Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE

12
[Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE] Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate A.A. 2015/2016 Titolare della Cattedra: Prof. Arch. Gaetano CATALDO 1 AUSILI DIDATTICI - COMPENDIO DELLE LEZIONI.14 I LABIRINTI DELLA MENTE Noi preferiamo le vie tortuose per arrivare alla verità.F. Nietzsche, Ecce homo, autobiografia nella quale rivede la sua vita sotto i brucianti chiaroscuri del rapporto dionisiaco/nichilismo. La psiche è un termine tradizionalmente usato per individuare l’insieme di quelle funzioni cerebrali, emotive, affettive e relazionali dell’individuo, che esulano dalla sua dimensione corporea e materiale. Metaforicamente la psiche fa riferimento a un’astrazione concettuale, che include al suo interno componenti diverse, quali facoltà conoscitive, intellettive e razionali come la coscienza, ma anche fattori irrazionali come l’inconscio o l’anima. Omero vede la psiche (anima) come qualcosa che caratterizza ogni singolo individuo e che abbandona il corpo, fuoriuscendo dalla bocca, oppure da una grave ferita, nel momento della morte. In quanto soffio vitale, cioè anemos, automatica è stata la sua traduzione con anima nella tradizione filosofica posteriore. Il concetto di anima è ripreso da Aristotele e meglio definito e teorizzato come causa della vita, cioè formadel corpo. Il concetto viene poi riformulato, nel XVII sec., da Cartesio nella res cogitans intesa come elemento divino calato nell’uomo contrapponendola al corpo quale res extensa e quindi parte della materia cosmica in generale e realtà fisica a sua volta estesa, limitata e inconsapevole. Dal XIX secolo in poi, con la nascita della psicologia, il concetto perde i significati mitici e religiosi, per assumere quello tecnico di funzione encefalica. Di volta in volta i vari ambiti culturali ed i vari pensatori hanno definito variamente la psiche, sottolineando uno o più aspetti di essa, per questo oggi il termine non è univoco ma fa riferimento a tre concetti distinti: - in ambito religioso: psiche come essenza spirituale; - in filosofia: psiche come insieme delle facoltà mentali e conoscitive; - in psicologia: psiche come complesso di funzioni non corporee. Il termine mente è comunemente utilizzato per descrivere l’insieme delle funzioni superiori del cervello nelle quali si può avere soggettivamente coscienza: la ragione, la memoria, l’intuizione, la volontà, la sensazione e l’emozione.

Transcript of Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE

Page 1: Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE

[Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE] Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate A.A. 2015/2016

Titolare della Cattedra: Prof. Arch. Gaetano CATALDO

1

AUSILI DIDATTICI - COMPENDIO DELLE LEZIONI.14

I LABIRINTI DELLA MENTE

“Noi preferiamo le vie tortuose per arrivare alla verità.”

F. Nietzsche, Ecce homo, autobiografia nella quale rivede la sua vita sotto i brucianti chiaroscuri del rapporto

dionisiaco/nichilismo.

La psiche è un termine tradizionalmente usato per individuare l’insieme di quelle funzioni cerebrali, emotive,

affettive e relazionali dell’individuo, che esulano dalla sua dimensione corporea e materiale. Metaforicamente la

psiche fa riferimento a un’astrazione concettuale, che include al suo interno componenti diverse, quali facoltà

conoscitive, intellettive e razionali come la coscienza, ma anche fattori irrazionali come l’inconscio o l’anima.

Omero vede la psiche (anima) come qualcosa che caratterizza ogni singolo individuo e che abbandona il corpo,

fuoriuscendo dalla bocca, oppure da una grave ferita, nel momento della morte. In quanto soffio vitale, cioè

anemos, automatica è stata la sua traduzione con anima nella tradizione filosofica posteriore. Il concetto di anima

è ripreso da Aristotele e meglio definito e teorizzato come causa della vita, cioè “forma” del corpo.

