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ADI Assistenza Domiciliare Integrata L’assistenza domiciliare nasce in contemporanea o quasi con lo sviluppo moderno della

scienza infermieristica. Florence Nightingale nel XIX secolo (1869) assisteva gli ammalati

poco abbienti a domicilio. La Gran Bretagna è stata la culla e la più progredita nazione nel

campo dell’assistenza, tant'è vero che un secolo più tardi (1966) il National Health Service

codificò l’attività svolta dai sanitari al di fuori della struttura ospedaliera.

In Italia, l’assistenza domiciliare esordì nel 1970, ma era ben lontana dal concetto di come

la vediamo oggi: il personale veniva impiegato a domicilio per espletare dalle faccende

domestiche o burocratiche: dal dover accudire la persona alla gestione infermieristica

semplice e basilare, fino al trattare un ammalato affinché non si disorientasse. Tali servizi

gestiti spesso dal Comune avevano una falla su ciò che riguardava il lato sanitario e nei

collegamenti con esso: in quegli anni la Sanità era divisa in Enti previdenziali, mentre

medici generici, servizi ospedalieri e specialistici agivano in completa autonomia. Con la

legge del 23 dicembre 1978 (istituzione del Servizio Sanitario Nazionale) si creavano i

presupposti per l’assistenza domiciliare: il distretto sanitario, neo-costituitosi, diventava

una struttura tecnico-funzionale periferica dell’U.S.L., dove le prestazioni di primo livello

erogate erano concretizzate nel ruolo sempre più decentrato del servizio sanitario fino ad

arrivare in seno alle comunità, alle famiglie. Il fatto di portare la salute più vicino al luogo in

cui la gente vive e lavora, è stato un punto fondamentale dello sviluppo sanitario

dell’epoca e dello scontro politico allorché si doveva parlare di tagli alla finanziaria (decreto

Carlo Donat Cattin n°111/1989). Ci volle lo spauracchio dell’A.I.D.S. e l’aumento

demografico considerevole della popolazione senile, sul finire degli anni ’80 e poi agli inizi

degli anni 90, perché il Governo stanziasse fondi e legiferasse a favore degli assistiti a

domicilio e delle persone non autosufficienti attuando così un’oculata politica riguardante

l’assistenza Domiciliare Integrata e l’ospedalizzazione Domiciliare (sull’ esempio della

Home Care anglosassone). La nascita delle Aziende Sanitarie ha portato, senz'altro, un

livello di assistenza più vicino e più corrispondente alle esigenze del singolo paziente;

l’evoluzione continua del sistema e la sua varia natura a seconda delle identità nazionali

hanno fatto sì che oggi l’Assistenza Domiciliare consti di diversi modelli organizzativi, a

volte - soprattutto al Sud - carenti dal punto di vista dei servizi e della qualità.

L’ADI in Italia

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Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) garantisce alle persone non autosufficienti e in

condizioni di fragilità, con patologie in atto o esiti delle stesse, percorsi assistenziali nel

proprio domicilio denominati “cure domiciliari” consistenti in un insieme organizzato di

trattamenti medici, infermieristici e riabilitativi, necessari per stabilizzare il quadro clinico,

limitare il declino funzionale e migliorare la qualità della vita. Le cure domiciliari si

integrano con le prestazioni di assistenza sociale e di supporto alla famiglia, generalmente

erogate dal Comune di residenza della persona. Il bisogno clinico-assistenziale viene

accertato tramite idonei strumenti di valutazione multi-professionale e multi-dimensionale

che consentono la presa in carico globale della persona e la definizione di un “Progetto di

assistenza individuale” (PAI) sociosanitario integrato. L’assistenza domiciliare è, dunque,

un servizio compreso nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) in grado di garantire una

adeguata continuità di risposta sul territorio ai bisogni di salute, anche complessi, delle

persone non autosufficienti, anche anziane, e dei disabili ai fini della gestione della

cronicità e della prevenzione della disabilità.

servizi territoriali della ASL; tuttavia, sono generalmente gestite e coordinate direttamente

dal Distretto sociosanitario (DSS) delle Aziende Sanitarie Locali (ASL), in collaborazione

con i Comuni. Per le prestazioni sociali il cittadino deve fare riferimento al Comune di

residenza.

