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CORSO "INFORMATICA E DIRITTO" - A.A. 2010-2011 UNIVERSITÀ DI ROMA "SAPIENZA" - FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIOLOGIA, COMUNICAZIONE MATERIALI DIDATTICI - V LEZIONE 1 OPEN SOURCE Domenico Palermo 1. L’origine del software libero. I primi computer erano tutti forniti di un sistema operativo liberamente consultabile e con un manuale completo delle indicazioni sulla compilazione del sorgente del programma. Il legame inscindibile fra il software ed il computer, rendeva inutile qualsiasi protezione del sistema operativo, perché il limite del programma era la sua non portabilità su altre macchine. Negli anni ’70 la nascita di un sistema operativo portabile, UNIX 1 , di proprietà della AT&T, cambiò tutto. Il programma ebbe un notevole successo nelle Università degli Stati Uniti, dove fu installato gratuitamente su diversi computer, assieme al codice sorgente. La portabilità su diverse piattaforme hardware, l’apertura del codice 2 , la semplicità d’uso ne permisero una rapida diffusione fra gli hacker 3 . Ma negli anni ’80 la situazione cambiò. La AT&T venne smembrata in diverse società e, con una sentenza del 1984 gli venne permesso di trasformare UNIX in un prodotto commerciale, chiudendo il codice sorgente 4 . Se fino agli anni ’80, il software veniva scambiato senza alcun problema fra i programmatori, dagli anni ’80 in poi cominciarono a diffondersi i primi software proprietari. Il mondo hacker si divise: alcuni rimasero con Unix, altri cominciarono a creare sistemi operativi derivati Unix La presente dispensa è una sintesi, usata per la lezione del presente seminario, del più ampio saggio D. PALERMO, Profili giuridici, economici e politici dell'Open Source in M. SIRIMARCO (a cura di), Info-ius. Problemi e prospettive dell'informatica giuridica, Roma, 2010. Si rilascia il presente lavoro sotto licenza CC BY-NC-ND 3.0 (per informazioni: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/). 1 In questo saggio ci si riferirà ad UNIX, per indicare il sistema operativo proprietario della AT&T, ora della Novell, mentre con Unix si indicheranno tutti quei programmi derivati dal codice sorgente del primo UNIX. 2 Per “apertura del codice” si intende la libertà di poter modificare, migliorare, copiare e distribuire liberamente le modifiche al codice sorgente. 3 Cfr. E. S. RAYMOND, Breve storia sugli hacker, cit., in cui l’autore sottolinea il ruolo fondamentale di Unix per costruire una cultura hacker e una cultura del software libero: “Gli hacker erano in grado di utilizzare gli stessi strumenti software da una macchina all’altra (…). Oltre alla portabilità, Unix e C presentavano altri punti di forza. Entrambi si basavano sulla filosofia Keep it simple, stupid!, letteralmente “Semplifica, stupido!”. 4 Con la sentenza del 1984, quando la AT&T venne finalmente consentito di entrare nel settore informatico, le università non si preoccupavano di documentare le modifiche che introducevano al software. Questo creò delle dispute legali fra la AT&T e l’università di Berkeley in particolare, la quale aveva una propria distribuzione libera di Unix, denominata BSD, con un proprio codice sorgente comune con UNIX. La vertenza terminò solamente nel gennaio del 1994, quando la AT&T cedette il sistema operativo a Novell e fu trovato un accordo, come riportato da M. K. MCKUSICK, Vent’anni di Unix a Berkeley: dalla AT&T alla ridistribuzione gratuita, in Open Sources. Voci della rivoluzione Open Source, Milano, 1999, liberamente consultabili all’indirizzo internet: http://www.apogeonline.com/openpress/libri/545/index (a cui si farà riferimento nella presente dispensa).

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UNIVERSITÀ DI ROMA "SAPIENZA" - FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIOLOGIA, COMUNICAZIONE

MATERIALI DIDATTICI - V LEZIONE

1

OPEN SOURCE

Domenico Palermo

1. L’origine del software libero.

I primi computer erano tutti forniti di un sistema operativo liberamente

consultabile e con un manuale completo delle indicazioni sulla compilazione del

sorgente del programma. Il legame inscindibile fra il software ed il computer, rendeva

inutile qualsiasi protezione del sistema operativo, perché il limite del programma

era la sua non portabilità su altre macchine.

Negli anni ’70 la nascita di un sistema operativo portabile, UNIX1, di proprietà

della AT&T, cambiò tutto. Il programma ebbe un notevole successo nelle

Università degli Stati Uniti, dove fu installato gratuitamente su diversi computer,

assieme al codice sorgente. La portabilità su diverse piattaforme hardware, l’apertura

del codice2, la semplicità d’uso ne permisero una rapida diffusione fra gli hacker3.

Ma negli anni ’80 la situazione cambiò. La AT&T venne smembrata in diverse

società e, con una sentenza del 1984 gli venne permesso di trasformare UNIX in un

prodotto commerciale, chiudendo il codice sorgente4. Se fino agli anni ’80, il software

veniva scambiato senza alcun problema fra i programmatori, dagli anni ’80 in poi

cominciarono a diffondersi i primi software proprietari. Il mondo hacker si divise:

alcuni rimasero con Unix, altri cominciarono a creare sistemi operativi derivati Unix

La presente dispensa è una sintesi, usata per la lezione del presente seminario, del più ampio saggio D. PALERMO, Profili giuridici, economici e politici dell'Open Source in M. SIRIMARCO (a cura di), Info-ius. Problemi e prospettive dell'informatica giuridica, Roma, 2010. Si rilascia il presente lavoro sotto licenza CC BY-NC-ND 3.0 (per informazioni: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/). 1 In questo saggio ci si riferirà ad UNIX, per indicare il sistema operativo proprietario della AT&T, ora della Novell, mentre con Unix si indicheranno tutti quei programmi derivati dal codice sorgente del primo UNIX. 2 Per “apertura del codice” si intende la libertà di poter modificare, migliorare, copiare e distribuire liberamente le modifiche al codice sorgente. 3 Cfr. E. S. RAYMOND, Breve storia sugli hacker, cit., in cui l’autore sottolinea il ruolo fondamentale di Unix per costruire una cultura hacker e una cultura del software libero: “Gli hacker erano in grado di utilizzare gli stessi strumenti software da una macchina all’altra (…). Oltre alla portabilità, Unix e C presentavano altri punti di forza. Entrambi si basavano sulla filosofia Keep it simple, stupid!, letteralmente “Semplifica, stupido!”. 4 Con la sentenza del 1984, quando la AT&T venne finalmente consentito di entrare nel settore informatico, le università non si preoccupavano di documentare le modifiche che introducevano al software. Questo creò delle dispute legali fra la AT&T e l’università di Berkeley in particolare, la quale aveva una propria distribuzione libera di Unix, denominata BSD, con un proprio codice sorgente comune con UNIX. La vertenza terminò solamente nel gennaio del 1994, quando la AT&T cedette il sistema operativo a Novell e fu trovato un accordo, come riportato da M. K. MCKUSICK, Vent’anni di Unix a Berkeley: dalla AT&T alla ridistribuzione gratuita, in Open Sources. Voci della rivoluzione Open Source, Milano, 1999, liberamente consultabili all’indirizzo internet: http://www.apogeonline.com/openpress/libri/545/index (a cui si farà riferimento nella presente dispensa).

