Corte di Cassazione - copia non · PDF fileLUCIO CAPASSO che ha concluso per il ... decorrente...

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Cron.225;2 0 Rep. 39(4 Ud. 24/09/2014 PU 2014 SENTENZA sul ricorso 24811-2007 proposto da: COMUNE DI ASSISI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAllA BARBERINI 12, presso l'avvocato ENRICO TONELLI, rappresentato e difeso dall'avvocato GIUSEPPE CAFORIO, giusta procura a margine del ricorso; - ricorrente - 1580 contro MANINI PREFABBRICATI S.P.A. (c.f. 01324560596), in persona del legale rappresentante pro tempore, 1 Civile Sent. Sez. 1 Num. 22580 Anno 2014 Presidente: SALVAGO SALVATORE Relatore: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO Data pubblicazione: 23/10/2014 Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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Cron.225;20

Rep. 39(4

Ud. 24/09/2014

PU

2014

SENTENZA

sul ricorso 24811-2007 proposto da:

COMUNE DI ASSISI, in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAllA

BARBERINI 12, presso l'avvocato ENRICO TONELLI,

rappresentato e difeso dall'avvocato GIUSEPPE

CAFORIO, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

1580 contro

MANINI PREFABBRICATI S.P.A. (c.f. 01324560596), in

persona del legale rappresentante pro tempore,

1

Civile Sent. Sez. 1 Num. 22580 Anno 2014

Presidente: SALVAGO SALVATORE

Relatore: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO

Data pubblicazione: 23/10/2014

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., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIA

CRISTINA 8, presso lo STUDIO LEGALE GOBBI,

rappresentato e difeso dall'avvocato ALARICO

MARIANI MARINI, giusta procura a margine del

controricorso;

- controri corrente -

avverso la sentenza n. 196/2007 della CORTE

D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 19/06/2007;

udita la relazione della causa svolta nella

pubblica udienza del 24/09/2014 dal Consigliere

Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;

udito, per il ricorrente, l'Avvocato ENRICO

TONELLI, con delega, che si riporta;

udito, per la controricorrente, l'Avvocato ..

FRANCESCA PICCIURRO, con delega, che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

l. Il Comune di Assisi ha stipulato, in data 19 luglio

1989, un contratto di appalto per la costruzione di una

scuola media, in località S.M. degli Angeli, con l'impresa

Manini Prefabbricati Spa.

2. La società appaltatrice, lamentando un ritardo nei

pagamenti degli acconti dovuti (sulla base degli stati di

avanzamento dei lavori) e del saldo, adiva il Tribunale di

Perugia- sez. distaccata di Assisi chiedendo la condanna

C2 /

del Comune al pagamento della somma richiesta a titolo di

interessi di mora, oltre spese.

3. Il Tribunale adito, sull'opposizione del Comune, ha

respinto la domanda, compensando le spese.

4. Secondo il Tribunale, i ritardi, pacificamente

verificatisi nei pagamenti da parte del Comune non erano

imputabili all'ente locale, in ragione del richiamo, fatto

dal contratto di appalto, al mutuo stipulato - come mezzo

di finanziamento dell'opera - con il Ministero del Tesoro;

mutuo che sarebbe stato erogato con ritardo, avendo,

invece, il Comune, diligentemente, corrisposto i suoi

pagamenti all'impresa non appena ricevuti i ratei

finanziari da parte del mutuante.

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5. Investita dell'appello proposto dall'impresa

appaltatrice, la Corte d'appello di Perugia, l'ha accolto,

condannando il Comune al pagamento della somma richiesta a

titolo di interessi moratori, compensando le spese

processuali tra le parti in ragione della «oggettiva

controvertibilità» della questione.

