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CORSO DI:
TECNICA DEI LAVORI STRADALI E SICUREZZA DEI CANTIERI
PROVE SULLE TERRE
Ing. Natalia Distefano
Università degli Studi di Catania Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale
Qualificazione dei materiali
Con riferimento alla verifica del proge6o, ai sensi dell’art. 131 del DPR 554/99, e dalle lavorazioni per la formazione del corpo stradale in trincea ed in rilevato, l’Impresa deve presentare, per l’approvazione da parte della Direzione Lavori, un programma de6agliato dei movimenF di materia, nonché eseguire un‘indagine conosciFva sulle più idonee modalità di esecuzione dei relaFvi lavori basata su sperimentazione o prove in vera grandezza.
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Qualificazione dei materiali
Tali indagini relaFve all’idenFficazione della natura e dello stato delle terre (provenienF dalle zone di scavo e dalle cave di presFto) per la valutazione dell’aPtudine al parFcolare impiego, prevedono le seguenF prove di laboratorio: • granulometria e limi- di A0erberg, per la classificazione secondo
la norma CNR-‐UNI 10006/63; • contenuto d’acqua naturale (CNR-‐UNI 10008/63) e consistenza; • cos-pamento AASHO Standard e/o Modificato (CNR69/78) al
variare del contenuto d’acqua); • analisi granulometriche compara-ve, prima e dopo la prova di
cosFpamento, limitatamente ai materiali per i quali si sospe6a la presenza di componenF fragili o instabili;
• indice di portanza CBR, secondo modalità di prova che tengano conto della desFnazione del materiale, dei rischi di imbibizione da venute d’acqua (gravitazionale e/o di capillarità) e del prevedibile grado di addensamento.
Granulometria
Per Granulometria di una terra si intende la distribuzione delle dimensioni degli elemenF che la compongono: essa viene di solito rappresentata mediante la curva granulometrica. L’analisi granulometrica viene eseguita tramite setacciatura con una serie di setacci o crivelli disposF l’uno sull’altro con aperture decrescenF andando dall’alto verso il basso, può essere eseguita a mano o con vibrovaglio.
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Granulometria I crivelli e i setacci impiegaF per l’analisi granulometrica sono normalizzaF: le norme italiane del CNR per l’impiego delle terre nelle costruzioni stradali fanno riferimento alle serie UNI 2334 per i crivelli e UNI 2332 per i setacci.
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Granulometria La serie di setacci secondo ASTM presenta le seguenF aperture in ordine decrescente: 38.10 mm, 25.40 mm, 19.00 mm, 12.70 mm, 9.51 mm, 4.76 mm, 2.38 mm, 1.19 mm, 0.595 mm, 0.297 mm, 0.149 mm, 0.074 mm. Una quanFtà nota di campione viene quindi versato nel primo setaccio posto in alto e dopo aver so6oposto la colonna dei setacci a vibrazione vengono pesaF i tra6enuF parziali nei vari setacci ed espressi in % rispe6o al peso totale del campione so6oposto a vagliatura. Per l’i-‐esimo setaccio, essendo N il numero totale dei setacci, si avrà:
Granulometria
Ogni singolo valore di Ti(%) (tra6enuto parziale) rappresenta la percentuale di inerte che rimane nei singoli setacci. Vengono poi calcolaF i tra6enuF cumulaFvi nei vari setacci relaFvi a tu6a la quanFtà di materiale tra6enuta nel setaccio i-‐esimo ed in quelli sovrastanF (j=1→i), espressi in % rispe6o al peso totale del campione:
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Granulometria
Vengono poi calcolaF i passanF cumulaFvi nei vari setacci calcolaF come il complemento a 100 dei tra6enuF cumulaFvi, espressi in % rispe6o al peso totale del campione: Tali valori vengono rappresentaF in grafico in funzione delle aperture dei setacci (usualmente in scala logaritmica) o6enendo così la cosidde6a Curva granulometrica.
Curva Granulometrica
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LimiF di A6erberg
Il contenuto d’acqua W di una terra è il rapporto percentuale tra il peso dell’acqua contenuta nei pori di un campione della terra in esame (o6enuto come differenza fra il peso del campione prima (Gb) e dopo (GS) il suo essiccamento in stufa a 105°C) e il peso del campione secco: Al variare del contenuto d’acqua ciascuna terra reagisce in modo diverso, modificando il suo stato, perché diversa è la sensibilità all’acqua delle varie terre.
W =Gb !GS
GS
"100
LimiF di A6erberg
Responsabile di quesF mutamenF di stato è la frazione fina, cioè la frazione passante al setaccio 0,4 UNI2332 o al setaccio 40 della serie ASTM. A seconda del diverso contenuto d’acqua definiamo dei limiF e fra quesF definiamo degli indici ai quali corrispondono diversi comportamenF.
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LimiF di A6erberg
Il limite di liquidità (LL): è la percentuale d’acqua che in una terra segna il passaggio tra lo stato liquido e quello plasFco. Il limite di plasFcità (LP): rappresenta la percentuale d’acqua che in una terra segna il passaggio fra stato plasFco e quello semisolido. Il limite di riFro (LR): rappresenta il contenuto d’acqua nelle condizioni in cui il terreno ha raggiunto il suo minimo volume, rappresenta il contenuto d’acqua che segna il passaggio tra lo stato solido con riFro e lo stato solido senza riFro.
LimiF di A6erberg
Esiste una procedura standardizzata per la determinazione del limite di liquidità LL. Sia l’apparecchio (cucchiaio di Casagrande) che la spatola presentano dimensioni normalizzate. La prova consiste nel disporre un impasto (100 o 200 g di terra e acqua disFllata) sul cucchiaio di Casagrande all’interno del quale viene praFcato un solco con un’apposita spatola. Il cucchiaio di Casagrande è conformato in modo tale da poterlo sollecitare con dei colpi; vengono contaF i colpi necessari a far richiudere il solco per 13 mm di lunghezza.
Limite di liquidità
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LimiF di A6erberg
La prova viene ripetuta più volte con la stessa mescola in modo tale da o6enere dei risultaF poco variabili. Successivamente viene ripetuto il tu6o aggiungendo acqua all’impasto e si determina in questo modo un nuovo valore dei colpi necessari.
Limite di liquidità
LimiF di A6erberg
La prova si ripete più volte e si riportano in un diagramma i valori del contenuto d’acqua W in funzione dei colpi necessari. Il limite di liquidità convenzionalmente viene assunto pari a quello per il quale sono necessari 25 colpi.
Limite di liquidità
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LimiF di A6erberg
Per la determinazione del limite plasFco LP vengono realizzaF manualmente dei bastoncini dello spessore di 3mm sfru6ando una lastra di vetro come appoggio. In corrispondenza del limite di p l a s F c i t à t a l i b a s t o n c i n i c om i n c i a n o a f e s s u r a r s i . Generalmente la definizione del LP viene fa6a assumendo la media di 3 misurazioni. Al di so6o del limite di plasFcità il materiale non risulta più lavorabile e si entra nella zona in cui le cara6er isFche sono di Fpo semisolido.
Limite di plasFcità
LimiF di A6erberg
Il limite di riFro viene definito come quel valore LS del contenuto d’acqua al di so6o del quale un’ulteriore perdita d’acqua non comporta nessuna variazione di volume. La sua determinazione è fa6a considerando un provino che viene essiccato per passi successivi e del quale viene misurato il contenuto d’acqua ad ogni passaggio.
Limite di riFro
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Indici di Consistenza
È definito INDICE DI PLASTICITÀ l’ampiezza dell’intervallo plasFco di un terreno. Tale valore è dato dalla relazione: I P=LL-‐LP questo indice definisce le possibilità di variazione del contenuto di acqua con il materiale che manFene un comportamento plasFco. Facendo riferimento al valore dell’indice di plasFcità, possono essere definiF altri coefficienF che descrivono la consistenza del materiale. INDICE DI LIQUIDITÀ: IL=(W-‐LP)/I P INDICE DI CONSISTENZA: IC=(LL-‐W)/I P=1-‐IL
Indici di Consistenza
Si definisce indice di consistenza di una terra il rapporto:
CR =LL !WLL ! LP
=LL !WIP
Quando l’indice di consistenza è posiFvo e minore di 1, la terra è nello stato plasFco ed è modellabile; quando invece è superiore a 1 la terra è nello stato solido e non è più modellabile.
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Indice di gruppo
Un’altra classificazione delle terre, che Fene conto sia della granulometria che della suscePbilità all’acqua è quella basata sull’indice di gruppo. Essa divide le terre in 21 gruppi, ciascuno cara6erizzato da un indice di qualità variabile da 0 a 20. Il gruppo con indice 0 comprende le terre prive di frazione fina e insensibili all’acqua; all’aumentare dell’indice aumenta sia la frazione fina che la sensibilità all’acqua; i gruppi con indice prossimo a 20 comprendono le terre con dominio plasFco abbastanza ampio.
Indice di gruppo
L’indice di gruppo di una terra si determina tramite dall’espressione:
IG = 0,2 a + 0,005 a c + 0,01 b d
dove:
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Il CosFpamento Il cosFpamento si rende necessario per migliorare le cara6erisFche meccaniche del terreno, aumentando il grado di incastro tra gli elemenF della terra e riducendo il volume dei vuoF presenF, in parte per espulsione di acqua intersFziale e gas contenuF, in parte solo per la compressione del gas. Le variazioni di angolo di a6rito interno possono essere anche significaFve come si può notare dalla Tabella seguente che riporta i valori rappresentaFvi di φ per sabbie e limi in due condizioni di addensamento.
Il CosFpamento Queste azioni richiedono una certa energia che è funzione di: a) Fpo del materiale; b) tecniche usate per il cosFpamento; c) spessore dello strato di materiale so6oposto ad azione cosFpante;
d) contenuto d’acqua del materiale. Per ogni materiale rinvenuto lungo il tracciato stradale è essenziale conoscere prima dell'inizio dei lavori se il contenuto d'acqua in situ è eccessivo o insufficiente, rispe6o al valore oPmo, in relazione al metodo di cosFpamento che si intende ado6are. Durante la posa in opera di un terrapieno, inoltre, occorre accertarsi che la densità desiderata venga mantenuta anche se variano i materiali uFlizzaF; questa necessità ha condo6o al perfezionamento di prove di cosFpamento in laboratorio.
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Prova Proctor
Lo scopo delle prove di laboratorio consiste nel tracciare una curva W%/γs (rapporto tra il contenuto percentuale d’acqua ed il peso secco del materiale) che risulF il più simile possibile a quella che lo stesso materiale presenterebbe in canFere con la cosFpazione. L’a6rezzatura per le prove Proctor è cosFtuita da un cilindro metallico di dimensioni standard dotato di un collare rimovibile e da un pestello di diametro pari alla metà di quello del cilindro e di pe so p r efi s sa to . I n r e l a z i one a l l e c a r a6e r i sF che dell’apparecchiatura e alle modalità di esecuzione, le prove Proctor si disFnguono in “standard” e “modificata” .
Prova Proctor
Proctor Proctor modificata
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Prova Proctor
La prova Proctor viene eseguita disponendo a straF una certa quanFtà di terreno, prevenFvamente essiccato o bagnato, nel cilindro e compa6andolo con il pestello per un numero prefissato di colpi (25), assestaF in una posizione prestabilita. L’operazione viene ripetuta per un certo numero di straF (3 per la standard e 5 per la modificata) fino a riempire il cilindro poco al di sopra dell’a6accatura col collare. Successivamente viene rimosso il collare, livellato il terreno in sommità, pesato il tu6o e determinato il contenuto d’acqua, prelevando una porzione di terreno dal cilindro.
Prova Proctor
A cosFpamento ulFmato si misura il contenuto d’acqua della terra e la sua densità secca, data dal rapporto fra il peso del materiale essiccato in stufa a 105°C e il volume dello stesso a cosFpamento avvenuto. La prova viene ripetuta su campioni dello stesso materiale con contenuF d’acqua via via crescenF, e si o6engono diversi valori di densità secca finale. Rappresentando i risultaF delle prove con riferimento a un sistema di assi cartesiani in cui le ascisse riportano le umidità percentuali e le ordinate le densità secche, si oPene una curva a campana (curva Proctor), che esprime la legge di variazione della densità secca in funzione dell’umidità per il terreno in esame.
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Prova Proctor
contenuto in acqua W%
Prova Proctor
Analizzando i risultaF o6enuF in laboratorio mediante l’esecuzione di prove Proctor è possibile descrivere il comportamento del terreno so6oposto a cosFpamento. La prova ci fornisce, per un dato terreno, il massimo della densità secca o6enibile con il cosFpamento. Indire6amente ci fornisce un valore dell’umidità oPma per il quale il campione può fornire il massimo delle sue cara6erisFche meccaniche.
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Prova Proctor
Supponiamo di eseguire la prova Proctor (quindi di impiegare la stessa tecnica di compa6azione e la stessa quanFtà di energia) su alcuni campioni dello stesso terreno (5 o 6) avenF diversi contenuF d’acqua. Se, per ciascun campione, riporFamo in un grafico il valore del peso di volume del secco (o, indifferentemente, della densità secca) o6enuto al termine della prova in funzione del contenuto d’acqua corrispondente, e uniamo i vari punF, o6eniamo una curva, de6a “curva di cosFpamento” che presenta un Fpico andamento a campana. Il valore del contenuto d’acqua corrispondente al valore massimo del peso di volume del secco (de6o “maximum”) è indicato co-‐me “contenuto d’acqua opFmum” o “opFmum Proctor”.
Prova Proctor
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Prova Proctor
Se per uno stesso Fpo di terreno si uFlizza la stessa tecnica di cosFpamento (p. es. quella della prova Proctor) variando l’energia (il numero di colpi), si oPene una famiglia di curve con andamento simile. Al crescere dell’energia aumenta la densità secca massima e diminuisce il contenuto d’acqua opFmum. Con contenuF d’acqua superiori all’opFmum le diverse curve tendono a confondersi in un’unica linea. Questo significa che per contenuF d’acqua inferiori all’opFmum un aumento dell’energia di cosFpamento risulta più efficace in quanto riesce ad incrementare la densità secca (cosa che può non accadere per contenuF d’acqua superiori all’opFmum).
Prova Proctor
La linea in cui si confondono i traP terminali di tu6e le c u r v e r i s u l t a a p p r o s s im aF v ame n t e parallela alla curva di saturazione, che può essere determinata calcolando il valore del peso di volume del secco corrispondente al contenuto d ’acqua in condizioni di saturazione. Tale valore dipende solo dal peso di vo-‐lume del solido γs. w
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Prova Proctor
Anche la linea congiungente i vari punF corrispondenF all’opFmum per un dato terreno risulta all’incirca parallela alla curva di saturazione; cioè per un dato terreno il massimo effe6o di cosFpamento si ha per un certo grado di saturazione
Prova Proctor
A parità di energia di cosFpamento, le curve che si o6engono per differenF Fpi di terreno sono molto d i v e r s e t r a l o r o . I n parFcolare si può osservare che: -‐ la variazione del contenuto d’acqua influenza la densità secca più per cerF Fpi di terreno e meno per altri; -‐ terreni in cui prevale la frazione fine raggiungono valori di densità secca più bassi;
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Prova Proctor A pa r i t à d i ene rg i a d i cosFpamento, le curve che si o6engono per differenF Fpi di terreno sono molto diverse tra loro. In parFcolare si può osservare che: -‐ le sabbie ben assorFte presentano valori della densità secca più ele-‐vaF di quelle più uniformi e gli effeP del cosFpamento sono mol-‐to più marcaF; -‐ per i terreni argillosi il m a x i m u m d e c r e s c e all’aumentare della plasFcità.
Prova CBR
Con il materiale cosFpato all’oPmo Proctor oppure all’oPmo Proctor modificato si può effe6uare la prova CBR (California Bearing RaFo). Viene fa6a penetrare nel campione cosFpato una sonda di diametro di 5 cm a velocità costante (1 mm/50 sec) e vengono rilevate le pressioni in corrispondenza delle penetrazioni di 2.5 e 5 mm. Queste pressioni vengono rapportate rispePvamente ai valori di 70 e 105 kg/cm2 necessari ad o6enere gli stessi valori di penetrazione in un materiale campione cosFpato secondo la prova Proctor modificata. I valori o6enuF, molFplicaF per 100, forniscono il valore del CBR del materiale di prova. Di quesF si uFlizza il maggiore.
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Prova CBR
A 6 r e z z a t u r e p e r l a determinazione del C.B.R.: P) Provino di terreno, F) Fustella di contenimento, B) Basamento con fori drenanF, AS) Anello di sovraccarico, PT) Pistone di carico, C) Comparatore di misura dei cedimenF, D) Dinamometro di misura del carico.
Prova CBR
L’indice CBR può essere uFle per decidere se un dato materiale può essere impiegato così come rinvenuto. Se dalla prova eseguita su un campione con contenuto d’acqua originario risulta un CBR maggiore di 10 il materiale è certamente uFlizzabile, se il CBR è inferiore a 5, il materiale non può essere uFlizzato senza parFcolari provvedimenF. Si uFlizzano tre Fpi di determinazioni del C.B.R.: normale (effe6uato con provino nelle condizioni di umidità di rinvenimento), all’oPmo Proctor (effe6uato con provino in condizioni di umidità oPma) e saturo (effe6uato con provino in condizioni di umidità oPma e successivamente saturato). Ognuno di essi ci fornisce informazioni sul comportamento del campione in determinate condizioni.
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Densità in sito
Il peso ed il contenuto d'acqua del terreno sono controllaF in canFere per mezzo di normali prelievi di campioni e successive prove in laboratorio. Per il controllo della densità in sito si praFca nel terreno cosFpato un foro cilindrico dal quale si recupera con cura il materiale. Il provino verrà pesato prima che si verifichino perdite d'acqua per evaporazione ed il valore ponderale risultante verrà rapportato al volume occupato dal terreno prima del prelievo. Il volume si può misurare in modi diversi, fra cui quello consistente nel riempire il foro con sabbia secca fina versata da un recipiente graduato. Altro modo di misurare il volume occupato dal campione è quello che uFlizza una membrana di gomma costre6a, con immissione di acqua, a ada6are la propria forma a quella del foro; il volume di quest'ulFmo è determinato dal volume dell'acqua immessa.
Densità in sito
Essicando il provino in stufa a 105° C è possibile determinare il contenuto d’acqua percentuale e la sua densità secca. La densità secca misurata viene messa in relazione con la densità oPma determinata in laboratorio con la prova Proctor modificata. Si prescrive, in genere, che essa raggiunga almeno il 90/95 % di quest'ulFma. E' necessario che le prove di densità vengano eseguite strato per strato, con sufficiente frequenza in relazione all'omogeneità del materiale impiegato.
