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Coordinamento redazionale: Daniela PautassoRedazione: Stefania CollinaProgetto grafico: Elena PetruccelliGrafica di copertina: Roberta LeviCoordinamento grafico: Elena PetruccelliImpaginazione elettronica: Quadri_Folio snc, TorinoControllo qualità: Elena PetruccelliSegreteria di redazione: Enza Menel

Franca Da Re è psicologa, dirigente scolastica. È stata insegnante di scuola primaria e psicopedagogista.Svolge attività di formazione su organizzazione scolastica, didattica, valutazione degli apprendimenti, autovalutazione d’istituto.In particolare si occupa di didattica per competenze, realizzando materiali di lavoro, modelli di curricolo, saggi e percorsi di formazione.È stata membro del Comitato tecnico scientifico della Rete di scuole “Rete veneta per le Competenze”, che ha prodotto un’ampia documentazione sulla didattica per competenze nella scuola del secondo ciclo.È autrice di pubblicazioni sulla valutazione, sulle metodologie didattiche, sulle competenze e su temi psicologici ed educativi.

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Indice

Le Indicazioni Nazionali 2012 e le competenze 5

1. Gli elementi caratterizzanti delle Indicazioni Nazionali 2012: la Premessa 6

2. Traguardi per lo sviluppo delle competenze 18

3. Obiettivi di apprendimento 19

4. Valutazione, autovalutazione, certificazione 20

5. Curricolo, didattica, ambiente di apprendimento 22

La costruzione di un curricolo per competenze chiave, orientato alle Indicazioni 25

1. Dalla programmazione disciplinare al curricolo 25

2. L’identificazione delle competenze da perseguire 26

3. Le competenze chiave europee come quadro di riferimento unificante del curricolo 28

Integrazione dei saperi per lo sviluppo delle competenze 49

1. Indicazioni e integrazione dei saperi 49

2. Suggerimenti per l’individuazione dei macroambiti di indagine e la costruzione di percorsi didattici 52

3. Le mappe concettuali 56

Realizzare il curricolo e sviluppare competenze attraverso la didattica quotidiana 66

1. Per saperi stabili, durevoli e significativi 66

2. L’ambiente di apprendimento per promuovere competenze 68

3. La lezione frontale 70

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• Indice

4. Compiti “di realtà” 71

5. Unità di Apprendimento 73

6. Costruire un’Unità di Apprendimento 76

La valutazione e la certificazione 98

1. Valutazione e certificazione nelle norme vigenti e nelle Indicazioni Nazionali 98

2. La valutazione di profitto 99

3. La valutazione della competenza 101

4. Profitto e competenza a confronto 103

5. La certificazione di competenze nel primo ciclo di istruzione 104

6. Le caratteristiche generali dei modelli di certificazione 106

Didattica per lo sviluppo delle competenze e scuola inclusiva 108

1. L’inclusione nelle Indicazioni 2012 108

2. Un contributo per definire la scuola inclusiva: l’Index per l’inclusione 109

3. Una scuola di tutti e di ciascuno 112

Appendice 114

Glossario 125

Bibliografia 128

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Realizzare il curricolo e sviluppare competenze attraverso la didattica quotidiana

1. Per saperi stabili, durevoli e significativi

Sviluppare competenze, come più volte abbiamo già affermato, non significa trascurare abilità e conoscenze che sono, al contrario, strumenti essenziali che ca-ratterizzano l’agire competente.

Non cambiano gli oggetti dell’insegnamento e dell’apprendimento – salva la necessità di scegliere quelli essenziali, per non cadere nell’enciclopedismo e per valorizzare il tempo scuola, non illimitato. Cambia, piuttosto, il senso in cui le cose insegnate vanno inscritte, la finalità ultima e, certamente, le modalità con cui ven-gono proposte per l’apprendimento.

Per essere precisi, non esiste neppure “una” didattica, ma tanti strumenti, tecni-che e approcci, adatti allo sviluppo delle competenze. Essi vanno utilizzati in ma-niera flessibile e consapevole, per predisporre ambienti di apprendimento capaci di valorizzare i talenti di ciascuno, potenziandoli, e nel contempo atti a sviluppare, accrescere e consolidare conoscenze, abilità e competenze nuove. Conoscenze e abilità, perché contribuiscano a costituire competenza, non devono essere “trasmes-se”, ma devono essere acquisite e assimilate attraverso la scoperta, l’indagine, la ricerca, il confronto con altri. Anche l’ascolto (la lezione dell’insegnante, le testimo-nianze, i media), l’imitazione, l’esercitazione di consolidamento sono importanti strumenti di apprendimento, che non cessano di avere validità a patto che si utiliz-zino con sapienza, supportandoli costantemente con la riflessione metacognitiva e la contestualizzazione nell’esperienza.

