Corriere del Veneto - Il Patriarca di Venezia sul referendum indipendentista

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A vvertenza: tutto quello che leggeretequi di seguito non è ancora successoe, secondo la maggior parte dei costi-

tuzionalisti, non succederà mai nell’alveodella Costituzione italiana. Ieri però la com-missione Affari Istituzionali ha inviato alconsiglio regionale la legge per istituire unreferendum consultivo per chiedere ai vene-ti se vogliono l’autonomia o l’indipendenzadella Regione. Immaginando che il consi-glio approvi la norma senza battere ciglio,che la giunta lo convochi ignorando i richia-mi (anche duri) dei giudici costituzionali,che il governo italiano si giri dall’altra partedurante la fase istruttoria e che il parlamen-to non proferisca parola di fronte al voto fa-vorevole dalla maggioranza dei veneti; im-maginando tutto questo il Veneto divente-rà una Repubblica Indipendente. E a quelpunto che cosa succederebbe? Ne abbiamoparlato con il direttore di UnioncamereGian Angelo Bellati, con il presidente dellaCommissione per l’attuazione del Federali-

smo Luca Antonini, conil costituzionalista Ma-rio Bertolissi e con il do-cente di matematica ap-plicata dell’università diCa’ Foscari Silvio Giove

Il residuo fiscale,il Pil e il debito

Segnatevi bene la ci-fra: 2o miliardi di euro erotti. Questa la monta-gna di soldi che ogni an-no vanno a Roma e nontornano indietro. Bene.Da adesso restano qui,sul territorio e potrannoessere usati per investiresulle infrastrutture e suiservizi. Potranno essereusati per rendere più effi-ciente la neonata giusti-zia locale, per renderepiù rapida la burocrazia esoprattutto per abbassa-re le tasse che rendono leimprese meno competiti-ve all’estero. «Il volanoin questo caso sarebbe

addirittura maggiore - spiega Bellati -. Il si-stema infatti godrebbe di una pubblica am-ministrazione più efficiente e, grazie alla mi-glior gestione degli uffici pubblici, ci sareb-be un ulteriore risparmio». In definitiva, se-condo uno studio eseguito proprio da Union-camere, la possibilità di gestire in propriouna serie di competenze comporterebbe unprobabile aumento del Pil (prodotto internolordo) del 9%, nonostante la crisi economi-ca.

La competitività e gli F35La neonata Repubblica Veneta non sareb-

be poi così piccola per competere sui merca-ti internazionali. L’Irlanda, la Slovenia, la Let-tonia, l’Estonia, la Lituania, la Croazia, il Lus-semburgo e Malta sono molto meno compe-titivi (per Pil e per abitanti) e non soffronodi solitudine. Il Veneto indipendente perònon se la gioca con l’Austria o la Germaniama si deve accontentare della Finlandia odella Repubblica Slovacca. Le spese che do-vrà sostenere per presentarsi al mondo co-me uno stato a sé potrebbero infatti mettereinizialmente in crisi il sistema fiscale. Il Ve-neto deve dotarsi di un governo, un parla-mento, una corte costituzionale, una cortedi cassazione, una corte dei conti, un consi-glio di stato, tutte istituzioni che stanno aRoma e che non finiscono nel conteggio delresiduo fiscale perché sono assorbite in unsistema di economie di scala. Non solo: unoStato che si rispetti deve avere una Difesa. E,vista la fretta di dotarsi di armamenti e lamancanza di serenissimi piloti militari, pro-babilimente si finirebbe per dover compra-re una ventina di F35 (e le rispettive equipe

tecniche) proprio dalla vicina Italia. Som-mando questi costi improvvisi, i 20 miliar-di guadagnati con l’indipendenza si ridur-rebbero sensibilmente. E almeno nel primoperiodo le tasse per imprese e cittadini do-vrebbero aumentare per coprire le spese epagare alla straniera Italia la quota di debi-to pubblico della nostra regione (a menoche qualcuno non trovi il modo di farlafranca).

Il debito di quel che resta dell’ItaliaIl debito pubblico dell’Italia è di duemila e

cento miliardi. Alla «Serenissima» andrebbeda un minimo del 10% a un massimo del20%, a seconda della capacità negoziale della

delegazione politica dei neodogi. Anche se,secondo i calcoli di Unioncamere il Venetonon ha mai contribuito a generare debitopubblico («Negli anni Sessanta il residuo fi-scale era basso e poi è andato crescendo manon è mai stato negativo», puntualizza Bella-

ti) è possibile che Roma decida di scaricareuna porzione più nutrita del dovuto di debi-to. Il Veneto dunque si troverebbe a pagare400 miliardi di euro che però potrebbero es-sere compensati, assorbiti e pagati grazie al-l’aumento del Pil di cui abbiamo parlatoqualche riga fa.

I trattati internazionali e l’euroL’euro è e resta la moneta dell’Italia che a

partire dai trattati di Roma del 1957 ha pro-gressivamente ceduto sovranità all’Unioneeuropea. «La Repubblica Veneta è un nuovoStato che a questo punto con l’Italia non hapiù nulla a che fare e quindi non eredita ne-cessariamente i trattati internazionali e nem-meno l’euro», spiega Bertolissi. Un altro co-sto iniziale da sostenere dunque sarebbequello di una nuova zecca di Stato per batte-re moneta a cui si aggiunge l’inizio della pro-cedura necessaria a entrare in Europa. Il pro-cesso richiede continui adeguamenti e, co-me sanno i croati e gli sloveni (e anche gliitaliani), è lungo e tortuoso e comporta ri-

schi inflazionistici. L’eventuale zecchino(il ducato d'argento, il matapan, la lira

tron o quello che deciderà di battere laserenissima zecca) non avrebbe gran-de peso sui mercati internazionali esarebbe quindi in posizione di de-bolezza. «C’è inoltre il rischio che

il debito pubblico venga aggredi-to da attacchi speculativi e questobrucerebbe i vantaggi derivati dalresiduo fiscale», fa notare Antoni-ni. In questo caso, almeno nel pri-missimo periodo dal distacco, nerisentirebbero i rapporti sui mer-cati internazionali con conse-guenze nefaste sull’export regio-nale (pardon, nazionale).

