Copia di vitarivista - Vita somasca

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Anno LXI - N.185 aprile - giugno N.2 - 2019 Vita somasca Periodico trimestrale dei Padri Somaschi Dossier GIUSEPPE FAVA Padre in tempi roventi Vita somasca Periodico trimestrale dei Padri Somaschi Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma Somaschi Un sessennio missionario

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Anno LXI - N.185aprile - giugno

N.2 - 2019VitasomascaPeriodico trimestrale dei Padri Somaschi

Dossier

GIUSEPPE FAVA Padre in tempi roventi

Vitasomasca Periodico trimestrale dei Padri Somaschi

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Un sessennio missionario

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SommarioEditorialeIl Dio di Abu Dhabi 3139° Capitolo generale Missione e Fraternità 4Ai confratelli 5Partecipanti ed eletti 6IntervistaIl mal di Colombia di padre Mario 7ReportAmare e custodire il creato 10Nostra storiaIl natale della Congregazione somasca 12Dentro di meCinque novità della fraternità 14

Dossier Giuseppe FavaPadre in tempi roventi 15

Per riflettereIl comandamento più facile ed efficace 28Vita e missioneLa carità al 75° giro 30Problemi d’oggiI beni comuni non sono merce 32Nostre opereSant’Alessio all’Aventino una storia plurimillenaria 34Spazio laici - Fondazione SomaschiCentri antiviolenza, per rompere il silenzio 36Spazio laici - Laicato SomascoNon possiamo tacere 38Spazio laici - Volontariato Essere abbraccio, sorriso e spallaper camminare fianco a fianco 40FlashNotizie in breve 42In memoriaRicordiamoli 45Recensioni Letti per voi 46

Anno LXI - N. 185aprile giugno

N. 2 - 2019Periodico trimestrale dei Padri Somaschi

Copertina: Somaschi: un sessennio missionario.

Direzione editorialep. Adalberto Papini,p. Luigi Amigoni.Direttore responsabileMarco Nebbiai.

Hanno collaborato

Enrico Viganò,p. Fortunato Romeo,p. Giuseppe Oddonep. Michele Marongiu,p. Luigi Amigoni,Fabiana Catteruccia,Istituto Suore oblate Mater Orphanorum,Marco Calgaro,Valerio Pedroni,Elisa Fumaroli,Sofia Ronchetti.

FotografieArchivio somasco,Autori articoli, Internet

StampaADG Print srl 00041 Albano Laziale (Roma)Tel. 06.87729452

Abbonamentic.c.p. 42091009 intestato: Curia Gen. Padri Somaschivia Casal Morena, 8 - 00118 Roma

Vita somasca viene inviata agli ex alunni, agli amici delle opere dei Padri Somaschi e a quanti esprimono il desiderio di riceverla. Un grazie a chi contribuisce alle spese per la pubblicazione o aiuta le opere somasche nel mondo.Vita somasca è anche nel web:[email protected] dati e le informazioni da voi trasmessi con la procedura di abbonamento sono da noi custoditi in archivio elettronico. Con la sottoscrizione di abbonamento, ai sensi della Legge 675/98, ci autorizzate a trattare tali dati ai soli fini promozionali delle nostre attività. Consultazioni, aggiornamenti o cancellazioni possono essere richieste a: vitasomasca, Poggio ponente, 1 18018 Vallecrosia (IM)Tel. 3295658343 - Fax 0184295363

Autorizzazione Tribunale di Velletri n. 14 del 08.06.2006

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Editoriale

Più d’uno s’è chiesto se il Dio creatore degli es-seri umani, uguali per sua misericordia, nelcui nome, il 4 febbraio 2019, papa Francesco eil grande imam di Al Azhar Amad al-Tayyib han-no firmato ad Abu Dhabi il “Documento sullafratellanza umana per la pace mondiale e laconvivenza comune”, sia il Dio dell’amore tri-nitario abbracciato dai cristiani o il Giusto el’Eccelso a cui si sottomettono i musulmani; oun “terzo”, quasi il garante di una neo-religio-ne dell’umanità che mescola Allah e il Messiacristiano. Domanda mal posta.

La dichiarazione, condivisa anzitutto dai 700 capi religiosi presenti allo storico incontro negliEmirati Arabi Uniti, cui è seguita la grande Messa - la prima pubblica in terra musulmana - allostadio, non ha convinto coloro che, nei due campi, sono incollati alla propria “dottrina certa”.Tali “fedelissimi” sottovalutano che oggi, prima di ogni proselitismo, sono necessari in ognu-no degli schieramenti il risveglio del senso religioso e la sua rianimazione nei cuori delle nuo-ve generazioni, da seriamente educare con “l’adesione ai valori morali e ai giusti insegnamen-ti religiosi, per fronteggiare il radicalismo e l’estremismo cieco”.

L’esortazione profetica di Abu Dhabi - rafforzata con la visita del Papa in Marocco a fine mar-zo - rivendica infatti i valori (famiglia, vita, cittadinanza, pace, diritti delle donne, dei bambi-ni e dei più indifesi, rigetto del terrorismo) cercati nell’amicizia musulmano-cristiana più chedecennale. Pone al dialogo interreligioso, che procede con “geologica pazienza”, obiettivi es-senziali: la libertà di credo, per ogni persona, e di espressione e azione; la protezione di tut-ti i luoghi di culto; il rapporto sano tra occidente e oriente. Soprattutto: a chi mena scanda-lo che “pluralismo e diversità di religione sono una sapiente volontà di Dio creatore”, il ve-scovo di Roma e l’autorevolissimo esponente sunnita rispondono che ad insidiare le due re-

ligioni sono “la co-scienza umana ane-stetizzata, l’indivi-dualismo e le filoso-fie materialiste chedivinizzano l’uomo”. Ma la fede dell’altropuò dirmi qualcosadel vero Dio, se nelsuo modo tipico miaiuta a “onorare Dioe chiamare tutti a ri-conoscere che l’uni-verso dipende da luiche lo governa e ce lodà da custodire con ildono della vita”.

Il Dio di Abu Dhabi

Missione e fraternità sono le due paro-le chiave per spiegare - più che ogni al-tro Capitolo generale del passato - quel-lo del 2019. Già l’ultimo messaggio, il settembrescorso, di p. Franco Moscone (oggi ve-scovo di Manfredonia, per rimpiazzareil quale come superiore generale si è ra-dunato il Capitolo) metteva davanti latappa del centenario dell’arrivo dei So-maschi in Salvador come memoria es-senziale e stimolo forte per la “Congre-gazione in uscita”. La concomitanza con i 450 anni del pri-mo capitolo generale somasco, autoriz-zato da Pio V, ha messo a fuoco il valo-

re evangelico della “vita fraterna in co-mune”, specifico di un ordine religiosoche è dedito anche all’aiuto del povero eche professa povertà, castità e obbe-dienza. Missione e fraternità sono statiesplicitamente richiamati nella messa diconclusione di lunedì 13 maggio cele-brata, nella cappella di papa Sisto V del-la basilica romana di santa Maria Mag-giore, dal “nostro” vescovo Franco in-sieme con i capitolari. Nella magnifica cappella è sepolto sanPio V, morto nel 1572, quattro annidopo avere promosso a Ordine di voti so-lenni la compagnia fondata da san Gi-rolamo Emiliani.

139° Capitolo generale

Missione e Fraternità

Il Capitolo generale (7-13 maggio 2019), che ha eletto il primo superiore generale non italiano e il primo vicario noneuropeo, si è proiettato verso il prossimo centenario, nel2021, della prima uscita fuori Italia dei Somaschi; e ha guardato indietro, agli inizi promettenti della storia somasca.

Messa conclusivadel 139° Capitolo generale

nella Cappella Sistina della Basilica Papale di Santa

Maria Maggiore in Roma.

Riuniti ad Ariccia (Roma) per celebrareil nostro 139° Capitolo generale,confermiamo gli impegni del Capitolo2017, sintetizzati nel motto “passiamo al-l’altra riva (cf Mc 4, 25) insieme a Gesùe ai nostri fratelli”.Uniti a tutta la Chiesa, in questa occa-sione proclamiamo che “il Cristo vive;egli è la nostra speranza e la più bellagiovinezza di questo mondo” (docu-mento Christus vivit del Papa).

Il Crocifisso non è morto; vive ancora tra noi.

Il presente Capitolo coincide felicemen-te con il 450° anniversario di quel 29aprile (1569) quando i nostri primi pa-dri emisero i voti religiosi, pochi mesidopo che san Pio V stabilì la Congrega-zione dei Chierici Regolari Somaschi. È bello cantare il nome di colui che è, cheera e che viene.

Siamo eredi di una tradizione cristiana centenaria.

Ci sentiamo anche interpellati dalla fedeabramitica dei nostri fratelli pionieri esostenitori delle missioni somasche neivari paesi dell’America latina, in Spagnae in alcune terre d’Asia. In loro ricono-sciamo la generosità delle Province italianeche non solo hanno gettato il seme, ma lohanno anche coltivato con l’invio di suc-cessive ondate di generosi missionari.

Siamo circondati da una grande nube di testimoni (cf Eb 12, 1).

Ascoltiamo attentamente il grido del-la terra e chiediamo al Dio della vita cheessa venga presto liberata dalla schiavi-tù del peccato a cui è stata sottomessa dalmodello di società tecnocratico e preda-tore, costruito dalle ultime generazioni.

Le creature sono un sacramento di comunione con il loro Creatore.

Accogliamo alla lettera il messaggio del30 marzo 2017 di papa Francesco aicapitolari: “Il tratto caratteristico dellavostra vocazione è soprattutto la cura de-gli orfani e della gioventù abbandonata…i nuovi mezzi orfani, i migranti, il disa-gio minorile e giovanile... Sono questio-ni che vanno affrontate con la forza li-beratrice del Vangelo e, in pari tempo,con adeguati strumenti operativi e com-petenze professionali”.Per servire il Signore devi servire i poveri.

Fra due anni, nel 2021, sarà trascorso unsecolo dall’inizio dell’apertura missio-naria della nostra Congregazione, che, la-sciando da parte il suo radicamento al ter-ritorio, ha deciso di portare il carisma disan Girolamo fino ai confini della terra.Ringraziamo Dio per questa audace de-cisione, guidata dal suo Spirito, che ha resopresente l’attività somasca nei cinquecontinenti. Chi oggi contempla il volto diuna Congregazione del XVI secolo puòesclamare con ammirazione:

La tua giovinezza si rinnova come l’aquila (Sal 103, 5).

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aprile giugno 2019 Vitasomasca

Il nuovo Consiglio. Da destra: p. Gracious

Yesudasan Kuttiyil, p. Giuseppe Oddone,

p. José Antonio Nieto Sepúlveda,p. Junar Gonzales Enorme e

fr. José Harvey Montaña Plaza.

Ai confratelliDal messaggio dei membri del Capitolo - 13 maggio 2019

139° Capitolo generale

Preposito generale P. José Antonio Nieto Sepúlveda: spagnolo, 57 anni, già vicario generale per nove anni (fino al 2017).

Vicario generale e primo consigliereP. Junar Gonzales Enorme: filippino, 44 anni, già consigliere generale nei due anni precedenti.

Secondo consigliereP. Giuseppe Oddone: italiano, 78 anni, già vicario generale nei due anni precedenti.

Terzo consigliereP. Gracious Yesudasan Kuttiyil: indiano, 40 anni, già procuratore ed economo generale

nei due anni precedenti.Quarto consigliere

Fr. José Harvew Montaña Plaza: colombiano, 34 anni, già consigliere generale nei due anni precedenti.

Partecipanti ed eletti

Dati biografici del nuovo Preposito generale

Nascita: a La Puebla de Almoradiel (Toledo, Castiglia - La Mancha), 12 ottobre 1961.Professione religiosa: a Somasca, 14 settembre 1981.Studi filosofico-teologici: a Santiago de Compostela e Roma (1981-1987).Ordinazione religiosa: a La Puebla de Almoradiel, 19 luglio 1988.Incarichi in Spagna: a Madrid, Aranjuez, La Guardia, Teiá (1988-2005).Incarichi a Roma: Consigliere generale (2005-2008); Vicario generale (2008-2017);responsabile dell’ufficio missionario (2017-2019).Elezione a superiore generale: il 10 maggio 2019.

Religiosi partecipanti 34 - Case dipendenti dal p. Generale 6; Provincia Andina 3; Provincia del Centroamerica 3; Provincia delle Filippine 4;

Provincia dell'India 4; Provincia d'Italia e USA 7; Provincia di Spagna 3; Viceprovincia del Brasile 2; Viceprovincia del Messico 2.

Padre Mario e...l’Anonimo veneziano!

Intervista

Il mal di Colombia di padre Mario

Enrico Viganò

A quasi 76 anni, e dopoun’operazione “impegna-tiva” recentemente subita,Padre Mario Ronchettiha lasciato l’Italia per ri-tornare in Colombia. In Colombia vi era arri-vato nel 1976, e, colpitodal “mal di Colombia”, virestò quasi trent’anni. Si prese cura dei ragazziabbandonati prima a Bo-gotà e poi nella baracco-poli di Bucaramanga. Per loro realizzò vari pro-getti educativi e ancheun centro di apprendi-mento lavorativo. Il suoamore per gli ultimi loportò anche ad assumerela direzione del carcereminorile di Pasto Nariño,nel sud della Colombia. Nel Capitolo generale del2005 venne eletto consi-

gliere generale (incaricorinnovatogli nel 2011 peraltri sei anni). Molto a malincuore do-vette lasciare la “sua” Co-lombia e ritornare in Italia.I tredici anni e passa dilontananza non sono riu-sciti, però, a scalfire la no-stalgia per quella terra.Ora a padre Mario, aBogotá da fine 2018, èstata affidata la respon-sabilità della formazionee guida spirituale di ottogiovani religiosi del po-stnoviziato che stannoseguendo gli studi di fi-losofia e di teologia al-l’Università San Tom-maso di Bogotá.

Padre Mario, che cosaspinge uno del 1943 econ gli acciacchi tipici

dell’età, a lasciare unacittà come Roma pertornare a fare il missio-nario in prima linea? L’acciacco più grande einsidioso non è quello del-l’età, ma quello di nonfare della propria vita undono nell’impegno di ren-dere più umano il nostromondo. Ritengo che oggigiorno,nell’attuale e inedito cam-bio epocale che stiamo vi-vendo, ogni cristiano pro-prio lì dove vive diventanecessariamente missio-nario in prima linea, secerca di rispondere fedel-mente al Signore e viverepienamente il suo batte-simo. Alcuni amici sa-pendo del mio rientro interra latinoamericana midicevano, giustamente

Non esiste più ilTerzo Mondo di una volta.

Il cammino con i laici:

un processo irreversibile.

Intervista

Sotto: A San Gil(comunità per ragazzi),

Nella pagina a fianco, sopra: con p. Stefano Gorlini

e p. Leonidio Biancotto;sotto: con Sofia Ronchetti

a El Paraiso - Bogotà.

con ragione: “Ma perché non rimani inItalia? Non vedi che siamo diventati or-mai terra di missione?”.Sono nuovamente in Colombia per unvivo desiderio di ringraziamento. È proprio vera l’affermazione: i poverievangelizzano. L’ho sperimentato pertrent’anni, condividendo la vita e l’av-ventura di tante persone povere, messeal margine (scartate, direbbe papa Fran-cesco), soprattutto tanti adolescenti e gio-vani con un passato pesante e doloroso.Avvicinarmi a loro in punta di piedi, ac-cogliere la loro fragilità e ridestare la lorosperanza, mi ha insegnato a rompere lamia falsa superiorità e scoprirmi fratel-lo, fragile anch’io, compagno di viaggioper unire le forze e costruire assieme unpresente e un futuro migliore. Grande regalo!

