Corso scuola Secondaria 2017 - unitn.it · empirica e/o logica: ciò che viene percepito, cosa o...
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Corso scuola
Secondaria 2017
Marco Dallari, sequenza 2
Fra i principali contributi che possiamo
utilizzare per costruire un profilo educativo
attendibile nella scuola contemporanea
possiamo annoverare quellidel concetto di
esperienza di John Dewey, della
Fenomenologia, del Costruttivismo, della
Psicoanalisi.
Fenomenologia
Postula la centralità della relazione (intersoggettività) nella costruzione dell’identità, delle conoscenze e delle rappresentazioni.
Secondo il suo fondatore, Edmund Husserl, ogni atto psichico è sempre coscienza di…; non esiste, cioè, un’attività mentale cosciente senza qualcosa che si ponga come oggetto del pensiero e della coscienza
Ogni concetto viene ricondotto dalla fenomenologia all’attività intenzionale, poiché la psiche, incontrando un oggetto, lo intenziona, determinandone qualità formali e senso. Questo avviene in relazione alle caratteristiche dell’oggetto in sé, per l’influenza delle informazioni ricevute, per le influenze contestuali, attraverso il processo di interpretazione che ciascuno ne dà. Dire coscienza umana, per Edmund Husserl, significa dunque dire intenzionalità.
ERLEBNISSE (VISSUTI)
L’idea di Erlebnis opera una distinzione fondamentale rispetto al
concetto di esperienza, che diviene così esperienza vissuta.
L’esperienza vissuta non è dunque riducibile alla sua dimensione
empirica e/o logica: ciò che viene percepito, cosa o essere
vivente che sia, è com-preso (preso dentro di sé) e riconosciuto
come esistente perché diviene,
in quel momento, parte del
mondo della vita (lebenswelt)
di ciascuno.
La fenomenologia chiarisce come l’esperienza del
singolo non è mai del tutto distinguibile dall’alterità,
dal contesto ambientale e dal mondo. L’individuo
fenomenologicamente inteso non è un universo
chiuso come vorrebbe la distinzione naturalistica
fra soggetto e oggetto postulata da René
Descartes (Cartesio) né la drammatica monade di
Leibniz: il mondo appartiene alla vita psichica in
forma di Erlebnisse (vissuti)
La fenomenologia illumina i fenomeni di una luce diversa da quella che li obiettivizza e li frantuma in segmenti per spiegarli: semplicemente li lascia manifestare come appaiono (tà phainòmena), corrispondendo al significato originario di “fenomeno”, ciò che si manifesta (…)
(Heidegger Essere e tempo 1976, p. 97)
Secondo PIERO BERTOLINI
La pedagogogia, (cosi come
ogni procedura educativa)
non é mai “oggettiva” e
"neutrale“ ma
FENOMENOLOGICA
in quanto intenzionale,
contestuale, intersoggettiva,
condizionata (orientata) dal
luogo, dal tempo, dalle
caratteristiche individuali dei
soggetti coinvolti.
• Capitolo conclusivo dell’ Esistere pedagogico di Piero Bertolini, p.313.
Compito dell’operatore pedagogico risulta essere quello di stimolare la capacità intenzionale dell’educando, ovvero di coinvolgerlo il più possibile nella scoperta e nella utilizzazione di orizzonti esistenziali nuovi pur se nell’ambito della sua stessa quotidianità. Si tratta in altri termini di aiutare l’educando (…) a sviluppare il gusto per un “andar oltre” che rappresenta sempre la conquista di un traguardo non ancora raggiunto. In questo senso diventa fondamentale per l’operatore pedagogico il sapersi presentare egli stesso come una persona che, mai soddisfatta di quanto realizzato, è sempre tesa verso nuove conquiste e verso il superamento di quanto raggiunto.
Jean Paul Sartre, nella sua teoria
delle emozioni, chiarisce che
l’affettività rappresenta la sfera
degli atti con cui l’essere umano si
rivolge al mondo e ne riceve le
impressioni. La coscienza
emozionale è è quindi anzitutto
“coscienza del mondo” o, meglio,
essa è “una certa maniera di
cogliere il mondo”
Sartre (1943) L’essere e il nulla, Milano, Il Saggiatore
2004,
Il senso dell’identità personale si costruisce attraverso la
relazione con gli altri e col mondo,
attraverso processi intersoggettivi
Intersoggettività L’idea dell’intersoggettività ridimensiona
la distinzione fra soggetto e oggetto, fra sé
e altro da sé.
“Siamo dei molteplici soggetti sensibili, ma, in quanto
comunichiamo, il senso di tutti serve ad ogni soggetto,
[…] E’ come se ci fosse un mondo collettivo correlativo
a un soggetto unico.” Edmund Husserl (1912-1928) Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica,
Torino, Einaudi, 1965, p. 126.
Giorgio De Chirico
Ritratto di Isa con abito nero 1935 Raffaello Sanzio La muta 1507
• • Dora Maar Donna con le braccia alzate (Dora Maar)
Nei ritratti di Picasso il tempo, il movimento,
l'interazione fra pittore modella, la dimensione
intersoggettiva esistente nel rapporto fra artista e
soggetto della rappresentazione viene del tutto
evidenziata.
Nel Ritratto di Dora Maar Dora ha un prurito a un orecchio
e il ritrattista svela il movimento della mano che si muove
per grattarselo. Nella Donna che piange, a un certo
momento della pittura qualcosa ha indotto Dora a piangere
e una porzione di spazio e di tempo della pittura diventano
bianchi e neri (come nella tragica e terribile Guernica) e le
lacrime sgorgano dagli occhi di Dora.
1999-Richard-Serra installazione
Una produzione artistica tipicamente fenomenologica è
l'installazione. Questo tipo di opera d'arte non prevede una
posizione fissa per l'osservatore, ma un suo coinvolgimento
diretto. Il fruitore di un'opera-installazione gira intorno ad
essa, entra nell'opera, egli stesso è parte dell'opera
Richard Serra Installazione
La installazione, inoltre, è costruita dal suo autore in un
luogo particolare che ne determina la forma, la
collocazione, spesso la scelta dei materiali con cui viene
realizzata. Non è dunque pensata e realizzata come
"assoluta", indipendente dal luogo del tempo in cui si trova,
ma interagisce con le categorie spaziotemporali.
