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1 Corso di PCI 2014/15

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Proprietà fisiche del terreno

Le proprietà fisiche del terreno sono un insieme di caratteristiche

del terreno derivate in parte dal suo stato fisico e in parte dalla sua natura

chimica.

- Composizione: Il terreno è un sistema complesso e dinamico composto

da una fase solida, una liquida, una aeriforme.

La fase solida è composta dalle particelle terrose e dagli organismi viventi

presenti nel terreno, la fase liquida è composta dalla soluzione circolante, in

altri termini dall'acqua e dai sali minerali in essa disciolti e la sase aeriforme

è composta dall'atmosfera del terreno ed è in rapporto di complementarità

con la fase liquida, dal momento che entrambe occupano gli spazi vuoti del

terreno.

- Tessitura: la tessitura o granulometria è la proprietà fisico-meccanica che

identifica la composizione delle particelle terrose in base alle dimensioni,

prescindendo dalla natura chimica e mineralogica.

-Struttura: per struttura di un terreno si intende la proprietà derivata

dall'aggregazione delle particelle terrose e dalla reciproca disposizione

spaziale sia degli aggregati sia delle singole particelle.

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Proprietà meccaniche del terreno Il rapporto fra tessitura, struttura e umidità determina la manifestazione delle

proprietà meccaniche vere e proprie.

Densità: La densità esprime la massa del terreno riferita all'unità di volume. Si

distingue fra la densità reale, che prende in considerazione solo il volume della

frazione solida, e la densità apparente, che prende in considerazione il volume

totale del terreno, compresi quindi gli spazi vuoti.

La densità reale è poco importante ai fini pratici. Il suo valore dipende in sostanza

dalla natura chimica della frazione solida, mentre non ci sono particolari differenze

in relazione alla tessitura.

I terreni ricchi di silicati, indipendentemente dalla tessitura, hanno in media una

densità reale di 2600 kg/m3 che scende fino a valori dell'ordine di 2300 kg/m3 nei

terreni ad alto contenuto in calcare e dell'ordine di 2000 kg/m3 in quelli torbosi.

La densità apparente può cambiare sensibilmente in relazione alla tessitura e alle

sue interazioni con la struttura e con la lavorazione del terreno:

I terreni sabbiosi hanno una densità apparente di 1500-1600 kg/m3, valori che

diminuiscono del 15% a seguito delle lavorazioni.

I terreni di medio impasto hanno una densità apparente di 1300-1400 kg/m3 -25% in

relazione alla porosità creata dalle lavorazioni).

I terreni argillosi e quelli limosi hanno una densità apparente dell'ordine di 1.200

kg/m3. Questo valore può diminuire del 25% a seguito delle lavorazioni.

I terreni torbosi hanno densità apparente dell'ordine di 900-1.000 kg/m3. Il valore

scende sensibilmente, anche del 30-35%, a seguito delle lavorazioni.

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Proprietà meccaniche del terreno

Adesione e coesione

L'adesione è la forza con cui le particelle terrose sono legate da corpi estranei

che vengono a contatto con il suolo (es. gli organi lavoranti degli attrezzi

agricoli). Questa proprietà dipende dagli stessi fattori che determinano la

coesione, ma cambia il comportamento in funzione dell'umidità: ha valori bassi

con terreno asciutto, allo stato coesivo, aumenta con l'umidità fino a

raggiungere un massimo con terreno allo stato plastico per poi decrescere

ulteriormente quando il terreno passa allo stato fluido.

La coesione (C o Cu) è la forza con cui le particelle terrose sono legate fra loro

e si oppongono al distacco. Questa proprietà dipende dalla tessitura, dalla

struttura e dall'umidità del terreno. Ha valori elevati con alto tenore in argilla,

basso tenore in sostanza organica e con tendenza all'astrutturalità (struttura

compatta e concrezionata) mentre è virtualmente nulla con alto tenore in sabbia

e struttura incoerente. In funzione dell'umidità decresce passando dal terreno

asciutto (stato coesivo) al terreno umido, raggiungendo valori minimi,

virtualmente nulli, con terreno allo stato fluido.