Sei stato vari anni consigliere ge-nerale con padre Franco, finendoper diventare più che consigliere,

un amico. Come hai accolto la no-tizia della sua nomina a vescovo?Con sorpresa! Grato e riconoscente aPapa Francesco per aver scelto un nostroconfratello competente, preparato, at-tento ai segni dei tempi, coraggioso e di-sponibile a servire la Chiesa. Ma anche una perdita per tutti noi. Ha dovuto lasciare non solo i remi e lereti nella barca, ma anche la sua famigliasomasca. Lo penso comunque forte, perché so-stenuto dalla fiducia nell’azione miste-riosa e inaspettata del Signore e stimo-lato dall’affermazione di san Paolo:“quando sono debole, allora sono forte”.

Tu, padre Mario, hai partecipatoagli ultimi quattro Capitoli gene-rali: quattro Capitoli importanti,che hanno rilanciato la missiona-rietà somasca. Che ricordi hai? E come sarà il prossimo di maggio? Di “strappo” o di continuità?In questi anni stiamo vivendo un temposegnato da una profonda crisi, immersiin una umanità che vive la globalizza-zione dell’indifferenza. Come tutte le altre Congregazioni, anchela nostra sta prendendo coscienza delmomento critico che viviamo, cercandodi rispondere alla domanda: dove ci staspingendo il Signore?Il prossimo Capitolo sarà sicuramente unforte momento di discernimento, di-stinguendo la voce di Dio dalle altre voci,e rispondendo all’invito pressante dipapa Francesco: “Vi esorto a mettervi inuscita per andare verso l’umanità feri-ta e scartata, secondo il tratto caratte-ristico della vostra vocazione: la curadegli ultimi, in particolare degli orfanie della gioventù abbandonata”.

Tu sei stato il promotore e l’ani-matore del Movimento laicale so-masco e degli incontri annuali adAlbano Laziale. Quale sarà la pre-senza laicale nel prossimo Capito-lo e, soprattutto, nelle opere so-masche in un prossimo futuro?

La condivisione del carisma con ilaici che collaborano nelle nostreopere e vivono la spiritualità di sanGirolamo, secondo la propria spe-cifica vocazione, è risultato lungoquesti anni un fecondo e interes-sante processo e rappresenta pureun cammino irreversibile. Si è arrivati finalmente a compren-dere che ogni carisma non è pro-prietà esclusiva di nessuno, nem-meno del Fondatore, ma dono del-lo Spirito per la Chiesa intera, po-polo di Dio. Il dono ricevuto da san Girolamo,laico animatore di laici, ci appareoggi una modalità urgente e con-creta nell’impegno cristiano di tra-durre il Vangelo della misericordia.

Nei Capitoli generali prece-denti si è guardato al temadei social media per la forma-zione non solo dei ragazzi, maanche dei futuri religiosi so-maschi. Pensi che anche nelprossimo se ne parlerà?È l’attuale sfida irrinunciabile se sivuole vedere, ascoltare e com-prendere il complesso e proble-matico mondo giovanile. L’arma ambigua e a doppio tagliodei social media offre possibilitàstraordinarie di accesso al sapere,ma si rivela pure luogo di disinfor-mazione, di distorsione dei valori edelle relazioni interpersonali. E rappresenta oggi una delle perife-rie ad alto rischio da evangelizzare.

Ho sentito un missionario,dopo la presenza di un soloanno in Italia, desiderare ditornare nel Terzo Mondo, per-ché educare oggi i giovani ita-liani è quanto mai difficile epoco gratificante. Quale povertà fa più paura? La povertà di risorse materia-li o la povertà esistenziale deigiovani occidentali?

Certamente è quella esistenziale.Non c’è più il Terzo Mondo di unavolta, è un concetto superato dovutoanche al fenomeno galoppante del-la globalizzazione in atto che, adogni latitudine di questo mondo,rompe modelli di vita, contenuti,schemi, criteri, regole, valori uma-ni e identità culturali. La povertà che fa più paura e che siannida nel cuore di ogni giovane, so-prattutto occidentale, ha un nome:pessimismo, sfiducia e solitudine.La parabola del buon samaritano ci

aiuta a percepire l’attuale mondogiovanile ridotto, come quel tale, fe-rito e abbandonato al bordo dellastrada della vita. Il compito urgente di ogni cristia-no, in particolare di noi soma-schi, è quello di farci prossimi, av-vicinarci, ascoltare, comprendere,fasciare le ferite… e, evitando ri-cette preconfezionate, testimo-niare ed aiutare nello scoprirel’amore di un Dio che ci ha da sem-pre pensati, sognati, amati e che ciama perdutamente.

aprile giugno 2019 Vitasomasca

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Ha destato non poco entusiasmo, so-prattutto fra i più giovani, la cosiddetta“attivista” per lo sviluppo sostenibile econtro il cambiamento climatico GretaThunberg, 16 anni, svedese, capace dimobilitare vecchi e giovani attraverso laprotesta Skolstrejkför Klimatet (sciope-ro scolastico per il clima) e di parlare apolitici e scienziati. Il 17 marzo 2019 ha anche avuto un bre-ve incontro con papa Francesco, a cui hamostrato il cartello Join the ClimateStrike (Unisciti allo sciopero per il clima).Il portavoce vaticano ha riferito che “ilpapa ha incoraggiato Greta per il suoimpegno in difesa dell’ambiente” e lei “haringraziato il papa per il suo impegnoin difesa del creato”.

Complotti a difesa del creatoInsieme al consenso si è levato anche uncoro di critiche nei confronti della sve-dese. Alcune di queste suonano irrisoriee banali; altre, scontate, provengonodal mondo del business e della difesa delposto di lavoro. Le critiche più feroci provengono tut-tavia da cosiddetti ‘complottisti’, an-che del mondo cattolico, che leggono,dietro la piccola ‘rompiballe svedese’ conle trecce, la presenza di lobbies a favo-re del controllo delle nascite o del-l’aborto o addirittura a favore di ideo-logie gender. Si arriva perfino a negare che esista, no-nostante le evidenze, un problema clima,sorvolando anche sulle numerose e ac-creditate ricerche scientifiche sul tema.Gli interventi di Greta, diretti, franchi,sono rimproveri ai politici, che trascu-rano il pianeta in favore di un falso svi-luppo e di un’economia distruttiva. Sono rivendicazioni di una gioventù chepretende di essere ascoltata dal mondodegli adulti, perché il mondo che saràloro consegnato non sia invivibile a mo-tivo dei provvedimenti non presi tem-pestivamente.Si può capire che molti possano essereurtati quando si parla di tutela dell’am-biente, di decrescita, di conversione eco-logica; questi tutelano i loro interessi de-nigrando e irridendo le voci che spingo-no a riforme impopolari. Le tecniche della gogna sono ben note findall’antichità.Non desta meraviglia che la parte delmondo cattolico conservatrice abbia tro-vato, nell’incontro di papa Francesco conGreta, un ulteriore pretesto per infieri-re contro il pontefice.

Report

Amare e custodire il creatoPrima e dopo Greta Thunberg con i suoi scioperi per il clima

c’è la Laudato si’ di papa Francesco, che vuole tutelare l’ambiente e soprattutto l’uomo.

p. Fortunato Romeo

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Consapevolezza e responsabilitàFra le critiche ricorrenti a papa Francesco c’è anchequella contro l’enciclica Laudato si’ (18 giugno 2015),invisa un po’ per principio (negazionismo sui mutamenticlimatici) e un po’ per ‘scomodità’, per paura, per so-spetto, per ideologiche dietrologie.Papa Francesco ha voluto, attraverso l’enciclica, ri-volgersi proprio a tutti, per ammonire sui segnali pre-monitori di ciò che potrebbe diventare in futuro ca-tastrofe. L’analisi biblica che il pontefice offre è unasplendida teologia della creazione, che mette l’uomoal centro non come dominatore, ma come ammini-stratore responsabile. L’uomo è chiamato a custodire, a ordinare, a proteg-

gere la vita e l’armonia del creato, in attesa della re-denzione in un cielo nuovo e una terra nuova.“Su questo fondamento teologico, papa Francesco faemergere due esigenze che sono la consapevolezza ela responsabilità.C’è consapevolezza della situazione-limite in cui i no-stri comportamenti hanno condotto ‘nostra madre ter-ra’; consapevolezza dell’irreversibilità di certi processiormai innescati, dell’urgenza di un cambio di menta-lità e di azione, e della necessità di fare fronte comu-ne per invertire la rotta. Consapevolezza, anche, della spirale perversa avviatadalla tecnologia, che, legata alla finanza, pretende diessere l’unica soluzione dei problemi” (§ 20), dice EnzoBianchi, di Bose, in un suo commento.

La responsabilità a cui papa Francesco richiama è in-nanzitutto verso il bene comune, parola spesso di-menticata in nome di un egoismo corporativo e di unindividualismo becero. Ricordarsi di aver cura degli altri oltre che di se stes-si diventa perciò una priorità.L’enciclica non pretende di offrire soluzioni tecniche,ma propone un approccio responsabile che interpellatutti a fare la propria parte, soprattutto chi ha in manouna parte delle sorti del mondo. Sarà il caso che ciascuno di noi inizi davvero a fare lasua parte? Per Enzo Bianchi, i messaggi del papa e diGreta sono chiari: “Per salvarci, noi umani dobbiamosalvarci assieme alla terra”.

aprile giugno 2019 Vitasomasca

Nostra storia

Il natale della Congregazione somasca

Avvenne il 29 aprile di 450 anni fa, per disposizione dello Spirito e per iniziativa di san Pio V, papa. Esortazione digrande peso quella del futuro (primo) superiore generale.

Nel 2019 ricorrono i 450 anni della na-scita del nostro Ordine religioso. Il Breve “Iniunctum nobis” (Ci è stato or-dinato) del 6 dicembre 1568 del papa PioV concedeva alla Compagnia dei Servidei poveri, raccolta da san Girolamo

Miani, di emettere i voti religiosi “so-lenni” e la inseriva tra gli Ordini religiosi.Nel documento, al di là del linguaggiogiuridico, si avverte la preoccupazionedel Papa - quasi un obbligo impostodalla sua missione - di assicurare persempre, nella Chiesa, il nostro carismaspecifico della cura, dell’educazione edell’istruzione degli orfani, tenendoconto delle capacità di ciascuno; a que-sti intenti si aggiunse in quel momen-to storico anche la formazione in diversiseminari d’Italia istituiti dal Concilio diTrento.Nel documento pontificio, si affermacon chiarezza che la nuova Congrega-zione trae la sua origine dal laico Gi-rolamo Miani, patrizio veneto anima-to da grande pietà, e mosso, secondol’opinione delle persone credenti, dal-lo Spirito santo. Si ricordano i prece-denti riconoscimenti dei papi PaoloIII (1540) e Pio IV (1563), la donazio-ne della chiesa di San Maiolo di Pavia,con alcuni redditi ad essa annessi, daparte del cardinal Carlo Borromeo(1566) e l’attività caritativa per gli or-fani già in atto in molte città d’Italia, tracui Genova, Milano, Ferrara.Il documento di san Pio V vuole porrefine anche all’incertezza di tanti sacer-doti, chierici e laici della Compagnia,che, nonostante il loro virtuoso com-portamento, non si sentivano vincola-ti all’istituzione in modo definitivo,dato che non potevano emettere pub-blicamente i voti religiosi “solenni”, ecercavano di conseguenza altre solu-zioni. Il Papa concede perciò volentie-

p. Giuseppe Oddone

ri che essi emettano inmodo pubblico e non piùprivato i tre voti di ca-stità, povertà e obbe-dienza, nelle mani di unprelato ecclesiastico daloro scelto, per poi eleg-gere un loro Prepositogenerale a cui fare rife-rimento.I Servi dei poveri si atti-varono immediatamen-te: il 28 aprile 1569 siriunirono nella casa disan Martino di Milanoventi sacerdoti, tre chie-rici, undici laici. Il 29 aprile, emisero i votisolenni nelle mani delVescovo di TortonaMons. Cesare Gambara iprimi sei padri: p. An-giolmarco Gambarana,p. Vincenzo Trotti, p.Francesco Spaur, p. Gio-vanni Scotti, p. ReginaldoVaini, p. Bernardino Ca-stellani. Fu eletto primo Padregenerale AngiolmarcoGambarana, tra i più at-tivi compagni di san Gi-rolamo e guida moraledella Compagnia dopo lamorte del Miani.Era necessario un testodelle Costituzioni. Erano stati adottati conopportune e significativemodifiche ed aggiunte,alcuni numeri delle Co-stituzioni dei Barnabiti:in tutto 14 numeri, suivoti e sulle norme dellavita comune.Nulla si dice della strut-tura e del governo dellanostra Congregazione,perché “i Servi dei pove-ri” avevano specifici re-golamenti.

Chiostro quattrocentesco di S. Maiolo - Pavia, prima Casa religiosa della Congregazione.

aprile giugno 2019 Vitasomasca

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Esortazione ad emettere i voti religiosi

“Se desideriamo con grande intensità essere degni di lode davanti a Dio,utili a tutta quanta la Chiesa, pronti all’aiuto di ogni persona, è compitonostro fare tutto con consapevolezza e con prudenza. ...Pertanto, o fratelli carissimi, tutti siamo ammoniti a compiere in pienaconsapevolezza, con l’aiuto di Dio infinitamente buono, il passo che siamoin procinto di compiere, affinché i voti siano osservati con il massimorigore: ripensiamo sempre più nell’intimità del nostro cuore qual è lo scopodelle Congregazioni religiose e quali furono i loro fondatori.Infatti essi si sentivano talmente obbligati dai voti che neppure i sacerdotie gli stessi vescovi pontefici massimi, potrebbero scioglierci da essi. ...Per questo scopo è istituita la nostra Congregazione e questo è il fine di tuttele costituzioni religiose: ossia l’umiltà della vita religiosa e la povertà tantodello spirito che dei beni temporali. Infatti dovremo amare con predilezioneDio in modo straordinario e amare i nostri fratelli come noi stessi, e questocon un’umile e vicendevole dimostrazione di carità.Ed infine dovremo rinunciare ad ogni proprietà tanto di noi stessi, quantodi qualsiasi cosa, come della nostra volontà. ...Questo è certamente, o carissimi, lo scopo della nostra Congregazione,questo il suo obiettivo, questo il suo pensiero, questa la sua volontà. ...In conclusione, o fratelli carissimi, con tutta la passione, la diligenza,l’impegno sforziamoci di osservare queste particolari costituzioni senzadimenticare le parole del salmista profeta che dice: “Fate voti edosservateli” ecc. (Sal 115, 14) e ringraziamo vivamente Dio che si è degnatodi vincolare tra i suoi servi noi poveretti”.(Esortazione spirituale di p. Angiolmarco Gambarana, proclamata prima di emettere i voti).

Dentro di me

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Cinque novità della fraternità

1. È una sceltaNell’inattesa conclusione della paraboladel ‘Buon samaritano’ Gesù ribalta i ter-mini della questione: “Chi si è fatto pros-simo dell’uomo incappato nelle mani deibriganti?”. Prossimo non è più colui chemi è vicino, ma lo divento io verso chi de-cido di avvicinare. La conseguenza è no-tevole: la fraternità dipende da noi, è ilfrutto di una scelta, mai scontata. Voglioessere fratello/sorella degli altri?

2. Ci fa uscire di casaSolitamente noi investiamo le nostreenergie sulle relazioni che ci appagano eche sono già ben fondate: i familiari e gli

amici innanzitutto. Gesù ci invita a in-vestire sulle relazioni nuove o ancora fra-gili: il diverso da noi, l’estraneo, chi ci haoffeso, il nemico addirittura.

3. Mariti, mogli e suoceresono fratelli e sorelle

Per la logica del Vangelo i nostri familiariprima di essere parenti sono fratelli. Le leggi evangeliche della famiglia nonsono speciali, ma esattamente le stessedi ogni rapporto umano: amare comeamiamo noi stessi, perdonare senza mi-sura, non giudicare, servire…

4. Ogni fratello è Cristo stessoL’ammalato, l’indigente, lo stranieroche bussa alla porta, il carcerato, anchese colpevole… Gesù rivela di essere pre-sente in chiunque. “L’avete fatto a me”ci dirà nell’ultimo giorno. Proprio così,non: “è come se l’aveste fatto a me”.