Il concetto viene poi riformulato, nel XVII sec., da Cartesio nella res cogitans intesa come elemento divino

calato nell’uomo contrapponendola al corpo quale res extensa e quindi parte della materia cosmica in generale e

realtà fisica a sua volta estesa, limitata e inconsapevole.

Dal XIX secolo in poi, con la nascita della psicologia, il concetto perde i significati mitici e religiosi, per

assumere quello tecnico di funzione encefalica. Di volta in volta i vari ambiti culturali ed i vari pensatori hanno

definito variamente la psiche, sottolineando uno o più aspetti di essa, per questo oggi il termine non è univoco

ma fa riferimento a tre concetti distinti:

- in ambito religioso: psiche come essenza spirituale;

- in filosofia: psiche come insieme delle facoltà mentali e conoscitive;

- in psicologia: psiche come complesso di funzioni non corporee.

Il termine mente è comunemente utilizzato per descrivere l’insieme delle funzioni superiori del cervello nelle

quali si può avere soggettivamente coscienza: la ragione, la memoria, l’intuizione, la volontà, la sensazione e

l’emozione.

Page 2: Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE

[Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE] Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate A.A. 2015/2016

Titolare della Cattedra: Prof. Arch. Gaetano CATALDO

2

All’uso del termine in senso neurofisiologico si affianca un utilizzo di tipo metafisico. In tale prospettiva la

Mente diventa qualche cosa di divino (la mente di Dio) e assume qualità pensanti (la mente superiore nel Dio di

Spinoza).

Alcune teorie prescientifiche sono focalizzate sulla relazione tra mente ed anima, presunta essenza

sovrannaturale della divinità in ogni uomo. Le teorie scientifiche più moderne vedono la mente come fenomeno

psicologico utilizzato come sinonimo di coscienza. Le più alte funzioni intellettive costituiscono la mente: la

ragione, l’intuizione, l’intenzionalità e la memoria.

Le emozioni (amore, odio, paura, gioia) hanno una natura più primitiva e soggettiva ben distinta dalla natura

della mente.

Freud non ha mai negato che la mente sia una funzione del cervello, ma essa ha una sua coscienza che non

possiamo controllare; nella sua teoria dell’inconscio i processi mentali di cui gli uomini sono coscienti non

costituiscono che una piccola parte dell’intera attività mentale.

La teoria dell’inconscio di Freud, non dimostrabile empiricamente, è stata assorbita nella cultura occidentale ed

ha influenzato la comune rappresentazione della mente. Nella Teoria della rimozione l’inconscio è un

contenitore all’interno del quale sono riposte le esperienze spiacevoli, drammatiche, conflittuali nel quale

ognuno sposta tutto ciò che ha vissuto in maniera traumatica. L’inconscio è una struttura della personalità

caratterizzata da passioni e istinti spiacevoli che dimentichiamo grazie alla teoria della rimozione; queste

esperienze, però, riaffiorano come energie e forze pulsionali come una sorta di soddisfazione sostitutiva. La

tecnica della rimozione freudiana si fonda sulle libere associazioni indotte da uno stimolo senza limiti (tecnica

delle libere associazioni) come in un viaggio della mente in un labirinto.

I Modelli mentali: la complessità delle funzioni mentali ha indotto antropologi, psicoanalisti, filosofi e

neurofisiologi a cercare di individuare strutture mentali a cui attribuire le categorie funzionali di pensiero, lavoro

dei neuroni e delle sinapsi. I primi modelli mentali noti sono quelli psicoanalitici nelle diverse elaborazioni che

hanno apportato mutamenti importanti. Un modello si presenta come una vera e propria struttura mentale, estesa

tra irrazionalità e razionalità, spostando la psicoanalisi al livello filosofico.

Page 3: Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE

[Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE] Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate A.A. 2015/2016

Titolare della Cattedra: Prof. Arch. Gaetano CATALDO

3

Carl Gustave Jung elaborò la teoria dell’energia psichica: la libido non è solo una pulsione sessuale, ma una vera

e propria energia psichica che si esprime nell’uomo sotto forma di tendenze e desideri. È lo slancio vitale che

spinge verso la propria realizzazione.