Michele Orsinger
NIDI D’ACQUA
Il genere artistico più coerentemente
fenomenologico è probabilmente l’arte
ambientale. Le opere d'arte che
appartengono a questa corrente
artistica che non vuole sfidare il
tempo,, distinguersi rispetto agli altri
oggetti che occupano lo spazio
rimanere riconoscibile e visibile per
l'eternità. Gli artisti ambientali non si
contrappongono alla natura ma
collaborano con essa, stanno dentro e
non fuori dal tempo. I materiali di
questi artisti usano, infatti, sono
perlopiù il legno, la corda, e altre
materie naturali e deteriorabili, spesso
trovate nel luogo stesso in cui le
installazioni vengono costruite.
• Bridge II, Steven Siegel
SENSO • Il linguaggio comune usa spesso il termine
sensato come sinonimo di utile. Ma questa è
una banalizzazione.
• Più correttamente si intende con questo termine
il significato e la rilevanza che l'esistenza e il
mondo in cui essa si esprime assumono per
ciascuno.
• Su questa accezione di senso nel ‘900
assumono particolare importanza le posizioni
della fenomenologia e della psicologia
analitica.
Postulando la centralità della
relazione (intersoggettività)
e dei processi
di negoziazione nella
costruzione dell’identità,
delle conoscenze e delle rappresentazioni, anche l’attribuzione di sensato o insensato rientra nelle pratiche intersoggettive e intenzionali
Tutti gli esponenti della pedagogia
fenomenologicamente orientata, da Bertolini
in poi, sottolineano come la
QUALITÀ DELLA RELAZIONE EDUCATIVA,
sia molto più importante di qualunque strategia
didattica o impostazione metodologica e
tecnica.
Se la relazione (educativa) è vissuta come
significativa e gratificante, perché capace di
stimolare non soltanto la dimensione razionale e
cognitiva ma anche la sfera affettiva e estetica
essa, e i contenuti di cui è portatrice, vengono a
loro volta vissuti come dotati di senso.
• Il difficile compito di accompagnare qualcuno sui sentieri della vita, (…) esige una maturazione personale e una competenza emotiva che non si trova nei libri ma che si guadagna vivendo e pensando ciò che si è vissuto. (Vanna Iori 2006)
Quaderno della vita emotiva. Strumenti per il lavoro di cura
Autori e curatori
Vanna Iori
Contributi: Alessandra Augelli, Daniele Bruzzone, Isabella Casadio, Elisabetta Musi
Editore: Franco Angeli Collana: Vita emotiva e formazione
Proposte concrete indirizzate a coloro che svolgono lavoro di cura (e in particolare formatori, educatori, insegnanti) per includere nei loro percorsi formativi, e autoformativi, lo sviluppo delle competenze emotive.
Con il termine competenza emotiva Daniel Goleman
intende
l'insieme di abilità pratiche (skills) necessarie per
l'autoefficacia (self-efficacy) dell'individuo nelle
transazioni sociali che suscitano emozioni Goleman D. (1995) Emotional Intelligence
Si tratta dunque della capacità di riconoscere, accettare, esprimere i propri stati emozionali
di nominare, accettare e gestire le caratteristiche emozionali proprie e altrui
di essere dotati di capacità empatiche.
Per costruire la competenza emotiva il linguaggio denotativo non basta, occorre l’opacità della metafora e l’intensità estetica della narrazione
Per Eugenio Borgna «Le emozioni anelano ad
essere espresse e ad essere comunicate, a non
essere tenute nascoste, perché, come diceva
William Shakespeare nel Macbeth, spezzano il
cuore se non sono portate alla luce dal
linguaggio, dal linguaggio delle parole dal
linguaggio del corpo vivente, del volto e degli
sguardi, delle lacrime e del sorriso.
Le parole, queste creature viventi,
sono di una radicale importanza
nel creare punti di comunicazione
fra chi parla e chi ascolta, fra chi
cura e chi è curato, o nell’inaridirli
e nello spegnerli» (prefazione).
• Il vissuto di senso difficilmente può essere
collettivo: l’imposizione non solo di eseguire un
compito ma di trovarlo dotato di caratteristiche di
senso (gratificazione, bellezza, utilità…) provoca
o un atteggiamento di disimpegno o l’insorgere
di un doppio legame.
• In questo caso l’alunno non esegue il compito
perché è convinto che sia dotato di senso ma
solamente per evitare sanzioni, per assecondare
la richiesta di qualcuno o ricevere un premio o
una gratificazione.
• La strategia pedagogico-didattica da seguire
non è dunque quella (purtroppo diffusa) delle
consegne uguali per tutti, ma quella (anche se
difficilmente praticabile) dell’individualizzazione
del curricolo.
Ingrediente fondamentale per strutturazione
di conoscenza e identità è
l’ ESPERIENZA
Aristotele compì svariate analisi sul
concetto di esperienza definendola
come un insieme di sensazioni e
memoria reso possibile dall'induzione,
cioè la capacità di cogliere l'universale
attraverso i particolari.
Oggi il concetto di esperienza si è enormemente
ampliato, e oltre ai tradizionali elementi sensoriali
ed emozionali, comprende fattori logici, matematici
e tecnologici che ne rendono più complessa
l'interpretazione.
John Dewey, pedagogista e filosofo
americano sostenitore dell’educazione
inclusiva e del metodo ATTIVO in
educazione, considera l’esperienza
l’unica vera fonte di formazione e di
educazione
Per Dewey c’è esperienza quando fattori
esterni (ambientali, culturali) e fattori
interni (disposizione affettiva, capacità di
comprensione) interagiscono: “qualsiasi
esperienza normale è un gioco reciproco
di queste due serie di condizioni. Prese
insieme, e nella loro interazione,
costituiscono quella che io chiamo
situazione” (Dewey1938) .
