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Corte di Cassazione civ Sezione Tributaria Civile Sentenza del 11 giugno 2003, n. 9309 Integrale TRIBUTI LOCALI (COMUNALI, PROVINCIALI, REGIONALI) - TASSA RACCOLTA DI RIFIUTI SOLIDI URBANI INTERNI SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso notificato al Comune di Colico (LC) il 23 dicembre 2000 (depositato il 5 gennaio 2001), la S.a.s. Impresa Tremari Angelo & C., con vittoria delle spese processuali anche dei gradi precedenti, chiedeva, in base a due motivi, di cassare senza rinvio - (a) perché "la Tarsu non può essere applicata laddove trattasi di locali in cui non vi è produzione di rifiuti solidi urbani o vi è produzione di rifiuti speciali" e (b) perché "l'area di mq. 900 è produttiva di soli rifiuti speciali" - la sentenza n. 103/30/00 depositata il 10 maggio 2000 dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che aveva respinto i gravami (riuniti dal giudice d'appello) da essa proposti avverso le sentenze nn. 31/03/98, 46/05/98, 47/05/98 e 111/03/98 con le quali la Commissione Tributaria Provinciale di Lecco aveva rigettato i ricorsi avanzati contro gli avvisi, notificati dal Comune predetto, di accertamento della tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani relativa agli anni 1993, 1994, 1995 e 1996. Nel controricorso notificato il 30 gennaio 2001 (depositato il 10 febbraio 2001) il Comune intimato chiedeva, con la rifusione delle spese di causa, di rigettare l'avverso ricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. La Commissione Tributaria Regionale - dopo aver osservato (1) che, in base all' art. 62 (commi 1 e 2) D.L.vo n. 507/93, "dalla tassazione debbono escludersi le aree e i locali riconosciuti improduttivi di rifiuti sia per loro natura o perché destinati stabilmente a particolari usi non produttivi di rifiuti ovvero per obiettive condizioni di non utilizzabilità concreta, nel corso dell'anno, a condizione che tali circostanze siano state indicate nell'originaria denunzia, o di variazione, e debitamente riscontrate con elementi obiettivi direttamente rilevabili o in base a probatoria documentazione" e (2) che "ai fini della tassabilità non si deve tener conto delle aree che, per specifiche caratteristiche strutturali o per destinazione, diano luogo alla formazione di rifiuti speciali, tossici o nocivi, al cui smaltimento deve provvedere direttamente, a proprie spese, il medesimo utente interessato" - ha respinto l'appello della contribuente ritenendo "l'azione accertatrice del Comune ... correttamente improntata alle norme e criteri della legge surrichiamata, perché ha sottoposto a tassazione la sola superficie potenzialmente suscettibile della produzione di rifiuti solidi urbani, senza incorrere nella eccepita duplice tassazione, erroneamente supposta dall'appellante per la separata eliminazione di quei materiali provenienti da scavi, demolizioni e macchinari obsoleti". 2. Con il primo motivo di gravame la società ricorrente denunzia "violazione e falsa applicazione" dell'art. 62 del D.L.vo 15 novembre 1973 n. 507 adducendo che la valutazione della Commissione Tributaria Regionale "non si fonda su alcuna risultanza o documento" ma è frutto di una "mera illazione" in quanto mentre il Comune, in base alle risultare del sopralluogo effettuato da dipendenti comunali, aveva esposto che mq. 1081 del capannone erano adibiti "a sola area di manovra automezzi non soggetta a Tarsu", che mq. 100 erano adibiti a deposito olii esausti esclusi dalla tassa e che gli ulteriori mq. 900 erano adibiti "a deposito di materiale inerente l'attività svolta" da essa contribuente, la Commissione Tributaria Regionale, ferma la destinazione (deposito oli esausti) dei detti mq. 100, aveva ritenuto che la superficie di mq. 1081 era adibita a "deposito per materiale ed attrezzature per l'attività edilizia" e i mq. 900 detti erano "utilizzati per attività non industriale, potenzialmente produttivi di rifiuti solidi urbani e quindi ... assoggettabili alla Tarsu". La ricorrente, pertanto, ritiene che il "criterio per l'applicazione della tassa riferita alla medesima area" (di mq. 900) sia "diverso e contrario". La censura deve essere rigettata perché priva di pregio in quanto l'uso (addotto dal Comune) dei 900 mq. in questione come "deposito di materiale inerente l'attività svolta dalla Tremari" e la potenziale capacità della stessa superficie di produrre rifiuti solidi urbani (per l'adibizione della stessa ad "attività non industriale" ritenuta dal giudice a quo) non sono né in contrasto né diversi tra loro perché entrambi rispettosi del principio posto dal primo comma dell' art. 62 invocato dalla contribuente in quanto, come rettamente affermato da questa Corte (Cass., trib., 15 novembre 2000 n. 14770 ), in base a tale norma la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere le aree scoperte, a qualsiasi uso adibite (salvo che non si tratti di aree scoperte da ritenere pertinenziali o accessorie ad abitazioni ovvero altrimenti esenti dall'imposta de qua). La previsione legislativa "a qualsiasi uso", come osservato anche nella citata decisione di questa Corte, ha carattere