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Allo scopo di determinare le caratteristiche di un

terreno, di natura meccanica o d'altro tipo, sono

disponibili varie PROVE da realizzare o in

Laboratorio o in Situ.

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In laboratorio le prove più importanti e

comunemente usate in campo geotecnico

sono:

-Analisi granulometrica;

-La prova con l’edometro;

-La prova con l’apparecchio triassiale;

-La prova di taglio diretto.

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In situ solitamente vengono frequentemente

utilizzate prove che suppliscono

l'impossibilità o la difficoltà di prelevare

campioni in materiali che non presentano

una coesione (vera o apparente):

-Prova penetrometrica standard (SPT);

-Prova penetrometrica statica (CPT);

-Prova di carico su piastra (SPLT);

-Prova scissometrica (FVT);

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Prove in laboratorio: Analisi granulometrica

Il geotecnico e/o il geologo per lo studio della composizione del terreno pongono

grande rilevanza nello studio dell’assortimento granulometrico.

Questo studio consiste nell’individuare di quali aggregati e di che pezzatura sia

composto il terreno in questione, suddividendole da quelle più fini a quelle più

grossolane.

Lo scopo è quello di valutare la portanza del terreno e la qualità di esso.

Per la determinazione dell'assortimento granulometrico si ricorre ad una

operazione meccanica di vagliatura detta anche stacciatura attraverso una

macchina che viene chiamata VIBROVAGLIO.

Per effettuare tale operazione si fa ricorso a vagli che

hanno forma e dimensioni standardizzate.

Questi vengono definiti:

-setacci quando sono costituiti da una rete metallica

a maglia quadrata;

-crivelli quando hanno una lastra a fori circolari.

le dimensioni e le tolleranze dei vagli sono definiti

dalla norma UNI 2332-1.

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Prove in laboratorio: Analisi granulometrica

Il campione da esaminare viene fatto passare attraverso

una serie di vagli sovrapposti a formare una pila chiusa a

diametro decrescente dall'alto verso il basso, con il fondo

chiuso da un coperchio per evitare la fuoriuscita dei

materiale.

Fissato il coperchio superiore si provvede ad agitare la

pila meccanicamente (con tavolo vibrante) o

manualmente per facilitare il passaggio del materiale

attraverso gli stacci.

Successivamente si pesa la frazione di materiale trattenuta da ogni singolo vaglio e

si determina il peso del materiale passante attraverso ogni singolo staccio e lo si

rapporta al peso totale del campione.

Il tutto viene posto in un diagramma riportante in ascissa l'apertura dello staccio in

mm e il ordinata la percentuale in peso dell'inerte passante, ottenendo così

la curva granulometrica del campione.

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Prove in laboratorio: Analisi granulometrica

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Prove in laboratorio: La prova con l’edometro (Edometrica)

In geotecnica, per prova edometrica si intende un procedimento per determinare

la comprimibilità di un particolare tipo di terreno attraverso una compressione

meccanica senza deformazione laterale. Si tratta di un tipo di prova molto

utilizzato, a causa della semplicità delle apparecchiature richieste e delle

procedure operative.

Viene eseguita mediante l’utilizzo dell’edometro.

Schematicamente l'edometro è un contenitore costituito da un anello rigido ed

impermeabile e da due basi porose, all'interno del quale viene posto un campione

di terreno.

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Prove in laboratorio: La prova con l’edometro (Edometrica)

La prova standard vieni eseguita incrementando geometricamente un carico

assiale (per esempio secondo la progressione 25 kN/m², 50 kN/m², 100 kN/m², 200

kN/m², 400 kN/m², 800 kN/m², 1600 kN/m²) mantenendo ciascun livello di carico

per un tempo sufficiente a completare il fenomeno idraulico della

consolidazione (per esempio 24 ore).

Il campione indisturbato è posto in un anello metallico, in modo da impedirgli ogni

movimento laterale, mentre sulle facce superiore ed inferiore sono poste delle

pietre porose che permettono il drenaggio dell'acqua (solo in direzione verticale).

Il campione viene caricato verticalmente e si misurano i cedimenti nel tempo a

carico costante.