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come BSD5, altri si appassionarono ai microcomputer6 che cominciavano a

diffondersi negli anni Ottanta. In questo periodo sia Apple che Microsoft

iniziavano a produrre prodotti commerciali per conquistare il mercato dei personal

computer.

Nello stesso periodo Richard M. Stallman, un hacker del laboratorio di Intelligenza

Artificiale del MIT, per contrapporsi alla chiusura dei programmi e alle divisioni

nella comunità7, decise di uscire dai laboratori e di fondare il progetto GNU, un

acronimo ricorsivo “GNU’s Not Unix” (GNU Non è Unix), il cui scopo era la

costruzione di un sistema operativo libero, corredato di numerosi applicativi liberi,

in grado di offrire un’alternativa valida al software proprietario. Per difendere il

progetto fondò la Free Software Foundation al fine di fornire il supporto logistico e

legale necessario alla comunità del software libero.

2. Il software libero

Il software libero o free software è un programma che garantisce a tutti

quattro libertà: “la libertà di eseguire il programma, per qualsiasi scopo (libertà

0); la libertà di studiare come funziona il programma e adattarlo alle proprie

necessità (libertà 1) – l'accesso al codice sorgente ne è un prerequisito; la libertà di

ridistribuire copie in modo da aiutare il prossimo (libertà 2); la libertà di

migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti, in

modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio (libertà 3) – l’accesso al codice

sorgente ne è un prerequisito”8.

5 Cfr. M. K. MCKUSICK, Vent’anni di Unix a Berkeley: dalla AT&T alla ridistribuzione gratuita, in Open Sources. cit., in cui l’autore sottolinea come BSD, la Barkeley Software Distribution, dopo le nuove scelte di AT&T su Unix, fu costretta a ripulire il sistema operativo da tutte quelle parti di codice non condivisibili liberamente in rete. 6 Cfr. L. TORVALDS, D. DIAMOND, Rivoluzionario per caso. cit., p. 247. L’autore ritiene che il monopolio sui computer, detenuto dalla IBM, venne infranto proprio “quando la IBM sviluppò il personal computer, (che) senza volerlo aprì la propria tecnologia in modo che chiunque la potesse replicare. Quel gesto fu fondamentale per la rivoluzione del PC”. 7 Cfr. R. M. STALLMAN, Il progetto GNU, in Open Sources. cit., in cui Stallman spiega cosa implicava per un hacker la chiusura proprietaria del codice: “avevo già sperimentato cosa significasse un accordo di non diffusione per chi lo firmava, quando qualcuno rifiutò a me e al laboratorio AI del MIT il codice sorgente del programma di controllo della nostra stampante; l’assenza di alcune funzionalità nel programma rendeva oltremodo frustrante l’uso della stampante. Per cui non mi potevo dire che gli accordi di non-diffusione fossero innocenti. Ero molto arrabbiato quando quella persona si rifiutò di condividere il programma con noi; non potevo far finta di niente e fare lo stesso con tutti gli altri”. Cfr. G. FIORIGLIO, Gli hacker tra etica e diritto, in M SIRIMARCO (a cura di), Informatica, diritto, filosofia, 2007, Roma, pp. 75-76. 8 Consultato il giorno 4 aprile 2011 dal sito internet della FSF: http://www.gnu.org/home.it.html). La Free Software Foundation sottolinea continuamente che libero non è necessariamente gratuito, proprio per ovviare all’ambiguità semantica della parola free in inglese, il cui significato è sia “libero” ma anche “gratuito”.

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Nonostante gli sforzi prodotti, nel 1990 il progetto GNU mancava ancora

dell’elemento principale, il kernel9, senza il quale era impossibile creare un sistema

operativo completo. Questo problema venne risolto nel 1991 da un giovane

studente finlandese, Linus Torvalds, il quale, con il contributo della comunità in

rete, riuscì a creare un kernel totalmente libero denominato Linux10. Così nel 1992

prese vita il sistema operativo GNU/Linux.

Risolto il problema della creazione del sistema operativo, per completare lo sforzo

progettuale era necessario condividere la conoscenza tecnica anche attraverso la

diffusione di manuali in grado di mettere chiunque lo volesse nella condizione di

poter utilizzare, modificare, riprogettare il software liberamente condiviso. Ancora

più importante era contrastare il ricorso sempre più diffuso al copyright e la crescente

diffusione dell’uso dei brevetti per il software: era necessario proteggere gli standard

liberi. La FSF elaborò a questo scopo il concetto di permesso d’autore attraverso

una licenza-manifesto, la GPL, in grado di impedire la successiva chiusura di un

programma nato libero. L’idea fu quella di utilizzare il copyright, la protezione legale

del diritto d’autore, per proteggere il permesso d’autore, il copyleft. La licenza-

manifesto introdusse un problema che avrebbe diviso la comunità: la viralità della

licenza stessa: qualsiasi software rilasciato sotto GPL, per essere incorporato

all’interno di un programma, anche quest’ultimo deve essere rilasciato sotto la

medesima licenza.

3. Il software a codice sorgente aperto

Il 23 gennaio 1998 la Netscape Communications Corporation annunciò pubblicamente

che avrebbe reso pubblico il codice sorgente della sua suite di navigazione in rete

Communicator11 con il suo famoso browser proprietario Navigator, per affrontare il

successo riscosso dal rivale della Microsoft, Internet Explorer, integrato nel sistema

operativo Windows 98. L’annuncio stupì la stessa comunità che lavorava da anni alla

costruzione di software libero12. La società di fronte al problema di come aprire il

codice fece un lavoro di ripulitura da parti coperte da copyright esterni al fine di

poterlo rilasciare come free software. Il problema più importante rimaneva il rapporto

9 Per kernel si intende il cuore di un sistema operativo. Per una panoramica più completa sui termini tecnici utilizzati può essere utile consultare M. SIRIMARCO, D. PALERMO, Elementi di informatica di base per l'informatica giuridica, Roma, 2010. 10 Cfr. L. TORVALDS, D. DIAMOND, Rivoluzionario per caso, cit., pp. 74-78. 11 Cfr. J. HAMERLY, T. PAQUIN, con S. WALTON, Liberare il sorgente: la storia di Mozilla, in Open Sources, cit.. 12 Ibidem.

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fra le terze parti proprietarie che cedevano l’uso del loro software a Netscape e

l’eventuale uso della GPL che, per la sua viralità, era difficilmente adattabile ad un

momento di passaggio dall’ambito commerciale alla libera condivisione pubblica.

