Corriere dei piccoli 1909 20 - archive.org

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CORRIERE DEI PICCOLI

LA PALESTRA DEI LETTORI

I maestro; Giovanni ha cinque aran- ci, Piciro gliene diede dodici e Giovan-

ni ne regalò nove a Francesco. Quanti aranci ha ancora Giovanni?..

Alcuni minuti d’imbarazzo. Un discolo; — Noi siamo abituati a fa-

re le operazioni con le mele !

cco un interessante giochetto ; I’rendete uno spillo (non d'acciaio) e

curvatene la punta a mo’ d'uncino, av- n volgietene la ca-

pocchia in cera. lacca; avrete in tal molo un’e- sca, che, perc mezzo d'un filo, attaccherete ad un bastoncino lungo dai 30 ai 40 centimetri. Taglate in

carta leggera un buon nume- ro di pesci, lun- ghi circa 15 cen. timetri che met- terete in fila so- pra un tavolo. Sfregita vigoro

siamente da ceralacca contro ad un pezzo

di lana, incomincereie a pescare e vedrete come i pesci si attaccheranno con gusto all'esca.

Sarà vincitore colui che in un dato icimpo avrà pescato il maggior numero di pesci.

M'ha detto la mamma se può ripararmi subito questa scarpa.

sano buono

che sciupo troppi quaderni.

Maestra: — Tu, Tegamini, scriverai per domani cento volte il verbo ubbidire.

Tegamini: — Non potrebbe, signora maestra, dimi= auirmi la pena?

M.: — Perchè? .:2-— Non per altro, ma perchè la mamma si lamenta

<

I! signor Luigi a suo figlio: — Come si chiamano i sordi?

Oh bella, si chiamano sordi! — No, si chiamano forte: se no non

sentono,

PAR pere mì guardì e interroghi?

Invan cerchi il mio nome: Non ho di mio che l'an nm,

ma volto ed occhi e chiom

e nervi cd ossa e muscoli , perfin voce «+ statura,

tutto m'ha dato a prestito l'arte, non la natura,

Sono un indovinello, ma ll mio visetto è bello, sono un cnigma tutta, ma, via, non sono brutta;

una sciarada sono, ma son degna di un trono, (1)

Ads! esami. Cone si chiama Puomo ch

il ferro, il rame, ccec.? Se lavora il ferro, si chimmi fab

ferraio, è se lavora il rame... Se lavora il rame, si chiama,..? Ramarro.

lavor

‘ummettete con un vostro amico, che non sarà capace di portare un sacchet.

to di riso del peso di mezzo chilo da una stanza in un'altra attigua.

Egli si osti- nerà d'esser ca- pace,

— Ebbene, proviamo, gli direte

Allora voi da- rete all'amico un granello di riso perchè ab- bia ad esegui- re quanto è so- pra descritto, pui gliene da-

rete un altra e così via.

Vedrete che quando ne avrà portati una doz- zina di granel- li sarà stanco e si ricuserà di continuare ed allora voi avrete vinta la scommessa.

1 serraglio. A Giorgino, guardando un elefante :

— Papà, io penso al gran dolore di questa povera bestia quairdo le dorranno

— Non avrei mai immaginato — esclama Irrillessivi — che anche vestito in chiaro la mia ombra dovesse essere così nera!..,

, bevi .

a Crruli ima Sasso

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CORRIERE dei PICCOLI | _——_—— == reno: CSrcro. SUPPLEMENTO ILLUSTRATO vol a == ino fendi

Srnestne dro Ra }{ del CORRIERE DELLA SERA do RLERRINO: da

Anno I, - N. 20. 9 Maggio 1909. Cent. 10 il numero.

1. Con l’astuzia e col giudizio 2. Fortunati i cinesini: varcheran quel precipizio. son forniti di codini!

2. Ù Sola a da

3. Dondolando è giunto tosto un cinese al monte opposto. lo raggiunge l’altro illeso.

5. Pe! codin sorretto in alto G. Gon l'astuzia e col giudizio passa l’aliro con un salto. Superato è il precipizio.

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ea

2 CORRIERE DEI PICCOLI

LA FIOLIA DEL GUARDAFILI iete buona come la Madonna!..

S Con queste parole, così semplici e

pur tanto espressive, una povera

vecchierella, superstite del disastro del

terremoto, salutava la Regina Elena du-

rante la sua recente visita alla disgra-

ziata Messina. E il saluto era

meritato e rispondeva a ve-

rità, Non si contano gli atti

di bontà e di pietà che Elena A

di Montenegro va compiendo AR

quotidianamente, e che, Der i

volontà sua, rimangono quasi

sempre ignorati. na i|

Duranie la iremenda scia-

gura che colpì le terre meri-

dionali, la Regina d'Italia ha

avuto anche più largo cam-

po di esercitare la carità Non

soltanto si è recata sui luo-

ghi a portare personalmente

soccorsi e a curar feriti, ma

si è anche presa cura amoro-

sa degli orfnnelli.

Nei primi momenti del di-

sastro, naturalmente cl fu

molta confusione, e nella fret-

ta di portare via dai luoghi

disgraziatli sopravvissuti e in

special modo | feriti, sì rac-

coglievano bambini, e s'im-

barcavano per trasportarli al-

trovo, senza darsi pena di sa-

pere che cosa fosse stato dei loro genitori o parenti; e vi-

ceversa si allontanavano da

quei paesi desolati pudii €

madri senza poter indagare se le loro creature fossero o no in vitn. PA

Le autorità e i vari comitati non manenvano di prendere le misure per accertare l'iden- tità dei fanciulli trovati, per riconsegnarli alle famiglie, quando queste venivano rin- tracciate; malgrado ciò non pochi genitori che avevano perduto figliuoli, non potendo- si dar pace per la sciagura, o perchè avevano qualche in- dizio che poteva farlì ritene- re vivi, si rivolgevano alla Re- gina come ultima speranza.

Purtroppo nel maggior nu

mero dei casi le inchieste 6

avevano esito negativo, 0

giungevano al doloroso risu!- tato di constatare che i fan- ciulli erano periti; ma qual- che volta si ottenne anche esi- to felice e la augusta signo- ra cbbe la consolazione di ridare ai genitori i loro bam- bini. Tra questi casi voglio raccontarvene uno, finora ignorato, ma esattissimo persino nei mi-

nimi particolari. Fra coloro che poterono essere tratti

ancora in vita dalle rovine di Reggio Ca ‘labria, alcuni giorni dopo il terremoto, vi fu un guardafili telegrafico, il quale riportò, però, mon poche ferite e contu- sioni. Egli nella catastrofe perdette qua- si interamente la famiglia, ma appena potè cominciare a parlare, r ntò che ricordava benissimo che insieme con lui, dalle macerie, era stata estratta viva an- che una sua bambinella di ire anni, di nome Modestina. Nessuno riuscì a fornire

| }

indicazioni di lei al disgraziato che si disperava, e invano andava chiedendo della piccina. Il guardafili ebbe un'idea:

scrisse una lettera commovente alla So-

| vrana, scongiurandola a voler far ricer | care la sua bambina. La Regina, allo strazio di quel padre, non seppe resiste-

re, fece chiedere i connotati della bim- ba e subito dispose per le ricerche. Da ogni parte furono chieste informazio-

ROUTINE

%

|

) o

il

sl E

Oh che corse matte e strambe

Fa un cavallo senza gambe, Se lo sprona e lo molesta Un bambino senza testa!

Lina Schwarz.

ni. Ove erano ricoverati orfanelli siciliani e calabresi si ricercò Modestina, la ft- glia del guardafili. Un abilissimo funzio- nario ebbe l'incarico di darsi da fare e girare finchè vi fosse una speranza di rintracciare la creatura. Dopo non lievi difficoltà si giunse a fissare che 1) bra- vo comandante Cagni, il quale tante pro. ve di abnegazione e di coraggio dette a Reggio Calabria cogli ufficiali e coll'e- quipaggio della regia nave Napoli, ave- va raccolto tra le rovine una bimba bion- da, di circa tre anni, gravemente ferita che poteva ritenersi fosse Moriestina.

TI

Cosa era poi successo della poverina? Si accertò che a Napoli non era stata

sbarcata. Finalmente da lunghe e pazien- ti indagini risultò che la fanciullina era stata collocata in un ospedale di Paler- mo. Allora il funzionario incaricato su- bito si reca all'ospedale, conferisce co) medici e colle suore infermiere. La pic- cina, non del tutto guarita dalle ferito, era stata per di più colpita dal morbillo.

Ma si trattava poi vera- mente della figlia del guar-

dafili? Le monache dell'ospedale

avevano credut. che la creata. ra si chiamasse Rosina; inol-

tre il guardnfili, che dappri- ma aveva compiuto un pelle- zrinaggio attraverso i luoghi ove erano dei bimbi superstiti ed era stato anche all'ospeda- le di Palermo, non aveva ri- conosciuto la piccina. Tutta- via la Regina, che aveva se- guite le varie fasi delle indn- gini, volle che a sue spese ll guardafili sì recasse di nuovo a Palermo

Passarono alcuni giorni, Ro- sina migliorava del morbillo è allorchè qualcuno improvyisa- mente la chiamava per nome Modestina, anzichè Rosina, appariva come sorpresa e sor- rideva.

Ml guardafili munse na Pa-

lermo. Condotto all'ospedale

e messo dinanzi alla piccina, che la malattia e i patimenti

avevano ridotto un'ombra, fu preso dalla più viva commo-

gione, baciò e abbruccio la

piccola, piangendo, invocan-

do a gran voce: e Modesti-

na!... Modestina!... »a; ma non

seppe dire se davvero fosse

dinanzi a sua figlia. Forse gli

sembrava troppo grande feli-

cità l'averla ritrovata, dubi-

tava ancora, nè la voce del

sangue riusciva a vincere il dubbio.

La scena intenerì quanti vi assistettero, lasciando utti

perplessi.

Trascorse ancora qualche

tempo. La bimba continuava

a star meglio e il guardafili

sempre titubante, non sape-

va staccarsi da quel lettic-

ciuolo. Si volle tentare la prova

decisiva: un giorno presso il

letto della bimba, insieme al padre, si condussero due al- tri operai, quindi una mona-

ca rivolta alla bambina indi-

candole col dito uno dei due operai, le disse: « Vedi: ecco il tuo papà... » Ma la piccina

fece immediatamente atto di energico

diniego, e sorridendo levò la manina indicando invece il gnardafili, che con uno slancio si precipitò verso di lel. stringendola al seno ed esclamando:

« Figlia mia!.. Sì, tn soi il sangue mio... tu sei la mia Modestina!... Fi-

glia mial» Da quel momento ogni dubbio cera scom-

parso, il padre aveva ritrovato la sua creatura. E la benedizione del guardafili accompagnerà sempre la buona Regina Elena,

Gustavo Nesti.