Quando il cedimento è sostanzialmente completato (di solito dopo 24 ore), si

aumenta la pressione e si misurano i nuovi cedimenti nel tempo con il nuovo carico.

Il procedimento viene ripetuto per tutto il campo di pressioni che si deve studiare.

Se si verificano abbassamenti rilevanti tra l'ottava e la ventiquattresima ora

d'attesa, è conveniente prolungare il periodo di osservazione a 48 ore.

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Prove in laboratorio: La prova con l’edometro (Edometrica)

Di solito si utilizzano provini di

forma cilindrica, con diametro di 5-8 cm e

altezza maggiore di 19 mm.

Il rapporto fra diametro e spessore è

generalmente compreso tra 3 e 4;

questo permette un drenaggio più rapido,

riduce al minimo l'effetto dell'attrito tra le

pareti laterali del provino, e di conseguenza

si ritiene rappresenti al meglio la situazione

reale, in cui la larghezza è molto maggiore

dell'altezza.

Lo scarico viene gradualmente eseguito con

un numero di decrementi pari a metà di

quello degli incrementi di carico (per esempio

1600, 400, 100, 25).

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Prove in laboratorio: La prova con l’edometro (Edometrica)

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Prove in laboratorio: La prova con l’edometro (Edometrica)

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Prove in laboratorio: La prova con l’edometro (Edometrica)

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Prove in laboratorio: La prova con l’apparecchio triassiale

L'apparecchio triassiale è un dispositivo che permette una grande varietà di

percorsi di carico potendo controllare, in via teorica, le sei componenti

del tensore degli sforzi.

Per motivi topologici al massimo si controllano solamente 3 componenti.

Tra le tipologie esistenti si menzionano le più diffuse:

- l'apparecchio triassiale vero (TTA)

- l'apparecchio triassiale ordinario.

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Prove in laboratorio: La prova con l’apparecchio triassiale

Per motivi economici solitamente si utilizza l’apparecchio triassiale ORDINARIO.

La macchina triassiale ordinaria è uno strumento che permette il controllo di due

componenti indipendenti del tensore delle deformazioni o degli sforzi.

Essa è costituita da una cella riempita di fluido, che trasmette una pressione

isotropa (indipendenza dalla direzione) a un campione cilindrico di terreno, posto

in una guaina impermeabile che separa l'acqua contenuta nei pori del provino dal

fluido esterno.

La cella è costituita in genere da un cilindro in polimetilmetacrilato, di modo che si

possa osservare il comportamento del campione durante la prova.

Le basi collegate alla superficie superiore ed inferiore del provino sono porose, in

modo che sia consentito il drenaggio.

Il passaggio dell'acqua all'interno del campione viene regolato attraverso

un rubinetto.

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Prove in laboratorio: La prova con l’apparecchio triassiale

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Prove in laboratorio: La prova con l’apparecchio triassiale

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Prove in laboratorio: La prova con l’apparecchio triassiale

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Prove in laboratorio: La prova con l’apparecchio triassiale

TXCD – TRIASSIALE CONSOLIDATA-DRENATA

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Prove in laboratorio: La prova con l’apparecchio triassiale

TXCD – TRIASSIALE CONSOLIDATA- NON DRENATA

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Prove in laboratorio: La prova con l’apparecchio triassiale

TXCD – TRIASSIALE NON CONSOLIDATA - NON DRENATA

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Prove in laboratorio: La prova di taglio diretto

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Prove in laboratorio: La prova di taglio diretto

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Prove in laboratorio: La prova di taglio diretto

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Prove in laboratorio: La prova di taglio diretto

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Prove in situ: Prova penetrometrica

Le prove penetrometriche si fondano sull'idea che la resistenza opposta dal

terreno alla penetrazione di uno strumento dipenda dalle sue caratteristiche

meccaniche (evidentemente, soprattutto dalla sua resistenza, dato che la

penetrazione è un fenomeno di rottura) oltre che dallo stato del materiale.