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Prove su piastra
Nel caso che non sia possibile eseguire prove di densità in sito a causa delle grosse dimensioni del materiale adoperato, o comunque quando si tra6a di controllare l'ulFmo strato del rilevato, si ricorre a prove con piastra rigida. E’ un modo di controllare il grado di cosFpamento raggiunto conce6ualmente diverso dal precedente perchè uFlizza misure, a6raverso il valore del modulo di deformazione, empiriche della portanza del terreno ed in parFcolare del so6ofondo stradale. Per portanza si intende quella misura della rigidità del terreno e della sua capacità a sopportare carichi con le minime deformazioni verFcali possibili. Un terreno ben cosFpato avrà, ovviamente, una portanza maggiore dello stesso terreno non cosFpato.
Prove su piastra
La prova si esegue con una piastra circolare rigida di assegnato diametro D cui vengono applicaF, per mezzo di un marFne6o idraulico, carichi via via crescenF in modo da fornire un incremento di pressione Δp di 0.5 kg/cm2. Ad ogni incremento di pressione si legge l’incremento Δs corrispondente al cedimento verFcale della piastra. Le le6ure corrispondenF a ciascuna variazione di carico si effe6uano a deformaz ion i s tab i l i z zate : s i definisce , convenzionalmente, stabilizzata la deformazione che a carico costante non subisce variazioni superiori a 0.02 mm/min.
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Prove su piastra
La misura della portanza è fornita dal modulo di deformazione Md dato dalla relazione: in cui Δs viene misurato in corrispondenza di un incremento di pressione compreso tra 1 ed 1.5 kg/cm2. Il cedimento è misurato con dei comparatori centesimali ed il marFne6o di carico è contrastato, nelle usuali prove su sovrastru6ure stradali, alla parte inferiore di un camion. I comparatori vanno posizionaF sulla piastra e contrastaF ad una trave rigida che possa stabilmente poggiare su una porzione di terreno non influenzata dalla prova.
DMS
Pd ⋅
Δ
Δ=
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CORSO DI:
TECNICA DEI LAVORI STRADALI E SICUREZZA DEI CANTIERI
MOVIMENTO TERRA
Ing. Natalia Distefano
Università degli Studi di Catania Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale
Misure delle quan-tà nel movimento terra
Sia il volume che la densità di un terreno subiscono considerevoli mutamen- quando vengono scava-, trasporta-, scarica- e compa:a-. Si rende, quindi, necessario, specificare se la misura del volume avviene quando il terreno è ancora nella sua posizione naturale o in condizioni sciolte o dopo il cos-pamento.
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Misure delle quan-tà nel movimento terra
Volume in banco (Vb): rappresenta il volume del materiale nel suo originale stato indisturbato nel suolo. Viene u-lizzato spesso come parametro di contabilità, dato che può essere facilmente misurato (rilievi topografici, sezioni ragguagliate, fotorilevamento aereo). Volume sciolto (Vs): quando il materiale è scavato e rimosso dal suo sito naturale, il suo volume aumenta di una quan-tà rilevante, che può raggiungere anche l’80% nel caso di roccia dura frantumata. Volume compa:ato (VC): il volume del materiale cos-pato grazie all’azione dei rullo. Esso risulta minore del volume sciolto, ma può essere maggiore , minore o uguale all’originale volume in banco.
Misure delle quan-tà nel movimento terra
Rigonfiamento: incremento di volume che consegue ad un’operazione di scavo. Viene espresso come una percentuale del volume originario indisturbato:
R = Vs !VbVb
"100
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Misure delle quan-tà nel movimento terra
Un volume di terreno allo stato naturale (Vb) subisce un rigonfiamento a seguito dello scavo (Vb<Vs), che si può ridurre poi molto lentamente per assestamento (Vb<Va<Vs). Pertanto il vol,ume con cui occorre cos-tuire un opera in terra deve essere maggiore di quello defini-vo.
Vb
VS
Vb Va
Misure delle quan-tà nel movimento terra
Ciò vuol dire che i m3 defini-vi possono risultare inferiori a quelli iniziali di cava, mentre i m3 lavora- e trasporta- sono superiori.
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Misure delle quan-tà nel movimento terra
In caso di compa:azione naturale, cioè l’addensamento del manufa:o dovuto a percolazione delle acque meteoriche e addensamento dei granuli per gravità, il manufa:o, alto inizialmente h’, subisce un cedimento Δh.
Misure delle quan-tà nel movimento terra
La tabella seguente riporta i valori percentuali di cedimento dovu- a compa:azione naturale.
TIPO DI TERRENO Δh (%)
Terre argillose e limose di alluviane 8÷9
Terre ordinarie e sabbie argillose 7÷7.5
Terre sciolte con ghiaia e cioAoli 4.5÷5.5
Sabbie 3÷3.5
Rocce 2÷2.5
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Misure delle quan-tà nel movimento terra
Per qualsiasi -po e densità di terreno, la percentuale di addensamento varia con il grado si cos-pamento. Il valore dell’addensamento può, quindi, essere ricavato per mezzo della seguente relazione:
MATERIALE A (%)
Sabbia e ghiaia asciuAe 12
Sabbia e ghiaia bagnate 14
Terriccio e suolo argilloso 17
Argilla media 20
Argilla densa 25
A = Vb !VCVb
"100
Lavori di movimento terra
Si definisce lavorabilità di un materiale la sua aXtudine ad essere scavato e caricato. Tale aXtudine dipende, per ogni terreno, da diversi parametri, quali: -‐ la massa volumica del materiale in banco, nelle condizioni di
addensamento allo stato naturale, sia secco che bagnato; -‐ il fa,ore di rigonfiamento, dovuto all’aumento percentuale di
volume che subisce il terreno quando viene rimosso dalla sua giacitura naturale;
-‐ la coesione; -‐ il contenuto d’acqua del terreno allo stato naturale o prodo:o
ar-ficialmente per migliorare la lavorabilità.
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Lavori di movimento terra
Ai fini del movimento terra, i terreni possono essere classifica- in modo schema-co, come riportato nella tabella seguente:
DENOMINAZIONE MATERIALE
TIPO DI MATERIALE LAVORABILITA’
Ordinario Terra vegetale, argillosa, sabbiosa, sabbia, ghiaia
Buona
SemicompaAo MisL terra-‐roccia Media
CompaAo Rocce frantumate, rocce compaAe, murature calcestruzzi
Difficile
Tempo di efficienza
Stabilito il tempo totale a disposizione per l’esecuzione di un lavoro, la produzione delle macchine va espressa in termini di lavoro orario. Bisogna considerare che in realtà le macchine non operano con-nuamente per 60 minu- l’ora, poiché l’opera-vità può essere rido:a dal traffico, dalla necessità di so:oporre i mezzi a manutenzione ordinaria e straordinaria, dalle pause del guidatore e dalla -pologia di lavoro che si sta effe:uando. A tal fine si definisce efficienza di lavoro il rapporto percentuale tra i minu- di effeXva lavorazione svolta nell’arco temporale di 1 ora e i minu- (60) dell’unità di tempo considerata (1 ora).
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Tempo di efficienza
In base ai valori assun- dall’efficienza si possono classificare le condizioni di lavoro come segue: -‐ 60 minu-/ora è 100% Condizioni massime teoriche; -‐ 55 minu-/ora è 92% Condizioni ideali; -‐ 50 minu-/ora è 83% Condizioni buone; -‐ 45 minu-/ora è 75% Condizioni discrete; -‐ 40 minu-/ora è 67% Condizioni sfavorevoli.
Condizioni generali di lavoro
FATTORI CONDIZIONI GENERALI DI LAVORO
FAVOREVOLI NORMALI SFAVOREVOLI
Materiale movimentato Terra sciolta, argilla secca, carbone
Sabbia, ghiaia Banco di materiale cementato, argilla bagnata,
roccia
Area di scavo o di taglio Non ostruita, piana, asciuAa, ben cosLpata
Terreno ondulato, altre ostruzioni
Bagnata, sdrucciolevole, area limitata
Manutenzione delle vie di trasporto
Grader in uso per tuAa la durata dei lavori
Manutenzione occasionale Nessuna manutenzione
Area di deposito o di riempimento
Nessuna ostruzione causata dai dozer
Alcune ostruzioni, terreno più soffice
Area limitata, bagnata o soffice, non conservata
Traffico Completamento indipendente dalle strade pubbliche o dalle
ferrovie
AAraversamento di strade o di ferrovie
Trasporto aAraverso strade pubbliche e traffico ciAadino
Condizioni meteorologiche CoerenL Discrete Passibili di improvvisi cambiamenL
Turni di lavoro noAurni Nessuno Alcuni Regolari
Disponibilità degli operatori Buona Discreta Molto bassa
Supervisione Adeguata in tuAe le aree Saltuaria Pochissima
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Parametri prestazionali ed economici
I parametri principali di una macchina da can-ere sono il costo di produzione e la produXvità. Per poter trovare il costo di produzione, che è il costo da me:ere a base nel prezzario, devo calcolare il costo orario della macchina su produzione oraria. Il costo orario è l’esborso orario per la presenza e l’impiego del mezzo, mentre la produzione oraria si trova calcolando la quan-tà di lavoro svolto ad ogni ciclo da una determinata macchina (ad esempio il materiale spostato o prodo:o per ogni ciclo), mol-plicato per il numero di cicli l’ora. Si intuisce allora che più la macchina produce, e più il costo diminuisce.
Parametri prestazionali ed economici
La produXvità o rendimento (che è l’inverso del costo di produzione) è un parametro che si usa più raramente e serve unicamente al confronto tra macchine. CO = Costo orario (€/h) = esborso per l’impiego del mezzo (€)/ora (h) PO = Produzione oraria (m3/h – t/h – n°/h) = quan-tà di lavoro ad ogni ciclo (m3 – t – n°) x n° cicli l’ora (h) CP = Costo di produzione (€/m3 – €/t – €/n°) = costo orario (€/h) / produzione oraria (m3/h – t/h – n°/h) PR = Produ:vità (m3/€ – t/€ – n°/€) = produzione oraria (m3/h – t/h – n°/h) / costo orario (€/h)
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Parametri prestazionali ed economici
La potenzialità produXva è quella produzione che possiamo realizzare solo in condizioni oXmali (ovvero in condizioni ideali). Le condizioni oXmali si o:engono in dei campi prova, cioè in zone di lavoro dove si verificano le potenzialità delle macchine. Essa si esprime con:
Po = Q ·∙ N Dove: Q = quan-tà di materiale per ciclo N = n° di cicli / ora con implicito coefficiente di efficienza La potenzialità produXva è un valore ideale perché ci sono dei fa:ori di produzione che la riducono dras-camente.
Parametri prestazionali ed economici
Ques- fa:ori sono: Ø Natura del terreno: ad esempio la resistenza al taglio in base al -po di
terreno su cui si lavora. Ø Tipologia di scavo: in base al -po e alla quota di scavo cambiano i prezzi.
Tra le -pologie troviamo: • Scavo di sbancamento: è lo scavo di pulizia, cioè eliminazione di eventuali macerie e sco-co. • Scavi in ver-cale: a sezione obbligata (o ristre:a) con sbatacchiatura (o blindatura) cioè munire di contraffor- le pare- della buca mentre si scava in profondità in una trincea stre:a, per evitare di far crollare la terra dai la-.
Ø Abilità del manovratore: bravura dell’operatore a non perdere di efficienza nel lavoro della macchina.
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Parametri prestazionali ed economici
Ques- fa:ori sono: Ø Piccole avarie del mezzo: durante l’impiego ci possono essere
trasudamen- d’olio etc. Ø Invecchiamento del mezzo: è in base all’usura. Ci sono molte imprese che
sono specializzate in movimen- terra e quindi hanno macchine sempre nuove che comprano e rivendono dopo pochi anni. È un procedimento u-lizzato perché più la macchina è usurata e più c’è il rischio di avaria.
Ø Ubicazione e localizzazione del canCere: esiste il problema della geometria del can-ere ma anche della quota in cui è collocato: siccome salendo di quota l’ossigeno in aria diminuisce, il motore rischia di perdere potenza e quindi sono sta- inventa- dei turbocompressori che danno parità di potenza anche con problemi di carburazione.
Parametri prestazionali ed economici
A causa dei fa:ori di riduzione della potenzialità produXva, nasce la produzione oraria reale:
PO = N ·∙ Q ·∙ η Dove: Q = quan-tà di materiale medio per ciclo per il quale bisogna tener conto del rigonfiamento η = efficienza della macchina con coefficiente totale sempre η < 1 N = n° cicli medi / ora ed è espresso in minu- sessadecimali N = 60/tc con tc = tempo ciclo che può essere: fisso: tempo medio operazioni in un ciclo, esclusi trasporto o ritorno variabile: tempo medio di trasporto a carico e ritorno a vuoto in un ciclo, in relazione alla distanza e alla massa che determina un impiego di potenza
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Parametri prestazionali ed economici
Per quanto riguarda la quan-tà di materiale medio per ciclo Q, in caso di movimento terra bisogna tener conto del fa:ore di rigonfiamento e fa:ore di carico. Dove: fa:ore di rigonfiamento Con g masse volumiche: gb=m/Vb e gs=m/Vs con gb>gs
fa:ore di carico
1001 ⋅⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−=
s
brf γ
γ
b
sCf γ
γ=
Parametri prestazionali ed economici
Per poter s-mare quanto volume di terra bisogna raccogliere in cava, bisogna tenere conto della quan-tà finale del volume di compa:ato che ci serve e calcolare la percentuale da aggiungere al volume di terra da estrarre. È importante so:olineare che i con- si fanno con il volume sciolto ma il pagamento si fa in volume banco.
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Parametri prestazionali ed economici
Per quanto riguarda l’efficienza di una macchina, possiamo frazionarla in due diversi -pi di efficienza:
η = ηh·∙ ηC Dove: ηh è il coefficiente di rendimento orario e -ene conto del fa:o che nessuna macchina, in media, lavora per 60’ all’ora, a causa della natura del terreno, abilità del manovratore, -pologia di scavo e piccole avarie.
Parametri prestazionali ed economici
Dove: ηC è il coefficiente di rendimento del can-ere e -ene conto della diminuzione della prestazione dell’unità del movimento di terra a causa di:
ηC = ηC1 ·∙ ηC2
dove ηC1 è il coefficiente di ada:amento che abba:e la produzione oraria per cause indipenden- dal can-ere come condizioni topografiche sfavorevoli o stagioni clima-che avverse. I valori sono circa: ηC1 = 0,95 o 0,85 o 0,75 se le condizioni sono buone o mediocri o caXve. ηC2 è il coefficiente di ges-one che abba:e la produzione oraria per cause dipenden- dal can-ere come la capacità ed esperienza degli operatori, coordinamento tra macchine da lavoro, ostacolo alla circolazione dei mezzi e organizzazione dei rifornimen-. I valori sono circa: ηC2 = 0,90 o 0,80 o 0,70 se le condizioni sono buone o mediocri o caXve.
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Parametri prestazionali ed economici
In funzione del proprio rendimento le macchine per il movimento terra si valutano come segue: -‐ oXmo se η > 75% -‐ buono se η = 66% -‐ sufficiente se η = 60% -‐ scarso se η < 50 %.
Parametri prestazionali ed economici
I cos- orari delle macchine (esclusi pneuma-ci) si dividono in cos- fissi e cos- d’esercizio. Cos- fissi: si intendono i cos- lega- al non uso del mezzo cioè i cos- di ammortamento e i cos- finanziari (interessi, assicurazione e tasse) . L’ammortamento è un procedimento economico-‐contabile che ha per ogge:o quei beni strumentali (nel caso in esame le macchine) che cedono la loro u-lità economica in più esercizi. A:raverso di esso, quindi, il costo pluriennale di tali beni viene ripar-to in più esercizi in funzione della loro durata economica. Quindi, a fine periodo di vita u-le del mezzo, si dovrebbe aver accumulato il denaro per poterlo riacquistare.
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Parametri prestazionali ed economici
L’ammortamento è una percentuale annua del valore presente del mezzo, nella quale si deve accumulare un’aliquota oraria per poter sos-tuire il bene a fine periodo ammortamento. L’aliquota si riferisce all’incremento di capitale legato al tasso di inflazione (interessi) e all’incremento di valore del bene per miglioramento tecnologico.
Parametri prestazionali ed economici
Per calcolare la quota di ammortamento si -ene conto di: costo orario ammortamento C = prezzo d’acquisto franco fabbrica (€) CT = costo di trasporto (€) PN = prezzo del treno pneuma-ci (€) PA = periodo d’ammortamento generalmente di 5 anni cioè 10.000 ore (h)
⎟⎠
⎞⎜⎝
⎛−+=
heuro
PPCCCOA
A
NT
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Parametri prestazionali ed economici
Gli interessi, le assicurazioni e le tasse possono invece essere valuta- in via sinte-ca come una percentuale del capitale medio annuo immobilizzato, in base al periodo di ammortamento. Cos- di esercizio: si intendono il carburante, filtri e lubrifican-, manutenzione e riparazione. Carburante: si può iden-ficare un consumo specifico teorico alla massima potenza erogata (su banco) per un motore diesel pari a: CSTI = 0,204 ·∙ P consumo specifico teorico iniezione se P è espresso in
Cv CSTI = 0,278 ·∙ P consumo specifico teorico iniezione se P è espresso in
Kw
Parametri prestazionali ed economici
Siccome una macchina non lavora sempre alla massima potenza, bisogna fare il rapporto tra la potenza media erogata durante un ora di lavoro e la potenza massima, che viene definito come fa:ore di caricamento (fc). Quindi per sapere il costo orario del carburante si procede così: COC = fc x 0,204 ·∙ P ·∙ CC costo orario del carburante in Cv COC = fc x 0,278 ·∙ P ·∙ CC costo orario del carburante in Kw
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Parametri prestazionali ed economici
Filtri e lubrifican-: si può fare un calcolo sinte-co per calcolare il costo dei vari lubrifican-, grassi e filtri per le macchine che è il seguente: COLF = (0,2 ÷ 0,3) ·∙ COC costo orario per lubrifican- e filtri Manutenzione e riparazione: la manutenzione e riparazione incidono molto sul costo orario d’ammortamento infaX bisogna trovare un coefficiente di riparazione α in base al -po di macchina e alle condizione d’esercizio in cui essa si trova: COMR = α ·∙ COA costo orario per manutenzione e riparazione
Parametri prestazionali ed economici
Il calcolo per il costo dei pneuma-ci non si fa insieme a quello della macchina perché in genere il periodo d’ammortamento delle gomme è sempre minore di quello del mezzo, con valori che variano dai 2 ai 3 treni di pneuma-ci l’anno in base al -po di terreno del can-ere. La durata dei pneuma-ci, in ore, per condizioni di esercizio gravose varia tra le 1000 e le 2000 ore. Per condizioni medie varia tra le 2000 e le 3000 e per condizioni facili varia tra le 3000 e le 5000.