L’inconscio secondo Jung è il luogo di un’attività psicologica diversa, più oggettiva dell’esperienza dell’Io, in

diretta relazione con le radici della specie: l’inconscio collettivo si esprime con il linguaggio archetipico dei

simboli, con immagini e fantasie.

Gli archetipi di cui parla Jung sono rappresentazioni interiori di pre-strutture ereditarie che l’Io costruisce a

partendo dalla realtà esterna. Le immagini archetipiche sono quattro: Persona, Ombra, Anima/Animus e Sé.

Compaiono nei sogni e rivelano al sognatore le alternative alla realtà esterna.

1. La Persona rappresenta il ruolo definitivo che ogni individuo deve avere nella nostra società; in questo senso

essa può essere diversa dalla reale individualità, ma è funzionale a difendere l’individuo da un impatto troppo

diretto tra la realtà esterna e la realtà del proprio mondo interiore.

2. L’Ombra è simile al rimosso freudiano, non è realmente inconscia e inconsapevole, ma soltanto non

consapevole; solo se un individuo vuole realmente essere onesto con sé stesso è in grado di vedere la propria

Ombra.

3. L’Anima rappresenta l’immagine interiorizzata che ogni uomo ha del femminile e l’Animus l’immagine

interiorizzata che ogni donna ha del maschile. Secondo Jung, Animus e Anima orientano la scelta dei nostri

legami affettivi e rappresentano le istanze più profonde della personalità, che noi proiettiamo sugli altri.

4. Il Sé è l’immagine archetipica centrale della psiche: viene rappresentato nei sogni da una persona di carattere

eccezionale o da un animale che rappresenta la natura istintuale del sognatore ed i legami di questa con

l’ambiente esterno in cui vive.

I modelli psicoanalitici non considerano la mente una struttura unitaria ma un insieme articolato, dove le singole

funzioni mentali sono connesse, ma non sempre univoche.

Page 4: Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE

[Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE] Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate A.A. 2015/2016

Titolare della Cattedra: Prof. Arch. Gaetano CATALDO

4

Lo studio dell’articolazione delle funzioni mentali è presente nelle più avanzate ricerche delle scienze cognitive,

costrette ad ammettere la complessità della mente e l’impossibilità di assimilare il cervello umano ad un

computer.

Il labirinto nell’arte

Di questo archetipo sono state date le interpretazioni più disparate in filosofia, psicologia, psicanalisi, pittura,

architettura e scultura. Questo è dovuto alla potenza creativa di questo simbolo, in grado di risvegliare

nell’inconscio individuale le esperienze collettive, ancestrali, ereditarie comuni a tutta l’umanità.

Come ogni archetipo suscita in noi un mondo di immagini tramandate nella memoria della specie, sotto forma di

rappresentazioni o di ricordi, conseguenza della sollecitazione del deposito mnemonico derivato dalla

condensazione di esperienze similari; esse lasciano nel subconscio tracce profonde che si concretizzano in

predisposizioni latenti, capaci di guidare la nostra Weltanschauung (visione del mondo) o influenzare i nostri

rapporti con il mondo.

Questo significa cercare di individuare in noi le tracce latenti della conoscenza, comuni a tutti gli uomini,

accumulate ed adagiate nel nostro subconscio come residui di un passato ancestrale: riflettono la storia evolutiva

della specie umana e ora si presentano, come nella caverna platonica, simili a tremolanti ombre di uno schema

senza tempo.