Liberare il sorgente del nuovo browser, chiamato Mozilla, richiedeva dei cambiamenti

nel modo di porsi nei confronti del software proprietario: l’approccio ideale e politico

della FSF non poteva conciliarsi con il progetto. Una parte della comunità ritenne

che fosse arrivato il momento di superare le pur giuste posizioni della FSF per

aprirsi pragmaticamente al mercato: fu elaborata una nuova licenza, la NPL,

Netscape Public License, e successivamente una seconda licenza derivata dalla NPL, la

MPL, Mozilla Public License. Queste licenze, non riconosciute dalla Free Software

Foundation, furono riconosciute da un nuovo soggetto, la OSI (Open Source

Initiative), fondata nel febbraio del 1998 da Eric S. Raymond e Bruce Perens,

quest’ultimo uno dei leader di una delle più importanti distribuzioni libere di

GNU/Linux, la Debian, ed autore del “Contratto sociale di Debian”13, i quali

scrissero la Open Source Definition (OSD), “una carta dei diritti dell’utente di

computer (che) definisce certi diritti che una licenza software deve garantire per

poter essere certificata come Open Source”14.

Nonostante le differenze, l’idea alla base dei due approcci è comune: il software

deve essere libero, perché la libertà garantisce l’espressione creativa del

programmatore, l’unica in grado di contribuire alla crescita della società e allo

sviluppo della comunità. A dividere è il significato che si vuole dare alla libertà: per

la FSF è un valore etico non negoziabile, mentre per la OSI è un metodo di

sviluppo dei programmi15. Da alcuni anni si tenta di usare un unico termine per

identificare questo tipo di programmi: FOSS, acronimo di Free Open Source

Software16.

13 Il "Contratto Sociale" con la Comunità Free Software, oggi alla sua versione 1.1 del 26 aprile 2004, che ha sostituito la versione 1.0 del 5 luglio 1997, disponibile all’indirizzo internet http://www.debian.org/social_contract, si articola in 5 punti ed è stata la base, assieme alle “Linee Guida Debian per il Software Libero”, a cui la OSI si è ispirata per costruire la sua OSD. 14 B. PERENS, The Open Source Definition, in Open Sources. cit.. 15 Cfr. R. M. STALLMAN, Perché l'“Open Source” manca l'obiettivo del Software Libero, disponibile all’indirizzo http://www.gnu.org/philosophy/open-source-misses-the-point.it.html (consultato il 25 aprile 2011), in cui l’autore, spiega che “Quasi tutto il software open source è software libero; i due termini descrivono all'incirca la stessa categoria di software. Ma si basano su valori fondamentalmente diversi. L'open source è una metodologia di sviluppo; il software libero è un movimento sociale”. 16 FOSS, ma anche F/OSS o FLOSS, quest’ultimo per contenere anche la parola “Libero”, al fine di rendere più chiaramente il significato ambivalente di free in inglese.

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4. Due modi di programmare: la Cattedrale ed il Bazar

Le divisioni e le differenze non hanno intaccato le possibilità della comunità FOSS

di creare programmi di qualità. Già nell’agosto del 1998 un ingegnere della Microsoft,

nei cosiddetti “Halloween documents”17, analizzava il rapporto fra software open

source e proprietario esprimendo la preoccupazione che un modo di progettare e

diffondere sistemi operativi e programmi in modo totalmente differente rispetto

alle grandi industrie del software, avrebbe potuto mettere in difficoltà sia dal punto di

vista tecnico che qualitativo, oltre che commerciale, i sistemi operativi proprietari a

codice sorgente chiuso.

Il metodo utilizzato sino alla nascita di Linux, fu chiamato dall’hacker Eric S.

Raymond nel suo lavoro The cathedral & the bazaar18, il metodo della Cattedrale:

dopo un primo progetto, il programmatore traccia una road map con il suo team per

pianificare il lavoro. Successivamente assieme al team provvede allo sviluppo del

lavoro, testandolo all’interno del team stesso e con il personale aziendale. Il

programma viene reso disponibili per gli utenti solo dopo l’esito positivo dei test

interni. Questo metodo, fino all’approccio di Linus Torvald, era l’unico che aveva

dato ottimi risultati in ambito commerciale. Il cambiamento fu il frutto del lavoro

degli hacker e dello sviluppo mondiale della rete internet19. Il metodo utilizzato per

realizzare Linux viene paragonato da Raymond ad un bazar virtuale. La base di

partenza è una buona idea ed un programmatore che ha voglia di realizzarla. Non si

cerca di progettare un nuovo programma, ma si cerca di riusare qualcosa di buono

che già c’è, adattandolo alle proprie necessità. L’atteggiamento del progettista è

quello di un coordinatore che, grazie alla propria reputazione, credibilità, fascino ed

umiltà20, è in grado di attirare altri hacker per costruire assieme una comunità di

17 Gli Halloween documents sono stati divulgati pubblicamente da Eric S. Raymond sul suo sito internet. La Microsoft con un comunicato del 5 novembre 1998 (denominato documento Halloween III) ha riconosciuto la paternità dei documenti chiarendo che erano atti interni resisi necessari per valutare la concorrenza, sia commerciale che tecnica di Linux e del software open source. Per un approfondimento, i documenti sono disponibili in lingua inglese al seguente indirizzo: http://www.catb.org/~esr/halloween/index.html, mentre una traduzione italiana è disponibile all’indirizzo: http://www.rigacci.org/wiki/doku.php/tecnica/free_software/19990501_halloween (consultati il 25 aprile 2011). 18 E. S. RAYMOND, The cathedral & the bazaar. Musings on Linux and Open Source by an accidental revolutionary, Sebastopol, 2001, pp. 19-65. L’edizione italiana del saggio La cattedrale e il bazaar, utilizzata per questo lavoro, è disponibile all’indirizzo internet: http://www.apogeonline.com/openpress/cathedral (consultato il 14 aprile 2011). 19 Cfr. M. CASTELLS, Galassia internet, cit., p. 47. Se gli hacker hanno contribuito fortemente allo sviluppo del FOSS, essi sono stati determinanti anche per la creazione della rete internet. Come sostiene Castells “il software open source è l’elemento tecnologico chiave nello sviluppo di Internet”, esplicitando quel legame frutto della comune origine nella cultura hacker. 20 E. S. RAYMOND, Colonizzare la noosfera, in http://www.apogeonline.com/openpress/homesteading (consultato il 14 aprile 2011). Raymond individua queste caratteristiche come essenziali per poter coordinare un progetto di realizzazione di un programma, infatti “I potenziali collaboratori vogliono leader dotati di sufficiente umiltà e classe

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progettisti. La comunità, durante la realizzazione del software, si struttura all’interno

dividendosi fra collaboratori saltuari e corresponsabili di progetto, a cui viene

demandato il controllo dei singoli sottoprogetti. La leadership viene esercitata o

attraverso la figura di un coordinatore, proprietario del progetto, o da un comitato

di co-sviluppatori che prende le decisioni votando, sul modello di sviluppo del

software Apache, oppure con la turnazione del leader tra i co-sviluppatori esperti, sul

modello del linguaggio Perl. Questo permette un controllo su tutto il progetto con

un organico e coerente sviluppo dei sottoprogetti, limitando qualsiasi forma di

coercizione. La reputazione infatti si guadagna con il lavoro sul codice, attraverso

un criterio fortemente meritocratico ed incentivante. In una società orizzontale

dove le decisioni vengono prese fra pari, alcuni comportamenti sono disapprovati e

vengono costantemente disincentivati dalla comunità, anche se le eventuali

“sanzioni” non hanno evidenti effetti negativi sulle persone, ma generano

sicuramente effetti sul gioco della reputazione21.