In relazione al bisogno di salute dell’assistito ed al livello di intensità, complessità e durata

dell’intervento assistenziale, si distinguono alcune tipologie di cure domiciliari:

I. Assistenza domiciliare programmata (ADP)

II. Assistenza domiciliare integrata (ADI)

III. Ospedalizzazione domiciliare

L'assistenza domiciliare integrata (ADI) è un sistema di interventi e servizi sanitari offerti a

domicilio, intendendo per domicilio sia l'abitazione del paziente, sia una struttura

comunitaria, sia casa di riposo o struttura residenziale permanente; si caratterizza per

l'integrazione delle prestazioni offerte, legate alla natura e ai bisogni a cui si rivolge; si

basa anche sulla concordia degli interventi progettati e gestiti da figure professionali

multidisciplinari. La continuità assistenziale offerta dal concorso progettuale degli organi

professionali coinvolti (sanitari, operatori del sociale, fisioterapisti, farmacisti, psicologi,

ecc.) garantisce la condivisione degli obiettivi e delle responsabilità, e stabilisce i mezzi e

le risorse necessarie per il raggiungimento dei risultati di salute. L'assistenza domiciliare,

componente del welfare regionale e locale, è comprensiva di diverse tipologie di

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assistenza che si articolano in vari livelli, diversificati in base alla loro maggiore o minore

intensità assistenziale, al numero e alla competenza professionale specifica degli operatori

coinvolti, al profilo della persona a cui si rivolgono, alla modalità di lavoro degli operatori, e

infine al livello operativo territoriale e integrato coinvolto.

Alla luce di questo sviluppo la politica sociale e sanitaria sta conducendo una linea di

azioni verso alcune soluzioni alternative tra le quali il potenziamento delle strutture

residenziali o una nuova forma di assistenza socio-assistenziale economicamente più

vantaggiosa, ovvero quella dell'assistenza domiciliare. Va da sé che le strutture

ospedaliere presenti non saranno in grado di fronteggiare l'aumento delle patologie

strettamente legate all'età sia a causa di una capienza inadeguata, sia per la mancanza di

risorse umane. L'ospedalizzazione, oltre ad essere gravosa in termini economici, comporta

una situazione traumatica per l'anziano, che si trova spesso disorientato e non confortato

dalla famiglia. Il sistema degli interventi e dei servizi domiciliari risulta perciò un'alternativa

valida in quanto può soddisfare le esigenze, in maggior parte di carattere sanitario, degli

anziani, dei disabili e dei pazienti affetti da malattie cronico degenerative in fase

stabilizzata o aventi vari gradi di non auto sufficienza (temporanea/permanente,

parziale/totale) che necessitano di essere assistiti in maniera continuativa. Le famiglie, i

cittadini e il Sistema Sanitario Nazionale (S.S.N.) da anni si stanno orientando verso forme

di assistenza che possano contribuire a un miglioramento della qualità della vita, che siano

più recettive verso i bisogni e le esigenze individuali, che possano ridurre le occasioni di

ospedalizzazione non indispensabile e, soprattutto, che possano far sì che il paziente non

rinunci, a causa della malattia, al suo nucleo familiare. Il S.S.N. tende così ad assicurare a

tutti quei pazienti il cui accesso al medico è precluso dalle loro condizioni, o perché ospiti

in residenze protette, un'assistenza che permette loro di ottenere, presso la propria

residenza:

1. una disponibilità o accesso periodico del medico al di fuori delle normali richieste di

visita domiciliare per situazioni acute;

2. la possibilità di essere sottoposti a visite specialistiche;

3. una serie di servizi e risorse mediche, infermieristiche, tecniche o para sanitarie che

possano minimizzare il ricorso all’ospedalizzazione.