Le “conoscenze”, nel significato che viene contemplato dalla Raccomandazione del Parlamento Europeo del 23 aprile 2008, sono «il risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento; [...] un insieme di fatti, principi, teorie e

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1. Per saperi stabili, durevoli e significativi

pratiche relativi a un settore di lavoro o di studio; [...] descritte come teoriche e/o pratiche»1.

Perché “un’informazione” diventi “conoscenza”, è necessaria un’operazione, consapevole o inconsapevole, da parte di chi apprende, di assimilarne il contenuto ai propri schemi mentali e alla propria esperienza. Quando ciò accade, si concretizza la conoscenza, che non sarà più cancellata dalla mente e vi rimarrà stabilmente.

In pratica, perché un discente assimili le informazioni, queste ultime devono ri-vestire senso, valore, significato, curiosità, interesse, utilità ai suoi occhi. Non è necessario che siano presenti tutte queste caratteristiche, generalmente la presenza di una innesca le altre. I fattori che più di altri contribuiscono a favorire gli elementi di motivazione che abbiamo citato sono: la passione di chi insegna, che è contagio-sa; la relazione empatica che il docente riesce a stabilire con la classe; il fatto che egli sia un adulto di cui l’allievo si fida e che stima; proposte didattiche che rispet-tino le diverse modalità di apprendere e che siano contestualizzate nell’esperienza; un ambiente di relazione non ostile, ma improntato a una convivenza corretta e rispettosa, anche tra alunni.

Tutti noi che lavoriamo nella scuola sappiamo – se ci pensiamo onestamente – che spendiamo molta parte del nostro tempo e delle nostre energie a “trasmettere” agli allievi informazioni che non sopravviveranno all’interrogazione, all’anno sco-lastico, al corso di studi. A tutti noi sarà capitato di chiedere agli alunni, all’inizio dell’anno scolastico, che cosa avessero fatto relativamente a un certo argomento. Generalmente, se gli alunni erano già stati con noi l’anno precedente, la risposta può essere: «Non mi ricordo»; se, invece, la classe è per noi nuova, la risposta più probabile sarà: «Niente». Gli alunni sono onesti e sinceri. “Niente” rappresenta la mancanza di quel lavoro di assimilazione che avrebbe dovuto trasformare l’infor-mazione in conoscenza. Eppure, intorno a quelle informazioni riprodotte dagli alunni nelle interrogazioni e nei compiti in classe, i docenti avranno espresso valu-tazioni di profitto e assunto decisioni intorno alla carriera scolastica degli allievi. Non dobbiamo pensare che ciò accada solo ai nostri alunni per chissà quale deca-dimento dei tempi e dei costumi. La medesima cosa è accaduta anche a noi che, se ci riflettiamo, non ricordiamo poi molte delle informazioni o anche delle strumen-talità che a scuola abbiamo studiato ed esercitato. Fatti storici, costrutti grammati-cali o matematici, informazioni scientifiche sopravvivono sicuramente nella nostra mente come “etichette”, ma sono povere di spessore sostanziale. Ciò che importa, però, è che se non ricordiamo con precisione la collocazione temporale della Guerra dei cent’anni, le cause scatenanti e le parti interessate, sappiamo dove reperire la fonte autorevole per recuperare l’informazione, se essa dovesse interessarci. Un po’ più complesso è il recupero di abilità (Come si calcola un sistema di equazioni? Come si affronta un polinomio? Una funzione? Una costruzione sintattica in lati-no?). In questo caso dovremmo ripassare in maniera più approfondita le conoscen-ze, ma anche le procedure, ed esercitarle nuovamente.

1 Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea (2008/C 111/01), cit.

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4 • Realizzare il curricolo e sviluppare competenze attraverso la didattica quotidiana

Molti dei nostri ragazzi che esercitano queste tecniche non è detto che le abbiano acquisite consapevolmente, come vere e proprie abilità. Ad esempio, il fatto di sen-tirli dire rispetto a un calcolo: «Mi è venuto giusto, che fortuna!», dovrebbe indurci a pensare che, forse, si è innescato una automatismo di calcolo, ma non una rifles-sione metacognitiva rispetto al significato di quell’operazione.