Un’etimologia è quella di Labra o Laura, indicanti la cava, la caverna e la miniera e i loro rocciosi cunicoli: è il

luogo dove dimora la dea ctonia Tou Labrous, caverna consacrata a una dea litica. Il Labirinto incarna il motto

alchemico per eccellenza V.I.T.R.I.O.L.: Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem

(Visita l’interno della terra, e rettificando troverai la pietra nascosta che è la vera medicina). Secondo gli

Alchimisti il Labirinto è un’immagine del lavoro dell’Opera con le sue difficoltà e della Via da seguire per

raggiungere il Centro dove avviene il combattimento tra le due Nature dell’Uomo, la Divina e la Bestiale, lo

Spirito e la Materia: quella del cammino che l’Artista deve percorrere per uscire e pervenire alla Luce. Il profano

Page 5: Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE

[Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE] Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate A.A. 2015/2016

Titolare della Cattedra: Prof. Arch. Gaetano CATALDO

5

viene condotto di fronte all’entrata della Caverna della Grande Madre Terra per una selezione magica, basata sul

superamento di prove fisiche, caratteriali e animiche secondo i dettami delle antiche Scuole Iniziatiche.

Il significato simbolico di questo archetipo è il percorso interiore, il viaggio che molti intraprendono verso la

Conoscenza, ma che pochi sanno perseguire e concludere. Come ammonisce un adagio delle Antiche Madri:

Partire non è Arrivare.

Il viaggio di Dante è un percorso liberatorio verso la salvezza. Il labirinto ha il principio della ricerca della

liberazione, della rivelazione, che egli raggiunge con il suo viaggio immaginario. Non importa il modo con cui

noi la cerchiamo o il nome che noi attribuiamo a questo viaggio spirituale nell’anima, l’importante è l’essere

sempre alla ricerca continua: “Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso/ripresi via per la piaggia diserta/sì che 'l

piè fermo sempre era 'l più basso.”

Questo segno iconografico interpreta un’idea archetipa universale e assoluta; evidenzia nella sua stessa forma

quell’itinerario mentale che ha accompagnato l’uomo nella storia e nel suo tortuoso cammino di conoscenza. Il

labirinto è ancora un enigma dal punto di vista strettamente etimologico.

Il '900 ha annunciato la fine della tradizione dei linguaggi materializzando il desiderio di liberarsi da qualsiasi

centro gravitazionale; all'ordine cartesiano si avvicenda un disordine labirintico estremamente stimolante e

fecondo dal punto di vista artistico: esso si palesa come scoperta dell'indicibile, dell'instabile, dell'illogico ed

interpreta un linguaggio disarticolato e asintattico, contribuendo a ridefinire la figura dell'artista e dello stesso

codice pittorico.

Le avanguardie, attraverso un programma generale di dilatazione, “scoprono il valore dell'interferenza e della

discontinuità, dell'irruzione del caso che entra continuamente in gioco in ogni attività, in ogni ambito della vita”

(A. Bonito Oliva), violando, di fatto, le proverbiali barriere che separavano lo spazio virtuale della sfera estetica

da quello reale della sfera fenomenologica.

Bonito Oliva ha dedicato al labirinto contemporaneo un saggio imperniato sull'idea del labirinto come opera

d'arte che l’Artista/Teseo, munito della spada, del gomitolo e del proprio coraggio, crea percorrendo ed

Page 6: Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE

[Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE] Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate A.A. 2015/2016

Titolare della Cattedra: Prof. Arch. Gaetano CATALDO

6

esplorando i meandri del linguaggio: uccide la bestia, portatrice di una doppia natura come il linguaggio ed

infine riemerge alla luce.

“Il Minotauro è la mostruosità del linguaggio, la sua diversità rispetto alla lingua comune. L'opera d'arte, il

compimento dell'opera, dell'impresa da parte di Teseo richiede l'abbattimento del mostro, la morte del nucleo

del linguaggio. L'impresa dell'eroe parte dunque dall'affermazione della morte e continua a dipanarsi attraverso

il filo d'Arianna”.