5. Diritto d’autore e FOSS.

Il diritto d’autore ed il copyright, nonostante condividano lo scopo di incentivare e

proteggere la creazione di opere di ingegno, sono il frutto di due sistemi giuridici

differenti, il primo di Civil Law, il secondo di Common Law. Se il diritto d’autore

tende a mettere al centro della tutela giuridica l’autore dell’opera, il copyright mette al

centro il prodotto editoriale22, proteggendo maggiormente l’imprenditore che

investe su un’opera piuttosto che il solo creatore.

L’esclusività dello sfruttamento commerciale dell’opera si basa sulla natura

contrattuale del rapporto che sorge fra autore ed editore.

A sconvolgere la tranquillità dell’applicazione del modello centrato su autore,

editore e prodotto commerciale dell’era analogica, è stata la digitalizzazione con la

possibilità di copiare senza perdere alcuna qualità il prodotto originale. La facilità di

allocare in piccoli supporti una quantità smisurata di software, ha permesso una facile

manipolazione, scomposizione, e modificazione di qualsiasi prodotto con un

da poter dire, quando oggettivamente appropriato, Sì, questo codice funziona meglio della mia versione, lo userò! – e dare riconoscimenti quando dovuti. Un motivo ulteriore per i comportamenti umili è che raramente nel mondo open source si dà l’impressione che un progetto possa dirsi concluso. Ciò porterebbe a una sensazione d’inutilità da parte dei possibili collaboratori”. 21 Cfr. E. S. RAYMOND, Colonizzare la noosfera, cit. 22 Per un utile approfondimento si veda il saggio di M. RICCI, La proprietà intellettuale: aspetti giuridici e filosofici, in Informatica, diritto, filosofia, cit., e il lavoro di S. ALIPRANDI, Capire il copyright, Lodi, 2007, disponibile con licenza creative commons “2.5 by-nc-sa” all’indirizzo http://www.copyleft-italia.it/libro3, (per questo lavoro abbiamo utilizzato quest’ultima versione).

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semplice personal computer, ormai facilmente reperibile a basso costo in tutti i paesi ad

economia avanzata23. Inoltre la diffusione dell’uso di supporti digitali e l’avvento

della rete ha moltiplicato i canali di diffusione della cultura, annullando le barriere

geografiche e sconvolgendo gli equilibri creatisi tra gli imprenditori commerciali

analogici.

Di fronte alla chiusura, alla richiesta di rafforzare le norme del diritto d’autore e del

copyright a tutela dei produttori di software, la risposta della comunità hacker raccolta

attorno alla Free Software Foundation fu il ribaltamento del concetto di diritto di copia

(copyright) in permesso di copia (copyleft) con l’elaborazione di licenze software che,

utilizzando la protezione del copyright, permettono agli utenti, attraverso l’esplicita

previsione di permessi garantiti, di usufruire in modo pieno e condiviso dei

programmi. Il free software ed il software open source sono la risposta al tentativo di

introdurre i principi propri dell’economia industriale nell’economia informazionale24 e

le licenze libere ed open source sono gli strumenti utilizzati per cercare di difendere la

libertà di circolazione delle informazioni in un mondo che tende sempre più a

chiudersi25.

6. Le licenze GNU

In questo breve lavoro si analizzeranno le licenze con maggiore diffusione,

utilizzando la classifica di quelle più utilizzate in rete del Black Duck Open Source

Resource Center26. La licenza più utilizzata, con il 45,43%, è la GNU GPL v.2.0,

seguita dall’Artistic License di Perl, 8,44%, e la MIT License, 8,22%. In totale le

licenze libere della FSF, le GNU GPL e LGPL nelle diverse versioni, sono

utilizzate dal 60,72%. Sulla base di questi dati analizzeremo le due licenze della Free

Software Foundation, riconosciute anche dalla Open Source Initiative.

23 Cfr. R. V. SCELSI, Privato, participio passato di privare in R.V. SCELSI (a cura di), No copyright – nuovi diritti nel 2000, Milano, 2004, p.13 e ss. Si veda, inoltre, S. S. ALIPRANDI, Capire il copyright, p. 37, in cui l’autore, schematizza il lavoro di Scelsi, indicando quali effetti della digitalizzazione: la precisione, la conversione in bit è incomparabilmente più precisa di quanto possa essere quella ad impulsi elettromagnetici; la compattezza e la facilità di stoccaggio e la malleabilità delle informazioni dei supporti digitali. 24 Con il termine “economia informazionale”, M. CASTELLS, L' età dell'informazione: economia, società, cultura, Milano, 2004, intende tutte le economie che si fondano sull'informazione tecnologica. 25 Cfr. A.C. AMATO MANGIAMELI, Informatica giuridica, Torino, 2010, pp.279 e ss., in cui l’autrice sottolinea “la necessità di ridefinire il concetto di creazione intellettuale, visto che nel mondo contemporaneo la categoria produzione e manifestazione dello spirito umano si è notevolmente ampliata e su tutto si è imposto il termine informazione” che mira a raccontare l’accaduto come dono per gli altri e non a costruire notizie come merce. 26 La classifica, prelevata dal sito internet http://www.blackducksoftware.com/oss/licenses, riguarda le 20 licenze più utilizzate al mondo, stilata dalla società di consulenza Black Duck, il cui database monitora più di 4500 siti internet e oltre un migliaio di fornitori di software (dati prelevati il 14 aprile 2011).

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La Free Software Foundation ha cercato di tutelare le quattro libertà di utilizzare,

copiare, modificare e distribuire un programma libero, attraverso la pubblicazione

di due licenze: la prima, la GNU GPL, creata nel 1989, e la GNU LGPL, del 1991.