La nostra preoccupazione maggiore, quindi, è di selezionare le informazioni irri-nunciabili – quelle che a ogni costo devono diventare conoscenza in modo da sorreg-gere le abilità e le competenze – e su queste imbastire percorsi didattici improntati al lavoro concreto, alla sperimentazione, alla discussione, alla riflessione e alla ricerca. Nel contempo, ci sforzeremo di fornire agli alunni: strategie e metodi per imparare, reperire e valutare le informazioni, organizzarle e recuperarle; strategie di pianifica-zione e progettazione, di soluzioni di problemi, di organizzazione e di decisione.

Dato che la competenza è un costrutto sociale – e a noi interessa, tra le finalità principali, che i nostri alunni maturino la capacità di convivere, partecipare, lavo-rare proficuamente nella comunità –, il lavoro di gruppo, la discussione, il supporto tra pari dovrebbero figurare tra le modalità più praticate di lavoro.

Dovremmo sempre potere rispondere alla domanda, espressa o inespressa, degli alunni che ci chiedono e si chiedono: «Perché dovrei imparare queste cose?». Tale domanda, lungi dall’essere impertinente e oziosa, è una legittima richiesta di senso e di valore. Dato che la cultura possiede tanto un valore quanto un senso, spetta a noi veicolarli in modo che i ragazzi li riconoscano.

Qual è il senso di una poesia, di un brano di musica, di un’opera d’arte? Che cosa sono in grado di dire a chi vi si accosta? Che cosa voleva esprimere l’autore nel tempo in cui l’ha realizzata, e quali messaggi universali vi sono contenuti?

Quali atteggiamenti, comportamenti, stili di vita possono evocare un fenomeno naturale, una conoscenza scientifica o tecnologica? Quali scelte personali e collet-tive potrebbero consigliare?

Non ci sono saperi “inutili”. È compito nostro proporli ai giovani in modo che essi ne rinvengano utilità e valore.

2. L’ambiente di apprendimento per promuovere competenze

Riassumiamo brevemente quali sono le condizioni che definiscono un ambiente di apprendimento “favorevole allo sviluppo della competenza” e quali sono le attività che più facilmente vi contribuiscono. Mettiamo l’attenzione anche sul fatto che questi elementi sono quelli che, nell’Index per l’inclusione2, vengono definiti come strumenti per una didattica inclusiva. La didattica per competenze, organizzata per tutta la clas-se, alla fine, è l’unica realmente inclusiva, poiché prevede contesti e situazioni in cui chiunque può mettere a frutto le proprie risorse e sviluppare le proprie potenzialità.

2 T. Booth, M. Ainscow, L’Index per l’inclusione, Erickson, Trento 2008, pp. 79 e ss.

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2. L’ambiente di apprendimento per promuovere competenze

Condizioni che definiscono l’ambiente di apprendimento

1. Centralità dell’alunno e responsabilità nella costruzione del proprio apprendimento. 2. Didattica centrata sull’esperienza, contestualizzata nella realtà, fatta di compiti

significativi. 3. Approccio all’apprendimento prevalentemente induttivo (dall’esperienza al mo-

dello e alla teoria), accompagnato, però, da una costante riflessione-ricostruzio-ne che accompagna l’azione, tale da permettere all’alunno di acquisire consape-volezza del proprio agire, metacognizione, capacità di autovalutazione.

4. Generalizzazione dell’esperienza e del modello acquisito ad altri contesti simili e diversi attraverso un approccio deduttivo.

5. Attenzione agli aspetti affettivo-emotivi dell’apprendimento (curiosità, interes-se, significatività, valore, convivialità, fiducia, empatia).

6. Assunzione di responsabilità educativa da parte dei docenti (l’istruzione serve alla formazione della persona e del cittadino autonomo e responsabile).

7. Ruolo di mediatore, tutor e facilitatore da parte del docente. 8. Dimensione sociale dell’apprendimento: discussione, apprendimento tra pari;

mutuo aiuto; apprendimento collaborativo. 9. Affidamento agli alunni di responsabilità, progettualità, presa di decisioni, as-

sunzione di cura verso cose, animali, persone, in contesti veri o verosimili. 10. Attenzione ai differenti stili e modi di apprendimento degli alunni e proposta di

contesti di apprendimento capaci di valorizzare le differenze.

