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Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4 1 MACCHINE DI CANTIERE Il processo di meccanizzazione che ha interessato il cantiere nell’ultimo secolo risponde a due obiettivi fondamentali: 1) ridurre la fatica umana; 2) consentire esecuzioni più rapide, perfette regolari e meno costose. Contrariamente a quanto si crede la meccanizzazione (ma anche l'informatizzazione) non crea disoccupazione. Anche se l’adozione di mezzi meccanici riduce la manodopera necessaria e limita il numero di addetti, la riduzione dei costi e dei prezzi conseguente permette di incrementare notevolmente il consumo e quindi, per riflesso, la produzione. Inoltre la meccanizzazione richiede la costruzione del macchinario e comporta perciò l’aumento anche dell'occupazione. Si pensi a tal proposito che un manovale lavorando in continuazione alla manovella a malapena può fornire 1/10 di CV. A conti fatti il 'cavallo umano' costa almeno 150 volte quello elettrico. La meccanizzazione non è in ogni caso redditizia e non sempre conviene scegliere la macchina più potente e costosa. Mettendo a confronto diversi sistemi di lavoro (dal manuale all'automatizzato) si trova la soluzione migliore tenendo conto sia le ragioni tecniche che quelle economiche. Le ragioni tecniche hanno sempre la preferenza; a parità di prestazioni tecniche va preferito il sistema più economico. Non è detto che il sistema più economico sia quello di minore costo in quanto per conseguirlo talvolta occorrono forti impegni di capitale o forti indebitamenti. Da queste considerazioni ne discende che occorre: 1) scegliere il macchinario che, a parità di resa tecnica, dia il massimo rendimento economico nel tempo; 2) utilizzare al massimo macchine e uomini, senza superare il limite di fatica e pregiudicare l'integrità di entrambi ma 'saturando' la rispettiva attività senza creare tempi morti (se una macchina può lavorare - o è bene che lavori - 24 ore al giorno, sarebbe bene poter organizzare i cicli produttivi e la presenza della manodopera in modo che ciò sia possibile). Ciò non ha nulla a che fare con lo sfruttamento intensivo della manodopera, anzi nei cantieri ben organizzati la manodopera si affatica di meno perché lavora con ritmo costante senza pause ma senza sovraccarichi. Tecnicamente l'utilizzazione del macchinario e delle maestranze si misura con la 'saturazione', cioè con il rapporto tra il tempo di lavoro e il tempo di presenza in cantiere: un operaio che attende ordini, che attende che una macchina finisca il proprio ciclo per operare, che si sposta all'interno del cantiere non lavora; una betoniera che può compiere 15 impasti l'ora ma ne potrebbe fare 30 è saturata al 50% (se ne fa 30 per 4 ore e per altre 4 ore sta ferma ha la stessa saturazione); 3) migliorare le condizioni di lavoro e non 'demotivare' i lavoratori (spesso l'efficienza è promossa con tattiche paternalistiche o con incentivi economici). Fra i molti fattori da considerare prima dell'acquisto di una macchina vi sono: a) La robustezza. Basata essenzialmente sulla bontà dei materiali impiegati e sulla buona progettazione e costruzione; b) La versatilità di impiego: una macchina versatile assicura maggiori utilizzazioni e una maggiore saturazione; c) Possibilità di riserva: è legata all'essenzialità della macchina per le lavorazioni previste e alla facilità di rottura (il non funzionamento di una macchina può portare all'arresto del cantiere: valutando i danni economici per ogni ora di arresto è possibile decidere tra una sola macchina o due macchine di potenza complessiva superiore o uguale); d) potenza assorbita (varia con la prestazione) e installata (maggiore di quella assorbita); e) Rendimento: si può articolare in rendimento meccanico, rendimento produttivo, rendimento economico. La potenza assorbita da una macchina rispetto a quella erogata dipende dal suo rendimento meccanico che a sua volta è funzione della corretta progettazione e costruzione, dei meccanismi prescelti, del sistema di trasmissione della potenza dal motore alla macchina ecc. Il rendimento produttivo (produzione oraria) è quello che serve a proporzionare la macchina alle necessità di cantiere. Esso dipende, a parità di macchina utilizzata, da: 1) natura dell'oggetto prodotto (il rendimento produttivo di uno scavatore è influenzato dalla natura del terreno da scavare); 2) l'orario di lavoro (il lavoro notturno dà minore rendimento a causa di minore produttività dell'uomo, minore visibilità ecc.) e i turni di lavoro (una betoniera può lavorare fino a 24 ore al giorno ma ne lavora 8 se vi è un solo turno); 3) l'intermittenza del lavoro (Tempo di effettivo movimento/Tempo utilizzato): per una gru l'intermittenza è influenzata dalla rapidità con cui sono effettuate le operazioni di carico e scarico; 4) le prestazioni : quasi mai le macchine lavorano a pieno carico (una gru da 1 t lavora spesso con carichi da 0,25-0,5 t): ciò riduce la produzione oraria e, variandosi continuamente il carico, si può avere un maggiore affaticamento dei suoi organi; 5) velocità : talvolta la dipendenza è diretta (trasportatori a nastro), talvolta di ordine maggiore (nelle macchine che funzionano ad urto, vibratori, martelli pneumatici, la produzione è proporzionale almeno al quadrato della velocità);

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Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

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MACCHINE DI CANTIERE

Il processo di meccanizzazione che ha interessato il cantiere nell’ultimo secolo

risponde a due obiettivi fondamentali:

1) ridurre la fatica umana;

2) consentire esecuzioni più rapide, perfette regolari e meno costose.

Contrariamente a quanto si crede la meccanizzazione (ma anche

l'informatizzazione) non crea disoccupazione. Anche se l’adozione di mezzi

meccanici riduce la manodopera necessaria e limita il numero di addetti, la riduzione dei costi e dei prezzi conseguente permette di incrementare

notevolmente il consumo e quindi, per riflesso, la produzione. Inoltre la

meccanizzazione richiede la costruzione del macchinario e comporta perciò

l’aumento anche dell'occupazione.

Si pensi a tal proposito che un manovale lavorando in continuazione alla

manovella a malapena può fornire 1/10 di CV. A conti fatti il 'cavallo umano'

costa almeno 150 volte quello elettrico.

La meccanizzazione non è in ogni caso redditizia e non sempre conviene

scegliere la macchina più potente e costosa. Mettendo a confronto diversi sistemi

di lavoro (dal manuale all'automatizzato) si trova la soluzione migliore tenendo

conto sia le ragioni tecniche che quelle economiche. Le ragioni tecniche hanno sempre la preferenza; a parità di prestazioni tecniche

va preferito il sistema più economico. Non è detto che il sistema più economico

sia quello di minore costo in quanto per conseguirlo talvolta occorrono forti

impegni di capitale o forti indebitamenti.

Da queste considerazioni ne discende che occorre:

1) scegliere il macchinario che, a parità di resa tecnica, dia il massimo

rendimento economico nel tempo;

2) utilizzare al massimo macchine e uomini, senza superare il limite di fatica e

pregiudicare l'integrità di entrambi ma 'saturando' la rispettiva attività senza

creare tempi morti (se una macchina può lavorare - o è bene che lavori - 24 ore

al giorno, sarebbe bene poter organizzare i cicli produttivi e la presenza della

manodopera in modo che ciò sia possibile). Ciò non ha nulla a che fare con lo sfruttamento intensivo della manodopera, anzi nei cantieri ben organizzati la

manodopera si affatica di meno perché lavora con ritmo costante senza pause ma

senza sovraccarichi. Tecnicamente l'utilizzazione del macchinario e delle

maestranze si misura con la 'saturazione', cioè con il rapporto tra il tempo di

lavoro e il tempo di presenza in cantiere: un operaio che attende ordini, che

attende che una macchina finisca il proprio ciclo per operare, che si sposta

all'interno del cantiere non lavora; una betoniera che può compiere 15 impasti

l'ora ma ne potrebbe fare 30 è saturata al 50% (se ne fa 30 per 4 ore e per altre 4

ore sta ferma ha la stessa saturazione);

3) migliorare le condizioni di lavoro e non 'demotivare' i lavoratori (spesso

l'efficienza è promossa con tattiche paternalistiche o con incentivi economici).

Fra i molti fattori da considerare prima dell'acquisto di una macchina vi sono:

a) La robustezza. Basata essenzialmente sulla bontà dei materiali impiegati e

sulla buona progettazione e costruzione;

b) La versatilità di impiego: una macchina versatile assicura maggiori

utilizzazioni e una maggiore saturazione; c) Possibilità di riserva: è legata all'essenzialità della macchina per le

lavorazioni previste e alla facilità di rottura (il non funzionamento di una

macchina può portare all'arresto del cantiere: valutando i danni economici per

ogni ora di arresto è possibile decidere tra una sola macchina o due macchine di

potenza complessiva superiore o uguale);

d) potenza assorbita (varia con la prestazione) e installata (maggiore di quella

assorbita);

e) Rendimento: si può articolare in rendimento meccanico, rendimento

produttivo, rendimento economico. La potenza assorbita da una macchina

rispetto a quella erogata dipende dal suo rendimento meccanico che a sua volta è

funzione della corretta progettazione e costruzione, dei meccanismi prescelti, del sistema di trasmissione della potenza dal motore alla macchina ecc. Il

rendimento produttivo (produzione oraria) è quello che serve a proporzionare la

macchina alle necessità di cantiere. Esso dipende, a parità di macchina utilizzata,

da:

1) natura dell'oggetto prodotto (il rendimento produttivo di uno scavatore è

influenzato dalla natura del terreno da scavare);

2) l'orario di lavoro (il lavoro notturno dà minore rendimento a causa di minore

produttività dell'uomo, minore visibilità ecc.) e i turni di lavoro (una betoniera

può lavorare fino a 24 ore al giorno ma ne lavora 8 se vi è un solo turno);

3) l'intermittenza del lavoro (Tempo di effettivo movimento/Tempo utilizzato):

per una gru l'intermittenza è influenzata dalla rapidità con cui sono effettuate le

operazioni di carico e scarico; 4) le prestazioni: quasi mai le macchine lavorano a pieno carico (una gru da 1 t

lavora spesso con carichi da 0,25-0,5 t): ciò riduce la produzione oraria e,

variandosi continuamente il carico, si può avere un maggiore affaticamento dei

suoi organi;

5) velocità: talvolta la dipendenza è diretta (trasportatori a nastro), talvolta di

ordine maggiore (nelle macchine che funzionano ad urto, vibratori, martelli

pneumatici, la produzione è proporzionale almeno al quadrato della velocità);

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6) temperatura: La prestazione di un motore elettrico è limitata dalla possibilità

di riscaldamento degli avvolgimenti. Se l'aria di refrigerazione è molto calda la

potenza che il motore può fornire senza danno diminuisce in proporzione.

7) altitudine: La rarefazione dell'aria ne diminuisce il potere refrigerante;

parimenti minore è il quantitativo di ossigeno fornito ad un motore a

combustione e il peso dell'aria aspirato a parità di cilindrata: ne deriva una

riduzione di potenza; la rarefazione ha effetti negativi anche sui compressori.

Il rendimento economico si valuta nel confronto tra i costi di esercizio (per unità

di tempo o di prodotto) e i ricavi ottenuti. I termini di larga massima che determinano la scelta di un macchinario dipendono da:

Ce= costo di esercizio per unità di prodotto (per es. un mc di calcestruzzo) o per

unità di tempo;

Cv= costo variabile per unità di prodotto (consumo di energia, impiego di

manodopera)

Cf= costo fisso annuo (ammortamento, interessi al capitale, magazzinaggio,

manutenzione, assicurazione) pagato anche se l'impianto non è funzionante.

Dette (n) le unità prodotte all'anno si ha:

Ce = Cf/n + Cv

Ovviamente tra due impianti diversi quello più economico è quello che ha Ce

più basso. f) costo del macchinario: costo d'impianto + costo di esercizio.

Il costo d'impianto è comprensivo di:

1) Costo di acquisto che comprende: il costo del macchinario e i costi di imballo,

dogana e trasporto;

2) Costo di messa in opera: ad es. una gru a torre su binari: preparazione della

sede (fondazione), messa in opera dei contrappesi; montaggio e allacciamenti

elettrici; messa a punto e collaudo; smontaggio; trasporto in magazzino e

'ripassatura generale': verniciatura, ingrassatura, imballo delle parti più delicate;

ripristino del terreno; ancora, una gru a torre senza traslazione, con base in c.a.

richiede un elevato costo di impianto ma ha costi di ammortamento e di esercizio

nettamente inferiori ad una autogru, pronta all’impiego, e presenta tempi di

manovra nettamente inferiori. La valutazione deve tenere conto della valutazione complessiva del lavoro e della programmazione dei lavori. L’individuazione

delle fasi temporali deve quindi essere fatta in maniera equilibrata e congruente

al fine di non avere sovrapposizioni (picchi di utilizzo) o sottoutilizzazioni

(discontinuità).

Il costo di esercizio (da valutare in relazione al risultato ottenuto) comprende:

1) l'ammortamento: a parte il caso di macchinari che vanno ammortizzati

nell'ambito di un solo lavoro (macchine speciali acquistate per un determinato

lavoro per le quali non si prevede un’utilizzazione futura, casseforme a perdere,

blocchi di fondazione di una gru), per macchinari generici che possono avere

altre applicazioni, l'ammortamento corrisponde ad una percentuale annua del

loro valore presente.

Una macchina ha un determinato periodo di vita e una corrispondente

produzione totale; è necessario che in questo periodo la macchina si paghi,

ovvero ammortizzi il capitale impiegato e i relativi interessi più il plusvalore che

nel frattempo può aver assunto sul mercato. Alla sua attività verrà attribuita una

quota di ammortamento che sarà poi considerata nell’incidenza sul costo di esercizio. Vi è inoltre da considerare che una macchina offre prestazioni

decrescenti nel tempo e richiede una manutenzione maggiore. Per le macchine

edili l’ammortamento è inteso come:

a) diminuzione del valore della macchina (vetustà pura, decadimento reddituale,

invecchiamento tecnico e tecnologico) normalmente l'invecchiamento tecnico

varia tra 4 e 10 anni (ma con punte da 2 a 30 anni) a seconda dell'evoluzione

tecnica del ramo, mentre la vetustà dipende dal volume di lavoro compiuto;

b) accumulo di una riserva che deve consentire la sostituzione della macchina

con una nuova, moderna, non appena o per eccessivo lavoro o per l'apparizione

sul mercato di apparecchi più efficienti e redditizi, sia conveniente una sua

sostituzione. La quota teorica di ammortamento (Cn) di un capitale (C) da rimborsarsi con (n)

annualità ad un tasso di interesse annuo (i) è la formula delle annualità

necessarie a ricostruire il capitale iniziale C in n anni all’interesse i:

Cn = C [ i (1+i) n / (1+i)n - 1]

Indicando con ha le ore di lavoro medie annue la quota di ammortamento oraria

è A = Cn/ha.

Ma il valore di C è solo un valore storico che non ha corrispondenza con i valori

attuali e con le cifre necessarie per riprodurre il bene da ammortizzare; inoltre il

valore attuale di un impianto è costituito dalla somma delle utilità future

ragionevolmente prevedibili oggi, riportate ad oggi al tasso di interesse vigente; infine se le quote di ammortamento sono destinate a riprodurre il bene

migliorato, esse devono basarsi sul valore attuale del bene nuovo che non ha

legami diretti con il valore storico.

In pratica, per semplicità ci si limita a suddividere il costo della macchina in (n)

annualità uguali, addebitandone una all'esercizio di ogni anno, talvolta si

aggiungono gli interessi o sull'intero valore, o sul valore residuo, detratte le

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quote ammortizzate. Questo sistema non tiene conto del lavoro effettivo svolto

né della diminuzione di valore appena dopo l’acquisto.

La valutazione della quota di ammortamento può seguire diversi criteri. Di

seguito si riporta un’altra esemplificazione, che individua inoltre la quota di

ammortamento oraria:

ipotizzando un lavoro di 200 ore mensili per 10 mesi l’anno, cioè 2000 ore/anno

Cn = C/2000 (1/Na + 0,1Nr/Na)

dove Cn = quota di ammortamento C = costo

Na = anni di vita totali

Nr = anni di vita residui

Con tale calcolo di ammortamento però si trascurano, come si è detto, due

fattori importanti:

- l'influenza del lavoro compiuto (maggiore è la saturazione, più frequente le

riparazioni e la sostituzione);

- la notevole diminuzione di valore della macchina a prescindere dall'uso.

Di essi se ne può tenere conto valutando preventivamente quale sia annualmente

il numero medio di ore di utilizzazione: una quota di ammortamento dipenderà dal maggiore lavoro compiuto in un anno (bisognerà accumulare più

rapidamente una riserva se la macchina è molto sfruttata); un'altra (massima per

il primo anno e poi via via decrescente) che terrà conto della vita della macchina

determinata in base all'invecchiamento tecnico.