Gli altri indicatori e il turismoIl Veneto si troverebbe a dover

affrontare in solitaria i problemiambientali derivati dalla produ-zione industriale dell’area Nordo-vest dello Stato confinante. I fu-mi delle fabbriche lombarde epiemontesi che attraversano ilbacino padano in barba ai confi-ni e gli sforamenti dei pm10 do-vuti al traffico pesante di passag-gio sull’asse Est-Ovest divente-rebbero un problema soltanto ve-neto. «L’ambiente e i trasporti so-no fattori critici che difficilmen-te si possono affrontare basando-si su una scala ridotta e ci sonotutta una serie di indicatori, dal-la salute all’uso del tempo liberoche non sono legati all’assettoistituzionale», spiega Giove. I do-gi della nuova Repubblica (maanche quelli che stanno a Romaoggi) dunque dovrebbero pensa-re subito a una riduzione dell’im-patto industriale sul territorio

che potrebbe produrre variazioni economi-che importanti in un prossimo futuro. Inol-tre, anche se le risorse del turismo restereb-bero in loco, il nuovo Stato perderebbe ilbrand Roma che contribuisce a portare inVeneto milioni di visitatori dai paesi emer-genti che non hanno ben presente la geogra-fia europea. Il risultato è che Venezia do-vrebbe firmare una serie di trattati commer-ciali con Roma (che però a quel punto po-trebbe avere il dente avvelenato almeno dallato politico e diplomatico).

Il destino dei vicini italianiL’Italia perderebbe miliardi di euro, un

porto e un aeroporto importante (Venezia)ma guadagnerebbe alcune aziende come Lu-xottica (ma non solo) che ha sede fiscale invia Cantù a Milano e là verserebbe le suetasse. Per contro le imprese venete perde-rebbero il marchio Made in Italy e si do-vrebbero accontentare del meno famosoMade in Veneto. Alcune città venete comePadova inoltre dipenderebbero dagli stra-nieri per la raccolta differenziata: Hera eAcegas Aps hanno sede rispettivamente aBologna e a Trieste. E se con i friulani sipuò trattare perché (visto che diventerebbe-ro un enclave) devono accettare le nostrecondizioni se vogliono passare per il territo-rio della Serenissima e andare in Italia, congli emiliani ci dobbiamo già contendere lagestione idrica del Po e la partita sarebbe de-cisamente più difficile.

Alessio Antoninidofja

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il Patriarca di Venezia

SE IL VENETO FOSSE INDIPENDENTEIL PIL, GLI F35, I TRATTATI EUROPEI

VENEZIA – L’apertura è arrivata ieri, a marginedell’incontro al parco scientifico del Vega in cuiil patriarca Francesco Moraglia ha incontrato ilavoratori, visitato le startup, provato araccontare quelli che dovranno essere, per lui,la «ricerca» e lo «sviluppo» del futuro. «Lespinte indipendentiste? L’Italia ha faticato efatica ancora oggi a trovare l’unità – ha dettoMoraglia - i motivi di difficoltà devono peròspingerci a stare insieme di più anche se forsein modo diverso». Un’apertura nei confronti deicambiamenti in atto, che se da un lato sioppone alle richieste del referendum on linelanciato sul sito Plebiscito.eu, dall’altro nonchiude gli occhi di fronte alle richieste sollevateproprio nei giorni scorsi anche dai sindaci, adesempio sulla questione fiscale. «Dobbiamo

trovare un modo per stare più uniti in manieradiversa da quella attuale – insiste il Patriarca -spingendo la leva della sussidiarietà e tenendoconto delle esigenze delle persone e deiterritori». Per Moraglia, però, l’accento vamesso altrove. Le questioni burocratiche e digestione esistono, certo, «ma al centro deveesserci sempre la persona, ovunque si stiaandando». «Che si faccia ricerca, ci si occupi diingegneria aerospaziale, di processi chimici o diquestioni economiche - conclude Moraglia -Abbiamo assistito finora a una politica nonsempre lungimirante. Non poche difficoltà dioggi derivano dagli errori del passato, di cuiprecisi uomini politici hanno responsabilità».

(a.d’e.)© RIPRODUZIONE RISERVATA

I pro, i contro e i (molti) dubbi di una nuova Repubblica Serenissima

All’ombra di San MarcoSopra l’Arsenale, una delle

prime fabbriche d’Europa aitempi della Serenissima,sotto piazza San Marco

Il consiglioIl referendumconsultivo perl’indipendenzadeve passareal vagliodel consiglioregionale

Luca AntoniniPresidenteCommissionefederalismo

Gian AngeloBellatiDirettoredi Unioncamere

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La ConsultaA quel punto laRegione dovràignorare i richiamidella Cortecostituzionale cherespingerà ilreferendum

Il governoIl governo deveasternersidall’intervenire.Potrebbechiedere ilcommissariamen-to della Regione

Il votoAnche ilparlamentodovrebbeastenersidall’intervento.A quel punto laparola va ai veneti

Approfondimenti Le norme, gli scenari e le conseguenze

Tra studi e ipotesi

«Insieme, ma in modo diverso»

Il Veneto sarebbepiù ricco maperderebbeil Made in Italy e letasse di Luxottica

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»4 Primo Piano Mercoledì 2 Aprile 2014 Corriere del VenetoPD