Metodologie e strategie utili

1. Ascolto, conversazione, discussione. 2. Laboratorialità e ricerca: la laboratorialità, in verità, è intesa come l’approccio

didattico attivo, in cui gli allievi sperimentano, fanno ricerca, contestualizzano conoscenze e abilità in situazione. Pertanto comprende in senso lato tutte le strategie che qui vengono suggerite.

3. Lavoro di gruppo, collaborazione, sostegno tra pari. 4. Dibattiti, tornei di argomentazione su “temi caldi”, che richiedono agli alunni di

documentarsi per potere sostenere la propria tesi e confutare quella contraria. 5. Apprendimento “in situazione” e in contesti sperimentali. 6. Problem posing, problem solving, metodo scientifico. 7. Compiti significativi; Unità di Apprendimento 8. Partire sempre dalle conoscenze già in possesso degli alunni per completarle,

organizzarle, modificarle. Quindi non esordire con: «Oggi parliamo di..., vi spie-go...». Piuttosto con: «Avete mai sentito parlare di...? Cosa sapete di...?».

9. Valorizzare le conoscenze già in possesso degli alunni per ancorare quelle nuove.

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4 • Realizzare il curricolo e sviluppare competenze attraverso la didattica quotidiana

3. La lezione frontale

Lungi dall’essere cancellata, la lezione resta un valido strumento didattico, ac-canto ad altri, purché usata con sapienza e coerentemente inserita nella progetta-zione curricolare. Non può essere lo strumento prevalente del docente, perché non si perseguirebbe l’obiettivo di costruire competenze, ma rappresenta comunque un mezzo utile e talvolta necessario, per esempio, per i seguenti scopi:

• dare informazioni necessarie a iniziare un laboratorio o, in itinere, a continuare il lavoro;

• tenere la tessitura di percorsi laboratoriali, di Unità di Apprendimento, attraverso il “filo narrativo” che colloca tutti i percorsi esperienziali in un contesto: ad esem-pio, in storia, in letteratura, ma anche in altri ambiti, la lezione serve a garantire il quadro di riferimento, il filo conduttore di contesto in cui le esperienze vengono collocate (la collocazione spazio-temporale, il periodo storico...);

• portare a modello generale, a teoria, le diverse esperienze laboratoriali, garantendo il processo di generalizzazione e di rappresentazione che necessariamente la scuola deve accompagnare;

• fornire istruzioni su procedure, su come e dove reperire dati e notizie o, semplice-mente, in assenza di tempo sufficiente, garantire una quantità rilevante di infor-mazioni necessarie.

Si tenga presente, però, che le informazioni verbali sono più “fragili” e quindi, per renderle maggiormente accessibili e significative, sono sempre necessari alcuni accorgimenti per arricchire la lezione:

• far precedere la lezione da un “sommario” riassuntivo del suo contenuto: ciò serve da “anticipatore cognitivo”, proprio come i trailer dei film o delle fiction a episodi;

• innescare curiosità attraverso domande, interrogativi, aneddoti, esemplificazioni;

• contestualizzare il più possibile le informazioni con esempi di esperienza;

• utilizzare ausili visivi: LIM, slide, diapositive, filmati, grafici, tabelle...;

• modulare il tono della voce, sottolineando i passaggi della lezione;

• ricorrere a un pizzico di istrionismo, che giova sempre, specie se si legge un pezzo letterario o si spiega la storia, ma anche se si introduce un argomento di scienze o di matematica. L’utilizzo della mimica, della voce, dello humor, delle strategie narrative per indurre “suspence” suscitano maggiore curiosità;

• sollecitare, mentre si spiega, la partecipazione degli alunni attraverso domande, richieste di pareri, o puntando sulla loro esperienza;

• muoversi tra i banchi, perché il movimento mantiene più alta la soglia di attenzione;

• lasciare spazio e suscitare interrogativi, curiosità, che stimoleranno negli alunni domande o desiderio di approfondimento;

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4. Compiti “di realtà”

• verificare l’efficacia della comunicazione attraverso le domande;

• riassumere, alla fine, il contenuto o farlo fare ad alcuni allievi;

• nell’eventualità di consegne successive, dare consegne chiare, precise, presentate anche ad alta voce, verificandone la comprensione attraverso domande e ripeten-dole. Se si teme che esse non vengano trascritte correttamente, specie per alunni con difficoltà specifiche, meglio fornirle già scritte.