Dewey J. (1938) Esperienza e educazione,
Milano, Raffaello Cortina Editore, 2014, p. 29
Il testo The School and Society, ispirato
alla scuola laboratorio di Chicago, sostiene
la centralità della scuola come luogo di
sperimentazione delle possibilità di
sviluppo dell’individuo nella relazione tra la
sua vita interiore, pulsionale e desiderante,
e quella sociale delle regole e della relazione con gli
altri attori della comunità. L’individuo, proprio perché
complesso e problematico, è così educato allo spirito
sociale e a riconoscere e valorizzare le “embedded
powers”, le potenzialità impresse nella sua interiorità.
Per tale ragione la scuola deve educare alla comunità
come relazione sociale, accogliendo le capacità e le
azioni differenti di ogni individuo ed essendo così
autenticamente inclusiva.
Costruttivismo Il Costruttivismo è una corrente di
pensiero, formalizzata
prevalentemente in USA nella
seconda metà del 900.
È caratterizzata da una concezione epistemologica
inter e transdisciplinare tra biologia, psicologia
della percezione, cibernetica, teoria dei sistemi,
antropologia, linguistica, sociologia e altri settori
disciplinari. Il costruttivismo esce dalla tradizionale
concezione filosofica per la quale per conoscenza
si intende la costruzione di rappresentazioni di una
realtà esterna al soggetto e distinta da esso.
Il costruttivismo afferma che nessun sistema
biologico può “uscire da se stesso” per acquisire
informazioni sul mondo “così com’è”. Ogni
organismo reagisce a stimoli percettivi che danno
luogo alla sola informazioni in suo possesso:
informazione che esso codifica ed elabora
facendone il nucleo del proprio
comportamento.
La conoscenza risulta in modo
attivo e conseguentemente anche
il mondo reale risulta una
costruzione esito di interpretazioni
soggettive socialmente negoziate
e condivise.
Esponenti di spicco del costruttivismo sono lo
psicologo e cibernetico Ernst Von Glasersfeld,
il fisico Heinz von Foerster, il biologo-
antropologo Gregory Bateson, l’antropologa
culturale Margareth Mead, i biologi Humberto
Maturana e Francisco Varela.
Per quanto i costruttivisti ribadiscano la loro non
appartenenza all’ambito disciplinare della filosofia è evidente
il riferimento del loro pensiero alla teoria della conoscenza di
Giovan Battista Vico per il quale verum ipsum factum (il vero
è costruzione attiva del proprio sapere), alla fenomenologia
europea di Edmund Husserl, Jean Paul Sartre e Maurice
Merleau Ponty per la quale ciascuno, ricevendo informazioni
dal mondo, intenziona l’informazione secondo la propria
capacità di interpretazione e le proprie preconoscenze
(concetto di intenzionalità) e postula il superamento della
distinzione fra soggetto e oggetto, fra sé e altro da sé
(concetto di intersoggettività). Inoltre sono espliciti i
riferimenti agli psicologi Jean Piaget e Lev Semenov
Vygotskij e all’americano John Dewey che mette
l’esperienza (personale) al centro dei processi formativi.
Le leggi di natura, dunque, non
vengono scoperte bensì inventate e la
realtà stessa non è intesa come dato
oggettivo e autonomo ma costruita
mediando tra percezione e
comunicazione. La conoscenza non è mai ricevuta passivamente e il
processo cognitivo risulta uno strumento
indispensabile affinché i sistemi biologici possono
adattarsi proficuamente all’ambiente, come peraltro
previsto dalla teoria dell’evoluzione secondo il
concetto darwiniano di selezione negativa, ovvero
dell’adattamento come esito dell’eliminazione di
quanto è inutile e non funzionale all’adattamento
biologico e cognitivo.
La pedagogia costruttivista considera gli
alunni direttamente responsabili
dell'apprendimento, protagonisti di una
scuola nella quale poter raccontare le
proprie esperienze, emozioni, valori, che
costituiscono la base autentica
dell'imparare.
È una didattica che promuove atteggiamenti
metacognitivi e autovalutativi e spinge a riflettere sui
propri comportamenti e le proprie competenze La
figura dell'insegnante riveste il ruolo dell'osservatore e
del facilitatore, e la metacognizione risulta l’elemento
fondamentale per alimentare la conoscenza di sé,
l'autostima e la capacità di comprendere i meccanismi
che consentono di imparare ad imparare.
Elementi paradigmatici della
psicologia dinamica e loro contributo alle pratiche educative.
• Principio di piacere
• Secondo Sigmund Freud (e prima di lui secondo G. Th. Fechner) è il primo principio regolatore della psiche.
• Nei bambini piccolissimi è il solo principio regolatore: i bambini tendono a scaricare immediatamente nella quotidianità (anche in modo allucinatorio, nel sogno e nella fantasticheria) la tensione pulsionale, la cui crescita è fonte di dispiacere.
• Il concetto di PIACERE nella concezione
di Freud non va inteso, come invece è per
le teorie edonistiche, come finalità
dall’azione umana, ma come previsione
dell’effetto dell’azione da compiere e delle
sue conseguenze.
• Il Principio Di Piacere non investe dunque
tanto l’atto ma soprattutto il progetto e
l’intenzione.
• Partendo da questa premessa Freud
definisce PIACERE la riduzione della
quantità di eccitazione e DISPIACERE
l’aumento di tale quantità. Il P.D.P. è
dunque un principio economico volto alla
riduzione della tensione.
• Il principio di piacere trova soddisfazione
quando la gratificazione e il vissuto di
benessere si associano con
l’annullamento della dimensione ansiosa.
Se si vuole, come educatori e insegnanti,
utilizzare la leva della MOTIVAZIONE nella
relazione educativa, ogni progetto,
consegna o richiesta deve comprendere in
qualche modo il principio di piacere.