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Parametri prestazionali ed economici
Il calcolo per il costo dei pneuma-ci non si fa insieme a quello della macchina perché in genere il periodo d’ammortamento delle gomme è sempre minore di quello del mezzo, con valori che variano dai 2 ai 3 treni di pneuma-ci l’anno in base al -po di terreno del can-ere. La durata dei pneuma-ci, in ore, per condizioni di esercizio gravose varia tra le 1000 e le 2000 ore. Per condizioni medie varia tra le 2000 e le 3000 e per condizioni facili varia tra le 3000 e le 5000.
Parametri prestazionali ed economici
I pneuma-ci a:uali, ormai si servono dei tubless (copertoni senza camera d’aria interna) e si dividono in 2 gruppi per quanto concerne il telaio interno: ü Pneuma-co a stru:ura diagonale: è una tela a fasce incrociate,
realizzata per ripar-re meglio il carico del mezzo. ü Pneuma-co a stru:ura radiale: tela di fasce che ricopre
radialmente lo pneuma-co ed è molto costosa.
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Parametri prestazionali ed economici
I pneuma-ci hanno delle marcature sulla fascia interna della gomma che indicano la larghezza nominale, il diametro del cerchio, il n° di tele d’impiego e la categoria a cui appar-ene. In base alla categoria invece, essi si dividono in: Ø C = compa:atori
§ C – 1 = baXstrada liscio § C – 2 = baXstrada scolpito
Parametri prestazionali ed economici
I pneuma-ci hanno delle marcature sulla fascia interna della gomma che indicano la larghezza nominale, il diametro del cerchio, il n° di tele d’impiego e la categoria a cui appar-ene. In base alla categoria invece, essi si dividono in: Ø E = macchine da trasporto • E – 1 = a nervatura longitudinale • E – 2 = per trazione • E – 3 = per roccia • E – 4 = per roccia – scolpitura profonda • E – 7 = per terreni soffici
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Parametri prestazionali ed economici
I pneuma-ci hanno delle marcature sulla fascia interna della gomma che indicano la larghezza nominale, il diametro del cerchio, il n° di tele d’impiego e la categoria a cui appar-ene. In base alla categoria invece, essi si dividono in: Ø G = motolivellatrici • G – 1 = per assali interiori • G – 2 = per trazione • G – 3 = per roccia • G – 4 = per roccia – scolpitura profonda
Parametri prestazionali ed economici
I pneuma-ci hanno delle marcature sulla fascia interna della gomma che indicano la larghezza nominale, il diametro del cerchio, il n° di tele d’impiego e la categoria a cui appar-ene. In base alla categoria invece, essi si dividono in: Ø L = caricatori – apripista Ø L – 2 = per trazione Ø L – 3 = per roccia Ø L – 4 = per roccia – scolpitura profonda Ø L – 5 = per roccia – scolpitura extra profonda Ø L – 3S = baXstrada e fianchi lisci Ø L – 4S = entrambi rinforza- Ø L – 5S = impieghi in galleria
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Parametri prestazionali ed economici
L = caricatori – apripista
Parametri prestazionali ed economici
I pneuma-ci hanno delle marcature sulla fascia interna della gomma che indicano la larghezza nominale, il diametro del cerchio, il n° di tele d’impiego e la categoria a cui appar-ene. A esempio: 23.5” X 25” (16 PR) L-‐2 Il calcolo per il costo dei pneuma-ci è dato da: dove CP è il costo orario dei pneuma-ci dove PN è il prezzo del treno pneuma-ci dove PA è il periodo di ammortamento
Cp =PNPA
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Tipologie di sezioni stradali
Quando si fanno i lavori di costruzione di un lo:o stradale, bisogna tener conto dei vari -pi di lavori che bisogna realizzare e calcolare i volumi delle quan-tà di terra da scavare e da riu-lizzare. In genere si fa prima lo sterro poi si crea la so:ostru:ura che è cos-tuita dal rilevato (movimento di terra), e infine la sovrastru:ura che è quel pacche:o del cassone:o che comprende solitamente so:ofondo, fondazione e pavimentazione.
Tipologie di sezioni stradali
Nel caso di una sezione stradale in trincea, il piano stradale si trova so:oquota rispe:o al piano campagna e quindi il cassone:o in trincea deve essere scassato per inglobare la sovrastru:ura. Questo prevede una grossa fase di sterro prima di iniziare il lavoro di costruzione.
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Tipologie di sezioni stradali
Nel caso di una sezione stradale in rilevato, è il piano campagna che si trova so:oquota rispe:o al piano stradale e quindi il cassone:o sarà semplicemente costruito sopra la so:ostru:ura, non dimen-cando comunque la fase di sterro (seppur piccola) per non costruire dire:amente sul terreno poco stabile (sco-co). La fase disterro dello sco-co in una sezione in rilevato si chiama risanamento superficiale.
Tipologie di sezioni stradali
Se invece siamo su una sezione stradale a mezza costa, avremo un insieme dei due -pi di sezioni già vis-, in un'unica soluzione, con il piano campagna che intersecherà il piano stradale e quindi con grossa fase di sterro e rilevato.
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Classificazione delle macchine
Le macchine da can-ere si possono classificare in base alla funzione che svolgono. Tra le varie specializzazioni abbiamo: • Movimento materia: sono quelle macchine da scavo terreni che possono facilmente essere polifunzionali.
• Stabilizzazione terre: macchine u-lizzate per rendere il terreno meccanicamente più resistente (quindi per stabilizzarlo) grazie ad una certa geometria o con dei legan-. Si u-lizzano quando il terreno su cui si andrà a fare il manto stradale non è stabilizzato.
• CosCpamento terre o costruzione massicciate: usate per cos-pare i materiali, cioè riasse:arli aumentandone la compa:ezza per migliorare resistenza meccanica e durabilità.
• Tra,amento superficiale: servono al tra:amento da fare sullo sco-co superficiale quando si trova humus e radicamen-.
Classificazione delle macchine
Le macchine da can-ere si possono classificare in base alla funzione che svolgono. Tra le varie specializzazioni abbiamo: • Pavimentazioni in conglomerato bituminoso: servono a stendere e compa:are pavimentazioni bituminose semirigide come il manto stradale.
• Pavimentazioni in c.l.s.: servono a stendere e compa:are pavimentazioni rigide che sono più frequen- in ambito industriale.
• Manutenzione e gesCone: sono macchine che servono al miglioramento della viabilità delle strade di can-ere e ce ne sono altre che invece servono da assistenza al parco opera-vo.
• Preparazione aggregaC: sono macchine ad impianto fisso per la realizzazione degli aggrega-.
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Classificazione delle macchine
Per quanto riguarda la classe di macchine possiamo ancora suddividerle per funzione e per operazione: u FUNZIONE: 1) Preparazione terreno: operazione abbastanza complessa che consiste nell’asportazione di terreno con humus e rimozione ostacoli, stru:ure da demolire, etc. 2) Scavi: scavo di zone di trincea, cune:e, operazioni di minaggio nella zona per frantumare il materiale da movimentare. 3) Formazione rilevaC: si u-lizza per fare ripor- di stra- di spessore non superiore a 50 cm alla volta. 4) Formazione fossi di guardia 5) Rimozione detriC 6) TrasporC 7) Regolazione so,ofondi e scarpate
Classificazione delle macchine
Per quanto riguarda la classe di macchine possiamo ancora suddividerle per funzione e per operazione: u OPERAZIONE: 1) Ro,ura: è un operazione di base da effe:uare quando il materiale ha una coesione molto forte e quindi elevata resistenza al taglio che non perme:e una facile movimentazione. 2) Scavo e carico 3) Trasporto: è un operazione massiva che si fa con mezzi di grande dimensione 4) Scavo e spostamento: usata quando alcune volte, dopo lo scavo, basta spostare il materiale perché sarà da riu-lizzare nelle sezioni a mezza costa. 5) Scavo, trasporto e scarico: senza passare a:raverso lo scaricamento del mezzo. 6) Livellamento 7) Compa,azione
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Le macchine per il trasporto su gomma
I traspor- che interessano gli scambi di materiali e a:rezzature con l’esterno avvengono a:raverso mezzi gomma- adaX al trasporto su strada: autocarri, autotreni ed autoar-cola-. I veicoli autorizza- alla circolazione devono rispe:are le prescrizioni contenute nel “Nuovo Codice della Strada” (D.L.vo n. 285 del 1992 e D.P.R. n.495 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni), sinte-camente riassunte nel quadro seguente.
Le macchine per il trasporto su gomma
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Le macchine per il trasporto su gomma
Gli autocarri, i quali possono essere dota- di cassone ribaltabile, si dis-nguono in autocarri leggeri (massa a pieno carico fino a 3,5 t), medi (massa 3,5÷10t) e pesan- (10÷50 t), in essi la tara cos-tuisce circa il 35÷40% della massa totale.
Le macchine per il trasporto su gomma
Da- cara:eris-ci degli autocarri
Gli autotreni sono veicoli adaX per il trasporto pesante su lunghe distanze, i rimorchi usuali per il trasporto stradale hanno massa a pieno carico di 20÷25 t, tara 4,5÷6 t, e dimensioni del piano di carico 7,50÷8 per 2,50 m.
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Le macchine per il trasporto su gomma
Gli autoar-cola-, par-colarmente adaX al trasporto di grossi carichi indivisibili, sono cos-tui- da un tra:ore dotato di ralla, sulla quale scarica parte del proprio peso un semirimorchio. I semirimorchi hanno massa complessiva a pieno carico fino a 30÷35 t, con tara di 4,5÷6,5 t, e dimensioni del piano di carico fino a 12,50x2,50 m. Altre cara:eris-che degli autoar-cola- sono: − Rapporto di traino (peso rimorchio/peso motrice): 1,4, − Carico max per asse: 12 t, − Carico max per assi tandem: 19 t, − Rapporto minimo potenza peso: 8 CV/t. Per i mezzi d'opera (veicoli industriali in servizio misto o fuori strada), muni- di permesso dell'ente proprietario della strada, è ammesso il peso a pieno carico di 33,0 t per i veicoli a 3 assi e di 56,0 t per gli autoar-cola- con tra:ore a 3 assi e semirimorchio a 2 assi.
Le macchine per il trasporto su gomma
I dumpers sono veicoli espressamente realizza- per l'impiego in can-ere, le cui cara:eris-che generali sono: par-colare robustezza, cassone ribaltabile, trazione integrale, raggio di curvatura rido:o, pneuma-ci a bassa pressione ed a sezione larga (adaX per terreni con scarsa capacità portante). I -pi con minore portata sono talvolta dota- di guida reversibile, possono cioè marciare indifferentemente nei due sensi, essendo la trasmissione dotata di inver-tore ed il posto guida girevole a 180°. I dumpers si dis-nguono in: leggeri, con portata 1÷3 m3, medi, con portata fino a 15 m3, e pesan-, con portata fino a 25÷30 m3. I dumpers leggeri e medi possono generalmente circolare anche su strade ordinarie, mentre quelli pesan- possono circolare solo nell'ambito del can-ere.
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Le macchine per il trasporto su gomma
Da- cara:eris-ci dei dumpers
Apperacchiature per il sollevamento
Le apparecchiature per il sollevamento più diffusamente impiegate in can-ere sono: argani, paranchi, mar-neX, e gru. Gli argani sono macchine a:e ad esercitare sforzi di trazione mediante funi o catene, e cos-tuiscono un elemento indispensabile per il funzionamento di gru, blondins, teleferiche, ecc.. Sono cos-tui- da un tamburo sul quale si avvolge la fune (per catene calibrate si ado:ano tamburi alveola-) che viene fa:o ruotare mediante ingranaggi di riduzione da un motore ele:rico, o a combus-one interna (raramente e solo per lavori occasionali vengono realizza- argani ad azionamento manuale). Gli argani sono dota- di freno, generalmente a nastro di acciaio o a dischi di frizione, e di no:olino di arresto di sicurezza. Gli argani ele:rici hanno portate da 0,5 a 6 t, velocità della fune 0,5÷2 m/s, potenza 5÷200 CV e peso pari circa 0,5÷10 t.
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Apparecchiature per il sollevamento
Le apparecchiature per il sollevamento più diffusamente impiegate in can-ere sono: argani, paranchi, mar-neX, e gru. Gli argani sono macchine a:e ad esercitare sforzi di trazione mediante funi o catene, e cos-tuiscono un elemento indispensabile per il funzionamento di gru, blondins, teleferiche, ecc.. Sono cos-tui- da un tamburo sul quale si avvolge la fune (per catene calibrate si ado:ano tamburi alveola-) che viene fa:o ruotare mediante ingranaggi di riduzione da un motore ele:rico, o a combus-one interna (raramente e solo per lavori occasionali vengono realizza- argani ad azionamento manuale). Gli argani sono dota- di freno, generalmente a nastro di acciaio o a dischi di frizione, e di no:olino di arresto di sicurezza. Gli argani ele:rici hanno portate da 0,5 a 6 t, velocità della fune 0,5÷2 m/s, potenza 5÷200 CV e peso pari circa 0,5÷10 t.
Apparecchiature per il sollevamento
L’argano munito di cavalle:o scorre sulla trave a sbalzo ancorata ai cavalleX con contrappesi di cara:eris-che indicate dal costru:ore. Alle estremità della trave devono esserci fermi meccanici per evitare la fuoriuscita del carrello. La parte meccanica del motore va collocata a terra.
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Apparecchiature per il sollevamento
Gli argani a bandiera devono essere collega- a un solido supporto (tubo) opportunamente ancorato e rinforzato. L’argano deve avere un’extra corsa superiore. Esso viene u-lizzato in ambien- ristreX, i carichi movimenta- non devono essere eccessivamente pesan- e ingombran-.
Apparecchiature per il sollevamento
I paranchi sono semplici apparecchi, aX al sollevamento ver-cale di carichi o ad esercitare -ri orizzontali di limitata en-tà. Si dis-nguono in: − Paranchi a taglia, cos-tui- da due bozzelli sui quali si avvolge una fune -rata da un argano o a mano (carico sollevabile 0,1÷1,5 t con funi di canapa, 2÷50 t con funi di acciaio); − Paranchi a vite senza fine, dota- di una catena che si avvolge su di una ruota ad alveoli fa:a ruotare, a mano o da un motore ele:rico, mediante una riduzione a vi- senza fine, che impedisce lo svolgimento accidentale della catena. Vengono generalmente monta- su carrelli mobili su travi a doppio T (paranchi scorrevoli, portata 1÷ 20 t).
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Apparecchiature per il sollevamento
Esempi di paranchi
Apparecchiature per il sollevamento
I mar-neX sono macchine a:e a sollevare per distanze brevi carichi anche eleva-ssimi; essi si dividono in: − Mar-neX idraulici, comanda- da una pompa a comando manuale-‐ele:rico (portata fino a 300 t); − Mar-neX meccanici, dota- di un'asta a cremagliera sollevata da una manovella mediante ingranaggi ridu:ori (portata fino a 20 t).
Da- cara:eris-ci dei mar-neX idraulici
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Apparecchiature per il sollevamento
Mar-neX idraulici Mar-neX meccanici
Apparecchiature per il sollevamento
La categoria delle gru comprende una serie di macchine di cara:eris-che talvolta molto diverse. Gru a torre Effe:ua operazioni di sollevamento e trasporto, servendo una vasta area, a:raverso la combinazione di 4 movimen- fondamentali: − traslazione della base, mobile su rotaie (20÷30 m/min), − rotazione del braccio (0.3÷ 1 giro/min), − traslazione del carrello (10÷ 40 m/min), − sollevamento del gancio (3 ÷90 m/min).
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Apparecchiature per il sollevamento
La gru a torre è cos-tuita dai seguen- elemen- principali: • La base, convenientemente zavorrata, fissa o mobile su rotaie
(applicate su traversine metalliche o di legno, poste su massicciata in pietrisco o inglobate in un sole:one in cls che va dimensionato in funzione del carico per ruota o carrello);
• La torre, composta da elemen- a stru:ura generalmente re-colare, può raggiungere fino a 200 m, se di altezza superiore a 40÷50 m viene ancorata al suolo o all'edificio;
• Il braccio, su cui scorre il carrello che porta il gancio di sollevamento, è girevole sulla sommità della torre ed è dotato di controbraccio zavorrato.
Apparecchiature per il sollevamento
La stabilità della gru a torre deve essere garan-ta: -‐ in esercizio, e con pressione del vento di 30 daN/m2 (coefficiente di sicurezza 1,5); -‐ a vuoto e con pressione del vento di 100 daN / m2 (coefficiente di sicurezza 1,2). Se la velocità del vento diviene eccessiva, la gru deve essere ancorata alla via di corsa per mezzo delle tenaglie di ammaraggio di cui è provvista, ed eventualmente al suolo o alla costruzione per mezzo di funi di acciaio di controvento.
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Apparecchiature per il sollevamento
Cara:eris-che medie delle gru a torre
Apparecchiature per il sollevamento
Da- cara:eris-ci della gru sono: il carico massimo sollevabile, lo sbraccio massimo, il momento nominale (prodo:o dallo sbraccio massimo per il carico sollevabile all'estremità del braccio), e l'altezza di sollevamento.
I l d i a g r a m m a d i u-lizzazione di una gru fornisce in genere l'en-tà d e l c a r i c o m a s s i m o sollevabile con un dato valore dello sbraccio: esso è cos-tuito da un tra:o orizzontale, pari al massimo carico sollevabile e da un ramo di iperbole.
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Apparecchiature per il sollevamento
Gru Derrick Sono cara:erizzate da notevoli portate (12÷15 t costante con lo sbraccio), altezze di sollevamento (100 m) e sbracci (80 m); trovano impiego nella costruzione di dighe e di pon-. Si dis-nguono in: − Derrick a funi, cos-tuite da una torre centrale girevole per 360°, controventata con funi di acciaio, che sos-ene un braccio sollevabile, incernierato per un'estremità verso la base deva torre; − Derrick a gambe fisse, o a triedro, il cui braccio è sostenuto da tre o qua:ro aste disposte a piramide (braccio e aste sono cos-tui- da elemen- modulari, a stru:ura re-colare).