4. Compiti “di realtà”

La competenza è una dimensione della persona, una «combinazione di conoscen-ze, abilità e atteggiamenti appropriati al contesto». Si può apprezzare solo in situa-zione, per questo viene definita anche come “sapere agito”. Vi sono studiosi che sostengono che non esiste la competenza, ma «le persone competenti che agiscono in un contesto». Per questo è indispensabile, come abbiamo già ripetutamente spie-gato, che per potere rendere evidente l’agire competente, gli alunni possano lavora-re concretamente intorno a un problema, indagare, gestire e risolvere situazioni, attraverso compiti che noi affideremo individualmente e, anche più frequentemente, alla coppia o al piccolo gruppo.

In letteratura sono definiti “compiti significativi”, “di realtà”, “autentici”, “in si-tuazione”, tutte quelle situazioni nelle quali gli allievi sono chiamati a mobilitare e a sviluppare ulteriormente conoscenze, abilità, capacità metacognitive e metodolo-giche, atteggiamenti relazionali di fronte a una situazione concreta, contestualizza-ta nella realtà o molto vicina all’esperienza.

Tali compiti possono essere assegnati anche da un solo insegnante, nell’ambito della gestione della propria disciplina. Tuttavia, se “autentici” sono davvero, dovranno inevitabilmente toccare conoscenze e abilità appartenenti a discipline diverse, nonché capacità metodologiche e relazionali. Infatti, una situazione o un problema non si possono risolvere con la “disciplina”, ma facendo riferimento a tutti gli strumenti ef-ficaci per arrivare alla soluzione, da qualsiasi parte provengano. È molto raro che una situazione problematica autentica si possa affrontare ricorrendo a un solo campo del sapere, perché le discipline sono solo punti di vista convenzionali – da noi stabiliti per scopi pratici – che da sole non possono spiegare la complessità della realtà.

Possono diventare “compiti autentici”, per esempio, tutte le esperienze di scienze:

• esperimenti su fenomeni fisici e chimici: soluzioni, miscugli, sospensioni; passaggi di stato; cristallizzazioni...; esperienze di galleggiamento, vasi comunicanti;

• osservazioni naturalistiche: colture vegetali, piccoli allevamenti; osservazioni in situazione;

• costruzione di manufatti per esperienze di fisica; caleidoscopi, prismi, cilindri sono-ri, fionde, vasi comunicanti; leve; piani inclinati, manufatti per la trasformazione e l’utilizzo dell’energia...

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4 • Realizzare il curricolo e sviluppare competenze attraverso la didattica quotidiana

Tali esperienze diventano significative a queste condizioni:

• si applichi il metodo scientifico;

• l’alunno agisca, in gruppo con altri, come sperimentatore attivo;

• si solleciti una domanda, un problema, da una situazione di esperienza;

• vi sia una discussione sulle ipotesi di lavoro;

• gli alunni osservino, misurino, raccolgano dati;

• si giunga, attraverso la discussione e il contributo dell’insegnante, a un modello generale;

• venga presentata una relazione esplicativa finale, orale e/o scritta, che ha valore di ricostruzione riflessiva e, quindi, metacognitiva.

In un compito “autentico” vengono osservate e valutate: le conoscenze acquisite, le abilità nell’applicazione del metodo; la capacità di rilevare e porre problemi; la pertinenza delle ipotesi; l’abilità nel pianificare le esperienze e l’accuratezza nel raccogliere dati e registrarli; l’originalità, l’acume nell’interpretare i dati e nel trarre conclusioni; la capacità di collaborare con altri nella conduzione del lavoro e nella soluzione.

Sono terreno di “compiti autentici”, ovviamente, tutti gli aspetti del sapere, da qualunque punto di vista si affrontino. Ad esempio, l’insegnante di geografia po-trebbe affidare agli alunni un lavoro, anche individuale, di questa natura:

Tu sei un agente di viaggi e devi convincere tutti noi della classe, che siamo tuoi clienti, a comprare un biglietto per un viaggio in Francia. La prossima settimana do-vrai fare una presentazione, tenendo conto che tra di noi ci sono persone con inte-ressi sulla Francia potenzialmente differenti: a qualcuno interessano il paesaggio e le risorse naturali; a qualcun altro interessa l’economia; ad altri ancora le opportunità turistiche; qualcuno, invece, si interessa di arte e di storia. Utilizza tutti gli strumenti che ritieni utili a supporto della tua presentazione: foto, filmati, diapositive, presenta-zione in PowerPoint, grafici, tabelle. Non dimenticarti di arricchire la tua esposizione con dati relativi alla Francia e indica anche i costi di massima di un viaggio, limitato, a titolo di esempio, alla capitale.