5. Un fratello inaspettatoNon siamo stati abituati all’idea di con-siderare Gesù come fratello, ha preval-so la sua immagine di maestro e padre.Eppure, dopo la sua risurrezione, Gesùchiama gli apostoli “i miei fratelli”. Anche la Lettera agli Ebrei scrive: “Nonsi vergogna di chiamarli fratelli”. Il motivo è importante: sulla croce eglisi è fatto uguale a noi fino in fondo, alpunto di provare addirittura l’abbando-no del Padre. Ha distrutto così ogni se-parazione tra noi e lui e, scendendo to-talmente al nostro livello, ci ha reso si-mili a sé, della sua stessa dignità. Forse non esiste amore più grande.

Tutti gli esseri umani sono fratelli. Questa verità originaria, incisa in noi da sem-pre, è stata da Gesù rinnovata e ampliata oltre ogni confine. Ecco cinque sorprendenti caratteristiche della fraternità introdotte dal vangelo.

p. Michele Marongiu

DossierGiuseppe Fava

padre in tempi roventi

Superiore generale nel 1969, a 45 anni, padre Fava ha attraversato - al comando della Congregazione somasca - gli anni appena successivi al ‘68, offrendo buon esempio di ascolto e di grandezza di cuore. Ritorno alle “fonti”, apertura al nuovo, continuità nel rinnovamento ben marcato, riformulazione delle Costituzioni, confidenza con i confratelli:sono i segni acquisiti del suo governo e della sua spiritualità.

Dossier

Statura di somasco

Giuseppe Fava, chierico, con la mamma - 1947.

Prete indovinato “Nella casa dei frati - scrisse un giovanea suo tempo - si usa in questa maniera:oggi c’è un padre buono, pieno di pa-zienza, un prete di oratorio indovinato,domani te lo portano via e lui se ne va”.Un prete indovinato p. Fava; e non soloper l’oratorio. Infatti lo possiamo de-scrivere come un religioso di corsa per ilmondo, e dovunque un prete indovinato.Ha raccontato p. Fava in una intervistaal giornalino della sua parrocchia nativa,Tradate: “In seminario, al Crocifisso diComo, mio papà è venuto a trovarmiuna sola volta, con la mamma. Quandomi vide non fu capace di dirmi una sola

parola: ero rapato a zero, con gli zoccoli,il grembiule. Gli facevo un’immensapena, messo così, figlio di una sarta.Però dopo il colloquio con il rettore (p. Giovanni Ceriani) papà mi disse:adesso so che cosa è una vocazione;non avrei mai pensato di avere un fi-glio con la vocazione. Mi sono messo a studiare, tanto, madavvero tanto, anche a Natale e Pa-squa. Quella frase detta da bambino in-nocente: prete no, perché c’è troppo dastudiare, il Signore me l’ha fatta dav-vero pagare”.L’ha pagata anche girando per il mondo,da superiore generale, come tutti abbia-mo potuto constatare godendo della suapresenza e della sua parola.Terminato il servizio dell’autorità gene-rale, la vita di padre Fava si compone diun mosaico di incarichi, le famose ob-bedienze ricercate o accolte che lui ha di-ligentemente contabilizzato. In Italia e all’estero, nell’attività degliesercizi spirituali, in quella di maestrodei novizi o di formatore dei religiosi,missionario del carisma somasco e poivia via un certo andirivieni tra Como eSomasca, con un malcelato rammarico:quello di essere stato come messo daparte, nonostante le sue moltepliciesperienze che potevano renderne pre-zioso il consiglio.E concludo facendo ancora parlarep. Fava che così ha scritto nel 2014, ap-pena iniziata l’ultima ‘obbedienza’ dellavita: “Adesso, a 90 anni, non ho attivi-tà ma sono qui vicino a san Girolamo.Ho vari disturbi, ma sono sereno. Tut-ta la mia vita ha avuto come sottofon-do l’essere e rimanere il ‘Pinin’ (piccoloGiuseppe, chiamato così appena nato);mi sono sentito sempre il Pinin: favori-re il saper accettare tante prove e ri-prendermi la mia serenità”. (P. Livio Balconi - brani dell’omelia ai fune-rali, a Somasca, il 25 luglio 2016).

Il tempio è la sua vitaQuesta non è la Messa in suo suffragio. Egli è ormai nella liturgia celeste, dove ilculto è nella comunione dei santi, dove iltempio è tutta la sua vita, dove il Signoresi vede faccia a faccia. Questo congedo cipermette invece di riconoscere che tutta lasua vita terrena, con passaggi di matura-zione e risposta a Dio sempre più profon-di nel servire la Chiesa nella forma della vitaconsacrata sull’esempio di san GirolamoEmiliani, è stata tutta una vita eucaristi-camente donata e consumata.(Luigi Stucchi, vescovo ausiliare di Milano,passi della omelia nella messa, prima del-la sepoltura - Tradate, 26 luglio 2016).

Consulterò i tuoi genitoriTrasferito ad Albano Laziale nell’estate1969, continuai a frequentare, per il se-condo anno di teologia, l’ateneo roma-no sant’Anselmo, all’Aventino. Andai aparlare con il Padre generale un giorno

di ottobre, con una lettera in mano ar-rivata dal Brasile. Gli chiesi che storia eraquella, che mi aspettavano presto, con-tenti, in Brasile per avere un aiuto nel-la ‘nuova missione’ (iniziata nel ‘62). Lui mi rispose: “Uuuh, non si può direniente in confidenza che subito la di-vulgano come se fosse una decisione (enon c’era ancora facebook). Prima vo-levo parlare con te, con i tuoi genitorie con il tuo Provinciale”. Domandai seil progetto era ancora in piedi, alle stes-se condizioni. Mi disse di sì. Lo assicurai che ero disposto ad andare(come poi avvenne nel gennaio 1970),che con i miei genitori ci parlavo io e chelui pensasse solo a concordare con il mioProvinciale. Ci salutammo e lui mi pro-pose: “...e non dire niente a nessuno,continua ad andare a scuola con tutti glialtri, fino alla notizia ufficiale”.Fu la sua benedizione, con tanto affetto.

(P. Americo Veccia).

aprile giugno 2019 Vitasomasca

Dati biografici

Nasce il 29 dicembre 1924 a Tradate (VA); la sua famiglia è compostada quattro figli.Entra nel seminario minore somasco di Como nel 1937.Emette la professione temporanea dei voti nel 1943 e quella definitiva nel1948.Viene ordinato sacerdote a Roma l’8 luglio 1950.Svolge i primi undici anni di attività a Como (istituto per orfani, parrocchiae collegio Gallio) e Corbetta (rettore per un anno nel seminario).È superiore dello studentato teologico e rettore della basilica dei santiBonifacio e Alessio a Roma, dal 1961 al 1969. È consigliere e procuratore generale dal 1963 al 1969.È superiore (“preposito”) generale dal 1969 al 1981.Svolge incarichi formativi (in Italia, Brasile, e Salvador) e altri incari-chi dal 1981 al 1992.Ha incarichi pastorali a Como, Somasca e Parzano di Orsenigo dal 1992al 2005.Trascorre gli ultimi anni di attività pastorale a Como (collegio Gallio),fino al 2014 e poi a Somasca.Muore all’ospedale di Lecco il 23 luglio 2016 e i funerali sono celebratidue giorni dopo, a Somasca.È sepolto nel cimitero di Tradate.

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Dossier

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Gli anni di Como1950 - 1960

Il primo incarico è aComo, nell’orfanotrofiodell’Annunciata, come‘padre ministro’, per unanno. Qualcuno di quegliorfani ha ben vivo il ri-cordo di un giovane ‘mi-nistro’: severo, ma anchegiocherellone, addirittu-ra promotore di scherzi,che rompessero la mo-notonia delle attività quo-tidiane.

Nun de san PedarDal 1951 al 1956 padreFava entra nel novero deipreti addetti al Santuariodel Crocifisso, con il ruo-lo specifico di assistente

dell’oratorio della parroc-chia dell’Annunciata. Si tratta di cinque anni ‘fa-volosi’. Favolosi per lui e per iparrocchiani: “...La suaattività, il suo cuore e lasua intelligente intra-prendenza si esplicaro-no in una maniera pro-digiosamente semplice ericcamente feconda - stascritto in uno dei bolletti-ni dell’oratorio ‘Nun desan Pedar’ di quegli anni- ...Padre Fava può esse-re definito “l’assistentedella seconda metà delnostro secolo XX”.L’attività pastorale in un

oratorio richiede e solle-cita un carisma partico-larmente variegato, oggicome in quegli anni delNovecento.Ci sono i piccoli, gli sca-tenati, che pensano solo alcalcio ed è difficile farlistar fermi nei banchi, inchiesa. Vivono pratica-mente all’oratorio tutto illoro tempo libero. La disponibilità del preteo c’è o se la prendono. Se l’oratorio si apre alledue del pomeriggio, i piùintraprendenti all’una emezza cominciano a farbaccano sotto la finestradella camera di padre Favae gli lanciano richiami fat-ti di parole, ma anche diqualcosa di più solido. Anche questo faceva par-te de ‘l’ira da san Pedar’.Oltre ai piccoli ci sono i ra-gazzi adolescenti, che “bi-sogna saperli prendere ecomprendere”: lunatici ebalzani, cercano di pro-vocare il prete con atteg-giamenti al limite. Lui non smette di sorride-re e non si spaventa mai.Ma dietro ai piccoli e agliadolescenti ci sono le fa-miglie, con i loro problemid’ogni tipo. E non bastaavere parole che tengano iproblemi a distanza ra-gionevole. E poi ci sono igiovani, alcuni che già la-vorano, altri che stannocompletando gli studi.

A pagina 19, a sinistra: in vacanza con gli orfani - 1950.

a destra: Padre spirituale al Gallio - 1958.

Qui sotto: a Roma, ateneo Sant'Anselmo, i preti novelli del 1950

(padre Fava è al centro in piedi).

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Riempiono le serate didiscussioni interminabili.Per loro il tempo liberodeve essere riempito conqualcosa che soddisfi lepapille gustative del cer-vello e la sete irriducibi-le di amicizia. La filo-drammatica viene in soc-corso. Prima la scelta deltesto, alternando con giu-ste dosi il tragico e il co-mico, poi la distribuzionedelle parti, poi le prove, iltempo meraviglioso del-le prove, dove l’interpre-tazione dei vari perso-naggi diviene occasioneper scaricare emozioni,indagare problemi, ri-

flettere, sognare. Infine lagioia e il trionfo dellerappresentazioni, anche‘all’estero’. Una bella pa-lestra di vita! Eppure nonè finita: padre Fava deveanche fare l’insegnante,prima in una scuola del-le ACLI, a favore dei di-soccupati, poi agli orfani,in tre classi di Avvia-mento professionale.

(Piero Camporini).

Al TolomeoDal Crocifisso passa alcollegio Tolomeo Gallio,come padre spirituale. Soprattutto i giovani del-l’Annunciata, per alcune

settimane increduli, rag-giungevano, la sera, l’aladel collegio in cui c’era lacamera di padre Fava e,senza tirare i sassi, lo chia-mavano, per salutarlo,nella speranza, forse, chequel trasferimento fosseun errore provvisorio. Gli studenti sono diversidai ragazzi di un oratorio:più disponibili ma anchepiù facilmente superficia-li, tendenzialmente pro-pensi ad atteggiamentiesteriori e opportunistici.Si trovano in un ambien-te inevitabilmente condi-zionato e falsato dall’atti-vità scolastica, dal teatri-no dei voti.In questo ambiente escetutta la grinta di PadreFava, educato nell’orato-rio di San Pedar e pro-fondamente deciso a co-struire relazioni autenti-

che, libere e sincere, siapre al dialogo a tuttocampo soprattutto con igiovani, che a lui confida-no i loro problemi perchéhanno capito la dolcezzadella sua severa paternità.In vari documenti del-l’Associazione ex allievidel collegio Gallio si sen-te l’importanza dell’azio-ne educativa di padreFava.L’ambiente scolastico im-prime un’accelerazioneagli studi universitari, ini-ziati ma anche un po’ tra-scurati ai tempi dell’ora-torio del Crocifisso. Si laurea in Lettere allaCattolica di Milano conuna tesi su “L’orfanotrofiodi San Geroldo in Cremo-na. Dalle origini alla sop-pressione napoleonica(1558 - 1796)”.

(Piero Camporini).

aprile giugno 2019 Vitasomasca

Dossier

Doti di umanità e buon sensoLa vita di padre Fava si interseca qui conla vita di molti di noi, che certamente ab-biamo usufruito del suo entusiasmoper la vita religiosa, della sua esigente einflessibile richiesta di studio, di impe-gno laborioso per la casa e la basilica di Sant’Alessio, e di dedizione all’apostolato. Al di là delle apparenze bonarie c’era pocoda scherzare, a Roma, con un duetto di for-matori come padre Fava e padre Calvi. Ma furono questi, per padre Fava, gli anninei quali gli vennero riconosciute le dotidi umanità, di buon senso, di equilibrioe di competenze e di adeguatezza aitempi mutanti, tanto innovativi da esse-re sconvolgenti.

(p. Livio Balconi).

Ordinazioni di massaNei primi cinque anni di rettorato di pa-dre Fava lo studentato di Sant’Alessio èoltre ogni limite di capienza. Con le ordinazioni sacerdotali ‘alessiane’di quegli anni (quelle del luglio 1962 e

quelle, di massa, del marzo 1963, 1964,1965, 1966: poco meno di cinquanta pre-ti, in totale) le file somasche si ingrossa-no; si rafforzano le istituzioni educativee scolastiche; forze giovani, tra quelle usci-te dallo studentato di Roma, vengono in-viate anche oltreoceano; si avviano fon-dazioni in ‘paesi nuovi’. Sono stagioniesaltanti, quelle delle ‘nuove frontiere’;sono gli ‘anni conciliari’, anche se non ver-ranno mantenute molte di quelle pro-messe di futuro felice e radioso. Nella cronaca di quegli anni di padre Favaa sant’Alessio c’è anche l’arrivo di papaGiovanni in basilica il primo giorno diQuaresima del 1962, il 7 marzo. Senza di-menticare l’ospitalità che lo studentato of-fre, durante le quattro sessioni del Vati-cano II (1962-1965), a due padri conciliarisomaschi, mons. Giovanni Ferro e mons.Mario Casariego (poi Cardinale).

(P. Luigi Cucci)..

Lavorare con p. Fava non stancaIl mio primo incontro con padre Giu-seppe Fava avvenne nell’estate 1966 aRoma, nello studentato di Sant’Alessio,in un periodo di distensione-riflessione,prima della Professione solenne. Erano gli anni dell’immediato post-Con-cilio e nella Chiesa si respirava ‘aria di pri-mavera’. Ricordo che con padre Fava in-sistevo sul concetto che la Congregazio-ne dovesse aprirsi con coraggio a una di-mensione più internazionale. Ma questa posizione non era accoltacon entusiasmo dal buon padre Fava. Nel 1967 fui chiamato a Roma a fre-quentare la scuola di teologia (dal se-condo anno). Padre Fava era il nostro su-periore e formatore. Memore dell’espe-rienza precedente, padre Fava si preoc-cupò che non cadessi nella tentazione difare il ‘secchione’ e mi caricò di incom-

A pagina 21, sopra: ordinazioni a Sant’Alessio

1964;

sotto: con ex di Como a fine anni ‘60.

Qui sotto: Professione solennea Sant’Alessio - 1962.