Apparecchiature per il sollevamento
La manovra del derrick avviene per mezzo di argani, che comandano le funi di sollevamento e di rotazione del braccio, e di sollevamento del carico.
Gru tipo derrick: a) a gambe fisse, b) a triedro
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Apparecchiature per il sollevamento
Autogru Sono gru montate su autotelaio cara:erizzate dai seguen- elemen- cos-tu-vi: − Autotelaio, derivato da autotelaio di autocarri o dumper, e
proge:ato appositamente a 2, 3, 4, 5 assi. − Torre:a girevole a 360°, dotata di braccio telescopico in lamiera
scatolata, sollevabile ed estensibile mediante mar-neX idraulici; all'estremità del braccio può essere collocata una prolunga che consente di aumentare l'altezza di sollevamento con carichi ridoX.
− Stabilizzatori, a comando meccanico o idraulico, pos- in opera allorché l'autogru è in posizione di lavoro, per aumentare la base di appoggio; impiegando la macchina senza stabilizzatori, il carico sollevabile, il raggio e l'altezza di sollevamento risultano ridoX.
Apparecchiature per il sollevamento
Cara:eris-che dell'autogru sono: − il carico sollevabile; − l'altezza di sollevamento; − il raggio della zona che può essere servita. Il carico sollevabile varia con l'altezza e l'inclinazione del braccio, dovendo essere garan-ta la stabilità al ribaltamento della macchina.
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Apparecchiature per il sollevamento
Le autogru si dis-nguono in: • Autogru leggere con portata fino a 20 t, altezza di sollevamento
22÷5 m, raggio 18 m, dimensioni autotelaio (con gru ripiegata, in posizione di trasferimento) 8 x 2,50 x 4,00 m, e peso 25 t.
• Autogru medie con portata fino a 35 t, altezza di sollevamento
30÷5 m, raggio 24 m, dimensioni autotelaio 12,0 x 2,50 x 4,00 m, e peso 33 t.
• Autogru pesan- con portata fino a 100 t; altezza di sollevamento 50÷10 m, raggio 30 m, dimensioni autotelaio 13,50 m per 2,50x4,00, e peso 50 t.
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CORSO DI:
TECNICA DEI LAVORI STRADALI E SICUREZZA DEI CANTIERI
MACCHINE PER IL MOVIMENTO
TERRA Ing. Natalia Distefano
Università degli Studi di Catania Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale
Le macchine per il movimento terra
La scelta del 2po di macchina, e delle cara4eris2che prestazionali, dipende da numerosi fa4ori, quali le cara4eris2che del lavoro da eseguire, la scelta del ciclo di lavoro, e la produ:vità richiesta (produzione nell’unità di tempo), che dipende dal piano lavori. Si evidenzia l’importanza di pianificare l’u2lizzo delle macchine in un’o:ca globale, tenendo conto cioè dell’interazione tra le differen2 macchine. Ad esempio, se un escavatore scarica il materiale su degli autocarri, le produ:vità dell’escavatore e degli autocarri devono essere congruen2 tra di loro in modo tale da evitare il perditempo legato ad un escavatore che deve interrompere il ciclo di lavoro a causa della mancanza di autocarri su cui depositare il materiale, ovvero quello legato alla presenza di autocarri in a4esa.
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Le macchine per il movimento terra
Sintesi delle principali macchine per il movimento terra
Ripper o scarificatore
I rippers, ovvero gli scarificatori, sono cos2tui2 da uno o più den2 monta2 nella parte posteriore di un tra4ore (di solito un dozer). Hanno la funzione di ridurre i terreni compa: e le rocce (tenere o fra4urate) in pezzatura tale da consen2re lo scavo da parte di pale, scrapers, graders. Le condizioni di lavoro dipendono molto dal 2po di roccia: -‐ rocce sedimentarie: sono facilmente rippabili, per la presenza di stra2ficazioni;
-‐ rocce ignee: sono difficilmente rippabili; -‐ rocce metamorfiche: mediamente rippabili, in funzione del grado di alterazione dell’ammasso.
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Ripper o scarificatore
Elemen2 che facilitano il rippaggio: -‐ fra4ure, faglie e piani di minor resistenza; -‐ alterazioni dovute a variazioni di temperatura ed umidità (sopra4u4o in presenza di gelo);
-‐ alto grado di stra2ficazione o laminazione; -‐ fragilità e natura cristallina (calcare tenero o sabbia cementata); -‐ pezzatura grossa e disuniforme; -‐ formazioni argillose, rocciose permeate di umidità; -‐ bassa resistenza alla compressione.
Ripper o scarificatore
Condizioni sfavorevoli per il rippaggio: -‐ formazioni massive ed omogenee, non cristalline (non fragili), ad esempio calcarei teneri con pochi cristalli;
-‐ assenza di piani di minor resistenza; -‐ grani fini e fortemente cementa2 (ad esempio granito, roccia lavica intrusiva non fessurata).
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Ripper o scarificatore
In un ripper cara4eris2che basilari sono la facilità di penetrazione e la capacità di mantenere la profondità di scarifica. Quando il materiale è di difficile penetrazione si sfru4a parte del peso del tra4ore per spingere e mantenere il dente nel terreno. Elemen2 fondamentali del ripper sono i den2 e le punte, a tale riguardo si segnala che i den2 dri: sono più indica2 per terreni molto compa: e rocce stra2ficate, mentre i den2 curvi sono più indica2 per rocce fra4urate. Le punte si possono suddividere in corte, medie e lunghe. Le punte corte vengono impiegate generalmente dove vi sono difficoltà di penetrazione; le punte lunghe sono invece ada4e a materiali molto abrasivi, ove la possibilità di ro4ura non è il problema principale, mentre le punte medie sono raccomandate per applicazioni in cui il materiale abrasivo è duro abbastanza da rompere la punta lunga.
Ripper o scarificatore
Grado di compa4ezza del terreno Si misura mediante il sismografo a rifrazione: si sollecita il terreno con onde sismiche e si misura tramite il sismografo la velocità di propagazione dell’onda (V=d/t). Essendo questa dire4amente proporzionale alla compa4ezza, ci si può facilmente ricondurre alla stra2ficazione dell’ammasso. Un terreno può considerarsi rippabile quando la velocità di propagazione dell’onda è: V ≤ 2000÷2500 m/s
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Ripper o scarificatore Diagramma per la determinazione della scarificabilità dei materiali in funzione della velocità di propagazione delle onde sismiche
Ripper o scarificatore In base alla possibilità di movimento dell’a4rezzo si dis2ngue: Ripper a cerniera: u2lizza una barra con uno o più portaden2, ognuno dei quali perme4e di posizionare il dente in 5 o più posizioni per ada4are la profondità e l’inclinazione alle varie condizioni di lavoro. Inoltre, alcuni portaden2 perme4ono delle oscillazioni laterali di più di 30 gradi (avendo un’inclinazione variabile determina un’usura irregolare);
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Ripper o scarificatore
In base alla possibilità di movimento dell’a4rezzo si dis2ngue: Ripper a parallelogramma: la barra ed il dente mantengono sempre lo stesso angolo di penetrazione a qualsiasi profondità di scarificazione. Tale 2po di ripper ha cara4eris2che eccellen2 di penetrazione nella maggior parte dei materiali (consente di sollevare la punta per asportare stra2 duri).
Ripper o scarificatore
In base alla possibilità di movimento dell’a4rezzo si dis2ngue: Ripper a parallelogramma regolabile: riunisce in se i vantaggi del 2po a cerniera che quelli del 2po a parallelogramma, esso ha la possibilità di variare l’angolazione della punta per o4enere la posizione o:male di penetrazione (avendo la possibilità di regolare l’inclinazione del dente, è u2le quando si incontra un banco difficilmente penetrabile).
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Ripper o scarificatore
Ripper a parallelogramma regolabile
Ripper o scarificatore Le tecniche di lavoro durante le operazioni di scarificazione hanno alcuni elemen2 cara4eris2ci: • La potenza minima richiesta al tra4ore è pari a circa 112 kW, fino ad
arrivare a 300 kW o più in condizioni di lavoro par2colarmente difficili; • Le operazioni di scavo avvengono ad una velocità di 1÷2 km/h nel primo
rapporto di trasmissione, al fine di o4enere condizioni di lavoro o:mali; • Quando le condizioni del terreno lo perme4ono è auspicabile scarificare
con tre den2 e portare la velocità alla minima possibile al fine di ridurre il logorio dei den2 e del tra4ore;
• Quando si opera con materiali che tendono a rompersi in grossi pezzi è in genere sufficiente un solo dente;
• I den2 delle macchine più moderne possono arrivare ad una profondità di scavo di circa un metro, nei casi in cui le cara4eris2che del terreno lo perme4ono;
• La distanza tra le passate del tra4ore è influenzata dal 2po di terreno (passo di 1.0÷1.5 m per materiale compa4o, passo di 2.0÷2.5 m per materiale leggermente fra4urato).
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Ripper o scarificatore
Calcolo della produ:vità oraria delle scarificatrici Il metodo migliore per valutare la produ:vità di una scarificatrice è quello di misurare l’area della superficie prima di effe4uare la scarifica e di misurare il tempo effe:vo impiegato per effe4uare l’operazione. Una volta effe4uato lo scavo a4raverso un ulteriore rilievo è possibile valutare il volume di roccia rimossa, il quale, diviso per il tempo impiegato, fornisce la produ:vità in metri cubi ora (il volume di roccia rimosso può essere valutato anche contando il numero di carichi esegui2 dal mezzo di trasporto).
Ripper o scarificatore
Calcolo della produ:vità oraria delle scarificatrici Un altro metodo per quan2ficare la produ:vità, meno accurato ma più frequentemente impiegato, consiste nell’effe4uare una valutazione rapida della velocità di traslazione della macchina durante l’operazione di scarifica (i.e. distanza/tempo), quan2ficando successivamente, in base a tale informazione, il tempo di ciclo totale: TC= (L/ v) + Tm
dove TC è il tempo di ciclo [sec], L è la lunghezza di una singola passata della scarificatrice [m], v è la velocità del ripper durante l’operazione di scarifica (0.28 ÷0.55 m/sec),
Tm è il tempo di manovra (0.20 ÷0.30 min).
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Ripper o scarificatore
Calcolo della produ:vità oraria delle scarificatrici Il volume di terreno scarificato viene valutato in via teorica a4raverso la seguente epressione: V = L * d * h dove: V è il volume teorico di terreno rippato con un ciclo di lavoro [m3]; d è la distanza tra le passate (1.00 ÷2.50 m), h è la profondità di penetrazione media dei den2 (< 1.00m ). Le valutazioni condo4e a4raverso quest’ul2mo metodo forniscono generalmente valori della produ:vità 10÷20% più eleva2 di quelli reali.
Ripper o scarificatore
Calcolo della produ:vità oraria delle scarificatrici Sia che si u2lizzi il primo sistema di valutazione che il secondo la produ:vità si o:ene dalla seguente espressione: dove: Preale è la produ:vità del ripper [m3/ora], V è il volume di terreno rippato con un ciclo di lavoro [m3/ora]; f è il coefficiente di efficienza del can2ere; Tc è il tempo di ciclo (secondi).
fT
VPC
reale ⋅⋅=3600
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Escavatore
L’escavatore può considerarsi la macchina per il movimento terre “universale” per antonomasia. I più nuovi modelli hanno potenze notevoli ed interessan2 prestazioni, dovute alla capacità di aggredire diversi 2pi di materiali (terrosi o rocciosi) e di eseguire svaria2 2pi di scavo. Il loro campo di applicazione spazia dagli scavi a sezione obbligata (dove sono insos2tuibili) al carico da fronte cava, dallo scavo di sbancamento alla posa in opera di tubazioni in lavori idraulici, dallo scavo di trincee alla demolizione di fabbrica2. I cos2 di esercizio, oggi, sono abbastanza bassi. L’unico dife4o è la sua modesta mobilità: è una macchina che non effe4ua considerevoli spostamen2 mentre lavora (l’operazione di trasporto del materiale scavato è affidata ai dumpers). Da ciò deriva la bassa usura di cingoli o pneuma2ci.
Escavatore
L’escavatore può essere gommato o cingolato. Nel primo caso è più piccolo, dotato di maggior velocità di traslazione e può muoversi solo su terreni resisten2. L’escavatore cingolato può avere dimensioni maggiori ed è in grado di muoversi su terreni molto accidenta2 o con bassa portanza, grazie alla bassa pressione esercitata dai cingoli (0,3-‐1,5 kg/cm2); tu4avia la velocità di traslazione è molto bassa.
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Escavatore
Il sistema di comando può essere a funi o idraulico. Gli escavatori equipaggia2 con il sistema idraulico sono in grado di esercitare sforzi di spinta oltre che di 2ro. L’a4rezzatura di scavo è cos2tuita da un braccio base, incernierato sulla torre4a, da un secondo braccio, de4o braccio di scavo, incernierato al braccio base, e da un a4rezzo finale incernierato al braccio di scavo.
Escavatore
I gruppi meccanici fondamentali che cos2tuiscono un escavatore idraulico sono: • MACCHINA BASE: CARRO + TORRETTA Il carro è la parte su cui sono monta2 i cingoli (il suo peso e le dimensioni determinano la stabilità della macchina). Ad esso è collegata la torre4a, tramite una corona che ne consente la rotazione rela2va (ad eccezione dell’azione che fa ruotare la torre4a rispe4o carro, tu4e le altre azioni sono di 2po idraulico). Nella torre4a si trovano: il motore idraulico (responsabile dell’azionamento del braccio) e la cabina dell’operatore (insonorizzata).
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Escavatore
I gruppi meccanici fondamentali che cos2tuiscono un escavatore idraulico sono: • MACCHINA BASE: CARRO + TORRETTA
Escavatore
ATTREZZATURA DI SCAVO -‐ BRACCIO BASE : MONOCORPO (massima potenza) DUE PEZZI (maggiore versa2lità) -‐ BRACCIO DI SCAVO (AVAMBRACCIO O STICK): EXTRALUNGO LUNGO STANDARD CORTO (massima forza di penetrazione)
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Escavatore
ATTREZZATURA DI SCAVO -‐ ATTREZZO FINALE In base al 2po di lavoro può montare: -‐ BENNA ROVESCIA -‐ BENNA FRONTALE -‐ BENNA MORDENTE -‐ MARTELLO IDRAULICO
Escavatore
Le 2pologie più comuni di benna sono: -‐ benna diri4a, u2lizzata in condizioni normali e ada4a per i lavori al di sopra del piano di appoggio per terre non molto compa4e, ovvero per il caricamento di materiale sciolto;
-‐ benna rovescia, ada4a per i lavori al di so4o del piano di appoggio, quali il taglio delle trincee e la regolarizzazione delle scarpate;
-‐ benna mordente, ada4a per lo scavo di pozzi o per scavi ad elevata profondità;
-‐ benna trascinata, ada4a per operazioni di dragaggio.
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Escavatore
Escavatore a benna frontale o rovescia
Gli escavatori a benna frontale o rovescia possono essere dota2 di due 2pi di benna: a scarico frontale e a scarico di fondo. La macchina base, in relazione alle esigenze di lavoro può essere equipaggiata con: • cucchiaio frontale, ada4o per i lavori al di sopra del piano di appoggio in terre non molto compa4e, ovvero per il caricamento di materiale sciolto;
• cucchiaio rovescio, ada4o per i lavori al di so4o del piano di posa taglio delle trincee e regolarizzazione delle scarpate).
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Escavatore a benna frontale o rovescia
Escavatore a benna frontale o rovescia
Il ciclo di lavoro di tali escavatori è composto da qua4ro fasi : 1. carico della benna, 2. rotazione a pieno carico, 3. scarico della benna, 4. rotazione a vuoto. Il tempo totale di ciclo Tc dell’escavatore dipende dalle dimensioni della macchina e dalle condizioni di lavoro, valori indica2vi in condizioni medie sono riporta2 nella tabella seguente.
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Fasi di lavoro di un escavatore
Escavatore a benna mordente
Gli escavatori a benna mordente sono cos2tui2 da un braccio e da una benna che si muove sulla ver2cale della carrucola di testa del braccio. Un meccanismo fa aprire e chiudere le valve della benna che, aperte, penetrano nel terreno, e chiuse lo imprigionano. Il movimento di sollevamento della benna e quello di rotazione della sovrastru4ura consentono di scaricare il terreno nella posizione voluta. Il sistema di apertura delle valve può essere a funi o a comando idraulico; nel primo caso la forza di penetrazione della benna è legata al peso proprio, per tale mo2vo queste macchine lavorano in terreni di bassa consistenza ed il loro u2lizzo prevalente è negli scavi a sezione obbligata di grande profondità. Gli escavatori a benna mordente con comando di apertura e chiusura idraulico possiedono una forza di penetrazione legata alla potenza dell’impianto idraulico, e quindi sono indicate per scavi in terreni di buona consistenza. Rispe4o alla versione con comando a fune ha però delle limitazioni di impiego: profondità di scavo limitata (fino a 14 m), rido4o raggio di azione.
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Escavatore a benna mordente
Escavatore a benna mordente
Il ciclo di lavoro degli escavatori a benna mordente è composto da 6 fasi: 1. abbassamento della benna a vuoto, 2. carico, 3. sollevamento della benna a pieno carico, 4. rotazione a pieno carico, 5. scarico della benna, 6. rotazione a vuoto.
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Escavatore a benna trascinante
Gli escavatori con benne trascinate sono cos2tui2 da un cavalle4o, da un lungo braccio a traliccio e da una benna che abbassandosi penetra nel terreno e trascinata scava. Il movimento di innalzamento e abbassamento della benna è regolato da una fune di sollevamento, mentre quello di trascinamento è regolato da una fune traente. Questa macchina presenta il vantaggio di avere un largo raggio di azione, ma non è ada4a per terreni duri perché la forza di penetrazione è dovuta alla sola gravità della massa del cucchiaio.
Escavatore a benna trascinante
Il ciclo di lavoro degli escavatori a benna trascinata è composto da 6 fasi: 1. abbassamento della benna fino a che questa non penetri con i suoi den2 nel terreno, 2. Trascinamento a mezzo della fune traente della benna che spostandosi nel terreno, scava e si riempie di terra, 3. sollevamento della benna mediante la fune di sollevamento mentre resta bloccata la fune traente, 4. rotazione a pieno carico, 5. scarico della benna, 6. rotazione a vuoto.