Si distingue tra:

prove penetrometriche dinamiche

- con campionatore Raymond (Standard Penetration Test o SPT);

- con punta conica (Standard Cone Penetration Test o SCPT);

- continua (Dynamic probing o DP)

prove penetrometriche statiche

- con punta meccanica Begemann (Cone Penetration Test o CPT);

- con punta elettrica (Cone Penetration Test o CPT);

-con punta piezometrica (piezocono o CPTU);

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Prove in situ: Prova penetrometrica

I risultati delle prove penetrometriche possono essere utilizzati per indagare:

profilo stratigrafico;

grado di sovraconsolidazione (OCR);

stato di addensamento (Dr);

resistenza in tensioni totali (cu);

resistenza in tensioni efficaci (j');

deformabilità in tensioni totali (Eu);

deformabilità in tensioni efficaci (E');

caratteristiche idrauliche (Cv);

I risultati delle prove penetrometriche possono essere utilizzati anche per la

progettazione diretta, attraverso metodi empirici di particolari opere di fondazione

(ad esempio, per il dimensionamento di una fondazione diretta su sabbia con il

metodo di Terzaghi e Peck e per il calcolo della resistenza alla punta dei pali con

prove CPT).

Infine, la valutazione del potenziale di liquefazione dei terreni incoerenti sciolti

nel caso di terremoti è spesso basata sui risultati di prove SPT.

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Prove in situ: Prova penetrometrica standard (SPT)

La prova penetrometrica standard o prova penetrometrica dinamica

(SPT Standard Penetration Test) è un tipo di indagine geotecnica per ricavare e

studiare le caratteristiche di un terreno.

Questa prova consiste nel far penetrare nel

terreno un campionatore a pareti

grosse Raymond (De = 51 mm,

Di = 35 mm, L = 610 mm, spessore delle

pareti s = 8 mm) sotto i colpi di un maglio

della massa di 63.5 kg (±0.5 kg) e volata di

0.76 m (±0.02 m).

La prova viene eseguita al fondo di un foro

di sondaggio spinto alla profondità

desiderata.

Per le operazioni di pulizia e

approfondimento del foro non è possibile

eseguire la prova con frequenza maggiore

di una al metro.

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Prove in situ: Prova penetrometrica standard (SPT)

Il campionatore viene infisso per tre avanzamenti successivi di 150 mm ciascuno.

Il primo tratto, detto di avviamento, comprende l’eventuale penetrazione iniziale per

peso proprio;

se sotto un numero di colpi N1 = 50 l’avanzamento è minore di 15 cm, l’infissione

deve essere sospesa, la prova è considerata conclusa, e si annota la relativa

penetrazione (ad esempio N1 = 50/13 cm).

La resistenza alla penetrazione è caratterizzata dalla somma del numero di colpi

necessari all’avanzamento del secondo e terzo tratto da 150 mm:

NSPT = N2 + N3

In questo modo si elimina o si riduce al minimo l’influenza di fattori estranei quali

presenza di detrito a fondo foro e i disturbo prodotto dal rilascio tensionale durante

la perforazione.

Se con N2 + N3 = 100 non si raggiunge l’avanzamento di 30 cm, si dice che la

prova è andata “a rifiuto”, l’infissione è sospesa e la prova è considerata conclusa,

annotando la relativa penetrazione.

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Prove in situ: Prova penetrometrica standard (SPT)

Al termine di ciascuna determinazione il campionatore Raymond viene riportato in

superficie per consentire l’approfondimento del foro e per recuperare il campione

carotato.

Quando è richiesto di conservare il campione, esso è trasferito dal tubo di

campionamento a contenitori a tenuta (barattoli, sacchetti di plastica).

I principali vantaggi della prova SPT sono:

-può essere eseguita in qualunque tipo di terreno, anche se il campo di impiego

ottimale è relativo ai terreni sabbiosi;

-consente il riconoscimento diretto dei terreni attraversati;

-esistono un gran numero di correlazioni empiriche e di metodi di progetto basati

sulla misura di NSPT (grande diffusione, lungo e documentato uso).

I principali svantaggi, invece, sono:

-si tratta di una misura discontinua;

-bisogna eseguire un foro di sondaggio;

-si riscontra una leggera dipendenza dei risultati della prova dalle modalità di

esecuzione del foro;

-nei terreni a grana fina, le operazioni di battitura inducono la generazione di

elevate sovrappressioni interstiziali.