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D

CORRIERE DEI PICCOLI

maginate voi che nel secolo delle fer- | che fosse loro attinta un po! d'acqua dal

rovie, delle biciclette, delle automobili, degli aeroplani, vi sia ancora della gen-

te, che non già per sport, ma per neces sità compie lunghi viaggi sul cavallo di S. Francesco? |

pazzo fresco e profonda, ll colono e le sue donne non li re-

spingevano mai; l'inverno li alloggiavano nella stalla tiepida dell’alito dei ruminan- ti, l'estate in un'altra piccola stalla vuota

Eppure io vidi molti di questi pedestri | che serviva da rimessa. All'alba quegli cavalieri er- ranti del bi- sugno

sure duvanti alla gentile casina che abitai per qualche an- no alle porte di Cesena, lungo il per corso della via Enilia. La quale i più dotti tra VOI sanno

pas

essere Unit

grano strada apirta dai Romani, consule Emi- lio Lepido,

tra Rimini e

ignoti rin.

partivano benedicendo

la casa ospi- tale,

Der “antico

spirito di vspitalità ro- magnola

neppure era- no respinti

certi torbidi

non vidi mai, ma che Bia. gio mi dicce-

va giungere all'alba, ta- citi ec im- provvisi, c0- me se emer.

fiessero dal

Pincenza, itt- grembo del- traverso un la notte, Ri- puese selvo- manevano

so e palu- tutto il gior- stre, dove no in un an- tra l'Appen- , golo della nino e l'A- ",. accolse l'indumento con grandi niti di festa... » stalla, taci-

driatico fumavano le povere capanne dei Galli Boi, prima che la potenza romana vi stabilisse con le sue colonie le pietre miliari del glorioso cammino.

Dal nome del console quello della via;

dal nome della via quello della regione attraversata,

Se tutte le strade, dice il proverbio, con- ducono a Roma, questa, che fu costrutta apposta per ciò, vi conduce dritta dritta, congiungendosi a Rimini con la Flaminia. Chi sa quanti pi romei nel medio evo batterono col loro bordone la bella via mi- litare e consolare in cerca di perdonanza! Ori la hattono col loro bastone questi al- tri pellegrini in cerca di lavoro.

Non passava settimana che uno di que- sti non battesse alla porta della casa co- lonica attigua alla villetta dai noi abi- tata. Giungevano a sera con le prime om. bre, mentre si rispondevano dal piano ai colli le campane dell'Ave Maria, e gli uo- mini e i buoi tornavano dal lavoro, e le finestre sì accendevano di lumi e le, cuci- ne di allegre fiammate di stoppia, su cui le doane cuocevano la pieda fragrante. (iiungevano, d'inverno, molli di pioggia, inzaccherati e intirizziti, e chiedevano di

rasciugarsi un istante al focolare altrui, di riposare una notte sotto il tetto altrui, essi che non avevano nè focolare nè tetto; giungevano, d'estate, bianchi di polvere e arsi dal sole, e chiedevano per prima cosa

turni, sussultando ad ogni voce, ad ogni rumore improvviso; e a tarda sera ripren- devano il loro tenebroso viaggio di fiere perseguite.

Gli altri invece, i viaggiatori diurni ch- non avevano alcun motivo di nascondere sé e la loro onesta miseria, si trattene- vano volentieri a parlare dei casi loro, e anche più volentieri accettavano un bic chiere di vino,

in tempestosa sera d'inverno udimnio picchiare forti colpi alla porta della

villetta e una voce chiamare nell’oscuri- tà con strane parole incomprensibili. Aprimmo con qualche esitazione, e ci trovammo davanti un vecchietto molle di pioggia che subito, senz'essere invita- to, irruppe nel portico; parlava, parlava ad alto e rapido accento un suo linguag- gio misto di tedesco e d'italiano, in cui più frequente e chiara tornava l'implo. rante parola : « Camicia! camicia !». È ci spiegò alla meglio esser egli un vperzio meccanico, venire di L’russia, essere di- retto a Roma in cerca di lavoro, avere già ottenuto dal colono promessa di asilo, ma prima volere per carità camicia! ca- micia ! *

Mentre il povero diavolo sorseggiava un bicchiere di vino, andai in cerca dell'im- plorato indumento. L'accolse con gran- di atti di festa, lo baciò. baciò la mano

Age.

minghi ri-

figuri, che in |

3

della mia bambina che glielo aveva por-

uscì benedicendoci in italiano e in Allo spettacolo di tanta gioia io

cominciai a dubitare se sia vero che l'uo-

mo senza camicia è il solo felice sulla ter.

ra, come narra la storiella; certo chi lu scrisse doveva possederne più d'una.

P.se a Roma era diretto un altro cavalle- re di S. Francesco. Ma questo baldo è

fiero come un vero cavaliere di venturi. Giunse una sera del tardo autunno, molle e serena, e ristette in mezzo all’aia ritto sul suo bastone, mobile nell'aspetto come uno di quegli iddii che ai tempi d'Omerv amavano visitare in istrettissimo incogni- to le case dei mortali, e ché pure nella mentita miseria serbavano le incancella- bili impronte della natura loro. Le sue prime parole ce lo rivelarono figlio della Serenissima: « Veneto?» « Siora sì, di Udine ». Egli recava infatti i segni del- la valida e bella gente friulana; era un uomo sulla sessantina, alto e forte, dalla fronte vasta e dalla fluente barba grigia.

Chiesta e ottenuta promessa d’allog- gio, si trattenne a discorrere con noi sul l'aia, nella dolce sera sciroccale. Parlava verboso e magniloquente, rispondendo "al le nostre domande intorno alla sua città, a noi nota, e a' suoi cuncittadini : « Cono- secte il professor tale? E suo figlio? E il dottor tale? E la sun nipote? » Egli nep. pur lasciava tempo di finir la domanda : u Sior sì, siora sì. n Conosceva tutti i pro- fessuri, tutti i dottori, i figli e le nipoti di tutti : « Cognosso tutta Lidine mi!» « Sie. te stanco?» « Stanco, mi!» E' un'offesa supporlo; egli fa cinquanta chilometri al giorno con due soldi di pane, un'aringa e un bicchier di vino; e alla sera è più in gamba che a! mattino, « Son forte co- me un toro, mi!» E ostentava il torace poderoso. Avendo sentito che a Roma era- no caduti sotto l’impeto della piena i mu. raglioni del Tevere, andava ad offrir le sue braccia alla città eterna. « Sperate di aver lavoro? » Certo; i romani non aspettavano altro. Egli era sicuro di poter guadagnare tre, quattro, cinque lire al giorno e anche

più se ne avesse volute. «Ci sicte forse già stato altre volte? » Egli era stato dap- pertutto: a Roma, in Francia, in Prussia,

to, e

tedesco.

in Grecia, in Turchia, fin sulle cime del Caucaso a cavar sassi. Se gli avessimo chiesto se vi aveva conosciuto Prometco, certo avrebbe risposto : « Sior sì. » Pui ci

«... ristelte in mezzo all'aia rilto sul suo bastone, »

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parlò della sua fami- glia. « Non stiano a credere che a casa mia siamo sempre stati poarcti; mio nonno nel

mille settecento... no, novecento... no, nel

mille ottocento otto era conte, e comanda- va a un paese di quat. tromila anime. « Lu cl xacra conte e mi no

conto mientel » E sorrise del bistic-

cio. Però, quale lo ve- devamo, egli rappre- sentava il massimo della decadenza di sua gente; le sorti già si rialzavano, «Mio. fi- glio ha il più bel nc- gozio di vino di Udi- ne, vicino al Duomo; ha tre case in citta, cavallo e carrozza. Pu trei stare con lui a

fare il signore. Ma mi mis piase la mia libertà. ». « E vostra moglie? » « E* in Pa- radiso e ci sta bene; non dico, non era cat- tiva, ma cra gelosa,

sospettosa, non mi di va pace. Mi me pia- se la mia libertà.» «Accettate un bic chier di vino? » Il no- bilomo fece un natio di cortese degnazione

PICCOLI CORRIERE DEI

ed entrò con noi nella +... sulla corteccia verde a veva segnato col coltello, chilometro per chilometro, le

saletta a terreno, dove

già era acceso il lume e ardeva il fuoco nel

caminetto. Appoggiò il bastone in un an-

golo e accanto gli lasciò cadere la bisaccia ;

pareva un po’ vergognoso di esser passato

dalle discrete ombre crepuscolari alla viva

luce della lampada e della fiammata.

« Scusino, siori, se son vestito così. Que- sta è una casacca che porto per viaggio;

ma lì dentro gò de tuto.» E accennava

alla sua bisaccia, esigua e floscia sul pavi-

mento. Prese dalla mia mano la tazza

colma della bionda albana che maturano

i bei colli di Cesena, e bevve alla nostra

salute, con atto decoroso; poi depose il

bicchiere sulla tavola, riprese il ba-

stone e la miracolosa bisaccia dove c’era

di tutto. « Dio li benedica, siori; ci rive-

dremo ancora; io non dimentico mai il

bene che ricevo. » E con un gesto largo

che prometteva per l'avvenire chi sa quit le magnifico ricambio d'’ospitalità, sparve

nell'ombra. Udimmo il suo grave passo girare l’an-

golo della villetta e attingere la soglia del. la casa colonica: dove, seppimo pui, tenne cattedra tutta la sera, intrattenendo i co- loni delle sue gesta passate e delle sue speranze future. All'alba ripartì, in cerca di libertà ch'è sì cara.

icordo un gentile pellegrino marchigia- no; un giovinetto, quasi un fanciullo.

Giunse in un bel vespro di maggio, scaizo, polveroso, ebbro di stanchezza e di sole. Alcuni contadini l'avevano scorto in atto di lasciarsi cadere spossato sul margine er- boso della via, l'avevano aiutato a rialzar- si e accompagnato alla casa ospitale.