Gli anni di Sant’Alessio1961-1969

benze impegnative. Debbodire che i miei tre anni ro-mani, culminati con l’or-dinazione (di p. Carlo Ruf-fino e mia) ad opera diPaolo VI nel 1970, sonostati anni molto interes-santi e costruttivi.Data l’esiguità del nume-ro di studenti, la vita di co-munità a Sant’Alessio eraimprontata a un genuinostile di famiglia. La stagione natalizia eracaratterizzata dall’intensolavoro di preparazione delfamoso ‘presepio di san-t’Alessio’, visitato da mi-gliaia di persone: tuttol’allestimento avvenivasotto lo sguardo vigilante

e stimolante di padreFava. Poi si arrivò al Ca-pitolo generale del 1969,in cui padre Fava venneeletto Superiore generale. Noi studenti fummo con-vocati alla Villa Cavallet-ti di Grottaferrata, perpartecipare alla Messa diapertura del Capitolo ge-nerale. Ricordo la nutri-ta schiera dei capitolariallineati dietro l’altare.Padre Fava era il penul-timo sulla sinistra, incu-neato tra due padri dallastatura imponente, nel-l’atteggiamento dimessoche gli era caratteristi-co: tutto avrebbe fattopensare che la sua pre-

senza fosse piuttosto ir-rilevante. Occorre preci-sare che noi studenti ave-vamo di fatto sviluppatol’ipotesi (e la speranza)che padre Fava fosse elet-to Superiore generale. Sensibili come eravamo‘ai tempi nuovi’, sentiva-mo che padre Fava, con ilsuo stile di semplicità eumiltà, scevro di ogni for-ma di trionfalismo, era lapersona più indicata perguidare la Congregazionein quel momento delicatodel post-Concilio. La nostra previsione fuconfermata in pieno unadecina di giorni dopo.

(P. Valerio Fenoglio).

aprile giugno 2019

Invecchiaretra i giovani

Tra le carte di padreFava c’è il dono di unadedica preziosa: unapoesia di padre EmilioPozzoli (del 1978),doppiamente suo al-lievo: liceale al collegiodi Como prima e reli-gioso a Roma dopo.

Il tempo distilla,scorrendo sul gelo,nel breve teporedel sole allo zenit:la timida venas’apre la via

in un piccolo solcofra i grumi fondenti.Poi, s’inabissa

nel ghiaccio vetrosodel cupo crepaccioE l’eco, leggera,ripete i sussurri d’esanimi voci…Ma l’acqua s’accoglie:il giovane fiumeprorompe impazientee al piano dirupa.L’attendono i semiper rinnovarenei campi la vita.

Vitasomasca

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Sessennio contortoPadre Fava, a fine del primo sessennio -iniziato a Grottaferrata, sui colli laziali,nell’aprile 1969 e concluso di fatto con larielezione l’11 marzo 1975 - presenta, nel-la relazione al Capitolo generale da luiconvocato, anche i dati numerici dellaCongregazione: 384 i religiosi in totale,di cui 271 sacerdoti, 44 professi solenni(di cui 14 candidati al sacerdozio) e 69professi temporanei (dei quali 61 aspi-ranti al sacerdozio). I novizi sono 13. Non sono leggeri i numeri dei “transiti”e degli abbandoni: 9 somaschi sonopassati a diocesi o ad altro Ordine reli-gioso; 16 professi solenni (di cui 9 sa-cerdoti) hanno lasciato la vita religiosa(e sacerdotale). I confratelli defunti sonostati 15. Le strutture e le case si presen-tano in questo modo: tre province in Ita-lia (quella piemontese comprende anchela Spagna), una detta del ‘Centroameri-ca e Messico’; tre strutture di passaggio(commissariati, dipendenti da provinceitaliane): Brasile, Colombia, USA. Le case sono 38 in Italia (due di esse sono“considerate” del Padre generale), una in

Svizzera, 5 in Spagna, 6 complessive inSalvador, Guatemala e Honduras; 4 inMessico; 2 in USA, 3 in Colombia, 3 inBrasile. In totale: 62. Nel sessennio cisono stati i primi novizi colombiani e iprimi sacerdoti spagnoli. È stato chiusolo studentato di Magenta.Alla fine della sua esposizione - un rias-sunto di un sessennio più che vivace - pa-dre Fava ricorda la celebrazione dei 50anni di presenza somasca in Salvador, pri-ma terra extra-italiana per i Somaschi, lìarrivati nel 1921. Ma manifesta anche “unassillo personale che costituisce unostato di perplessità nell’animo”: aprireuna nuova opera in un continente dovei Somaschi non sono ancora presenti.

Sessennio di assestamentoNella relazione del Capitolo 1981 (svoltosia Somasca, dal 7 febbraio) padre Fava, sulpunto delle aperture, può dare una gran-de annuncio: a fine anno 1980 due padrisono arrivati in Asia, nelle Filippine,dove è giunto, tempo prima, “naufrago infutura veste di profeta”, un altro padre,partito solitario dal Messico. Tra le novi-tà c’è pure, in Lombardia, l’avvio diun’opera per tossicodipendenti, che saràla capofila di varie. In questo suo secon-do mandato - ricorda padre Fava - hacompiuto una accurata visita canonica atutte le case, dal novembre 1976 al giugno1980; ha tenuto un apprezzato corso diesercizi spirituali ai confratelli nel luglio1980. Ha visto aumentare le case religiose(in Italia, Spagna, Messico, Honduras, Co-lombia, Brasile) e le attività. Soprattuttoha premuto, anche con due lunghe ses-sioni di un Capitolo generale straordina-rio (estate del 1979 e del 1980), perché fos-se portato a termine il complesso e accu-rato lavoro di riscrittura delle Costituzioni.Sono le Costituzioni volute dal Concilio,

Dossier

Gli anni da Generale1969-1981

A pagina 23: il Consiglio generale

eletto nel Capitolo del 1975.

Qui sotto: prima visita in Colombia - 1970.

ultimate nel Capitolo ordinario 1981 e approvate suc-cessivamente in Vaticano. Vengono registrate, nel suorapporto, anche le notevoli iniziative di carattere stori-co del sessennio, con la pubblicazione critica di diverse‘fonti delle origini somasche’. Terminando la relazionepadre Fava dà notizia della causa di beatificazione di Fra-tel Righetto Cionchi e annuncia, cinque anni prima del-l’evento, il quinto centenario della nascita di san Girolamo.

La Congregazione nei numeri del 1981Le cifre sono, in sostanza, quelle di sei anni prima, macon un chiaro calo dei dati negativi: 296 i religiosi sa-cerdoti (25 in più di del 1975); 48 i professi solenni (dicui 14 candidati al sacerdozio); 45 i professi tempora-nei (di cui 42 candidati al sacerdozio). In totale i So-maschi sono 389 (italiani, spagnoli, honduregni, gua-temaltechi, salvadoregni, messicani, colombiani), a cuivanno aggiunti 21 novizi. I confratelli morti tra il 1975e il 1981 sono stati 19; quelli trasbordati a diocesi (de-finitivamente o in via sperimentale) 5; quelli che han-no lasciato la Congregazione da professi solenni 2 (dicui uno prete). Le strutture di governo sono le stessedi sei anni prima.

TestimonianzeDi corsa per il mondo“Sono stato accolto, ragazzo, dai Padri Somaschi - midice padre Fava all’inizio di una lunga conversazioneavuta a Parzano di Orsenigo (Como) - e così sono pas-sato dal Crocifisso di Tradate al Crocifisso di Como.“Seguite il Crocifisso”, aveva lasciato detto san Giro-lamo e così ho sempre cercato di fare. Quando nel 1969sono stato eletto Superiore generale sono stato condottoin chiesa per il giuramento: ero emozionato; arriva-to al primo gradino dell’altare guardo in alto e vedosu una parete disadorna un enorme crocifisso. Hoesclamato in dialetto, a voce bassa: Oooh Crucefiss, tatroevi anca chi (o Crocifisso, ti trovo anche qui)”.A partire da quel momento la sua attività da intensa di-venta frenetica: auto, treno, aereo, sempre in viaggioverso le varie case dell’Ordine, perché padre Giuseppevuole sempre stare in contatto con i confratelli. Sonoi primi anni postconciliari, con le prime contestazioninei seminari e le crisi di autorità. “Non volevo com-mettere nel rinnovamento - dice - gli errori di altri or-dini. Adagio nelle riforme, ma sempre presente nei mo-menti importanti, dove serviva: in USA, Messico, Gua-temala, Salvador, Honduras, Panama, Colombia eBrasile”. È giovane e dinamico; la salute lo accompa-gna e gli permette di affrontare sbalzi che lo portano dallivello del mare di Rio de Janeiro ai 2600 metri di Bo-

gotá. Climi diversi, cibi diversi, problemi diversi; e re-sponsabilità tante, tante, tante.(Egidio Radice - Appunti di una vita di servizio nel 50° di sa-cerdozio - in La concordia, bollettino parrocchiale di Tra-date, agosto/settembre 2000).

Filippine, terra promessaLasciati gli studi romani (1970), i miei contatti con pa-dre Fava si fecero più rari ma assunsero una tinta di in-tensa cordialità. È infatti notoria la predilezione paternache padre Fava usava mostrare a quelli che erano sta-ti ‘i suoi chierici’. E venne finalmente l’anno in cui pa-dre Fava prese la storica decisione di aprire la Con-gregazione al mondo orientale. Se gli si può muovereun appunto è quello di aver dilazionato fino all’ultimoanno del suo mandato di Superiore generale l’apertu-ra dell’Ordine di san Girolamo all’ immensa realtà asia-tica. Ma personalmente gli sono grato per avermiconcesso il privilegio di essere parte attiva di questo svi-luppo, che oggi riconosciamo come provvidenziale. Con-cretamente accadde che nel maggio 1980 realizzai unviaggio esplorativo in India, per conto del gruppo to-rinese ‘Come Noi’. Partii da Roma con la benedizionedel Padre generale, il quale mi chiese pure di verifica-re se esistesse la possibilità di un insediamento soma-sco in India. Al mio ritorno, tre mesi dopo, avevo nel-le mani una lettera del vescovo di rito latino di Cochin(Kerala, India meridionale) che ci chiedeva di aprire unacasa per “street children” nella sua città. “Interessan-te - fu il commento di Padre Fava - però il mese scor-so è venuto a parlarmi padre Tarditi e mi ha convintoche le Filippine è il paese asiatico dove dobbiamo ini-ziare. Che ne dici se tu, ormai esperto di cose asiatiche,vai a fargli compagnia?”. Accettai immediatamente e

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aprile giugno 2019 Vitasomasca

Dossier

di lì a poco mi mise al fianco di p. Cesare De Santis, al-lora negli USA. E così, accompagnati a Fiumicino da pa-dre Fava e dal suo Vicario padre Pierino Moreno, il 19dicembre decollammo per l’estremo oriente; un disguidonell’orario dei voli ci portò inaspettatamente a Calcutta,dove il 24 dicembre, celebrammo un “Christmas par-ty” con Madre Teresa e i suoi lebbrosi. Il giorno seguente - Natale 1980 - atterrammo a Ma-nila, dove ci aspettava padre Tarditi. Con preoccupa-zione veramente paterna, padre Fava seguì a distanzai primi sviluppi della prima comunità somasca asiati-ca. Sempre negli incontri con lui degli anni seguenti, pa-dre Fava - quasi novello Mosè - mi esprimeva il ram-marico per non essere riuscito a visitare quella “terrapromessa”, nata dalla sua coraggiosa iniziativa.

(P. Valerio Fenoglio).

Liberatore dei noviziNell’anno 1970 padre Fava fece la sua prima visita nel-la Provincia di Centroamerica e Messico.

Si fermò anche con i novizi. A quell’epoca i novizi man-giavano, a pranzo e cena, in silenzio, ascoltando lettu-re edificanti. Solo la domenica e in altre rare occasio-ni il maestro dei novizi li dispensava dal silenzio. Padre Fava suggerì discretamente al maestro di allen-tare quel rigore: “La tavola - disse - non è un luogo dipenitenza ma un momento di vita fraterna”.

(P. Armando Noguez).

Visita di confortoNel 1975 due giovani religiosi, da poco professi solen-ni, morirono in un incidente automobilistico. Uno di loro era salvadoregno, Santos, l’altro messica-no, Ricardo. Le comunità somasche tutte furono col-pite da una tragedia così pesante. A una settimana dal fatto sorprese tutti la visita non an-nunciata di padre Fava. Venne a salutare i religiosi del-la Provincia e i genitori dei giovani morti. Tutti avver-tirono il suo senso di fraternità, che recò conforto.

(P. Armando Noguez).

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Gli ultimi 35 anni 1981-2016

Uomo di spiritoQuando a 57 anni terminai due mandati di generale,padre Fava non viene la-sciato inattivo, ma vienerichiesta la sua esperien-za di formatore e di guidaspirituale per le varie ne-cessità che emergono sul-le diverse sponde dellaCongregazione. Così, lotroviamo maestro dei no-vizi in Italia e in Centroa-merica, responsabile deigiovani religiosi appenaprofessi in Brasile e Italia,confessore e uomo di con-siglio nei santuari del Cro-cifisso di Como e di sanGirolamo a Somasca. Conqualche mansione speci-fica anche in monasterifemminili di clausura..Continua a mantenere an-che i rapporti di caldaamicizia, avviati al tempodel generalato, con i “Fra-telli Geronimiti” del Belgio(posti sotto la protezionedi san Girolamo Emilia-ni), dei quali partecipa,nel 1989 a Gand, alla ce-lebrazione del 150° annodi fondazione.Anche così dimostra dimettere a frutto uno degliobiettivi fissati nel corsodella sua direzione gene-rale, quello di “tenere de-sto sul candelabro”, conricerche, studi e attuazio-ne di esempi, lo spirito disantità “che rese il nostroFondatore padre degli or-

fani e rifugio dei poveri”.Viene chiamato a propor-re, a più riprese e in varicontesti, la spiritualità disan Girolamo e della fa-miglia da lui creata. Diventa un esecutore con-vinto e felice di quanto leCostituzioni - quelle a cuilui ha posto mano - chie-dono in uno dei punti piùbelli (n. 53): “Perché la de-vozione a san Girolamosia sempre più genuina efervente, ogni religiosocresca nell’amore versosan Girolamo medianteuna conoscenza delle sueopere e del suo spirito, neimiti con zelo le virtù ediffonda il più possibile lericchezze della sua testi-monianza cristiana”.Padre Franco Moscone hareso ufficialmente attoalla sua “esperienza eme-rita di spirito” chiaman-dolo a intervenire ai primigiorni del Capitolo gene-rale 2011, anche per sot-tolineare, alla presenza ditutti i rappresentanti del-la Congregazione, i suoi60 anni di messa, cele-brati l’estate precedente.Negli ultimi tre decennidel ‘900, padre Fava ac-compagna anche, con lostudio, la preghiera e l’aiu-to discreto, la causa di ri-conoscimento della santi-tà di Caterina Cittadini(1807-1851; bergamasca),fondatrice delle Suore Or-

soline di San Girolamo inSomasca. Al suo felice esi-to ha la gioia di concorre-re e partecipa - con postodi onore - alla solenne li-turgia di beatificazione dimadre Caterina cui pro-cede papa Giovanni Pao-lo II il 29 aprile 2001. Fino al 1981 è stato il po-stulatore della causa diCaterina Cittadini, affi-dando poi il seguito di ri-cerca documentale allacompetenza e alla tenaciadel confratello p. CarloPellegrini.

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A pag. 24: lettera a papa Giovanni Paolo II,

dopo la morte di mons. Romero - 1980.

Qui sotto: a Somascaper la professione di uno dei primi

novizi filippini - 1984.