Le competenze coinvolte in una consegna del genere sono, a prima vista, diverse: Comunicazione nella madrelingua, Competenze in matematica e Competenze di base in scienze e tecnologia, Competenze sociali e civiche, Competenza digitale, Spirito di iniziativa e intraprendenza, Imparare a imparare, Consapevolezza ed espressione culturale.

Il compito viene affidato dall’insegnante di geografia, anche se potrebbero trarne informazioni utili i docenti di lingua italiana, storia, arte, scienze, tecnologia, ma-tematica. Possono venire prese in considerazione per l’osservazione e la valutazione le conoscenze acquisite, la loro pertinenza, accuratezza e organizzazione; le fonti da

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5. Unità di Apprendimento

cui sono state reperite; la coerenza con le richieste (interessi diversi dei clienti); la capacità di organizzarle e integrarle; l’efficacia comunicativa degli eventuali sup-porti (presentazione in PowerPoint...); la capacità di comunicare in pubblico, espor-re, argomentare e persuadere.

Il compito può rivestire, naturalmente, una complessità diversa, a seconda del-l’età degli alunni a cui lo si affida.

Dall’esempio si può evincere come una semplice esercitazione scolastica si disco-sti da un compito significativo per diversi aspetti. Ovviamente non si vuole svilire l’importanza dello studio o delle esercitazioni, stiamo soltanto definendo le peculia-rità del “compito autentico”, nel quale sono implicate capacità di reperire e organiz-zare informazioni, risolvere problemi, prefigurare e affrontare situazioni, realizzare prodotti, in autonomia, da soli o con altri. Il compito è contestualizzato a situazioni che l’alunno conosce, può vivere, immaginarsi e quindi induce maggiore curiosità e interesse. Attraverso di esso, si applicano conoscenze e abilità già possedute, ma se ne costruiscono di nuove, muovendosi in ambiti interdisciplinari.

5. Unità di Apprendimento

Le Unità di Apprendimento sono moduli formativi che si concretizzano in una serie di compiti significativi che permettono agli alunni di agire comportamenti competenti, affrontando situazioni e risolvendo problemi che sviluppano diverse conoscenze, abilità, competenze e che coinvolgono più discipline. Possono avere durata variabile, da pochi giorni, a qualche settimana, a mesi.

Si sviluppano in fasi di lavoro, ciascuna delle quali, di fatto, rappresenta un compito significativo nel quale l’alunno agisce comportamenti che rendono eviden-te la competenza impiegata, produce qualcosa, consegue abilità e conoscenze. Cia-scuna fase, quindi, si presta a essere valutata. Tutte le fasi concorrono alla realizza-zione del prodotto finale dell’UDA, che non è lo scopo per cui si progetta l’Unità, ma un pretesto, un’occasione non banale per fare agire in modo competente gli alunni e motivarli attraverso un lavoro che si conclude con un risultato tangibile, frutto del loro impegno.

L’Unità di Apprendimento si svolge in gruppo ma, alla fine, ciascuno dovrà pro-durre una relazione che ripercorra e racconti le fasi del lavoro e giustifichi le scelte effettuate. La relazione serve a ogni alunno per effettuare una riflessione metaco-gnitiva sul lavoro svolto, e permette all’insegnante di rendersi conto di quanto ciascun allievo ha beneficiato dell’attività.

Sarebbe importante chiudere l’Unità di Apprendimento con un passaggio a rile-vanza pubblica sul lavoro svolto: presentazione alla scuola, ai genitori, alla cittadi-nanza, se il prodotto è di particolare rilevanza. L’uscita pubblica, oltre a permettere l’osservazione degli alunni in quel contesto, i loro atteggiamenti comunicativi, re-lazionali, organizzativi, accresce il significato e il valore dell’attività, aumentando la motivazione degli allievi a svolgere ulteriori lavori.

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4 • Realizzare il curricolo e sviluppare competenze attraverso la didattica quotidiana

Di seguito riportiamo la Tabella 4.1 che schematizza le principali differenze tra l’unità didattica e l’Unità di Apprendimento.

TABELLA 4.1

UNITÀ DIDATTICA UNITÀ DI APPRENDIMENTOÈ centrata su obiettivi del docente e sulla disciplina. È centrata su competenze degli allievi.

È centrata prevalentemente sull’azione del docente. È centrata sull’azione autonoma degli allievi.

Parte da obiettivi disciplinari e, attraverso mediatori di-versi, si propone di conseguire conoscenze e abilità.

