneficio della franchigia.
4. La Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 (in
prosieguo «Direttiva Iva»), relativa al sistema comune di imposta sul valore
aggiunto (GU L 347, pag. 1) entrata in vigore il 1 gennaio 2007 - come
modificata dalla direttiva 2007/75/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2007 - che
ha sostituito la Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977 (in
prosieguo «Sesta Direttiva») in materia di armonizzazione delle legislazioni degli
Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di
imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1) -
come modificata dalla direttiva 2005/92/CE del Consiglio, del 12 dicembre 2005
- contiene, nel Titolo IX, Capo 5 ("Esenzioni all'importazione"), le disposizioni di
seguito indicate.
4.1. L'art. 143 della Direttiva Iva - corrispondente gli artt. 14, par. 1, e 28-
quater, parte D, della Sesta Direttiva - prevede (tra l'altro) che "1. Gli Stati
membri esentano le operazioni seguenti: a) le importazioni definitive di beni la
cui cessione da parte di soggetti passivi è, comunque, esente nel loro rispettivo
territorio; b) le importazioni definitive di beni disciplinate dalle direttive
69/169/CEE, 83/181/CEE e 2006/79/CE del Consiglio".
4.2. L'art. 144 della Direttiva Iva - corrispondente all'art. 14, par. 1 e 2,
della Sesta Direttiva - prevede che "Gli Stati membri esentano le prestazioni di
servizi connesse con l'importazione di beni e il cui valore è compreso nella base
imponibile, conformemente all'articolo 86, paragrafo 1, lettera b)".
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4.3. L'art. 86, primo paragrafo, della Direttiva Iva - corrispondente all'art.
11, parte B, par. 3, Sesta Direttiva - dispone: "1. Devono essere compresi nella
base imponibile, ove non vi siano già compresi, gli elementi seguenti: a) le
imposte, i dazi, i prelievi e le altre tasse dovuti fuori dello Stato membro
d'importazione, nonché quelli dovuti per l'importazione, ad eccezione dell'IVA da
riscuotere; b) le spese accessorie quali le spese di commissione, di imballaggio,
di trasporto e di assicurazione, che sopravvengono fino al primo luogo di
destinazione dei beni nel territorio dello Stato membro d'importazione, nonché
quelle risultanti dal trasporto verso un altro luogo di destinazione situato nella
Comunità, qualora quest'ultimo sia noto nel momento in cui si verifica il fatto
generatore dell'imposta".
I riferimenti normativi nazionali
1. Circa il regime IVA delle importazioni, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
(Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto) non contiene - nel testo
vigente all'epoca dei fatti - specifiche disposizioni sui beni oggetto di causa
all'interno dell'art. 68 ("Importazioni non soggette all'imposta"), nel quale infatti
non figura la categoria dei «beni di valore trascurabile», se non limitatamente
alle "importazioni di campioni gratuiti di modico valore, appositamente
contrassegnati" (lett. b), accanto ad altre categorie come le c.d. cessioni
all'esportazione (lett. a) ovvero "ogni altra importazione definitiva di beni la cui
cessione è esente dall'imposta o non vi è soggetta a norma dell'articolo 72" (lett.
c), con riferimento ai trattati e accordi internazionali).
1.1. In adeguamento alle Direttive 83/181/CEE e 83/183/CEE del 28 marzo
1983 (come modificate, rispettivamente, dalle Direttive 88/331/CEE, del 13
giugno 1988, e 89/604/CEE, del 23 novembre 1989) - concernenti le franchigie
fiscali applicabili a talune importazioni definitive di beni - è stata invece emanata
la Legge 26 novembre 1992, n. 479 (GU Serie Generale n. 295 del 16/12/1992,
entrata in vigore il 31/12/1992), recante all'art. 1 la sostituzione dell'art. 12
delle disposizioni preliminari alla tariffa dei dazi doganali d'importazione,
approvata con d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, come segue: "Art. 12. - 1. Salvo
quanto previsto dal regolamento (CEE) 918/83 del Consiglio, del 28 marzo
1983, e senza pregiudizio delle maggiori facilitazioni stabilite dagli accordi
internazionali, è concessa l'importazione definitiva in esenzione dai diritti di
confine, diversi da quelli contemplati dal suddetto regolamento, delle merci per
le quali risultano soddisfatte le medesime condizioni prescritte, per la franchigia
daziaria, dal regolamento stesso. 2. Non sono soggette all'imposta sul valore
aggiunto le importazioni di merci per le quali l'esenzione dal predetto tributo è
disposta, con carattere di obbligatorietà, dalle direttive del Consiglio delle
Comunità europee adottate in materia di armonizzazione delle disposizioni
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riguardanti la franchigia dalle imposte sulla cifra di affari riscosse
all'importazione nel traffico internazionale dei viaggiatori, ovvero le franchigie
applicabili all'importazione delle merci oggetto di piccole spedizioni a carattere
non commerciale, o quelle applicabili alle importazioni definitive di beni personali
di privati provenienti da uno Stato membro, nonché dalle direttive del Consiglio
delle Comunità europee adottate in materia di determinazione del campo di
applicazione dell'articolo 14, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 77/388/CEE
del Consiglio, del 17 maggio 1977".