2) La manutenzione. In genere si distingue in manutenzione ordinaria (pulizia

giornaliera e settimanale con lubrificazione e ingrassaggio) e straordinaria

(sostituzione delle parti usurate e riparazioni di guasti, che però una buona

manutenzione dovrebbe prevenire). Queste operazioni possono essere eseguite

dallo stesso operatore, dall'officina di cantiere o da squadre specializzate di

manutentori. Il costo annuale della manutenzione varia tra il 10 e il 20 % del

costo iniziale (ma con punte da 5 a 35%) di acquisto: di tale costo

orientativamente il 35% va alla manutenzione ordinaria, il 35% va ai ricambi, il 30% alle spese di riparazione.

3) Magazzinaggio. La spesa relativa non è trascurabile e si può calcolare tenendo

conto dei mq di magazzino occupati dalla macchina e dei giorni di inattività.

4) Energia assorbita

5) Manodopera necessaria

Molto diffuso è ovviamente il noleggio. Questo può essere previsto con o senza

operatore, svincolando in quest’ultima ipotesi l’impresa da qualsiasi

responsabilità sull’uso della macchina. Ancora una differenza consiste nel

noleggio a freddo e a caldo. Con il primo viene noleggiato solo il macchinario;

con il secondo, oltre al macchinario, il locatore mette a disposizione

dell'imprenditore anche un proprio dipendente con una specifica competenza nel

suo utilizzo, cioè l’operatore, che non ha alcuna ingerenza nell’attività produttiva

e nell’organizzazione del lavoro dell’impresa che ha noleggiato la macchina.

L’esistenza di norme antinfortunistiche impone uno specifico controllo della rispondenza di norme alle macchine e attrezzature utilizzate nel corso

dell’attività produttiva.

In Italia non esisteva una preventiva omologazione di tutte le macchine, per cui

poteva accadere che macchine nuove di fabbrica non risultassero rispondenti

alle norme. Dalla introduzione della direttiva macchine 89/392/CEE, recepita

con DPR 459/96, le macchine dovranno rispondere sin dall’origine alle norme

specifiche. La direttiva è indirizzata essenzialmente ai costruttori di beni

strumentali utilizzati nei sistemi produttivi.

Macchinario usato

Spesso un'impresa si trova nell'alternativa tra l'acquisto di una macchina nuova o di una usata. Nell'acquisto di una macchina usata vanno valutati tre fattori:

a) Vetustà pura: ha una vita inferiore di quella nuova; l'utilità che se ne può

trarre è minore;

b) Decadimento reddituale: costa di più di manutenzione e, avendo più guasti, è

più intermittenti e va incontro a maggiori arresti nel lavoro; ha minori rendimenti

meccanici a parità di potenza assorbita;

c) Invecchiamento tecnologico: una macchina usata è invecchiata

tecnologicamente (anche una macchina nuova può appartenere ad un sistema

produttivo superato: una macchina non computerizzata è superata rispetto ad una

computerizzata).

In linea di massima ai cantieri di modesta entità e di breve durata si destinano

macchine usate, a quelli importanti e di lunga durata, macchine nuove. Avendo deciso di acquistare una macchina usata occorre valutare se il minore costo (40-

60% del nuovo) copre gli inconvenienti prevedibili.

Talvolta anche per cantieri temporanei o per macchinari speciali conviene il

noleggio, che però è molto costoso e quindi conviene per brevi utilizzi. Sarebbe

perciò preferibile noleggiare una macchina col personale che la deve condurre

così da evitare qualsiasi imprevisto (anche se i costi lievitano notevolmente).

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Ogni macchina, nuova od usata, va tenuta provvista di un «manuale d’uso» che

deve accompagnare sempre l’operatore della macchina oltre che per improvvisi

chiarimenti anche per gli equipaggiamenti, gli schemi dei circuiti elettrici,

continui problemi di manutenzione. L’operatore è il primo manutentore ed è

quindi esecutore scrupolose dei controlli indicati nella scheda tecnica

giornaliera e dei dati di funzionamento di cui è richiesta l’apposizione su

apposite pagine per attestare l’avvenuto controllo della manutenzione periodica.

Altri dati da considerare nell’acquisto di una macchina usata sono: le dimensioni

e il peso (utili per fissare le modalità di trasporto); il funzionamento (capacità, produzione, potenza assorbita, numero di giri, accessori ecc.) la vita produttiva

della macchina (conteggio degli ammortamenti, costi e tempi di montaggio e

smontaggio, costo di manutenzione per ora di lavoro, ore di lavoro già

eventualmente compiute e cantieri dove ha lavorato, costo di magazzinaggio

ecc.).

Nella scelta di una macchina è necessario prendere in considerazione, oltre il

costo della macchina stessa anche il ciclo e i tempi di ciclo e la produzione.

Il ciclo è la sequenza completa delle operazioni eseguite da una macchina; ad

esempio per un dumper, il ciclo è costituito dal carico (da parte di una pala o

altro), trasporto, scarico, manovra, ritorno a vuoto, manovra per rimettersi in posizione di carico. Il tempo di ciclo, espresso generalmente in minuti, è il tempo

occorrente per compiere tutte le operazioni di un ciclo; esso è la somma di un

tempo fisso e di un tempo variabile. Il tempo fisso comprende i tempi di carico,

scarico, rotazioni o inversioni di marcia e varia con il tipo di macchina e il tipo

di terreno; il secondo dipende dalle velocità di spostamento e dalle lunghezze dei

percorsi. Il tempo variabile può valutarsi utilizzando i diagrammi dei tempi di

trasporto che fanno parte delle specifiche tecniche di cui le macchine sono

dotate.

L a produzione è il lavoro svolto nell’unità di tempo, in genere l’ora. Noto il

tempo di ciclo ed il lavoro (scavo, trasporto ecc.) svolto durante il ciclo, la

produzione P risulta:

P = (lavoro svolto in un ciclo/tempo di ciclo)x60. Occorre inoltre tenere presente che gli operatori non lavorano ininterrottamente e

inoltre vi sono una serie di fattori contingenti per cui, per ottenere la reale

produzione oraria si introducono dei coefficienti: fattore di efficienza,

rendimento ecc. che possono abbassare anche del 30% la produzione teorica.

Le macchine attualmente impiegate in un cantiere edile possono essere divise

nelle seguenti categorie:

- macchine per scavo, movimento terra e palificazioni;

- macchine per lo spandimento, livellamento e costipamento del terreno;

- macchine per mescolamento dei materiali;

- macchine per trasporto;

- apparecchi di sollevamento;

- attrezzature per lavorazioni specifiche come l’impianto per la produzione

dell'aria compressa necessaria per il funzionamento di battipali, martelli

demolitori, pompe per calcestruzzo, vibratori ecc.

E’ oggi diffusa la tendenza ad impiegare imprese specializzate per l’esecuzione di determinate opere, cosicché il cantiere non è necessario che possieda tutto il

macchinario costoso e impiegato per brevi periodi (ad esempio, i lavori di scavo

in grandi cantieri e il confezionamento del calcestruzzo).

Sono invece utili mezzi meno potenti che consentano di eseguire i lavori di

spostamento, di reinterro e di sistemazione, ai quali è necessario provvedere

durante tutto il corso della costruzione e nella sua fase finale.

Più complessa è la valutazione della convenienza a ricorrere alla fornitura di

calcestruzzo preconfezionato, fornito in cantiere mediante autobetoniere. Fattori

che influiscono sulla scelta possono essere le dimensioni limitate del cantiere,

inadatte ad accogliere le macchine per il confezionamento degli impasti oppure

la necessità di disporre di quantità relativamente contenute di calcestruzzo da gettare in punti tra loro piuttosto lontani (caso tipico la realizzazione di collettori

fognari).

Una ulteriore distinzione riguarda i veicoli cingolati e veicoli gommati.

i cingoli presentano il vantaggio di una maggiore superficie di appoggio e di una

maggiore aderenza; per contro presentano velocità basse (non oltre i 4-5 km/h in

pratica) e la tendenza a guastare strade già costruite. Sono però indispensabili

per transitare su terreni soffici incapaci a reggere pressioni superiori a 0,3-0,5

kg/cmq. Poiché la velocità ha una notevole influenza sul rendimento dei lavori,

si assiste alla tendenza di utilizzare veicoli gommati, appena la resistenza del

terreno lo consenta. Con gli pneumatici moderni a bassissima pressione, con

battistrada molto larghi e impronte profonde e opportunamente orientate, si possono percorrere facilmente piste di terreni capaci di sopportare pressioni

appena superiori a 0,5 kg/cmq; la velocità sale in tal modo a 15-20 km/h in

campagna e 40-50 km/h su strada. Questo enorme vantaggio fa accettare la

notevole spesa per il ricambio degli pneumatici.

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MACCHINE PER LO SCAVO E IL MOVIMENTO DI TERRA

Le macchine per movimento terra consentono di eseguire le operazioni di scavo,

carico, trasporto, spandimento e compattazione. Esse vengono impiegate durante

le seguenti fasi di lavoro: preparazione del cantiere, scavo per lo sbancamento e

per la fondazione degli edifici e sistemazione finale del terreno. Sono macchine

di grande potenza capaci di scavare molte centinaia di mc di materiale al giorno.

Solo 70 anni fa i movimenti dei terra erano tutti manuali con una produttività di

circa 10 mc/g per persona mentre ora con una pala o dozer si arriva a 2000

mc/giorno con un solo operatore. Sono equipaggiate con ruote gommate o cingoli in modo da poter lavorare

agevolmente su vari tipi di terreno. Le macchine dotate di ruote gommate

presentano una maggiore velocità di marcia e la possibilità di percorrere tratti

stradali. Quelle cingolate possono operare anche su terreni scarsamente

consistenti e con maggiori pendenze, ma non possono transitare su strada. I

criteri di scelta dipendono dalla possibilità di impiegare le macchine in

condizioni diverse, dal tipo di lavoro, dai tempi di esecuzione, dal tipo di

materiale da scavare e dalla distanza necessaria per giungere allo scarico. Una

macchina che consente più operazione costituisce ovviamente un vantaggio.

Per la programmazione ed esecuzione dei movimenti di terra, qualunque sia il gruppo di macchine adoperato, è necessario tener presente che nel corso degli

scavi si hanno aumenti di volume variabili con la natura e lo stato del terreno in

sito, e successiva riduzione per effetto del costipamento, quando viene poi

utilizzato per formare rilevati. Pertanto se V è il volume in banco, ossia in sito,

quello da trasportare sarà (vedi le tabelle in figura) V x a e quello occorrente per

formare il rilevato sarà V x a x b, con a e b coefficienti variabili con la natura e

lo stato del terreno in banco. I valori in tabella possono utilizzarsi a livello di

progetto, mentre per la esecuzione dei lavori vanno determinati direttamente.

Tra i numerosi tipi di macchine per movimento terra quelli di più comune

impiego in cantiere sono:

- escavatori idraulici; - pale caricatrici o caricatori;

- terne (o macchine combinate);

- apripista (o bulldozer);

- ruspe (o scrapers);

- livellatrici;

- autocarri e dumper;

-decauville.

Escavatori universali

Gli escavatori sono mezzi cingolati o con ruote gommate muniti di un lungo

braccio dotato di un utensile, detto benna o cucchiaio, con denti anteriori di

acciaio.

Le benne possono avere diverse larghezze, scelte a seconda del tipo di lavoro da

eseguire: quelle di minor larghezza sono impiegate negli scavi a sezione ristretta;

maggiore è la compattezza e durezza del materiale da scavare minori sono le

dimensioni della benna. Il lavoro viene svolto in posizione fissa, azionando il braccio che porta la benna per scavare il terreno e ruotando la torretta fino a

caricare il materiale asportato sui mezzi di trasporto: di particolare importanza è

la possibilità di eseguire una rotazione di 360°.

La produttività per un materiale poco addensato e con macchina più potente è di

circa 320 mc/h.

Inizialmente gli scavatori venivano montati su binari poiché, data la forte

reazione sulle ruote dovuta al peso della macchina e all'azione di scavo, delle

semplici ruote lisce da terreno, sarebbero facilmente affondate nel terreno e

avrebbero incontrato enorme resistenza alla traslazione. L'uso delle rotaie ha

però due inconvenienti:

- mobilità limitata dello scavatore; - costo eccessivo della manodopera per muovere il binario durante

l'avanzamento del veicolo.

Il problema è stato risolto con i cingoli: la mobilità è completa e il veicolo può

spostarsi anche su terreni accidentati con pendenze fino al 20%. Oggi con

l'introduzione di grandi pneumatici molto larghi e a scanalature profonde, si

torna, per gli scavatori piccoli e medi, ai tipi su ruote che risultano maneggevoli,

veloci, leggeri e che richiedono minore sforzo di trazione.

Gli escavatori sono costituiti da una macchina di base sulla quale possono essere

montati diversi tipi di equipaggiamenti che rendono possibile lo svolgimento di

diversi lavori.

La macchina di base è un carro che porta una piattaforma girevole di 360°

intorno ad un asse verticale. Su di essa sono montati il motore, la cabina di comando e i possibili equipaggiamenti. Gli scavatori gommati hanno minore

dimensione (pala fino a 2 mc, peso fino a 20t); sono adatti per lavori su terreno

resistente e pressoché orizzontale; sono dotati di elevata velocità di traslazione

(20-30 km/h); durante il loro impiego la stabilità della macchina può essere

aumentata da stabilizzatori retrattili a comando idraulico.

Gli scavatori cingolati possono avere dimensioni maggiori (benna fino a 7 mc,

peso fino ad oltre 100 t); possono muoversi su terreni molto accidentati e

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scarsamente portanti grazie alla bassa pressione esercitata dai cingoli; hanno una

modesta velocità di traslazione (2-5 km/h)

Il sistema di comando può essere:

- a funi: oggi si costruiscono solo per applicazioni particolari (dragline, gru); i

movimenti del braccio e dei vari equipaggiamenti sono comandati da funi di

acciaio che si avvolgono su argani;

- idraulici: il motore diesel principale (due motori nei modelli maggiori),

attraverso un gruppo di pompe e i circuiti di distribuzione del fluido in pressione, aziona:

a) i motori idraulici di traslazione (uno per cingolo o per ruota);

b) il motore idraulico di rotazione della torretta;

c) i cilindri idraulici per lo spostamento del braccio.

Gli scavatori idraulici hanno tempi di ciclo notevolmente minori degli scavatori

a funi.

Equipaggiamenti.

Gli scavatori a cucchiaia o badilone hanno costi di esercizio elevati in rapporto

ai volumi di scavo; hanno però doti di trasportabilità e di versatilità che li fa

preferire da parte delle imprese di sterro le quali devono compiere lavori importanti in diverse condizioni e passare dalla produzione di sabbia e ghiaia

allo scavo vero e proprio, al livellamento, alla formazione di fossi ecc.; possono

montare:

-un cucchiaio frontale: adatto per lo scavo al di sopra del piano di appoggio

della macchina, viene impiegato per lo scavo di pareti, lavori di cava, carico del

materiale dislocato con rippers o esplosivi, operazioni di finitura. Il montaggio

con cucchiaio diritto offre le possibilità di lavoro più estese per lo scavo e il

carico del materiale. Il cucchiaio deve riempirsi in una sola corsa, gradualmente,

mentre le punte percorrono l'arco di scavo.

Il lavoro più adatto è lo scavo a partire dal piano di appoggio dei cingoli, in alto

contro una scarpata, e la raccolta dei materiali sciolti giacenti sul terreno e il loro

carico sui veicoli. Per una migliore efficienza è bene che il veicolo possa esser caricato dallo scavatore tramite una rotazione non superiore a 90°.

- un cucchiaio rovescio: adatto per lo scavo al di sotto del piano di appoggio

della macchina; viene impiegato per lo scavo di trincee ed in genere per lo

scavo a sezione obbligata;

- benna mordente o grinfa adatta per lo scavo di terreni in acqua, per il carico

di materiali sciolti, per scavi profondi a sezione obbligata, ed in genere quando

il materiale da scavare non abbia notevole consistenza. Il suo rendimento come

scavatrice non è elevato; in tale veste si usa nei casi di scavo profondo lungo un

asse verticale con pareti anche a piombo. Serve a scavare in fondo a corsi

d'acqua materiali vari (togliere sabbia e detriti ingombranti, strappare residui di

pali, sollevare blocchi ecc. La benna può essere a due o a tre valve (salpascogli);

quella ad 8 valve (polipo) si presta bene per la presa di rocce spaccate in

pezzature varie.

- martello demolitore: costituito da un grosso martello demolitore, azionato dal

circuito idraulico dell'escavatore, è adatto per la rottura della roccia e la

demolizione delle murature; - gancio per gru, adatto eccezionalmente per il sollevamento di carichi

- battipalo

- ripper, per lo scavo di materiali rocciosi e molto addensati. E’ un telaio di

acciaio con articolazione a cerniera munito di uno o più denti di acciaio (grosso

rastrello). La produttività varia in relazione al tipo di roccia e va da 300 mc/h a

2000 mc/h.