Direttore di esercizi spiritualiNel 1993, padre Fava fu invitato a pre-dicare gli esercizi spirituali ai religiosi delCentroamerica e Messico. Ci ritrovammoin parecchi a Cuernavaca. Tutti rima-nemmo lietamente sorpresi della cono-scenza che il padre mostrò delle fonti del-la spiritualità somasca: operava continuiesatti riferimenti, a memoria, alle lette-re di san Girolamo, alla biografia del-l’Anonimo, ai documenti antichi. Ci con-fidava che solo di recente si era potutoavere un accesso diretto a tanto patri-monio spirituale. Ci contagiò l’entusiasmoche sentiva venendo a contatto con que-sti tesori della tradizione somasca.

(P. Armando Noguez).

Operatore di misericordiaPer alcuni anni sono stato da lui coinvol-to nelle visite ai confratelli malati o co-munque molto anziani. La buona abitu-dine per lui durava da molto tempo. La vi-sita per eccellenza era quella ai malati diNarzole, con un “rituale di fraternità” pre-ciso, prima e dopo l’incontro. Considera-zioni specifiche merita la sua partecipa-zione ai funerali di confratelli e parenti diconfratelli. Un po’ proverbiale la sua pre-senza. Gli eventi risvegliavano ricordi e ri-flessioni sull’amore “che ci lega in vita ein morte”. E questo lo portava a ripetereaforismi sulla lealtà di “dire elogi più invita che in morte”, di testimoniare affet-to e stima fraterno nel tempo del dialogocosciente più che nel monologo dell’addio.Tanti sanno del rammarico e della pron-tezza con cui teneva il conto dei ‘suoi chie-rici’, vari, passati all’altra sponda. Un appuntamento che rispettava, neisuoi ultimi anni comaschi, era la visita allatomba di padre Giuseppe Brusa, a Mal-nate, poca distanza da Tradate. Padre Bru-sa era stato per lui una figura di riferi-mento per la grande capacità di studio edi approfondimento, per la dirittura mo-rale e per il destino di ‘servo sofferente’ sucui si erano addossate, nell’immediato se-condo dopoguerra, le angosce di tanti. Non mancava, insieme a quella, la visitaal cimitero di Tradate, per pregare sullatomba dei genitori e su quella di padre Fi-lippo Limido, morto dopo vari anni di la-voro al collegio Gallio di Como e molto le-gato al suo compaesano. Sempre in quel-l’area, c’è Abbiate Guazzone, nel cui ci-mitero sta la tomba di padre Ermenegil-do Cortellezzi, mitico custode della Vallettaa Somasca per decenni. Alla sua morte, a93 anni, nel novembre 1964, il conterra-neo padre Fava, da un anno anche consi-gliere generale a Roma, venne a Somascaa tenere l’omelia funebre. La riviveva con le visite annuali. Quanto ad altre commemorazioni sono daricordare negli ultimi anni, i suoi interventio omelie di suffragio che tutti abbiamo ap-prezzato per la misura sobria del discor-so, la precisione dei particolari di tempo

Dossier

Sopra: con seminaristi e orfani in Brasile - 1984.

Sotto: alla Valletta di Somasca per ricordare

il 50° di ordinazione sacerdotale - 2000.

Pagina 27: a colloquio con Giovanni Paolo II

in occasione della beatificazione

di Caterina Cittadini - 2001.

A destra, in alto: 60° di Messa

con le Benedettine di Grandate - 2010.

In basso:Messa del 60° di ordinazione al Crocifisso

di Como - 2010.

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e luogo, la sincerità della testimonianza e il controllatoaccento emotivo. Le ultime occasioni funebri di parolasono note: a Somasca, nel settembre 2012, per i funera-li di fratel Attilio Basso, a lui molto vicino per anni; ad An-guillara Sabazia (RM) per padre Pio Bianchini, domeni-ca 27 gennaio 2013, quando in paese gli fu dedicata unapiazza; a San Bernardo di Carmagnola (TO), il 23 agosto2014, pochi giorni dopo la morte, in Messico, di padreLuca Negro, suo compagno di messa. Quel sabato sera, alla Messa, ne tracciò un ricordosplendido padre Fava, da amico e fratello carissimo. Quasi un presentimento della propria fine.

(P. Luigi Amigoni).

Riordinatore di memorieMolto deve al suo acume storico (di cui ha dato saggiocon la tesi di laurea in lettere) la capacità di interpre-tare il senso della presenza, nel loro tempo e in quelloodierno, di cristiani di elevata statura (quali san Giro-lamo e la beata Caterina) che sovrastano con lo stimo-lo del modello “la fragilità delle loro vicende”.Siamo pure grati a lui per avere in vario modo riordi-nato, riletto e ricompreso i fatti di cui è stato osserva-tore e protagonista. Le memorie dei suoi primi vivacianni sacerdotali non solo sono state rinverdite con pre-cisione e larga simpatia dai ragazzi di allora, in occa-sione dei suoi 60 anni di Messa (nel luglio 2010, a Como,grazie al coordinamento di p. Livio Balconi), ma sonostate convalidate e conservate dalla sua documentazione

e riflessione personale. E anche di eventi importanti del-la vita della Congregazione e della Chiesa, soprattuttonel periodo del suo governo, siamo a conoscenza consicurezza grazie ai racconti da lui ripetuti e le spiega-zioni date. Esemplari le testimonianze di padre Fava,sempre rimarcate con uguale emozione, circa i rapportidi Monsignor Oscar Arnulfo Romero (santo, dal 2018)con le comunità e i religiosi somaschi (e le suore) di SanSalvador e con lui personalmente. Alcuni dei momenti difficili (a fine anni ’70) che han-no posto Romero sulla strada del martirio hanno chia-mato in causa anche padre Fava, che ha colto, subito,la santità del vescovo e il dramma cui partecipava in-sieme al suo popolo. È quasi emblematico il ricono-scimento dato a padre Fava dal comune di Tradate il 24dicembre 2010 (per il 60° di messa): la firma sul librod’oro della città. Un segno per passarlo alla storia del-la città nativa e, in controluce, per consegnarlo per tut-ti noi, alla storia eterna della città di Dio.

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Il comandamento più facile ed efficace

Ogni epoca storica, di volta in volta, sipuò definire in modi diversi: oggi è cru-deltà, indifferenza, egoismo, esclusivi-smo, edonismo. Inseguire una presunta felicità che esclu-de bisognosi, deboli e diversi è un in-comprensibile atto di disumanità, in-compatibile con il sentire cristiano.Cristo è venuto per scuotere le coscien-ze; ai suoi discepoli ha chiesto di esseresale e luce, di donarsi in totalità e gratuità.Pensare gratis, senza alcun tornaconto,è un segno distintivo dell’essere cristia-no in controtendenza alla dominante cul-tura del profitto personale.

L’arte del donareLo conferma l’esperienza di chi si dedicaal volontariato; donare con cuore aperto,sincero e generoso provoca gioia e appa-

gamento perché è un atto concreto chelega il donatore all’altro, un modo diunione e comunione fraterna. Enzo Bianchi, priore di Bose, ha compresoperfettamente l’arte di donare; egli ciesorta a dare “soprattutto ciò che si è”. Anche san Paolo diceva “C’è più gioia neldonare che nel ricevere” nel suo discor-so di Mileto (At 20, 35), riportando unafrase di Gesù. Come confermò Madre Te-resa di Calcutta: “Non esiste povertàpeggiore che non avere amore da dare”.Ogni volta che abbiamo fatto un buonaazione la nostra coscienza si sente a po-sto e immensamente compensata dellegrandi carenze, bassezze e piccolezzeumane di cui siamo vittime. Ci sarebbe tanto da scrivere su tutte le ne-fandezze umane alle quali assistiamoogni giorno. A Panama, papa Francesco

Fabiana Catteruccia

Per riflettere

Società abbagliata da falsi miti, da eccessi verbali e pratici,da chiusure e paure. Vite spezzate, umiliate, derise. Vite dimenticate, ignorate in nome di non si sa cosa.

(gennaio 2019) richiama a volgere losguardo “sui tanti volti che soffrono perl’indifferenza soddisfatta e anestetizzatadella nostra società che ignora il doloredel fratello”. “È stato difficile, Signore, ri-conoscerti nel fratello che soffre; abbia-mo distolto lo sguardo per non vedere, cisiamo rifugiati nel rumore, per non sen-tire”. “È più facile essere amici nella vit-toria e nella gloria, nel successo e nel-l’applauso; è più facile stare vicino a chiè considerato popolare e vincente. Com’èfacile cadere nella cultura del bullismo,delle molestie, dell’intimidazione, del-l’accanimento su chi è più debole”. Papa Francesco ha così ricordato, a tut-ti noi, il fratello scansato, allontanato; ledonne maltrattate e sfruttate: i bambi-ni mai nati; i giovani caduti nelle reti cri-minali della droga; gli anziani abban-donati nelle case di riposo.

Il teorema della minor faticaCerto, osservando la realtà, si può caderenello sconforto, nel sospetto e nelladiffidenza più sottile. Ma chi ha vigore spirituale sa scorgere edistinguere il bene dal male; chi ha lucee forza spirituale valica questo mondomalato e viziato e sa irradiare pace e amo-re; si rivitalizza di fronte al peggio, te-stimoniando che si può cambiare in me-glio se stessi prima, e il mondo poi; è sal-do nella fede, è senza cedimenti nella spe-ranza e senza egoismo nella carità.Troppe volte in nome della minor fatical’umanità ha scelto la via più facile scen-dendo a compromessi e optando per ilprofitto personale. “Se i cristiani credessero effettivamen-te a Cristo farebbero il più delle volte ilcontrario di ciò che fanno e sarebberol’opposto di quel che sono in quasi tut-te le ore della vita, e cioè: superbi, avi-di, avari, vendicativi, violenti, carnali ebestiali” ha scritto Giovanni Papini; mail coraggio di andare controcorrentespesso rimane solo un miraggio e allafine è più facile piegarsi al malcostume. Gesù ci ha lasciato un solo comanda-mento, quello più facile e più efficace,

spiegato nella parabola del samaritano(Lc 10, 25-37): “Ama il Signore e ilprossimo tuo”. Ci ha insegnato che la carità si esercitadavanti ai volti stranieri, ai malati, agliaffamati, ai carcerati. Essere immaginedi Cristo sembra impossibile, eppure ilsuo cammino è il nostro, la sua sofferenzala nostra, il suo amore il nostro. Basta essere coraggiosi. Noi siamo po-tenzialmente attirati dal bene, necessi-tiamo però di una trasformazione delcuore e della mente. L’unica salvezza per questo mondo èl’amore. Siamo tutti fratelli, tutti inter-dipendenti: ogni nostra azione ricadeinevitabilmente sull’altro; ogni singolaazione è un atto sociale.Ogni miglioramento e avanzamento spi-rituale allora non sarà un gesto solitarioperché ogni nostra iniziativa è in rela-zione con tutto e tutti. Sento di dover evocare la frase di Ber-trand Russell (1872-1970), filosofo ematematico gallese: “L’educazione do-vrebbe inculcare l’idea che l’umanità èla sola famiglia con interessi comuni. Diconseguenza la collaborazione è piùimportante della competizione”.

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Vita e missione

La carità al 75° giro

Con l’Istituto della “MaterOrphanorum” si è iniziatoa scrivere, a fine della se-conda guerra mondiale, suun asse limitato ma signi-ficativo del sud-ovest mi-lanese, un capitolo di quellibro, sempre in corso, distoria della carità, il benepiù prezioso e il contribu-to caratteristico della terrae diocesi ambrosiana. In essa, vescovi e mamme,sacerdoti e insegnanti, reli-giosi e suore, missionarilaici e non, hanno avviato esostenuto una originale eintensa rete di opere di mi-sericordia, proposte edu-cative e forme di solidarie-tà, rispondendo ai bisognisvariati, talora drammatici,come nel dopoguerra, del-la gente e della società.

Dalla pianura milanese

all’Atlantico È appunto nel 1945 che p. Antonio Rocco (molisa-no di Cercemaggiore, natonel 1913, somasco dal 1929,prete dal 1936; morto no-vantenne) muovendosi in“tempi tristissimi di guer-re e di distruzioni simili aquelli di san Girolamo”,pensa di allargare alla “gio-ventù abbandonata fem-minile” la missione speci-fica somasca di aiuto airagazzi deboli, affidandolaalla “Madre degli orfani”.Vi dà impulso con “ungruppo di anime generose,dirette spiritualmente daPadri Somaschi”, che vo-gliono consacrare tutta laloro esistenza alla gioven-tù più in difficoltà”.In una casa presa in affit-to a Castelletto di Cuggio-no, su una sponda del Na-viglio Grande milanese, sidà inizio, nel settembre1945, all’accoglienza dibambine orfane o di fami-glie in gravi difficoltà. Cisono le prime due oblate.Poco dopo, nel 1949, ilgruppo di ragazze e oblate,già ingrossato, si trasferiscea Cuggiono, dove viene re-staurato un vecchio ospe-dale, abbandonato. La casaviene considerata una sor-ta di casa-madre e, in se-

guito, nel 1980, dall’assi-stenza ai minori si passeràall’assistenza delle personeanziane. Nel 1950, è la vol-ta di Legnano: sorgono lacasa Pio XII (primo bloccodel complesso odierno conmolte finalità) e il tempiodella Mater Orphanorum,benedetto nel dicembre1955 dall’arcivescovo Mon-tini (poi Paolo VI). Altrisviluppi italiani dell’operatoccano il Molise (Cerce-maggiore e Cercepiccola), ilSannio (Montesarchio, pro-vincia di Benevento), il Va-resotto (Comabbio) e la To-scana, a Lido di Camaiore. A Milano (1955) si stabili-sce la sede di governo e aRoma (1963) quella di rap-presentanza, anche per ilservizio alla Santa Sede,presso due nunziature del-la quale (a New York perl’ONU e a Teheran, in Iran)hanno lavorato comunitàdella Mater. Nel 1964 av-viene il “grande balzo, inAmerica latina e in Africa.Quattro oblate sbarcano

L’Istituto delle Oblate della Mater Orphanorum, fondato dal somasco padre Antonio Rocco, dà inizio con il Capitolo generale di novembre, al 75° anno di vita e di carità. Opere in Italia, America latina e Africa.

Qui sopra: stemma dell’Istituto;a destra: il fondatore padreAntonio Rocco, somasco;sotto: le tre suore presenti in Angola.

A pag. 31, sopra: suora con bimbe a El Salvador;sotto: bambini del Camerun.

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nella capitale del Guate-mala e, grazie soprattuttoall’aiuto dell’arcivescovosomasco (poi cardinale)Mario Casariego, inaugu-rano la presenza della Ma-ter in America latina. Successivamente oltre a va-rie opere in Guatemala sor-geranno quelle in Salvador

(Santa Ana e San Vicente)e quelle in Colombia, vicinoa Medellin (1990) e poi nel-la stessa città. Con molto coraggio si apreanche in Africa, a Toboro,1000 km a nord est - inprossimità della Nigeria -dalla capitale del Came-run, Yaoundé.

E oggi, anche con l’aiuto diqualche oblata nigeriana,l’istituto opera anche in

un altro centro cameru-nese. E poi , fondazione re-cente, ecco l’Angola.

Istituto Suore Oblate Mater Orphanorum

Date fondamentali

8 settembre 1945 - Inizia l’opera “Mater Orpha-norum” con l’apertura della prima casa, presa in af-fitto, a Castelletto di Cuggiono (MI).

24 giugno 1949 - È promulgato, dall’arcivescovo diMilano cardinal Ildefonso Schuster, il decreto di PiaAssociazione religiosa-laicale “Mater Orphanorum”,che le conferisce personalità giuridica nella Chiesa.

17 dicembre 1953 - Riconoscimento giuridico,da parte dello stato italiano, della “Associazionelaicale religiosa Mater Orphanorum”.

18 aprile 1967 - Decreto di erezione della PiaUnione delle Oblate della Mater Orphanorum in“Società laicale di vita comune di diritto diocesano”,da parte del cardinal Giovanni Colombo, arcive-scovo di Milano.