L'obiettivo del nostro Sistema Sanitario è un modello che racchiude servizi non solo

sanitari ma anche sociali, integrando la medicina di base con quella specialistica e con la

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legge 69/2009 si integrano gli operatori della salute e la farmacia come una nuova unità

territoriale della salute.

L'assistenza domiciliare integrata e SSN

L'Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) è un servizio, organizzato dalle Asl in

collaborazione con i Comuni, che permette ai cittadini che ne hanno bisogno di essere

assistiti a casa con programmi personalizzati, evitando il ricovero, in ospedale o in casa di

riposo, per un tempo maggiore del necessario.

Con la legge numero 69 del 2009, anche le farmacie pubbliche e private in convenzione

con il Servizio Sanitario nazionale sono tenute ad offrire servizi di assistenza domiciliare

integrata a favore dei pazienti, spesso anziani, del proprio territorio con la consegna

domiciliare di farmaci e dispositivi medici necessari alle cure e la messa a disposizione

degli operatori socio sanitari, infermieri e fitoterapisti per visite domiciliari.

Le forme di Assistenza Domiciliare Integrata sono due: semplice e complessa. Ad esse si

affianca la normale "assistenza domiciliare" (v. apposita voce), la quale non richiede alcun

coordinamento di competenze professionali diverse, anche se queste, quando necessarie,

possono essere chiamate in campo.

Assistenza Domiciliare Integrata semplice

Include prestazioni infermieristiche o riabilitative più semplici, come medicazioni, prelievi

del sangue o cambi di catetere, ed è rivolta a persone non totalmente autosufficienti, in

genere anziane.

Per richiedere l'Assistenza Domiciliare Integrata semplice, il cittadino si deve rivolgere al

proprio medico di base, che valuta la situazione e la segnala al Distretto Sanitario, il quale

si attiva per fornire i servizi richiesti.

Assistenza Domiciliare Integrata complessa

Comprende un insieme di cure mediche, infermieristiche, riabilitative e assistenziali, che

riguardano persone gravemente ammalate non autosufficienti, che hanno necessità

complesse.

L'Assistenza Domiciliare Integrata complessa deve essere richiesta al Distretto Sanitario di

residenza, dallo stesso medico di base, oppure dalla persona interessata, dai suoi familiari

o dagli operatori dei Servizi Sociali del Comune. La richiesta è valutata da una

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commissione, composta da medici, operatori dei Servizi Sociali, infermieri ed altre

eventuali figure professionali.

La domanda è accettata solo se il servizio di Assistenza Domiciliare è attivo nella Asl e se

la persona ha realmente complesse necessità, per le quali non sono sufficienti gli

infermieri o gli operatori sociali.

L’ospedalizzazione domiciliare

L'ospedalizzazione domiciliare è un tipo di assistenza a domicilio che consente di garantire

al paziente tutte le prestazioni che normalmente vengono erogate in ospedale. A

differenza di quanto avviene nell'assistenza domiciliare integrata, la responsabilità della

cura del malato non ricade sul medico di medicina generale, ma sulla divisione

ospedaliera che lo mantiene in carico.

L'ospedalizzazione domiciliare presenta un doppio vantaggio, rispetto alla degenza in

ospedale: da un lato, consente alla persona malata di godere di una qualità della vita

nettamente superiore; dall'altro, permette al Servizio Sanitario Nazionale di sopportare

costi inferiori. Ciò nonostante, è attiva in poche regioni.

L'ospedalizzazione domiciliare garantisce:

1. 2 ore al giorno di presenza infermieristica;

2. una visita giornaliera da parte di un medico dell'ospedale (o del medico generico, in

collegamento con la divisione ospedaliera di riferimento);

3. un collegamento telefonico permanente con l'equipe ospedaliera;

4. la possibilità di visite specialistiche;

5. una segreteria organizzativa.