6. Secondo la Corte territoriale, per quel che interessa

ancora in questa sede, la domanda dell'impresa era fondata,

in quanto: a) l'impossibilità della prestazione per causa

non imputabile al debitore, ai sensi dell'art. 1218 c.c.,

andrebbe valutata secondo criteri oggettivi ed assoluti,

senza che, l'impossibilità di pagare il proprio debito per

l'eventuale inadempimento del proprio finanziatore, possa

escludere la sua responsabilità verso il creditore; b) la

previsione contrattuale delle modalità di finanziamento

dell'opera da parte del Comune non sarebbe stata pattuita

per esonerare l'appaltatore da ogni responsabilità per il

ritardo, avendo il valore di una semplice dichiarazione di

scienza; c) la disposizione di cui all'art. 13, 6 ° co.,

D.L. n. 55 del 1983, convertito nella legge n. 131 del

1983, che attribuisce rilievo ed esonera la PA appaltante

dalla responsabilità per il ritardo nel pagamento, che

dipenda dal ritardo nel finanziamento, a condizione che il

finanziamento a mezzo della Cassa Depositi e Prestiti sia

richiamato nel bando, non sarebbe applicabile al caso sia

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perché non riguarderebbe i contratti di appalto sia perché

non richiamerebbe i finanziamenti diversi da quelli

indicati (ossia la Cassa Depositi e Prestiti); d) non si

sarebbe prescritto il diritto della società appaltatrice in

quanto gli interessi per il ritardato pagamento di acconti

e saldo andrebbero corrisposti in un'unica soluzione e

sarebbero soggetti al termine prescrizionale decennale,

decorrente dalla data in cui gli interessi sono esigibili.

7. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per

cassazione, con quattro motivi di ricorso, il Comune di

Assisi, che ha illustrato anche con memoria ex art. 378

c.p.c.

8. L'impresa Manini Prefabbricati Spa resiste con

controricorso e memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.Con il primo mezzo di ricorso (Violazione e falsa

applicazione degli artt. 1218, 1176, 1375, 35 e 36 d.P.R.

n. 1063 del 1962) l'impresa ricorrente pone a questa Corte

il seguente quesito di diritto: «se, alla luce del

coordinamento della disposizione contemplata dall'art.

1218, con gli artt. 1176 e 1375 e con gli artt. 35 e 36 del

d.P.R. n. 1063 del 1962, si possa affermare l'esclusione di

responsabilità del Comune di Assisi per i ritardati

pagamenti, dipendenti esclusivamente dalla tardiva

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erogazione del finanziamento da parte dell'Ente erogante,

ovvero più generalmente si possa escludere la

responsabilità del debitore per il ritardato pagamento per

fatti ad esso non imputabili e determinati da un soggetto

terzo-finanziatore».

Premette la ricorrente che secondo la preferibile

interpretazione soggettiva degli artt. 1218 e 1176 c.c., il

debitore non è responsabile dell'inadempimento se si è

comportato con diligenza e, pertanto, per essere esonerato

da responsabilità, deve solo provare di non essere in

colpa. Tale orientamento sarebbe seguito anche dal

legislatore del 1962 (con gli artt. 35 e 36 del d.P.R. n.

1063) che prevede la regolamentazione degli interessi per

il ritardo (nel pagamento degli acconti e nella rata di

saldo) solo in caso di motivi attribuibili

all'Amministrazione. Nella specie, andrebbe esclusa la

responsabilità del Comune che, nelle premesse del

contratto, aveva rappresentato all'altro contraente che i

pagamenti sarebbero stati effettuati attraverso somme

ricevute, a titolo di mutuo, dal Ministero del Tesoro - DG

Istituti di Previdenza, non essendo dipeso il ritardo

dall'ente locale, che, anzi, aveva pagato quanto dovuto il

giorno stesso della ricezione della somma attesa dal

finanziatore.