Mentre Biagio gli apparecchiava nella mangiatoia della stalla vuota un letto di

fieno fresco, il viandante sedette con noi all'ombra dei tigii. Veniva dai monti so-

tappe del suo viaggir... »

pra Loreto ed era diretto a Forlì, duve era atteso per essere impiegato come moz- |

zo di stalla; parlava con voce sommessa e puro accento, aveva mani e piedi lun- ghi e sottili, gli occhi bruciati dulla pol- vere e dal sole della lunga via e della lun- ga giornata: «Hai fatto molto cammi- | no oggi?» Mostrò in silenzio una sua verghetta, sulla cui corteccia verde aveva segnato col coltello, chilometro per chilo- metro, le tappe del suo viaggio. Contai trenta segni, « Ed hai mangiato? » « Sta- mane, un po’ di fava in un campo.»

Accettò in silenzio un po’ di pane e di formaggio, poi andò a stendersi sul fra- grante suo letto di trifoglio reciso. « Va bene così?» gli chiese Biagio. « Non so- no mai stato così bene » rispose con la sommessa sun voce, E tacque gustando il

cibo, e più ancora, il riposo, l'ombra, la

frescura. Ed io imaginai una donna ritta su

una soglia tra i grani crescenti d’un'altu-

ra marchigiana, che guardava con ansia

accorata verso l'occidente di fuoco. « Avrà trovato pane, oggi? ‘Troverà ricovero, que- |

sta sera?» Mi parve udirla piangere nel suo cuore materno.

‘a uomo di mite e pulito aspetto arrivò una sera di giugno, spingendosi innan-

zi un carretto da arrotino e domandò asi-

lo per sè @ per la sua ruota; nel frattem- po si fermò sull'aia chiedendo se abbiso- | gnassimo dell’opera sua. Gli furono por-

tati forbici e coltelli; e coì suo lavoro

incominciò la nostra benevola inquisi- zione,

Veniva da Arezzo, sua patria, dove ave-

va la famiglia, e si recava a Macerata

a visitare un suo fratello, col quale dove- va regolare alcuni affari, non troppo ur-

genti, pareva. Era partito da quasi un mese, senz'altro che il suo carretto e un pane per la prima tappa; e la sua ruo ta nel fruttuoso viaggio uttraverso l’Ap pennino, gli aveva fornito il cibo giorna- liecro, più un risparmio di quindici lire. Parlava concettoso ed elegante, senza le- var gli occhi dall’opera.

«C'è altro? ». « No, per ora. » Condusse il carretto nella rimessa €

scese a cenare alla prossima osteria delle Case di Finali. Ritornò dopo il tramonta, lentamente, la giacca sulla spalla e la pipa in bocca, gli occhi distratti dietro i primi palpiti delle stelle. Si vedeva che il suo cuore era lontano,

Lo invitammo a sedere con noi, sotto i tigli in fiore, fragranti nella sera.

« Siete compaesano di l’ietro Aretino adunque? n « E di Francesco Petrarca, < di Leonardo Bruni» aggiunse con mode sto orgoglio. Poi ci parlò de' suoi figliuoli : «Son due maschietti ; cari tutti e due. Ma il più piocolo mi sta nei cuore; ha sei anni. Guai se comprende che devo parti re! Bisogna tenerglielo nascosto; bisogna ch'io parta senza salutarlo, povero picci» no, o aspettare la notte, quando dorme :

io lo bacio, egli non se ne uccorge, E' un tradimento. Ma al mattino mi cerca da- pertutto, piange, non si dà pace. Sem- pre così, tutte le volte; e non ha che sei anni! Povero piccino! non me lo posso to gliere dal cuore. » E crollava accorato il capo, fissando in silenzio il puro oriz- zonte.

La mattina dopo fui svegliato da uno stridere acuto che si mesceva al garrito delle rondini ; era il pellegrino toscano che arrotava sull’aia i ferri del colono. Al ru- more delle imposte spalaneste, levò il mite volto pensoso salutando.

Finita l'opera se ne andò lentamente, spingendosi avanti il suo carretto, nel lim- pido e fresco mattino, per la gran via ru- mana, bianca tra l'immenso mare d’oro dei grani maturi. Aveva in faccia il sole appena sorto e il profilo dei possente mon. te su cui s'accampa la piccola fiera Re- pubblica di S. Marino; e in cuore l'ima- gine, la voce del suo piccino, che forse in quel momento riapriva i vispi occhietti alla luce e cercava e chiamava il babbo lontano.

Alba Cinzia

«.. era il pellegiino toscano che arrotava sull'aia i forri del colono... »

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I VIAGGI viaggi semestrali

Disai uccelli dai paesi del nord an quelli del sud, e dn queltt «del sud a quetti del mord formano nna fslie maggiori meraviglie della natnra. Al cune specie fra i qunarupedi, i pe-

sei è gli insetti, sono anche sogget- ti alla legge delle migrazioni; ma la generalità e la regolarità di questo va è vieni tra gli uccelli, come se dipen-

Ha

Die i A a

desse dalle oscillazio- ni d'un enorme pen-

i dolo; la forza di lo- comozione che esso rivela in es- seri in apparenza così fragili;

la sagncina che indica nella pre- visione delle stagioni, le condi. zioni dell'atmosfera e la dire-

zione nello spazio sorprendono l'imma- ginazione, e la sorpresa non diminuisce se si cerca d'approfondire le cose, di de- terminare Je canse, le leggi, i particolari

dli qmesto grande fenomeno.

lì fatto della migrazione degli uccellt c'è rivelato, nella primavera e nell'antun- no, dai grandi stuoli che si veggono pas

sare e perdersi all'orizzonte, di volatili, spesso stranieri al paese, che s'incontra no nei boschi, nej campi, in epoche Ae-

terminate e che alcuni giorni dopo sono iutti scomparsi, Ma da questo a sapere ilonde vengono, dove vanno, quale sco- po li spinge, cì corre! Ci son volute molte osservazioni; c'è voluto soprattutto ehe

cielle comunicazioni si stabilissero tra i più lontani paesi: in una paro!n, che ln storta

= ———_—=z TTT ET RAI ST - —_ =

Stuolo di rondini raccolto a conciliabolo.

CORRIERE DEI PICCOLI

UCCELLI naturale nvesse il tempo e la possihilità di

| costituirsi per arrivare a una conoscenza sufficiente forse, ima non completa del fe-

| nomeno delle migrazioni. Negli antichi | tempi, qmante favole si spaccinavano n que- sto riguardo! Delle rondinelle si diceva

che s'immergessero nelle palndi e si na-

scondessero nel fango, come ro-

LA Spi. Oggi si sn

: perfettamente, dalle testimo- Manze di mu

imerosi viaggia-

tori ed esplora. tori, che mentre noi ci stwungia-

mo intorno alla stufa o al foco- jJare d'inverno,

le rondinelle si senldano lieta-

ilelle oasi afri- cane, Il conti-

nente africano è

il luogo di stazione invernale, come l'Eu- ropa è la loro stazione estiva. E così degli

altri necelli, che puramente e semplice- mente cambiano di clima, grazie ai mezzi di locomozione di cui la natura li ha for-

niti. L'uomo ha ira i mezzi di locomozione,

il vapore, le navi; come direzione, la |

bussola, il calcolo siderate, la topografla; | come conoscenza del tempo, il calenda-

rio, il cronometro; come previsione dello |

—_ rd

mente al, sole |

5

stato atmosferico, il barometro, ij) termo- | metro, lizrometro e le osservazioni me-

tereologiche e tanti mezzi artificiali da-

{tigli dalin scienza, she s'aggiungono

quelli naturali e che N contaplicano. L'ne- cello non ha che questi nitimi: ma por-

tati n una potonza di cui non sappiamo

subito farci nnr'idea Per accennare soltanto nl volo, esso è

Vunn resisten- za. ino croaturo così leggere, presso in poco

shalorditiva

I roudoni pas-

| squo come frec-

ce nell'aria; l'al lndola sale, sn- Je nel cielo, ©

scompare nia

nostra vista. Ar- rivn n circa in chilometro d'al

tezza, sempre cantando a Ko- la spiegnta, e il suo canto ci ar- riva nnceora di- stinto all'orec- |

| chio. Il piccione viaggiatore fa qnaleche centi nnio di ehilo metri allora nelle sne grandi

corse. \enni

natnralisti en1- Ilfalco di Ba- colano a molto rico II che in di più ln vo- 59 giorno visge

A giò da Fontaine» locità media bleau (Francia) dei più forti vo. a Malta.

latili, compo (quella del rondone in pieno slancio; me essa si calcola ordinariamente da sessan- ia a ottanta chilometri per tutte le spe-

|cie, nelle grandi escursioni a stuoli. Buf- fon, il grande naturnlista, cita dne osem-

\pi diventati leggendari: il falco d'Entvi- co ll che, slanciatosi dictro una folaga n Fontainebleau, fu acchiappato il gior- no dopo a Malta e riconosciuto al col- late; quello inviaio al duca di Lerme, falle isole Canarie, e che ritornò in 16 ore d'Andalusia a Tenerifa.