La GNU GPL27 (General Public License, Licenza Pubblica Generica) è la prima e,

tuttora principale, licenza di copyleft. Nel 1989 fu pubblicata la prima versione28, a cui

seguì nel 1991 la seconda versione ed una terza versione nel 2007. Quest’ultima

rappresenta quella attualmente in uso. La GPL è anche un manifesto politico della

Free Software Foundation con la quale si illustrano le motivazioni teoriche della licenza

stessa. Scritta da Richard Stallman ed Eben Moplen, consigliere legale della FSF, ha

lo scopo principale di garantire le quattro libertà del software libero, estendendole

anche ai programmi derivati, che dovranno obbligatoriamente essere ridistribuiti

sotto la GNU GPL. La sua viralità rappresenta un deterrente per quelle imprese

che volessero avvicinarsi al software libero, perché non consente di mantenere

private le modifiche apportate al programma una volta utilizzate pubblicamente.

Il testo della licenza, nella sua versione 3, del 29 giugno 2007, si compone di un

“Preambolo”, “Termini e Condizioni” e “Fine dei Termini e delle Condizioni”.

Nel “Preambolo” si ribadisce che l’obiettivo della licenza è la libertà di

condividere e modificare tutte le versioni di un programma, chiarendo che il

termine free deve essere inteso nel senso di libero e non gratuito. In questa

parte viene spiegata la logica del copyleft, che attraverso il copyright sul software,

permette di proteggere la possibilità di condividere il proprio lavoro con la

comunità, rinunciando ad alcuni diritti garantiti all’autore del programma.

Nei “Termini e condizioni” sin dall’inizio si pone un’attenzione particolare al

codice sorgente, il quale, per la sua intelligibilità, rappresenta la parte più indicata

per essere modificata. La libertà dell’accesso al codice sorgente e la libertà di

distribuzione sono legate all’obbligo, in capo a chiunque voglia lavorare con un

opera protetta con licenza GPL, di distribuire le versioni modificate del sorgente

con la medesima licenza GPL, disciplinando anche le modalità di distribuzione del

codice sorgente stesso. Proprio per quest’obbligo si parla di viralità della licenza,

perché chiunque voglia includere un programma coperto da licenza GPL all’interno

di un proprio lavoro, dovrà licenziarlo sotto la GPL. Nella licenza viene chiarito

che non si deve utilizzare software libero per applicare limitazioni all’accesso di una

27 L’attuale versione della GNU GPL, la terza, si può scaricare liberamente, in lingua inglese, al seguente indirizzo: http://www.gnu.org/licenses/gpl.html . Per una traduzione, non ufficiale, in lingua italiana si può consultare il seguente indirizzo: http://katolaz.homeunix.net/gplv3/gplv3-it-final.html (14 aprile 2011). 28 Per un elenco delle vecchie licenze si può consultare il seguente indirizzo internet: http://www.gnu.org/licenses/old-LICENSES/old-licenses.html (14 aprile 2010).

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tecnologia, sottolineando il fatto che per usare un programma libero l’utilizzatore

non deve accettare la licenza GPL, a differenza dei programmi proprietari che

richiedono la preventiva accettazione dell’EULA (End User License Agreement,

Accordo di licenza con l’utente finale). Un punto importante riguarda l’estensione

della licenza ai programmi sviluppati sulla rete e per la rete, resosi necessario per

evitare che molti aggirassero i contenuti della GPL in questo tipo di programmi. La

GPL si conclude con una netta esclusione dell’applicazione dei brevetti ai software,

quindi solo le opere coperte da copyright possono essere licenziate sotto GPL e con

una esclusione dall’uso della licenza in quei paesi dove le legislazioni nazionali ne

impediscono una distribuzione conforme ai contenuti della licenza stessa.

La GNU LGPL (Lesser General Public License, Licenza Pubblica Generica Attenuata),

del 1991, è stata creata per incentivare la diffusione tra i programmi commerciali

proprietari delle librerie software libere. Infatti originariamente la “L” significava

Library. Rispetto alla licenza GPL, la LGPL non prevede alcun obbligo di estendere

la licenza al programma in cui è incluso, ponendosi come una licenza business

friendly. Il suo scopo è la contaminazione del mondo del software commerciale

attraverso l’inclusione nei programmi a codice sorgente chiuso di librerie

precompilate libere.

Il testo delle licenze GPL e LGPL, anche se liberamente copiabile e distribuibile, è

coperto da copyright per impedire qualsiasi arbitraria modifica dei termini della

licenza.

7. La Open Source Definition

Il movimento Open Source non creò una propria licenza, ma scrisse una specifica

definizione, chiamata Open Source Definition29, con la quale indicare cosa deve

contenere una licenza software per poterla definire e distribuire come open source.

La libertà di accesso al codice sorgente e la sua libera distribuzione sono

considerate la premessa indispensabile per definire un programma a codice

29 Il testo originale della Open Source Definition si può scaricare: http://www.opensource.org/docs/definition.php (14 aprile 2011), mentre una versione non ufficiale in lingua italiana è disponibile su: http://it.wikipedia.org/wiki/Open_Source_Definition (14 aprile 2011). I dieci punti della OSD sono: 1) Free Redistribution (Libera distribuzione); 2) Source Code (Codice sorgente); 3) Derived Works (Lavori derivati); 4) Integrity of The Author’s Source Code (Integrità del codice sorgente originario); 5) No Discrimination Against Persons or Groups (Nessuna discriminazione per persone o gruppi); 6) No Discrimination Against Fields of Endeavor (Nessuna discriminazione per campi di applicazione); 7) Distribution of License (Distribuzione della licenza); 8) License Must Not Be Specific to a Product (La licenza non deve essere riferita ad un prodotto specifico); 9) License Must Not Restrict Other Software (La Licenza non deve contaminare altro software); 10) License Must Be Technology-Neutral (La licenza deve essere tecnologicamente neutrale).

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sorgente aperto. Si deve permettere la possibilità di modificare il programma e di

derivarne distribuzioni da licenziare sotto le stesse condizioni originarie, vietando

allo stesso tempo che si possano prevedere eccezioni. Inoltre l’utilizzo di un

programma open source non si può far dipendere dalla distribuzione in un

determinato prodotto hardware o software, né dal settore a cui si vuole applicare, in

quanto non si può discriminare una tecnologia o un programma rispetto ad altri. Se

la neutralità tecnologica è molto importante perché permette di evitare

discriminazioni fra piattaforme hardware o fra sistemi operativi, desta qualche

perplessità la scelta di prevedere un esplicito punto sulla non discriminazione

contro persone o gruppi, come, in forma minore, anche rispetto ai campi di

applicazione. Questo soprattutto alla luce delle prime note esplicative di Bruce

Perens, in particolare la nota “Nessuna discriminazione contro persone o gruppi”,

che citava come esempio nella prima versione la “licenza fornita dai Rettori

dell’Università della California a Berkeley (che) proibiva l’uso di un programma di

progettazione elettronica da parte delle forze di polizia del Sud Africa”30. L'esempio

voleva richiamare e rivendicare con forza la neutralità del programma rispetto

all'uso fatto da gruppi o persone. Questa garanzia di libertà assoluta trascura il fatto