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Fasi di lavoro di un escavatore a benna trascinata
Escavatore
Calcolo della produ:vità oraria degli escavatori La produ:vità dell’escavatore può essere calcolata con le formule: dove: V è il volume a colmo della benna; r è il coefficiente di riempimento benna; s è il coefficiente di rigonfiamento del terreno; Tc è tempo di ciclo.
Pteorica =V !rs!3600TC
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Escavatore
Calcolo della produ:vità oraria degli escavatori Valori indica2 del fa4ore s in funzione del 2po di materiale
Valori indica2 del fa4ore r in funzione del 2po di terreno per benne frontali o rovescie
Terreno vegetale e sabbia argillosa 100 -110 %
Sabbia e iner5 95 -110 %
Argilla dura 80 - 90 %
Roccia molto frantumata 60 -75 %
Roccia poco frantumata 40 -70 %
Escavatore Calcolo della produ:vità oraria delle escavatore Oppure Po4 è la produ:vità in condizioni standard dedo4a da diagrammi generalmente forni2 dal produ4ore [ m3/h], f è il coefficiente di rendimento del can2ere; α è il coefficiente per rotazione torre4a differente da 90°; β è il coefficiente di comparazione benna, diversa dalla benna diri4a da impiegarsi nel caso in cui i tempi di ciclo non siano sta2 computa2 sullo specifico escavatore; γ è il coefficiente di profondità di scavo, diversa dalla profondità o:male;
fPhmP teoricareale ⋅=)/( 3
Preale (m3 / h) = Pott ! f !! !" !#
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Escavatore
Calcolo della produ:vità oraria degli escavatori Valori indica2vi del fa4ore α in funzione dell’angolo di rotazione Valori indica2 del fa4ore β in funzione del 2po di escavatore
Pala meccanica
La pala meccanica, anche de4a pala caricatrice, è un par2colare 2po di tra4ore, montato su ruote o su cingoli e dotato anteriormente di benna con lama tagliente, che svolge funzioni di scavo e trasporto. Le pale cingolate sono lente ed ada4e a brevi distanze di trasporto (fino a 80 m), le gommate, più veloci ed u2lizzabili per maggiori distanze di trasporto (fino a 200 m), si dis2nguono in pale a telaio fisso ed assi sterzan2 (con piccole benne) ed a telaio ar2colato intorno ad uno snodo centrale (con grandi benne).
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Pala meccanica
Cara4eris2che delle pale meccaniche
Pala meccanica
Le pale sono ada4e a differen2 2pi di impiego e possono essere equipaggiate con numerosi 2pi di benna: − benna per impieghi generali; − benna per materiali sciol2; − benna per lo scavo in banco; − benna da roccia; − benna a scarico laterale, par2colarmente indicata per lavorare in spazi ristre:.
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Pala meccanica
Pala caricatrice cingolata
Pala meccanica
Pala meccanica gommata a telaio ar2colato
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Pala meccanica
Per ciò che concerne i movimen2 di carico e scarico le pale caricatrici possono dis2nguersi in: 1. Carico e scarico frontale; 2. Carico anteriore e scarico posteriore (adoperato in galleria); 3. Carico anteriore e scarico laterale
Rappresentazione schema2ca di una pala caricatrice a carico e scarico frontale
Pala meccanica
Per ciò che concerne i movimen2 di carico e scarico le pale caricatrici possono dis2nguersi in: 1. Carico e scarico frontale; 2. Carico anteriore e scarico posteriore (adoperato in galleria); 3. Carico anteriore e scarico laterale
Rappresentazione schema2ca di una pala a carico anteriore e scarico posteriore
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Pala meccanica
Il ciclo di lavoro delle pale caricatrici è composto da 5 fasi: 1. carico (Tc), 2. manovra a pieno carico (Tm), 3. trasporto a pieno carico (Tt1), 4. scarico (Ts ), 5. ritorno a vuoto (Tt2). TC=Td + Tm + Tt1 + Ts+ Tt2 Tempo di ciclo
Pala meccanica
Tempo di carico (Tc): varia in funzione del 2po di materiale • 0.03 minu2 circa per iner2 a pezzatura uniforme • 0.2 minu2 circa per materiale cementato. Tempo di manovra (Tm): è quello necessario ad effe4uare le manovre e i cambi di direzione; 0.22 minu2 circa. I tempi di trasporto e ritorno a vuoto (Tt1 e Tt2 ): dipendono dal peso e dalla potenza della macchina, dalla pendenza longitudinale, dalle condizioni della pista e dalla distanza di trasporto. Tempo di scarico (Ts): dipende dalle dimensioni della zona di scarico varia da 0.02 a 0.1 minu2. Se il rilascio del materiale avviene in dumpers o in autocarri varia da 0.04 a 0.07 minu2.
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Pala meccanica
Il tempo impiegato per eseguire le operazioni di carico, scarico e manovra viene de4o tempo di ciclo base Tb Tb= Tc + Tm + Ts
esso assume un valore medio pari a circa 0.45 ÷0.55 minu2, per le pale gommate, e circa 0.25 ÷0.35 minu2, per le pale caricatrici cingolate).
Pala meccanica
Il tempo di ciclo base medio viene corre4o tenendo conto di alcuni fa4ori:
Incremento del tempo medio del ciclo base in funzione di vari fa4ori
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Pala meccanica Il tempo di trasporto viene valutato in funzione della distanza e delle resistenze totali al moto, espresse come pendenza equivalente, queste ul2me somma delle resistenze dovute alla pendenza longitudinale della pista e delle resistenze aggiun2ve (p.e. pendenza 8% resistenze al rotolamento 20 N/kN equivalen2 ad una pendenza del 2% si ha una pendenza equivalente 10%).
Pala meccanica
Il tempo di trasporto di una pala cingolata è l’80% in più rispe4o al tempo di trasporto di una pala gommata. Il tempo di ciclo complessivo della pala cingolata è il 20% in più rispe4o a quello della pala gommata.
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Pala meccanica
Calcolo della produ:vità oraria delle pale meccaniche La produ:vità della pala può essere calcolata con le formule:
dove: V: è il volume a colmo della benna; r: è il coefficiente di riempimento benna; s: è il coefficiente di rigonfiamento del terreno; Tc: è il tempo di ciclo (espresso in secondi).
Cteorica Ts
rVhmP 3600)/( 3 ⋅⋅=
Pala meccanica
Calcolo della produ:vità oraria delle pale meccaniche Valori del fa4ore r in funzione del 2po di terreno per benne frontali o rovescie
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Pala meccanica
Calcolo della produ:vità oraria delle pale meccaniche Diagramma 2po per la determinazione del volume reale al colmo di un a benna
Pala meccanica
Calcolo della produ:vità oraria delle pale meccaniche Oppure Po4 è la produ:vità in condizioni standard dedo4a da diagrammi generalmente forni2 dal produ4ore [ m3/h], f: è il coefficiente di rendimento del can2ere; δ è il coefficiente corre:vo per tenere conto di tempi di ciclo diversi da quelli ideali (i.e. δ=tempo di ciclo teorico/tempo di ciclo reale);
fPhmP teoricareale ⋅=)/( 3
δ⋅⋅= fPhmP ottreale )/( 3
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Apripista
Con la denominazione di apripista vengono catalogate un ampio gruppo di macchine che compiono il lavoro di scavo, per mezzo di una lama posta anteriormente, e quello di trasporto (distanze < 80÷100 m), a4raverso il trascinamento del materiale con l’ausilio della medesima lama. Queste macchine sono cos2tuite da un tra4ore, cingolato o gommato, dotato anteriormente di una lama metallica, e dagli organi necessari al comando di quest’ul2ma. La lama ha una sagoma concava, studiata per aumentarne il rendimento, col bordo inferiore tagliente, ed è collegata al tra4ore a4raverso due robus2 bracci, che in posizione di riposo la tengono sollevata e che trasme4ono alla lama la spinta generata dal tra4ore. Il sistema di comando dei bracci può essere sia di 2po meccanico che idraulico, quest’ul2mo risulta essere quello più impiegato.
Apripista
Gli apripista richiedono tra4ori poten2, dota2 di o:ma aderenza al suolo, per tale ragione essi sono usualmente dota2 di cingoli. Quando le operazioni vengono eseguite su terre sciolte possono però essere impiega2 tra4ori gomma2, i quali presentano il vantaggio di avere più elevate velocità di traslazione, sopra4u4o durante la fase di ritorno a vuoto, e quindi sono par2colarmente indica2 per lunghezze di trasporto elevate.
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Apripista
Fondamentalmente, i lavori stradali realizzabili con l’apripista sono: -‐ ro4ura e asportazione dello strato superficiale, con accumulo del riporto;
-‐ apertura di trincee e formazione di scarpate; -‐ apertura di tracce a mezzacosta; -‐ formazione di rileva2; -‐ in aiuto ad altre macchine.
Apripista
A seconda dell’inclinazione che può assumere la lama gli apripista si dis2nguono in: − bull-‐dozer, con lama perpendicolare alla direzione del moto; − angle-‐dozer, con lama che può ruotare (30°) a4orno ad un asse ver2cale ed una forma tale da favorire il convogliamento laterale del materiale trasportato;
− 2lt-‐dozer, con lama che può ruotare intorno (15°) ad un asse orizzontale.
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Apripista
Dozer cingolato
Apripista
I bulldozer sono i più impiega2, servono per apertura di tracce stradali e per operazioni di livellamento; gli angle-‐dozer sono macchine ada4e per lo scavo e lo spostamento contemporaneo del terreno lateralmente alla dire4rice del moto, esse sono par2colarmente indicate la realizzazione di sezioni a mezza costa. I 2lt-‐dozer hanno la possibilità di a4accare il terreno con una estremità e quindi di realizzare scavi a V, sono meno diffusi degli altri due 2pi di apripista prima menziona2, essi si prestano alla realizzazione di piani inclina2, per scavare scoline longitudinali, smuovere terreno molto duro (perme4e di concentrare tu4o lo sforzo che la macchina può compiere su una estremità della lama).
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Apripista
Cara4eris2che gli apripista Schema2zzazione di un apripista gommato
Apripista
Apripista cingola2 e par2colare della rotazione della lama rispe4o ad un asse orizzontale
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Apripista
Tipi di lame
Apripista
Il ciclo di lavoro degli apripista è composto da 5 fasi: 1. scavo e trasporto (Td), 2. ammasso del terreno (Ts), 3. cambio di direzione (Tc), 4. ritorno a vuoto (Tr), 5. cambio di direzione abbassamento lama (TL),
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Apripista Il tempo di ciclo sarà pertanto dato da: TC= (Lc / v1) + (Lp / v2) + [(Lc + Lp)/ v3] + To + Tm + 2 Tp dove Lc è la lunghezza del tra4o che si percorre in posizione di taglio (6 ÷ 15 m); Lp è la lunghezza del tra4o che si percorre in posizione di solo trasporto; v1 è la velocità durante lo scavo, funzione della profondità di scavo h, delle cara4eris2che della lama, della densità del terreno e della potenza della macchina (andrebbe determinata nelle reali condizioni di massima pari a 0.4 ÷ 0.5 m/sec), v2 è la velocità durante il trasporto (0.9 ÷ 1.0 m/sec), v3 è la velocità di ritorno a vuoto (1.1 ÷ 2.2 m/sec), To è il tempo necessario per abbassare la lama (1 ÷ 2 sec), Tm è il tempo necessario per i cambi di velocità (4 ÷ 5 sec), Tp è il tempo necessario per i cambi di direzione alla fine del tra4o di scavo e trasporto e prima di riprendere la posizione di lavoro (≈10 per ciscun cambio).
Apripista La lunghezza Lc è quella che consente di accumulare sulla lama dell’apripista il volume massimo Vf di terreno consen2to (fornito dal costru4ore della macchina), essa è funzione di numerosi fa4ori mol2 dei quali possono essere determina2 in maniera esa4a solo in seguito ad osservazioni di cara4ere sperimentale. Tale lunghezza può essere suddivisa in due par2: la lunghezza L’c necessaria a far penetrare la lama alla profondità h (posto generalmente pari a 0.1 x Lc), la lunghezza L’’c con altezza di scavo pra2camente costante. Lc = L’c + L’’c = 0.1 * Lc + Vf / A = (1/ 0.9) Vf / A dove A è l’area della sezione di scavo (h * B dove B è la larghezza della lama).
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Apripista Calcolo della produ:vità oraria degli apripista La produ:vità dell’apripista può essere calcolata con le formule: dove: Vf è il volume massimo trasportabile dall'apripista, fornito dalla casa costru4rice; r è il coefficiente di riempimento; s è il coefficiente di rigonfiamento del terreno; Tc è il tempo di ciclo pari a tempo di scavo + tempo di trasporto + tempo di ritorno a vuoto + perditempo per il taglio del terreno + tempo di cambio direzione + tempo di cambio marcia (L1/V1+L2/V2+L3/V3+To+Tm+2Tp); kgr è l’effe4o della pendenza;
grC
fteorica kTs
rVP ⋅⋅⋅=3600
Apripista Calcolo della produ:vità oraria delle apripista Oppure Po4 è la produ:vità in condizioni standard dedo4a da diagrammi generalmente forni2 dal produ4ore [ m3/h], f: è il coefficiente di rendimento del can2ere; δ è il coefficiente corre:vo per tenere conto di tempi di ciclo diversi da quelli ideali (i.e. δ=tempo di ciclo teorico/tempo di ciclo reale); Per il calcolo della produ:vità o:male o teorica si può fare riferimento ad abachi forni2 dal produ4ore che forniscono Po4 in funzione della distanza totale per una predeterminata distanza di scavo Lc.
fPhmP teoricareale ⋅=)/( 3
δ⋅⋅= fPhmP ottreale )/( 3
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Apripista
Valori indica2vi dei coefficien2 corre:vi che concorrono alla valutazione del coefficiente globale δ in funzione di vari fa4ori.
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CORSO DI:
TECNICA DEI LAVORI STRADALI E SICUREZZA DEI CANTIERI
MACCHINE PER IL MOVIMENTO
TERRA (parte 2°) Ing. Natalia Distefano
Università degli Studi di Catania Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale
Ruspa
La ruspa, o scraper, è una macchina cos2tuita da due elemen2 principali: il tra7ore, parte anteriore del veicolo comprendente cabina motore e trasmissione, e lo scraper, parte posteriore comprendente cassone e collegamento (de7o collo di cigno). La ruspa svolge la funzione di scavo, trasporto e stesa del materiale ed è ada7a per terreni di scarsa consistenza e grossi volumi da tra7are. Il suo u2lizzo è par2colarmente indicato per distanze di trasporto variabili tra i 100 e i 3.000 metri. Lo scavo del terreno e il riempimento del cassone avvengono durante il movimento della macchina per l’azione della lama che affonda nel terreno e, per la sua inclinazione, consente al materiale scavato di salire nel cassone.
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Ruspa
A riempimento avvenuto la lama viene sollevata in modo che, funzionando da fondo del cassone, ne provochi la chiusura. La fase di lavoro successiva è il trasporto del materiale sino alla zona di scarico. Lo scarico avviene in movimento abbassando la lama in modo da provocare un’apertura nel fondo del cassone, ed azionando un eie7ore che spinge il terreno verso l’apertura. Si possono dis2nguere tre 2pologie principali di ruspe: 1. standard; 2. bimotore, in grado di lavorare su pista in caJve condizioni; 3. autocaricante, dotato di un sistema di caricamento a pale che consente di lavorare senza pusher e che lo rende par2colarmente ada7o in terreni compaJ.
Ruspa
Lo scraper standard è cos2tuito dai seguen2 elemen2: • Il cassone che viene abbassato fino a penetrare nel terreno per 15÷30 cm, e che quindi opera effeJvamente lo scavo per stra2 successivi, esso è dotato di un tagliente composto da elemen2 di acciaio indurito, adaJ a resistere all’usura e generalmente sos2tuibili;
• Il grembiule cos2tuisce la chiusura del cassone e serve a consen2re il carico, la chiusura è o7enuta per gravità e per spinta di cilindri idraulici;
• L’eie.ore serve a scaricare completamente e rapidamente il cassone, esso spinge fuori il terreno ed alla fine dell’operazione torna in posizione di riposo.
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Ruspa
Lo scraper bimotore è simile a quello standard per quanto concerne il sistema di carico e scarico, ma è dotato di un secondo motore, e quindi di una maggiore potenza, che gli perme7e di lavorare su piste in caJve condizioni, mantenendo una buona produzione. Lo scraper autocaricante si differenzia dallo standard principalmente per il sistema di carico cos2tuito da un elevatore a pale7e associato al tagliente. Lo scarico avviene facendo sli7are indietro il fondo del cassone per circa la metà della sua lunghezza ed azionando l’eie7ore in avan2 fino al tagliente. L’u2lizzo di tale 2po di ruspa è par2colarmente indicato in terreni compaJ.
Ruspa
Le procedure di lavoro della ruspa si dis2nguono in: Push-‐loading , push-‐pull. Push-‐loading è un metodo u2lizzato principalmente con una versione standard dello scraper dotata posteriormente di un blocco di spinta, sul quale contrasta un bulldozer a7rezzato con una lama molto robusta. L’apripista, che lavora come pusher, esercita la sua azione di spinta solo durante la fase di carico; pertanto può servire più ruspe che lavorano in parallelo (da 3 a 5 ruspe). La regola generale impiegata per valutare il numero di scraper servi2 da un pusher, è la seguente: N = tempo di ciclo dello scraper / tempo di ciclo del pusher
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Ruspa
La potenza del bulldozer da u2lizzare come pusher dipende dalla capacità dello scraper e dalla resistenza del terreno; a volte la potenza necessaria è tale da richiedere anche più di un pusher. Sebbene sia possibile raggiungere elevate produJvità, i cos2 eleva2 di tale sistema ne limitano l’u2lizzo alle grandi opere. Il Push-‐pull è un metodo che prevede l’impiego di due ruspe bimotori che si aiutano nelle operazioni di carico senza dover u2lizzare un pusher. La ruspa posteriore spinge quella anteriore durante la fase di carico. Completata questa fase, la ruspa anteriore 2ra la posteriore fino al carico completo. Tale metodo è molto efficace nel caso di terreni molto duri. Talvolta, in terreni par2colarmente duri, è richiesto l’ausilio di un pusher aggiun2vo persino nel caso si impieghi il metodo del push-‐pull.