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1.2.Con il secondo mezzo di ricorso (Violazione e falsa

applicazione degli artt. 1362 e 1363) l'impresa ricorrente

l'impresa ricorrente pone a questa Corte il seguente

quesito di diritto: «se, alla stregua di quanto previsto

dagli artt. 1362 e 1363 c.c., la premessa contrattuale che

prevede il mezzo di finanziamento con cui il Comune di

Assisi fronteggerà le obbligazioni derivanti dal contratto,

possa essere considerata clausola integrante del contratto,

sufficiente ad esonerarlo da responsabilità per i ritardati

pagamenti, anche in base all'istituto civilistico della

presupposizione». In particolare il ricorrente, lamenta,

alla luce dei criteri di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c.,

la cattiva interpretazione data dalla Corte territoriale

alla premessa contrattuale relativa al finanziamento

dell'opera, che dovrebbe leggersi in connessione con

l'impegno a corrispondere gli acconti man mano che questi

maturavano, come se i pagamenti fossero ancorati ad una

«presupposizione», ossia l'erogazione del finanziamento da ///

parte del Ministero del Tesoro-DG Ist. Prev.

1.3.Con il terzo mezzo di ricorso (Violazione e falsa

applicazione degli artt. 12 Disp. Legge in generale e 13,

6 ° co, DL n. 55 del 1983, conv. nella legge n. 131 del

1983) l'impresa ricorrente pone a questa Corte il seguente

quesito di diritto: «se, alla stregua dell'art. 12 delle

Preleggi, si possa esonerare la PA dalla responsabilità per

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i ritardati pagamenti dipendenti dal tardato finanziamento

relativo alle opere oggetto di appalto, giusta la

previsione dell'art. 13, 6° comma, DL n. 55 del 1983, conv.

nella legge n. 131 del 1983». Nella sostanza il ricorrente

chiede l'esonero dalla responsabilità da ritardo in

applicazione analogica della richiamata disposizione (che

non si riferisce all'appalto di opere pubbliche ma solo

alla fornitura di beni e servizi).

1.4.Con il quarto mezzo di ricorso (Violazione e falsa

applicazione dell'art. 2948 n. 4 c.c., in relazione

all'art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c.) l'impresa ricorrente pone

a questa Corte il seguente quesito di diritto: «se si

possa, ex art. 2948 n. 4 c.c., dichiarare prescritto il

presunto credito vantato dalla Manini spa, considerata la

periodicità della prestazione in discussione, stante il

tenore del contratto inter partes che prevedeva pagamenti

periodici legati allo stato di avanzamento del lavori,

ovvero in astratto se, in ipotesi di contrato di appalto

con previsione di pagamento a seguito di stati di

avanzamento periodici, sia applicabile la previsione

normativa di cui all'art. 2948, n. 4».

Secondo il Comune, la previsione contrattuale di versamento

degli acconti ogni volta che il credito dell'appaltatore

avesse raggiunto un importo pari a £ 200 milioni renderebbe

tali obbligazioni di carattere periodico e perciò

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suscettibili di ricadere sotto la previsione dell'art. 2948

n. 4 c.c. (durata quinquennale del termine di

prescrizione).

* *

72/ 2. Il primo motivo di ricorso è infondato.

2.1. Infatti, pur aderendo al ragionamento svolto dal

Comune ricorrente nelle premesse, e perciò al

riconoscimento del principio posto da questa Corte con la

sentenza n. 11717 del 2002, non può pervenirsi alle

conclusioni tratte dallo stesso ricorrente.

2.1.1.Innanzitutto, il principio di diritto richiamato

dalla ricorrente (a p. 9 del ricorso) deve essere ricordato

per intero, non bastando il richiamo alla sua prima parte.

Secondo tale enunciato, infatti, «In materia di

responsabilità contrattuale, l'art. 1218 cod. civ. è

strutturato in modo da porre a carico del debitore, per il

solo fatto dell'inadempimento, una presunzione di colpa

superabile mediante la prova dello specifico impedimento

che abbia reso impossibile la prestazione o, almeno, la

dimostrazione che, qualunque sia stata la causa

dell'impossibilità, la medesima non possa essere imputabile

al debitore. Peraltro, perché l'impossibilità della

prestazione costituisca causa di esonero del debitore da

responsabilità, non basta eccepire che la prestazione non

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possa eseguirsi per fatto del terzo ma occorre dimostrare

la propria assenza di colpa con l'uso della diligenza

spiegata per rimuovere l'ostacolo frapposto da altri

all'esatto adempimento. ».