- Il montaggio come drag-line, o benna trascinata (detta anche scraping), si

presta allo scavo di canali e scarpate e per formare argini sotto il piano di posa

dei cingoli in terreni sciolti. Può servire per estrarre sabbia e ghiaia (elementi

di dimensioni non eccessive) dal greto di un fiume sott'acqua, ma non profondo

e in moto molto lento. La benna raschiante è trascinata verso lo scarico da una fune traente. Posteriormente è attaccata una fune di ritorno rinviata da una

puleggia: essa serve per far tornate la benna al punto di carico quando ha

compiuto la corsa e ha depositato il materiale.

- Il montaggio come spianatrice si presta per preparare un piano quasi perfetto

meglio del cucchiaio normale; può scarificare anche strade di conglomerato

bituminoso. Essa lavora facendo scorrere il cucchiaio sul terreno verso

l'estremità del braccio, e scarica alzando il braccio e aprendo il fondo, la cui

cerniera è però posta verso avanti e non posteriormente.

Calcolare i volumi di terra movimentati è di fondamentale importanza per valutare i

costi dei lavori di scavo e determinare il numero e il tempo dei mezzi d’opera

occorrenti sia per portare i terreni a discarica, sia per effettuare riporti. Più significativi nei cantieri per la realizzazioni di strade, gli elementi che influiscono su

questa valutazione sono i seguenti:

- il peso volumico del terreno

- il coefficiente di rendimento orario della macchina, la quale si calcola che lavori

50 minuti in un’ora. Il coefficiente f è quindi dato dalla relazione f = 50 min/60 min

= 0,833

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

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- il coefficiente di rendimento del cantiere Cc, che assume valori variabili da 0,50 a

0,85, in relazione alle condizioni del cantiere, alla sua efficienza e alla

organizzazione.

Si è detto dell’aumento di volume (o coefficiente di rigonfiamento del terreno) che i

terreni smossi, in funzione della loro natura, subiscono rispetto al volume che

avevano in banco e dei coefficienti a e b che ne individuano i nuovi valori. Quindi si

ricorda che il volume Vt di un terreno trasportato rispetto al volume in sito V è dato

da Vt = Vxa; mentre il volume di terreno costipato Vc per la formazione del rilevato

è dato da VC = Vxaxb, poiché la sola costipazione non compensa l’aumento di

volume che segue lo scavo. L’aumento di volume è contenuto e trascurabile nei

terreni sabbiosi, mentre è significativo nei terreni argillosi e rocciosi.

Volume Reale = Volume sito x a

Vr = 23000x 1,25= 28.750 mc Immaginiamo di lavorare 10 gg con 2 escavatori per 9 ore lavorative giornaliere.

Lo scavo giornaliero sarà dato da 28.750/10·2 = 1.437,5 mc/g

e lo scavo orario sarà 1.437,5/9 = 159,72 mc/h

approssimato a 160 mc/h

Nei cantieri spesso il terreno scavato, tutto o in parte, può essere riutilizzato per

effettuare reinterri, o riporti, nello stesso cantiere, compensando lo sterro e

condizionando molto i costi di scavo e trasporto.

Nei cantieri stradali il terreno da inviare a discarica sarà soggetto a un trasporto

cosiddetto “longitudinale” (cioè lungo l’asse stradale). Il costo dei lavori di sterro e del trasporto saranno proporzionali al prodotto del volume di terra per la distanza di

trasporto.

Il terreno destinato ad essere ricollocato nella stessa area sarà soggetto al cosiddetto

trasporto “trasversale”, denominato più propriamente “paleggio”. Il costo del

movimento terra è proporzionale al volume di terra necessario per lo scavo, che

coincide con quello necessario per realizzare il riporto.

I costi dei due terreni vanno quindi calcolati separatamente. La valutazione dei

volumi di terra scavati si effettua con appositi diagrammi.

Il primo è il Diagramma dei Volumi (vedi presentazione), in cui su un piano

cartesiano sono riportati i volumi delle terre per ogni sezione (stradale) individuata.

In opportuna scala, sull’asse delle X si riportano le distanze tra una sezione (stradale) è l’altra, mentre su quello delle Y i corrispettivi volumi di terra. La parte

positiva del piano indica gli sterri, quella negativa i riporti. I volumi di terra relativi

ai paleggi si ricavano ribaltando il profilo degli sterri su quello dei riporti e

viceversa; la parte comune simmetrica rispetto alle ascisse costituisce appunto il

volume dei paleggi, e quindi di terra trasportata “trasversalmente”.

Per valutare i volumi di terra da spostare longitudinalmente si semplifica il

Diagramma dei Volumi depurandolo dai paleggi e, successivamente, per

integrazione grafica si ottiene una curva ad andamento sinusoidale, denominata

“profilo di Brückner” (vedi presentazione). Ogni punto della curva indica la somma

algebrica, per ogni tratto considerato, dei volumi di terra da trasportare lungo la strada. I tratti in cui la curva interseca l’asse delle X indicano i “cantieri di

compenso”, ossia cantieri in cui vi è uguaglianza tra i volumi di sterro e di riporto.

La curva può anche non intersecare l’asse delle X e, comunque, quando la curva

cresce gli sterri sono predominanti rispetto ai riporti, quando decresce i riporti sono

superiori agli sterri.

Il costo totale C è dato da

C = c x M

Dove c è il costo unitario

e M = Vxn è il momento di trasporto determinato dal prodotto del volume

massimo del cantiere di compenso V e la distanza media di trasporto n

Scavatori speciali

Scavatori a tazze

Sono macchine poco versatili, adatte sostanzialmente allo scavo di canali o di

lunghe trincee in terreni non eccessivamente duri. Sono costituiti da una

macchina mobile su cingoli (o più spesso su rotaie), che porta un lungo braccio

mobile (elinda) sul quale si avvolge una catena continua su cui sono montate le

tazze; queste, strisciando sul terreno, si riempiono per poi scaricare il materiale

nei vagoni destinati al trasporto. Possono lavorare dalla sommità o dal fondo

dello scavo. L'elinda può essere opportunamente sagomata. Con potenze installate di 5-50 Cv realizzano produzioni di 10-200 mc/h di materiale scavato

(in funzione della natura del terreno).

A questa categoria appartengono gli scavatori a noria che hanno gli stessi

impieghi ma hanno il vantaggio della grande potenzialità con limitata spesa di

impianto e di esercizio; essi sono però convenienti per grandi produzioni.

Blondins draganti (drag-line)

Sono scavatori funicolari. L'impianto più semplice è costituito da una fune

portante tesa tra due punti, con discreta pendenza in salita verso il punto di

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

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scarico. Su di essa scorre un carrello mosso da una traente. La fune portante può

essere allentata o tesa da un argano affinché la benna, assicurata al carrello, si

posi sul mucchio o scorra ben alzata. La benna scende per peso lungo la portante

tesa ed è frenata dalla traente. Raggiunto il punto di scavo, la portante viene

allentata cosicché la benna si posa sul mucchio; viene poi trascinata dalla traente

in modo da riempirsi di materiale. Si tende poi la portante per sollevare la benna

dal mucchio e la traente la trascina al pilone dove avviene lo scarico. La

lunghezza del percorso è normalmente di 60-120 m; si hanno però impianti per

400 e più metri. L'altezza di sollevamento è normalmente tra i 20 e i 50 m. Sono quindi impianti costosi ma permettono una grande economia di manodopera. Si

adoperano per la produzione commerciale (o per cantieri di una certa durata e

dimensione) di sabbia e ghiaia in torrenti ricchi di materiale alluvionale: essi

scavano sott'acqua e possono funzionare a lungo nella stessa posizione perché

l'acqua stessa riempie il solco con nuovo materiale man a mano che la benna lo

asporta.

La differenza sostanziale tra il drag-line e lo scraper è data dalla presenza della

fune portante che consente elevate velocità di trasporto della benna; il drag-line

lavora in acque profonde e veloci, lo scraper in poca acqua quasi ferma o

all'asciutto. Con benne di capacità 0,25-2 mc e potenza di 30-250 Cv, si

realizzano produzioni orarie di 20-150 mc, a seconda della distanza dello scavo.

Scavatori da galleria

Mentre nelle gallerie di maggiori dimensioni trovano impiego gli scavatori e le

pale normali, nelle gallerie di piccola sezione si impiegano speciali pale a

caricamento anteriore e scarico posteriore, in quanto, potendo effettuare il carico

del vagonetto retrostante senza spostarsi, sono adatte a lavorare in spazi ristretti.

Le pale da galleria sono realizzate su ruote, cingoli o rotaie e per il carico di

vagonetti o autoveicoli.

Sono dotati generalmente di motore ad aria compressa, talvolta di motore

elettrico.

Pale caricatrici Le pale caricatrici, o caricatori, sono mezzi semoventi cingolati o su ruote

gommate muniti di una benna per lo scavo del terreno (al livello del piano di

appoggio della macchina). Si differenziano dagli escavatori sia per quanto

riguarda la forma della benna sia per le modalità di lavoro: l'azione di

asportazione del terreno e di caricamento sui mezzi di trasporto avviene infatti

mediante un movimento della macchina dal punto di scavo a quello in cui viene

deposto il materiale. In tal modo consentono di operare anche in situazioni di

viabilità interna del cantiere nelle quali l'area di scavo non sia direttamente

accessibile agli automezzi. Prendono o terreno sciolto o terreno già scavato con

altro mezzo. La produttività per il tipo più potente arriva a 360 mc/h. La benna è

collegata al telaio da articolazioni a comando idraulico ed è dotata di movimento

di avanzamento, sollevamento e ribaltamento. le pale possono montare benne di

volume diverso in relazione al lavoro da svolgere, o benne speciali (da roccia,

per lavori gravosi; a forca, per estirpazione di ceppaie ecc.)

Le pale cingolate sono adatte allo scavo superficiale, hanno velocità di

traslazione modesta (8-13 Km/h nei due sensi), potenza fino a 300 Cv, capacità della benna fino a 3,5 mc; sono adatte a distanze di scarico che non superano

100 m.

Le pale gommate, adatte a distanze di scarico che non superano 200 m, possono

essere:

- a telaio fisso (con uno o entrambi gli assi sterzanti): hanno potenza e capacità

della benna ridotte (50-100 Cv, 0,5-1 mc); spesso sono dotate posteriormente di

un piccolo retroscavatore a cucchiaio rovescio che può ruotare di circa 120°.

Sono adatte per lavori di modesta entità: manutenzione, scavi di fossi;

- a telaio articolato intorno ad uno snodo centrale che consente la sterzatura

della pala di 70-80°; sono quindi adatte a spazi ristretti e hanno velocità elevata

nei due sensi (25-40 km/h, potenza e capacità della benna variabile entro un ampio arco (60-350 Cv, 1-5 mc).

Apripista

Gli apripista, detti anche dozer o bulldozer, (trattori a lama raschiante) sono

utilizzati nei cantieri stradali o nella sistemazione di grandi superfici di terreno.

Sono mezzi cingolati o gommati, muniti di una lama di acciaio posta

anteriormente, a volte orientabile, adatta allo scavo e alla spinta del terreno su

piccole e medie distanze (max 200 m) e allo spianamento di terra o di altri

materiali sciolti. La produttività, per il tipo più potente, arriva fino a 600 mc/h su

una distanza di 90 m. Anche il dozer può montare un ripper.

A seconda della posizione della lama si hanno:

- l'apripista a lama diritta (bulldozer) fissata perpendicolarmente all'asse longitudinale del trattore: è usato per lo scavo e lo spostamento del terreno in

piccole quantità su modeste distanze.

- l'apripista a lama orientabile (angledozer) dotato di una rotazione (fino a 30°)

intorno al suo asse verticale: è usato per lo scavo di sezioni a mezza costa.

- l'apripista a lama inclinabile (tiltdozer) dotato di una rotazione intorno al suo

asse orizzontale: è usato per lo scavo in terreni fortemente acclivi e per la

formazione di fossi e cunette.

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

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Spesso la stessa macchina può montare i tre diversi equipaggiamenti.

In tutti i tipi la lama può spostarsi verticalmente e parallelamente a se stessa in

modo da essere sollevata dal suolo o da configgersi in esso. La lama ha il bordo

in acciaio speciale ricambiabile.

I dozer cingolati vengono prodotti in una vasta gamma: da macchine leggere (45

Cv, lama di 1,7 m, peso di 3,5 t), a macchine molto potenti ( 450 Cv, lama da 5

m, peso di 60 t).

I dozer gommati vengono realizzati per piccole e medie potenze (fino a 200 Cv)

e sono adatti per lavori in terreni sciolti, ove realizzano produzioni più elevate dei cingolati grazie alla maggiore velocità ( a vuoto fino a 35 km/h).

Gli apripista sono competitivi per gli spostamenti di terra su brevi distanze (50 m

per i dozer cingolati, 100 m per quelli gommati). Sono impiegati per:

- togliere sterpi, alberelli, siepi e blocchi sparsi sul terreno;

- decorticare il terreno, togliendo il primo strato vegetale per preparare il fondo

stradale;

- scavare fossi e canaletti in terreni duri ricchi di radici e pietre;

- scavo e spandimento di terreni leggeri, medi e duri per formare successive

trincee e rilevati, purché i trasporti non siano in media superiori a 50 m. Per

distanze maggiori, fino a 500 m, convengono le ruspe, poi i dumpers.

Scarificatori (rippers e rooters)

Il ripper non è uno strumento nuovo; già i romani lo utilizzavano, come aratro

montato su ruote e trainato da buoi, per rendere più sciolta e trasportabile la terra

durante la costruzione della via Appia.

Servono per rompere terreni di notevole durezza e vecchie massicciate da

ricostruire, onde preparare il lavoro del dozer o della ruspa. Sono generalmente

trascinati da trattori. I denti di acciaio hanno altezza regolabile e sono in numero

da 3 a 5; in terreni molto duri si lavora con i due soli denti estremi e in terreni

durissimi solo col dente centrale. Spesso si montano i denti sui rulli compressori

pesanti che possono così funzionare anche come scarificatori.

Si costruiscono anche dozer con denti retraibili montati tra il radiatore e la lama:

l'apripista corre in una direzione con la lama alzata e i denti abbassati per scarificare il terreno; nella direzione opposta coi denti alzati e la lama abbassata

per scavare e trasportare avanti e a lato. Si hanno così due corse attive invece che

una. La profondità di lavoro di un ripper varia da da circa 70 mm fino a 1780

mm)

Gli scarificatori, che raccolgono anche la terra, hanno maggiori dimensioni,

vengono montati sugli apripista cingolati di grande potenza (400 Cv). Vengono

spesso equipaggiati con scarificatori leggeri (con profondità di scavo inferiori)

anche le pale meccaniche, le livellatrici. La possibilità di 'rippaggio' dipende

dalla natura e dallo stato delle terre; può essere effettuato anche sulla roccia, se

questa è sufficientemente fratturata. Questa possibilità può essere valutata

preventivamente determinando la velocità di propagazione dell'onda d'urto

generata da piccole cariche fatte esplodere in superficie. Le rocce eruttive sono

scarificabili per velocità fino a 2000 m/s; le rocce sedimentarie e metamorfiche

per velocità fino a 2500 m/s.

La durezza della roccia è uno dei fattori che influenzano la rippabilità; la velocità di propagazione delle onde in una roccia dura è elevata, può arrivare

sino 60.000 metri al secondo; in materiale sciolto è più bassa, anche di 300 metri

al secondo. Le altre caratteristiche che favoriscono il rippaggio sono così

riassumibili:

Fratture, faglie e piani di minore resistenza

Alterazione dovuta a variazioni di temperatura e umidità

Fragilità e natura cristallina

Alto grado di stratificazione e laminazione

Grandi dimensioni granulometriche

Formazioni argillose, rocciose e di scisto, permeate di umidità

Bassa resistenza alla compressione. Al contrario, le caratteristiche che rendono le rocce sfavorevoli al rippaggio

sono:

Massività ed omogeneità

Roccia non cristallina e non fragile

Assenza di piani di minore resistenza

Presenza di grani fortemente cementati

Umidità nelle rocce di origine argillosa, poiché l’umidità può impedire il

rippaggio.

Scarisminuzzatori

E' uno scarificatore a molte punte dopo le quali si trova un albero con molte

palette in rapida rotazione contro le quali sbattono le zolle smosse dalle punte che vengono così disintegrate. Sono mossi da trattori.

Aratro a dischi folli e a dischi mossi

Servono a sciogliere i grossi grumi dei terreni argillosi scarificati e delle

massicciate smosse. Il primo tipo è analogo a quello agricolo; il secondo è dotato

di dischi messi in rapido movimento dal motore del trattore.