8 settembre 1985 - Decreto di riconoscimentodella “Congregazione religiosa delle Oblate dellaMater Orphanorum”, di diritto pontificio.

La Mater Orphanorum in Angola

Siamo tre sorelle della Mater, di tre continenti(Africa, Europa, America centrale), qui - nellaprima nostra comunità in Angola - dall’aprile 2016,nella parte settentrionale del paese, al confine conla Repubblica democratica del Congo. La parrocchia a cui ci ha indirizzato, chiamandoci edonandoci anche la casa, il vescovo di Uíje (diocesidi un milione di cattolici) è quella di Quitexe, comunedi 75 villaggi, a 40 Km dal capoluogo della provin-cia, e 300 dalla capitale Luanda. Vi abitano 35.000 abitanti, scolarizzati al 60%, ap-partenenti a varie sette cristiane o pseudocristiane,con una economia di sopravvivenza e relative con-seguenze igienico-ospedaliere. Nella parrocchia, retta da due preti diocesani (il se-minario diocesano ha molti seminaristi), ci dedi-chiamo alla catechesi, alla formazione dei gruppi,alla assistenza di coloro che in situazione di disagiohanno necessità di essere seguiti. Per quanto ri-guarda il nostro Istituto abbiamo una casa in cuiospitiamo ed educhiamo possibili “nostre voca-zioni”. E siamo liete di vivere in sobrietà, umiltà earmonia, in condizioni non di precarietà, cercandodi “africanizzare” ulteriormente il nostro carisma diassistenza e di spiritualità mariana. Cresciute alla scuola di p. Rocco, ci sforziamo di imi-tarne lo spirito missionario e il coraggio apostolico.

Suor Lucilla Passoni

I beni comuninon sono merce

Nell’ammettere i quesiti referendari sul-l’acqua pubblica nel 2011, la Corte Co-stituzionale Italiana dichiarò che “si per-segue, chiaramente, la finalità di ren-dere estraneo alle logiche del profitto ilgoverno e la gestione dell’acqua”. Nel giugno 2011, oltre 26 milioni di ita-liani (più del 51% degli elettori), attra-verso tali referendum, hanno abrogatola legge che avrebbe obbligato gli entilocali alla privatizzazione dell’acqua edei servizi pubblici locali, e hanno ri-gettato il fatto che un gestore privato,automaticamente, attraverso le tariffepagate dai cittadini, vedesse remunera-to sempre ed in ogni caso il suo capita-le investito.

Il mercato: unico regolatore sociale?

No alla logica di profitto nel “governo egestione dell’acqua” (e degli altri servi-zi): questa è stata la nobile scelta dellamaggioranza degli italiani. Nei sette anni dopo i referendum tutti igoverni sono riusciti a vanificare e nonrispettare tale decisione, dimostrandoquanto debole sia la nostra democraziain Italia. Dal 1904 al 1990 tali servizi so-no stati gestiti dalle aziende municipa-lizzate, con meriti e demeriti. Con il 1990 si autorizza la costituzionedi società per azioni a capitale misto pub-blico-privato per la gestione dei servizipubblici locali. Si impone il nuovo modello liberista cheintroduce, con sempre maggiore deter-minazione, nuovi concetti come concor-renza e competizione, figli dell’idea com-plessiva del mercato come unico regola-tore sociale, in grado di sostituire un se-colo di gestione pubblica dei servizi. Peccato però che una società per azionideve innanzitutto badare al profitto degliazionisti e non al bene della collettività.Anche se i Comuni sono parte dell’azio-nariato, il loro potere di decisione e con-trollo è subordinato al volere e all’inte-resse dei grandi fondi d’investimento,veri domini delle società per azioni. In Italia si sono creati così alcuni car-telli (multiutilities). A2A SpA, Iren SpA,

Marco Calgaro

Problemi d’oggi

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L’ONU prevede che a metà del XXI° secolo il 70% della popolazione mondiale vivrà in città superiori ai due milioni diabitanti e che le megalopoli saranno dieci volte più di oggi. Chi avrà in mano la gestione di acqua, energia elettrica esmaltimento dei rifiuti determinerà la vita dei cittadini e lapolitica urbana. Per l’ONU l’acqua è un “diritto umano universale e fondamentale”.

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Hera SpA, Acea SpA. so-no oggi complicati rag-gruppamenti societari chesi spartiscono la gestionedi acqua e servizi in al-meno 3/4 dell’Italia.

I diritti convertiti in bisogni economiciUn po’ di storia. Intorno al 1970 si arrivanel mondo ad una crisi dasovrapproduzione: la stra-grande maggioranza del-la popolazione mondialeè talmente impoverita daritrovarsi senza alcun po-tere d’acquisto, mentreuna fascia minoritaria concapacità d’acquisto in bre-ve tempo ha comprato econsuma quanto era nel-le proprie possibilità.Occorre dunque inventa-re nuovi mercati per que-sta fascia di popolazione.Ma cosa si può vendere achi ha già acquistato tut-ti i beni possibili? L’unica possibilità consi-ste nel mettere in discus-sione i diritti e i beni co-muni, per aprire nuovi ter-reni di valorizzazione pergli interessi finanziari.Se si trasforma il diritto al-la salute in bisogno econo-mico, vorrà dire che colo-ro che potranno permet-tersi di curarsi pagheran-no per garantirsi la salute.Se si trasforma l’acqua dabene comune in bene eco-nomico, si ottiene di persé un mercato dal profit-to garantito, poiché l’ac-qua è essenziale alla stes-sa sopravvivenza dellepersone. L’attacco ai diritti e ai be-ni comuni è dunque una

imprescindibile necessitàper il modello liberista peravere nuove vie di accu-mulazione finanziaria. E non si pensi che gestio-ne privata significhi mi-gliori servizi. Ciò che è avvenuto nelcorso degli anni in Italia èstato un innalzamentodelle tariffe, una diminu-zione degli investimentiche hanno portato a reticolabrodo, depurazioni efognature che non vanno.Le multiutilities di cui so-pra hanno ciascuna tra i2,5 ed i 5 miliardi di debi-ti; eppure dal 2010 al 2016sono riuscite a distribui-re dividendi agli azionistiper quasi 3 miliardi!Sembra impossibile e in-vece no: è denaro creatoda denaro prestato sullagaranzia che noi non po-tremo fare a meno del-l’acqua e continueremo apagare le tariffe decise daloro, da qui all’eternità. È la finanziarizzazione deiservizi.Però c’è in Italia un fattonuovo. Il “contratto di go-

verno” che regge l’attualeesecutivo recita: “È ne-cessario investire sul ser-vizio idrico integrato dinatura pubblica appli-cando la volontà popola-re espressa nel referen-dum del 2011, con parti-colare riferimento alla ri-strutturazione della reteidrica, garantendo laqualità dell’acqua, le esi-genze e la salute di ognicittadino”. Ad ognuno dinoi il compito di seguirel’evoluzione dei fatti neiprossimi mesi.

aprile giugno 2019 Vitasomasca

Nostre opere

Sant’Alessio all’Aventino una storia plurimillenariaDue ricorrenze hanno interessato nel 2018 il complesso romano: gli 800 anni della consacrazione della basilica e i 150 anni dei “ciechi di sant’Alessio”.

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I poveri che quotidianamente salgononel cortile di sant’Alessio per la mensa, ituristi che ne visitano la Basilica e poi sirecano ad ammirare il cupolone di san Pie-tro inquadrato dal buco del portone deiCavalieri di Malta, non si rendono contodi trovarsi in un luogo che sintetizza mil-lenni di storia. Qui ci fu Remo nei giornidella mitica fondazione di Roma, qui si af-frontarono plebei e patrizi nella Roma re-pubblicana, qui fu costruito un elegantequartiere residenziale in età imperiale; nel-l’alto Medioevo fu rifugio di monaci di Oc-cidente e di Oriente, riuniti nella venera-zione di sant’Alessio e fu centro di alta spi-ritualità, da cui partirono o a cui fecero ri-ferimento santi evangelizzatori d’Europa:sant’Adalberto da Praga, san Nilo di Grot-taferrata e altri; qui dimorarono intornoal Mille gli imperatori della dinastia ot-toniana e, subito dopo, nobili famiglie ro-mane come i Crescenzi e i Savelli.

Alessio uomo di DioL’Aventino è un luogo che conserva ancoraoggi tutto il suo fascino: con le sue chie-se e i suoi giardini, appare come un bal-cone che incombe sul Tevere e si apre atutto il panorama della città.Sull’Aventino è venerato, dai primi de-cenni del quinto secolo, sant’Alessio,uomo di Dio che sceglie una vita di pre-ghiera, di pellegrinaggio, di povertà, di na-scondimento e di contemplazione.Riassume bene la vicenda del santo e delmonastero una lapide latina posta all’in-gresso della basilica a lui dedicata. Dice così: “In questo edificio sacro un tem-po Aglae, nobile matrona di profonda pie-tà, iniziò ad onorare san Bonifacio mar-tire. Qui nell’attigua casa paterna visseper 17 anni sotto il vano di una scala, Ales-sio, confessore della fede. Subito il se-polcro e l’abitazione di questo glorioso vi-cino vennero trasformati, per la gene-rosità del senatore Eufemiano suo padre,in questo stesso monastero. Lo decora-rono poi i preziosi donativi del Papa Leo-ne III (795-816), la carità di papa Bene-detto VII (974-983) con la riparazione diparti deteriorate, l’immagine miracolo-sa della Vergine, Madre di Dio, portataqui per iniziativa di Sergio, arcivescovodi Damasco (977), bella a vedersi in un or-nato tabernacolo di marmo. Si aggiun-se anche la multiforme generosità del-l’imperatore Ottone III (996-1002). Tut-to questo contribuì alla ricostruzione deltempio finché sotto il papa Onorio III, nel-l’anno del Signore 1218, il 10 di aprile, fudefinitivamente consacrato ad ambe-due i santi, Bonifacio e Alessio, e furonodeposte con venerazione le reliquie deisanti corpi. Innocenzo VIII (1484-1492)

p.Giuseppe Oddone

stabilì la donazione da parte dell’il-lustrissimo popolo romano di un ca-lice d’argento dorato nella festa an-nuale di sant’Alessio; la previdenzadi Sisto V (1585-1590) elevò la chie-sa a titolo cardinalizio presbiterale.I Monaci Geronimiani di questomonastero posero a perpetua me-moria dei posteri nell’anno del Si-gnore 1647”.

Sant’Alessio casa di caritàMonastero e chiesa furono, fin dal Me-dioevo, gestiti dai Benedettini, ma ac-colsero anche monaci basiliani orien-tali; dal 1430 fu dato ai Monaci Ge-ronimiani che si estinsero nel 1845. Nel 1846 papa Pio IX donò tutto ilcomplesso alla Congregazione deiPadri Somaschi e venne qui più vol-te in visita. Dopo che nel 1868 il so-

masco p. Bernardino Sandrini detteinizio in Roma, presso la chiesa alleterme di Diocleziano, all’attività edu-cativa per i ciechi, questi, nel 1873, fu-rono sistemati nel convento di san-t’Alessio e vi rimasero fino al 1941,trasferiti poi nella sede del quartie-re romano di Tormarancia. Era infatti successo che, alcuni annidopo l’annessione di Roma al Regnod’Italia (1870), i religiosi furono spo-gliati della proprietà di tutto il com-plesso di sant’Alessio. E dopo il 1941,con il trasferimento dei ciechi (alla cuieducazione i Somaschi rinunciarononel 1954), la parte più consistente del-l’edificio con il chiostro fu data in usoall’Istituto degli Studi Romani. Ai padri rimasero solo la chiesa, conqualche vano annesso, i locali attor-

no al cortile d’ingresso e parte del giar-dino verso il Tevere. Subito dopo la se-conda guerra mondiale, nel 1946, si ra-dunarono a Sant’Alessio i nostri reli-giosi per frequentare i corsi di teolo-gia nelle università romane.Anche oggi la casa di sant’Alessiosvolge la sua missione secondo il ca-risma somasco: la basilica, moltorichiesta per la celebrazione dei ma-trimoni, è visitata da numerosi pel-legrini, soprattutto russi, che vene-rano in modo particolare i nostri duesanti; è poi attiva, a mezzogiorno, unamensa per i poveri, con altre inizia-tive di aiuto e assistenza, e vengonorealizzati concerti e varie proposteculturali. Inoltre è sempre presenteun piccolo gruppo di studenti soma-schi per lo studio teologico.

Spazio laici - Fondazione Somaschi

Quando si parla di violenza e femmini-cidi subito si puntano i riflettori sul ter-ribile conteggio delle vittime. Poi passa il rumore legato al singolo ca-so, le telecamere si spengono, ma i nu-meri rimangono, e alcuni sono menoeclatanti, eppure fanno pensare. Il 2018 è stato un anno particolarmen-te importante per la Fondazione Soma-schi dal punto di vista della violenza do-mestica, infatti il mese di marzo ha vi-sto l’apertura di due nuovi centri: unosul territorio del Rodense-Garbagnate-se (area a Nord di Milano) e uno sul ter-ritorio dell’Adda Martesana (a est del ca-poluogo lombardo). A questi due si ag-giunge il centro attivo, da quasi quattroanni, sul territorio di Milano.

I nostri datiIn particolar modo, a questi suoi tre cen-tri antiviolenza, nel solo 2018, si sonorivolte 345 donne, di cui 192 nella solarete territoriale di Rho-Garbagnate, 142nei 28 comuni della rete Adda Martesa-na, 99 a Milano. La metà di queste donne è compresa inuna fascia di età tra i 30 e i 49 anni, lecifre, invece, relative alle minorenni so-no residuali, eppure presenti. E i primi mesi del 2019 non sono statiesenti dal cominciare con un aumento dioltre il 50% delle richieste di aiuto.La fotografia scattata nei centri antivio-lenza di Fondazione Somaschi mostradei tratti comuni: il profilo della vittima,così come dell’aggressore, è trasversale

Centri antiviolenza,per rompere il silenzio

Da diversi anni la Fondazione Somaschi si è attivata nell’ambito dei centri antiviolenza: sportelli a disposizione

di donne vittime di violenza, domestica e non.

Valerio Pedroni

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all’istruzione, al ceto e al-la provenienza geografica. La costellazione della vio-lenza maschile, messa inatto per lo più da partnero ex, è, in più della metàdei casi, di tipo fisico o psi-cologico, con numerosi in-trecci riguardo le violenzedi carattere economico. Le tipologie di uomini cheusano violenza sono ab-bastanza note e partono daun dato certo: quasi sem-pre chi agisce violenzacontro una donna è in re-lazione con lei; sono infat-ti partner, ex o familiari.I dati sono riprova di unasituazione davvero diffici-le da affrontare, ma allostesso tempo ciò che emer-

ge è la sempre maggiorenecessità e forza delle vit-time nel chiedere aiuto.Le donne vittime, ma an-che le operatrici dei cen-tri antiviolenza della Fon-dazione Somaschi allostesso modo e contempo-raneamente lavorano al-l’emersione del fenome-no, cercando di far capireche gli ostacoli per usciredalla violenza hanno po-co a che fare con caratte-ristiche psicologiche sog-gettive delle donne coin-volte, ma appartengono achiunque ci si trovi, sen-za distinzione di livelloculturale, sociale, econo-mico, perché intrinsechialla società stessa.

Rete socialeImportante è sottolinea-re anche il ruolo che laFondazione ha giocato nelcreare una rete sociale fat-ta dalle realtà istituziona-li che sono presenti sulterritorio (carabinieri, po-lizia locale, pronto soc-corso). È infatti questa rete, cheè stata all’origine di unaumento di consapevo-lezza e di sforzo da partedi tutta la comunità inte-ressata. A questo riguar-do numerose sono le per-sone che si sono dimo-strate attente alle temati-che e che hanno deciso diiniziare un percorso di vo-lontariato a supporto del-le vittime.Questa è una conseguen-za sintomatica del rag-giungimento di un im-portante obiettivo dalpunto di vista di genera-zione di welfare e di retesociale all’interno dellacomunità di riferimento.A emergere, però, daicentri antiviolenza So-maschi, non sono solo lecifre, bensì le storie e an-che le risposte fornite achi intende intraprende-re un percorso di fuoriu-scita dalla violenza. Prima accoglienza, con-sulenze, formazione aoperatrici e operatori, re-peribilità telefonica h24,assistenza psicologica elegale: ciò che ogni cen-tro antiviolenza, gestitodalla Fondazione, offre èin linea con un senso diresponsabilità per la con-tinuità del lavoro che vie-ne svolto.