La conseguenza d’una bugia riassunse l'impressione generale facendo | suito, ricevuti nella sala del trono, ferera

Za prima volta che un’'ambasciata straordinaria del Giappone fu mandata in Olanda ebbe un gran successo di curiosità.

impressionato da quelle figure strane, dalle gote sporgenti, dagli occhi cir. condati di rughe e dal colorito giallognolo,

r © I Un monella, spincevolmente

un palmo di naso. — Che vuol dire que] gesto? — domandò

l'ambasciatore per mezzo d'un interprete, Il ministro olandese ebbe un momento |

| di esitazione; ma poi riprese : — Quel ragazzo vi augura il benvenuto. La bugia, detta a fin di bene, fu crudel-

mente punilna. Il giorno dopo l'ambasciatore e il se.

ili. in ic Mea

al re.. un palmo di naso! = = toe : —-® =

I lettori del Comtera de: Precon nossono avere una

f bella conertina per racchindervi tntti i numeri che

usciranno nel 7900. mandando all'Amministrazione

del Corriere della Sera (via Solferino. 28. Milano)

cartolina vaglia di 1.. 1 se si trovano in Italia e di

L. 1.15, se all'Estero, La conertina potrà voi servire

| per far rilegare tutta l'annata.

u_u du (AU anch si dl

renna A (dari

he i a -Ble—reso- <d

Page 8: Corriere dei piccoli 1909 20 - archive.org

att

I

6 CORRIERE DEL! PICCOLI

[bella è quella della folla che vi acco? | intta infiorata, in costumi fantastici, Son | fiori du per iutto, sui carri, sulle ruota, sulle biciclette, KH un corpso di Ane o tre

| miglia, cd è un passaggio continno di | intje le ricchezze dei giamlini californin

ni. N corteo di flori potrebbe essere tenuti

il tempo più adatto, gincchè in Califo:

nin le rose sono più numerose in marzo lo in fepbraio che in genpaio, ma la st

“gione intempestiva dà mar | zior pregio alla festn, che ne |

'

il

assunto da anni nn solenne

carattere nazionale. \nche i bambini vi parteci.

pano, e in che graziosi costu- ini! Fiori e bambini sono la

Stessa cosa, sorrisi della [re

sen nainra, e saccordano | meraviglia. Sono conchigli:

di fiori che ospitano bambin:

vezzoase, sono trionii di mar. | gherite, mazzi ambulanti di

viole. Non mancano delle rappresenta FESTE FLOREALI zioni di faîti e di personaggi della cro-

naca nazionale, come quella d'uno ri gazzo del quale dia mo la fotografia, cn-|

Una conchiglia di fiori.

delle «uadrighe, come si faceva aj| tampi ciassici di Ateno e di Roma, Tnt

ii gli anni, il primo gennaio, molle mi: | plitia di persone si raccolgono nel gran | pinco di Pasadena ad assistere alla ga ra. 1 conduttori vestonna i costumi degli

antichi greci e romani, e i cocchi sono costruiti sui modelli mostrati dalle anti che fAignrazioni conservate nei grandi |

|

I California si è fatta rivivere lu corsa

Musei

Nulla di più spettacoloso di unelle corse,

dave si dispuinno migliaia di dollari, è dove i concorrenti arrisehiano la vitn, spingendo al traguardo quattro cavalli di

*tposti sn una sola fila: ma la vista pis

2Y chi vorreste somigliare ?

n professore belga mosso dalla cu- riosità di sapore l'idenle | ra

RAZZI, sè rivolto a molti scolari d! parecchie senole cr

A quale persona clu

reste somiglinne?

n questa domanda:

voi conoscete vot

Te risposte date dagl'interrogati sono tate raccolte e stampate negli Archives le Psycologie, una rivista consacrata alta cienza che studia il nostro essere inti-

ino e spiritnale. Esse sono la maggier parle singolarissime

Un bambino, a em piace forse nolto :l formaggio, vorrebbe rassomigliare a un

orcio « perchè il sorcio rosicchia sem

pre. » Un altro vorrebbe rassomigliare

suo padre perché è dottore, è passi pei

suo padre, ma lideale di un terzo è un

veterinario che «cura 1 cani della città di Gand, »

Rotschilkl, che è un signore che conta i de-

nari u staia, non è ifmoto ar ragazzi. Si spiega quindi come sia preso n modello

dla un bambino, dl quale dice di ni.

« Quanda fa l'elemosina dona cinquecen

to franchi che sono per lui come due

centesimi... » Chi sa, poi, se è vero!

Alcuni vorrebbero somigliare a Nap)

leone Bonaparte, che « sempre la matti

n buon'ora eri in commino con i sunt

Margherite.

muffalo da Teodoro Roosevelt, l'ex-presi-

i deute degli stati Tiniti, che qualche mes fa s'imbarcava a New York per andare

| in Africa a dar la caccin al leone e all

| le più helle acconelature o che ranpresen- | tano con maggior garbo un simbolo 0 nn

| personaggio, vengono dali dei premi vi-

Un piccolo Rooseveli. | stosi

altre grosse bestie feroci Ai bambini che passano nel corteo con

ierino, un bimbo senza volontà |Il povero Pierin s'imnermali; di studiare, un bel dì salò la scuola, | pensò: « Cospetto! qui mi si cailzona ».

e andò pei campi urlando a squarciagola:| Gonfiò le gote e fece una vociona : « Evviva la mia bella libertà! » l« Ah, mi burlate? Ma se vengo li!... »

L’intese l'eco, e fece; A-a-a. E l'eco ci rideva: l-i-i.

Pierino allora, fermo su due piè, Allor sì che Pierin s'ina!berò!

eserciti per difendere la patria e ampli:

re i suoi dominî... 3; o a tiiulio Verne

|a che è inteMizsntissimo ec ha inventato

| delle cose che dicci, venti o cento anni

| fa non si conoscevano. »

Una bambina vorrebbe somigliare alla

mica Marta, « perelhè ha dei bei riccioli

sulle orecchie a; parecchie altre al babbi

o alla mamma.

Si dirà: « Ma perchè nno scienziato si

pi rde dielro a queste minnzie e registra

come piarole preziose tutte queste rispo-

ste di ragazzi? » Tutto può condurre alla

conossenza della verità, e lo studio dell'a-

nima infantile e così arduo che nessuna

minuzia che n riguarda è da trascurare,

Tutto il coraggio allor gli cadde giù. Lasciò andare il bastone, e, sconsolato, restò lì mogio come un can frustato, gemendo forte: « Non ne posso più!,,, »

E l'eco sghignazzava; U-u-u,

Ugo Ghiron. disse: « Qui di sicuro c'è qualcuno ». |St-annò a una siepe un ramo irto e nodoso, Guardò di qua, di là» macchè! nessuno! e lo brandi, gridando minaccioso: Guardò meglio, gridando: «Olà chi c'è?» « Be , la volete smettere, sì o no? »

i

E l'eco a fargli il veriv: L-e-e, E l'eco grave rrave: O- 0-0.

vuo

-

TTI IO

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| CORRIERE DEI PICCOL. ° ;

- Cagni 1900); il 4 è il punto Nansen 1890)... î > Vi di Hudsen nel 1607.

LA SCOPERTA (SELLA POLARE DEL POLO NORD — È quella strana figura che è più so= > pra?...

— Quella rappresenta... il brindisi delle Ri ore, una specie di danza delle ore del Previati... Zitti!... Chi è al polo si trova all'inerocio di tutti i meridiani, e quindi di tutte ‘e 24 ore della giornata, ed i 2% brindanti che vi abbiamo disegnati con-

ù tano, ciascuno e contemporaneamente, ir is 4 un'ora diversa dall'altro. Badate bene; la

x " terra gira nel senso indicato dalla frecoia, e quindi pare che il sole, sebbene fisso, siri in senso contrario nella stessa dura- ta di 24 ore, si che i due soli lateralmente

\ disegnati sono a 12 ore d'intervallo, @ quasi alla stessa altezza sull'orizzonte, dominato superiormente dalla stella pola- re, colla quale vi lascio... — Evviva il nostro professore.. illustre

sì, ma non sempre... chiarissimo... (fuga o] pete, ragazzi, la grande no-| al polo nord, di nuovo al centro, e così

a, a)

ù Gi vità? — No? — Ebbene, ve la | via, eternamente... Zitti! ripeto, e ai I generale) Isidoro Baroni, BH dirò io:shanno scoperto, at- | Un punto dell'equatore (EQ) dista i Lal Sad PRODI de nia Ni W{ tenti, veh, hanno scoperto, | dal centro 6378 chilometri e 400 metri,

nientedimeno che il polo; il N polo nord; il cardine setten- PI BAMBINI POVERI

trionale del mondo; il centro dell'artica i calotta; il culmine del globo terrestre; l'e- i ono sette, come nella favola, ma \ stremità boreale dell'asse di rotazione; il è hanno due Rene: a, la ° gran chiodo, come dicono gli eschimesi, È mamma vera, l’altra una so- { su! quale s'impernia il nostro pianeta; il A relletta di dieci anni, che a punto, insomma, ove s'inerociano i meri- È quattro ni arie il moi À Siani e finiscono i paralleli; il punto che : c' gn guardiana ci Imbi. Ò scombussola tutti gli altri punti, anche i ; r è tutta una fioritura di nomi : Linda, più... cardinali, perchè intorno ad esso | EM ee4r2 è Q anita Bitore, Armando, Fernando, poi So SA EPTO oto il vesti E a | st si bi I ' , ’ ei elit] VEE ; cammina ancora, ima parla come i suoi rlorum ner eccellenza; il punto sul quale S fratelli di sei 0 sette e quando allunga la brilla perpendicolo la stella polare; la È sua manina grinzosa per prendere il soldo sfinge ehe richiamò per secoli la curiosi- È che gli regalo, vedo il suo polso stretto da nt tà delle gputi, per appagare la quale ti i un solco, come di braccialetto.

Ho assistito, sere sono, alla loro cena; mangiavano con avidità grosse fette di polenta e il companatico consisteva in die- ci centesimi di zucchero, diviso fra i sei più grandi.

Chiesi a Fernando : « Che cosa. farai tu quando sarai dtande? »

«Il cuoco » mi ha risposto. Non ho si- ta parlare per un minuto; ho intrave-

duto la visione di quel fanciullo; una vi- sione di appetito soddisfatto, di vivande Peo dtt, di abbondanza, almeno nel cibo....

ervici esploratori rimasero sepolti nei ghiacci eterni; l'ammaliatrice sirena bian- ca che si compiacque di tante tragedie; la... la...

— Sì, sì, professore, abbiamo cnpito, ma... ripigli fiato, chè, tanto, sappiamo già di che cosa si tratta... ne parlarono tin po' anche i giornali dei grandi — che noi leggiamo di siraforo — ma che, a dir vero, non ci sembrano alla nostra al- tezza...

— Ohdiavalo, diavolo, e perchè mai?.... volete dire che non sono alla vostra.... portata?

— No, no, intendiamo proprio... altezza, derchè noi, per esempio, non saremmo sì sciocehi da discutere intorno a chi spetti la proprietà del polo.... — Oh bella, e perchè mai?... i — lerchè noi abbiamo sampre creduto

2he il polo spetti di pieno diritto acqui- sito alla Polonia...

— Via, burloni; state zitti e lasciatemi finire il mio discorso, altrimenti faccio di

pendoli... — Vorrebbe forse impiccarci?...

] molto peggio, vi porterò al polo e vi butterò nel buco, nell’immenso

" buco che traversa ia terra dal polo nord (N) al polo sud (S) passando quindi per

è bea

i Ss mentre Milano (siumo a metà via tra Tl'e- quatore e il polo nord) ne dista 6368. Per- correndo invece la superficie terrestre, Mi- lano dista 5058 chilometri dall'equatore e 4944 dal polo. Siccome, poi, hanno - vato chie al polo sud c'è una gran terra, mentre al nord snrebbe un mare abba- stanza profondo ricoperto di ghiacci, si pensò (come vedete nella superiore figu- ra) che la terra abbia la forma di una trottola, ma tutto ciò svanisce quando si faccia il disegno in giusta proporzione.