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

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Terne

Le terne o macchine combinate (trattore-escavatore-pala), sono dotate di una

benna anteriore e di un braccio con cucchiaia rovescia articolata posteriore, che

può compiere una rotazione di 180°. Possono assumere la funzione di pale

caricatrici o di escavatori a seconda delle necessità. Sono mezzi di grande utilità

pratica e di facile manovra, anche se di modesta capacità, spesso preferiti ad

altre macchine per la grande versatilità di impiego in vari interventi anche al di

fuori del cantiere.

Miniescavatori e minipale

I miniescavatori e le minipale eseguono lavori di escavazione e di sistemazione

con modesti spostamenti di terra. Molto versatili e maneggevoli possono essere

dotate di numerosi accessori che le rendono adatte a svolgere molte altre

operazioni.

I miniescavatori sono escavatori di dimensioni ridotte e di peso contenuto entro

le 5 t, in genere dotati di una cucchiaia rovescia e di una lama anteriore, molto

adatti per operare in spazi ristretti per effettuare scavi di sezione limitata e

piccoli spostamenti di terra.

Le minipale o minicaricatori hanno dimensioni minori delle pale caricatrici;

possono essere dotate di numerosi accessori (forche universali, forche con pinze, forche per pallet, martelli idraulici, rulli vibranti ecc.), che le rendono

particolarmente versatili e adatte al lavoro nel cantiere edile e nella

manutenzione stradale.

Ruspe

Le ruspe o scraper sono costituite da un cassone e da un gruppo di trazione

anteriore collegato a una lama inclinata, affondabile a comando nel terreno.

Inizialmente non avevano motore incorporato ma erano trascinate da trattori

cingolati (ora non più in produzione).

Esse servono:

- per scavare e trasportare terreni leggeri e medi (raramente i duri);

- per decorticare il terreno superficiale per preparare la sede stradale; - riprendere rocce frantumate dagli esplosivi e trasportarle;

- spandere strati regolari di sabbia e simili su lunghi percorsi.

Le ruspe sono consigliabili su percorsi da 100 a 300 m, ma anche sino a 2000 m.

Il ciclo di lavoro comprende:

- il caricamento, effettuato, per grosse benne, con l'impiego di una trattrice

ausiliaria che spinge da dietro;

- il trasporto, che conviene compiere alla massima velocità (intorno ai 20 km/h);

- lo scarico, da eseguire alla massima velocità (non più di 30 sec. su un percorso

di 20-30 m).

Oltre al tipo classico ve ne sono con scarico posteriore, anche con l'ausilio di una

specie di stantuffo che spinge il materiale verso l'uscita (utili e soprattutto

quando il materiale è umido o appiccicaticcio).

Quelle attuali sono molto larghe (3-4 m). Durante l'avanzamento della macchina

la lama asporta dalla zona di scavo uno strato di materiale e lo invia nel cassone.

Il materiale è poi trasportato al punto di scarico dove viene sparso

uniformemente regolando l'apertura di scarico e la velocità di avanzamento del mezzo. Si prestano anche alla compattazione ottenuta con ripetuti passaggi sul

materiale scaricato, sostituendo così, entro certi limiti, altre attrezzature come i

compattatori. Si impiegano quando le aree di scavo e scarico sono fuori dalla

viabilità ordinaria, distanza oltre la quale diviene competitiva la squadra

composta da dozer, pale e autocarri. La produttività per il tipo più potente e per

una distanza di 600 m è di 250 mc/h.

Si elencano di seguito le distanze di trasporto D consigliate per alcuni tipi di

macchine

Dozer o pala cingolata 0 < D < 100 m

Pala gommata 0 < D < 200 m Motorscraper 0 < D < 2000 m

Autocarro 0 < D < illimitato

Per spostare il materiale vanno valutate diverse possibilità in base alle seguenti

considerazioni: quanti metri cubi di materiale da rimuovere? Quale è il metodo

più economico? Quale macchina è disponibile in cantiere? Vi sono forti

pendenze nelle piste di cantiere? A che distanza bisogna trasportare la terra?

I metodi principali per spostare il materiale sono:

Pala e autocarro: Il materiale deve essere abbastanza piccolo. Per spostare

massi grossi è necessario valutare il rischio di ribaltamento della pala.

Bulldozer: adatto a brevi distanze; la produttività dipende dalla capacità della

lama. Scraper: il costo è basso rispetto alla soluzione pala-autocarro. La roccia caricata

dagli scrapers deve essere di piccola pezzatura. La durata dei pneumatici è

notevolmente ridotta se lavorano su roccia.

Nastri trasportatori: il materiale deve essere molto piccolo per essere trasportato

su nastro, per non comprometterne la durata e consentire il trasporto su piani

inclinati.

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

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MACCHINE PER LO SPANDIMENTO, IL LIVELLAMENTO E IL

COSTIPAMENTO DEL TERRENO

Livellatrici (grader) e motolivellatrice (motograder)

Derivano dagli apripista, e sono appositamente concepite per scavare, spandere,

spianare il terreno e rifinire spostamenti di terra eseguiti con altre macchine, in

particolare per la costruzione di rilevati stradali, lo scavo e la profilatura di

fossi e scarpate, la costruzione di cumuli e i rilevati di sezione continua, asportare lo strato di humus, ammucchiare i materiali smossi in cordoli.

Esse sono costituite da un telaio a ponte su ruote, azionato da un gruppo motore

posteriore, e da una lama orientabile, che può assumere svariate posizioni a

partire dal piano orizzontale fino a quello verticale. La caratteristica è quella di

avere le ruote inclinabili rispetto al loro asse cosi da eseguire anche lavori in

scarpata. Le livellatrici sono caratterizzate dalla dimensione delle lame (3-6 m)

alle quali vengono adeguate il peso (5-50 t) e la potenza (60-600 Cv). Le

livellatrici di impiego corrente hanno potenza fino a 200 Cv. Inizialmente non

avevano motore proprio. La motolivellatrice ha motore proprio ed è preferita per

la maggiore facilità di manovra e la maggiore lunghezza.

I compattatori

Sono utilizzabili nella fase finale dei lavori di sistemazione del terreno, quando è

necessario costiparne la massa per successive stratificazioni, in modo da ridurre

al minimo gli assestamenti naturali successivi. Sono utilizzati anche per

costipare gli strati di pietrisco delle massicciate e per cilindrare le

pavimentazioni.

La compattazione avviene:

per pressione (tutti i materiali) e si basa sul principio del superamento

dell’attrito interno delle particelle di terreno con la forza di gravità esercitata da

un mezzo che costringe il terreno ad addensarsi;

per vibrazione (materiali granulari) si basa sul principio del superamento

dell’attrito interno delle particelle di terreno con forza modesta ma con notevole frequenza (900-2500 vibrazioni al minuto). L'effetto delle vibrazioni si esplica

dapprima in superficie, per poi estendersi, con le successive passate, agli strati

più profondi. L'effetto in profondità aumenta con la frequenza e col crescere del

numero delle passate; dopo 10 passate si raggiunge praticamente il risultato

massimo;

per urto o impatto (piccoli lavori) è una variante della precedente ma con

frequenze minime;

per manipolazione (argille e limi) si esercitano rilevanti pressioni e azioni di

taglio localizzato per vincere l’attrito di materiali ad elevata coesività.

Le macchine per la compattazione si dividono in

Rulli statici (tamburi in acciaio o pneumatici)

rulli vibranti (tamburo in acciaio)

rulli a piedi di pecora (tamping)

compattatori manuali

I rulli statici sono ormai poco utilizzati preferendo aggregare alla gravità l’azione di vibrazione. Il peso dei rulli varia col lavoro al quale sono destinati e

con la durezza del materiale da costipare. Per costipare terre poco resistenti

spesso si limita il peso del rullo a 10 t per evitare l'affondamento. In alcuni casi,

se il terreno lo consente, è vantaggioso ricorrere a rulli molto pesanti, non solo

per il risparmio di tempo ma perché un numero elevato di passaggi di un rullo

leggero non equivale ad un passaggio di rullo pesante. Questo perché i rulli

pesanti trasmettono l'azione costipante a strati più profondi. Per rendere efficace

il costipamento con rulli molto pesanti è bene che l'intero strato interessato si

trovi in condizioni favorevoli. Tra questi tipi di rulli si hanno i rulli lisci:

possono essere a due o tre cilindri: usualmente il cilindro anteriore è sterzante;

quelli posteriori, a diametro maggiore sono motori. L'impronta dei rulli posteriori si sovrappone a quella del rullo anteriore. Agiscono superficialmente,

per cui vengono impiegati principalmente nella compattazione e nella chiusura

di massicciate in pietrisco e negli strati in conglomerato bituminoso. I rulli

gommati o pneumatici agiscono in profondità e perciò particolarmente adatti a

costipare terreni a grani fini. Possono essere di diversi tipi in funzione del

numero di treni di ruote gommate (uno o due), della capacità di muoversi

autonomamente o di essere trainati, del tipo di telaio di cui sono costituiti (rigido

o articolato). Sono dotati di dispositivi atti a distribuire uniformemente il peso

sulle ruote. La pressione degli pneumatici è tanto minore quanto maggiore è la

profondità cui si vuole pervenire con l'azione costipante. Per cilindrare il

pietrisco il peso dei compressori va rapportato alla resistenza alla frantumazione

del materiale. Sono classificati principalmente rispetto al valore del carico Q che grava su ciascuna ruota:

rulli leggeri: Q< 2,5 t;

rulli medi: Q < 4t;

rulli pesanti: Q< 6t;

rulli pesantissimi: Q> 6t.

I rulli vibranti sono macchine simili ai rulli statici con l'applicazione, ad uno o

più cilindri, di coppie di masse rotanti eccentricamente, con uguale velocità

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

12

angolare ma con verso opposto, in modo da fornire la frequenza di vibrazione

richiesta. Sono notevolmente più efficaci dei rulli statici. La compattazione,

previa bagnatura del materiale, viene effettuata per strati di spessore variabile

con la potenza del compattatore. Il numero di passate sul materiale dipende

sempre dalla potenza dell’attrezzatura e dal materiale. I tipi più diffusi sono:

- i compattatori vibranti a telaio articolato in cui un asse è dotato di pneumatici,

mentre l'altro è costituito da un cilindro vibrante, liscio o dotato di piedi;

- i rulli vibranti tandem a telaio rigido, con cilindro anteriore statico e sterzante

ed il posteriore vibrante; - rulli vibranti tandem a telaio articolato, con due cilindri che sono entrambi

motori e vibranti, particolarmente adatti a tutti i tipi di terreno per la possibilità

di regolare opportunamente l'effetto vibrante rispetto al peso, con l'esclusione di

uno o entrambi i cilindri.

Sia per i materiali rocciosi che argillosi si utilizzano rulli a piedi di pecora

(tamping) che hanno cilindri muniti di punte di forma conica, cilindrica, in

funzione della natura del terreno da trattare. La tendenza attuale è di produrli

semoventi, segmentando il cilindro in più parti e montando i punzoni su perni in

modo da renderli intercambiabili a seconda del terreno. Possono essere a due

(tandem), tre (tricicli) o quattro cilindri. I rulli in tandem (due soli rulli, uno anteriore e uno posteriore) cilindrano meglio, ma sono meno stabili; i

compressori con un rullo anteriore e due larghe ruote posteriori sono più stabili

ma meno precisi. La classificazione principale è riferita al valore del carico

statico per unità di lunghezza di generatrice del cilindro:

rulli leggeri: p< 30kg/cm;

rulli medi: p< 60 kg/cm;

rulli pesanti: p> 60 kg/cm.

Tra i mezzi costipanti vi sono le piastre vibranti, costituite da una piastra di

acciaio su cui, mediante molle, poggia un motore che dà rotazione a coppie di

masse eccentriche; ne deriva una risultante verticale d'intensità variabile che

provoca la vibrazione del terreno addensandolo. Sono impiegate per piccoli lavori di costipamento e in terreni di grana prevalentemente fine, e per superfici

di difficile accesso a mezzi costipanti di dimensioni maggiori, come accade in

genere nei rilevati costruiti a ridosso delle opere d'arte. Si classificano in

funzione della pressione statica trasmessa al terreno:

piastre leggere: p< 0,10 kg/cmq;

piastre medie: p< 0,15 kg/cmq;

piastre pesanti: p>0,15 kg/cmq.

A titolo di esempio si riportano le diverse macchine impiegate per realizzare

strade in terra stabilizzata.

La stabilizzazione del suolo di una strada riguarda la trasformazione,

coll'apporto di materiali poco costosi e disponibili sul posto, il terreno naturale al

fine di ottenere una superficie resistente al traffico leggero e alle intemperie

(strade poderali e di bonifica).

Si opera, in genere come segue:

- si asporta il terreno superficiale (10-40 cm) mediante apripista; - si scavano le trincee, trasportando il materiale ai rilevati mediante le ruspe;

- si livellano le cunette con la livellatrice

- si deposita lungo la pista il correttivo (sabbia, ghiaia), se necessario, si

rimescola il tutto con la livellatrice fino ad ottenere un composto omogeneo che

la livellatrice stessa spiana;

- si rende compatto il riporto, a strati, mediante rulli a piede di montone;

- realizzata così la fondazione, si realizza la pavimentazione aggiungendo al

terreno naturale i correttivi necessari , si mescola e si piana con la livellatrice e,

si innaffia per umidificare la miscela, si costipa con rulli gommati.

TRASPORTI DEL CANTIERE Relativamente ai trasporti esterni si utilizza per grandi spostamenti la ferrovia

che, non arrivando fino al cantiere, deposita le merci alla stazione più vicina da

cui vengono inoltrate a mezzo di autocarri. In tal caso, salvo che per macchinario

e materiali speciali, è più conveniente impiegare gli autotreni. Oltre al trasporto è

necessario provvedere al carico, allo scarico e all'ammucchiamento delle merci;

si ha quindi grande vantaggio nell'impiegare macchine autoscaricanti che vanno

preferite quando si debbano scaricare con continuità ghiaia, sabbia, pietrisco.

I trasporti interni al cantiere possono prevedere:

le ferrovie a scartamento ridotto per cantiere (400 - 600 - 750 mm), abbastanza

desuete se non per cantieri speciali poiché richiedono una sede fissa, modeste

pendenze, raggi di curvatura elevati; sono adatte a lavori di lunga durata con notevoli movimenti di terra (>150mc/h) e notevoli distanze di trasporto (>5Km).

I vagoncini, decauville, sono ribaltabili e montati su un carrello a quattro ruote;

hanno capacità di 0,75-3,5 mc; lo scarico avviene per ribaltamento del cassone o

dal fondo. La trazione viene effettuata con:

- locomotori Diesel, adatti per lavori all'aperto o in galleria ventilata;

- locomotori elettrici a batteria (autonomia di 15-20 Km), adatti per lavori in

galleria;

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

13

- locomotori ad aria compressa in bombole, in galleria ove si tema la presenza di

gas esplosivi.

Le carriole: usate per distanze non superiori a 150 m e per pendenze in ascesa

non superiori ad 8-10%. La loro capacità è di circa 50 litri. In media un

manovale trasporta 1 t a 100 m in un'ora, tenuto conto delle pause e del ritorno a

vuoto.

Autocarri, autotreni, autoarticolati: Autocarri (veicolo con cassone anche

ribaltabile) sono adatti al trasporto su strada. Si distinguono in leggeri (peso a pieno carico fino a 3,5 t), medi (fino a 10 t), pesanti (fino a 50 t). La tara

costituisce il 35-40% del peso totale. Le dimensioni del piano di carico arrivano

a 2,5x7,5 m.

Autotreno (autocarro con uno o più rimorchi) è adatto al trasporto pesante su

strada e per lunghe distanze. I rimorchi hanno usualmente peso a pieno carico di

20-25 t e dimensioni del piano di carico di 2,5x7,5-8 m.

Autoarticolato: veicolo con semirimorchio che scarica il proprio peso sulle ruote

e su una ralla di collegamento col veicolo. Sono particolarmente adatti al

trasporto di grossi carichi indivisibili. Hanno un peso complessivo a pieno

carico fino a 30-35 t e dimensioni del piano di carico fino a 2,5x12,5 m. Le

norme vigenti impongono limitazioni sulle caratteristiche e sulle dimensioni dei veicoli pesanti circolanti su strada (larghezza 2,50 m, altezza 4 m; per larghezze

tra 2,50 e 3 m è richiesta la scorta di personale dell’impresa, oltre i 3 m è

necessaria la scorta della Polizia stradale).

Dumper adatto trasporti su terreno accidentato o su piste di terra; sono

autocarri Diesel gommati, potenti e robustissimi, dotati di cassoni rovesciabili.

Essi sono adatti a funzionare in modo economico soltanto fuori strada, per

percorsi di 1-1,5 km (tipi piccoli) o di 2-2,5 (tipi grandi). Quelli con capacità di

carico superiore alle 25 t sono in genere impiegati in lavori stradali, ferroviari,

nelle cave ecc.; quelli più adatti al cantiere edile, denominati minidumper, hanno

capacità variabile tra 1 e 2 mc e sono ribaltabili anteriormente e/o lateralmente.