Le patologie rispetto alle quali risulta più opportuno ricorrere all'ospedalizzazione

domiciliare sono le malattie cerebrali croniche, i tumori, le ischemie cardiache, le malattie

dei vasi sanguigni periferici, le complicanze di stati prolungati di immobilità. Essa

rappresenta inoltre una soluzione idonea anche per i malati cronici anziani e per i malati in

fase terminale.

Altrimenti, si ricorre all'ospedalizzazione domiciliare in caso di degenza prolungata, per

ridurne gli effetti negativi, anticipando le dimissioni dall'ospedale.

Il ruolo del farmacista

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Profilo del Farmacista Counselor Il Counseling è una nuova risorsa nel sistema socio-sanitario italiano. Il Counseling

Sanitario inizia a diffondersi in Italia all'inizio degli anni '90 con l'avvio della campagna

informativa sull'AIDS e, la sua pratica, in ambito socio-sanitario si afferma con la legge

135/1990 che ha sancito l'importanza dei colloqui di Counseling prima e dopo il test per

l'HIV.

Il British Association for Counseling and Psycotherapy (BACP) definisce il Counseling "un

uso della relazione basato su abilità e principi che sviluppano l'accettazione,

l'autoconsapevolezza e la crescita della persona; può essere mirato alla definizione di

problemi specifici, alla presa di decisioni, ad affrontare i momenti di crisi, a confrontarsi

con i propri sentimenti e i propri conflitti interiori o a migliorare le relazioni con gli altri,

rispettando i valori, le risorse personali e la capacità di autodeterminazione dell'individuo".

Il Counseling in ambito sanitario si pone l'obiettivo di attivare processi motivazionali

funzionali al mantenimento/accrescimento del benessere:

a) di rendere possibili scelte in situazioni che riguardano il proprio stato di salute o quello

dei propri familiari;

b) affrontare in modo attivo problemi di salute o difficoltà riguardanti la modifica del

comportamento a rischio per la salute;

c) affrontare situazioni di salute complesse che possono offuscare le risorse necessarie

per affrontare e per reagire alle difficoltà.

L'attività di counseling è svolta da un counselor, un professionista in grado di aiutare un

interlocutore in problematiche personali e private.

Il ruolo del Farmacista, è fondamentale per il paziente, che spesso a lui si rivolge per

condividere i disagi relativi alla propria persona o ai suoi familiari, ricercando soluzioni di

ben-essere o di orientamento verso scelte appropriate di cura, nutrizione, o di

comportamenti mentali ed emozionali che favoriscano la promozione della salute.

È oggi riconosciuta una interdipendenza fra corpo e psiche, il raggiungimento di un

benessere globale è spesso garantito dalla capacità di essere in armonia fra corpo mente

e coscienza.

“Aiutare l’altro ad aiutarsi” è il compito del counselor e chi più del Farmacista meriterebbe

di essere esperto in questa “Arte” preziosa?

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Competenze del Farmacista Counselor

Come ampliare le competenze di consiglio da parte del farmacista come entità

professionale, che può esercitare la sua funzione di consulente in modalità di counseling e

in armonia con la Legge 69/2009 contribuendo, così, ad integrare la professionalità del

Farmacista al fine di essere sempre di più esperto di riferimento nella relazione d’aiuto e

del ben-essere

Il Counseling intende offrire un metodo, inteso nel senso etimologico “strada attraverso

cui”, per favorire lo sviluppo di una proficua relazione capace di condurre l’altro verso

l’armonia e la serenità, per divenire “facilitatori”, capaci di porgere soluzione che aiutino a

liberarsi dallo stress delle emozioni negative, trasformandole in maniera vitale, per

educare ad un sano vivere orientato al bene, per allenare a divenire capaci di superare il

disagio, per orientare a scegliere il meglio in tema di alimentazione e di rimedi naturali,

seguendo il fine “primum non nocere”, orientando il paziente verso una terapia che arrechi

meno danni e privilegiando trattamenti con meno controindicazioni.