2. Con riguardo invece al regime IVA dei servizi di trasporto, lo stesso D.P.R.
26 ottobre 1972, n. 633 prevede (sempre nella versione vigente ratione
temporis):
2.1. all'art. 7, comma 1, lett. c), il criterio della territorialità proporzionale,
secondo cui "le prestazioni di trasporto si considerano effettuate nel territorio
dello stato in proporzione alla distanza percorsa";
2.2. all'art. 7, comma 4, che "non si considerano effettuate nel territorio
dello Stato le cessioni all'esportazione, le operazioni assimilate alle cessioni
all'esportazione e i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali di
cui ai successivi artt. 8, 8 bis e 9";
2.3. all'art. 9, comma 1, n. 2), che "costituiscono servizi internazionali o
connessi agli scambi internazionali non imponibili" - tra l'altro - "i trasporti
relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonchè
i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati
all'imposta a norma dell'art. 69, comma 1";
2.4. all'art. 69, comma 1, che, per le importazioni di beni soggette all'IVA,
"l'imposta è commisurata, con le aliquote indicate nell'art. 16, al valore dei beni
importati, determinato ai sensi delle disposizioni in materia doganale, aumentato
dell'ammontare dei diritti doganali dovuti, ad eccezione dell'imposta sul valore
aggiunto, nonché dell'ammontare delle spese d'inoltro fino al luogo di
destinazione all'interno del territorio della Comunità che figura sul documento di
trasporto sotto la cui scorta i beni sono introdotti nel territorio medesimo (...).
La procedura di infrazione
1. La Commissione europea, ritenendo incompatibile con gli artt. 143 e 144
della Direttiva 2006/112/CE l'articolo 9 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ha
avviato a carico dell'Italia la Procedura di infrazione n. 2012/2088, con
riferimento alla disciplina IVA dei costi accessori - come i costi di trasporto -
relativi ad importazioni di valore modesto.
2. A tale riguardo, in data 20 novembre 2013 la stessa Commissione ha
inviato all'Italia un Parere motivato, nel quale faceva presente: che secondo l'art.
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86 della Direttiva IVA, nella base imponibile dei beni importati in un Paese UE da
uno Stato terzo devono essere conteggiati, oltre al corrispettivo, anche le spese
accessorie, ivi comprese quelle dovute per il trasporto; che in caso di
importazione di un bene da uno Stato terzo, l'IVA può essere pagata
dall'importatore direttamente alla dogana, cioè all'ingresso nello Stato membro
dell'Unione; che in base all'art. 144 della Direttiva IVA, alla soggezione ad IVA
dei servizi resi dietro corrispettivo fanno eccezione i casi in cui gli stessi servizi,
in quanto connessi alle importazioni, siano stati già compresi nella base
imponibile IVA sul bene importato, al momento del pagamento di quest'ultima
alla dogana, essendo la ratio della norma evitare una doppia imposizione
(laddove uno stesso servizio, già oggetto di imposizione IVA al passaggio della
dogana, venga nuovamente tassato durante l'esecuzione del trasporto nello
Stato membro); che l'art. 143 della Direttiva IVA, in combinato disposto con
l'art. 23 della direttiva 2009/132/CE e con l'art.1 della Direttiva 2006/79/CE,
stabilisce che siano esenti da IVA le importazioni, da Paesi terzi, di beni aventi
valore non superiore a 10 euro (innalzabile fino a 22 euro dallo Stato membro)
ovvero oggetto di piccole spedizioni prive di carattere commerciale; che, di
conseguenza, anche i servizi di trasporto - accessori a tali importazioni esenti da
IVA - devono beneficiare della stessa esenzione.