Allieva e maestro nell’antica Roma
• Principio di realtà
• Corrisponde allo sviluppo
delle funzioni coscienti:
attenzione, giudizio,
memoria, pensiero.
• Consente al soggetto di rappresentare a se stesso non solo ciò che è piacevole ma ciò che è reale anche se è spiacevole.
• Del principio di realtà fanno parte sia ingredienti “oggettivi” (le leggi della fisica, i limiti del mio corpo) sia elementi “culturali” (le regole, le abitudini e i valori condivisi con il gruppo di appartenenza).
Un bambino che “gattona” sta strutturando il principio di realtà
Strutturazione del principio di realtà è anche
utilizzazione delle risorse simboliche, purchè
accompagnate dalla convinzione di un loro portato
di SENSO.
• La strutturazione progressiva del principio di
realtà sostituisce la tendenza a pretendere di
scaricare immediatamente le tensioni pulsionali
con la tendenza a trasformare la realtà per
renderla appropriata a una soddisfazione
rinviata nel tempo e legata a capacità adattive
del desiderio.
• Il Principio Di Realtà non annulla dunque il
principio di piacere ma lo riorganizza.
Con il termine IDENTIFICAZIONE (Freud) si
indica il processo attraverso il quale ciascuno, per
costruire la propria identità personale, assimila uno
o più tratti di un altro individuo adattandolo a sé.
• Identificandosi il soggetto “prende a prestito” l’identità di qualcun altro per costruire la propria portando su di sé le caratteristiche ritenute positive o interessanti di un’altra persona.
• Identificazione è anche fenomeno inverso: il soggetto riconosce se stesso nel comportamento di qualcun altro. Si specchia, cioè, in qualcuno che gli somiglia per aspetto fisico, carattere, valori morali e le tensioni ideali rispetto alle quali indirizza la sua vita. In questo secondo caso non sono le caratteristiche dell’altro ad essere introiettate, ma le proprie, già presenti in modo esplicito o in dimensione potenziale e “latente”, vengono scoperte e valorizzate come positive e accettate come proprie grazie al rispecchiamento.
• C’è poi l’identificazione paritaria che si realizza quando
più soggetti costruiscono insieme le loro identità all’interno di un progetto volto non alla costruzione di un io ma piuttosto di un noi diventando una compagnia teatrale, una band musicale, un gruppo sportivo. Il fenomeno può riguardare anche la vita di coppia, o il modello culturale della cosiddetta “famiglia”. Quando l’operazione riesce è il gruppo, e non il soggetto, a realizzarsi come modello di identificazione, per cui ciascuno si sente realizzato da punto di vista identitario perché si riconosce e si vede riconosciuto nell’immagine di membro del gruppo.
• Identificazione è anche il fenomeno per cui le caratteristiche di qualcuno vengono scelte come sgradevoli e la costruzione del proprio profilo identitario assume come modello negativo la caratteristica di qualcuno a cui non si vuole assomigliare.
• L’INDIVIDUAZIONE
(Jung) è un processo di
differenziazione che ha per
obiettivo lo viluppo della
personalità individuale.
Consiste nel far emergere,
valorizzare e perfezionare
le proprie caratteristiche di
particolarità e di unicità.
• Il processo di individuazione agisce su due livelli: nel primo, osservabile nei primi anni di vita dei bambini, l’io costruisce se stesso differenziando le istanze psichiche inconsce da quelle consapevoli.
• A livello intrapsichico il processo di
individuazione ha la funzione di mettere in
ordine il più possibile le istanze consce ed
inconsce e creare l’equilibrio soggettivo fra gli
impulsi dell’Es, le regole morali e le tensioni
ideali che si strutturano nella personalità (e
divengono pian piano organiche all’identità
interiore) e la necessità di costruire l’io come
persona, come soggetto presentabile e capace
di relazione intersoggettiva.
•
• A livello interpsichico il processo di
individuazione ha a che fare più direttamente
con la dimensione storica, sociale e
antropologica dell’identità. Consiste, infatti, nel
differenziarsi o nel trovare il proprio stile
personale rispetto all’adesione alle forme
collettive d’esistenza e all’assunzione dei
modelli culturali del gruppo d’appartenenza.
• I processi di apprendimento di tipo mnemonico e
l’educazione di tipo adattivo realizzano un’idea
di educazione in cui prevale il valore
dell’IDENTIFICAZIONE.
• Quando si valorizza la dimensione creativa e
critica si privilegiano i processi di
INDIVIDUAZIONE.
IO FALSO
• Espressione introdotta da R. D. Laing per
indicare la nascita e la crescita di un IO
inautentico perché costruito sulle aspettative di
un’altra persona (spesso la madre) per cui
accanto al vero io, vero e reale ma accantonato,
cresce un falso io, docile e conciliante, che
obbliga l’individuo a costruire la propria identità
e la propria vita come adeguamento alle
richieste altrui.
• Per Laing il falso io può costituire la genesi di
una personalità schizoide.
DISIMPEGNO Si intende con questo termine il distacco emotivo
dell’io dall’attività che svolge o dovrebbe svolgere.
Per la psicanalisi è spesso un meccanismo di difesa
attraverso il quale il soggetto aggira il proprio
vissuto di ansia nei confronti del compito
considerandosi oggettivamente (e dunque
incolpevolmente) incapace di svolgerlo o
formulando nei suoi confronti un giudizio di
oggettiva insensatezza con conseguente
distanziamento dell’io e riduzione del senso di colpa
e dell’investimento ansioso. Un comportamento
scolastico di disimpegno non dovrebbe dunque
essere considerato una colpa ma un sintomo.
NEGAZIONE • in psicanalisi è il rifiuto di un oggetto o di un dato
della realtà, ma possono essere negati anche
un’idea o un desiderio incompatibile con la
propria immagine di sé. Si tratta di un
meccanismo di difesa che indica il rifiuto di
qualcosa di inconsciamente inaccettabile.