La seconda figura che vi mostro, segna, come in un bersaglio, i punti dei tirato-

{80

PSR Si & «E tu? » ho chiesto ad Ettore. «Io? I calzolaio, » I suoi piedi nudi mi mostravano pro-

fonde cicatrici lasciate dai geloni degli in- verni scorsi e mi sono figurata la tortura

i poveri piedi, chiusi, attanagliati in a un paio di scarpe dure e troppo strette.

Linda; la maggiore, mi guardava at- traverso l'arruffio de' suoi capelli che, ben ravviati, avrebbero fatto invidia ad una signorina. 1

«E tu?» ud

«Anch'io farò un mestiere, forse la sar- ta, ma prendere marito no, di sicuro: ne ag prua abbastanza dei miei fratelli. x

a cominciato troppo presto; non ha nai avuto bambole docili da cullare, ma

nti Do

il centro della terru.... e bambini troppo ti per le sue a È — Baje, professore, quello è il buco... di i braccia, bambini che strillavano spes- Fiammarion, un buco solo in progetto... per ora... : — Ah, birichini, e come lo sapete ?.., Be-

ne, ascoltatemi: se quel buco ci fosse, e buttassi dentro sin una pietra, sia un cat- tivo ragazzo, andrebbe al centro della ter- ra (chilometri 6356 e mezzo) in 21 minuti primi, ma, per la velocità acquistata, an- rebbe oltre, ed in altri 21 minuti sarebbe al palo sud, per ritornare poi al centro,

so perchè mal sostenuti da lei, mal nutri- ti, mal riparati dal freddo e cresciuti in un î ambiente poco sano.

Ella è stanca, ma intanto la piccola Esmeralda cinguetta allungando le manine cd ella se la prende in collo, l'a f stretta, la chiama coi più dolci nomi mi tre i suoi occhi, sotto l'arrufiio dei capelli, luccivano di una tenerezza tutta matera

M. R. Vero

(e) ù vate polari. Cook avrebbe fatto centro (0, come dicesi, barilotto) il 21 aprile-1908 e Peary il 6 aprile 1909 (n. 1); 1l punto 2 è uncora del Peary (1906); il 3 è il punto

=

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CORRIERE DEI PICCOLI

2. Del fattore sulla porta 1. L'impresario con la biada la ribelle tiene a bada. ve la lascia senza scorta.

4. Ed è messo in grande impaccio

dal cappello del pagliaccio. 3. Dal rumor Ciccio svegliato

va a veder che cosa è stato.

— Cosa senti?,, 6. Dice Ciccia: “ 5. Checca intanto un calcio sferra

che gli fa baciar la terra. Ciccio a lei: * — Nuovi tormenti! ,.

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LULUKKIEKEO iti riLUut.i

I. Piccio e Puccio dal cestello ‘Nonno Meo sara sorpreso 2. Però il nonno di soppiatto è s'appiglia a un mezzo spiccio

passan l'ova nel cappello. di sentirsi in testa un peso!,, bene ha visto quel che han fatto. per confonder Puccio e Piccio,

3. Poi li chiama e invita, lieto ad assistere alla prova 4. Finge il nonno la sorpresa: Sotto i baffi che non hanno d'un sorriso suo segreto, d'una tuba nuova nuova. “ — Ma perdinci come pesa! ,, i due ridon dell'inganno.

5. Ma che c'è?... Piove un augello quindi un altro... Una covata

pigolando dal cappello, di pulcini a un tralto è nata!. sono al suolo i due nipoli. “ — Queste birbe me l'han fatta 6. C'è perfin la chioccia!... Immoti

f

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x

— cmd. Gi

N

«come era buflo con le duc mani aggrappate alle spalle dell'amico!»

Bg apprima Tonino aveva una gran paura; e voi lo sapete che chi vuole nuotare, saltar

Sla fune, far l'altalena ecc. cia eì ANZIO deve soprattutto non

ver paura Ma d'altra parte tutti i suoi mici, bene o male, sapevano inforcare na bicicletta: sicchè stabili di provare nehe lui. E un bel giorno andò in una tradetta suburbana e aiutato dall'amico miglieimo, un ciclista valoroso, riusci a alre in sella. Ma com'era buffo, con le ne mani aggrappate alla spalla dell a-

nico! Por si fece coraggio e mise i piedi

u! pedali, Non Vavesse mai fatto! Sentit muovere lù macchina e morir di paura u tuttuno. Ma Guglielmo l'incoraggiava: - Su, su senza paura! Dritto col corpo! — Tonino obbedi. si mise mtto ritto, ri

‘1do, e appoggio e mani sul manubrio. .

\himè! Subito senti che pendeva verso estera: cercò attora di buttarsi a sini tra, e sarebbr cadulv se Guglielmo non avesse soccorso e falto scendere

— Vedì cato — gli disse Guglielmo uando ti senti pendere verso destra.., — Mi appoggio a sinistra è naturale

-

lea <d_-. a n 1 “MAT

di buttarsi a sinistra. »

— No: tutto il contrario: devi premere

| pedale destro. — Strano!

La scimmia a cavallo

Un di unu scimmiotto salito di botto

in groppa a un destriero,

— | true_——

«... Ahimè! subito sentì che pendeva verso destra; cercò allora

con piglio marziale con tono d'impero

guatando gridò .

CORRIERE DEI PICCOLI

- Nulla di strano. Infatti, quando cam- uuni a piedi fa: neblo stesso modo. Se ti par che tu manchi UU prede sinistro, tu sposti M corpo a sinistra é viceversa, nom

© vero?

E' vero, già

E Tonmo sali un'altra volta sulla bi cicletta Si sentiva già un po’ piùsi curo, ma c'era un altro guanto: sì1 appog

gliava con tutta la forza che aveva mm corpo, sui manubrio della macchina, Me uo male che Guglielmo se ne accorse a tempo e lo avverti:

— Il manubrio non è fatto per appog | giarvisi. ma soltanto per regolare l'anda- tura della bicicletta nelle voltate. Avanti e coraggio! Via: # guarda sempre diritto

davanti a te! Ionino obbedi e fece qualche passo di

scretumentie

ll povero Guglielmo però doveva fare una fatica indiavolata. reggendo ora ll

oe.

+ Per scendere bisogna mettere risolutamente un piede a terra e piegar la macchina. »

sellino ed ora il manubrio e correndo dietro a Tonino. Dopo due lezioni Tonino supeva già

camminare, correre e fare alla ine- Elio anche le voltate: due sole cose non gli riuscwvano ancora :

salire e scendere

Guglielmo gli insegnò la manie- ra Per scendero bisowna mettere risolutamente no piede a terra e piegar la macchina dalla parte del

piede: Valtro poi scavalcherà fa- cilmente la bicicletta e non ci sa- rà pericolo che resti impigliato

nella catena perchè un buon cicli sta ha sempre In precauzione di tener rimboccati 1 calzoni, Salire è un po' più difficile: il miglior modo è quello di tener bene la macchina dritta, poi iforcarla senza paura premendo un solo pe

dale; dopo pochi passi, studiando il mo- mento In cui Valtro pedale discende, im padronirsene col piede A Tonino dappri-

MEN miri lea)

|

' Ì

e insigne talento

un tal monumento

m'eressero. Onore

eterno ora avrò. — Or tutti onorate la mia nobiltate!

con aria trionfale Pel mio gran valore

x, TONINO IMPARÒ AD ANDARE IN BICICLETTA

« Salire è un po* più difficile; Il miglior modo è quello di tener bene la macchina diritta. »

ma non rfsiusciva, snpete perchè? Perchè

istintivamente cercava di restare a terra con un piede: aveva paura

di sentirsi al-

l'improvviso sulla biciclet- ta, senza aver in terra nep-

pur la punta d'un piede Benedetta panra! Con es. sa non simpa-

ra nè a nuota. re, nè a rema- Ie, nè a ca valcare, nè a

nulla. Ma po- chi giorni do-

po Tonino

nveva vinto quel residno

di paura e fu un ciclista perfetto. Qual

che volta, quando corre

va vin come Îl vento, dritto, sicuro, forte sulla sua mac

china, doman- dava a sè stesso: — Ma come facevo,

prima, a non saper andare mo beroletta ?

O se è quasi più facile che camminare a piedi!

«++. Pochi giorni dopo Tonino aveva vinto anche quel residuo di paura e Îu un ciclista perfetto. »

Dino Provenzali

tu vuoi le persone? Ma chi non s’avvede che quel che mi siede in groppa è scimmione che a statua posò?

— Via! disse il cavallo;

à indurre in tal tallo Guido Perat.

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-

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1 |

CORRIERE DEI PICCOLI 1]

O ZAMEDA SI DIVERTE

si

ù pi Spaionee ingresso É

Sr

CAPITOLO T.

Una meravigliosa scoperta.

Ìl villino era distante tre miglia dalla

stazione, ma la polverosa vettura da nolo si trascinava da appena cinque minuti, che già i fanciulli cominciavano a sporger- si dagli sportelli per domandare : « Quan du arriviamo? ». Ed ogni volta che passa. vano innanzi ad una casa, gridavano in coro; «Ci siamo?» Niente. La carrozza dovè spingersi fino in cima alla collina,

precisaniente dopo la cava di argilla e pri- ima della cava delle pietre. Allora apparve una casa bianca con un verdeggiante giar- dino e un frutteto alle spalle, e la mamma avvertì:

Eccola! Come è bianca! — esclamò Roberto.

E Antea : — Quante rose! E quante susine! — aggiunse Gio-

vanna. — E’ d'apparenza decente — sentenzià

Cirillo. 11 piccolo disse : — Vollio camminale —;

e intanto la carrozza si fermava trabalzan- do, con un ultimo tintinnio di sonagli.