3. La Commissione ha dunque rilevato che, al contrario, la normativa
italiana disciplina i suddetti servizi accessori (segnatamente di trasporto) allo
stesso modo di quelli accessori ad importazioni soggette ad IVA, stabilendo
che essi debbono essere soggetti ad imposta, potendo considerarsi esenti solo se
VIVA stessa sia stata già pagata alla dogana (e quindi non anche quando le
importazioni siano ex sé esenti). In effetti, ai sensi dell'art. 9, comma 1, n. 4),
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, i costi accessori di trasporto relativi alle
importazioni di beni - anche di valore modesto - sono ritenuti non imponibili
solo ove siano stati già assoggettati ad IVA all'atto dell'importazione.
Le modifiche normative sopravvenute
1. Al dichiarato fine dell'archiviazione della sopra indicata Procedura di
infrazione n. 2012/2088, il legislatore italiano ha adottato, all'interno della Legge
29 luglio 2015 n. 115 (legge europea 2014), l'art. 12 - intitolato "Modifiche alla
disciplina dell'imposta sul valore aggiunto relativa a talune importazioni di merci
di valore modesto. Procedura di infrazione n. 2012/2088", in vigore dal 18
agosto 2015 - con il quale ha modificato il trattamento fiscale dei servizi
accessori relativi alle piccole spedizioni a carattere non commerciale, nonché alle
spedizioni di "valore trascurabile" di cui alle direttive 2006/79/CE e
2009/132/CE.
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2. In particolare, il primo comma dell'art. 12 ha modificato l'art. 9, comma
1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (e successive modificazioni), inserendo
dopo il numero 4) il seguente numero: «4-bis) I servizi accessori relativi alle
piccole spedizioni di carattere non commerciale e alle spedizioni di valore
trascurabile di cui alle direttive 2006/79/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, e
2009/132/CE del Consiglio, del 19 ottobre 2009, sempreché i corrispettivi dei
servizi accessori abbiano concorso alla formazione della base imponibile ai sensi
dell'articolo 69 del presente decreto e ancorché la medesima non sia stata
assoggettata all'imposta».
2.1 II secondo comma ha invece previsto che "Con regolamento adottato con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 17,
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono apportate modifiche al
regolamento recante norme in tema di franchigie fiscali, di cui al decreto del
Ministro delle finanze 5 dicembre 1997, n. 489, con le quali si stabilisce che, nel
caso di applicazione della franchigia alle piccole spedizioni di carattere non
commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive
2006/79/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, e 2009/132/CE del Consiglio, del
19 ottobre 2009, sono ammessi alla franchigia dai diritti doganali anche i relativi
servizi accessori indipendentemente dal loro ammontare".
3. Nei lavori preparatori della legge si da atto che, in base alla direttiva
2006/79/CE, le merci oggetto di piccole spedizioni prive di carattere
commerciale, ove spedite da un paese terzo ad un privato e destinate ad
un altro privato che si trovi in uno Stato membro, godono all'importazione
di una franchigia dalle imposte sulla cifra di affari e dalle altre imposizioni
indirette interne. Al riguardo si precisa che sono considerate "piccole spedizioni
prive di carattere commerciale" quelle che contemporaneamente: 1) hanno
carattere occasionale; 2) riguardano esclusivamente merci riservate all'uso
personale o familiare dei destinatari e, per la loro natura o quantità, escludano
qualsiasi interesse di ordine commerciale; 3) riguardano merci N cui valore
globale non superi 45 euro; 4) sono inviate dallo speditore al destinatario senza
pagamento di alcun genere. Vengono poi richiamati i limiti quantitativi previsti
per determinati prodotti (tabacco, bevande alcoliche, profumi, caffé, té), il cui
superamento comporta l'esclusione dal beneficio della franchigia.