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Spazio laici - Laicato Somasco

“Siamo dentro una storia che arriva dalontano - disse p. Franco - e che ci spin-ge ad essere missionari del Vangelo fi-no agli estremi confini della terra”. Se-guendo tale stimolo e la spinta all’evan-gelizzazione che ci dà costantemente pa-pa Francesco, abbiamo scelto, come mo-vimento laicale, di incentrare gli incon-tri di quest’anno sul tema dell’annuncio:“Noi non possiamo tacere quello che ab-biamo visto e ascoltato” (At 4, 20).

Rendere ragione con rispettoL’annuncio della Buona Notizia non è unacosa in più da fare, ma è la spinta inte-riore che ci fa vivere con uno stile basatosull’incontro e sull’amore. È lo stimolo ad essere testimoni credibi-li secondo l’esortazione di Pietro che nel-la prima lettera ci dice: “Siate semprepronti a rispondere a chiunque vi do-mandi ragione della speranza che è invoi. Ma questo sia fatto con dolcezza, ri-spetto e retta coscienza”.Pietro dà indicazioni chiare: in primo luo-

go essere pronti, svegli, capaci di notarele reazioni di chi ci osserva; saper spie-gare le nostre affermazioni, raccontare ilsenso del nostro operare; avere in noi lasperanza, alimentarla, e custodirla.Allo stesso tempo, Pietro chiarisce im-mediatamente quanto sia importante nonsolo il contenuto di ciò che diciamo, masoprattutto la modalità con cui ci ponia-mo. A chi lo interroga, il cristiano ri-sponde senza aggressività, reagendo pa-catamente anche alle accuse. Come riuscire a parlare di Dio nel mon-do attuale? Come avvicinare chi si è al-lontanato? Come interessare i giovani chesembrano distaccati da tutto? Ricordia-mo le parole di papa Benedetto XVI: “LaChiesa cresce non per proselitismo, maper contagio e si sviluppa per attrazio-ne. Siamo cristiani attraenti? La gioiaabita in noi e si legge nei nostri occhi?O lasciamo che lamentele, preoccupa-zioni e paure ingrigiscano il nostro vi-so e le azioni quotidiane?”.Vivere la speranza non è certo chiuderegli occhi di fronte alle difficoltà della vi-ta o alle fatiche che tanti sono costrettia vivere; non è negare che il mondo è sa-turo di atti di violenza, di interessi per-sonali, di egoismo. Ma è più importante annunciare che inogni passo che facciamo non siamo so-li, che Dio ci ama e ci accompagna. Ac-costarsi, camminare accanto e lasciartrapelare la scintilla che ciascuno portain sé. Non occorre altro per essere evan-gelizzatori: “In virtù del Battesimo ri-cevuto, ogni membro del Popolo di Dioè diventato discepolo missionario. Cia-scun battezzato, qualunque sia la suafunzione nella Chiesa e il grado di istru-zione della sua fede, è un soggetto atti-

Non possiamo tacereIn occasione dell’ultimo convegno ad Albano Laziale, p. Franco Moscone,

anticipando quanto avrebbe pubblicato poco dopo, ci invitò ad approfondire il tema missionario insieme a tutti religiosi somaschi.

Elisa Fumaroli

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vo di evangelizzazione. Se uno ha realmente fat-to esperienza dell’amoredi Dio che lo salva, non habisogno di molto tempo dipreparazione per andaread annunciarlo, non puòattendere che gli venganoimpartite molte lezioni olunghe istruzioni” (Evan-gelii Gaudium 120).

Riconoscere lo Spirito

che suggerisceNelle nostre realtà Gesù ciinvita ad andare e procla-mare che c’è una BuonaNotizia, da rendere tangi-bile attraverso il nostrovolto e le nostre azioni. Il punto di partenza nonpuò che essere l’ascoltodella Parola, che comel’acqua della fonte ci rin-fresca e ridà vita.Un secondo passo è cam-minare insieme, ricono-scendo lo Spirito che ope-ra e suggerisce, in ognitempo e luogo, nuovisguardi e nuove strade. Come proviamo a fare nel-le diverse comunità e

gruppi che camminano se-guendo le orme di san Gi-rolamo.Proprio in occasionedell’8 febbraio, tante so-no state le occasioni di fe-sta, incontro e approfon-dimento del carisma: trale altre, a Casa Primula diMilano mamme e bambi-ni sono stati coinvolti inun gioco alla scoperta disan Girolamo; nella co-munità terapeutica di SanZenone al Lambro (MI)c’è stata una cena con suc-cessiva riflessione spiri-tuale; a Villa San Giovan-ni (RC) il gruppo Girola-

mando ha messo in piediuno spettacolo teatralecon la partecipazione deibambini e raccogliendo letestimonianze di chi haconosciuto monsignorFerro; nelle parrocchie lecomunità si sono riuniteper pregare insieme; a El-mas (CA) i ragazzi dellacomunità minori si sonocimentati in un gioco allascoperta del personaggiomisterioso.Queste sono state occa-sioni privilegiate per ri-trovarci e per far conosce-re la bellezza dell’incontrocon Gesù Cristo.“Quando andiamo a Mes-sa, quando facciamo ope-re buone, quando visitia-mo i malati, quando pen-siamo agli altri, quandonon siamo egoisti… inqueste cose incontriamosempre Gesù. E il cammi-no della vita è proprioquesto: camminare perincontrare Gesù.” (Papa Francesco - omelia1° dicembre 2013).Allora, buon cammino ebuon annuncio, certi cheCristo risorto ed è semprecon noi.

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In questa pagina e nella precedente: momentidi incontro dei membri del Movimento Laicale Somasco.

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Spazio laici - Volontariato

Essere abbraccio,per camminare

Lettera da “Hogar Lugar de

Sofia Ronchetti

Questo è il posto dove mi trovo ormai da due mesi. Sono Sofia Ronchetti, comasca, e sto vivendo un’esperienza diservizio con i Padri Somaschi in Colombia, a Pinchote. Questa comunità accoglie una ventina di bambini e ragazzidai sei ai diciotto anni di entrambi i sessi, i quali si trovano inuna situazione di rischio per svariate ragioni: chi abiterebbetroppo lontano dalla scuola e finirebbe per non andarci; chiha subito maltrattamenti; chi ha un carattere molto difficileper cui è la famiglia a chiedere aiuto; chi si trova con un sologenitore (poiché l’altro è venuto a mancare o li haabbandonati), il quale non riesce ad essere adeguatamentepresente a causa del lavoro o della malattia e per questo ilragazzo probabilmente passerebbe tutto il giorno nella calle. Quello che viene offerto è un ambiente famigliare dove sonoaccompagnati e sostenuti nel loro percorso accademico, nellaloro crescita spirituale e morale. Oltre ai momenti di studio, vengono svolte attività educative,ludiche e ricreative, come il corso di musica, quello diorticoltura e dello sport. Si insegna ad essere personeresponsabili e a prendersi cura della casa attraverso losvolgimento di piccoli compiti quotidiani che ruotano concadenza settimanale, come la pulizia di una parte della casa ol’annaffiare l’infinità di fiori che rendono questa casa unpiccolo Giardino dell’Eden.Per far sì che l’assistenza offerta sia personalizzata in basealle esigenze e al vissuto del bambino, vengono eseguitibisettimanalmente degli incontri con due psicologhe e conun’assistente sociale. Il percorso è basato sull’assimilazione dialcune abilità principali fondamentali (come l’autostima, ilpensiero critico, quello creativo, la gestione delle situazioni distress...) per far sì che i bambini e i ragazzi, una volta uscitidalla comunità, siano in grado di “salir adelante”, di andareavanti, di puntare in alto. Questa è una delle questioni che mi ha fatto più rifletteredurante la mia permanenza qui. Sarà abbastanza l’impegno messo affinché ciascuno di loroapprenda che i propri sogni non devono essere frenati dalle

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sorriso e spallafianco a fiancoPaz”, luogo di pace

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disuguaglianze sociali, dalle ingiustizie della vita? Purtroppo, al giorno d’oggi, credo che i bambini più poveri,abbandonati, emarginati e “diversi” siano portati a volaresempre più basso, forse perchè gli viene detto e ripetuto chenon si meritano o non sarebbero capaci di raggiungerequalcosa di più alto.Qual è il mio ruolo in tutto questo? Ogni giorno sostengo l’educatrice ed accompagno i bambiniin tutto quello che fanno: studio, sport, preghiera, puliziadella casa e, banalmente, parlo con loro, li ascolto, condividocon loro sogni e passioni. Mi impegno per far si che la comunità rimanga un luogo dipace, la convivenza tra maschi e femmine sia costruttiva enon distruttiva, i ragazzi si lascino alle spalle il mondo dellaviolenza e valorizzino le relazioni di pace.Mi impegno affinché si rendano conto della fortuna che hannoa stare qui, consapevoli che un giorno tutto questo potrebbenon esserci più e che ci sono ben pochi altri posti così. Mi impegno affinché imparino ad amarsi come fratelli,condividendo e rispettandosi reciprocamente, partendo dalrispetto del proprio corpo; e, infine, affinché non dimentichino la propria provenienza e la propria storia,senza però che il ricordo diventi doloroso; auguro chepossano affrontare quindi quei disturbi alimentari ecomportamentali propri di alcuni adolescenti e far si cheimpararino ad esternare in modi più sani il doloreimprigionato nel loro cuore.Quando la tristezza prende il sopravvento, quando pensano diessere inutili o di non essere capaci di fare qualcosa, offro loroun abbraccio, un sorriso, una spalla, una mano percamminare fianco a fianco.Questo piccolo paradiso riesce ad andare avanti e a puntaresempre più in alto grazie alle infinite energie del personale edei padri della comunità e all’elevatissimo numero di offerteche spaziano da generi alimentari, capi d’abbigliamento adonazioni monetarie.

Sofia Ronchetti

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Flash

Provincia del Centroamerica e CaraibiVenerdi 8 febbraio, solennità di san Girolamo Emiliani,nella cappella dell’Istituto Emiliani di Mixico (Guatema-la), durante la solenne Concelebrazione Eucaristica del-le ore 8.00 cinque giovani hanno abbracciato la vita reli-giosa. Davanti al Preposito provinciale p. Mario Ramos,i novizi: Binsonne Thomas, Gratia Petit-Frére, LouinordJudler Clervil (haitiani) ed Eduardo Ayala e Luis Alva-renga (salvadoregni) hanno emesso i voti temporanei; so-no così entrati a far parte della Famiglia somasca. Augu-riamo loro ogni bene e la protezione di san Girolamo liguidi nel loro nuovo stato di vita.

Provincia dell’IndiaVenerdi 8 febbraio 2019, solennità di San Girolamo Emi-liani, alle ore 11,00, nella chiesa Chiesa del sacro cuore diGesù di Chattimedu – Chengalpattu (India), il diacono so-masco don Innayah Francis ha ricevuto la consacrazionesacerdotale per l’imposizione delle mani e la preghieraconsacratoria dell’arcivescovo emerito di Bangalore mons.Bernard Moras. Auguriamo a lui ogni bene dal Signore elo affidiamo alla protezione di san Girolamo.

Provincia d’Italia - Delegazione dell’AlbaniaMartedi 12 marzo 2019, il Presidente della Repubblicad’Albania z. Ilir Meta, ha fatto visita alla nostra Shkolla eMesme Profesionale “Sh. Jozefi Punëtor” di Rrëshen. È arrivato alla scuola alle ore 11.30; a riceverlo, oltre aldirettore della scuola p. Michele Leovino con la comuni-tà religiosa somasca, era presente anche il nunzio apo-stolico in Albania mons. Charles Brown. Compiuta una visita alle aule, alle strutture della scuolae ai laboratori, il Presidente ha rivolto un saluto agli stu-denti e al personale scolastico.Si è poi felicitato con i nostri padri per l’ottimo lavorosvolto in questi anni nella conduzione della scuola rico-nosciuta di grande prestigio in tutta la regione.

Provincia d’Italia -NigeriaLunedi 25 febbraio 2019 alle ore 10.00, nella cappella delseminario St Jerome Emiliani House di New GRA, Tran-sekulu - Enugu (Nigeria), durante la solenne Concelebra-zione eucaristica, i nostri confratelli Fidelis Uche Umeo-dulukwe e Gideon Kanwai Zachariah si sono consacrati alSignore nella Famiglia somasca con la Professione perpe-tua. Alla presenza di numerosi confratelli concelebranti,amici e conoscenti, i due confratelli hanno emesso nellemani del Preposito provinciale p. Fortunato Romeo, i vo-ti solenni di Castità, Povertà e Obbedienza.

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Provincia d’Italia - TrevisoProfessione solenne

Domenica 10 febbraio 2019, nella basilica santuario San-ta Maria Maggiore di Treviso, il nostro religioso Luigi Pi-vetta, davanti al Vicario generale p. Giuseppe Oddone,durante la celebrazione eucaristica delle ore 10,00, si èdonato al Signore in perpetuo con i voti solenni; hannopartecipato al sacro rito anche un buon gruppo di giova-ni delle nostre parrocchie di Treviso e di Mestre.

Provincia d’Italia - CorbettaGiorno della memoria

In occasione della giornata internazionale della memoria(27 gennaio), gli alunni della Media dell’anno scorso del-l’Istituto san Girolamo di Corbetta hanno presentato pres-so i sotterranei dello storico Castello visconteo di Abbiate-grasso la mostra “La Rosa bianca: Ragazzi contro Hitler”.Sono state le alunne a guidare i presenti , tramite pannelliillustrativi, alla conoscenza delle vicende di questo Gruppo,raccontando gli ideali, il percorso, il coraggio e soprattuttoil sacrificio dei giovani, tutti ventenni universitari, che tra il1942 e 1943 diffusero materiale contro Hitler e il nazismo.L’importanza e il valore di questa mostra e di tutto il lavo-ro svolto sta nel voler mostrare ai ragazzi una speranza an-che nei periodi più oscuri dell’umanità; sono stati nomi, sto-rie e volti di persone che hanno sentito l’esigenza di lottareper la loro e l’altrui libertà. “Meglio un orrenda fine che unorrore senza fine - scrivevano gli aderenti (pochissimi) almovimento - non possiamo stare fuori dal gioco”.

Provincia d’Italia - SomascaIl restauro delle cappelle

L’attuazione degli interventi, ad opera della ditta Luzza-na Restauri di Civate, ha avuto avvio nel mese di luglio2018, sotto la direzione lavori dell’Architetto Arricobene.Grazie alla campagna diagnostica condotta dal Politecni-co di Milano è stato possibile calibrare gli interventi checonsistono, in questa prima fase, nella protezione dell’in-volucro esterno delle cappelle con una nuova coperturaproteggendo la calotta in cemento e si bonificano gli in-tonaci esterni. Ad oggi è terminato il restauro dell’arco diingresso, di tutte le cappelle della salita e si sta lavorandoa quella della morte di san Girolamo all’interno del sacrorecinto; concluderà i lavori il restauro dell’Oratorio di San-t’Ambrogio al castello. Una volta risanati gli edifici, saràpossibile lavorare sulle statue e sulle superfici dipinte diciascuna cappella; progetto, questo, la cui realizzazione èsubordinata al reperimento delle risorse economiche ne-cessarie, sia tramite contributi di Fondazioni che grazie aquelli di privati, devoti di san Girolamo.