D'ogni parte le gambe si urtavano e i piedi si calpestavano per scendere tutti nell’istesso momento, ma nessuno se ne curava. La mamma, cosa strana, non si affrettava a discendere, ed anche quando si accinse a farlo, si mosse lentamente e si servì del predellino, senza saltare. Volle prima esaminare le casse scaricate dall'im- periale e pagare il cocchiere, e non badò affatto alla prima bella scorreria dei fan- ciulli attraverso il giardino, il frutteto e il

pezzo di campagna selvatica che si sten- deva oltre il cancello diroccato e la fon- tana asciutta, sul fianco dell'edificio, Ma la casa era solitaria in mezzo alla

‘che volta la scritta è invisibile, ed è

campagna, con nessu. na altra abitazione in vista, e i fanciulli era- no stati in città du- anni, senza uscirne nemmeno per fare una escursione di un sol giorno, così che la Casa Bianca sembra-

va loro una specie di palazzo fata- to piantato in un paradiso terre stre. Perchè la città è come una prigione, per i fanciulli, special mente se i loro parenti non sono riccii. “ .

I cinque bambini avevano com- pletamente esplorato il giardino e le sue dipendenze, prima di essere acciuffati e puliti per la merenda, ed erano rimasti perfettamente convinti di poter essere feli. ci alla casu Bianca. Così avevan pensa- to sin dal primo momento, ma quando ebbero scoperto dietro la casa uno spazio coperto di gelsomini carichi di fiori candi- di e odorosi come una boccetta del più prezioso profumo; e quando ebbero visto la spianata verdeggiante e liscia, tanto differente dai prati scuri del parco in città; e quando riuscirono a penetrare nel. la stalla che aveva un fienile e un mucchietto di fieno abbandonato, es. si ne furono addirittura certi. E quando a Roberto capitò di scovare un'altalena pericolante a, salitovi sopra, riuscì a caderne, facendosi in fronte un bitorzolo della grandezza di un uovo; e Cirillo potè farsi male ad un dito contro lo spigolo della porticina di una conigliera vuota, se era rimasto ancora qualche dubbio, svanì completamente, Il più bello era che in quei luoghi niente vieta- va di correre e di trastullarsi a diffe. renza che in città dove da per tutto è scritto: « Vietato toccare ». Qual.

peggio, perchè c'è sempre qualcuno che ve la ricorda. :

La Casa Bianca era situata sul ciglio della collina, con un bosco alle spalle e la

cava di argilla da una parte e quella delle pietre dall'altra. Ai piedi della collina vi era una pianura con degli strani edifici

dove si cuoceva la calce, una grande fab- brica di birra, dipinta in rosso, cd anche altre case. Quando gli alti cumini manda- vano fumo e il sole tramontava, la val- lata sembrava piena di una nebbia d’oro,

- DA

e le fornaci e le fabbriche lucevano e scin- tillavano come una città incantata delle Mille e una notte.

Antea e Cirillo e gli altri, in me- no di una settimana di campagna, avevano scoperto un personaggio fata- to. Lo avevano qualificato per tale, per- chè egli stesso lo aveva detto; e natu- ralmente poteva saperlo meglio degli al- tri, ma in verità non cra in tutto simile ai personaggi fatati dei quali parlano i libri.

E da cosa era andata così. ll papà era stato chiamato improvvisamente per i suoi affari, e la mamma era. partita per recarsi da Giorgina che non stava bene.

Enirambi erano partiti in gran fretta, e quando se ne furon andati la casa sem- brò terribilmente tranquilla e vuota; i fanciulli vagavano di stanza in stanza, con un gran desiderio di avere qualche cosa da fare.

Ad un tratto Cirillo disse: Propongo di farci dare le nostre zap.

pette e le nostre vanghe, e di andare a scavare nella cava delle pietre. Potremo fingere che sia una spiaggia. — Il papà — aggiunse Antea — dice chi

la cava è stata una volta spiaggia e che vi si trovano conchiglie di migliaia di anni fa.

Ed andarono. Ciascuno dei fanciulli tra- scinava la propria vanga, e a turno essi portavano il fratellino.

l.n cava delle pietre era molto larga ed estesa, con l'erba che cresceva intorno ai margini e con molti fiori selvatici fibro- si e asciutti, porporini e gialli. E vi era- no dei monticelli di pietre, e delle ca- vità dove erano stati tolti i massi e, in al to, lungo i fianchi, delle piccole buche, le porticine delie casucer dei rondoni,

I fanciulli costruirono un castello col terriccio, naturalmente; ma la costruzio- ne di un castello è una meschina cosa, quando non si teme che la marea venga a riempire il fossato e a travolgere il ponte levatoin; e, per maggiore felicità, ad immollare i costruttori fino alla cin- tola.

Cirillo voleva scavare una caverna per giorare ni contrabbandieri, ma pensò che c'era il rischio di rimanervi sepolto, e

Page 14: Corriere dei piccoli 1909 20 - archive.org

: Improvvisamente Antea strillà; « È vivo!»

finì quindi che tutte le vanghe si misero

a scavare per fare una buca attraverso il

castello, la quale arrivasse sino all'Austra-

lia. 1 fanciulli sapevano che la terra era

rotonda e pensavano che i bambini € le

bambine d'Australia stessero realmente

camminando come le mosche attaccate al

soffitto, coi piedi in su e con In testa

in giù. l'fanciulli scavarono e scavarono, e le

mani si fecero sporche di sabbia e scot-

ranti, e i volti erano diventati bagnati e

lucidi. Il piccolo, che era chiamato l’A-

gnello, perchè le prime sillabe da lui pro-

nunziate erano state be-be! aveva comin-

ciato a mangiare la sabbia, e poi st era

messo a piangere quando si era accorto che non era zucchero rosso, come aveva

supposto; era stanco e fu messo a dormire in un folto cespuglio che era nel centro del castello non ancora finito.

Così i fratelli e le sorelle poterono es-

sere liberi nel lavoro veramente faticoso,

e la buca che doveva arrivare in Australia

diventò presto così profonda che Giovanna supplicò gli altri di fermarsi.

— Se l'estremità della buca si apre im- provvisamente — disse la bambina — e andiamo a cadere in mezza agli australia- ni, tutta questa sabbia si rovescerà sui lo- ro occhi. — E' vero — fece notare Roberto — e

quelli si vendicheranno, ci getteranno del. le pietre, e non ci faranno vedere i can- guri, le sarighe, gli uccelli del Paradiso e tante altre cose,

Cirillo e Antea sapevano che l’Austra- lia non era tanto vicina, ma preferirono di lasciare le vanghe e di scavare con le mani. Era facilissimo, perchè la sabbia in fondo alla buca era soffice e fine, asciut- ta come la sabbia di mare, e vi si trova- vano anche delle conchiglie. — Se in questo luogo una volta c’era il

mare — osservò Giovanna — vi dovreb- bero essere dei pesci, delle anguille e co- ralli e sirene.

E alberi di navi e tesori naufragati. lo voglio trovare un mucchio d'oro o qual- che altra cosa — aggiunse Cirillo. — Ma come il mare fu trasportato al.

— domandò Roberto, con le secchie, sciocco! — ri- fratello. — Il papà dice che

la terra avera troppo caldo, al di- sotto, come succede a noi stando in let-

| del male lui

CORRIERE DEI PICCOLI

troveremo nella piccola caverna, cd io vedo là qualche cosa che sporge fuori co- me un pezzo di àncora di bastimento nau-

fragato. Gli altri approvarono, ma Antea

seguitò a scavare. Era solita di finire ciò che incominciava; vo leva arrivare all'Australia.

La caverna fu una delusione, perchè non vi erano conchiglie, e l'ancora della nave naufragata era semplicemente un pezzo di mani- co di badile; e la comitiva s'accorse che la sabbia fa venire una gran sete quando non si è sul la spiaggia, e qualcuno suggerì di ritornare a casa a bere una limo. nata, quando improvvisamente Antea strillò :

— Cirillo, vieni qui! Fa presto! E* vi- vo! Se ne scappa! Presto!

Corsero tutti insieme. — E’ un topo, non mi meraviglio — dis-

se Roberto. — Il papà dice che essi in- festano i luoghi abbandonati, e questo de- ve essere molto vecchio se il mare era qui migliaia di anni fa.

Forse è un serpente — vanna, con un brivido.

— Fatemi vedere — gridò Cirillo sal- tando nella buca. — lo non ho paura dei serpenti. Mi piacciono. Se è un serpente lo addomesticherò, me lo trascinerò dietro dappertutto, e lo farò dormire avvolto in- torno al mio collo, .

— Non te lo permetto! — strillò Ro- berto che dormiva neila camera di Ci- rillo,

— Oh, non fate gli sciocchit — fece Antea; non sì tratta di un topo, perchè è malto più grosso. E nem. meno è un serpente: cam- mina coi piedi ed è tutto è coperto di peli 1 No, non scavate con le vanghe; gli fareste male! Fate con le mani, — E vole.

te che faccia

osservò Gio-

a me? — ri. spose Cirillo afferrando In vanga. — Oh, non

fare così! — supplicò An» tea. — Non farlo! Io sa. rò una scioc- ca, ma ho sentito che parlava. Ha detto qualche cosa. Ha det- to; « Lascia temi stare ».

Ma Cirillo disse che la sorella dove. va essere im. pazzitaed egli e Rober. to si misero a scavare con le van. ghe, mentre Antea correva su e giù sul- l’orlo della buca con grande ansietà. Sca- varono accuratamente e allora tutti vide- ro veramente qualche cosa che si mo-

TE e I ©. >

I fanciulli osservavano la strana creatura.

| to, qualche volta, e così sollevò le spalle | veva in fondo alla buca che doveva con- e il mare fu gettato giù, come facciamo noi con le coperte, e la spalla si sollevò e fu convertita in terra asciutta. Andiamo u cereare le conchiglie. Io credo che le

durre all’Australia. Allora Antea disse : — Io nun ho paura,

vare. E si mise in ginocchio e cominciò a

grattare come un cane. - Oh, io ho palpato una pelliccia! —

esclamò spaventata e allegra nello stesso

lasciatemi sca-

tempo. Sì, sì è vero: sono iol — disse

improvvisamente una voce in tono ru- vido, facendo spruzzare la sabbia al. l'intorno mentre i cuori dei fanciulli battevano rapidamente,

— Lasciatemi stare — egli disse. E adesso tutti avevano sentita la vo-

ce e si guardavano fra di loro per accer- tarsi che tutti avevano sentito. — Ma noi vogliamo vederti — disse co-

raggiosamente Roberto. — Vogliamo farti uscir fuori —- ag-

giunse Antea, facendosi coraggio. Giacchè lo volete... — disse la vo-

ce, e ln sabbia si agitò e volò in giro spargendosi, e qualche cosa di bruno e grasso e villoso uscì rotolandosi nella buca. La sabbia cadde all'intorno ed il nuovo personaggio stette lì sbadigliando e fregan- dosi le estremità degli occhi.