L'artista abita di diritto la realtà del linguaggio; è il solo a possedere l'astuzia e la tecnica necessarie per

attraversare e sfidare tutti i suoi percorsi: “non esiste la sicurezza della vittoria ma la necessità di affrontare la

prova che non consente deroghe od inganni, pena la perdizione e la caduta fuori dall'esemplarità dell'opera

d'arte”. In questo luogo, che potremmo definire come silenzio imparziale, Teseo affronta la vertigine della sfida,

sollecitato da una missione da portare a compimento.

Questo impegno è assunto dall'artista al fine di giungere al centro, di accedere all'ambiguità dell'inconscio: “Il

lavoro artistico deve avvenire nella necessità di uno stato catacombale e clandestino, fuori dalla portata di tutti,

fuori dallo sguardo degli altri”. Nel labirinto l'artista non ha bisogno dello sguardo del mondo, l'oscurità non è

più assenza di luce; è una continua sperimentazione, è consapevolezza, svelamento, è la verità irresistibile

dell'arte, l'irrazionale della ragione, lo scarto che mette a nudo la verità delle cose: “è stata la tela del ragno a

suggerire all'architetto dei labirinti lo schema dei corridoi e delle trappole, così che l'artista, che avanza lungo

queste vie, si lascia dietro le spalle la sorpresa che gli riserva, al termine della sua inquieta passeggiata, la

grandiosa festa dell'immaginazione.” «La struttura adottata dal linguaggio per eludere la necessità del

significato e trovare una motivazione alle urgenze dell'immaginario ha spinto l'artista ad adottare la strategia

dell'esitazione, in cui salta il valore del progetto, a favore di un puro errare della fantasia». L'arte vive sotto il

segno del labirinto “portatore di una coscienza metalinguistica del proprio operare”. Più che dare delle risposte

propone delle domande, opera sulla verità, non si abbandona al tempo ma lo precede. Il linguaggio stesso, è

governato da un'erranza assoluta, un nomadismo che l'artista assume come modalità, avendo abbandonato ogni

orientamento che potesse guidarne i passi. L'arte destruttura la sua mentalità tradizionale per accedere al mito,

Page 7: Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE

[Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE] Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate A.A. 2015/2016

Titolare della Cattedra: Prof. Arch. Gaetano CATALDO

7

fonda un territorio magico, il luogo della totalità, lo strumento che consente di aprire il reale verso relazioni

inedite ed imprevedibili.

L'opera d'arte agisce più che sulla superficie delle cose, sulla “sostanza biologica” che le regge, pronta ad

allargare il proprio influsso sviluppando una tensione al dubbio che diviene, per l'artista, una sorta di

procedimento perpetuo, nel tentativo di formulare una risposta alla domanda primaria.

L'arte con il Futurismo è sconfinamento, accoglie le istanze stabilite dalla trasformazione tecnologica

assumendole come principi nella sua poetica: ragiona in termini globali, totalizzanti, al di là delle comuni

concezioni dello spazio e del tempo, nonché dei confini imposti dalle singole arti. In sintonia con questa

dialettica, Balla sviluppa i suoi labirinti astratti attraverso gli studi sulla luce e il colore. L'immagine sorge e

prolifica dalla scomposizione della luce per schemi geometrici. Il triangolo è l'elemento generatore: questa

soluzione formale, unitamente ai motivi del cerchio e della spirale, cui Balla sovente ricorre, «nelle scienze

occulte hanno funzione di forme simboliche vicine, o equivalenti, a quella del labirinto». La serie delle

Compenetrazioni iridescenti esplora questo profondo vincolo. Gli stessi motivi servono a rappresentare anche la

meccanica dei cieli: in Mercurio passa davanti al sole suggerisce la compenetrazione e il dinamismo delle forme

geometriche. Questa ricerca compositiva preannuncia l'immagine del labirinto: la configurazione dell'archetipo

evolve dalla spirale e dal cerchio. Balla prescinde dal rappresentare il simulacro visivo, per passare alla concreta

possibilità di ampliare l'esperienza sensibile, aspirando a dare sostanza all'invisibile, all'imponderabile,

all'essenza.