• In situazioni non patologiche la negazione è un
fenomeno transitorio in attesa che la psiche sia
in grado di accettare il pensiero o l’evento
sgradevole dando inizio al processo di
elaborazione.
AMBIVALENZA
• L’ambivalenza è la presenza di sentimenti, idee o desideri opposti nella relazione con gli altri o con se stessi.
• Freud usò il concetto in riferimento alla sfera affettiva (amore-odio verso la stessa persona) considerandola manifestazione di un dualismo pulsionale originario.
Per Melanie Klein l’ ambivalenza è un fenomeno
fondamentale nello sviluppo della libido e della
capacità di instaurare e gestire relazioni. Klein
nota come l’oggetto investito di sentimenti
ambivalenti (buono-cattivo) spesso
venga SCISSO, come accade nella
rappresentazione teatrale greca con
le maschere, o nel racconto fiabesco,
dove il protagonista può essere
(inizialmente) ambivalente ma non i co-protagonisti
e in cui la figura della madre spesso viene scissa
(mamma –matrigna)
ELABORAZIONE
Uno dei processi psichici più importanti, nei quali
le esigenze di tipo affettivo si servono delle risorse
simboliche messe a disposizione dei ciascuno
dalla cultura d’apparteneza è l’ELABORAZIONE
Il termine Elaborazione (in tedesco
Arbeit) ricorre spesso in Freud e
indica l’operazione di trasformazione
di una condizione di disagio o di
eccitazione il cui accumulo potrebbe
divenire patogeno.
Tale trasformazione consiste nell’
integrare il disagio nell'apparato
psichico formando associazioni e
collegamenti con altri contenuti
consci.
• Elaborare un sogno, un lutto, un trauma
significa modificare il vissuto inquietante
legato alla loro rievocazione in un
contenuto affettivamente accettabile e
simbolicamente dotato di senso
• L’elaborazione di un contenuto affettivo
prevede, assieme all’introspezione, il
confronto del proprio stato con modelli e
paradigmi condivisibili con gli altri membri
della comunità culturale d’appartenenza.
Elaborare un vissuto
affettivamente intenso
significa dunque, anche,
comprendere che non è solo
qualcosa esclusivamente mio,
ma universale, proprio della
condizione umana in quanto
tale.
Klein M. (1932), La psicoanalisi dei
bambini, Firenze, Martinelli, 1969.
DOPPIO LEGAME
Gregory Bateson Paul Watzlawick
• il concetto di doppio legame è stato introdotto da
Gregory Bateson e successivamente sviluppato
da Paul Watzlawick e dalla scuola di Palo Alto.
Indicare un particolare tipo di relazione
interpersonale in cui prevalgono segnali tra loro
contraddittori che pongono il destinatario in una
condizione di insicurezza. Questo succede
quando l'emittente di una comunicazione da
esplicitamente un messaggio ma il suo
atteggiamento e il suo comportamento,
implicitamente, lo negano.
• Esempio tipico è quando, nel rapporto madre
figlio, la madre invita esplicitamente il piccolo a
compiere azioni che tendono a rinforzare
l’autonomia e a fargli conseguire emancipazione
(esplorare, sperimentare, arrampicarsi…), ma il
suo atteggiamento ansioso (sguardo, postura)
fanno capire al bambino che il suo
comportamento sarebbe fonte di ansia per la
madre e che essa ha paura che non sia in grado
di compierlo.
• Scrive Bateson "… L'individuo si trova prigioniero di
una situazione in cui l'altra persona partecipe al
rapporto emette allo stesso tempo messaggi di due
ordini, uno dei quali nega l'altro; (…). Abbiamo
avanzato l'ipotesi che questo sia il genere di
situazione esistente tra il pre-schizofrenico e sua
madre; tuttavia è una situazione che si presenta
anche nei rapporti normali. Quando una persona
resta intrappolata in una situazione di doppio
legame, avrà reazioni di tipo
difensivo, simili a quelle di uno
schizofrenico"
• Bateson G. (1972) Verso un'ecologia della mente, Milano, Adelphi, 1976 pagine 252.
SIMBOLI Il nuovo ordine scoperto (ri-scoperto) dalla psicoanalisi è l’ORDINE SIMBOLICO.
L’individuo è attraversato da una trama di simboli e di significanti che lo costituiscono, che non è stato lui a creare e di cui non ha il pieno controllo.
Il simbolo, nel lessico psicoanalitico, è un significante il cui significato non è deciso dalla convenzione culturale, non indica ma allude attraverso i processi di spostamento e condensazione
Il pesce è simbolo della Dea Madre rappresentazione del ventre femminile (simbologia che i Celti manterranno per secoli). Appare, secoli dopo, negli affreschi tombali egizi e nei mosaici romani di età imperiale, simbolo di fertilità e di sessualità. Nei miti indiani troviamo Maya, il pesce parlante.
Il Cristianesimo attribuisce al pesce un significato mistico: Gesù cerca i suoi discepoli tra i pescatori, dice loro "Vi farò pescatori di uomini" e compie il miracolo dei pani e dei pesci.
L’agnello è un simbolo sacrificale.
Abramo immola l’animale in luogo del figlio Isacco. Questo episodio della tradizione ebraica venne adottato dal cristianesimo, che paragonò l’agnello a Cristo perché come l’animale fu sacrificato senza colpa. L’agnello nella religione cristiana diventò anche emblema degli apostoli e in genere di tutti i semplici o gli innocenti.
• René Magritte – La sottile linea d’ombra 1947
La stanza di Max Ernst dove vale la pena di passare la notte
• Un simbolo è vivo finché è pregno di
significato. Ma quando ha dato alla luce il
suo significato (…), quando cioè è stata
trovata l’espressione che formula la cosa
ricercata, attesa o presentita ancor meglio
del simbolo in uso fino a quel momento, il
simbolo muore.
• Jung C.G.
I contenuti simbolici hanno senso, dunque, per la coscienza che li instaura (non sono assoluti).