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Corte di Cassazione civ Sezione Tributaria Civile Sentenza del 11 giugno 2003, n. 9309

Integrale

TRIBUTI LOCALI (COMUNALI, PROVINCIALI, REGIONALI) - TASSA RACCOLTA DI RIFIUTI SOLIDI URBANI INTERNI

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato al Comune di Colico (LC) il 23 dicembre 2000 (depositato il 5 gennaio 2001), la S.a.s. Impresa Tremari Angelo & C., con vittoria delle spese processuali anche dei gradi precedenti, chiedeva, in base a due motivi, di cassare senza rinvio - (a) perché "la Tarsu non può essere applicata laddove trattasi di locali in cui non vi è produzione di rifiuti solidi urbani o vi è produzione di rifiuti speciali" e (b) perché "l'area di mq. 900 è produttiva di soli rifiuti speciali" - la sentenza n. 103/30/00 depositata il 10 maggio 2000 dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che aveva respinto i gravami (riuniti dal giudice d'appello) da essa proposti avverso le sentenze nn. 31/03/98, 46/05/98, 47/05/98 e 111/03/98 con le quali la Commissione Tributaria Provinciale di Lecco aveva rigettato i ricorsi avanzati contro gli avvisi, notificati dal Comune predetto, di accertamento della tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani relativa agli anni 1993, 1994, 1995 e 1996.

Nel controricorso notificato il 30 gennaio 2001 (depositato il 10 febbraio 2001) il Comune intimato chiedeva, con la rifusione delle spese di causa, di rigettare l'avverso ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Commissione Tributaria Regionale - dopo aver osservato (1) che, in base all' art. 62 (commi 1 e 2) D.L.vo n. 507/93, "dalla tassazione debbono escludersi le aree e i locali riconosciuti improduttivi di rifiuti sia per loro natura o perché destinati stabilmente a particolari usi non produttivi di rifiuti ovvero per obiettive condizioni di non utilizzabilità concreta, nel corso dell'anno, a condizione che tali circostanze siano state indicate nell'originaria denunzia, o di variazione, e debitamente riscontrate con elementi obiettivi direttamente rilevabili o in base a probatoria documentazione" e (2) che "ai fini della tassabilità non si deve tener conto delle aree che, per specifiche caratteristiche strutturali o per destinazione, diano luogo alla formazione di rifiuti speciali, tossici o nocivi, al cui smaltimento deve provvedere direttamente, a proprie spese, il medesimo utente interessato" - ha respinto l'appello della contribuente ritenendo "l'azione accertatrice del Comune ... correttamente improntata alle norme e criteri della legge surrichiamata, perché ha sottoposto a tassazione la sola superficie potenzialmente suscettibile della produzione di rifiuti solidi urbani, senza incorrere nella eccepita duplice tassazione, erroneamente supposta dall'appellante per la separata eliminazione di quei materiali provenienti da scavi, demolizioni e macchinari obsoleti".

2. Con il primo motivo di gravame la società ricorrente denunzia "violazione e falsa applicazione" dell'art. 62 del D.L.vo 15 novembre 1973 n. 507 adducendo che la valutazione della Commissione Tributaria Regionale "non si fonda su alcuna risultanza o documento" ma è frutto di una "mera illazione" in quanto mentre il Comune, in base alle risultare del sopralluogo effettuato da dipendenti comunali, aveva esposto che mq. 1081 del capannone erano adibiti "a sola area di manovra automezzi non soggetta a Tarsu", che mq. 100 erano adibiti a deposito olii esausti esclusi dalla tassa e che gli ulteriori mq. 900 erano adibiti "a deposito di materiale inerente l'attività svolta" da essa contribuente, la Commissione Tributaria Regionale, ferma la destinazione (deposito oli esausti) dei detti mq. 100, aveva ritenuto che la superficie di mq. 1081 era adibita a "deposito per materiale ed attrezzature per l'attività edilizia" e i mq. 900 detti erano "utilizzati per attività non industriale, potenzialmente produttivi di rifiuti solidi urbani e quindi ... assoggettabili alla Tarsu".