2.1.2. Con particolare riferimento al ritardo cagionato dal

finanziamento da parte del terzo (nella specie, il

Ministero del Tesoro - DG Ist. Prev.) si rende applicabile

il principio (che corrisponde anche a quello sopra

menzionato), già posto da questa sezione, in un caso

analogo, con la sentenza n. 4214 del 2012, sussistendo la

piena identità di ratio, pur nella diversità di fattispecie

(in questo caso, per il ritardo nel pagamento da parte del

concessionario nei riguardi dell'appaltatore). Nel

risolvere la questione sottopostale, questa stessa sezione

ha affermato il principio, pienamente applicabile anche al

nostro caso per la diretta identità del fondamento che

unifica le analoghe fattispecie concrete considerate,

secondo cui «l'ente finanziatore non è tenuto a rivalere il

concessionario della somma che si sia obbligato a versare

all'appaltatore, salvo che non sia stata stipulata una

convenzione accessoria all'atto di concessione, con la

quale l'ente garantisca la tempestiva erogazione del

finanziamento, ovvero la copertura del concessionario dai

rischi derivanti per i ritardi nei pagamenti dovuti

all'appaltatore» (nello stesso senso, da ultima, Cass. n.

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14340 del 2013, non massimata, con riferimento a un

finanziamento Agensud).

2.1.3. Perciò va disatteso il primo motivo di ricorso ed

affermato il seguente principio di diritto: in tema di

responsabilità da ritardo del committente (nella specie: un

Comune) nei pagamenti degli acconti e del saldo quale

corrispettivo delle opere eseguite nell'ambito di rapporto

di appalto pubblico, in favore dell'appaltatore, causato

dal ritardo nell'erogazione del finanziamento da parte di

altro ente pubblico (nella specie: il Ministero del Tesoro)

non può essere esclusa la responsabilità del debitore per

il ritardato pagamento in quanto i fatti, in apparenza

ascrivibili (a monte) ad un soggetto terzo-finanziatore,

restano imputabili al committente-debitore in mancanza di

una convenzione ulteriore, con la quale l'ente finanziatore

garantisca al committente la tempestiva erogazione del

finanziamento.

* *

3. Il secondo motivo di ricorso è semplicemente

inammissibile, perché con esso non si dice se, dove, quando

e come il giudice di merito avrebbe dovuto interpretare la

premessa come una clausola contenente una presupposizione,

ossia la postulazione che una situazione di fatto

considerata, ma non espressamente enunciata dalle parti in

1].

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sede di stipulazione del contratto, sia successivamente

mutata dal sopravvenire di circostanze non imputabili alle

parti stesse, in modo che l'assetto che costoro hanno dato

ai propri interessi si trovi a poggiare su una base diversa

da quella in virtù della quale era stato concluso il

contratto.

3.1. Una tale conclusione, adottata sulla base dei criteri

ermeneutici enunciati dagli artt. 1362 e 1363 c.c.,

particolarmente per affermare la comune intenzione delle

parti, considerando altresì il comportamento complessivo

(anche posteriore al negozio) dalle stesse tenuto, nonché

il senso globale (ma non esplicito) delle relative

pattuizioni, avrebbe dovuto formare oggetto del

contraddittorio nella fase di merito, che la parte avrebbe

avuto l'onere di indicare a questa Corte.