Klee reinventa il mondo e rende visibile quanto di occulto e misterioso è racchiuso in esso; è stato il primo

artista che si sia inoltrato nell'inconscio: “l'operazione artistica, per Klee, è simile a quella del ricercatore che,

ricorrendo ai mezzi tecnici, rende visibili i microrganismi che non sarebbero visibili e che popolano le regioni

profonde della memoria inconscia”. L'artista è uno scienziato che rivela celate relazioni e le traduce in immagini

che prendono la forma di architetture, di città immaginarie, labirinti, al cui interno si dipanano elementi organici,

simboli, ideogrammi. Un mondo disseminato e disorientato che dichiara un desiderio imperioso di libertà.

Page 8: Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE

[Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE] Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate A.A. 2015/2016

Titolare della Cattedra: Prof. Arch. Gaetano CATALDO

8

Nell'opera di Klee c'è una direzione cui è risparmiata la perdita irrimediabile dell'orientamento, è una strada

principale intersecata da strade secondarie che formano un intrico vertiginoso. Per orientarsi occorre possedere il

dono del distacco e del calcolo, l'astuzia di Teseo, il sapere di Arianna, avere coscienza delle proprie capacità ma

anche dei propri limiti, lavorare d'introspezione. “Il labirinto non è propriamente la perdita definitiva della

direzione certa, è piuttosto la privazione della visione prospettica e dell'esatta percezione della profondità”. I

punti di fuga sono molteplici, è una spazialità ambigua che ci attrae e ci respinge in un tempo.

Una componente mistica di derivazione teosofica si affaccia anche nella cultura labirintica di Mondrian,

impegnato nella costante ricerca dell'universale e in quella che lui chiama realtà pura attraverso un processo di

astrazione che contempla un'operazione di riduzione e sintesi degli elementi del reale. Questa evoluzione è

testimoniata dalla serie dedicata all'albero, una figura che dichiara valenze e riferimenti simbolici: è una delle

componenti più importanti tra quelle che concorrono a costituire la sfera del labirinto, cioè il centro. Il labirinto

di Mondrian “è verticale, come il segno dell'albero che si sviluppa verso l'alto, seppure con tensioni laterali”.

L'artista utilizza pochissimi elementi del linguaggio visivo: brevi linee orizzontali e verticali che si incrociano

fino a creare una griglia labirintica. “Mondrian si fa campione dell'analisi linguistica e attraverso questa offre la

sua reale rivoluzione labirintica”.

Mirò dimostra il suo interesse per la leggenda del Minotauro: la spirale è il modello presente in ogni sua opera

che prende vita con fogge e accezioni differenti. La linea vibrante crea tracciati calati in atmosfere sospese e

incantate, di sapore metafisico, e segue quel filo d'Arianna, il pensiero inconscio interiore che trapela e si risolve

nella superficie dell'immagine visiva. Mirò configura i suoi miti in un universo magico con una scrittura

elementare, ludica, libera; scopre la spontaneità dei disegni infantili, il disimpegno del gioco, una delle migliori

definizioni di labirinto. Nelle Costellazioni il labirinto trova la sua più piena e significativa ragion d'essere con

una superficie brulicante di segni spiraliformi, punti e linee arabescate, fino a creare una sorta di struttura

labirintica assimilabile quasi ad una ragnatela.

Magritte gioca con gli spostamenti del senso con lo spaesamento, con accostamenti incongrui, stridenti e

deformazioni, esplicitando visivamente il meccanismo concettuale del linguaggio. Il suo microcosmo labirintico

Page 9: Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE

[Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE] Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate A.A. 2015/2016

Titolare della Cattedra: Prof. Arch. Gaetano CATALDO

9

è nutrito di simboli ripetuti “il grembo, il vaso, la casa, la grotta, l'uovo, cui si affiancano le immagini archetipe

della terra, del mare e del cielo”. Il labirinto e la caverna sono legati ambedue alla stessa idea di un viaggio

sotterraneo, a cui è sotteso poi un significato iniziatico. Il disegno labirintico è connesso con “la raffigurazione

dei nodi e degli intrecci” e la pittura di Magritte si manifesta nella capacità di far emergere il mistero, l'enigma.