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Prove in situ: Prova penetrometrica standard (SPT)

Il penetrometro dinamico a cono (SCPT) è un attrezzo costituito da una punta

conica con apertura di 60° e diametro di 35.7 mm (area della sezione, A = 10 cm2)

infissa nel terreno tramite una colonna di aste protette da una tubazione di

rivestimento, che viene infissa separatamente ed alternativamente alla punta.

Il sistema di infissione è quello dell’SPT, con il maglio che viene fatto agire

dapprima sulle aste, infiggendo la punta, e quindi sulla colonna di tubi. Come

nell’SPT, la resistenza alla penetrazione è espressa dal numero di colpi necessari

all’infissione della punta per un tratto di 30 cm; manca evidentemente il primo tratto

di penetrazione a vuoto di 15 cm.

La prova penetrometrica dinamica continua (DP) consiste nella misura della

resistenza alla penetrazione di una punta conica di dimensioni standard infissa per

battitura nel terreno con una colonna di aste di acciaio di diametro inferiore a quello

della punta, per mezzo di un dispositivo di battitura standard.

Il risultato della prova è rappresentato dal numero di colpi necessari ad una

penetrazione standard in genere compresa tra 10 e 20 cm.

La prova penetrometrica dinamica continua ha incontrato una certa diffusione,

anche in Italia, per la sue doti di economicità e speditezza

Le prove SPT permettono la ricostruzione del profilo stratigrafico mediante

riconoscimento diretto dei terreni recuperati all’interno del campionatore.

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Prove in situ: Prova penetrometrica statica (CPT)

La prova penetrometrica statica, o CPT (Cone Penetration Test), è una prova

eseguita in situ per poter determinare la stratificazione e le proprietà

meccaniche del terreno. È indicata per tutti i terreni, tranne depositi ghiaiosi o

terreni sabbiosi molto addensati. Sviluppato negli anni '50 in Olanda, è oggi in Italia

uno dei più usati ed accettati test di campagna.

Uno dei principali vantaggi della CPT è la possibilità' di ottenere dei dati in continuo.

La prova penetrometrica statica

consiste nella misura della

resistenza alla penetrazione nel

terreno di una punta conica

standardizzata con apertura di 60°

e diametro di 35.7 mm (area della

sezione, A = 10 cm2), che viene

infissa nel terreno con un

martinetto meccanico o idraulico,

alla velocità costante di 20 mm/s.

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Prove in situ: Prova penetrometrica statica (CPT)

Nel penetrometro meccanico (punta Begemann), la

colonna di aste che fa avanzare la punta è protetta da

una tubazione di rivestimento con diametro esterno

uguale a quello della punta.

Fra punta e tubi è disposto un manicotto scorrevole

(friction jacket) con area di AL=150 cm2, opportunamente

sagomato per evitare l'ingresso di terreno

nell'intercapedine fra aste e tubi, che permette la misura

di una resistenza laterale locale.

Si fanno penetrare in successione la punta, il manicotto,

la tubazione di rivestimento e tutti e tre insieme per

successivi tratti di 0.1 m, misurando la forza necessaria

per infiggere la punta, RP, la forza necessaria ad

infiggere il manicotto, RLL, la forza necessaria ad

infiggere la tubazione di rivestimento, RL, e la forza

totale, R.

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Prove in situ: Prova penetrometrica statica (CPT)

La resistenza unitaria alla punta, qc (= RP/A) è il dato principale che si ricava dalla

prova; essa viene presentata in genere sotto forma di diagramma di qc con la

profondità (profilo penetrometrico).

Il rapporto tra RLL e la superficie laterale del manicotto, rappresenta la resistenza

laterale locale unitaria fs = RLL/AL.

Nel penetrometro elettrico vi è un'unica batteria di aste e le resistenze alla punta

e laterale locale vengono misurate direttamente sull'attrezzo a mezzo di

trasduttori elettrici (da cui il nome dell'apparecchio). Il vantaggio di questo

sistema è quello di avere una misura continua e contemporanea delle due

grandezze, che inoltre può esser acquisita su supporto informatico ed elaborata

automaticamente.