che la tecnologia non è neutrale, ma è uno strumento che può ledere la dignità della

persona e la sua libertà, trasformando un programma in uno strumento di

oppressione31. Bisogna notare che nell’ultima versione la spiegazione del punto è

stata cambiata, ponendo l’accento su un esempio differente e più vicino alla

sensibilità propria dei movimenti per la difesa delle libertà civili: le restrizioni

imposte da alcuni paesi, come gli Stati Uniti, all’esportazione di alcuni tipi di software

verso altri paesi. Se il testo è rimasto lo stesso, è cambiata la parte esplicativa, dove

si afferma che “viene proibita l’esclusione arbitraria dal processo di persone o

gruppi”, che sembra lasciare spazio ad una licenza che esclude un gruppo di

persone sulla base di motivazioni riguardanti l’evidente e palese utilizzo del software

per violare i diritti umani basilari di una singola persona o di un gruppo. A

differenza della licenza GPL, la OSD non richiede l’obbligo di licenziare con

la medesima licenza le modifiche introdotte al software, ma eventuali

30 B. PERENS, The Open Source Definition, in Open Sources, cit., che completava il concetto citato nel testo con “apprezzato come merita questo sentimento in tempi di apartheid, va detto che esso non ha più senso oggi. Alcune persone si trovano ancora con software acquistato sotto quella licenza, e le loro versioni derivate devono portare la stessa restrizione. Le licenze Open Source non devono contenere tale clausola, indipendentemente dalla nobiltà dell’intento”. 31 Cfr. T. SERRA, L'uomo programmato, Torino, 2003, p. 67.

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modifiche che non rispettino la OSD, non potranno essere denominate programmi

open source.

8. L’economia dell’open source.

Il confronto fra economia industriale ed informazionale ruota attorno al rapporto

fra due concetti chiave: la proprietà e l’informazione. L’industria considera

“prodotti” le opere dell’ingegno mentre i movimenti del FOSS li considerano opere

creative, beni comuni da condividere con l’umanità. La new economy, nata dallo

sviluppo dell'economia in rete, “potenzia l'idea di proprietà, centrale nel vecchio

spirito capitalistico, estendendola anche, in modo senza precedenti,

all'informazione”32. I programmi vengono protetti per generare profitto e per

creare un mercato basato sulla produzione di massa e sulla chiusura del codice, una

strategia che considera il sapere un fattore della produzione, quantificabile e

liquidabile, che misura la diffusione della cultura sulla base dei volumi di vendita ed

investe solamente in progetti che possono garantire un ritorno commerciale. Si

impongono barriere in entrata sul mercato attraverso brevetti sugli standard ed in

uscita attraverso il copyright. Proprio lo studio delle strategie di produzione

dell'informazione, secondo l'analisi di Benkler33, permette di comprendere le

differenze fra due modi diversi di produrre: quelle basate sul copyright e quelle basate

sulla non esclusione.

La strategia economica basata sul copyright utilizza il diritto di esclusiva per ottenere

profitti attraverso la vendita commerciale di opere creative. Gli editori acquistano i

diritti dagli autori per sfruttare commercialmente le loro opere, massimizzando i

profitti con il riutilizzo e la rielaborazione delle opere detenute, derivando altri

prodotti affini grazie alle informazioni già in loro possesso, al fine di non dover

utilizzare opere di proprietà di altri editori, pagandogli i relativi diritti. Per impedire

l'ingresso nel mercato ad aziende concorrenti si registrano brevetti per gli standard

utilizzati per la diffusione delle proprie opere.

La strategia basata sulla non esclusione, utilizza sia il copyright che il copyleft. Il

principio alla base della scelta di non escludere nessuno dall’utilizzo delle opere di

ingegno, soprattutto per quanto riguarda i software, si basa sull’efficacia della

produzione sociale nell’ambiente digitale. Partendo dalle caratteristiche

dell’informazione, si riesce a comprendere perché il modello sostenuto dalla FSF e

32 P. HIMANEN, L’etica hacker, cit., p.44. 33 Cfr. Y. BENKLER, La ricchezza della rete, cit., pp. 54-61.

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dalla OSI possa essere la base per un’economia aperta e non più ossessionata dalla

commercializzazione e massimizzazione di ogni bene, soprattutto dei beni comuni.

La combinazione di tre caratteristiche, i macchinari utilizzati, il costo delle materie

prime ed i modelli organizzativi sociali34, permette di sostenere che è possibile

produrre informazione, quindi anche software, senza utilizzare i diritti di proprietà

esclusiva. I macchinari esistenti, i computer, sono sempre più diffusi tra la

popolazione dei paesi più avanzati e sempre più economici. L’informazione e la

conoscenza, materie prime non rivali alla base della realizzazione di un programma,

hanno un costo marginale reale pari a zero35. La condivisione sociale

dell’informazione, possibile perché quest’ultima è un bene comune, frutto della

libertà creativa dell’essere umano, può essere resa costosa solamente in modo

artificiale, imponendo barriere in entrata ed uscita.

Il continuo richiamare l’attenzione sull’equazione informazione uguale beni comuni

è necessario per rimarcare la distanza fra l’economia informazionale e l’economia

industriale. Il modello di realizzazione del FOSS, rappresenta un successo per il

mercato del software e per l’economia informazionale in genere, perché è stato in

grado di realizzare un sistema operativo come Linux usando una “produzione

orizzontale basata sui beni comuni”36.

9. La partecipazione politica e l’open source

Dal punto di vista politico, il FOSS ha posto le fondamenta per la costruzione della

società dell’informazione in rete. La costruzione aperta, trasparente, partecipata e

collaborativa dei programmi, sullo stile del bazar, suggerisce nuovi strumenti per

rivitalizzare la pratica politica e le possibilità di partecipazione alle decisioni. La rete

è uno spazio deterritorializzato e despazializzato, in cui il confronto e l’espressione

delle proprie opinioni avviene con una facilità, velocità e diffusione prima non

immaginabili. L’ansia di partecipare, di condividere con la società in rete le proprie

opinioni rappresenta la novità politica più importante, perché lo strumento internet

34 Ivi, pp.134-136. 35 Ivi, p.135. Benkler sostiene che il costo marginale dell’informazione è pari a zero perché la caratteristica principale dell’informazione è di essere un bene pubblico non rivale, cioè una persona può usarlo senza ridurre l’uso da parte di un’altra. Per l’economia del benessere ridurre il flusso di informazioni è inefficiente perché si sottoutilizza, per via del copyright, l’uso sociale del flusso informazionale. Nello stesso tempo, essendo l’informazione sia input che output del processo di produzione, una inefficienza iniziale pone delle barriere al libero sviluppo della creatività umana, creando le condizioni per una riduzione dell’output, producendo meno informazione e cultura (pp.48-49). 36 Ivi, p.76. Benkler sottolinea che un esempio di questa produzione orizzontale è rappresentata proprio dal FOSS (p.80).