Calcolo della produzione oraria delle Ruspe
La produJvità delle e ruspe può essere calcolata con le formule: Vf è la capacità al colmo del cassone, r è il coefficiente di riempimento (vedi Tabella), s è il coefficiente di rigonfiamento del terreno (vedi Tabella),
Cfteorica TsrVP 3600⋅⋅=
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Calcolo della produzione oraria delle Ruspe
Valori indica2vi del coefficien2 riempimento del cassone “r” in funzione del 2po di terreno e delle modalità di esecuzione.
Calcolo della produzione oraria delle Ruspe
Valori indica2vi del coefficien2 rigonfiamento del terreno “s” in funzione del 2po di terreno e del contenuto di umidità.
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Calcolo della produzione oraria delle Ruspe
Il tempo di ciclo di lavoro delle ruspe può essere valutato a7raverso la seguente relazione: TC= (La / va) + (Lb / vb) + (Lc / vc) + (Ld / vd) + Tn + 2 Tm dove La è la lunghezza del tra7o che si percorre in posizione di carico [m], Lb è la distanza di trsporto del terreno [m], Lc è la lunghezza del tra7o di scarico [m], Ld è la distanza percorsa dalla ruspa a vuoto [m], va è la velocità durante la fase di carico [m/sec], vb è la velocità durante il trasporto [m/sec], vc è la velocità durante la fase di scarico [m/sec], vd è la velocità durante la fase di ritorno a vuoto [m/sec], Tn è il tempo necessario per il cambio di marcia (≈ 6 sec), Tm è il tempo necessario alla ruspa per girare su se stessa (15 ÷ 20 sec),
Calcolo della produzione oraria delle Ruspe
I tempi di trasporto e di ritorno a vuoto possono essere determina2 facendo riferimento ai diagrammi (curve del 2ro) cara7eris2ci di ogni macchina forni2 per le due condizioni moto a pieno carico e moto a vuoto.
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Calcolo della produzione oraria delle Ruspe
Le distanze di carico e scarico possono essere valutate a7raverso le seguen2 espressioni: La = l1 + ( Vf * r * Kc )/ (B * h1 * α * s) Lc = l1 + ( Vf * r )/ (B * h2 * α ) dove Vf è la capacità a colmo del cassone [m3] B è la larghezza del cassone [m], h1 è la profondità di scavo [m], h2 è l’apertura del cassone durante la fase di scarico [m], l1 è la lunghezza totale della macchina [m], α è il coefficiuente che 2ene conto della non uniformità delle pezzature del terreno ((≈ 0.7), r è il coefficiente di riempimento del cassone, s è il coefficiente di rigonfiamento del terreno, Kc è il coefficiente che 2ene conto del terreno perso durante la formazione del prisma di terreno in corrispondenza del tagliente.
Calcolo della produzione oraria delle Ruspe
La velocità di carico e scarico non sono di facile determinazione, infaJ esse variano al variare del contenuto di terrene del cassone, della compa7ezza del terreno (scavo) e della potenza di un eventuale tra7ore di spinta; valori indica2vi di sono: va = (0.65 ÷ 0.80) * vI vc = vI + 0.75 * vmax
dove vI è la velocità del tra7ore in 1° marcia [m/sec], vmax è la velocità del tra7ore in ul2ma marcia [m/sec], I tempi di carico, e quello di scarico e manovra, possono essere anche valuta2 in base alle informazioni fornite dal produ7ore della ruspa, e assumono generalmente i valori di seguito indica2: (La / va) = 0.5 ÷ 1.00 minu2 (Lc / vc) + 2 Tm = 0.6 ÷ 0.70 minu2.
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Calcolo della produzione oraria delle Ruspe Oppure Po7 è la produJvità in condizioni standard dedo7a da diagrammi generalmente forni2 dal produ7ore [ m3/h], f: è il coefficiente di rendimento del can2ere; δ è il coefficiente correJvo per tenere conto di tempi di ciclo diversi da quelli ideali (i.e. δ=tempo di ciclo teorico/tempo di ciclo reale).
fPhmP teoricareale ⋅=)/( 3
δ⋅⋅= fPhmP ottreale )/( 3
Livellatrice
La livellatrice o grader è cos2tuita da una lama portata da un telaio a ponte, poggiante anteriormente su di un asse a ruote dire7rici e posteriormente su uno o due assi motori. La lama, sistemata al centro del telaio, può ruotare a7orno ad un asse ver2cale di 360°. Il telaio può essere rigido oppure ar2colato. A7ualmente vi è la tendenza generalizzata ad ado7are il telaio ar2colato, che migliora notevolmente le prestazioni della macchina. La livellatrice può essere impiegata in una vasta gamma di operazioni: − asportazione dello strato superficiale di terra vegetale; − spostamento laterale del terreno mosso dalle scarifica2ci (rippers); − stesa e livellamento del terreno; − profilatura scarpate; − scavo di fossi.
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Livellatrice
Livellatrice vista dall’alto (angolo di inclinazione della lama)
Livellatrice
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Livellatrice
In relazione alla 2pologia di impiego possono essere ado7a2 differen2 sistemi di sterzatura: − a telaio diri.o, u2lizzato sopra7u7o nei lavori di rifinitura; − a telaio ar6colato, usato per o7enere un più alto gradi di manovrabilità intorno ad ostacoli e per livellare in curva e in banchina; − a passo di granchio, ovvero con le ruote anteriori che viaggiano nella stessa direzione di quelle posteriori mentre la macchina procede a telaio ar2colato, (questo metodo consente una maggiore efficienza opera2va della lama, aumenta la visibilità e perme7e di eseguire lavori a mezza costa in condizioni di maggiore efficienza).
Livellatrice
L’ar2colazione perme7e quindi: • nel riempimento di scavi di spingere il materiale nello scavo e di compa7arlo con le ruote posteriori in una sola passata; • di profilare le scarpate formate da materiali piu7osto resisten2, mantenendo le ruote traen2 su un piano che offre maggiore aderenza. Le ruote dell’asse anteriore di una livellatrice ar2colata possono inoltre viaggiare su piani a differente quota e assumere un’inclinazione rispe7o alla ver2cale, assicurando in tal modo alle ruote sterzan2 la massima aderenza anche quando il terreno è molto accidentato.
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Livellatrice
U2lizzo: • spostamento del materiale per brevi distanze; • spandimento e livellamento del terreno; • costruzione di cumuli regolari; • sagomatura scarpate; • miscelazione del terreno nel procedimento di stabilizzazione con • calce; • profilatura fossi; • manutenzione piste di lavoro; • rifinitura dopo il passaggio del bulldozer.
Calcolo della produzione oraria delle Livellatrici
La produJvità può essere misurata in funzione della natura delle operazioni da compiere: − volume di terreno tagliato (m3/h); − area livellata (m2/h); − lunghezza della pista profilata (m/h).
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Calcolo della produzione oraria delle Livellatrici
Nel caso di aree da livellare la seguente formula fornisce un modo pra2co per valutare la produJvità: dove: A è l’area opera2va della sezione di terreno (mq) A= (Le – Lo)*v*1000 Le = L *cos γ [m] L è la lunghezza della lama [m] Lo è la larghezza di sovrapposizione di due passate successive [m] v è la velocità [km/h] f è il coefficiente di rendimento; N è il numero di passate necessarie.
NfAPreale⋅
=
Calcolo della produzione oraria delle Livellatrici
Se la macchina deve realizzare solo il livellamento del terreno, la produzione può essere valutata u2lizzando la seguente espressione: P = (1000 V*media η)/n [m/h] con: n = numero di passate = (lpista / lpassate) n’; V*media= [V1a passata + V passate successive (n−1) + VR n’] / 2n’; n’ =1÷2; η = rendimento, pari a circa 0.75÷0.85. In genere, può assumersi: -‐ V1a passata = 5÷6 km/h; -‐ V passate successive = 9÷10 km/h. La lunghezza delle passate dipende dalla 2pologia della lama che monta la macchina; può considerarsi pari al 90% della larghezza della lama.
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Calcolo della produzione oraria delle Livellatrici
Se, invece, oltre il livellamento è prevista anche la stesa, la produzione vale: P = (1000 h l V η) / n [m3/ora] con: h = altezza strato [m], generalmente è circa 0.4÷0.5 m; l = lunghezza della passata [m]; V = velocità media [km/h]; n = numero di passate (2÷4).
Macchine cos2pan2
L’azione di cos2pamento consiste nell’aumentare la densità del materiale (sciolto o legato) con riduzione dei vuo2 ed espulsione di gas ed aria. Le macchine cos2pan2 forniscono l’energia necessaria all’addensamento esplicando azione di pressione, urto, vibrazione e manipolazione (terreni coesivi). L’energia cos2pante può essere fornita mediante azione sta2ca, dovuta al peso proprio del mezzo, o dinamica, ossia azione di urto e vibrazione impressa dal peso proprio del mezzo associato ad un eccentrico. A seconda del prevalere di una delle due 2pologie di azione i rulli si dis2nguono in sta2ci e dinamici.
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Macchine cos2pan2
Rulli sta2ci Ruote metalliche: esplicano azione superficiale, si usano per la chiusura di stra2 già cos2pa2, solitamente per stra2 in conglomerato bituminoso (P/L <30 kg/cm rulli leggeri, P/L > 60 kg/cm rulli pesan2). Ruote gommate: esplicano un'azione manipolatrice ed in funzione della pressione di gonfiaggio dei pneuma2ci esplicano un'azione più o meno superficiale, adaJ per i terreni incoeren2 (Q<2,5 T rulli leggeri, Q>6 T rulli pesan2ssimi). Piedi cos6pan6: adaJ ai terreni coesivi dove esplicano un'azione puntuale in grado di rompere i legami coesivi tra i granuli.
Macchine cos2pan2
Rullo a zoccoli cos2pan2
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Macchine cos2pan2
Rulli dinamici Sono rulli lisci o gomma2 dota2 di due masse eccentriche ruotan2 in verso opposto la cui azione orizzontale si annulla (Q/L < 15 kg/cm rulli leggeri, Q/L > 45 kg/cm rulli pesan2ssimi). In via indica2va si può dire che un rullo vibrante da 4 T equivale ad un rullo sta2co da 20 T. La scelta del 2po di rullo da impiegare dipende da vari fa7ori, tra i quali i principali sono: 2po di materiale che si deve cos2pare, grado di finitura dello strato superficiale, spessore dello strato.
Macchine cos2pan2
Rullo vibrante liscio a singolo cilindro
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Macchine cos2pan2
Calcolo della produzione oraria dei cos2patori
La produJvità dei rulli può essere calcolata con la formula: dove: L è la larghezza del rullo [m], B è la larghezza della fascia di sovrapposizione [m], s è lo spessore del tra7o cos2pato (m); f è il coefficiente di rendimento; v è la velocità di lavoro del rullo (m/sec); p è il numero delle passate necessarie.
( )p
svBLPteorica3600⋅⋅⋅−=
fPP teoricareale ⋅=
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CORSO DI: TECNICA DEI LAVORI STRADALI
E SICUREZZA DEI CANTIERI IMPATTO AMBIENTALE ED
OPERE DI MITIGAZIONE NELLA FASE DI CANTIERIZZAZIONE
STRADALE
Prof. Salvatore Leonardi
Università degli Studi di Catania Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale
INTRODUZIONE Gli impatti sull'ambiente e sull’assetto territoriale che possono derivare dalla realizzazione di tracciati stradali o autostradali sono generalmente di due tipi: Ø diretti: sono gli impatti immediatamente riconducibili alla costruzione o al funzionamento della nuova infrastruttura (come, ad esempio, l'inquinamento acustico o atmosferico, gli impatti sull'assetto paesaggistico, le polveri prodotte nelle fasi di cantiere, etc.).
Ø indiretti: sono gli effetti che, pur non immediatamente riconducibili alla costruzione della infrastruttura, sono però da questa generati. Questi impatti si possono ricondurre agli effetti prevalentemente di carattere urbanistico territoriale derivanti dalla maggiore accessibilità delle aree servite dalle nuove infrastrutture.
Nel caso dei cantieri stradali occorre considerare esclusivamente gli effetti diretti.
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VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) La Valutazione di Impatto Ambientale si può deQinire come una procedura tecnico-‐amministrativa, costituita da un complesso di decisioni politiche, procedure istituzionali e procedure tecniche che permettono di arrivare ad una decisione di accettabilità ambientale, o non accettabilità, dell’opera in esame. La VIA è essenzialmente uno strumento di aiuto alla decisione orientato ad assicurare che i fattori ambientali, connessi al progetto in via diretta ed indiretta, vengano presi in considerazione e valutati da commissioni competenti. Il suo scopo è di assicurare che le decisioni siano prese sulla base di una conoscenza informata delle conseguenze ambientali, che tale informazione sia discussa e che sulla decisione sia garantita l'espressione di un adeguato livello di governo
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) La VIA è stata introdotta, in Italia, con la legge 349/86, il cui art. 6 ha segnato “l’istituzione del Ministero dell’ambiente e di norme in materia di danno ambientale”. Con tale legge è stata recepita, seppur parzialmente, la Direttiva del Consiglio 337/85/CEE. A questo è succeduto un Decreto attuativo del Presidente del Consiglio, il DPCM n. 377 del 10 agosto 1988 che ha individuato le categorie di opere soggette a pronuncia di compatibilità ambientale, cioè: Ø rafQinerie, centrali termiche e nucleari, acciaierie, impianti di stoccaggio di residui radioattivi, elettrodotti, oleodotti, impianti termoelettrici , impianti chimici , porti commerciali, impianti di eliminazione dei riQiuti tossici e nocivi, etc.;
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VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) La VIA è stata introdotta, in Italia, con la legge 349/86, il cui art. 6 ha segnato “l’istituzione del Ministero dell’ambiente e di norme in materia di danno ambientale”. Con tale legge è stata recepita, seppur parzialmente, la Direttiva del Consiglio 337/85/CEE. A questo è succeduto un Decreto attuativo del Presidente del Consiglio, il DPCM n. 377 del 10 agosto 1988 che ha individuato le categorie di opere soggette a pronuncia di compatibilità ambientale, cioè: Ø tronchi ferroviari per il traf6ico a grande distanza nonché aeroporti con piste di atterraggio superiori a 1500 m di lunghezza; autostrade e strade o tratti di esse, accessibili solo attraverso svincoli o intersezioni controllate e sulle quali sono vietati tra l'altro l'arresto e la sosta di autoveicoli; strade extraurbane, o tratti di esse, a 4 o più corsie o raddrizzamento e/o allargamento di strade esistenti a 2 corsie al massimo per renderle a 4 o più corsie.
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) Per le categorie di opere suddette, occorre considerare le seguenti nove componenti ambientali: 1) atmosfera; 2) ambiente idrico (acque sotterranee e superQiciali,
dolci, salmastre e marine); 3) suolo e sottosuolo; 4) vegetazione, Qlora, fauna; 5) ecosistemi (sistemi unitari e identiQicabili -‐ quali un
lago, un bosco, un Qiume, il mare -‐ per propria struttura, funzionamento ed evoluzione temporale;
6) salute pubblica (individui e comunità); 7) rumore e vibrazioni; 8) radiazioni ionizzanti e non ionizzanti; 9) paesaggio (aspetti morfologici e culturali).
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VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) Il DPCM n. 377 del 10/08/1988 trova esplicitazione operativa nel successivo DPCM del 27 dicembre 1988 che individua le norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità per le sole opere a rilevanza nazionale. Si sono deQinite, così, le Qinalità dell’istruttoria e le modalità tecniche di partecipazione compresa la documentazione che il proponente è tenuto ad allegare alla domanda di compatibilità ambientale da inoltrare ai Ministeri competenti (Ministero dell’Ambiente, Ministero per i Beni Culturali) e alla Regione interessata. Queste sono: Ø lo studio di impatto ambientale articolato secondo i quadri di riferimento (programmatico, progettuale e ambientale), ivi comprese le caratterizzazioni e le analisi;
Ø gli elaborati di progetto; Ø una sintesi non tecnica destinata all'informazione al pubblico, con allegati graQici di agevole riproduzione;
Ø la documentazione attestante l'avvenuta pubblicazione.
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) Il recepimento completo della normativa comunitaria è avvenuto solo con l’emanazione del DPR 12 aprile 1996 col quale si sono emanate le direttive per l’applicazione delle procedure di impatto ambientale da parte delle Regioni (comprese quelle autonome) e delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Ulteriori variazioni normative sono state apportate da altre leggi emanate negli anni successivi, le quali hanno delineato un quadro normativo attualmente regolato da circa 110 dispositivi: da qui la necessità di un’omogeneizzazione legislativa atta a condurre ad una totale trasparenza sulla materia. In questa direzione si è orientata la stesura del DL 152 del 3 aprile 2006, noto come Testo Unico in materia Ambientale (TUA), in particolare nella Parte II al Titolo III denominato: “Procedure per la VAS, la VIA e per l’IPPC (Prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento -‐ Integrated Pollution Prevention and Control)”.
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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Lo Studio di Impatto Ambientale, costituisce il documento tecnico scientiQico della VIA, realizzato dal proponente il progetto, contenente l’insieme degli studi e ricerche di settore svolte dagli esperti prescelti dal proponente, necessari alla valutazione di impatto connesso alla costruzione ed all’esercizio delle attività del progetto stesso. Consiste in un documento interdisciplinare articolato secondo tre quadri di riferimento: Ø quadro di riferimento programmatico: deve fornire tutti gli
elementi conoscitivi sulle relazioni esistenti tra l’opera progettata e gli atti di pianiQicazione e programmazione territoriale e settoriale;
Ø quadro di riferimento progettuale: deve descrivere il progetto, il suo inquadramento territoriale e le soluzioni applicabili a seguito degli studi effettuati;
Ø quadro di riferimento ambientale: deve essere redatto sulla base di criteri descrittivi, analitici e revisionali. In particolare deve considerare le componenti naturalistiche ed antropiche e le loro interazioni con il sistema ambientale.
QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO Il quadro di riferimento programmatico comprende: a) la descrizione del progetto in relazione agli stati di
attuazione degli strumenti pianiQicatori, di settore e territoriali, nei quali è inquadrabile il progetto stesso; per le opere pubbliche sono precisate le eventuali priorità ivi predeterminate;
b) la descrizione dei rapporti di coerenza del progetto con gli obiettivi perseguiti dagli strumenti pianiQicatori, evidenziando, con riguardo all'area interessata: • le eventuali modiQicazioni intervenute con riguardo alle ipotesi di sviluppo assunte a base delle pianiQicazioni; • l'indicazione degli interventi connessi, complementari o a servizio rispetto a quello proposto, con le eventuali previsioni temporali di realizzazione; • l'indicazione dei tempi di attuazione dell'intervento e delle eventuali infrastrutture a servizio e complementari.