Parte dalle competenze e, attraverso la realizzazione di un prodotto, si propone di conseguire nuove conoscen-ze, abilità e competenze.

Contiene un apparato di verifica e valutazione delle co-noscenze e delle abilità.

Contiene un apparato di verifica e valutazione delle competenze, abilità e conoscenze, attraverso l’analisi del processo, del prodotto e la riflessione-ricostruzione da parte dell’allievo.

È costituita prevalentemente di attività individuali o col-lettive dirette dall’insegnante.

È costituita essenzialmente da un’attività di gruppo au-tonomamente condotta dagli studenti con il supporto e la mediazione dell’insegnante.

L’UDA può essere molto complessa e articolata, coinvolgere molti insegnanti del Consiglio di Classe e mettere a fuoco diverse competenze, distribuendosi in un tem-po relativamente lungo, oppure può essere più contenuta, coinvolgere alcuni inse-gnanti, mettere a fuoco solo alcune competenze e distribuirsi in un tempo ridotto. Le grandi Unità di Apprendimento, che coinvolgono gran parte, se non tutti i do-centi, generalmente hanno come focus principale competenze sociali e civiche che possono accomunare tutta l’équipe docente, attraverso, ad esempio, la realizzazione di percorsi di educazione ambientale, storico-sociale, che possono fornire spunti per le competenze scientifico-tecnologiche, di comunicazione, di indagine sociale, di iniziativa e imprenditorialità e, appunto, per costruire competenze sociali. Richiedo-no uno sforzo di progettazione e di condivisione abbastanza elevato e quindi, per forza di cose, nel corso dell’anno se ne potranno realizzare non più di una o due.

Le Unità di Apprendimento più semplici, invece, possono durare anche solo qualche settimana e indagare aspetti specifici del curricolo, permettendo così agli insegnanti di progettarne diverse in autonomia, partendo dalle competenze cui la propria disciplina contribuisce particolarmente, oppure concordando con alcuni colleghi percorsi comuni. In questo modo, i docenti singoli, o coordinati a piccoli gruppi variabili, possono mettere a punto una serie di UDA che mettano a fuoco diverse competenze nel corso dell’anno, costituite da conoscenze e abilità prove-nienti dalle proprie discipline, fino a coprire tutta o gran parte della progettazione curricolare prevista.

Dentro un’Unità di Apprendimento non c’è solo l’azione autonoma degli allievi, che pure ne è il motore principale: possono esserci lezioni frontali da parte dell’in-segnante, che fornisce agli allievi informazioni necessarie alla realizzazione del la-voro, esercitazioni per consolidare abilità necessarie, lezioni conclusive che si pro-pongono di sistematizzare, portare a modello (a teoria), l’esperienza condotta.

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5. Unità di Apprendimento

I vantaggi dell’UDA

L’Unità di Apprendimento mira allo sviluppo di competenze, ma, essendo queste costituite da abilità e conoscenze, serve anche a verificare e valutare il profitto. Il valore aggiunto è che abilità e conoscenze sono contestualizzate, messe al servizio di un problema, agite in un contesto significativo e quindi acquistano agli occhi dell’allievo senso e significato e hanno maggiore opportunità di essere ricordate e consolidate. L’altro grande vantaggio è che l’insegnante ha l’opportunità non solo di valutare se l’allievo ha acquisito le conoscenze e le abilità, ma soprattutto se le sa impiegare, se sa mettersi in relazione con altri per portare a termine un compito, se sa agire con autonomia e responsabilità. Inoltre, mentre gli allievi sono impegna-ti nel compito, l’insegnante ha l’opportunità di osservarli e rilevare atteggiamenti relazionali, comunicativi, modalità di approccio al lavoro e al compito.

Tutto il curricolo potrebbe essere realizzato attraverso la progettazione di Unità di Apprendimento. Tuttavia, è una modalità di lavoro alla quale gli insegnanti non sono abituati e che sentono di non controllare. Di fronte all’UDA, la sensazione degli insegnanti è di perdere la sistematicità e progressività degli argomenti da af-frontare, di essere frammentari e dispersivi. Indubbiamente, fino a quando l’espe-rienza dell’UDA è ridotta a una o due all’anno, esse rappresentano sicuramente dei meri “episodi”. Diverso sarebbe se una tessitura di Unità di Apprendimento, pianifi-cate intorno agli ambiti di indagine di cui abbiamo parlato in precedenza, affron-tasse organicamente tutto il curricolo, utilizzando strumenti diversi, dalle lezioni alle ricerche, alle sperimentazioni.