I simboli sono storici, perché appena se ne svela il significato diventano segni.
Il simbolo è dinamico: mantiene la tensione degli opposti dalla cui composizione nascono i processi trasformativi.
Nel simbolo c’è un’eccedenza di senso verso cui si orienta il processo di trasformazione psichica.
• (Umberto Galimberti)
La domanda che possiamo e dobbiamo porci è la
seguente: cos’hanno in comune questi approcci
epistemologici e antropologici? Possiamo trovare suggerimenti, spunti, incentivi
all’innovazione pedagogico didattica senza magari
essere seguaci convinti e profondi conoscitori di
ciascuna di queste teorie?
Senza dubbio si, perché sia pure con strategie
epistemiche differenti ci indicano una direzione
(anche se è la direzione della pluralità e della
complessità) e ci danno soprattutto buone ragioni per
abbandonare vecchie strade e vecchi pregiudizi
Ci indicano, innanzitutto, di rinunciare alla
convinzione che “insegnare” significhi trasmettere
conoscenze e valutare i nostri allievi in base
all’apprendimento di esse. Ciò che conta è
“imparare ad imparare” perché ciò che si apprende
durante il percorso scolastico difficilmente sarà ciò
che serve per pensare, per vivere, per
rappresentare se stessi e un mondo in perenne
cambiamento.
I contenuti della proposta formativa non servono
tanto in sé ma perché sono l’indispensabile e
irrinunciabile strumento per lo sviluppo di
competenze metacognitive e la scoperta di abilità,
interessi, talenti.
In secondo luogo ci indicano la direzione della
valorizzazione delle differenze e della
soggettività, che non significa aderire a teorie
liberiste ed egolatriche, ma accettare la
convinzione che accanto alla possibilità-
necessità di incrementare le risorse della
ragione occorre dare spazio all’affettività, alla
dimensione emozionale,
Occorre dunque rinunciare all’illusione che i
nostri allievi, come peraltro noi stessi,
possiamo mettere in atto quello “governo di
sé” che ha ispirato sia l’etica giudaico
cristiana che il modello positivista e che fa sì
che troppe volte sia stato formulato il
patetico giudizio scolastico “è intelligente ma
non si applica”.
Con la famosa affermazione
secondo la quale “l’Io non è
padrone in casa propria”
Sigmund Freud ci offre la
possibilità di riflettere sui limiti
della capacità di controllo che
abbiamo sul mondo e soprattutto
su noi stessi
. Il che non significa che i nostri allievi (e noi
stessi) siamo soggetti sperduti nei deliri di una
psicologia incomprensibile e ostaggio di pulsioni
incontrollabili, ma siamo, in quanto umani,
caratterizzate da un forte tasso di ambivalenza
Zygmunt Bauman, nel saggio
Modernità e ambivalenza ci fa notare
come la cultura moderna,
caratterizzata dalla tendenza a
ridurre la rappresentazione del
mondo e del pensiero al paradigma
razionalista, sia dominata dal
desiderio di eliminare l’ambivalenza.
Ora, dal momento che la postmodernità ci ha
liberato dall’obbligo di aderire univocamente al
paradigma razionalista (e a qualunque altro
paradigma che impugni il modello di un qualsivoglia
pensiero unico) dobbiamo chiederci se questa
eliminazione sia fattibile e, soprattutto, opportuna Bauman Z. (2009) Modernità e ambivalenza Milano, Bollati Boringhieri 2010.
La psicoanalista Melanie Klein
considerò l'ambivalenza una
caratteristica essenziale dello
sviluppo psicosessuale della
prima infanzia,
ma anche una dotazione positiva della
madre che, accettando i propri sentimenti
ambivalenti nei confronti del figlio, per il
quale insieme all’amore prova, a volte,
fastidio e intolleranza, ne riconosce l’identità
separata da sé e dunque la sua soggettività
e il suo essere una persona distinta da lei.
Per Klein l’ambivalenza è per
chiunque un fenomeno
fondamentale nello sviluppo
della libido e della capacità di
instaurare e gestire relazioni.
E l’ambivalenza spesso, soprattutto nella
preadolescenza e nell’adolescenza, investe
anche l’attrazione verso il sapere e le offerte
formative, investite simbolicamente come
risorse per “diventare grandi” contrapposta
al desiderio di far prevalere le istanze del
principio di piacere nella sua versione più
narcisistica e regressiva.
• .
ADOLESCENTI
• Mario Mafai Lo studente innamorato
Per Umberto Galimberti il termine
adolescenza ha due accezioni:
a) come fase cronologica compresa fra la pubertà
e la maturità.
b) come modalità ricorsiva della psiche i cui tratti
(incertezza, ansie per il futuro, l'evoluzione di
istanze pulsionali, bisogno di rassicurazione e
insieme di libertà) possono ricorrere più volte
nell'esperienza della vita.
In entrambe le accezioni il motivo conduttore è il
concetto di trasformazione, e ogni trasformazione
comporta una crisi di identità.
Sul piano cognitivo l’adolescente conquista nuove
capacità di ragionamento, di astrazione, di
formulazione di ipotesi che consentono una
riflessione sul proprio pensiero su quello altrui.
Questo fatto da un lato facilita relazioni non più
autocentrate, dall'altro genera un atteggiamento
critico che a volte disturba gli adulti e crea conflitto
con i coetanei.
La sua autorappresentazione cambia e il modo in
cui egli si riconosce non corrisponde più a quello in
cui viene riconosciuto. Per questo ha spesso la
convinzione di non essere capito.
Sul piano morale e sociale quello dell'adolescenza
è un pericolo di "idealismo" che può manifestarsi
con tratti di rigidità e di adesione incondizionata a
valori considerati positivi che si associano al
desiderio di realizzare immediatamente le proprie
aspirazioni.
Si consolida in questa fase il progressivo
passaggio da una morale eteronoma a una morale
autonoma.