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QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO Con speciQico riferimento alle infrastrutture di trasporto, occorre precisare come le pianiQicazioni di settore abbiano una gerarchia ben precisa. A monte di tutto esiste il Piano Generale dei Trasporti che è un documento quadro di indirizzo entro cui si inseriscono sia i piani più operativi di agenzia (ANAS, Ferrovie, Aeroporti, etc.) che i Piani Regionali di Trasporto. Il concetto di correlazione deve avere in questo caso una valenza che va al di là della presenza o meno dell’opera nei piani; si tratta infatti di veriQicare che gli obiettivi che ci si preQigge di raggiungere siano congruenti con le linee di tendenza dei piani. Accade sovente infatti che l’infrastruttura in argomento sia soltanto una tratta di un più ampio itinerario indicato nei piani. Se da un lato appare giustiQicabile per motivazioni di ordine Qinanziario una procedura per tratte (che in Italia è quasi la norma), non è detto che la dinamica Qinanziaria coincida con quella trasportistica (caso molto frequente).
QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO È necessario insistere su questo argomento data la frequenza di casi del genere in Italia. Bisogna uscire dall’equivoco di dichiarare coerente con i piani un’opera che lo è solo in parte. La compatibilità di una tratta è cosa ben diversa da quella dell’intero itinerario. Occorre analizzare a fondo i piani Qinanziari di supporto, la congruenza delle tempistiche realizzative, la logica funzionale della rete per stadi successivi, tenendo ben presente che il territorio non è un entità statica nel tempo, ma al contrario si evolve continuamente. In questo contesto si inserisce l’altro ambito di pianiQicazione che è quello territoriale a scala regionale, provinciale, comunale, comprensoriale, etc. A questo punto il quesito non è più solo se e quando fare l’infrastruttura, ma anche “come” e “dove” farla.
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QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE Il quadro di riferimento progettuale descrive il progetto e le soluzioni adottate a seguito degli studi effettuati, nonché l'inquadramento nel territorio, inteso come sito e come area vasta interessati. Esso consta di due distinte parti, la prima delle quali esplicita le motivazioni assunte dal proponente nella deQinizione del progetto; la seconda concorre al giudizio di compatibilità ambientale e descrive le motivazioni tecniche delle scelte progettuali, nonché misure, provvedimenti ed interventi, anche non strettamente riferibili al progetto, che il proponente ritiene opportuno adottare ai Qini del migliore inserimento dell'opera nell'ambiente, fermo restando che il giudizio di compatibilità ambientale non ha ad oggetto la conformità dell'opera agli strumenti di pianiQicazione, ai vincoli, alle servitù ed alla normativa tecnica che ne regola la realizzazione.
QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE Già nel quadro di riferimento progettuale, si richiede quindi all’ingegnere progettista di motivare le scelte di progetto mettendo in conto tutte le informazioni al contorno direttamente ed indirettamente legate all’ambiente; in tale ambito viene anche richiesto l’approfondimento di un tema progettuale, che in passato era rimandato alle fasi successive, quale quello relativo alla cantierizzazione. Si è capito infatti che per le infrastrutture lineari di trasporto è proprio questa la fase in cui si rischiano i maggiori danni ambientali. Di conseguenza le Norme in materia di impatto ambientale hanno voluto che se ne anticipasse lo studio alla fase del progetto preliminare. È evidente infatti che non essendo il tracciato una linea ma un insieme di opere realizzate in grandissima parte con materiali di origine naturale, assume importanza preponderante l’ottimizzazione del processo costruttivo e quindi del consumo e/o della trasformazione delle risorse naturali.
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QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE In deQinitiva, con il quadro di riferimento progettuale, viene prospettata una vera e propria progettazione integrata delle infrastrutture lineari di trasporto, la quale fa emergere alcuni fatti di notevole importanza: Ø il progetto preliminare assume un ruolo preminente
nell’iter progettuale dell’opera; Ø le scelte di tracciato sono condizionate dalle interazioni
opera-‐ambiente disaggregate per ogni componente ambientale;
Ø la fase di costruzione e di cantierizzazione ritorna ad essere dirimente Qin dal progetto preliminare, che abbraccia e risolve tutte le problematiche poste in essere dall’opera, lasciando alla fase del progetto esecutivo la messa a punto dei dettagli e la quantizzazione deQinitiva ed accurata delle risorse.
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE La progettazione integrata, di cui si è già parlato, può innescare i meccanismi di un processo di ottimizzazione progettuale che può anche far arrivare al miglior progetto possibile, ma dà anche la consapevolezza che quasi mai ciò è sufQiciente per giustiQicare l’opera così come è. Si tratta di un aspetto assolutamente nuovo per la progettazione delle infrastrutture di trasporto. Fino alla emanazione del DPCM del 27/12/88 qualsiasi progettista avrebbe considerato esaurito il suo ruolo se consapevole di aver redatto il miglior progetto possibile. Quel DPCM ha introdotto il concetto che per le opere elencate (fra cui tutte le ferrovie e le autostrade) ciò non è più sufQiciente. Viene richiesto infatti che, per tutte quelle aree individuate come “critiche”, venga documentato lo stato dell’ambiente ante operam e venga simulato quello post operam. Questa richiesta che ad alcuni è sembrata eccessiva, è in realtà quella che veramente sta contribuendo alla diffusione di una cultura ambientale non solo fra i progettisti ma anche fra i gestori delle infrastrutture già aperte al trafQico.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE In particolare, il quadro di riferimento ambientale: Ø deQinisce l'ambito territoriale e i sistemi ambientali interessati dal progetto, sia direttamente che indirettamente, entro cui è da presumere che possano manifestarsi effetti signiQicativi sulla qualità degli stessi;
Ø descrive i sistemi ambientali interessati, ponendo in evidenza l'eventuale criticità degli equilibri esistenti;
Ø individua le aree, le componenti ed i fattori ambientali e le relazioni tra essi esistenti, che manifestano un carattere di eventuale criticità, al Qine di evidenziare gli approfondimenti di indagine necessari al caso speciQico;
Ø documenta gli usi plurimi previsti delle risorse, la priorità negli usi delle medesime e gli ulteriori usi potenziali coinvolti dalla realizzazione del progetto;
Ø documenta i livelli di qualità preesistenti all'intervento per ciascuna componente ambientale interessata e gli eventuali fenomeni di degrado delle risorse in atto.
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE I risultati delle indagini e delle stime verranno espressi, dal punto di vista metodologico, mediante parametri deQiniti (esplicitando per ognuno di essi il metodo di rilevamento e di elaborazione) che permettano di effettuare confronti signiQicativi tra situazione attuale e situazione prevista. Laddove lo stato dei rilevamenti non consenta una rigorosa conoscenza dei dati per la caratterizzazione dello stato di qualità dell'ambiente, le analisi saranno svolte attraverso apposite rilevazioni e/o l'uso di adeguati modelli previsionali. Potranno anche essere utilizzate esperienze di rilevazione effettuate in fase di controllo di analoghe opere già in esercizio. La caratterizzazione e l'analisi delle componenti ambientali e le relazioni tra esse esistenti riguardano le nove componenti ambientali previste dalla Normativa italiana.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE
Mentre nel precedente quadro di riferimento progettuale le conoscenze specialistiche relative alle componenti ambientali previste nelle Norme avevano esclusivamente una funzione di supporto all’ottimizzazione delle scelte progettuali, nel quadro di riferimento ambientale assumono una valenza autonoma mirata alla deQinizione dello stato dell’ambiente, ognuna per la propria competenza. Da qui la necessità di affrontare con maggior dettaglio le correlazioni fra le infrastrutture di trasporto ed ogni componente ambientale.
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Atmosfera (salute pubblica)
Le a%vità di can-ere determineranno la diffusione in atmosfera di polveri e di par-colato. Per contenere tale impa9o sui rice9ori presen-, potranno essere ado9a- i seguen- accorgimen-: • I tra% più traffica- delle piste di can-ere saranno pavimenta- o tra9a- superficialmente e se ne provvederà alla periodica pulizia. • Le piste con minor transito, i piazzali di lavoro o di stoccaggio, il sedime delle opere in costruzione saranno bagna- periodicamente per evitare l’emissione di polveri. • Saranno realizzate barriere a verde (siepi) in corrispondenza di rice9ori par-colarmente sensibili. • Negli impian- di betonaggio saranno installa- filtri per l’aspirazione delle polveri di cemento. • In corrispondenza dei pun- di uscita dai si- estra%vi, saranno realizza- tra% di pista pavimentata aven-, tra l’altro, lo scopo di consen-rne la pulizia delle ruote dei mezzi. • Si curerà la periodica manutenzione dei mezzi (controllo della carburazione, sos-tuzione dei filtri).
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Rumore e vibrazioni
I mezzi di trasporto in movimento generano emissioni sonore e vibrazionali. Il rumore generato dal veicolo dipende sostanzialmente dal rumore prodo9o dal motore e dal rumore di rotolamento dei pneuma-ci sulla strada. Il livello di rumore generato dai mezzi in movimento è funzione dei seguen- parametri: -‐ velocità; -‐ -po di veicolo; -‐ -po di pavimentazione stradale; -‐ stato di manutenzione del mezzo; -‐ numero di mezzi movimenta- contemporaneamente (sulle strade e nel sito); -‐ frequenza dei transi-; -‐ -po di pneuma-co; -‐ stato di usura del pneuma-co. Le vibrazioni emesse dai mezzi in movimento possono risultare significa-ve solo se ci si trova in presenza di rice9ori par-colarmente sensibili (aree archeologiche, ospedali, ecc.) e se il fenomeno sussiste per prolunga- e con-nui periodi di tempo. La loro intensità e propagazione dipende inoltre dalle cara9eris-che della strada percorsa, dalla velocità del mezzo, dalle condizioni del mezzo, dal carico ecc.
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Rumore e vibrazioni
Accorgimen- per limitare le emissioni acus-che -‐ uso di macchinari omologa- e con buona manutenzione; -‐ scelta e stato dei pneuma-ci; -‐ studio della disposizione temporale delle a%vità (la movimentazione dei mezzi deve svolgersi principalmente nelle ore diurne, e deve tener conto della presenza di zone sensibili, quali scuole, ospedali, case di cura, etc., astenendosi dal percorrere tali zone negli orari di ingresso/uscita dei sudde% edifici); -‐ u-lizzo di schermi acus-ci mobili (si tra9a di pannellature u-li a perimetrare acus-camente zone interessate temporaneamente da lavori di manutenzione, in modo par-colare nei centri storici, dove il rumore può essere un elemento di disturbo alle varie a%vità, arrecando un notevole danno d’immagine ed economico. Sono generalmente cos-tui- da una robusta lamiera zincata, pressopiegata, rinforzata ai bordi mediante due tubolari, anche’essi zinca-, con la funzione di piantoni di sostegno).
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Rumore e vibrazioni
Esempi di schermi acustici mobili
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE
I fattori di impatto sull'ambiente idrico (Qiumi, laghi, falde acquifere, acque dolci in genere) diretti o indiretti, connessi con le infrastrutture viarie sono normalmente riferiti a due fasi successive della vita dell'opera: la realizzazione e l'esercizio. Durante la fase di costruzione dell'infrastruttura si manifestano alterazioni delle caratteristiche dei corsi d'acqua o degli acquiferi che hanno generalmente carattere temporaneo e che sono principalmente legate a fenomeni di erosione superQiciale e di successiva sedimentazione. Il fenomeno è strettamente legato alla natura del terreno, alla morfologia del territorio ed alle prevalenti condizioni climatiche, in particolare al regime pluviometrico ed ai venti.
Ambiente idrico
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE
La reversibilità tendenziale dell'inquinamento idrico in fase di costruzione non deve comunque indurre a trascurarne l'importanza. Esistono infatti anche delle modiQiche di tipo permanente nei deQlussi naturali (ad es., pile di viadotti in alveo) o nel regime delle falde idriche superQiciali o profonde connesse con il fatto che il livello di acidità delle acque di dilavamento può alterarsi sfavorevolmente al contatto con particolari terreni creando elevati livelli di tossicità. Pertanto, laddove si hanno terreni particolari e la sensibilità dell'ambiente lo suggerisce è opportuno impiantare un idoneo sistema di monitoraggio che consenta di deQinire quantitativamente il problema e scoprire in tempo utile le aree di potenziale criticità.
Ambiente idrico
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Ambiente idrico
Previsione degli effetti/Analisi delle interazioni opera-ambiente
1) Variazione della qualità delle acque superficiali In fase di cantierizzazione è prevedibile la generazione ed un possibile conferimento di carico inquinate, dovuto allo smaltimento dei materiali di risulta e alle acque reflue di cantiere, nella rete idrica superficiale. Le possibili contaminazioni delle acque superficiali possono derivare dai siti di cantiere ed in particolare: • dalle acque provenienti dalle attività dell’uomo (liquami); • dalle acque di lavaggio delle varie macchine operatrici; • dalle acque provenienti dalle officine meccaniche; • da eventuali impianti di lavaggio degli inerti; • da immissione accidentale di sostanze pericolose.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Ambiente idrico
Previsione degli effetti/Analisi delle interazioni opera-ambiente
1) Variazione della qualità delle acque superficiali Le operazioni di che prevedono l’utilizzo di cemento, possono alterare le caratteristiche delle acque superficiali a causa della possibile dispersione e mescolanza di acqua mista a cemento o fango nei ricettori idrici attraversati. La movimentazione delle terre e dei materiali di risulta, inoltre, sia nelle aree di cantiere sia lungo il tracciato stradale, può provocare l’immissione di sostanze solide e di detriti nei corsi d’acqua intercettati, provocando intorbidimento ed inquinamento delle acque.
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Ambiente idrico
Previsione degli effetti/Analisi delle interazioni opera-ambiente
2) Variazione quantitative dei corsi d’acqua minori Si prevedono variazioni delle portate dei corsi d’acqua limitrofi alle aree di intervento. Tali variazioni saranno probabilmente a carico della rete idrica di irrigazione che raccoglierà parte delle acque meteoriche di ruscellamento provenienti dalle piste e dalle aree attrezzate. Riguardo all’approvvigionamento idrico per usi industriali dal reticolo superficiale o da pozzi, i prelievi saranno concordati coi gestori; non si avranno impatti significativi qualora le quantità emunte siano trascurabili rispetto alla disponibilità conseguente alla permeabilità dei terreni ed alle portate dei canali irrigui.
3) Alterazioni delle direzioni di ruscellamento superficiale Le attività di cantiere e la realizzazione delle opere causeranno alterazioni delle direzioni di ruscellamento superficiale, fino a determinare l’interruzione del reticolo naturale di scolo.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Ambiente idrico
Interven- di mi-gazione e compensazione in fase di can-ere Sistemi di controllo delle acque Nell’ambito delle a%vità di can-ere, uno degli aspe% maggiormente cri-ci per quanto riguarda il rischio di impa9o, è quello del controllo delle acque di scarico. Ø Le acque reflue civili (acque nere) saranno raccolte da apposite re- fognarie ed avviate ad opportuno tra9amento. Ø Nei can-eri industriali e nei si- opera-vi si predisporranno piazzole pavimentate per la manutenzione e la riparazione dei mezzi d’opera; le acque industriali e di prima pioggia saranno collegate tramite re- fognarie agli impian- di tra9amento. Ø Verranno predispos- apposi- piani di intervento di messa in sicurezza e bonifica, da ado9are nel caso di inciden- che provochino lo sversamento di liquidi inquinan-. Ø Durante il ge9o del calcestruzzo (pali, plin-, pile, spalle), per evitare la dispersione di acqua mista a cemento nel terreno e nelle acque so9erranee, si useranno idonei accorgimen- (posa in opera di controcamicia in lamierino, per il contenimento del ge9o).
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Ambiente idrico
Interven- di mi-gazione e compensazione in fase di can-ere Sistemi di controllo delle acque Nell’ambito delle a%vità di can-ere, uno degli aspe% maggiormente cri-ci per quanto riguarda il rischio di impa9o, è quello del controllo delle acque di scarico. Ø Adeguate misure saranno messe in a9o per prevenire l’intorbidimento e l’inquinamento delle acque superficiali, dovu- allo sversamento di materiale di risulta nei corsi d’acqua durante le fasi di demolizione e scavo. In fase di costruzione, verranno pertanto installate barriere temporanee a ridosso delle aree di can-ere, così da evitare il ruscellamento di fanghi o la caduta di detri- nella rete idrica. Inoltre è prevista l’impermeabilizzazione temporanea e la realizzazione di adeguate re- di captazione e di drenaggio superficiale in corrispondenza di aree par-colarmente vulnerabili.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Ambiente idrico
Interven- di mi-gazione e compensazione in fase di can-ere Sistemi di controllo delle acque Nell’ambito delle a%vità di can-ere, uno degli aspe% maggiormente cri-ci per quanto riguarda il rischio di impa9o, è quello del controllo delle acque di scarico. Ø Nelle fasi di realizzazione di alcuni tra% in trincea, si u-lizzeranno diaframmature laterali per esigenze costru%ve connesse con la presenza di un livello di falda che potrà interessare le stru9ure nel corso della realizzazione, nonché per la salvaguardia di alcuni fabbrica- prospicien- la nuova viabilità. Ø L’inserimento di aree e piste di can-ere determinerà interferenze con la rete idrica superficiale; per garan-re il drenaggio e l’alimentazione delle acque e per minimizzare le alterazioni del ruscellamento superficiale, si modificherà in maniera temporanea o defini-va il re-colo idrico interce9ato.
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Suolo e sottosuolo
Un tracciato stradale (ma anche uno ferroviario) non è una linea tracciata sul terreno ma un insieme di opere realizzate in grandissima parte con materiali di origine naturale e che quindi sottrae al suolo in cui esso si inserisce una superQicie originariamente occupata da ecosistemi ed habitat naturali (boschi, pascoli, spiagge, dune, rocce, paludi, saline, corpi idrici, terreni agricoli, etc.) o potenzialmente destinata a altri usi (quali possono essere desunti, ad es., dalla zonizzazione urbanistica di PRG): si deve infatti considerare irreversibilmente consumata dal nastro stradale e dalle sue pertinenze marginali (scarpate, opere di canalizzazione delle acque, etc.) una risorsa non rinnovabile quale è il terreno; tra l’altro il danno, sotto questo proQilo, è ancora più esteso del puro ingombro Qisico, poiché investe anche zone esterne, rese inadatte ad essere adibite ad usi pregiati per l'inquinamento ambientale indotto (temporaneo, in fase di costruzione, e permanente, in corso d’esercizio).