La ricorrente, pertanto, ritiene che il "criterio per l'applicazione della tassa riferita alla medesima area" (di mq. 900) sia "diverso e contrario".

La censura deve essere rigettata perché priva di pregio in quanto l'uso (addotto dal Comune) dei 900 mq. in questione come "deposito di materiale inerente l'attività svolta dalla Tremari" e la potenziale capacità della stessa superficie di produrre rifiuti solidi urbani (per l'adibizione della stessa ad "attività non industriale" ritenuta dal giudice a quo) non sono né in contrasto né diversi tra loro perché entrambi rispettosi del principio posto dal primo comma dell' art. 62 invocato dalla contribuente in quanto, come rettamente affermato da questa Corte (Cass., trib., 15 novembre 2000 n. 14770 ), in base a tale norma la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere le aree scoperte, a qualsiasi uso adibite (salvo che non si tratti di aree scoperte da ritenere pertinenziali o accessorie ad abitazioni ovvero altrimenti esenti dall'imposta de qua).

La previsione legislativa "a qualsiasi uso", come osservato anche nella citata decisione di questa Corte, ha carattere

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generale e subisce solo le deroghe indicate nel comma 2 dello stesso articolo, per il quale "non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell'anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione".

Tali deroghe - costituite, in sostanza, dall'accertamento dell'oggettiva incapacità, per gli specifici motivi indicati dalla norma ("loro natura" o "particolare uso" ovvero "non utilizzabilità"), delle aree e/o dei locali a "produrre rifiuti" -, peraltro, non sono automatiche ma devono essere di volta in volta dedotte ("nella denuncia originaria" o in quella "di variazione") ed accertate ("debitamente riscontrate") con un procedimento amministrativo, la cui conclusione deve essere basata su elementi obiettivi direttamente rilevabili o su idonea documentazione.

Si deduce da tanto che lo specifico uso dell'area ritenuto dal giudice nella decisione gravata non contrasta affatto con quello accertato dal Comune e posto a base dell'atto impugnato e che lo stesso rientra pienamente nella previsione dell'art. 62 cit..

3. Con il secondo motivo di gravarne la società ricorrente denunzia "violazione e falsa applicazione" ancora dell'art. 62 detto adducendo che la pretesa del Comune di sottoporre a tassazione la superficie di mq. 900 (sulla quale, giusta la dichiarazione integrativa rilasciata il 28 ottobre 1996 dallo stesso Comune, erano depositati "travi, travetti, punte, assito, pannelli per armature ecc.") urta contro il divieto di doppia imposizione in quanto il Comune (con note del 26 ottobre 1998) ha risposto alla sua richiesta (del 14 ottobre 1998) di "adempiere allo smaltimento" di quei rifiuti che gli stessi devono ritenersi "rifiuto speciale", come tale assoggettato allo smaltimento privato a cura e spese di essa S.a.s. Tremari.

Il motivo deve essere respinto perché infondato.

Per il combinato disposto degli art. 58, 60 e 62 del D.Lg.vo n. 507/1993, infatti, la tassa pretesa dal Comune riguarda soltanto il "servizio relativo allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati ad ogni effetto ai sensi dell'art. 60 " ed è dovuta, come accertato innanzi, unicamente per la idoneità delle aree detenute a produrre rifiuti siffatti.

La tassa de qua, quindi, non comprende lo smaltimento di qualsiasi "rifiuto" depositato sulle aree detenute ma solo lo smaltimento dei rifiuti "urbani" e di quelli che, ex art. 60, "rientrino nelle tipologia di qualità indicate nel regolamento ai fini dell'assimilazione ai rifiuti solidi urbani".

Lo smaltimento a spese e cure del contribuente dei rifiuti diversi da quelli urbani ed assimilati può incontrare il divieto della doppia imposizione solo in ipotesi di accertata inidoneità delle aree a produrre rifiuti urbani ed assimilati, cioè di accertamento (con le modalità previste dalla norma) dell'ipotesi di deroga di cui al secondo comma dell'art. 62 .

4. Le spese processuali del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti ai sensi del secondo comma dell'art. 92 c. p.c..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese processuali del giudizio di legittimità.