— Credo di aver molto dormito, — dis- se stiracchiandosi.

1 fanciulli stavano in giro intorno alla fa osservando la strana creatura che

|

|

1. ——————————————_————

avevano scoperta. Valeva infatti la pena di osservarla. Gli occhi erano a guisa di lunghe corna come quelli delle lumache, poteva metterli fuori e ritirarli a somi.

glianza di un telesco- pio; le orecchie era- no come quelle dei

pipistrelli, e il manto che si stendeva sul corpo era fatto come quello di un ragno e coperto di denso e soflice pe- lo; le gambe e le braccia era. no anche coperte di pelo ed

aveva le mani e i piedi simili a quelli del. le scimmie.

(Continua), E, Nesbit.

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CORRIERE DEI PICCOLI 13

« LA PALESTRA DEI LETTORI »

AVVERTENZE =>>- «=

Non si accettano, per questa rubrica, che lavori scritti o disegnati su cartolina postale 0 carton.

cino delle stesse dimensioni. $i fa un'eccezione per i biglietti postali; ma i manoscritti 0 i disegni

mandati in busta chiusa sono sempre cestinati, |

Le cartoline o i cartoncini debbono essere usati da una sola parte e firmati sotto Io scritto. Se în una

cartolina sì mandan più lavori, la firma e l'indirizzo dell'autore debbono essere ripetuti sotto ciascun lavoro. |

I lavori pubblicati nella ‘‘ Palestra ,, sono compensati agli autori con una cartolina vaglia di Lire Cinque.

Le cartoline debbono avere questo preciso indirizzo :

Cecco Bolli, garzone lasciato il paese natio per venire a bot. |

tega in città, è canzonaty continuamente |

dai colleghi, per- chè trova sem pre troppo diffi cile qualunque lavoro gli fac-| ciuno sbrigare. |

— Se ti limiti ai lavori trop- po fucili, non im- | parerai mai nul- la — gli dice il | collega "Tojo. —

Per esempio: in

salumiere che ha | Tema: «La volpe perde il pelo, ma non il vizio. »

Svolgimento : « Carletto aveva il brutto vizio di graitarsi sempre la testa. Mora In mamma gli fece radere i capelli. Mu Carletto continuò a grattarsi lo stesso. — Morale: La volpe perde il pelo, ma non

il vizio, »

ncora uni volta, signor carabiniere, le assicuro che questo cane non mi ap-

partiene. — Ma però vi correva dietro? — Anche lei mi correva dictro, eppure

non mi appartiene.

questo momento noi abbiamo se- te; eccoti una bottiglia, va dal sor Bricco il vi- naio, e fatti da- | re mezzo litro di quel buono.

prendendo la bottiglia

Vandalismo?.... Ecco come è stato ridoitodal mio fratellino un acquarello pronto per essere in- viato al ‘‘ Corriere dei Piccoli. ,,

Bolli Cecco chiede : — E i soldi? — Il soldi? Tutti saprebbero comprare

il vino coi soldi! Il bello si è di comprar- lo senza! Corri, corri, e impara una buo- |

na volta a far anche le cose difficili. | Cecco va, e ritorna poco dupo con la

bottiglia vuota che posa sopra il tavolo. — Sei e sarai sempre un buono a nul-

la! — gli grida Tojo. - Macchè! — risponde Cecco, pacata-

mente. — Tutti saprebbero bere il vino

di una bottiglia piena! Il bello è di berlo da una bottiglia vuota...

Lo scorso inverno alcuni piccoli lettori fecero richiesta di qualche modello di cervo volanie. Ora che la stagione è propizia, eccone appunto due di facile esecuzione.

11 primo (fig. 2) è a forma di parallelepipedo coperto di carta o tela leggera su quattro lati, in modo da formare una scatola senza fondo e coperchio, L'ossatura (fig. è) e di canna palustre grossa quanto un dito e la rigidità del- l'assieme è data da fili di spago incrociati. Nella figura, per chiarezza di disegno, lo spago si vede solo su due facce

| del cervo volante. Il secondo (tig. c) per quanto meno stabile è di migliore

effetto e va costrutto coll'identico materiale del primo. La fig. e, ne mostra l'ossatura vista di fianco, la fig. vista di fronte.

e alunne della quarta classe elementare hanno passato l'ora della ricreazione

leggendo storie di fate. Esse rientrano in classe ripensando agli eroi dei quali han letto le meravigliose avventure, e trovano fredda e scolorita la lettura del loro libro. — Volle il fato... legge ad alta voce

una frugolina di dieci anni, la quale vor- rebbe trovare una Fata Benefica che le facesse capire l’aritmetica, a lei tanto in-

— Deve essere molto grande quello lì, e frequenta an- cora l'asilo!

Perchè? — Non vedi che si soffia già il naso da sè?

I! professore interroga uno scolaro :

— Dimmi i nomi delle ossa del cranio.

Lo scolaro, dopo aver balbettato qual- | digesta.

che parola : — Che cosa è il fato? — chiede la

— Signor professore, deve essere l’e- | maestra. mozione.... Impossibile ritrovarne uno.,.. Ed essa pronta risponde :

Eppure li ho tutti qui.... nella testa... — Oh, bella! E” il marito della fata!

Palestra, Casella Postale 913, Milano

I

. DR |

PSE DL ana |

| Gettate un pezzettino di calce viva in un bicchiere d'acqua; subito essu si ri-

| scalderà e si turberà. Quamdo poi tutto è tornato in cal-

| ma, filtrate il li- | quido in un al.

tro bicchiere | con un imbuto | di carta asciu- gante. ll liqui- do passerà nel biechiere limpi- do come se fus- se acqua puri. Ciò fatto porta. te il bicchiere davanti ai vostri amici, e dite lo.

ro: — Io son È È — Perchè, Silvietta, quando

i buono di atte reciti la lezione tieni sempre biare quest'ac- quel tolo in mano ? qua in latte sof per non pardore.... il fianduvi sopra. ilo, nonnino!.....

Gli amici si metteranno a ridere e vi daranno del mat-

to; ma voi prendete una paglia bucata, la

farete esaminare, perchè tutti siano con-

vinti che dentro non v'è nulla, e con essa

soffiate dentro al bicchiere. Subito l’ac-

qua diventerà del colore del latte. Questo mutamento è prodotto dalla presenza del carbonato di calce che si è formato me- diante quel po’ di calce rimasta nell’acqua e l'acido carbonico contenuto nel vostro fiato.

cco una parola che si legge ugualmente capovolgendo il foglio :

numi

La lettura sarà più chiara con la pa- rola manoscritta,

— Vedi, Gio che brutto effetto fa lo sbadigli senza riparar ir ga =, nr

Ingenvità infantile, Guido: — Non capistò perchè ci sia.

quel negozio di poro funebli. Carletto: — Sei molto dulo di testa! uando salai molto, andlui là a oldinalti

il funelale! *

Pag

lp

a

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Page 17: Corriere dei piccoli 1909 20 - archive.org

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olete che io ve lo dica, miei pas seri, che mai io sono stata esposta a tante tentazioni come da quando son diventata « Zia

> Mariù? » Perchè dovete immagi- AI nare, bambini, che quand'ero x bambina anch'io il mio sogno

più ambizioso era di possedere uno di quei grandi carrozzoni-case che hanno

i saltimbanehi nelle fiere e di girare il

mondo così. Una casina che venisse sem pre con me portando la mia mamma e tutti i miei fratellini e rotolasse rotolasse bel bello per il paese!... ah! che cosa im- possibile e bellissima mi pareva dovesse mai essere! E pensare che questa chimera ormai è

diventata nona realtà! Ci sono a quest'ora centinaia di famiglie inglesi che hanno il loro car-camping con una cucinetta,

un salottino, dei letti sovrapposti come

nei piroscafi, che va lungo le belle strade © permette nd una famiglietta di accam- pursi dove wuole, sul limitare dei bo- seni, sulle rive dei fiumi, in mezzo alle montagne... ; Ma il car-camping non lo possiede la

zia Mariù. E invece ogni mattina che cosa nicevo? Lettere coi timbri più affa- scinanti. Mi arriva una lettera da Camilla Zannoni e da Giulia Pegulron di Roma: « Zin Mariù, conosci Roma?» Mi viene una lettera da Bruno Algranati (Napoli, Posillipo): « L'hai mai visto il golfo di Napoli, zia Mauriù? » Mi viene una lettera da Gabriella Bacchi e una di Norina Go-

vi di Reggio Emilia: «Ah, zia Mariù, fuante belle cose ti potremino far ve- dere!» Mi viene una lettera da Teresa Filippi di Torino: «E' bella anche To- rino, sai, zia Mariù? » E poi nna lettera di Pia Com di Bergamo, e un'altra da Ma- ria Olmi (Aquila Abruzzo), e un'altra dn Verona e una da Venezia e una da Pe rugia....

Per fortuna io ho un amico... Voi pen- sate subito al diavolo zoppo... Non è lui. Il diavolo zoppo, vedete, non è sempre così compincente: il suo areoplano me lo vuo! imprestare sì, ma solo quando piace a lui. Io però ho un amico mol to più buono del « diavolo zoppo » che ini chiama «Puntilnnghi » ma che mi tratta con la stessa indulgenza come se li facessi corti corti i punti... e allora con un buon biglietto della ferrovia vera sono partita via....

Voi non ve n’eravate accorti, nevve- ro, miei passeri, che io ero diventata piramondo come la piccola Mariuccin (Giraudo di Sampeyre... così voi non po- tete immaginare quante città e luoghi meravigliosi ho veduto in quest'ultima ventina di giorni. Oh bambini, com'è bella l'Italia in aprile, tutta piena di città antiche, di poggi coi mandortli in fiore. (È)

sapete a che cosa pensava la zia Ma- riù mentr'era in viaggio e ogni gior-

no riceveva le lettere di suoi nipotini,

RARO N ESSI KS |, | i ALITTIO

I | | | |

CORRISPONDENZ

CORRIERE DEI PICCOLI

di quel piccolo ometto che è Alessandro Artom (ha undici anni, fa la terza gin- nasiale, studia il violino, il francese, ed è molto disinvolto); di quell'altro nipote così grande che mi fa quasi soggezione, B. G. Serzelli, Pisa (19 amni, figurate- vi, ha) e di Guglielmo Barile e di Mario Nannini ‘fanucci, e di Venanzio Sciolla, di Giannino Pozzi e di tanti altri?