Il cassone è ribaltabile a comando idraulico. Alcuni autori fanno distinzione tra

autocarri a benna rovesciabile e i veri e propri dumpers i quali, nati in Inghilterra, hanno le seguenti particolarità:

- il conduttore è posto di solito dietro la benna e non avanti;

- esiste un dispositivo che consente di far ruotare il sedile del conduttore assieme

alle leve di comando e allo sterzo a seconda della direzione di marcia del

veicolo;

- è dotato di 3 velocità in avanti e 3 in retromarcia per evitare di dover girare il

veicolo alle estremità del percorso;

- lo scarico è rapidissimo (ma brutale): l'angolo di scarico è molto elevato per

assicurare la caduta anche di terre appiccicaticce;

- hanno capacità limitata che non supera, di solito, i 6 mc.

Impianti funicolari

Sono così definiti perché il moto avviene per mezzo di funi. Si distinguono in:

- funicolari terrestri o piani inclinati: i vagoni si muovono su rotaie appoggiate al

suolo;

- funicolari aeree: i carrelli viaggiano sospesi alle funi. In genere le funi sono costituite da fili di acciaio ad alta resistenza (tensione di

rottura >120 Kg/mmq) disposti secondo diversi sistemi di avvolgimento (funi

spiroidali in cui i fili avvolti a spirale; funi piane in cui uno o più strati di trefoli

sono avvolti a spirale intorno ad un'anima tessile) e il loro coefficiente di

sicurezza varia grosso modo da 4 (negli argani, nelle teleferiche) a 5-8 (negli

apparecchi di sollevamento) a 12 (negli ascensori).

Gli impianti terrestri più comuni sono del tipo 'va e vieni' su rotaie decauville. Il

va e vieni (due vagonetti viaggiano in contemporanea avanti e indietro) può

essere ad una semplice via, in tal caso un vagoncino (o un treno di vagoncini)

viene trascinato in salita da un argano, situato nella stazione di monte. mediante

una fune. Invece che agganciare direttamente il vagoncino alla fune, si possono usare dei sottocarrelli. Il treno di vagonetti in ascesa e quello in discesa sono

collegati da un unico cavo: in tal modo il treno scarico fa da contrappeso al treno

carico. Se il trasporto avviene dall'alto verso il basso, i vagonetti di discesa, più

pesanti, trascinano i vagonetti in salita e l'impianto funziona con un minimo

consumo di energia. Per pendenze elevate i vagonetti sono posti su carrelli zoppi

per evitare il rovesciamento. Il carico utile può arrivare a 20 t per convoglio e la

velocità a 4 km/h.

Nelle funicolari aeree (teleferiche) i carichi sono affidati ad una fune portante e

ad una fune traente. La fune è portante e traente nelle monofuni e si muove

sempre nello stesso verso, portando ad intervalli regolari i vagonetti. Si usano in

terreni accidentati, in montagna, quando bisogna attraversare ingombri sul

suolo. Nei cantieri si usano di solito le trifuni: i vagoncini corrono su due portanti parallele e sono trascinati o trattenuti da una traente chiusa ad anello.

Due tipi sono abitualmente adottati:

- Il va e vieni: due vagoncini viaggiano avanti e indietro, ognuno sulla sua

portante, assicurati a una traente. E' il tipo di teleferica più semplice, ha stazioni

molto ridotte e in molti casi può essere servito da un solo addetto. Perciò ha

minimi costi di impianto e di esercizio.

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

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- La teleferica continua automatica: usata se il percorso è lungo e accidentato e

la potenzialità richiesta è elevata; sono costituite da due portanti parallele. La

caratteristica di queste teleferiche è l'agganciamento e lo sganciamento

automatico dei vagoncini in stazione.

- Blondin (gru su funi)

Sono teleferiche che hanno molta analogia con le gru a portale; in esse, al posto

delle travi del ponte, sono utilizzate funi portanti. Sono adatte al trasporto di

carichi elevati, impiegate nella costruzione di dighe e ponti. Hanno luci fino ad 1 km e torri fino a 30 m (eccezionalmente 60 m)

Elementi del blondin sono: le funi, il carrello, le torri, gli argani. Il cavo traente

ha le due estremità collegate al carrello a cui è appeso il carico: in una torre il

cavo scorre sull'argano che ne comanda gli spostamenti, sull'altra è teso da una

carrucola dotata di contrappeso. Il cavo sollevante comanda gli spostamenti

verticali del carico rispetto al carrello: una estremità è fissata al carrello, l'altra

viene avvolta sull'argano di sollevamento. Particolari staffe (cavalieri) distribuite

dal carrello ad intervalli regolari impediscono ai cavi di sovrapporsi. Il carrello è

munito di più ruote articolate per distribuire il carico sul cavo portante. Le torri

sono puntoni metallici reticolari dotati di controventi. Le torri possono essere:

fisse (servono solo la linea tra le due torri). I carichi trascorrenti variano tra i 500 kg utili ai 10 t nei tipi più potenti. Si sono costruiti blondin per carichi di 200 t.

Il tipo a piloni fissi è spesso usato per la costruzione di ponti o per la posa di

condotte forzate ed ha lo svantaggio di servire solo una stretta striscia di

terreno sotto la portante.

Quello con i piloni oscillanti serve una stretta striscia rettangolare; l'oscillazione

è comandata da funi.

Quello a piloni radiali (con una torre fissa e l'altra mobile su rotaie, servono un

settore circolare) ha un pilone fisso con meccanica rotante e un pilone mobile su

di un arco di binario grande che ha come centro il pilone fisso. Con questo

sistema si può coprire una superficie triangolare (si può trasportare cls su una

diga poco arcuata); restano scoperti due piccoli triangoli nei pressi del pilone

fisso. I piloni mobili su rotaie servono un'ampia superficie rettangolare; in tal caso le

torri hanno una forma a piramide con uno spigolo verticale. Il tipo con due piloni

mobili paralleli su binari rettilinei può servire completamente una grande diga

molto arcuata. Talvolta invece di rendere i piloni mobili si preferisce far scorrere

sulla portante una tramoggia e distribuire con essa il cls su un nastro

trasportatore rotante. Migliore è la disposizione a due portanti parallele sulle

quali scorre una grande trave sormontata in mezzeria dalla tramoggia che

riempie una benna scorrevole lungo la trave.

Trasportatori continui

I trasportatori a nastro servono per lo spostamento di grandi masse di materiali

da movimentare superando piccoli dislivelli e con pendenze del nastro da 20° a

40°. Sono in genere usati negli impianti di betonaggio. Consentono una elevata

meccanizzazione del processo produttivo. La lunghezza del nastro è conveniente

per 100 m, oltre la quale devono avere molta potenza per non avere problemi meccanici che non ne renderebbero conveniente l’impiego. La velocità può

arrivare a 6 m/sec e la portata a 12000 t/h.

a) Trasportatori a nastro di gomma di tipo fisso: sono adatti a terreni

pianeggianti, lunghezze discrete e lavori di lunga durata (per esempio le dighe).

Non si prestano per trasportare pezzature grosse (si preferiscono il pietrisco, la

ghiaia, la sabbia, la terra, materiali sciolti). Sono costituiti da un nastro di

gomma composto da tre o più tele ricoperte di neoprene, aventi larghezza da 40

a 200 cm. Hanno dispositivi di carico e scarico: i primi guidano il materiale

caricato evitando urti ed abrasioni del nastro; i secondi raccolgono e convogliano

il materiale che si distacca dal tamburo di estremità per effetto combinato della

forza centrifuga e della gravità. La velocità varia da 0,5 a 3 m/s. L’inclinazione varia con la natura del materiale trasportato: per materiali di piccola pezzatura

(leganti in polvere, calcestruzzo, ghiaia e sabbia, terra comune) la pendenza non

supera i 22°. Il nastro, carico nel tratto superiore, è sorretto da gruppi di tre rulli

che lo foggiano a conca onde abbia maggiore capacità di trasporto. Una

estremità è motrice, costituita da un tamburo contro il quale il nastro aderisce per

attrito; all'altra estremità è quasi sempre montato un tenditore. I vantaggi di un

trasportatore a nastro sono: il funzionamento automatico senza personale, la

garanzia di continuità di funzionamento, il basso consumo di energia, la spesa

modesta di manutenzione.

b) Trasportatori a nastro di gomma di tipo mobile: sono corti e sono usati per

formare mucchi, riprendere da mucchi e caricare veicoli. Sono di solito montati

su ruote ed hanno la possibilità di inclinazione variabile c) L'alimentatore a piastre d'acciaio è costituito da un breve trasportatore a nastro

formato da tante piastre di acciaio montate su due catene; è adatto per servizio

pesante e pezzature grosse. La loro lunghezza arriva fino a 60 m e la velocità è

compresa tra 0,25-0,50 m/s.

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

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Trasportatori a coclea

Sono costituiti da un albero porta elica metallica che gira in un tubo metallico

chiuso (trasporto dei materiali in polvere) o in un canale aperto (lavatrici di

inerti e impastatrici di malte). Talvolta l'elica è sostituita da pale elicoidali

disposte ad intervalli. Questi trasportatori vengono impiegati per pendenze fino a

45°.

I carrelli trasportatori sono veicoli, semoventi e non, adatti al trasporto su

superfici piane o poco inclinate, muniti di piattaforma di carico oppure (caso più comune) di forche per la presa e il sollevamento di carichi confezionati a pallet.

I carrelli elevatori (impiegati in magazzini e stabilimenti industriali e talvolta

anche nei cantieri edili), consentono l'innalzamento del carico di qualche metro,

oppure, con equipaggiamenti particolari, anche fino a 7- 8 m dal piano di marcia.

I carrelli transpallet sono utilizzati per gli spostamenti di materiali pallettizzati su

piani orizzontali di adeguata consistenza e regolarità. Possono montare anche

pinze idrauliche e benne rovesciabili.

Trasportatori a tazze: vengono impiegati per il trasporto verticale. o con forti

pendenze, di materiale sciolto (ghiaia, pietrisco, sabbia). Sono costituiti da tazze

metalliche, aventi capacità da 10 a 150 dmc, disposte ad intervalli regolari (o,5-1,2 m) su due catene chiuse ad anello, che si avvolgono alla testata superiore

sulle pulegge motrici e alla testata inferiore sulle pulegge tenditrici.

APPARECCHI DI SOLLEVAMENTO

Martinetti: sono apparecchi di sollevamento usati per sollevare carichi elevati

per corse brevi. Si usano ad esempio per cambiare le gomme agli autoveicoli

(tipi prevalentemente a vite) e per i grandi sforzi nel caso di centine, trasporto di

travate, ponti ecc. (tipi idraulici). I martinetti meccanici, dotati di un'asta a

cremagliera o a vite, sollevata da una manovella mediante ingranaggi riduttori

(portata fino a 20 t e per corse fino a 350 mm). I martinetti idraulici comandati

da una pompa a comando manuale-elettrico (portata fino a 300 t)

Binde: hanno lo stesso scopo dei martinetti, ma utilizzano come organo di

sollevamento, al posto della vite, una cremagliera. Ciò consente un maggior

rendimento e quindi minori sforzi alla manovella a parità di carico da sollevare.

Si usano per carichi fino a 15-20 t.

Gru

Hanno la funzione di sollevare carichi, anche ingenti, e di distribuirli su una

zona più o meno vasta a seconda del tipo di gru.

La gru Derrick, è un particolare tipo composto da fusti di legno o traliccio di

acciaio, molto usate per montaggi; grandi derrick di acciaio si usano per

costruire ponti, dighe, grattacieli. Portano sino a 20-30 t. e grandi altezze di

sollevamento (100 m) e sbraccio (80 m). Si distinguono in:

- derrick a funi, costituite da una torre centrale, girevole a 360°, controventata da

funi di acciaio che sostiene un braccio sollevabile incernierato per un'estremità

verso la base della torre; - derrick a triedro, costituita da una torre a triedro che sostiene un braccio come

nel caso precedente.

La manovra del derrick avviene per mezzo di argani che comandano le funi di

sollevamento e di rotazione del braccio, e quelle di sollevamento del carico.

Le gru a torre, caratteristiche dei cantieri, sono costituite da una torre verticale,

eventualmente traslabile su rotaie, e da un lungo braccio orizzontale, entrambi

realizzati con struttura di acciaio a traliccio.

Gli elementi della gru sono:

la base o castello, (variabile orientativamente da 2.30x2.30 m a 17.50x17.50 m),

convenientemente zavorrata (orientativamente 30-40 t), così da opporsi al

momento ribaltante prodotto dai carichi e conferire la stabilità necessaria; la base può essere fissa o mobile su rotaie poste su traversine metalliche o di legno,

fissate su massicciata di pietrisco o inglobate in un solettone di cls che va

dimensionato in funzione del carico per ruota o per carrello (fino a 50-60 t);

la torre (di peso variabile tra 16 e 125 t), composta da elementi a struttura

generalmente reticolare. Se la torre raggiunge l'altezza di 40-50 m, viene

ancorata al suolo o all'edificio; in quest’ultimo caso l'ancoraggio va ripetuto ogni

15-20 m; l'altezza massima della gru ancorata può raggiungere i 200 m.

il braccio, girevole sulla sommità della torre e dotato di controbraccio zavorrato

(di peso variabile tra 4 e 8 t), così da ridurre il peso e la dimensione del tratto

anteriore. Sul braccio scorre il carrello che porta il gancio di sollevamento.

Alcune gru sono dotate di braccio ad inclinazione variabile che consente di

aumentare l'altezza di sollevamento. I contenitori agganciabili agli organi di presa possono essere di vario tipo tra i

quali il secchione circolare, la benna che arriva fino a 1 mc di capacità.

Una attrezzatura di sollevamento monta mediamente 20 pezzi al giorno in un

edificio residenziale a grandi pannelli (appartamento di 100 mq) e 30 pezzi al

giorno in un edificio industriale (250 mq). Tenendo conto che il montaggio e

smontaggio di una gru richiede 10 giorni lavorativi e che tale tempo non può

superare, per ragioni economiche, il 10% della durata di impiego, i limiti di

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

16

utilizzo minimi di una gru possono sommariamente essere di 100 giorni sia per

edifici prefabbricati a grandi pannelli, equivalenti a 100 appartamenti, sia per

edifici industriali, equivalenti a 25000 mq.

Le gru consentono la distribuzione dei materiali su tutta la superficie coperta dal

loro sbraccio. La cabina di comando può essere posta in, ciò cima consente

un’ottima visibilità, ideale per i cantieri grandi, dove la gru è utilizzata pieno

ritmo. Altri sistemi sono la pulsantiera a terra, o il radiocomando, oggi molto

diffuso.

Esistono due tipi fondamentali di gru a torre (UNI 7571 e UNI 7570): - con rotazione in alto in cui il braccio orizzontale ruota rispetto alla torre

verticale;

- con rotazione in basso in cui il braccio orizzontale ruota insieme alla torre

verticale; il contrappeso è disposto alla base della gru, su un carrello girevole

che porta la torre. La gru risulta stabile grazie alla presenza del contrappeso e

della zavorra alla base. L’entità del contrappeso è tale da equilibrare la metà

del carico posto alla massima distanza del braccio, così che il momento flettente

alla basse della torre sia uguale sia a vuoto che sotto carico massimo.

Quest'ultimo tipo, che comporta il posizionamento dei meccanismi di rotazione e

dei contrappesi alla base della torre, permette una maggiore rapidità di

montaggio e smontaggio e una migliore mobilità del braccio, ma presenta un maggior ingombro alla base della torre durante la rotazione. La struttura delle

gru deve essere progettata in base alle prescrizioni contenute nella norma CNR-

UNI 10021, tenendo conto in modo particolare dell'azione del vento. Quelle di

serie S sono di grande portata e adatte ai cantieri industrializzati.

Le gru a torre possono essere ulteriormente suddivise a seconda delle seguenti

caratteristiche fondamentali che riguardano i carichi e le dimensioni della gru:

Tra i primi:

- portata o carico massimo ammissibile per un certo braccio: carico massimo che

può essere sospeso all'apparecchio di sollevamento, tenuto conto del tipo e della

classe dell'apparecchio e delle condizioni di servizio specificate (generalmente

tra 2 e 30 t). La classe è una caratteristica che viene determinata in relazione alle

condizioni d'impiego (frequenza e durata di utilizzazione) e al regime di carico. -il momento nominale (M = LxQ): prodotto dello sbraccio massimo (dall’asse di

rotazione della parte girevole) per il carico sollevabile all’estremità del braccio

(generalmente tra 1 e 6,5 t).

- momento ribaltante (MA = AxQ): prodotto della distanza A, partire dall’asse

del fulcro – inizio del braccio - per il carico nominale

- massa totale (GO): massa totale della gru, inclusi la massa della zavorra e del

contrappeso.