Le competenze del Counselor contribuiscono ad integrare la professionalità del

Farmacista al fine di essere sempre di più esperto nella relazione d’aiuto. Ciò permette di

offrire al paziente il giusto conforto e l’indispensabile comprensione. Solo da un’autentica

comprensione può sorgere uno stimolo per tenere vivo il desiderio della guarigione e lo

sviluppo della coscienza della salute.

Una così preziosa relazione di aiuto, permette al Farmacista Counselor di instaurare un

rapporto di aumentata stima e fidelizzazione, restituendo così al Farmacista il ruolo di

prezioso consigliere “Custode della salute”.

Le aree di intervento del Farmacista Counselour, in funzione dei nuovi ruoli saranno, da

una parte, dedicati all’integrazione di coordinamento con altri operatori (infermieri,

fisioterapisti, e altri professionisti) impegnati nell’assistenza integrata domiciliare afferente

al SSN, in cui questo tipo di funzione sarà oggetto di programmazione e definizione tra le

esigenze e le aspettative dell’ente erogatore e le associazioni di categoria; viceversa l’area

di intervento precipua del Farmacista Counselour (F.C.) dovrà in particolare rivolgersi alle

cure naturali e al benessere psico-fisico. Quindi, la figura del F.C. dovrà dotarsi di una

formazione non formale integrativa alla formazione accademica conseguita e rivolta a tutte

le possibilità di cura che sono messe a disposizione della persona1. Questa tematica

                                                            1 Carbone R. Trilogia della salute. Cahiers de Bioterapie. Numero 2, anno XVII, p. 25-29. Roma, aprile-giugno 2012.

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pone, anche, le istituzioni a dare maggiore risalto e attenzione a questi mezzi di cura che,

tra l’altro, sono annoverate nelle diverse farmacopee e quindi riconosciute dagli stati

sovrani.

In sintesi le attività del farmacista counselor sono rappresentate:

1) Gestione, coordinamento e compartecipazione con altri operatori alla realizzazione

dell’assistenza domiciliare integrata (ADI); gestione delle patologie croniche e

servizi di cui alla L. 69/2009;

2) Gestione, coordinamento e monitoraggio delle nuove professioni non organizzate in

ordini e collegi professionali, dì cui alla Legge n. 4 del 14 gennaio 2013;

3) Gestione delle nuove richieste di wellness, fitness e benessere riferito all’ambiente

e all’ecologia, per una popolazione sempre più esigente e informata. La formazione del Farmacista Counselour L’obiettivo formativo è di offrire al Farmacista la possibilità di ricevere le conoscenze utili a

maturare le competenze e le abilità, per divenire un eccellente esperto nella relazione di

aiuto, un Counselor Farmacista.

Da sempre il farmacista ha svolto il ruolo di consigliere, soprattutto in riferimento

all’assunzione del farmaco e agli effetti avversi ad esso connessi, con il Counseling, oggi,

il suo compito è quello di promuovere e facilitare il mantenimento della salute aiutando la

persona a fare le “Giuste” scelte, a crescere, a ritrovare una nuova consapevolezza di sé e

della realtà, ripristinando così il benessere globale. Il Counselor Farmacista è un esperto

nella relazione di aiuto ed in comunicazione empatica, opera attraverso l'uso di tecniche

naturali, energetiche, vibrazionali capaci di ripristinare l’equilibrio interiore, con un

approccio Olistico, che accoglie e sostiene il corpo la mente e la coscienza di chi a lui si

rivolge.

L’adeguamento e l’implementazione della formazione del farmacista dovrà avvenire in

modalità NON FORMALE2, secondo Il DL 13/2013, che trasformerà il farmacista da

                                                            2 Decreto legislativo del 16 gennaio 2013, n. 13, Definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l'individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze, a norma dell'articolo 4, commi 58 e 68, della legge 28 giugno 2012, n. 92. (13G00043) (GU Serie Generale n.39 del 15-2-2013).

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consigliere dell’uso corretto del farmaco a Farmacista Counselour3 (Chemist counselour);

introducendo il concetto dell’esercizio del Counseling in farmacia e il farmacista

counselour4.