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Suolo e sottosuolo
Le principali interferenze naturalistiche indotte dalla realizzazione di infrastrutture viarie (strade, ferrovie) di vario tipo sono legate a: • sparizione Qisica. Data la natura lineare di tali infrastrutture, vere e proprie “strisce”di territorio vengono occupate e sottratte deQinitivamente;
• interruzione della continuità di habitat, reti ecologiche, ecosistemi in genere;
• variazioni morfologiche collegate alle opere e alle azioni connesse con la realizzazione dell’infrastruttura (scarpate in trincea, rilevati, aree di svincolo, imboccature di gallerie, aree e piste di cantiere, cave di prestito, etc.).
Le tipologie classiche di opere d’arte delle infrastrutture stradali che comportano le principali azioni impattanti sul suolo sono le seguenti: ➢ scarpate in rilevato; ➢ scarpate in scavo o trincea.
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Suolo e sottosuolo
Occorre poi evidenziare come la necessità di realizzare strade con velocità sempre maggiori (elevati raggi di curvatura) e al contempo le tecnologie di scavo disponibili negli ultimi decenni abbiano modiQicato sostanzialmente le modalità di progettazione, soprattutto nei territori montani e collinari italiani, rendendo assai frequenti tracciati stradali con prevalente alternanza di gallerie/viadotti. Ciò ha risolto solo in parte le problematiche di tipo paesaggistico, creando viceversa altri problemi (grosse discariche di inerti, rivegetazione di imbocchi di gallerie, reinserimento ambientale e paesaggistico dei viadotti).
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Suolo e sottosuolo
Il costo ambientale dell’approvvigionamento da cava di materiali idonei alle formazione dei rilevati appare sempre assai gravoso. La realizzazione di scarpate in trincea può, invece, generare problemi di erosione da ruscellamento nelle litologie meno compatte o addirittura franamenti difQicili da mettere in sicurezza. L'impatto sull'uso dei suoli da parte dei viadotti e delle gallerie è generalmente ridotto rispetto a quello generato dalle scarpate di rilevati e trincee, anche se, per le gallerie, si pone il problema di mettere a discarica grandi quantità di inerti provenienti dagli scavi (smarino) spesso di litologie scadenti, secondo modalità meno invasive possibile dell’ambiente.
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Suolo e sottosuolo
Per quel che concerne la realizzazione dei rilevati stradali (ma anche ferroviari), a fronte dei notevoli costi ambientali legati all’acquisizione del materiale adatto dalle cave di prestito, occorrerebbe, Qin dalla fase preliminare, impostare la geometria dell’asse e del corpo stradale in modo da ottimizzare il compenso interno dei volumi; inoltre si può anche pensare di ridurre il prelievo da cava (consumo di risorse non rinnovabili), prescrivendo l’adozione più diffusa possibile delle seguenti scelte: Ø impiego di materiali riciclati o di scarto; Ø recupero di materiali naturali inidonei, mediante tecniche di stabilizzazione.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Suolo e sottosuolo
Impiego di materiali riciclati o di scarto. Si considerano materiali riciclati quelli provenienti da attività di demolizione e di scarto di processi industriali. I primi sono prevalentemente costituiti da laterizi, murature, frammenti di cls anche armato, rivestimenti e prodotti ceramici, scarti dell’industria di prefabbricazione di manufatti in cls, frammenti di sovrastrutture stradali o ferroviarie, intonaci, allettamenti, materiali lapidei provenienti da cave autorizzate o da attività di taglio e lavorazione. I materiali di scarto industriali sono in prevalenza: scorie, loppe d’alto forno, inerti da lavorazione di riQiuti solidi urbani, etc. L’intrinseca variabilità di provenienza delle suddette componenti impone di caratterizzarle, qualiQicandole per lotti o partite omogenee, allo scopo di evitare disuniformità di comportamento in opera. Pertanto Qin dalla fase preliminare, il progetto del cantiere deve prevedere una speciQica struttura produttiva di stoccaggio, di lavorazione e di omogeneizzazione. Nell’ambito dello SIA, nel caso si ravvisi l’esigenza e/o l’opportunità di tale approvvigionamento, occorre valutare la natura e le quantità dei materiali ordinariamente reperibili in zona, per poterne stabilire la collocazione nel corpo stradale e la speciQica dei requisiti di accettazione.
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Suolo e sottosuolo
Recupero di materiali naturali inidonei, mediante tecniche di stabilizzazione. Le principali di queste tecniche si applicano convenientemente a materiali limo-‐argillosi, provenienti da scavi di qualsiasi tipo, e consistono nel miscelarle con calce di apporto, in quantità tale da modiQicarne le caratteristiche Qisico-‐chimiche (granulometria, suscettività all’acqua, umidità) e meccaniche; dopo il costipamento i materiali adeguatamente trattati presentano buona resistenza meccanica e stabilità all'azione dell'acqua e del gelo. Nello SIA si deve dunque indicare l’entità auspicabile del ricorso a tale provvedimento, i mezzi d’indagine e controllo da adottare in fase di progettazione esecutiva e di realizzazione, le veriQiche dell’attitudine al trattamento dei terreni disponibili, nonché gli studi preliminari di laboratorio e le sperimentazioni in sito, attraverso cui si devono stabilire i dosaggi di legante da adoperare ed i tenori in acqua da osservare nel costipamento delle miscele.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Suolo e sottosuolo
Occorre inQine sottolineare come la realizzazione, sempre più frequente negli ultimi decenni, di lunghi tratti di strada in galleria abbia prodotto notevoli vantaggi di tipo trasportistico e paesaggistico a fronte della necessità di mettere a discarica grandi quantità di inerti provenienti dagli scavi. Si ricorda, in proposito, che nei grossi progetti di infrastrutture viarie viene normalmente prodotto e realizzato il “piano cave e discariche” che prevede le fonti di approvvigionamento inerti da costruzione e la messa a discarica degli inerti in eccedenza o non riutilizzabili per scarse caratteristiche geotecniche.
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Suolo e sottosuolo
In genere tali inerti di scarto possono essere impiegati in uno dei seguenti modi: Ø ricomposizione morfologica e rivegetazione di vecchie cave abbandonate;
Ø ricomposizione morfologica su versanti in adiacenza alle aree di scavo, Qinalizzate a futuro uso agricolo;
Ø miglioramenti fondiari.
Ricomposizione morfologica di una cava di calcare di versante con smarino di scavi da gallerie.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Suolo e sottosuolo
In genere tali inerti di scarto possono essere impiegati in uno dei seguenti modi: Ø ricomposizione morfologica e rivegetazione di vecchie cave abbandonate;
Ø ricomposizione morfologica su versanti in adiacenza alle aree di scavo, Qinalizzate a futuro uso agricolo;
Ø miglioramenti fondiari.
Ricomposizione di morfologie a terrazzi Qinalizzata ad uso agricolo e rinverdimento di notevoli cubature di smarino di galleria (situazione ante-‐operam e situazione post-‐operam).
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
Anche nel caso della componente ambientale denominata “Vegetazione, Qlora e fauna”, le azioni impattanti prodotte dalle infrastrutture lineari di trasporto sono riconducibili sia alla fase di cantiere che a quella di esercizio. In particolare, i danni al patrimonio vegetale e Qloristico a causa dell’attraversamento di porzioni di territorio da parte del tracciato viario non si limitano alla perdita dei soggetti arborei di pregio (alberi d'alto fusto o specie rare) e del mantello vegetato, ma spesso si ampliQicano per: Ø l’esposizione di altre unità arboree originariamente preservate e
protette, all'irraggiamento solare, agli inquinanti gassosi ed ai venti, con conseguenze che possono farsi molto gravi in relazione al tipo di piante ed al loro stato di salute, e che possono determinare il rapido degrado delle zone retrostanti. Il disboscamento, anche ridotto, va quindi considerato un danno grave, specie ove interessi alberi di pregio o delicati oppure zone marginali di protezione boschiva;
Ø l’esposizione al deposito di inquinanti solidi e nebulizzati, prodotti dal cantiere e dal trafQico, sul suolo e sulla relativa composizione vegetale e Qloreale.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
In corrispondenza di aree di transizione estremamente delicate per gli equilibri biologici (ad es., rive di corsi d'acqua o di laghi) degli ecosistemi eventualmente presenti, gli effetti di separazione sono assai marcati, poiché risulta ridotto, anche in questo caso, l'effetto protettivo della vegetazione: talvolta si sviluppano ambienti diversi ai due lati della strada, in conseguenza della alterazione dell’unità ecologica originaria; la strada stessa, inoltre funge da corridoio preferenziale di trasporto di semi, piante ed altri elementi estranei agli ecosistemi locali originari.
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
Le attività di cantiere (con le associate rumorosità, presenza umana, vibrazioni, etc.) possono indurre perniciose conseguenze sulle presenze faunistiche, che ne risultano frazionate e ristrette in spazi limitati, con conseguenze sulle stesse possibilità di sopravvivenza e per le opportunità di riproduzione. Il danno non si arresta all’entrata in esercizio dell’arteria stradale, anzi si aggiunge a carico delle comunità faunistiche, particolarmente nelle prime fasi dopo l’apertura al trafQico, un notevole depauperamento per incidenti mortali. Il rischio a cui è sottoposto anche il trafQico veicolare per questo fenomeno consiglia l’apposizione di reti protettive a margine delle aree di competenza del nastro stradale delle arterie caratterizzate da Qlussi veloci, che tuttavia aggravano gli effetti della separazione peggiorando le condizioni di vivibilità della fauna.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
Le misure di minimizzazione e mitigazione degli impatti prodotti dalle strade sulla vegetazione e la Qlora si possono suddividere in 2 categorie: • interventi di progettazione: occorre sempre prevedere, con
opportune correzioni di tracciato, la massima conservazione della vegetazione arborea esistente, la cui ricostituzione può richiedere anche molti decenni; a tal Qine è necessario, dopo aver dimostrato l’attenzione riposta nel progetto (scelta di tracciato e/o tecnologie) per minimizzare il danno naturalistico indicare le specie, il numero e l'età delle piante che vanno asportate;
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
Le misure di minimizzazione e mitigazione degli impatti prodotti dalle strade sulla vegetazione e la Qlora si possono suddividere in 2 categorie: • provvedimenti di tutela, mediante impianto di nuova vegetazione; occorrerà precisare qualità, quantità e distribuzione delle specie, secondo i ruoli loro riservati nell’ambito della infrastruttura; tra le funzioni da assegnare all’impianto vegetale dovranno essere inclusi le seguenti: a) guida ottica, per il riconoscimento del tracciato e delle intersezioni, nel rispetto delle norme di sicurezza del Codice; b) estetica, per il restauro e le trasformazioni dell’ambiente stradale; c) climatica, per il miglioramento del microclima adiacente alla strada ed alle sue pertinenze (principalmente l’ombreggiamento); d) biotecnico/ediQicatoria e di difesa del suolo, legata alla capacità di assorbimento della energia delle gocce e di controllo delle azioni di dilavamento delle acque superQiciali; e) di assorbimento delle emissioni gassose e dei particolati prodotti dal trafQico, e dei rumori; f) di fertilizzazione del suolo e conservazione della sua porosità, per agevolare l’assorbimento delle prime portate di pioggia.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
La scelta botanica delle essenze Qloreali ed arboree deve ricadere sulle specie rustiche locali, per perseguire soluzioni in armonia con i fondamentali principi naturalistici suggeriti dalla biogeograQia; infatti, l'introduzione volontaria di specie vegetali di altri climi o di altri continenti, rischia di determinare una forma di particolare inquinamento ambientale. In particolare: • la selezione delle sementi dei tappeti erbosi è importante per assicurare il massimo successo percentuale al primo attecchimento; le miscele (eventualmente anche precostituite) possono essere composte da 6 a 20 e più specie, con l'accortezza di impiegare unitamente leguminose e graminacee, piante grasse e rampicanti. Un po’ di colore, per ravvivare le scarpate, potrà essere dato includendo sementi di piante a Qiore di modesto sviluppo.
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
La scelta botanica delle essenze Qloreali ed arboree deve ricadere sulle specie rustiche locali, per perseguire soluzioni in armonia con i fondamentali principi naturalistici suggeriti dalla biogeograQia; infatti, l'introduzione volontaria di specie vegetali di altri climi o di altri continenti, rischia di determinare una forma di particolare inquinamento ambientale. In particolare: • anche per le piante ad alto fusto vale la regola di buon senso di utilizzare specie autoctone, disponendo in questo caso di una buona garanzia di successo ed ottenendo un buon grado di fonoassorbenza, se la pianta presenta una discreta coperta foliare; la scelta può anche ricadere sulle specie dette a rapida crescita, anche se sono rischiose, in quanto la velocità dello sviluppo verticale è strettamente legata alle possibilità nutritizie del terreno in cui vengono piantumate; nei suoli magri il risultato può essere deludente, particolarmente per il modesto sviluppo dell'apparato foliare.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
Una prassi importante da attuare è quella del prerinverdimento, cioè la realizzazione di interventi a verde durante la costruzione della strada, evitando così di rimandare tutte le opere a verde alla Qine dei lavori di costruzione. In tal modo è possibile usufruire di un anticipo di crescita delle piante e dei cotici erbosi e quindi di una buona dotazione di verde già al momento del collaudo dell’infrastruttura.
Esempio di prerinverdimento di scarpate stradali. Si notino le reticelle antifauna a protezione degli arbusti.
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
Una prassi importante da attuare è quella del prerinverdimento, cioè la realizzazione di interventi a verde durante la costruzione della strada, evitando così di rimandare tutte le opere a verde alla Qine dei lavori di costruzione. In tal modo è possibile usufruire di un anticipo di crescita delle piante e dei cotici erbosi e quindi di una buona dotazione di verde già al momento del collaudo dell’infrastruttura.
Esempio di prerinverdimento: costruzione e rinverdimento di terre rinforzate verdi.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
Su tutte le superQici di scarpata con riporti di terreno vegetale vanno normalmente eseguite semine, in genere potenziate quali: semine a paglia e bitume, idrosemine, idrosemine a spessore, idrosemine a matrice di Qibre legate, etc. per la formazione di cotici erbosi con funzione antierosiva. Tale prassi è da sempre attuata in tutte le progettazioni e realizzazioni di scarpate stradali. Vengono di solito usate miscele commerciali. Per zone di pregio naturalistico va impiegato il Qiorume, cioè la trebbiatura da prati naturali locali.
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
Vanno evitati i seguenti possibili errori: § semine su superQici prive di terreno vegetale o con terreno di caratteristiche scadenti (Qigura);
§ interventi fuori stagione (aridità estiva, gelo invernale); § semine con seme di quantità/qualità insufQiciente; § proporzioni sbagliate dei materiali costituenti l’idrosemina;
§ eccesso di concimanti con effetto pompaggio del primo anno e successiva carenza.
Evidente carenza di suolo organico:
premessa negativa sia per le semine che per la
crescita di arbusti.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE
Un accorgimento che può e s s e r e i m p i e g a t o p e r interventi di pronto effetto è il cosiddetto prato in rotolo che consiste nel rivestire una scarpata a bassa pendenza con cotico erboso pronto in genere a rotoli disposti a strisce verticali srotolate dall’alto verso il basso, eventualmente Qissate con paletti sui pendii più ripidi.
Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE
Il substrato va comunque rivestito con uno strato di terreno vegetale o di humus sabbioso, per i l migl ior attecchimento delle piante erbacee. Le miscele impiegate per la produzione dei cotici vanno calibrate in funzione delle condizioni di applicazione. Dopo la posa in opera i tappeti erbosi vanno pressati o rullati. Tale sistema richiede una posa molto accurata per evitare scollamenti
Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
Sulle scarpate in rilevato vanno effettuati interventi di rivegetazione ad arbusti ed alberi secondo le seguenti modalità: • riporto di terreno vegetale; • messa a dimora di arbusti collocati a fascia ad una distanza di sgombro a lato strada (2 m per le strade statali, 4 m per le autostrade);
• messa a dimora di alberi ad una distanza tale dal ciglio strada da non creare interferenza anche nella fase di massimo sviluppo delle piante;
• la scelta delle specie legnose deve essere coerente con la vegetazione potenziale del sito e la piantagione va essere effettuata con disposizione non geometrica e mescolando le specie a creare delle formazioni prossimo naturali e/o a macchia seriale;
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
Sulle scarpate in rilevato vanno effettuati interventi di rivegetazione ad arbusti ed alberi secondo le seguenti modalità: • la messa a dimora va effettuata nei periodi stagionali favorevoli (autunno-‐inverno-‐primavera) con esclusione dei periodi di gelo e di aridità estiva. Ogni pianta verrà collocata in una buca predisposta di dimensione doppia della zolla o pane di terra e rincalzata con suolo organico, torba (Qigura), etc. e sarà dotata di pali tutori, dischi (Qigura) o teli pacciamanti (Qigura) per evitare la concorrenza e l’effetto soffocante derivante dalla crescita delle erbe nei primi anni, reti di protezione antifauna (solo per strade non recintate) così come si evince dalla Qigura.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
Messa a dimora di albero in zolla con rincalzo di torba e terreno vegetale.
Messa a dimora di arbusto con disco
pacciamante e impianto di irrigazione a goccia.
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
Impiego di teli pacciamanti a protezione di specie arbustive.
Messa a dimora di specie arbustive e arboree, con reti antifauna e pacciamatura a strisce.
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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Vegetazione, 6lora e fauna (ecosistemi)
Sistemi lineari di vegetazione possono essere realizzati a lato strada con le seguenti funzioni multiple tampone (o Qiltro) e paesaggistico -‐ naturalistiche: § trappole del particolato e delle polveri in genere; § anti abbagliamento (se tracciato parallelo ad altra strada o ferrovia);
§ barriera visuale e di inserimento paesaggistico; § elementi della rete ecologica (corridoi); § segregazione del carbonio. Le vere e proprie fasce boscate (min. 10 m di larghezza) assolvono alle sopracitate funzioni e sono ottimali ai Qini della biodiversità. Per garantire anche funzioni antirumore tali fasce devono raggiungere almeno 25 – 30 m, dimensioni che ne rendono poco proponibile la realizzazione per la necessaria disponibilità di spazio e relativi costi di esproprio. La ricostituzione di aree boscate è invece proponibile sulle coperture di gallerie artiQiciali o in interventi di compensazione su aree da riqualiQicare (es. vecchie cave di prestito).