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permette di allargare le forme di partecipazione e di espressione sulle decisioni

politiche prese dalle istituzioni statali.

Il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha compreso appieno l’importanza

della rete, utilizzandola per creare una comunità aperta di supporto alla propria

campagna elettorale e, appena eletto, ad aprire la Pubblica Amministrazione

statunitense sostenendo che, come afferma in un documento ufficiale della

Presidenza, “l’apertura rafforzerà la nostra democrazia e promuoverà l’efficienza e

l’efficacia nel Governo”37. Su questa base l’amministrazione Obama ha ridisegnato

il sito istituzionale della Casa Bianca, strutturando l’intero spazio web attraverso

l’uso di un programma libero38, ed ha promosso la Open Government Directive

impegnandosi a rafforzare nella PA degli Stati Uniti la trasparenza, la

partecipazione e la collaborazione alla costruzione di una Amministrazione aperta,

intendendo con questo termine “l’allargamento dell’accesso alle informazioni

attraverso la disponibilità dei dati on line in formato aperto”39, invitando le Agenzie

governative a pubblicare “le informazioni in rete in un formato aperto che permetta

la manipolazione, il download, l’indicizzazione e la ricerca attraverso i più usati

motori di ricerca sul web. Incentivare l’apertura e la libertà in rete può

rappresentare la risposta politica positiva per costruire una società democratica e

matura.

10. Diritto ed open source

Il FOSS, per le sue caratteristiche, rappresenta la soluzione ideale per la pubblica

amministrazione, che ha l’obbligo di rivolgersi a tutti i cittadini e che, nel rispetto

della pluralità, deve garantire l’accesso alle proprie informazioni sia attraverso

programmi proprietari che liberi. A livello internazionale, alcuni Stati stanno

incentivando l’adozione di standard liberi e l'adozione di sistemi operativi e

37 Dal Memorandum for the Heads of Executive Departments and Agencies: Trasparency and Open Government del Presidente Barack Obama emesso il 21 gennaio 2009 e disponibile al seguente indirizzo: http://www.whitehouse.gov/the-press-office/transparency-and-open-government (nostra traduzione, prelevato il 14 aprile 2011). 38 L’amministrazione USA ha usato il CMS (Content Management System) open source “Drupal” per il sito istituzionale della Casa Bianca, cfr. i commenti sulla rivista on line Punto Informatico, http://punto-informatico.it/2736239/PI/News/casa-bianca-si-converte-all-open.aspx. La scelta, importante per dimostrare la qualità del FOSS, ha ricevuto molte critiche perché molti scambiano la libertà di accesso al codice come la libertà di manomettere e rendere insicuro un programma, dimenticando che l’apertura del codice non compromette la sicurezza, anzi permette a chiunque di incrementarla. 39 Dal Memorandum for the Heads of Executive Departments and Agencies: Open Government Directive del Direttore Peter R. Orszag emesso l’8 dicembre 2009 (p.2) e disponibile al seguente indirizzo: http://www.whitehouse.gov/open/documents/open-government-directive (nostra traduzione, consultato il 14 aprile 2011).

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programmi FOSS per le Pubbliche Amministrazioni, ad esempio: il Brasile, l’India,

le Filippine, il Vietnam e l’Indonesia. Lo scopo è quello di ridurre i costi,

promuovere una cultura della legalità e contrastare il digital divide. L’uso del software

libero riesce a garantire il raggiungimento di tutti questi obiettivi, perché permette

di rispettare il copyright e, allo stesso tempo, di utilizzare gratuitamente un sistema

operativo e dei programmi applicativi necessari per formarsi all’utilizzo del computer

e della rete internet. Ma non tutti sono d’accordo con queste linee guida,

soprattutto le organizzazioni nate per proteggere le industrie del copyright ed i loro

prodotti, come l’IIPA (International Intellectual Property Alliance, un’organizzazione

internazionale che raggruppa tutte le singole organizzazioni a tutela del copyright),

che ritiene la scelta avanzata da alcuni paesi di incentivare l’uso del FOSS nelle

pubbliche amministrazioni, come un'ulteriore barriera al libero commercio,

limitando il libero accesso alle imprese commerciali e come un contributo alla

violazione del diritto d’autore stesso, in quanto si alimenta l’aspettativa di dover

utilizzare senza pagare qualsiasi sistema operativo40.

Nell’ultimo rapporto del 2011, come nel precedente del 2010, la IIPA ha chiesto

all’USTR (United States Trade Representative, Ufficio degli Stati Uniti per il Commercio

Estero) di inserire nella lista dei paesi da tenere sotto controllo per continue e gravi

violazione del diritto d'autore, anche quei paesi che, tra l’altro, hanno introdotto

una legislazione nazionale, o linee guida ministeriali, che incentivano l'uso di

programmi liberi o a codice sorgente aperto.

In Italia l’uso del FOSS nella Pubblica Amministrazione è stato introdotto con

decreto legislativo n.82 del 7 marzo 2005, il cosiddetto Codice

dell’Amministrazione Digitale (CAD), al Capo VI, “Sviluppo, acquisizione e riuso

di sistemi informatici nelle pubbliche amministrazioni”, articolo 68, comma 1

lettera d nel quale viene promossa come soluzione per rispettare quei principi

generali a cui deve informarsi l’attività amministrativa: economicità, efficacia,

imparzialità, pubblicità e trasparenza. Il CAD rappresenta un passaggio importante

per l'introduzione nella Pubblica Amministrazione, anche locale, del concetto di

riuso e di FOSS. Le maggiori competenze riconosciute alle regioni dalla riforma

dell’art.117 della Costituzione, sono state utilizzate da alcune di esse per promulgare

leggi regionali che incentivino l'uso del software libero nelle amministrazioni regionali

40 Si veda a questo proposito il rapporto annuale “Special 301” del 2011 dell’IIPA (International Intellectual Property Alliance, un’autorevole organizzazione che raggruppa tutte le singole associazioni a tutela del diritto d’autore) sul Copyright Protection and Enforcement, disponibile a questo indirizzo http://www.iipa.com/2011_SPEC301_TOC.htm (consultato il 14 aprile 2011).

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e locali41. Queste normative sono state promulgate per promuovere il “pluralismo

informatico” e garantire l'accesso e la libertà di scelta, contribuendo a eliminare

barriere dovute all'utilizzo di standard non aperti. L’ultima legge regionale in

materia, quella del Piemonte, ha dovuto superare il giudizio di costituzionalità

sull’intero testo, ritenuto dal governo lesivo della potestà statale sulla tutela del

copyright e del libero commercio, riprendendo sostanzialmente le posizioni

espresse dalle industrie dei contenuti rappresentate dall’IIPA. La sentenza della

Corte Costituzionale è ritenuta dai sostenitori dei programmi liberi come una

vittoria del software open source, perché, nel correggere alcune inesattezze della Legge

Regionale, la suprema Corte ha riconosciuto la legittimità costituzionale delle leggi

regionali che disciplinano una preferenza verso il FOSS. La sentenza42 chiarisce due

punti fondamentali, rispondendo indirettamente anche alle industrie del diritto

d'autore ed alle loro richieste: il FOSS è sottoposto a copyright e non può essere

sottratto dalla disciplina statale della materia, anche per quanto riguarda le sanzioni

penali in caso di violazioni della licenza; l’adozione di software libero ed open source è

una scelta riguardante una “caratteristica giuridica”43 del programma e non riguarda

l’indicazione di una determinata tecnologia, escludendo che la preferenza per questa

caratteristica negli appalti delle pubbliche amministrazioni possa ledere la libera

concorrenza.