4. Viene altresì rammentato che, a norma dell'art. 131 e dell'art. 143, lett.
b) e c), della Direttiva IVA, gli Stati membri esentano - ferme restando le altre
disposizioni comunitarie e alle condizioni da essi stabilite per prevenire elusioni,
evasioni e abusi - le importazioni definitive di beni che fruiscono di una
franchigia doganale diversa da quella prevista dalla tariffa doganale comune.
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5. Con la direttiva 2009/132/CE si è inteso quindi definire l'ambito
d'applicazione di siffatte esenzioni dall'imposta, individuando le categorie di beni
che godono di tale trattamento agevolato; in particolare, come già anticipato,
l'art. 23 ammette in esenzione IVA le importazioni di beni di valore
"trascurabile", ovvero non superiore a 10 EUR, salva la facoltà degli Stati
membri di ammettere in esenzione le importazioni di beni di valore totale
compreso fra 10 e 22 EUR e di escludere dall'esenzione detti beni se
importati nell'ambito di una vendita per corrispondenza. Il successivo art. 24
esclude espressamente dall'esenzione: 1) i prodotti alcolici; 2) i profumi e
l'acqua da toletta; 3) i tabacchi e i prodotti del tabacco.
La giurisprudenza nazionale
1. Di recente questa Corte (Cass. Sez. V, 11 novembre 2015, n. 23034) ha
avuto occasione di esaminare una questione che presenta (solo) alcuni profili in
comune con la fattispecie in esame, facendo applicazione proprio del combinato
disposto degli artt. 7, 9 e 69 del D.P.R. n. 633/72, nella versione vigente prima
delle riferite modifiche normative.
2. In quell'occasione si è affermato:
2.1. che la non imponibilità ai fini IVA per i servizi connessi agli scambi
internazionali di cui all'art. 9, comma 1, n. 2), con specifico riguardo ai "trasporti
relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati all'imposta a
norma dell'art. 69, comma 1", si giustifica solo perché la prestazione
corrispondente alla tratta nazionale - che, in ragione del principio di territorialità
ex art. 7, D.P.R. 633/72, costituirebbe in tesi una operazione imponibile - è
stata già oggetto di tassazione in Dogana, grazie alla prescrizione per cui le
spese d'inoltro fino al luogo di destinazione (all'interno del territorio della
Comunità) devono concorrere a formare la base imponibile ai fini della
dichiarazione di valore che l'importatore è tenuto a rendere all'atto dello
sdoganamento dei beni importati;
2.2. pertanto, la previsione di non imponibilità di tali corrispettivi è diretta a
scongiurare che la medesima prestazione sia tassata due volte, dapprima in sede
doganale, e poi in sede di effettuazione del trasporto, allorché l'imposta diviene
esigibile;
2.3. che è onere del vettore dimostrare che la relativa prestazione, avendo
formato oggetto di dichiarazione doganale, è già stata sottoposta a tassazione,
poiché il coordinamento tra l'art. 9 e l'art. 69 del D.P.R. n. 633/72 è diretto a
scongiurare il rischio di una doppia imposizione, ma non può finire per
legittimare una indebita sottrazione di materia imponibile;
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2.4. che in tale contesto assume rilevanza se il trasporto sia stato convenuto
"franco confine" - nel qual caso le spese relative da dichiarare in sede doganale
corrisponderanno solo al costo del trasporto dal luogo di partenza fino
all'ingresso nel territorio dello Stato, ed il successivo trasporto dal confine alla
destinazione finale costituirà un'operazione ordinariamente tassabile - ovvero
"franco destinazione", comprensivo cioè anche del servizio corrispondente alla
tratta territoriale, nel qual caso le spese relative, da dichiarare ai fini doganali,
saranno quelle occorrenti per l'inoltro dei beni fino al luogo di destinazione
finale;
2.5. che, in conclusione, solo le importazioni "franco destino" sono
operazioni non soggette a imposizione, poiché, in quel caso, le spese di trasporto
rilevano ai fini della determinazione dell'imposta da assolvere in dogana.
Le ragioni del rinvio pregiudiziale
1. Nel caso di specie, è pacifico che i trasporti de quibus sono stati effettuati
con la clausola "franco destino"; ma è anche pacifico - di qui la problematica
sulla quale si richiede l'interlocuzione della Corte di giustizia - che i beni oggetto
di importazione non sono imponibili ai fini IVA.