Per arrivare a questo, tuttavia, sono necessari tempo ed esperienza e la pianifi-cazione di molte Unità di Apprendimento. Inizialmente, diciamo nei primi due anni, è certamente necessario investire nella condivisione, per concordare i concetti, gli ambiti di indagine comuni, linguaggi e metodologie. Una volta avviati, ci si accor-derà all’inizio dell’anno sull’impianto generale; poi, ciascuno potrà mettere a punto UDA in piena autonomia, condividendo anche a distanza i materiali con i colleghi, i quali potranno integrare e apportare modifiche.

In attesa di arrivare a questo livello generalizzato di organizzazione, però, è bene che i docenti lavorino conservando le proprie sicurezze, Proponiamo, quindi, un avvicinamento alla situazione definitiva in modo progressivo. Gli insegnanti procedano nell’organizzazione dell’insegnamento nel modo in cui sono abituati, con l’accortezza, tuttavia, di arricchire le lezioni di compiti significativi, di discus-sioni, di collegamenti interdisciplinari, di riflessioni, che sono anch’essi utili a svi-luppare competenze. Pianifichino, però, nel tempo scuola, uno spazio adeguato e progressivamente sempre maggiore per la laboratorialità, la ricerca e il lavoro in situazione.

All’obiezione di molti che la progettazione, condivisione e realizzazione di Uni-tà di Apprendimento è molto dispendiosa in termini di tempo, si può opporre la considerazione già fatta sulla fragilità delle informazioni trasmesse prevalente-mente attraverso lezioni ed esercitazioni. Non siamo per nulla certi, infatti, che gli alunni conseguano conoscenze stabili attraverso l’impiego prevalente di queste

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4 • Realizzare il curricolo e sviluppare competenze attraverso la didattica quotidiana

metodologie: sicuramente non sviluppano competenze. Eppure, la pianificazione delle lezioni costa a noi e agli studenti molto tempo, sforzo ed energia, senza ga-rantire effetti durevoli, anche a causa della scarsa motivazione e del poco interesse che un apprendimento eminentemente passivo induce in molti.

Poiché è nostro compito e dovere deontologico fare in modo che gli alunni ac-quisiscano strumenti culturali, personali e sociali per affrontare il mondo, dobbiamo impegnarci per individuare e mettere in pratica tutti i percorsi che possono aumen-tare le possibilità di successo formativo e di crescita degli alunni in cultura, auto-nomia e responsabilità.

Il formato di Unità di Apprendimento che proponiamo si caratterizza come un microprogetto, anche nella sua struttura. A prima vista, può sembrare complicato e di difficile gestione. Tuttavia, gli insegnanti che lo hanno utilizzato continuativa-mente nel tempo hanno testimoniato la sua utilità, perché permette di esplicitare i percorsi che si intendono realizzare, in tutte le loro fasi, senza trascurare nulla, rendendone possibile la verifica e anche la replicabilità.

Nei successivi paragrafi, proporremo la struttura dell’Unità di Apprendimento, commentandone passo per passo i passaggi, simulando la costruzione del percorso didattico in tempo reale3.

6. Costruire un’Unità di Apprendimento

L’ambito di indagine su cui verte l’Unità di Apprendimento che abbiamo scelto di sviluppare come esempio è il problema dell’approvvigionamento delle risorse per la sopravvivenza, nel tempo e nello spazio, da parte dei gruppi umani. Ci si focaliz-zerà su una delle strategie di reperimento delle risorse, ovvero la migrazione, con-testualizzando l’indagine sull’Italia, dalla fine del XIX secolo ai giorni nostri.

L’indagine muove da un ambito pertinente la consapevolezza ed espressione culturale, in particolare sotto il profilo storico. Tuttavia, potrà toccare aspetti dell’u-tilizzo del territorio da parte dell’uomo; della distribuzione delle risorse a livello planetario; del confronto con il comportamento di altri esseri viventi negli ecosiste-mi, alle prese con problemi analoghi (competenze di base in scienza e tecnologia); delle implicazioni sociali, culturali, economiche di grandi masse migratorie che si spostano da un’area del mondo a un’altra (competenze sociali e civiche).

3 Alcuni esempi di Unità di Apprendimento redatte sul format proposto sono reperibili alla pagina web: http://www.francadare.it/wp/formato-per-la-redazione-di-unita-di-apprendimento/.

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