Centralità della dimensione sessuale
• Tutte le elaborazioni valoriali e
affettive precedenti vengono
portate sul piano sessuale che
diviene centrale, scatenando
forti reazioni sia sul piano fisico
che psichico.
• Il corpo che fino alla pubertà era
vissuto come un portatore di
bisogni e desideri che potevano
essere soddisfatti solo
dall’esterno, diventa ora una
forza attiva nel comportamento
e nelle fantasie desideranti
sessuali e aggressive.
• Gli adolescenti sperimentano la nuova condizione di avere genitali fisicamente maturi, e sono trovare un compromesso tra ciò che si desidera e ciò che non è consentito.
• In adolescenza, è significativo il ruolo centrale del corpo e del suo trasformarsi e di come tale processo, a livello psichico, assume importanza rispetto alla possibilità della sua stessa rappresentazione.
• È nel corpo, che si inscrive la crisi dell’adolescente e delle sue rappresentazioni, e il conflitto che egli vive è circoscritto essenzialmente tra il desiderio di essere uguale ed essere diverso.
• I vari frammenti attraverso i quali si manifesta l’evoluzione dell’adolescente (cambiamenti nelle relazioni con gli oggetti edipici e con i coetanei, ma anche con il proprio corpo), andrebbero inquadrati nella globalità di questa funzione evolutiva e non intesi come parti distinte da essa, come spesso tendono invece a fare genitori e, soprattutto, educatori e insegnanti.
• I modi in cui l’adolescente affronta ogni problema e prova ci permette di sapere se egli procede regolarmente verso l’età adulta oppure se è in difficoltà.
• Molto spesso il comportamento in ambiente scolastico, le modalità di relazione con i pari dei diversi sessi, l’atteggiamento nei confronti delle consegne, le dimostrazioni di maggiore o minore autonomia, sono sintomi e segnali di un sereno o problermatico rapporto di ragazzi e ragazze con la fase della loro mutazione identitaria adolescenziale.
L’adolescente della classicità precristiana, pur
nella sua fragilità e nelle contraddizioni
dell’immaturità, era riconosciuto come un giovane
adulto, in cui era centrale la dimensione sessuale,
aggressiva e desiderante.
La cultura cristiana e la riorganizzazione borghese
del ciclo di vita hanno espropriato l’adolescente
della sessualità che la contemporaneità gli sta
restituendo anche ad opera di una sua
ridefinizione legata al riconoscimento della sua
condizione biologica e alla ridescrizione
psicologica e psicoanalitica.
Rimane comunque la contraddizione fra il
riconoscimento del bisogno di sperimentare
autonomia, responsabilità e sessualità e la
dipendenza dagli adulti rinforzata dalla tendenza
delle istituzioni educative a non porsi come
occasione di distacco dalle figure genitoriali ma
mettendo in atto pratiche di complicità finalizzate al
controllo (rapporto insegnanti genitori che spesso
esclude lo studente).
Questo fenomeno moderno è meno accentuato
nella cultura protestante anglosassone, dove il
college è occasione di distacco dall’ambiente
familiare (vedi Il giovane Holden di Jerome David
Salinger e L’incantatore di Iris Murdoch)
Ibsen, nel suo Casa di bambola vede nel personaggio
femminile di Nora una sposa bambina che il marito-
patriarca Torvald vuole dominare e piegare ai suoi desideri
e ai suoi pregiudizi ma Nora saprà riprendersi la
sua vita e la sua identità
Il dramma di Ibsen è riraccontato nella
preziosa versione a fumetti di Cinzia
Ghigliano
Andrea Pazienza da una versione «maledetta» e
inquietante dell’adolescenza maschile con il personaggio di
Zanardi, l’ambientazione metropolitana delle avventure di
Colasenti, «Zanna» e Petrilli fra insegnanti incompetenti e
genitori assenti.
Gustavo Pietropolli Charmet
Gustavo Pietropolli Charmet si occupa
da tempo di adolescenza, e su questo tema
ha scrittoi volumi e articoli anche su riviste di divulgazione. Il volume più conosciuto è Fragile e spavaldo. Ritratto dell'adolescente di oggi.
L’adolescente occidentale contemporaneo, nota Charmet, affronta prove e utilizza mappe e travestimenti molto diversi da quelli sperimentati dalle generazioni precedenti, guarda al futuro e mai al passato, teme la noia e la vergogna, fa della creatività uno strumento di crescita. •
Pietropolli Charmet G. Fragile e spavaldo. Ritratto dell'adolescente di oggi. Roma-Bari, Laterza, 2008.
• È un Narciso il nuovo adolescente, insieme spavaldo e
temerario, delicato e fragile. E come ogni narciso è vulnerabile ad ogni disconferma e ferita narcisistica. Non è stato allevato in un modello educativo rigido e autoritario ma esce da un'infanzia privilegiata e fatica a lasciarla.
• Anche se è cresciuto alla ricerca di una mamma spesso troppo impegnata, è comunque abituato a considerare i suoi genitori come alleati e, libero dal complesso edipico, può riversare la rabbia verso altri obiettivi. Spesso lavora sul suo corpo in trasformazione con il piercing, lo sport ossessivo, la ricerca morbosa di magrezza e ne fa un potente simbolo di proiezione nel futuro.
• È fatto così: lavora molto nella propria mente, ma se attacca nella realtà (come spesso succede nei gesti crudeli che compie nei confronti dei compagni di scuola più deboli) è incapace di identificarsi con il dolore che provoca, perché, nota Charmet, nessuno gli ha insegnato cosa significa immedesimarsi nell'altro da sé.
John William Waterhouse, Eco e Narciso (1903), Walker Art Gallery, Liverpool
• La problematicità di questa nuova dinamica evolutiva è
dovuta alla natura del sentimento della vergogna: mentre del senso di colpa ci si può liberare, recuperando l’innocenza, la vergogna può riaffiorare anche a distanza di molto tempo. Questo la rende un sentimento molto difficile da metabolizzare, perché ha a che fare non con una singolo atto compiuto o comportamento, ma con il valore complessivo del sé. Il modello dominante del rapporto genitori-figli profondamente cambiato. Il bambino di oggi non è più una tabula rasa che l’adulto conformava ai propri principi e valori, ma è considerato una piccola persona che ha già caratteristiche identitarie proprie, capacità e potere relazionale.