2. Come visto, l'amministrazione finanziaria assume che la contribuente
avrebbe dovuto fatturare come imponibili i corrispettivi per i servizi di trasporto
c.d. inbound relativi ai documenti e agli altri beni di valore trascurabile (cioè non
superiore a 22 euro), proprio in quanto essi non erano stati assoggettati ad
imposta. E ciò perché la ratio della non imponibilità stabilita dall'art. 9, comma 1,
n. 2), DP.R. n. 633/72 - attraverso il suo riferimento al successivo art. 69,
comma 1 - sarebbe appunto (e solo) quella di evitare una doppia imposizione,
con la conseguenza che il mancato assoggettamento dei beni ad IVA, al
momento dell'importazione, farebbe riespandere la regola generale della
imponibilità delle connesse prestazioni di trasporto sul territorio nazionale.
3. Che una simile interpretazione delle norme previgenti non sia
palesemente infondata, è testimoniato non solo dalla richiamata giurisprudenza
di questa Corte, ma anche dalla stessa necessità di un intervento del legislatore
(sulla spinta della procedura di infrazione di cui si è detto) per addivenire ad una
diversa conclusione; invero, solo grazie al nuovo n. 4-bis) dell'art. 9, comma 1,
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 è stato espressamente affermato, come visto,
che "i servizi accessori relativi alle piccole spedizioni di carattere non
commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive
2006/79/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, e 2009/132/CE del Consiglio, del
19 ottobre 2009" non sono imponibili, alla sola condizione che i relativi
corrispettivi abbiano concorso alla formazione della base imponibile, ai sensi del
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citato art. 69 - il quale, si noti, disciplina la determinazione dell'imposta per le
importazioni di beni che sono soggette ad IVA - ma senza che sia più necessario
un concreto ed effettivo assoggettamento all'imposta, come può verificarsi,
appunto, nell'ipotesi in cui i beni importati siano a loro volta non imponibili (o
esenti).
4. Resta quindi da chiarire se la normativa interna applicabile al caso di
specie, vigente prima della modifica intervenuta nel 2015, sia compatibile con
l'art. 144 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 -
corrispondente all'art. 14, par. 1 e 2, della Direttiva 77/388/CEE del Consiglio,
del 17 maggio 1977 - laddove prevede che "gli Stati membri esentano le
prestazioni di servizi connesse con l'importazione di beni e il cui valore è
compreso nella base imponibile, conformemente all'articolo 86, paragrafo 1,
lettera b)", il quale a sua volta dispone - in corrispondenza all'art. 11, parte B,
par. 3, della Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977 - che
"devono essere compresi nella base imponibile, ove non vi siano già compresi",
tra l'altro, "le spese accessorie quali le spese di (...) trasporto (...) che
sopravvengono fino al primo luogo di destinazione dei beni nel territorio dello
Stato membro d'importazione".
5. In altri termini, occorre verificare la compatibilità con l'ordinamento
comunitario del combinato disposto delle norme interne di cui all'art. 9, comma
1, n. 2), e 69, comma 1, del D.P.R. n. 633/72, laddove essi - ai fini della non
imponibilità ai fini IVA dei corrispettivi per i servizi di trasporto connessi agli
scambi internazionali - pongono una condizione ulteriore, rispetto agli artt. 144
e 86 della Direttiva IVA sopra richiamati, pretendendo non solo che le spese di
inoltro fino al luogo di destinazione siano incluse nella base imponibile alla
Dogana, ma anche che esse siano in concreto assoggettate all'imposta, perciò
escludendo la non imponibilità - nonostante la loro accessorietà - in tutti i casi
in cui si tratti di importazioni di beni a loro volta non imponibili, come appunto
per i documenti ed i beni di valore trascurabile (inferiore a 22 euro).
6. Al riguardo va evidenziato che, nel momento in cui l'art. 9 fa riferimento,
ai fini della non imponibilità ai fini IVA dei servizi di trasporto connessi agli
scambi internazionali, al successivo art. 69 - il quale disciplina le modalità di
applicazione dell'imposta per le importazioni di beni che sono soggette all'IVA -
esso sembrerebbe riguardare (solo) operazioni di importazione imponibili; ed
entro questi limiti pare indubbiamente corretta la lettura dell'amministrazione
finanziaria, che individua la ratio delle norme in questione nell'esigenza di evitare
una duplicazione di imposta.