Tra i parametri dimensionali:

- lo sbraccio: distanza, misurata in orizzontale, tra l'asse di rotazione della parte

girevole e l'asse verticale del gancio (generalmente tra 30 e 50 m);

- distanza dell’asse di fulcro A: distanza orizzontale fra l’asse di fulcro e l’asse

verticale dell’organi di presa.

- altezza di sollevamento: dislivello tra la base e il gancio (generalmente tra 30 e

70 m).

- raggio di ingombro posteriore: raggio massimo di ingombro del controbraccio La gru a torre effettua operazioni di sollevamento e trasporto, servendo una vasta

area attraverso la combinazione di 3 movimenti fondamentali:

- rotazione del braccio (0,3-1 giri/min);

- traslazione del carrello (10-40 m/min);

- sollevamento del gancio (3-90 m/min).

A questo si aggiunge eventualmente la traslazione della base se la gru è su rotaie

(20-30 m/min);

La stabilità della gru deve essere garantita:

- in esercizio, con pressione del vento di 30 kg/mq (coefficiente di sicurezza di

1,5);

- a vuoto, con pressione del vento di 100 kg/mq (coefficiente di sicurezza di 1,2). Se la velocità del vento diviene eccessiva, la gru deve essere ancorata alla via di

corsa per mezzo di tenaglie di ammarraggio ed, eventualmente, al suolo o alla

costruzione per mezzo di funi di acciaio. Durante la notte le gru devono disporsi

con i bracci liberi di ruotare con un peso al gancio.

Per le modalità di montaggio le gru si distinguono:

Gru a montaggio telescopico: sulla piattaforma di base viene montato il primo

segmento di torre, entro cui scorre l'elemento telescopico, che porta il braccio e

il controbraccio zavorrato; effettuato il sollevamento dell'elemento telescopico

per mezzo di un martinetto idraulico o di un argano, viene innalzato il secondo

segmento della torre e così via. Queste gru richiedono 1 o 2 giorni di montaggio

con un solo operatore.

Gru a montaggio rapido: adatte per altezze e carichi modesti; sono facilmente trasferibili. Sono costituite da una base che può essere mobile su rimorchio

gommato (in fase di trasferimento); può essere fissa su stabilizzatori e zavorrata

ovvero mobile su rotaie (in fase di lavoro); può infine essere con torre e braccio

ripiegabili o telescopici.

La gru a torre su binari è impiegata nei cantieri per la costruzione di edifici di

notevole lunghezza o di fabbricati disposti in sequenza e consente di aumentare

l'area servita. Il castello, in questo caso poggia su carrelli scorrevoli su binari. I

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

17

binari hanno lo stesso scartamento del carrello; negli impianti più impegnativi

hanno come fondazione due travi rovesce. L’installazione richiede quindi cure

particolari e l'adozione di accorgimenti specifici, specialmente per quanto

riguarda la realizzazione dello zavorramento e la costruzione delle vie di corsa,

per evitare cedimenti della sede dei binari.

A titolo esemplificativo, nei piccoli cantieri generalmente sono utilizzate gru con

carico in punta di 8 q circa, con braccio da 15 a 30 m e latezza da 12 a 24;

nei cantieri medi gru con carico in punta di 12 q circa, sbracci tra 30 e 50 m e

altezza da 24 a 40 m; nei grandi cantieri e in quelli industrializzati sono utilizzate gru con carico in

punta di 21 q circa, sbracci da 40 a 60 m e altezza fino a 80 m.

Le autogrù o gru mobili sono gru montate su autoveicoli gommati o cingolati.

Esse trovano impiego nei cantieri dei sistemi di prefabbricazione e dei sistemi di

casseforme per getti in opera che richiedono l'impiego di gru di caratteristiche

particolari dotate di grande portata e di possibilità di manovra con piccoli

spostamenti per facilitare il posizionamento in opera. Non richiedono tempi di

montaggio né preparazioni sul terreno, ma hanno elevati costi di esercizio.

Possono essere a traliccio o del tipo idraulica telescopica.

Sono caratterizzate da:

- autotelaio, derivato da autotelaio di autocarro o di dumper; - torretta girevole a 360° dotata di braccio telescopico in lamiera saldata,

sollevabile ed estensibile mediante martinetti idraulici. All'estremità può essere

collocata una prolunga (penna o Jib), generalmente a struttura reticolare, che

consente di aumentare l'altezza di sollevamento, seppur con carichi ridotti. In

talune autogrù di concezione meno recente, il braccio è costituito da elementi

reticolari giuntabili;

- stabilizzatori, a comando meccanico o idraulico, posti in opera allorché la gru è

in posizione di lavoro, per aumentare la base di appoggio; senza stabilizzatori, il

carico sollevabile, l'altezza e il raggio di sollevamento devono essere ridotti.

Caratteristiche dell'autogru sono:

- il carico sollevabile;

- l'altezza di sollevamento; - il raggio di azione.

Si distinguono:

- autogru leggere (portata fino a 20 t, altezza di sollevamento 22+5 m, raggio

18m);

- autogru medie (portata fino a 35 t, altezza di sollevamento 30+5 m, raggio 24

m);

- autogru pesanti (portata fino a 100t, altezza di sollevamento 50+10 m, raggio

30 m)

Altri tipi di gru sono quelle a portale, per edifici lineari alti 2 o 3 piani, ma i cui

costi di installazione sono molto elevati o sui piazzali dei cantieri per scaricare

autotreni; sono costituite da un telaio a portale, fisso o mobile su rotaie; sul

traverso scorre un carrello dotato di paranco. Vengono realizzate per altezze di

4-6 m e portate fino a 15 t.

A titolo di esempio, il ciclo di lavorazione di una gru, per un edificio a pannelli prefabbricati, richiede le seguenti fasi: tracciamento, ovvero predisposizione in

pianta e in altezza delle misure alle quali vanno posizioni i pannelli;

antinfortunistica, ovvero la predisposizione di tutte le misure necessarie

(parapetti sul solaio di montaggio, cavi di sicurezza per ogni operaio impegnato

nel montaggio ecc.); sollevamento del pannello (per avere una idea una gru può

sollevare un carico di 8 t a 70 m ad una velocità di sollevamento di 19,5 m/min e

quando è scarica la velocità sale a 39 m/min); posizionamento del pannello e

fissaggio con le opportune attrezzature di giunto e il collegamento con gli

elementi adiacenti mediante saldature, giunti asciutti o bagnati; la sigillatura dei

giunti. Una squadra di montaggio è quindi composta da 1 gruista e tre gruppi

operativi: piazzale e stoccaggio (3 operai), tracciamento e posizione (5 operai), collegamento e sigillature (3 operai).

Il centro Pirelli a Milano (Studio Ponti, Fornaroli, Rosselli; Studio Valtolina,

Dell’Orto; consulenza per le strutture di Nervi e Danusso, 1956-1960)

Inizio cantiere, luglio 1956; completamento della struttura, agosto 1958;

Inaugurazione, aprile 1960 (da Grattacielo Pirelli, (Da P. Cevini, NIS, Roma 1996,

pp. 80, 97-98)

Nel mese di settembre (1955) si predispongono gli esecutivi di cantiere di altri

secondari elementi, tra cui il nucleo servizi e ascensori centrali, le coperture

dell'auditorium e del centro meccanografico (per le quali una prima soluzione risale

addirittura a gennaio), la rampa di accesso pedonale alla «collina»(come è indicato il piazzale anteriore) e infine la pensilina sulla terrazza di copertura. Entro l'anno si

definiscono plinti e platee di tutte le fondazioni (incluse quelle del meccanografico e

dell'auditorium), tra l'altro modificando la precedente soluzione relativa ai pilastri

delle punte; al tempo stesso si delinea una nuova soluzione del solaio di copertura

dell'auditorium.

I primi mesi del 1956 vedono i progettisti impegnati nelle operazioni di calcolo,

dove assumono particolare rilevanza la verifica dell'effetto del vento sui pilastri

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

18

centrali e la ricerca degli elementi geometrici delle fondazioni per l'analisi delle

sollecitazioni sul terreno. ….. Tra giugno e dicembre 1955 si dava corso all'impianto

del cantiere e alla preparazione dell'area con gli scavi e la bonifica del terreno. Alla

scelta dell'impresa si era pervenuti con gara informale estesa a 15 ditte, sulla base di

un programma di massima corredato di schema d'impianto del cantiere e di

capitolato e computo metrico delle opere predisposto a cura della Pirelli, a partire

naturalmente dai progetti esecutivi. … La gestione dell'appalto – se si esclude la

direzione lavori affidata a Valtolina e Fornaroli - è materia che la Pirelli non delega

ma svolge direttamente …. L’impresa prescelta è la Bonomi,che si presenta per l'occasione con la ditta Comolli: un'associazione, la Bonomi e Comolli SILCE Spa,

che poteva offrire sufficienti garanzie, unendo la capacità finanziaria dei Bonomi a

quella tecnica dell'ingegnere Santo Comolli. Dopo le demolizioni (rese gravose dalla

presenza, tra l’altro, di pozzi in muratura profondi circa 15 m), si iniziano le

trivellazioni per il rifornimento idrico e per la stratigrafia del terreno. Quindi è la

volta dello scavo generale che, inizialmente limitato a circa 10 m, viene portato a

quota -11,20. …. Il 12 luglio 1956è la posa ufficiale della prima pietra, ma a questa

data risultano già effettuati scavi e fondazioni, oltreché impiantato e attrezzato il

cantiere, essendosi tra l'altro mandati a soluzione parecchi dei problemi derivanti

dall'eccezionalità dell'opera. In particolare, per la soluzione del sollevamento

verticale - solo in parte mutuabile dall'esperienza, dal momento che gli impianti convenzionali non eccedevano di norma i 40 m di altezza -, si mette a punto

un'attrezzatura formata da due gru a torre, due elevatori a benna per il calcestruzzo e

un elevatore a cabina per le maestranze. Le gru del tipo Magutt 40-72, sbraccio 24 m, portata 1500kg [...] furono portate su uno dei lati della torre, dalla stessa parte della centrale di betonaggio, pressappoco in corrispondenza delle due cuspidi, con un’altezza iniziale di 52 m circa per servire il tal modo fino al 12°

piano (quota 46,20). Superato il 12° piano le gru furono ancorate al fabbricato e successivamente sopraelevate fino a raggiungere l'altezza di 140 m necessaria al getto della copertura sovrastante l'ultimo piano (quota 127,I0 m).

Nessuna interruzione è imposta al cantiere dal sopralzo di ciascuna delle due gru,

poiché l'altra sopperisce a entrambe garantendo la continuità delle operazioni. In

aggiunta alle gru (utili per sollevare ferro, cassoni, legname ecc,), due elevatori

veloci(75m al minuto) a benna guidata (capacità della benna 500 L, pari alla resa per

carico di ciascuna betoniera) sono installati dallo stesso lato delle gru ma al centro

della fronte dell'edificio, tra questo e l'impianto di betonaggio. Il vantaggio degli elevatori a benna rispetto alle gru, oltre all'elevato rendimento (15 viaggi all'ora con

carico e scarico al piano tipo di 7,5 mc di calcestruzzo, per totali me 120 nelle otto

ore), è il funzionamento garantito in qualsiasi condizione di tempo e visibilità, fuori

del controllo visivo dell'operatore, «essendo il carico e lo scarico automatici, ed il

primo automaticamente sincronizzato con lo scarico della betoniera». Un altro

montacarichi a cabina con fermate automatiche ai piani si trova installato in

corrispondenza della punta sud e serve, oltreché per le maestranze, «per il

sollevamento di materiali vari per impianti interni ed accessori con portata lorda di

2500 kg».

Cuore e vanto del cantiere è tuttavia l'impianto per la produzione del calcestruzzo,

studiato per rispondere alla necessità di confezionare a piè d'opera calcestruzzi con

dosaggi perfettamente calibrati e inerti speciali. La centrale è composta da un silo,

con dispositivo per il rifornimento degli inerti e del cemento, un gruppo di dosaggio,

un gruppo di mescolamento e un'apparecchiatura elettropneumatica per la centralizzazione e il controllo dei comandi. Inerti e cemento, dopo la pesatura,

vengono trasferiti automaticamente e alternativamente alle due betoniere che,

lavorando in parallelo, versano l'impasto direttamente nelle benne degli elevatori.

Efficienza dell'impianto e razionalità organizzativa (personale ridotto a poche

squadre di specializzati, ripartizione del cantiere in due zone operative distinte - a

nord e a sud della mezzeria della torre - con macchine di colore l'una rosso, verde

l'altra) non solo permettono di concludere il lavoro "al rustico" addirittura in

anticipo sul programma (di un tempo pari a metà circa del margine ammesso per

imprevisti), ma consentono anche di porre in atto «tutti i dispositivi di sicurezza più

moderni ed efficienti cosicché, con la disciplina della maestranza, è il fondato vanto

di Comolli, «si è riusciti ad evitare ogni infortunio sul lavoro in un'opera tanto complessa e di tanta mole». (In realtà, cronache non scritte riferiscono di qualche

incidente, tra cui uno piuttosto grave, ma senza conseguenze mortali, occorso

durante il disarmo dei grandi muri a gravità di sostegno dello scavo. Rapportati

all’opera e soprattutto ai tempi, si tratta pur sempre di episodi che non sminuiscono

la portata e l’esito dell’impegno nella sicurezza del cantiere)

La forma dell'appalto è a misura, con stati d’avanzamento e pagamenti all’impresa

mensili, operati sulla base di misurazione in contraddittorio delle quantità delle varie

categorie di opere effettivamente eseguite. È questa, del resto, la forma contrattuale

che appare più idonea - per un'opera non soggetta alla disciplina degli appalti

pubblici - a garantire, con la opportuna "trasparenza", una elasticità tra l'altro

necessaria per far fronte, con varianti anche frequenti, alle immediate circostanze

suscitate dall'adattamento dei progetti esecutivi alle necessità della realizzazione. I disegni di Nervi e Danusso (come pure, a maggior ragione, quelli; di Ponti e

Valtolina) sono solo degli esecutivi per l'appalto. Gli esecutivi di cantiere del

cemento armato- che riflettono fedelmente lo sviluppo dell'opera con le modifiche

introdotte in corso di realizzazione- sono predisposti addirittura a cura dell'impresa.

FRANTUMAZIONE E VAGLIATURA

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

19

Tramogge

Servono per raccogliere i materiali formando depositi dai quali si possono

estrarre per azione della gravità. Si possono costruire in legno oppure in ferro

(serbatoio piramidale o cilindrico). Notevole importanza per le tramogge ha

l'inclinazione delle pareti di fondo che deve garantire la discesa del materiale pur

utilizzando il massimo spazio. Essa è in funzione dei materiali impiegati (legno

greggio o piallato, lamiere lisce) e dei materiali insilati, dipendendo dall'angolo

di attrito interno del materiale insilato e dall’attrito materiale-contenitore.

Frantoi

Lo scopo della frantumazione e della vagliatura è ottenere pietrisco e sabbia da

blocchi di roccia sana. Le operazioni consistono nella frantumazione (primaria,

secondaria, terziaria, macinazione), nella separazione del materiale per pezzatura

(vagliatura) e nel lavaggio.

I frantoi rompono la pietra incidendola e comprimendola e forniscono pezzature

non troppo piccole. L’operazione viene realizzata in più stadi a seconda delle

dimensioni iniziali e finali del materiale, adoperando, per ciascuno stadio

macchine di vario tipo. Il rapporto di riduzione che è conveniente adottare per

ogni stadio, varia da 1/5 a 1/6. Poiché gli inerti prodotti ad ogni stadio

contengono elementi di pezzatura diversa, vengono vagliati, per inviarli agli stadi successivi, solo gli elementi che necessitano di ulteriori riduzioni. Le

macchine impiegate per la frantumazione sono soggette ad elevate sollecitazioni:

le parti più usurabili vengono realizzate con acciai speciali (al manganese) e

sono facilmente sostituibili. Le caratteristiche generali dei frantoi sono:

- le dimensioni della bocca di ingresso, che limitano la grandezza dei blocchi da

trattare;

- la produzione oraria;

- la potenza assorbita.

Vagli

I pezzi che escono dai frantoi non hanno una forma e una pezzatura costanti,

devono quindi essere ulteriormente trattati. Nei vari usi tecnici si richiedono pezzature omogenee o assortite con assortimenti tali che è possibile ottenere per

classificazione dimensionale tramite vagliatura. Inoltre, se il materiale è sporco

(terre, argilla, residui organici, sali) è necessario provvedere anche alla lavatura.