Il mito greco riveste un ruolo principale nell'opera di Fabrizio Clerici: la sua opera si abbandona agli strati più

profondi dell'inconscio, evocato in immagini oniriche e sogni allucinati; alla matrice surreale abbina la

metafisica che gli permette di evocare il “cuore misterioso che le antiche civiltà hanno lasciato sepolto sotto le

rovine; l’archeologia del presente, individuale, coincide con l'archeologia del passato, collettiva”.

Le scenografie teatrali “rivendicano la doppia spazialità dell'illusione e della costruzione” con i miraggi dello

spazio, i trompe-l'oeil, le anamorfosi. La fantasia vi riversa il suo virtuosismo, il fantastico vi trova il suo

alimento. Giocare con lo spazio significa riconoscere, e stimare, la realtà dello spazio e “attestare il diritto per

tutti di costruirvi a piacere la casa della propria immaginazione”. In questo modo “la logica del visibile è al

servizio dell'invisibile: niente è più irreale dell'architettura: il labirinto, la torre di Babele”. è in questa

dimensione di realismo magico egli rievoca il mito del Minotauro come topos tematico ricorrente. La tela del

ragno suggerisce all'architetto dei labirinti lo schema dei corridoi e delle trappole, così che l'artista, che avanza

lungo queste vie si lascia dietro le spalle la sorpresa che gli riserva, al termine della sua inquieta passeggiata, la

grandiosa festa dell'immaginazione. Il mito greco, tuttavia, non riaffiora solo come mera reminiscenza

archeologico/onirica ma diviene metafora visiva delle relazioni tra uomo e cosmo.

Le Strutture primarie che Robert Morris elabora sono prive di elementi connotativi, elementari nella forma e nel

colore si impongono nello spazio contraendo e dilatando l'ambiente in cui sono collocate; la tipologia delle

strutture offre la possibilità per lo spettatore di divenire elemento attivo nella sua percezione spaziale. La

Page 10: Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE

[Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE] Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate A.A. 2015/2016

Titolare della Cattedra: Prof. Arch. Gaetano CATALDO

10

condizione di movimento, di circolazione costringe lo sguardo alla ricerca di punti fissi, scardinati dal sistema di

relazioni dei materiali installati. Ciò consente di intraprendere un vero e proprio percorso labirintico.

Morris ha realizzato per il parco di Celle (PT) un labirinto a forma di triangolo equilatero rivestito di marmo;

l'opera si colloca in un contesto rivolto alla fruizione pubblica ed è dotata di un varco di 80 centimetri che

introduce il visitatore in un corridoio formato da pareti alte 2 metri; avanzando lungo l’unico cammino

percorribile si avverte il disagio per quelle righe che si deformano lungo il pendio creando forti illusioni ottiche e

una sorta di vertigine. Il risultato è un labirinto che sfida la percezione e l'orientamento.

Le opere di Mario Merz sono strutture di espansione fisica e mentale con un ruolo emblematico per la sua

profonda ricerca sulle leggi del mondo naturale, che lo porta a ribellarsi contro l'ordine costituito che l'uomo ha

cercato di imporre. Il mondo organico è il territorio da cui attingere nuove forme estetiche già costituite, per

ritrovare l'esperienza originale dell'arte e il massimo di libertà. Nel suo lavoro “il labirinto non può essere un sito

concluso” e la spirale è la forma che privilegia e segnala il senso di un accrescimento legato al ritmo biologico

della natura. L'igloo, costruzione archetipa primaria, nasce dallo sviluppo in tre dimensioni di una spirale e

rappresenta il prototipo di un habitat originale e primordiale dotato dell'energia strutturale della natura; è assunto

come simbolo del luogo ideale, rappresentativo dell'anima dell'artista dominato energicamente dalla spirale, che

trova nello spazio curvo un possibile centro. La legge numerica viene assorbita nell'opera di Merz come

rappresentazione dell'evoluzione progressiva del mondo organico: ad esempio lo stelo di un albero che si

ramifica in due e in seguito in tre, in cinque, in otto ramificazioni e così via, fino a descrivere una linea

elicoidale, riconoscibile anche sui dorsi delle chiocciole; l'artista produce una figura concettuale in cui il numero

diventa forma attraverso la spirale.