7. Il problema si pone invece, come visto, proprio per le importazioni di beni
che non sono imponibili (o sono esenti) ai fini IVA: venendo certamente meno, in
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quel caso, ogni rischio di doppia imposizione, occorre stabilire se riprenda vigore,
per i relativi servizi di trasporto interno, l'ordinaria soggezione ad IVA, in forza
del principio di territorialità; ovvero se la natura accessoria di quelle prestazioni
le renda non imponibili ai fini IVA per le stesse ragioni - in ultima analisi,
un'esigenza di semplificazione - che sono alla base della non imponibilità delle
importazioni di documenti e beni di trascurabile valore (cfr. Corte giustizia UE 2
luglio 2009, causa C-7/08, Har Vaessen Douane Service, punti 34-38).
8. Peraltro, i servizi di trasporto in questione (quand'anche effettuati
direttamente in favore del destinatario e da soggetto diverso dal vettore
internazionale, come asserito, in ricorso, dell'amministrazione) paiono integrare
delle "prestazioni accessorie", anche alla luce recente sentenza della CGUE 16
luglio 2015, C-584/13, Mapfre warranty SpA, la quale ha ribadito (punti 49 ss.):
8.1. che anche se "ai Fini dell'IVA, ciascuna operazione deve essere
normalmente considerata distinta e indipendente, come risulta dall'articolo 2,
punto 1, della sesta direttiva (v. sentenze Aktiebolaget NN, C-111/05,
EU:C:2007:195, p.to 22; Field Fisher Waterhouse, C-392/11, EU:C:2012:597,
p.to 14, e BG2 Leasing, C-224/11, EU:C:2013:15, p.to 29)", tuttavia, "in
determinate circostanze più prestazioni formalmente distinte, che potrebbero
essere fornite separatamente e dare così luogo separatamente a imposizione o a
esenzione, devono essere considerate come un'unica operazione quando non
sono indipendenti";
8.2. che "si è in presenza di un'operazione unica, in particolare, quando due
o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo sono così strettamente collegati
da formare, oggettivamente, un'unica prestazione economica inscindibile la cui
scomposizione avrebbe carattere artificioso. Ciò accade anche nel caso in cui uno
o più elementi debbano essere considerati nel senso che costituiscono la
prestazione principale mentre, al contrario, uno o più elementi debbano essere
considerati alla stregua di una o più prestazioni accessorie cui si applica la stessa
disciplina tributaria della prestazione principale (v. sentenza BG2 Leasing,
C-224/11, EU:C:2013:15, punto 30 e giurisprudenza ivi citata)";
8.3. che pur non apparendo le prestazioni nel caso concreto (vendita di un
veicolo usato e garanzia per guasti meccanici prestata da altro operatore
economico) "così strettamente connesse da costituire un'operazione unica"
(poiché la loro considerazione separata "non può costituire, di per sé, una
scomposizione artificiosa di un'operazione economica unica, tale da alterare la
funzionalità del sistema dell'IVA"), resta comunque in capo al giudice nazionale
di rinvio il compito di valutare "se esistano ragioni specifiche relative alle
circostanze di cui ai procedimenti principali che possano indurre a ritenere che gli
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à elementi in questione costituiscano un'operazione unica (v., in tal senso,
sentenza BG2 Leasing, C-224/11, EU:C:2013:15, punto 40)";
8.4. che in definitiva, con riguardo alla nozione giurisprudenziale di
operazione unica, "una prestazione è considerata accessoria a una prestazione
principale, in particolare, quando costituisce per la clientela non già un fine in sé,
ma il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale (v. sentenza
8G2 Leasing, C-224/11, EU:C:2013:15, punto 41)"; presupposto, questo, che
come anticipato sembrerebbe ricorrere appunto nella fattispecie qui in esame.
9. Alla luce di tutto quanto precede, questa Corte ritiene necessario, ai fini
della decisione, rimettere pregiudizialmente alla Corte di giustizia la questione di
interpretazione delle norme comunitarie sopra menzionate - segnatamente gli
artt. 144 e 86 della Direttiva IVA - per stabilirne la corretta applicazione, senza
margini di ragionevole dubbio, tenendo conto che, nella versione vigente ratione
temporis, le norme nazionali - segnatamente gli artt. 9 e 69 D.P.R. n. 633/72 -
ne riproducono il contenuto, aggiungendo però un ulteriore requisito valevole ai
fini dell'esenzione dall'imposta.