Nel piezocono (CPTU) alla normale punta penetrometrica elettrica vengono

aggiunte una o più piastre porose collegate a trasduttori ce consentono la misura

della pressione interstiziale nell'intorno della punta durante l'infissione.

I penetrometri statici sono in genere montati su un autocarro che fornisce anche

la necessaria reazione con il proprio peso. La capacità di un penetrometro è

pertanto limitata, per cui è impossibile penetrare terreni sabbiosi molto addensati

o con significativa frazione ghiaiosa.

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Prove in situ: Prova di carico su piastra (SPLT)

Le prove di carico su piastra (Screw Plate Load Test) sono usate per

determinare le caratteristiche di deformabilità del terreno, nei casi in cui le

dimensioni della piastra possano essere considerate rappresentative per il

problema in esame.

La zona influenzata dal carico si estende infatti fino ad una profondità pari a circa

due volte la dimensione minore della piastra ed essendo questa decisamente

limitata (dimensione caratteristica piastra) ne deriva che possano esserci notevoli

divergenze tra i risultati della prova ed il comportamento di strutture reali.

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Prove in situ: Prova di carico su piastra (SPLT)

La prova può essere eseguita sia in superficie, sia al fondo di un foro di sondaggio,

ed è particolarmente utile per indagare materiali sabbiosi e ghiaiosi, per i quali non

si hanno molte alternative o depositi coesivi consistenti fessurati il cui

comportamento per la pronunciata macrostruttura è fortemente influenzato dal

volume di terreno interessato dalla prova (le prove di laboratorio e le altre prove in

sito, ad eccezione delle prove pressiometriche, interessano un volume di terreno

minore).

L'interpretazione della prova è basata sulla teoria dell'elasticità, che consente

di pervenire ad una soluzione in forma chiusa del problema al contorno in esame e

di ricavare:

In cui B è una dimensione caratteristica della piastra, p è il carico unitario

applicato, w è il cedimento misurato, I1 è un coefficiente di influenza che dipende

dalla forma della fondazione e dallo spessore dello strato deformabile, e I2 è un

coefficiente correttivo compreso tra 0.85 e 1 che dipende dalla profondità del piano

di posa della piastra.

21

2 IIν1Bw

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Prove in situ: Prova scissometrica (FVT)

La prova scissometrica (Field Vane Test) , introdotta originariamente in Svezia nel

1911, si esegue in terreni coesivi teneri (cu<20-30 kPa) per la determinazione della

coesione non drenata.

Consiste nella misura della coppia di Momento Torcente T che è necessario

applicare ad un utensile (Vane) costituito da quattro alette verticali e ortogonali tra

loro per provocare la rottura del terreno lungo la superficie cilindrica che inviluppa le

alette mantenere lo strumento in rotazione con una velocità di 6°/min.

Le alette sono caratterizzate da un rapporto H/D = 2, con D = 45-55-65 mm.; lo

spessore delle alette è sottile (area palette/area cilindro inviluppo delle

palette 0.15).

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Prove in situ: Prova scissometrica (FVT)

La prova si esegue, infiggendo la coppia di alette 0.5 m al disotto del fondo di un foro

di sondaggio e ponendo lo strumento in rotazione.

In alternativa si può utilizzare il cosiddetto scissometro autoperforante (o Vane Borer)

infisso staticamente nel terreno in modo non dissimile da una punta penetrometrica

CPT.

In questo caso, durante la penetrazione le alette sono protette da una scarpa;

raggiunta la profondità desiderata si arresta la penetrazione dello strumento e si

infiggono le sole alette per una profondità di 0.5 m. In entrambi i casi, l'esecuzione

della prova, cioè la messa in rotazione dello strumento, ha luogo subito dopo

l'infissione (Δtmax = 5 min).

L'interpretazione della prova scissometrica si basa sulla possibilità di correlare il

valore del massimo momento torcente misurato nel corso della prova con la

resistenza del terreno mobilitata sulla superficie di rottura cilindrica generata dalla

rotazione delle palette.