I vagli servono a separare, mediante una classificazione volumetrica, i vari

costituenti provenienti dalle cave (sabbie e ghiaie) o da frantumatrici. Possono

essere

a) vagli vibranti piani: sono costituiti da una o più(massimo 4-5) lamiere forate

sovrapposte di dimensioni fino a 1,5x7 m (classifiche) disposte con i fori di

dimensioni decrescenti dall'alto vero il basso. Le classifiche sono collocate su un

telaio mobile, sospeso o poggiato elasticamente su una incastellatura. La

vibrazione (ampiezza 5-15 mm; frequenza 500-1500 cicli/min) è ottenuta per

mezzo di uno o due alberi rotanti, dotati di masse eccentriche. I vagli vibranti

presentano elevate produzioni (da 6 a 200 mc/h), costo e consumi ridotti.

b) vagli cilindrici (vagli rotativi): sono costituiti da un tamburo la cui superficie

esterna è costituita, a sezioni, da lamiere con fori di diametri crescente. Il materiale, immesso da un'estremità, avanza per effetto della rotazione del

tamburo e, passando attraverso i fori delle diverse sezioni si suddivide per

pezzature. Hanno rendimenti più modesti dei vagli vibranti.

c) griglie fisse o mobili: hanno il compito di trattenere le pezzature eccessive. Si

usano sulle bocche di ingresso di frantoi per separare il grosso che non potrebbe

entrare nella bocca.

MACCHINE PER IL MESCOLAMENTO DEI MATERIALI

Servono per confezionamento di malte e calcestruzzi . Per la preparazione delle

malte si usano impastatrici a palette. Le macchine per il mescolamento possono essere distinte in:

-betoniere,

-impastatrici,

-molazze

-centrali di betonaggio (per impianti più complessi).

Le betoniere sono macchine costituite di un recipiente rotante dotato di alette

interne adatte a mescolare i materiali, fino a produrre un impasto omogeneo. A

seconda del principio di funzionamento possono essere betoniere a bicchiere

rovesciabile, betoniere a tamburo cilindrico e betoniere a riflusso.

Le betoniere a bicchiere rovesciabile, molto comuni, sono particolarmente

adatte per piccole produzioni orarie e per il confezionamento delle malte. I

componenti dell'impasto vengono introdotti nel bicchiere in lamiera di acciaio, che può assumere le tre posizioni per carico, mescolatura e scarico; dopo il

mescolamento, lo scarico dell'impasto avviene mediante il rovesciamento del

bicchiere stesso. Produzione max 4-12 mc/h; hanno una debolezza organica nel

perno di rotazione a sbalzo del mescolamento che ne limita la fabbricazione

normale a tipi piccoli. Le pezzature più grosse debbono essere caricate dopo la

sabbia e il cemento, altrimenti l'impasto non riesce bene. Anzi è bene che l'acqua

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

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sia immessa per prima in modo da ridurre gli attriti. Per impastare si fa compiere

al bicchiere una trentina di giri per circa 1,5 minuti.

E’ vietato rimuovere anche temporaneamente le protezioni della macchina

durante la lavorazione (griglie, carter); deve essere posta in posizione stabile e

possono essere utilizzate con velocità del vento inferiore a 72 km/h; oltre tale

valore devono essere ancorate secondo quanto prescritto nel libretto d’uso e

manutenzione.

Le betoniere a tamburo cilindrico o a inversione prevedono la presenza di un

tamburo rotante in lamiera di acciaio che porta all’interno delle pale inclinate. I componenti sono introdotti a una estremità del tamburo mediante tramoggia fissa

o sollevabile, mentre lo scarico avviene dalla parte opposta, attraverso uno

scivolo a coppo che si abbassa quando l'impasto è finito, oppure, nel tipo ad

inversione, invertendo il senso di rotazione del tamburo e le pale spingono allora

il calcestruzzo verso la bocca di scarico. Hanno capacità medie (impastano 180-

750 l di calcestruzzo per volta e possono produrre da 5,5 a 14,5 mc/h eseguendo

30 impasti/h); sono adatte per piccoli cantieri. Sono molto efficienti.

Le betoniere biconiche sono simili a quelle a bicchiere, ma più resistenti. Il

bicchiere ruota leggermente sollevato sull’orizzontale.

Le impastatrici a regime forzato o turbobetoniere possiedono grande potenza;

delle pale rotanti mescolano molto efficacemente; si ottiene un impasto omogeneo con ogni grado di consistenza, fino a quella asciutta. Rendimento da

10 a 40 mc/h. Impiegate soprattutto in centrali di betonaggio per elevate

produzioni, possono essere di due tipi:

- a piatto circolare (fisso o rotante);

- ad albero orizzontale (monoalbero o bialbero), adatte per materiali di grossa

granulometria.

Le molazze o impastatrici a molassa sono macchine pesanti, costose e di basso

rendimento. Sono composte da una vasca nella quale gira una coppia di mole (o

macine) adatte per confezionare malte nelle quali alcuni componenti devono

ancora subire una macinatura, oppure malte nelle quali la sabbia viene sostituita

dalla pozzolana. La scelta del tipo di macchina da impiegare per il mescolamento dipende dai

materiali costituenti l'impasto, della posizione in cui deve essere eseguito il getto

e soprattutto della quantità di prodotto da confezionare.

Tabella sintetica

Tipo di macchina Capacità della macchina in litri

Betoniere a bicchiere rovesciabile < 370

(Malte oppure calcestruzzi per lavori di modesta entità)

Betoniere a tamburo cilindrico 550- 3 000

(Calcestruzzi oppure malte da confezionare in notevoli quantità)

Betoniere a riflusso 7 000- 10 000

(Calcestruzzi preconfezionati da fornire in cantieri privi di impianti di

betonaggio)

Impastatrici a regime forzato 250- 2000

(Calcestruzzi prodotti in impianti di betonaggio) Molazze 150-1400

(Malte con componenti da macinare o con pozzolane)

IL CALCESTRUZZO (i virgolettati sono estratto da Falsini, Michelon, Progetto e sicurezza nel

cantiere, Roma 1997)

Il calcestruzzo è un impasto costituito da cemento, sabbia, inerti con eventuale

aggiunta di additivi, che ha un peso specifico che si aggira intorno a 2400 kg/mc.

I materiali base sono:

- ghiaie (2 o 3 pezzature da 5 a 40-80 millimetri), dosaggio in volume 0,800 mc, in

peso 1.300 kg/mc di cls., salvo impiego di inerti leggeri; - sabbie (da 0 a 5-6 mm, dosaggio in volume 0,400 mc, in peso 650 kg/mc di cls.);

- acqua (priva di impurità, dosaggio 150-200 l/mc di cls., in rapporto 0,40 con il

cemento);

- cemento (di varia finezza di macinazione da tipo 325 a tipo 525, dosaggio

variabile in peso tra 200 e 400 kg/mc di cls.);

- additivi (acceleranti di presa, ritardanti, fluidificanti, do saggio variabile in

rapporto al cemento tra 0,5% e 2% sul peso).

Il dosaggio dei materiali viene generalmente eseguito con:

- dosatori a volume (per inerti): cassoni di lamiera a volume regolabile composti

di due parti scorrevoli a telescopio, una superiore ed una inferiore che una leva

unica apre e chiude alternativamente per operare il carico e lo scarico. L'errore

più frequente è dato dalla variazione di volume dovuto a variazioni di pezzatura o, nelle sabbie, a variazioni di umidità.

- dosatori a peso (per cemento): bilancia con cassone il cui riempimento viene

interrotto automaticamente quando la quantità di inerte ha raggiunto il peso

predeterminato. Il dosaggio può essere effettuato con un unico dosatore che

misura per pesate successive le quantità dei diversi componenti, o con un

dosatore per ciascuna classe di inerti (pesate simultanee) quando si desidera una

maggiore potenzialità dell'impianto. Il dosaggio a peso è più veloce e preciso di

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

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quello a volume. Il dosaggio del cemento è eseguito con dosatori a peso; il

dosaggio dell'acqua con dosatore a peso o a volume (serbatoi tarati, contatori).

La preparazione dell’impasto avviene ormai nelle centrali di betonaggio. Esse sono

distribuite sul territorio e nella maggior parte dei casi forniscono ai cantieri il

calcestruzzo pronto per il getto. Il trasporto del calcestruzzo prodotto dalla centrale

al cantiere avviene mediante le autobetoniere, costituite da uno speciale autocarro

con grande contenitore a tamburo tronco conico ruotante su un asse sub-orizzontale

che rimescola l’impasto evitandone la segregazione. Questo sistema semplifica

notevolmente l’organizzazione del cantiere in particolare in quei cantieri dove non vi è disponibilità di spazio, migliora la qualità del prodotto poiché le centrali di

betonaggio sono tecnologicamente avanzate.

Il altri casi, quando una complessiva valutazione economica lo suggerisce, la

centrale di betonaggio può essere installata all’interno del cantiere per far fronte alle

esigenze dirette e continue di quello specifico lavoro di costruzione

Il confezionamento del calcestruzzo prevede le seguenti fasi:

- stoccaggio inerti e caricamento;

- stoccaggio cemento e caricamento;

- stoccaggio acqua e additivi, e caricamento;

- pesatura e dosaggio;

- miscelazione; - controllo produzione.

Lo stoccaggio inerti può essere effettuato secondo tre disposizioni fondamentali:

- cumuli inerti a terra entro settori fissi, denominato a “raggi raschianti",;

- inerti entro silos verticali;

- inerti entro tramogge orizzontali.

Il sistema a raggi raschianti prevede la realizzazione di una serie di vasche entro cui

sono raccolti gli inerti separati per granulometria; un attrezzo costituito da una trave

reticolare brandeggiabile, ove è montata una catenaria con una serie di tazze dentate,

provvede al caricamento. Le tazze, scorrendo sopra gli inerti, trasportano verso la

pesa i materiali.

Nei paesi freddi nordeuropei lo stoccaggio degli inerti avviene dentro silos verticali

in lamiera di acciaio, così da riscaldare il materiale quando le temperature sono proibitive.

In Italia lo stoccaggio avviene generalmente in tramogge disposte in linea caricate

da una pala gommata o un autocarro che, per caricare, sale su una rampa in terra

battuta appositamente realizzata, che può arrivare anche a 8 metri di altezza. Una

alternativa è la tramoggia interrata, per la quale è comunque necessario eseguire uno

scavo entro cui posizionare le vasche, ma il caricamento avviene al livello del

suolo; in questo caso nastro gommato porta gli inerti in sommità e un nastro mobile

li distribuisce correttamente.

Il trasporto di grandi quantitativi di cemento viene effettuato con autobotti che

possono trasportare fino a 30 t. Lo scarico viene eseguito con apparecchiature

pneumatiche: una corrente d'aria mossa da un ventilatore azionato dal motore del

veicolo viene immessa sulla sommità delle cisterne; il cemento attraverso

tubazioni flangiate, dalla parte inferiore, giunge alla sommità del silo entro cui si

effettua la conservazione. L'operazione richiede 2 minuti/tonn. Tale tipo di

trasporto e conservazione consente i seguenti vantaggi: - semplicità delle operazioni di carico, scarico e successiva manipolazione;

- eliminazione delle perdite (dovute alla rottura dei sacchi);

- perfetta conservazione del cemento per l’impermeabilità dei contenitori.

Trasporti più consistenti possono essere effettuati con carri ferroviari (dotati di

botti simili alle precedenti) o con navi cementizie.

Lo stoccaggio viene effettuato entro silos verticali costruiti in lamiera d'acciaio e

dotati, inferiormente, di un estrattore a coclea.

“In alcuni cantieri, specialmente all'estero, l'approvvigionamento del cemento

avviene in sacchi e, pertanto, è necessario prevedere, nell'impianto di betonaggio,

un'attrezzatura denominata rompisacchi. Questa è costituita da una serie di lame

circolari che tagliano i sacchi di carta, convogliano il cemento nei silos (sempre con un impianto a coclea), ed espellono i sacchi predetti dopo aver recuperato il cemento

residuo con un depolverizzatore ciclonico. Lo stoccaggio dell'acqua avviene entro

serbatoi dotati di sistema di riscaldamento o raffreddamento qualora le condizioni

meteorologiche comportino temperature di lavoro inferiori a - 5 °C o superiori a +

40 °C.

Gli additivi ormai più usati sono liquidi e contenuti in fusti; qualora la produzione di

calcestruzzo sia di notevoli entità vengono stoccati in serbatoi dotati di sistema di

pompaggio”.

L'impianto di pesatura inerti nelle centrali con tramogge orizzontali è costituito da

un nastro trasportatore in gomma dotato di sistema di rilevazione del peso. Dopo

aver effettuato una serie di pesature cumulative sino a raggiungere le quantità

necessarie ad 1 o 4 mc (al massimo), il nastro scarica gli inerti entro il mescolatore. Il cemento viene dosato con propria bilancia autonoma dotata di maggiore

precisione e viene trasportato al mescolatore sempre con una coclea. L'acqua viene

aggiunta all'impasto nel mescolatore secondo la quantità prevista, unitamente agli

additivi”.

La miscelazione può effettuarsi direttamente nell'auto-betoniera o in una betoniere

fissa. Sempre più spesso il controllo della pesatura è affidato a un computer. “Negli

impianti più sofisticati sono presenti delle sonde nelle tramogge degli inerti che

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

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danno delle informazioni sull'umidità degli stessi, espresse in peso percentuale di

acqua sulla massa. Con questa informazione il computer varia la quantità di acqua

d'impasto inserendo sempre un corretto rapporto acqua/cemento, elemento

fondamentale, come è noto, della qualità di un conglomerato cementizio”.

Il trasporto del calcestruzzo dalla centrale di betonaggio al piano di posa dipende

dalla distanza reciproca. Se il calcestruzzo è prodotto in cantiere e la gru copre

l’area da servire, la distribuzione si effettua con il secchione della gru, che ha una

capacità che varia da 0,500 a 2 mc. Se il calcestruzzo è prodotto nel cantiere ma distante dal piano di posa, o è prodotto

all’esterno, si possono usare l’autobetoniera, la pompa autocarrata, i nastri

trasportatori

“L'autobetoniera è il sistema di trasporto più usato quando le distanze superano i

500 metri sia su un percorso esterno al cantiere, sia su un percorso interno, in quanto

il calcestruzzo tende a segregare separando il cemento dagli inerti e, pertanto, è

necessaria una rimescolanza continua. … Il calcestruzzo viene immesso alla bocca

dell'impianto e subisce un ciclo di miscelazione ausiliario nel caso di

premiscelazione in centrale o integrale”.

La capacità del contenitore, varia dai 6 ai I0 metri cubi di calcestruzzo resi sino a mc

14 per il modello a semirimorchio. Durante la miscelazione è possibile dosare l'acqua d'impasto nella betoniera, e

questo avviene nei casi di trasporto di lunga durata quando si rischia di arrivare al

tempo di presa del conglomerato prima della posa.” Questo sistema richiede accurati

controlli di ogni betoniera per evitare maggiorazioni di peso della fornitura. Il tempo

di mescolamento varia con la temperatura esterna e può essere inferiore alla

mezz'ora, nel quale caso si suole operare una miscelazione ad umido nel tragitto (1/5

dell'acqua) e si aggiunge la restante acqua nella fase immediatamente precedente la

posa in opera.

In alcuni modelIi di autobetoniera è prevista l'installazione di un nastro trasportatore

che permette la posa del calcestruzzo a distanze e altezze di alcuni metri, in luogo

della normale canala di scarico che ha un raggio di azione massimo di 4 metri anche

con le prolunghe installate”. Sono in produzione anche betoniere coibentate per i climi freddi e altre adatte invece ai climi caldi.

“Per le alte temperature in cantiere spesso si ricorre a un metodo, magari poco

elegante dal punto di vista estetico, ma certamente efficace, costituito da una serie di

sacchi di juta posti su un supporto in ferro fisso nella parte superiore

dell'autobetoniera. Questi vengono bagnati a ogni ciclo di trasporto e con la loro

acqua stendono un velo sottilissimo sul tamburo rotante. Questo velo di acqua,

evaporando, raffredda la superficie esterna del tamburo diminuendo così la

temperatura del conglomerato ed evitando una presa troppo rapida con conseguente

perdita di lavorabilità”.

Il trasporto con pompa autocarrata del conglomerato è oggi molto usato nei trasporti

verticali oltre i 30 metri di altezza e orizzontali sino a 50 metri.

“Questa attrezzatura si compone di un telaio di autocarro ove è posizionato un

gruppo comprendente la pompa (funzionante a pistoni idraulici a stantuffo), una

tramoggia di carico, un braccio idraulico brandeggiabile - portante la tubazione in

grado di servire un'ampia zona, sia in orizzontale che in verticale - e un gruppo

motore autonomo. La capacità di trasporto del conglomerato varia, a seconda dei modelli tra i 55 e i 120 mc/h con un raggio di azione compreso tra 15 e i 54 metri

per i modelli più grandi.

Il conglomerato, per essere pompabile, deve avere una consistenza compresa tra gli

8 e i 12 centimetri (slump) con granulometria bene assortita, costituita anche da

inerti leggeri (argilla espansa, vermiculite ecc.), ma con un contenuto minimo di

cemento di 200 kg/mc. Questa condizione è essenziale per costituire un velo

lubrificante di pasta cementizia (boiacca) tra tubazione e conglomerato. A tale

scopo, prima di procedere al pompaggio, si immette nella tubazione una miscela di

sola acqua e cemento proprio per lubrificare la tubazione. Questa ha un diametro

compreso tra i 100 e i 125 centimetri in relazione al diametro massimo degli inerti,

che si consiglia non superiore ai 40 millimetri. L'altezza massima pompabile è legata alle caratteristiche di potenza della macchina

e in un caso ha raggiunto i 432 metri”. Queste attrezzature richiedono una attenta

manutenzione e pulizia dopo ogni turno di lavoro.