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Provincia d’Italia - SomascaPremiati gli artisti delle mostre

Durante il pomeriggio di domenica 10 febbraio 2019, siè svolta la cerimonia di premiazione degli artisti che han-no partecipato alla mostra a tema libero allestita duran-te la solennità di San Girolamo Emiliani. Molti sono stati i quadri a olio e gli acquarelli in gara, chehanno messo a dura prova la giuria composta da profes-sionisti ed esperti d’arte. L’esito finale per quanto riguarda la sezione a olio la giu-ria ha attribuito il primo premio a Carissimi Alberto perla sua “Composizione B”. Presenti alla premiazione l’assessore Mario Nobile a no-me dell’amministrazione comunale di Vercurago e PadreLivio Valenti superiore di Casa Madre.

PIO XI Il papa del riconoscimento di san Girolamo

Si è dato un certo spazio quest’anno agli 80 anni dellamorte di Pio XI e ai 90 anni del concordato con lo statoitaliano, firmato il 11 febbraio 1929. Dopo 17 anni di pontificato Pio XI (1857-1939), morì al-la vigilia del decennio della “conciliazione”. Brianzolo di Desio, papa-scalatore, è stato il papa dellafesta di Cristo re, il papa che inaugura la radio vaticana,il papa dei concordati, del “Non abbiamo bisogno” (1931)sull’Azione cattolica in Italia, del “Mit brennender sor-ge”, contro il nazismo e della “Divini Redemptoris” con-tro il comunismo, entrambi del 1937.Per noi Somaschi Pio XI è anche il papa della proclama-zione di san Girolamo (14 marzo 1928) a patrono uni-versale degli orfani e della gioventù abbandonata.“Il Superiore Generale dei Padri Somaschi, nella ricor-renza del quarto centenario di fondazione della sua Con-gregazione, constatato che il numero degli orfani è digran lunga aumentato quasi in ogni parte del mondo,per le attuali tristi vicende, desiderando offrire un aiu-to spirituale e morale alle bambine e ai bambini priva-ti dei loro genitori e dei necessari mezzi di sopravviven-za… ha supplicato il Santo Padre di proclamare, con lasua suprema autorità apostolica, Patrono universale eprotettore degli orfani San Girolamo Emiliani… che contale titolo è già invocato nella orazione liturgica.Sua santità… si è benignamente degnato di eleggere eproclamare san Girolamo Emiliani patrono universaledegli orfani e della gioventù abbandonata. La presente abbia comunque piena validità e vigore”.Così firmavano prefetto e segretario della Sacra Con-gregazione dei Riti.

Flash

In memoria

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P. Pietro RedaelliP. Pietro Redaelli è deceduto improvvisamente a Rapallo (GE) il 7 marzo 2019, dopo averdefinito con la comunità la programmazione della Quaresima, iniziata la vigilia della morte.Le comunità somasche liguri, con la gente ad esse legata e con il Vicario generale p. Giu-seppe Oddone, hanno espresso il dolore e la loro fede con una solenne liturgia il 9 marzo.Brianzolo, nato nel 1940, avrebbe festeggiato nel giugno di quest’anno i 50 anni di ordina-zione sacerdotale, ricevuta a Magenta (MI) dal vescovo Francesco Bertoglio nella chiesa disan Giovanni Battista e Girolamo Emiliani (dove da poco operavano i Somaschi). Di que-sta parrocchia è stato parroco dal 1995 al 2001, esercitando con impegno il ministero, po-tenziando le strutture dell’oratorio e abbellendo la chiesa con vetrate e quadri della vita disan Girolamo. Forgiato dal curriculum formativo somasco, iniziato con il seminario mi-nore a Corbetta nel 1956 (dopo un breve approccio missionario nel PIME), e proseguito congli studi liceali (a Camino Monferrato) e teologici (a Magenta), ha professato i voti nel 1959e 1965. È rimasto in Lombardia per quasi 20 anni di vita sacerdotale, a Corbetta e a So-masca al Centro di Spiritualità. Di questa casa è stato anche superiore dal 1982 al 1988,chiamato poi a Grottaferrata (Roma) a guidare, per sette anni, i giovani religiosi, italiani enon. Nel 1995 è tornato al nord, come parroco a Magenta e ancora come superiore al Cen-tro di Spiritualità di Somasca, dal 2001 al 2011; e poi ha avuto sei anni di attività nelle par-rocchie-santuario di Somasca e Como-Crocifisso. E nel 2017 è stato chiamato - forse fuorida ogni aspettativa, dato anche alcuni acciacchi - a reggere la comunità dell’Emiliani di Ra-pallo, con attività su più fronti. “Chiedendomi di venire a Rapallo - diceva al provinciale -mi hai un po’ indorato la pillola”. “Ma tu hai le spalle robuste” - gli rispondeva il provincialep. Fortunato Romeo che, nell’omelia dei funerali tenuti l’11 marzo a Somasca, ha rivelatoquesti dialoghi. Ma, insieme, gli ha espresso il debito - suo e di altri - per la formazione ri-cevuta, per quanto molti hanno imparato dalla dedizione e stile con cui ha esercitato il mi-nistero presbiterale, curando la liturgia e lo spirito di preghiera, e mettendo l’Eucaristia alcentro della vita spirituale. Citando papa Benedetto XVI p. Fortunato ha riconosciuto chep. Pietro è stato “un ministro della salvezza di tanti, della loro felicità, della loro autenticaliberazione”. Padre Pietro è sepolto nel cimitero di Calco (Lecco), suo paese nativo.

Ricordiamo inoltreSignor Angelo Braida deceduto il 7 febbraio 2019, di anni 83, fratello di p. Mario dellaComunità Istituto Emiliani di Rapallo (GE). I funerali sono stati celebrati il 9 febbraio 2019 a Mombarcaro (CN).Signora Rosa Gianasso deceduta il 3 marzo 2019, di anni 80, sorella di padre Fer-rante (deceduto il 30.09.2018). I funerali si sono svolti a Como il 9 marzo 2019.Signora Amelia Maule deceduta il 15 marzo 2019, di anni 88, sorella di fr. Luigi dellaComunità di Entrèves di Courmayeur (AO). I funerali si sono svolti a Gambellara (VI) il 19 marzo 2019.Signora Lucia Beatrice deceduta il 16 marzo 2019, di anni 71, sorella di padre Vitodella Comunità Centro di Spiritualità di Somasca. I funerali sono stati celebrati a Casale Monferrato (AL) il 18 marzo 2019.Signora Maria Gasparin deceduta il 19 marzo 2019, di anni 78, sorella di p. Riccardodella Comunità di Casa Madre di Somasca. I funerali sono stati celebrati a Quinto di Treviso il 21 marzo 2018.Don Giuseppe Dellapiana deceduto il 29 marzo 2019, di anni 85, legato ai Padri So-maschi di Cherasco (CN). Missionario in Ecuador a inizio anni ’90, vive gli ultimi anniin diocesi di Alba. I funerali si sono svolti il 22 marzo 2019.Signora Lucia Serra deceduta il 3 aprile 2019, di anni 80, sorella di p. Adriano dellaCasa filiale di Venezia-Mestre e di p. Matteo (deceduto l’11.11.1975 in Messico). I funerali sono stati celebrati il 5 aprile 2019 a Montanera (CN).

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Recensioni

LA GIOIA DELL’ASCOLTO - Incontri di avviamento alla lectio divinaVittorio Fusco - pp. 247 - EDB, 2018I testi sono datati (siamo agli anni della preparazione al giubileo del 2000), ma il temaè sempre attuale: la lectio divina come “lettura meditativa, contemplativa che diventapreghiera perché il credente sa che la Bibbia oltre che libro fondamentale dell’umanitàè Parola di Dio”. E l’autore (molisano, amatissimo vescovo per quattro anni della dio-cesi pugliese di Nardò-Gallipoli, morto sessantenne nel 1999) è stato e rimane un altis-simo esperto di Nuovo Testamento, sempre attrezzato a distinguere e unire, nella let-tura, senso letterale e valore spirituale. Il libro esce nel 20° della sua morte.Le riflessioni (sei) tenute nell’Avvento 1997 e 1998 si svolgono su temi dell’Antico Te-stamento, riferiti rispettivamente allo Spirito santo e al Padre; i cinque incontri dellaQuaresima 1998 affrontano passi di Giovanni, degli Atti e di san Paolo sullo Spirito san-to. Inediti, come i testi meditavi, risultano gli appunti sulla lectio, usati per una lezionedel 1996. Dopo le premesse teologiche vengono spiegati i momenti della lectio: lettura,meditazione, preghiera, contemplazione. Chiude il volume la lunga rassegna delle pub-blicazioni di Fusco, comprese quelle apparse dopo la sua morte.

IL CONTRARIO DI MIOMarco Pozza - pp. 189 - San Paolo, 2018 Un libro sul “Padre nostro”, con incursioni continue su parole e fatti del Vangelo e consciabolate di citazioni di tutti i tempi e luoghi, non può non inciampare - in terra no-strana - con il don Mazzolari di “nostro fratello Giuda” e con La più bella avventura;sulla traccia del prodigo o I lontani. “Osiamo dire” - titola l’introduzione - e si osa per-ché la preghiera del “Pater” esonda nella “comunione più larga” (Mazzolari), e per-ché, come dice Giovanni Papini, “una preghiera senza letteratura, senza teologia e sen-za baldanza” (p. 24) non può essere che la più bella di tutte, e perciò di tutti.Due le sezioni nel libro, come nella recita “bipartita” del “Pater”: una in cui noi pen-siamo a Dio; e l’altra in cui Dio pensa a noi. E di quest’ultima la parte più scintillantenon è quella oggi più chiacchierata (il “non ci indurre in tentazione”) ma quella delperdono (il “siamo pieni di debiti”). “Eccola l’inaudita genialata di Cristo: siccome tiha offeso lui, fai tu il primo passo di cucitura; perché riconoscere un fratello in chi tioffende è sola grazia. Sono robe da matti, oppure robe da Dio, robe da santi” (p. 131).A conclusione, il sacerdote padovano (40 anni), teologo, scrittore, conduttore televi-sivo (a TV 2000, sul Padre nostro, ha avuto come ospite fisso il papa), cappellano car-cerario, svela il filo conduttore del libro: mio (anche Padre mio) è complemento diegoismo sfrenato; tuo (anche Padre tuo) è complemento di non appartenenza; solo se“nostro” (contrario di mio) Dio ci riguarda e ci vede.

ADOLESCENTI SENZA TEMPOMassimo Ammaniti - pp. 218 - Raffaello Cortina, 2018 Come si dice per altri fenomeni climatici e sociali “non esistono più gli adolescenti diuna volta”. Adolescenti, infatti, oggi si resta, perché il loro senso del tempo è sospeso,congelato, o addirittura inesistente. Persino è incerta la collocazione temporale dei “na-tivi digitali” (definizione coniata in USA nel 2001) con cui si identificano genericamen-te i nati dagli anni ‘ 90 del secolo scorso in poi. È certo che la rivoluzione informatica,provvede a far accumulare informazioni e impressioni nella mente dei ragazzi, che - sisa - possono passare fino a 9 ore giornaliere con gli strumenti tecnologici. Ciò determi-na una plasticità cerebrale adattata, con una specializzazione crescente, alle mutevolidomande e sollecitazioni che provengono dall’esterno”; da qui anche una maturazioneritardata della corteccia cerebrale che interviene di volta in volta sui circuiti del piacere.Ammaniti, psicoanalista, già docente alla “Sapienza” di Roma, espone con efficace in-

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trospezione psicologica, in 10 capitoli, i nodi di impatto vitale con cui ragazzi, genitoried educatori hanno a che fare: il “peso” del corpo, l’incombere del gruppo, i paradossidell’età “che non passa e si ripete”, i tempi/non tempi della mente. Il libro chiude con le“domande dei genitori”, costretti a cambiare marcia e ad assumere una nuova identità,perché molto di ciò che valeva in passato ora non vale più. Ma - dice l’autore - il loro ruo-lo è essenziale e i loro sforzi saranno premiati nel futuro (sia pure un po’ lontano) .

SIAMO TUTTI PROFUGHI - I miei viaggi e i miei incontri con le ragazze di tutto il mondo in fuga dalla guerraMalala Yosafzai - pp. 167 - Garzanti, 2019Nata nel 1997, Malala, titolare a 11 anni di un blog in lingua urdu della BBC, a difesa del-la istruzione femminile in Pakistan, subisce dai talebani un grave attentato il 9 ottobre2012. Salvata e portata in Inghilterra, dove ora è iscritta all’università di Oxford, riceveil premio Nobel della pace nel 2014.La fama era già mondiale l’anno prima con il libro“Io sono Malala” e con la creazione, insieme con il padre, del “Malala Fund”, per soste-nere il diritto di ogni ragazza a 12 anni di istruzione (soprattutto nel suo paese di origi-ne). Il libro in titolo è frutto degli eventi che hanno condotto la giovane pakistana per ilmondo e l’hanno portata ad ascoltare la storia di tante ragazze e donne con le loro con-trastanti emozioni. Non si sente “avvocata globale dei rifugiati” - lei che tale non è più -ma parte di quella massa di esseri umani che non hanno avuto altra scelta che abban-donare le loro case. “E tutte assieme queste storie - confessano anche le dieci narratricidelle loro tragedie nella seconda parte del volume - si estendono per il mondo anche sesono radicate nei nostri cuori” (pag. 45). Le ultime statistiche ONU danno 68 milioni di sfollati nel mondo (44.000 ogni giorno):43 milioni sfollati interni; rifugiati in altri paesi 25 milioni e mezzo, più della metà deiquali viene da sud Sudan, Afghanistan e Siria. E’ il primato di “sfollamento”, a partiredal 1945, quando 50 milioni di europei sono stati costretti alla fuga dalla violenza.

GIURO CHE NON AVRÒ PIÙ FAME - L’Italia della RicostruzioneAldo Cazzullo - pp. 254 - Mondadori, 2018 DOltre tre pagine di fonti (a fine volume) supportano l’insieme di personaggi, aneddo-ti, cifre, citazioni, curiosità, gossip, presenti in tutti i campi in cui è esploso lo spirito deldopoguerra (il secondo), tenace, creativo, ottimista, forse senza “senso comunitario”,ma con la fiducia dei singoli in sé e nella famiglia. Nel testo è sempre sotteso il raffron-to con il presente, che vede lo stesso bisogno di chiudere alle spalle il peggio, come ieri,ma che ora spesso sfiora il domani con il fatalismo pessimista della rinuncia (no a tuttoe a tutti). La convinzione su ciò che è stata “la divisa a pennello” del primi anni dopo il‘45 è espressa in vari modi e in varie parti del libro. A fine libro, nella Napoli milionariadi E. De Filippo, con: “non è finita guerra, non è finito niente (p. 207); e all’inizio nel: “sapevano lavorare - gli italiani - e divertirsi; faticare 12 ore algiorno e uscire la sera a ballare” (p. 7). Il titolo viene da un film americano, dilagato inItalia: giura la protagonista di non voler soffrire più la fame, né lei né la famiglia. Questa voglia di riscatto è la ricostruzione, periodo e “cultura” tra estremi precisi, pri-ma del “boom” degli anni ‘50 e ‘60.I momenti memorabili si trovano non solo in ambito politico (referendum pro repub-blica; elezioni del ‘48; scontro tra comunisti e democristiani), ma sono personificati pu-re nei grandi impresari industriali e della riscossa religiosa (da Mattei e Olivetti a La Pi-ra e Dossetti); e si colgono nel mondo dello sport (trionfi di Coppi-Bartali, tragedia delgrande Torino), dello spettacolo teatrale, dell’arte, della canzone (“Sanremo” inizia nel1951), del film (con Rossellini e la Magnani), dei premi letterari (come lo “Strega”) e del-le riviste, della moda.

p. Luigi Amigoni

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