11. Conclusioni

La cultura hacker alla base del software libero e aperto ha posto al centro del dibattito

la necessità della libertà di scelta e della condivisione del sapere, criticando il

modello culturale basato sulla protezione del diritto d’autore e del copyright. La

cultura del dono e la fiducia sono caratteristiche alla base della cultura free ed open

source e sembrano formulare una scommessa capace di superare la riduzione

dell’individuo ad homo oeconomicus, un essere umano egoista e precario in una realtà

41 Le Regioni che hanno adottato una legge sulla adozione e diffusione del software a codice sorgente aperto, sono l'Umbria, con L.R. n.11 del 25 luglio 2006, il Veneto con L.R. n.19 del 14 novembre 2008 ed il Piemonte, con L.R. n.9 del 26 marzo 2009. 42 Sentenza disponibile sul sito della Corte Costituzionale al seguente indirizzo: http://www.cortecostituzionale.it/giurisprudenza/pronunce/scheda_ultimo_deposito.asp?comando=let&sez=ultimodep&nodec=122&annodec=2010. 43 Ivi, nel punto 6. del dispositivo della sentenza, la Corte Costituzionale chiarisce la legittimità costituzionale di una preferenza regionale verso il software libero e software open source con il fatto che “non sono nozioni concernenti una determinata tecnologia, marca o prodotto, bensì esprimono una caratteristica giuridica. In sostanza, ciò che distingue il software libero da quello proprietario è il differente contenuto dell’accordo negoziale (licenza), posto a fondamento della disciplina dei diritti di utilizzazione del programma; e la scelta circa l’adozione dell’uno o dell’altro modulo negoziale appartiene alla volontà dell’utente”.

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sempre più liquida44 e sfuggente. La logica dell’utilitarismo alla base del consumo di

software, viene messa in discussione dal dono comunitario del FOSS, il quale non ha,

apparentemente, alcun interesse utilitaristico nel condividere i propri programmi. Il

modello orizzontale di creazione e distribuzione dei software, la loro realizzazione

attraverso volontari riuniti in comunità, la redistribuzione del sapere, considerato

elemento fondante della crescita umana da non mercificare, rappresentano una

critica, nei fatti, del modello che identifica la felicità con il profitto, il quale

presuppone che ogni azione individuale sia tesa all’ottenimento di un utile, in cui i

rapporti umani sono transazioni di mercato. Solo il gesto del donare, un gesto che

prescinde dalla gratuità, anzi che presuppone la creazione continua di un debito da

parte della persona che riceve il dono, può divenire il veicolo attraverso il quale

creare vincoli sociali fra le persone, basati su uno scambio volontario non

utilitaristico45.

L’analisi fin qui svolta non può non tener conto delle critiche puntuali di Lovink, il

quale ritiene che “l’ideologia del free (nel senso di free beer, birra gratis) attrae e

accontenta milioni di persone mistificando e nascondendo il fatto che i suoi

promotori, e in generale la classe virtuale, in qualche punto della catena intascano i

soldi”46. La critica, radicale, nasce dall’analisi degli scritti di alcuni hacker e dalle loro

pratiche, le quali nell’esaltare la libertà, non disdegnano di promuoverne la gratuità.

Poco importa se Richard Stallman in ogni incontro pubblico ribadisce la totale

estraneità del concetto di gratuito nella parola free, perché, come afferma Olivier

Malnuit nel primo dei “Dieci comandamenti liberali comunisti” pubblicati sulla

rivista francese Technikart “Cederai tutto gratuitamente (accesso libero, no

copyright); ti farai pagare solo per i servizi supplementari che ti renderanno

ricco”47. Questo atteggiamento renderebbe il FOSS solamente un linguaggio

diverso all’interno dell’economia di mercato perché sfrutterebbe l’ideologia del free

solo per marketing e le collaborazioni continuative dei volontari solo per acquisirne

gratuitamente le competenze senza proporre a questi ultimi di lavorare al progetto e

partecipare alla distribuzione delle ricchezze prodotte.

Se le premesse ideologiche portate avanti da questi movimenti sono una salutare

critica al sistema economico attuale, il FOSS rischia di perdere la sua portata

44 Per il concetto si società liquida si vedano i numerosi studi di Zygmunt Bauman, tra cui Vita liquida, Bari, 2009. 45 Cfr. M. MAUSS, Saggio sul dono, Torino, 2002, e per un primo approfondimento sul rapporto fra dono e free software si veda il già citato M. AIME e A. COSSETTA, Il dono al tempo di internet, Torino, 2010. 46 G. LOVINK, Zero comments. Teoria critica di internet, Milano, 2008, p.9. 47 Ivi, p.11.

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innovativa se non supporta le proprie idee con proposte realizzabili di una

economia alternativa, non basata più sul profitto a tutti i costi.

Inoltre, bisognerà affrontare il tema sottolineato dallo stesso Lovink dei cosiddetti

“dittatori benevoli”48, come Jimbo Wales per Wikipedia o Linus Torvalds per

Linux, soprattutto per delle comunità che si strutturano e crescono per costruire

spazi liberi nel mondo del software. In realtà essi rappresentano solamente delle

figure guida all’interno di una comunità che è essenziale per lo sviluppo dei

programmi e dei beni informazionali. La pratica democratica all’interno delle

comunità come Apache e Perl rappresenta l’esempio positivo di pratiche che

prescindono dai personalismi mediatici.

Ma per scegliere liberamente, l’umanità in rete dovrà comprendere, come suggerisce

Benkler, che il crescente digital divide, frutto della selezione economica per l’accesso

alle nuove tecnologie, ed il conflitto permanente fra associazioni di difesa del

copyright e la pirateria informatica, sono il frutto di una “ingiustizia globale dovuta in

parte al fatto che per le più importanti componenti informazionali dello sviluppo

umano ci siamo affidati quasi esclusivamente ai modelli di business proprietari tipici

dell’economia industriale”49, senza fermarci a riflettere sulla possibile esistenza di

modi alternativi di distribuire l’informazione e la cultura.

48 G. LOVINK, Zero comments. Teoria critica di Internet, op. cit., p.14. 49 Y. BENKLER, La ricchezza della rete, cit., p. 18.