10. In concreto, a fronte di operazioni di importazione di beni "franco
destino", da uno Stato terzo in un Paese UE, non imponibili ai fini IVA in quanto
concernenti documenti e beni c.d. di trascurabile valore, occorre appurare se,
per assumere la non imponibilità (anche) dei relativi servizi di trasporto interno:
10.1. sia necessario e sufficiente che il corrispettivo di detti servizi sia
conteggiato - quali "spese accessorie" - nella base imponibile IVA dei beni
importati, ai sensi del combinato disposto degli artt. 144 e 86 della Direttiva IVA,
a prescindere dal loro concreto assoggettamento ad imposta, peraltro da
escludere anche in ragione della loro natura di prestazioni accessorie alla
prestazione principale, non imponibile;
10.2. ovvero, essendo la ratio delle suddette disposizioni solo quella di
evitare una doppia imposizione, i corrispettivi di tali servizi di trasporto debbano
restare imponibili in difetto dell'ulteriore requisito - previsto dall'art. 9, comma
1, n. 4), D.P.R. n. 633/72 - del loro assoggettamento ad IVA all'atto
dell'importazione, ossia del concreto pagamento, in dogana, dell'IVA (anche) su
tali "spese accessorie".
La questione pregiudiziale
In conclusione questa Corte, essendo giudice di ultima istanza e non avendo
rinvenuto una specifica soluzione nella giurisprudenza comunitaria, intende
domandare alla Corte di giustizia dell'Unione Europea - previa sospensione del
presente giudizio - di pronunciarsi in via pregiudiziale, ai sensi dell'art. 267 del
Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, sulla seguente questione:
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"Se il combinato disposto degli artt. 144 e 86, primo paragrafo, della Direttiva
2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 (corrispondenti agli artt. 14,
paragrafi 1 e 2, ed 11, parte B, paragrafo 3, della Direttiva 77/388/CEE del
Consiglio, del 17 maggio 1977) possa essere interpretato nel senso che unica
condizione per la non imponibilità ai fini IVA delle prestazioni connesse,
consistenti nel servizio di trasporto interno c.d. inbound - dagli spazi
aeroportuali sino a destinazione, nel territorio dello Stato membro, e con la
clausola "franco destino" - è che il loro valore sia compreso nella base
imponibile, a prescindere dal loro effettivo assoggettamento ad imposta in
dogana, all'atto dell'importazione dei beni; e che quindi non sia compatibile con
le suddette disposizioni comunitarie una lettura del combinato disposto delle
norme interne di cui agli artt. 9, comma 1, n. 2), e 69, comma 1, del D.P.R. 26
ottobre 1972, n. 633, nella versione allora vigente, ratione temporis, in base alla
quale in ogni caso, e quindi anche nelle ipotesi di importazioni non imponibili ai
fini IVA - come nella specie, trattandosi di documenti e beni di trascurabile
valore - debba essere soddisfatto l'ulteriore requisito del loro effettivo
assoggettamento ad IVA (e del concreto versamento dell'imposta in dogana)
all'atto dell'importazione dei beni medesimi; e ciò eventualmente anche in
considerazione del rapporto di accessorietà dei servizi di trasporto rispetto alle
prestazioni principali (importazioni) e della ratio di semplificazione sottesa ad
entrambe le operazioni".
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
Visto l'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, chiede alla
Corte di giustizia dell'Unione Europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla
questione di interpretazione del diritto comunitario indicata in motivazione.
Visto l'art. 295 cod. proc. civ., ordina la sospensione del processo e dispone che
copia della presente ordinanza sia trasmessa alla cancelleria della stessa Corte di
giustizia, all'indirizzo di Rue du Fort Niedergreinewald, L-2925 Lussemburgo,
mediante plico raccomandato.
Dispone altresì l'invio di copia del fascicolo della causa (sentenza impugnata,
ricorso, controricorso, memorie difensive delle parti) ai sensi dell'art. 30 della
nota informativa della Corte di Giustizia 2011/C 160/01.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 9 dicembre 2015.
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