La formazione consisterà in una forma di Formazione Integrativa Professionale (FIP) NON

FORMALE e una forma di formazione successiva di Educazione Continua Professionale

(ECP) secondo standard e training europei. La formazione non formale sarà erogata da

un’Associazione o Fondazione, riconosciuta e accreditata da società di counseling abilitata

e riconosciuta a sua volta da enti o organismi ufficiali.

La formazione si svilupperà su 5 aree tematiche in forma mista: seminari e FAD

(formazione a distanza) secondo le seguenti aree di approfondimento e di

implementazione.

a) Area emotiva-emozionale (essenze floreali, floriterapia), Strumenti e tecniche di

Relazione di aiuto, comunicazione analogica e PNL.

b) Area benessere naturale (fitoterapia, aromaterapia, gemmoterapia. Oligoterapia,

omeopatia, organoterapia, litoterapia, fitoterapia energetica cinese, omeosinergia,

ecc.).

c) Area di valutazione dello stato costituzionale e diatesico del soggetto, Omeopatia

costituzionale, Fondamenti di naturopatia, Elementi Medicina Energetica

Tradizionale Cinese, Iiridologia.

d) Aera Nutrizione e corretta alimentazione (Diete, integrazione alimentare, Reattività

individuali agli alimenti e sostanze chimiche, detossificazione e drenaggio).

e) Area ambiente ed ecologia, geobiologia e geopatie e interferenze con l’ambiente

(valutazione dei campi di disturbi energetici: EAV, Kinesiologia, VEGA).

Il conseguimento del titolo di Farmacista Counselor si prefigge l’obiettivo di integrare la

conoscenza delle discipline citate e di mantenere un livello di conoscenza degli operatori

aggiornato e in aderenza agli sviluppi e alle esigenze della collettività, certificato da Enti

riconosciuti (UNI EN ISO 9001).

                                                            3 Carbone R. Il farmacista Counselour. Cahiers de Biotherapie., Numero 3, anno XX, p. 39-42. Roma, luglio-settembre 2012. 4 Carbone R. Slide presentazione Counseling in farmacia e il farmacista counselour. Utifar, Farmaday’s, Verona 2012.

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Organizzazione logistica della farmacia dei servizi

La comunicazione I cambiamenti che stanno caratterizzando la farmacia italiana hanno modificato

radicalmente le modalità di gestione della farmacia da parte del titolare e del suo team.

Uno degli obiettivi principali per la diffusione del concetto di farmacia dei servizi è la

comunicazione e l’informazione al cliente e la gestione operativa attraverso soluzioni

innovative e originali.

Una corretta gestione e organizzazione dello spazio espositivo disponibile costituisce il

primo intervento di comunicazione.

Non dobbiamo legare al concetto di organizzazione dello spazio con disposizione delle

referenze, anzi è necessario differenziare la comunicazione di tipo commerciale (espositori

di vendita, display, prodotti stagionali e pubblicizzati dai mass media, ecc.) dalla

comunicazione professionale che deve essere orientata a pura informazione con lo scopo

di orientare ed informare; deve emergere il carattere no profit e deve indicare soprattutto

informazioni di tipo istituzionali riguardanti la salute e la prevenzione.

Riuscire a raggiungere questi obiettivi è necessario tener conto di alcuni fattori

caratteristici. La farmacia non deve essere considerata un luogo di esclusiva distribuzione

dei farmaci. La comunicazione valoriale deve essere orientata alla promozione della

salute e del benessere; quindi, la farmacia deve comunicare la sua peculiarità di luogo in

cui le persone possono confrontarsi con dei valori, più che con dei prodotti.

All’uopo, gli spazi o aree in cui far comunicare la farmacia devono essere utilizzati da

visual che comunicano alla persona messaggi e informazioni che rispondano ai loro

bisogni di salute e benessere.

La comunicazione professionale, da sviluppare all’interno della farmacia, non deve

seguire le tecniche di merchadising che caratterizzano il punto vendita, ma dovrà essere

chiara e semplice, comunicando la filosofia e la mission oriented verso la salute, il

benessere e l’integrazione nel SSN.