Il cemento proiettato o spritz beton

Lo“spritz beton” è una tecnica di consolidamento del fronte di scavo molto

vantaggiosa, rapida e relativamente semplice. Si tratta di mettere in opera un

rivestimento costituito da un sottile strato di conglomerato (5 ÷ 15 cm) che viene

spruzzato a pressione lungo il fronte di scavo, per aumentare la coesione naturale

del terreno. Viene utilizzato come opera provvisionale per costruire un successivo

muro di sostegno ed essere demolita, oppure può restare in opera e nascosto dal terreno riportato.

La posa del conglomerato, che utilizza cemento mescolato con acqua e inerti di 25

mm di granulometria massima, non necessita di casseforme ed avviene in un'unica

fase di lavoro, che può prevedere anche consolidamenti parziali; il conglomerato

aderisce completamente alla terra retrostante, senza lasciare cavità; nella fase di

indurimento è possibile modellare la parete spruzzata, poiché rimane ancora

abbastanza flessibile. Per migliorare questa caratteristica e consentire maggiore

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

23

adattamento al terreno senza fessurarsi lo strato di conglomerato può essere

integrato con una rete elettrosaldata, migliorando inoltre la resistenza al taglio. E’

possibile realizzare giunti di dilatazione verticali, che si ottengono riducendo a

pochi centimetri lo spessore dello strato proiettato.

Effettuato lo sbancamento con l’escavatore, dopo aver modellato il fronte di scavo

con una leggera inclinazione e in base all’altezza libera sopportata dallo stesso, si

proietta il conglomerato. Una volta terminata questa fase si procede ancora con lo

scavo e la successiva proiezione sino a raggiungere la profondità voluta.

La proiezione avviene con autopompa o pompa carrellata: Nel primo caso ci deve essere lo spazio sufficiente per accogliere, oltre l’autopompa, anche la betoniera e si

devono e garantire gli spazi necessari per la manovra delle macchine e la sicurezza

degli operai contro i cedimenti del fronte di scavo.

La pompa carrellata viene impiegata per scavi pochi profondi e di piccola entità;

l’operatore è più vicino alla scavo e quindi più esposto al rischio di seppellimento.

Il conglomerato può essere messo in opera a contatto su una palificata, previo

inserimento della rete.

Lo spritz beton viene eseguito con una squadra di almeno cinque operai: due per il

posizionamento dell’eventuale armatura e per sorreggere il tubo di getto del

cemento, un escavatorista e due guidatori per gli autocarri.

Il costo si aggira intorno a 52,02 €/m2 e il tempo necessario è 7 min/m2, usando un conglomerato Rck 25.

I nastri trasportatori

“I nastri trasportatori costituiscono una moderna e valida alternativa alle pompe nel

trasporto del calcestruzzo tra zona di produzione e piano di posa, nel caso di

conglomerati ad elevata classe granulometrica (superiore ai 40 millimetri) e a basso

dosaggio di cemento (inferiore a 200 kg/mc”, slump < di 8 cm ed elevata quantità

di trasporto. “Queste condizioni sono ricorrenti nelle grandi opere civili quali dighe,

opere portuali, muri di sostegno massicci ove è richiesto del calcestruzzo ciclopico a

basso dosaggio, con elevate portate orarie (sopra i 100 mc/h).

Un sistema integrato di nastri trasportatori e attrezzature di posa in opera è costituito dai nastri Rotec prodotti negli USA (in Italia Vimatek) e utilizzati in Italia

dall'impresa Grassetto nella costruzione della diga in calcestruzzo sul fiume Tirso

(Ori stano) (1.000.000 metri cubi di cls. e altezza 105 metri) una delle più grandi

d'Europa. Il sistema è basato su un nastro modulare di lunghezza compresa tra i l0 e

i 40 metri, che scorre a velocità notevole (oltre i 3 metri al secondo), posto su piloni

in acciaio o sul terreno, in modo da realizzare una sorta di viadotto per il

conglomerato, con una pendenza massima pari al 20%. La portata del sistema con

un nastro da 18" (45 centimetri) è pari a 4,6 metri cubi al minuto, mentre con il

nastro da 24" (60 centimetri) si raggiungono i 7 metri cubi al minuto.

La distribuzione del calcestruzzo viene fatta con un braccio rotante su cui è montato

un nastro retrattile denominato Swinger. Con questo sistema si ottengono produzioni

orarie elevatissime, oltre i 200-300 mc/h, con minimo impiego di manodopera, in

quanto sono necessari due operai alla manutenzione dei nastri e due operai con il

caposquadra allo Swinger. L'unica problematica è costituita dall'eventuale

interruzione di uno dei nastri costituenti la catena del percorso di trasporto, In

questo caso il calcestruzzo posto a valle del tratto fuori servizio dovrebbe essere scaricato immediatamente con grave danno economico. Invece, con l'uso del sistema

modulare, in pochi minuti si solleva l'intero tratto fuori servizio e si posiziona il

nuovo nastro potendo proseguire l'operazione di trasporto e getto”.

Un particolare tipo di autobetoniera è quella autocaricante, “che per la sua versatilità

sta conquistando ampi spazi di mercato tra le imprese per i lavori di fognature e

stradali o per gli apprestamenti di cantiere. Questo mezzo è una piccola centrale di

betonaggio in quanto è dotato di pala caricatrice, impianto di pesatura, mescolatore

e serbatoio acqua. Inoltre l'autobetoniera permette il trasporto del conglomerato su

ogni tipo di terreno in quanto è montata su un carro dotato di quattro ruote motrici

del tipo fuoristrada.

Questa attrezzatura permette notevoli economie di manodopera in quanto sono necessarie per il confezionamento circa 0,20 ore al metro cubo (la produzione è

circa 5 metri cubi per ora con un solo operatore), contro le 4 ore al metro cubo con

impasto manuale. Peraltro, si adatta anche come centrale di betonaggio nei cantieri

urbani di restauro ove è difficile l'accesso di autobetoniere di tipo tradizionale. La

capacità dell'autobetoniera varia tra i 500 litri di conglomerato reso a 2.500 litri, in

relazione ai diversi tipi esistenti sul mercato”

MACCHINE PER LA PERFORAZIONE

Martelli perforatori: sono costituiti da un cilindro entro cui scorre un pistone

azionato da aria compressa, che batte ritmicamente (2000 - 3000 colpi/min)

sull'estremità di un'asta metallica (fioretto), munita all'estremità di una testa di perforazione (tagliente). I suoi elementi costitutivi sono:

- il fusto: il cilindro entro cui scorre il pistone;

- l'apparecchio di distribuzione dell'aria compressa: essa lancia la massa battente

contro il fioretto; si ha poi l'espansione e lo scarico per il ritorno della massa che,

in fine corsa, viene frenata da molle e cuscini d'aria;

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

24

- il dispositivo di rotazione, che ha la funzione di provocare ad ogni urto una

rotazione del fioretto onde evitare l'ammorsamento del tagliente e trasmettere

energia d'urto a parti diverse della roccia;

- il dispositivo per l'iniezione dell'acqua: ha lo scopo di far penetrare l'acqua in

pressione (4 atm) lungo il fioretto forato affinché, proiettata nel fondo del foro,

faciliti l'uscita dei detriti e raffreddi i taglienti. Il consumo d'acqua è di 1-2

litri/metro di foro;

- il fioretto: barra d’acciaio a sezione circolare o poligonale, di diametro tra 22 e

35 mm, quasi sempre con un foro centrale destinato al passaggio del getto d'acqua necessario per lo spurgo del foro e il raffreddamento della testa del

fioretto. All'estremità viene riportata una testa tagliente in acciaio sinterizzato o

da materiali speciali (carburi di tungsteno: widia o di cobalto) che può essere

affilata o, se necessario, sostituita. La forma del tagliente varia in funzione della

roccia da perforare: a fendente semplice, doppio, a croce, a Z. Un tempo il

fioretto era un'asta esagonale d'acciaio con l'estremità foggiata a tagliente di vari

tipi. Con essi, per rocce dure, era possibile forare al massimo 20-30 cm,

dopodiché era necessario fucinarli nuovamente (cosa che richiedeva una

fucinatrice ad aria compressa - per lavori importanti -, dispositivi per trattamenti

termici e operai specializzati). Si sostituiva il fioretto consumato con un altro di

diametro inferiore per impedire che esso si inceppasse nel foro. Cosicché per fare un foro di 2 metri e arrivare al fondo con un diametro di 30 mm erano

necessario 8 fioretti, il primo dei quali aveva un diametro di 43 mm.

Un primo passo avanti è stato fatto costruendo fioretti con l'estremità tagliente

riportata; per la rosa si potevano usare acciai di alta qualità che consentivano una

maggiore durata dei taglienti. Solo la rosa, una volta consumata, veniva

sostituita. Si è poi passati all’impiego di taglienti in carburo di tungsteno e

cobalto la cui durezza e resistenza consentiva di fare l'intero foro con un solo

fioretto.

Attualmente si preferisce spesso utilizzare fioretti in un solo pezzo sui quali sono

riportati solo i taglienti. il grande vantaggio non è dato solo dalla durata, ma

dalla facilità di ripristino dell'affilatura che si realizza con una mola a smeriglio e

l'ausilio di appositi calibri I martelli perforatori si suddividono in: leggeri (fino a 16 kg); medi (fino a 25

kg); pesanti (oltre i 25 kg).

Per rendere più leggero l'attrezzo perforatore si ricorre all'utilizzazione di una

mazza alternativa che batte sulla testa del fioretto. In tal caso, essendo la mazza

di peso limitato e dovendo imprimere il colpo alla massa del fioretto, per

ottenere un urto energico si ricorre a velocità elevate. I martelli moderni

compiono infatti da 2000 a 2800 colpi/min.

Inizialmente i martelli venivano sostenuti a mano, ma con l'aumento del loro

peso (20-25 kg) si è trovato convenienti sostenerli con apparecchi molto

semplici detti servosostegni che si appoggiano al suolo e forniscono al martello

una spinta regolare contro la roccia che ne aumenta l'efficacia. Tra i sostegni più

usati sono: i treppiedi contrappesati (per sostenere il rinculo) per fori verticali

verso il basso; i sostegni inclinati o verticali per fori orizzontali, inclinati o diretti

verso l'alto; le colonne verticali o orizzontali che vengono forzate fra le pareti o

il soffitto e il pavimento; i servososegni per autocarri, rimorchi o jumbo.

Martelli demolitori

Basati sul principio del martello perforatore. Sono dotati di utensili particolari

(scalpelli, picconi, vanghe, battipalancole) che li rendono adatti a svariati lavori:

demolizione di murature e pavimentazioni, abbattimento di rocce tenere, ovvero

l'apertura di piccoli scavi per l'infissione di palancole ecc. (in sostituzione del

piccone). E' munito di scalpello a punta o a tagliente o a vanga per lavori di

demolizione superficiale (massetti di cls o di conglomerato bituminoso. A

differenza dei martelli perforatori, non sono presenti i dispositivi di rotazione e

di iniezione di acqua o aria.

Le perforatrici a differenza dei martelli perforatori, hanno la massa battente costituita oltre che dal pistone anche dal fioretto che segue il pistone nel

movimento alternativo. La maggiore entità della massa in movimento comporta

un peso maggiore dell'utensile che non può essere adoperato manualmente ma

richiede sempre l'uso di un servosostegno. Per contro la maggiore energia d'urto

rende possibile una minore frequenza dei colpi (200 - 300 al min) e rende

l'utensile adatto all'apertura di fori di diametro maggiore. L'utensile, che è il

fioretto, è solidale col pistone alternativo, ad ogni colpo esso ruota di un piccolo

angolo in modo che i taglienti colpiscano la roccia sempre in punti diversi. Le

perforatrici sono pesanti e richiedono supporti a slitta per sostenerle e guidarle

durante la perforazione. Esse si usano applicate a colonne o a carri che le

sostengono contro la roccia. Però l'evoluzione dei martelli li ha ormai fatti

preferire quasi dappertutto per la maggiore maneggevolezza ed elasticità di impiego.

Macchine per fori profondi e per sondaggi: l'esecuzione di fori fino a qualche

decina di metri può essere realizzata mediante un martello pneumatico il cui

fioretto è allungabile mediante manicotti ed aste di prolunga. In tal caso è

necessario creare un sistema i appoggio (una slitta a tre piedi, per esempio) che

consenta di allungare le aste man mano che il foro viene approfondito.

Corso di Organizzazione del cantiere Appunti sommari - Dispensa n. 4

25

In alternativa si impiegano attrezzature speciali semoventi adatte a praticare

lunghi fori in ogni direzione mediante servosostegni brandeggiabili. Esse sono

principalmente:

- il 'wagon drill': slitta con martello perforatore montata su carrello gommato,

trainato o semovente (per fori profondi fino a 30 m);

il “crowler drill”: più potente, montato su cingolato semovente, adatto a

muoversi su terreni accidentati (realizza fori fino a 115 mm di diametro);

- - il 'drill master': impiegato in campagne di grande ricerca e per il prelievo di

campioni intatti fino a centinaia di metri; - il carro perforatore (jumbo a portale ): robusto carro montato su binari (o

semovente su ruote gommate) su cui sono montati più martelli perforatori: sono

impiegati nello scavo di gallerie di grande sezione in roccia.

Rotary

Sono apparecchi a rotazione che servono per eseguire pali trivellati e per

prelevare campioni. Nei terreni teneri l'utensile è una corona dentata di acciaio

duro; in quelli duri la corona ha la testa in graniglia d'acciaio, o in diamanti

industriali, e può lavorare in corrente d'acqua. La corona, essendo cava, contiene

il campione che viene prelevato ogni tanto con apposito apparecchio. I diametri

di sondaggio sono da 600 a 2600 mm , le profondità fino a 80 m. Nei terreni poco consistenti è necessario usare un tubo forma o utilizzare argille in

sospensione acquosa (bentonite). Sono costituiti da un carro cingolato o

gommato, dotato di un’antenna in travatura metallica che funge da supporto a

un’asta telescopica alla cui estremità è posizionato l’utensile di scavo. La

rotazione viene impressa con un meccanismo idraulico. L’utensile di scavo più

usato è il bucket, costituito da un cilindro cavo in acciaio con aperture nella parte

inferiore dotate di denti, di altezza di circa 1 m. Durante la rotazione l’utensile si

riempie di terreno scavato dai denti; l’operatore, dopo alcune decine di secondi

richiama il bucket in superficie e poggiandolo sul terreno ne provoca l’apertura.

Altri utensili sono le trivelle, costituite da un’elica lunga circa 2 m, e lo

scalpello, massa battente guidata da un fune in grado di disgregare con una serie

di colpi il terreno roccioso.

Organizzazione delle squadre operative

Dopo aver operato le scelte strategiche di fondo sulle modalità di impostazione del

cantiere e sulle metodologie costruttive da utilizzare è necessario organizzare le

squadre operative.

Per determinare il numero e la consistenza di queste squadre si prendono in esame

alcuni parametri:

- la quantità delle attività elementari che dipendono dalla quantità di lavoro da

svolgere

- l’incidenza della manodopera, espressa in ore per unità di prodotto (ad esempio

h/mc)

- l’incidenza delle attrezzature, espressa anche questa in ore per unità di prodotto

(ad esempio h/mc)

- la programmazione operativa delle attività, che dipende dalla programmazione delle fasi di lavoro.

Ad esempio, lo scavo di sbancamento a macchina ha una incidenza di manodopera

pari a 0.012 h/mc e di attrezzatura pari a 0.012 h/mc; il reinterro con scavo a sezione

obbligata a mano e trasporto a macchina ha una incidenza di manodopera pari a 6.50

h/mc e di attrezzatura pari a 0.024 h/mc.

Così, le ore totali necessarie a fare si ottengono moltiplicando la quantità di lavoro

da svolgere per l’incidenza.

Ad esempio, per uno scavo di sbancamento di 200.000 mc da fare in un mese,

utilizzando una macchina che ha una incidenza produttiva di 300 mc/h, ovvero di

0.0034 h/mc si ha 200.000 x 0.0034 = 680 h necessarie per fare lo scavo.

Il numero delle attrezzature necessarie sarà dato da

680 h: 152 h (numero di ore lavorative in un mese per l’Italia) = 4.48 macchine

(approssimato a 5)

Si utilizzeranno quindi 5 macchine per un mese peggiorando l’incidenza del 12%,

oppure si effettueranno ore lavorative straordinarie per 80 ore circa (4x152 = 608,

per arrivare alle 680 ore necessarie mancano, per la precisione, 72 ore).