Il labirinto è uno dei temi che più entusiasmano Jannis Kounellis che ha indagato temi quali lo spazio e il valore

intrinseco delle cose con opere come Atto Unico, un lavoro che non consente repliche: è labirinto di 1000 mq

che invade l'intero piano terra della GNAM - Galleria Nazionale Arte Moderna di Roma. L'entrata nel labirinto

è allo stesso tempo la sua uscita: il viaggio cui è invitato lo spettatore, è un percorso che si snoda in uno spazio

diviso e frammentato, ma che lo porta a un centro. Il percorso prosegue in un ambiente avvolgente, plumbeo,

Page 11: Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE

[Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE] Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate A.A. 2015/2016

Titolare della Cattedra: Prof. Arch. Gaetano CATALDO

11

enigmatico. Lo spettatore vaga lungo gli spazi della memoria che si restringono, si allargano, lungo corridoi

serrati o improvvisamente sbarrati.

Quest'opera è il paradigma del viaggio; come il sacco e la nave, il labirinto appartiene al territorio “dove ha

regnato la Magna Mater”. Il suo labirinto sembra indagare i meandri della coscienza individuale in un viaggio

tutto mentale, linguistico.

Claudio Parmiggiani mette in atto una fenomenologia della visione in cui vi sono chiari riferimenti alla cultura

ermetica/esoterica. La natura del rapporto tra l'artista e l'alchimia fonda il suo principio sul desiderio, attraverso

l’archetipicità dell'opera, “di trasformare l'individuo per ricreare il mondo a misura dei propri sogni”. Egli

valuta da artista “soprattutto le strutture interne, e nel chiuso di questo protettivo interno, così simile ad un

ideale grembo materno, è conseguente che i valori costanti assurgano a suggestiva immagine di una essenzialità

metastorica, convergendo nel circolo dell'Identità assoluta”. L'opera assurge a itinerario mentale e Parmiggiani

“è tra gli artisti contemporanei uno dei più decisi alle partenze, uno dei più pronti a doppiare la funzione di

costruttore di forme in quella di viaggiatore mentale”. È come se all'ordine disorientante del labirinto fosse “da

poco uscita la perfezione opaca della sfera”, la ricomposizione di una totalità perduta: “immagino che dalla

caverna e dal caos si sia appena formato il cosmo, con un evento che ha sì un'aria tragica, ma è anche un

gioco”.

Nel labirinto si può ravvisare la struttura portante del pensiero moderno, come si evince dal grande progetto

scultoreo edificato in cima ad una collina, nei pressi di Messina, da Italo Lanfredini: è un'opera concepita come

oggetto praticabile, poiché si porge all'uso e all'esplorazione fisica, ma invita anche ad una ricerca interiore.

Nel labirinto si può ravvisare la struttura portante del pensiero moderno, come si evince dal grande progetto

scultoreo edificato in cima ad una collina, nei pressi di Messina, da Italo Lanfredini: è un'opera concepita come

oggetto praticabile, poiché si porge all'uso e all'esplorazione fisica, ma invita anche ad una ricerca interiore.

Page 12: Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE

[Corso di METODOLOGIA della PROGETTAZIONE] Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate A.A. 2015/2016

Titolare della Cattedra: Prof. Arch. Gaetano CATALDO

12

La grande ragnatela In orbit di Tomás Saraceno al KXXI

Due labirinti in cristallo di C. Parmiggiani

Il labirinto di I. Lanfredini a Messina