I messaggi devono essere continuativi nel tempo e ripetuti in più punti all’interno della

farmacia, devono informare e la farmacia deve diventare il “punto di riferimento”

informativo dei nuovi servizi presenti in farmacia, delle iniziative “sociali” della farmacia e

della cultura della salute e del ben-essere.

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Il Layout della farmacia dei servizi

 

Per dare applicare la legge n. 69 del 2009, e il Decreto Legislativo n. 153 del

2009, è necessario che anche la farmacia venga organizzata in spazi e aree da

destinare alle nuove attività di servizio e aree da destinare all’esercizio delle

nuove attività con spazi di sufficienti dimensioni e attrezzature.

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Le farmacie possono mettere a disposizione dei pazienti operatori socio-

sanitari, infermieri e fisioterapisti, per favorire l’assistenza domiciliare integrata

e la possibilità di effettuare a domicilio specifiche prestazioni professionali per

la continuità delle cure e secondo specifiche richieste dl medico: Le prestazioni

infermieristiche o fisioterapiche possono essere svolte anche presso la farmacia

e limitate alle prestazioni di servizi di primo e secondo livello rivolti ai singoli

assistiti e previsti dai decreti attuativi.

I servizi di primo livello erogati dalle farmacie consistono nella

partecipazione alla realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di

campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale,

rivolti alla popolazione e ai soggetti a rischio realizzati a livello nazionale e/o

regionale. In farmacia si dovranno organizzare spazi per mettere a disposizione

dei pazienti angoli informativi e di distribuzione di dépliant e brochure in

concomitanza anche a campagne nazionali istituzionali, ricorrendo a modalità

di informazione adeguate e, ove necessario, previa formazione dei farmacisti

impegnati a tali divulgazioni.

I servizi di secondo livello relativi ad analisi di prima istanza erogate

dalle farmacie dovranno assicurare servizi rivolti ai singoli assistiti, in coerenza

con le linee guida ed i percorsi diagnostico–terapeutici previsti per le specifiche

patologie, su prescrizione del medico, anche avvalendosi di personale

infermieristico. Sarà utile e coerente, prevedere l’inserimento delle farmacie tra

i punti forniti di defibrillatori automatici.

Tra i servizi di secondo livello, le farmacie possono offrire analisi di prima

istanza rientranti nell’autocontrollo, secondo i dettami stabiliti dal decreto del

Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di intesa con la

Conferenza unificata Stato – Regioni – Province Autonome, restando in ogni

caso esclusa l’attività di prescrizione e diagnosi nonché il prelievo di sangue o

di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti. Per l’esercizio di questa

funzione è necessario che in farmacia venga previsto uno spazio funzionale,

possibilmente autonomo, in cui possono essere dislocate le attrezzature di

analisi e possa essere consentito un contatto col paziente.

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Le farmacie possono effettuare prenotazione di visite ed esami

specialistici attraverso un collegamento in rete (CUP). Gli assistiti

possano prenotare prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale presso

le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate e provvedere al

pagamento dei relativi

ticket e a ritirare i referti.

Anche per questo servizio

è necessario dedicare

un’apparecchiatura

informatica dotata di

stampante in linea e di

uno spazio riservato.

La tipologia e l’ubicazione

dell’area destinata ai

servizi deve essere

delimitata e facilmente identificabile in apposito luogo differenziato.

È fondamentale che lo spazio destinato ai servizi sia delimitato per la privacy e

per mettere a proprio agio il paziente, in modo che possa sentirsi esclusivo e al

centro dell’attenzione. Anche un angolo di attesa può essere utile per

manifestare l’attenzione verso la persona e stabilire una forma di fidelity verso

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la farmacia.

L’idea di creare un ambiente riservato agli operatori infermieri, fisioterapisti e

altri operatori del benessere può essere utile e vincente per facilitare il dialogo

e la crescita di questi servizi.

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