— Ma non ci sarebbe un modo, perchè molti dei mici piccoli potessero veder queste belle cose? pensava e rimugi-

nava la zia Mariù. Mi pare che nessun insegnamento possa far sentire a un ita-

liano il sentimento dell'italianità me glio che il veder l’Italia viva, così bella © varia com'è; e in nessun tempo mi par che la sensibilità alle cose belle della na- tura e della vita sia così squisita came negli anni della prima adolescenza. Per questo mi piace tanto parlar con voi, mici ragazzi, anime » diventanti », spiriti

in sboccio e in Nore.... « Zia Mariù, monti di tono? » Sentitelo

questo diavolo zoppo che non mi vnol lasciar far neppure una bella frasettal... Ma il progetto che io vagheggio per voi, me lo lascerà ben dire, perchè non si sirntta di frasi, o di una chimera, ma di una cosa molto assolutamente realizzabile.

pratica,

(È) ntite: ci son fra i miel piccoli dei gran- di che hanno 16, 17, 18 anni. C'è Gi-

netto, c'è Serzelli, c'è il maggiore dei Ri- chard ehe ne ha LG. Sono questi grandi e gindiziosi che dovrebbero prender l'i- niziativa della cosa pei loro fratelli e cugini e amici minori (ira i 12 e 1 14 an- ni). Io immaginerei delle piccole com- pagnie di tre o quattro ragazzi, che per una settimana se ne partissero insieme all'esplorazione di un paese, delle più bel- le città vicine. Credete che costi molto? No, pochissimo, sapendo organizzare le cose giudiziosamente. In Italia la ferrovia

ormai ha prezzi modestissimi; s'intende che la mia compagnia deve viaggiare in 3.* classe e portar il sacco in ispalla col proprio leggero bagaglio. Un viaggio di cinque o sei giorni in 3.* classe attraverso l'Umbria, oppure lungo il Veneto, o in- torno alla Lombardia, costa una miseria. Naturalmente, per portar gli occhi a una tal festa, bisogna saper ordinare allo stomaco di non essere esigente per quei pochi giorni: non vi voglio mica morti di fame, ma dovete contentarvi di un po’ di cioccolata col pane, di uova frutta e caffè e latte e mangiare come dicono i francesi «sur le pouce »; seduti su una panca in un bel giardino. E per dormire neppur vi convien discendere ni grandi alberghi, ma cercare una came- retta molto modesta in un albergo di ter- z'ordine e magari sotto i tetti. Non teme- te, vi giuro, che dopo nver girato tutto il giorno, dormirete lo stesso in quei let- tucci da poco prezzo come in letti da re.

L'unica sposa viva un po' forte e indiì- spensabile son le mance agli inuumere-

voli cerberi che custodiscono i tesori delle gallerie, dei palazzi, delle cattedrali. Perchè anche i ragazzi se devono pensare a far le « razioni », a far la massima eco- nomia per tutto quello che li riguarda personalmente; non devono pensare di risparmiare alle spalle di quei poveri diavoli di guardiani che vivono di quel mestiere. Pure quello che sarebbe po- fQ per uno, diventa già inolto, mol tiplicato per quattro; per questo è utile di essere in tre 0 quattro compagni: ed è anche piacevole per comunicarsi vicendevolmente le proprie impressioni, Der sopportare quel po' di disagio ma- teriale che la compagnia rende lieve e quasi gradito. E poi: una buona guida ben studiata; in piedi alle sei di matti- na; buoni garretti, e mai mai vi potrete divertir tanto come in una di queste gite di cinque o sei giorni, che tutto compreso non dovrebbe costar più di 40 o 50 lire n testa.

Ah! se io avessi dei ragazzi grandi — badate, dei ragazzi di cui conoscessi la quudiziosità e la serietà vorrei conce der loro questo gran piacere di viaggiare per qualche giorno soli, nlla scoperta delle cose belle, responsabili di sè stessi. IT ragazzi non son più monellucci e sca-

vezzacolli quando vengono tratiati come uomini! Falchetti, apuilotti sottopunete pure ai vostri parenti il mio progetto: io son pronta a diventar il vostro avvo- cato, a trovare tutte le ragioni e gli ar- gomenti per vincere le luro difficoltà e riluttanze e obbiezioni!...

© ildio, bambini; vi volevo raccontare di una frase così bellima in una lettera

che ricevo ora ii l'ina Troechi; ma non c'è più spazio, surà per un'altra volta. « Ah, zia Mariù, se io fossi una regina... — dice la piccola Pina — sai che cosa farei? ».

Lo immaginate voi che cosa farebbe la piccola Pina se fosse regina? Vediamo chi indovina. E voi che cosa fareste se vi capitasse mai di esser una volta re o regine? Sarebbe molto euriosa di sar perlo la

Zia Mariù,

PICCOLA POSTA

Camilla, Francesco e Carlo Zannoni (Roma), Dir le bugie, sì, è un bruttissimo «difetto, ma casoe chiacchierina è un difetto piccolo: i bambini chiacohiorini mi piaccion molto più dei sornioni. Maria luisa De Rossi (Roma), Enzo Mina

Hugony (Palermo), Argue, Anna Consiglio (Na poli), Giannina Michelon (Vicenza), Annetta Ceresa (Milano), Giannino e Carlo Pozzi (Mi. lano), Renzo Mercgazzi d'anni cinque e mesi due Vercelli), Penvenuta Chierichetti (Mila- no), Dato Cipolla (Cremegnaga), Ga bardi (Busto Arsizio), Vettoro Zanetti (Am- pezzo). Vi ringrazio tutti per le bellissime ca- rissime cartoline illustrate e degli auguri che portavano.

(Continua a pagina 3 della copertina).

Page 18: Corriere dei piccoli 1909 20 - archive.org

CORRIERE DEI PICCOLI ku

II

fera

1. Il signore e la signora ciarlan tanto da mezz'ora.

2. Lascia Tom un po' il giornale: * — Oh, che coppia originale!

.- Buffi bene!,, — pensa il Moro per?

4. Mentre ei squarcia l'ampia bocca in un gran riso sonoro. il signor d'ira trabocca.

ate gti

EA 6. Una man fuori lo lancia,

ma Tom ride a crepapancia

6. E di Tom sopra la testa fa sonar la mazza a festa.

Page 19: Corriere dei piccoli 1909 20 - archive.org

catinella d'acqua. Scommettete

LA PALESTRA DEI LETTORI ——_

elUite un oggetto qualunque, Uni mo-

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te capaci di riti

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rare l'oggetto senza bagnarvi punto la mano. ] presenti non cre. deranno, mau lo

scherzo riuscirà venissimo : basta

che giettiaio tm po' di polvere di licopudio sulla SUpu ficic delie

qua. immerge In mano, dete l'oggetto € mostrate ni pre- senti che la ma- no è perfetta-

mente asciutta. Gode talmente nel leggere il

» Corriere dei Piccoli,» che non : sar RR si avvede cha Flock gli mangia grane d Vie la colazione e Flick gli divora © ©% Su di un il cappello. tavolino, avvici

mato ad una fi- nestra aperta, collocate due candelicri uguiuli e portanti candele delle stesse di- mensioni. IFrapponete ad essi il vetro del- la finestra e procurate che l'immagine ri- fiessa nel vetro dal candeliere esterno combaci con quella del candeliere interno che si vedrà attraverso il vetro. Accendete la candela esterna e con vostra meravi- glia avrete l'illusione che anche quella in- terna. sia. accesa.

è tenillle ancorchè rovinati, si guarisco- no mimbilmente col- la Chentorfina.

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ta, annodate !a parte superiore del cono. Ed ecco formata la testa. Per gli occhi pai fate due pallottoline di carta, disegnate. vi con l'inchiostro le pupille ed incastra- teli nel buco del nodo. Rivolgete poi su sè stessa la parte inferiore; per formare la coda lascierete spuntar fuori un lem- bo ed ecco i'oca formata che avrà un grande successo nel piccolo mondo.

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Ì |

9.

Il maestro la alcune domande di storia naturale a Gi- getto, alle quali però il bricconcello non sa rispondere. «Ebbene » dice allora il maestro, « dimmi tutto quello che sai». Gigetto: «So un nido di merli, ma quello non glielo insegno ».

ri dei;

| 0) Indovinello a pag. 2 delia copertina: La ma- schera.

,, PICCOLA POSTA |

Qastellenghi Gino (Milano). Il concoren dal- lo scudo è chiuso.

Pierina ‘lovagliari (Sestri Ponente). Maria Olmi (Aquila degli Abruzzi). lia Cona (Firen ze), Grisenti Ondina e le eno sorelle (8a- vona). Venanzi» Sciolla (forio, Gim Riam coni (Toriun) bravo mic bambino lepparelli Jokernma numi: Nilele Muazzutano ‘Pologna), Papini (Firenze, Mille grizio nor lp cate af. fottuose letterine che mi son fampre così er dite. Banvenute le tiuiidette Maria Sira (Pat ma), Vicenzina Maggioni Maria Giorgetti, Luciana Peverelli (Miano),

date un bel bacio alla vostra mamma per le sue gentili parole husinghicre Santino Stoveri. Oh che bol ritrattino. Leggi

mella « Palestra » come gi può far l'aquilono Fatina Bonotti Aspetto impaziente i vostri

ritratti de A Muriu Rosct «lele Fasulo (Oatinia), Ade

lima Racheli ( ). Voi fate troppo onore nila « Corrispondenza + credenda]a dell'autore di Fiammiferino!

Lina Buonomo (Alba) N che crede da tua mamma Nanny Ronzi (Breccia; l'uietro Bartoroili {Li

vorno). Oh mille grazie, mici piccoli parti gen tili!..

Clelia Ciocca (Milano). E' un'eccellente rap presentante del Corriere dei ficcoli che he fatto adottar: a tutto un cortoo di amici cd amiche: Gialio Magani c schastiuna Manzoni Rita Saltarini, Angelino Bianchi, c per com pensarla di questa propaganda, ma solo in via d'evcezione. annuncio che soambiarcbbe figt- rine, cartoline c francololli (Indirizzo Clelia Ciocca, Corso Vorcelli. 23. Milano).

n sou ln maestra

Tip. del Corriere della Sera. G. Galluzzi, resp

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