• Il compito dei padri e delle madri è diventato facilitare loro il percorso nella scoperta di se stessi e aiutarli a sviluppare la propria natura e i propri talenti.
• Oggi alle dinamiche tipiche dell’adolescente del passato,
fra le quali prevalevano i sensi di colpa, ha fatto irruzione la vergogna, la paura di essere mortificati, di perdere la gratificazione sociale.
• E’ diffusa la sensazione di essere inadatti relativamente al proprio corpo, impresentabili, di non poter fruire delle proprio aspetto e della propria immagine identitaria per poter sedurre, autoaffermarsi, ricevere attenzione.
• Questo vissuto di inadeguatezza è amplificato dal mondo dei media, può dunque essere o manipolato e nell’universo dei social media.
• L’unica via d’uscita che talora si
presenta a questi adolescenti
fragili è la spavalderia. Le
istituzioni come la scuola, che
fanno spesso sentire inadatto il
giovane, perdono importanza ed
autorità e vengono
spavaldamente disprezzate.
• L’adolescente spavaldo si
guadagna così una maschera di
bellezza fittizia, da sfoggiare
nella sua vita relazionale.
• • Cagnacci, Davide con la testa di Golia XVII
• Dal punto di vista educativo, dunque, viene enfatizzato il
valore dell’individualità, e le prime categorie che il bambino in cambiamento trova e riesce ad afferrare sono quelle legate alle dimensioni di maschile e femminile.
• A scapito del fatto di essere semplicemente bambini, i giovani si conformano molto presto ai modelli di virilità e femminilità imposti dal contesto in cui vivono (giocattoli e libri differenti per bambini e bambine, prevalenza delle problematiche erotiche e della relazione maschile-femminile nei media) e questo genera un problema di precocità. La pubertà psichica e culturale arriva prima di quella fisiologica.
• Questo ha degli effetti non solo a livello educativo, ma è sicuramente una delle dinamiche che conducono, una volta che il corpo è davvero maturato, a perplessità, dubbi, vergogna, disagio.
Edward Munch
• I modi in cui l’adolescente affronta ogni problema e prova ci permette di sapere se egli procede regolarmente verso l’età adulta oppure se è in difficoltà.
• Molto spesso il comportamento in ambiente scolastico, le modalità di relazione con i pari dei diversi sessi, l’atteggiamento nei confronti delle consegne, le dimostrazioni di maggiore o minore autonomia, sono sintomi e segnali di un sereno o problematico rapporto di ragazzi e ragazze con la fase della loro mutazione identitaria adolescenziale.
• Alberto Moravia, Agostino (1943)
•
• Cesare Pavese, La bella estate (1949)
•
• Goffredo Parise, Il prete bello (1954)
•
• Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita (1955)
•
• Elsa Morante, L’isola di Arturo (1957)
•
• Carlo Cassola, La ragazza di Bube (1960)
•
• Dacia Maraini, L’età del malessere (1963)
•
• Robert Musil, I turbamenti del giovane Torless
•
• Franz Kafka, Lettera al padre
•
• Cristiane F., Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino
• Pompeo Andrea Pazienza
• Casa di bambola Ibsen • Versione a fumetti di Cinzia Ghigliano
• Corto Maltese
• Rutu Modan La proprietà
L’inventore di sogni,
di Jan McEwan
Edizioni Einaudi.
• Racconta le avventure inquietanti e
rocambolesche di Peter Fortune, un
bambino che sogna a occhi aperti
per sfuggire alla noia e alla
normalità della vita.Grazie a una
misteriosa Pomata Svanilina
realizza una delle fantasie
ambivalenti più tipiche
dell’adolescenza: fa sparire la sua
famiglia. E’ il libro più letto e più
amato di McEwan.
Jack Frusciante è uscito dal gruppo
(una maestosa storia d'amore e di
«rock parrocchiale») romanzo scritto da
Enrico Brizzi, nel 1995 è finalista al
Premio Campiello. Baldini & Castoldi
Il giovane Holden Salinger J. D.
Einaudi, nuova traduzione di Matteo
Colombo, efficacissima e vicina al
gusto giovanile contemporaneo.
L’incantatore di Iris Murdoch
(postfazione di Peter Cameron)
pubblicato in Italia da Il Saggiatore.
Massimo Recalcati nel suo libro
L’ora di lezione, per un’erotica
dell’insegnamento, (Torino Einaudi 2014)
sottolinea l’ importanza che assume
lo stile del docente.
“Ogni insegnante insegna a partire da uno stile che
lo contraddistingue. Non si tratta di tecnica e di
metodo. Lo stile e il rapporto che l'insegnante sa
stabilire con ciò che insegna a partire dalla
singolarità della sua esistenza e del suo desiderio di
sapere. (…) Quel che resta della scuola e la
funzione insostituibile dell'insegnante.” (p.5)
“Possiamo (…) raccogliere testimonianze di ragazzi e
ragazze che raccontano come l'incontro con una lezione
abbia modificato per sempre il cammino della loro vita. La
scuola non serve innanzitutto questo? Non serve a
produrre un soggetto, un desiderio singolare, una passione
che può orientare la vita? L’incontro tra generazioni
diverse, tra insegnanti e allievi, ma anche quello tra il
soggetto è l'alterità reale e simbolica dell'istituzione,
obbliga a decentrarsi dal proprio io e a rompere il legame
con il gruppo familiare. • Oggi il pericolo non è più concepire
l'educazione come il calco autoritario della
tradizione, ma quello di assimilarla
all'esaltazione del principio di prestazione e
trasforma la vita in una gara perpetua.
Diversamente la struttura delle vite esige
l'eccezione, lo scarto, la divergenza,
l'eresia”. (p.151)