3.2. In conclusione, in tali casi vale il principio di

diritto secondo cui l'affermazione dell'esistenza nel

contratto di una clausola tacita di presupposizione impone,

alla parte che ne afferma l'esistenza, di allegare - nel

contraddittorio processuale con l'avversario - la

situazione di fatto considerata, ma non espressamente

enunciata dalle parti in sede di stipulazione del

contratto, che sia successivamente mutata per il

sopravvenire di circostanze non imputabili alla parte

stessa, in modo che l'assetto dato ai propri interessi si

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trovi a poggiare su una base diversa da quella in virtù

della quale era stato concluso il contratto.

* *

4. Il terzo motivo di ricorso è infondato.

4.1. E ciò non perché non sia possibile l'applicazione

delle disposizioni richiamate anche al caso dell'appalto di

opere pubbliche (questione ormai superata dalla sentenza di

questa stessa sezione, n. 17197 del 2012, secondo cui il

sesto comma dell'art. 13 del d.l. n. 55 del 1983,

introdotto dalla legge di conversione n. 131 del 1983, è

applicabile anche ai contratti di appalto di opere

pubbliche), quanto perché la disposizione riguarda soltanto

le opere finanziate dalla Cassa Depositi e Prestiti, non

anche altre forme di finanziamento, fra le quali rientra

quella in esame. Il fondamento di tale particolare regime

di favore per il debitore (e di sfavore per il creditore),

in quanto deroga al regime ordinario della responsabilità

nell'adempimento delle obbligazioni civili (e pecuniarie),

riguarda, con tutta evidenza, solo i contratti collegati a

finanziamenti erogati da tale ente pubblico, per le

peculiari funzioni da esso svolte, ciò che non ne consente

l'estensione ad altri enti finanziatori, anche se pubblici.

4.2. Deve, pertanto, enunciarsi il seguente principio di

diritto: In tema di appalti di opere pubbliche, oltre che

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di contratti per la fornitura di beni e servizi, la

condizione posta dall'art. 13 del D.L. n. 55 del 1983, nel

testo modificato dalla legge di conversione n. 131 del

1983, per l'operatività della sospensione della decorrenza

degli interessi, presuppone l'inserimento nel bando

dell'indicazione che le opere o i servizi sono finanziati

dalla Cassa Depositi e Prestiti. Essa non può essere

estesa, in via analogica, anche ad altre forme di

finanziamenti, quand'anche erogati da altri enti pubblici,

essendo la stessa di stretta interpretazione perché deroga

al regime di responsabilità nell'adempimento delle

obbligazioni pecuniarie.

* *

5. Il quarto motivo di ricorso è infondato, alla luce del

diritto vivente e consolidato affermato da questa Corte

(solo da ultimo con la Sentenza n. 17197 del 2012) e

secondo cui «La prescrizione quinquennale prevista

dall'art. 2948, n. 4, cod. civ., anche per quanto concerne

gli interessi, è applicabile soltanto a condizione che

l'obbligazione rivesta i caratteri indicati per la

fattispecie genericamente descritta dalla norma con

l'espressione "e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi

periodicamente ad anno o in termini più brevi", che si

riferisce alle obbligazioni periodiche e di durata,

caratterizzate dal fatto che la prestazione è suscettibile

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di adempimento solo con il decorso del tempo. Ne consegue

che l'obbligazione relativa agli interessi, per potere

essere assoggettata alla disposizione, deve rivestire il

connotato della periodicità, sicché la disposizione stessa

non è applicabile, in difetto di tale requisito, agli

interessi moratori di fonte legale dovuti a causa del

ritardo nel pagamento del prezzo di appalto, ai sensi degli

artt. 33 e seguenti del d.P.R. n. 1063 del 1962.» (si

vedano altresì le sentt. 14080 del 2005, 12140 e 23670 del

2006) .

* *

6.In conclusione, il ricorso è complessivamente infondato e

deve essere respinto e la ricorrente condannata al

pagamento delle relative spese, liquidate come da

• dispositivo.

PQM

Respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento

delle spese processuali sostenute dalla parte resistente,

liquidate nella misura di C 7.200,00, di cui C 200,00 per

esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della l

sezione civile della Corte di cassazione, il 24 settembre

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