Controllo di Gestione -...

40
Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 53 Capitolo II Il controllo di gestione negli enti locali 2.1. Il concetto di controllo Nel capitolo precedente si è svolta una breve analisi circa i caratteri che qualificano la programmazione e sulla sua fondamentale importanza all’interno delle aziende pubbliche territoriali locali. Tuttavia, detta dimensione appare come componente senza propria autonomia poiché, assieme alla dimensione del controllo, costituisce un binomio avente natura inscindibile all’interno di un unico ciclo di processi di controllo direzionale. Programmazione e controllo, quindi, hanno la funzione di aumentare la probabilità che gli operatori prendano decisioni ed assumano comportamenti coerenti con gli obiettivi dell’organizzazione. L’attività di programmazione di un ente locale può essere scomposta nelle già citate fasi della pianificazione strategica e della programmazione 1 : Alla programmazione è inscindibilmente collegata, dunque, la dimensione del controllo. Gli aspetti qualificanti l’attività di controllo sono: 2 - si fonda sulla rilevazione dei risultati ottenuti e in corso di formazione; - si basa sul principio della misurazione delle conseguenze delle decisioni e delle azioni; - si basa sull’analisi del confronto; - è uno strumento a supporto del processo decisionale. 1 Si veda il Principio Contabile n. 1, Programmazione e previsione nel sistema di bilancio. Osservatorio per la finanza e la contabilità degli Enti Locali, I principi contabili per gli Enti Locali, Roma, 2003, p. 35 e seguenti. 2 E. BORGONOVI, Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Egea, Milano, 2002, p. 325.

Transcript of Controllo di Gestione -...

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 53

Capitolo II

Il controllo di gestione negli enti locali

2.1. Il concetto di controllo

Nel capitolo precedente si è svolta una breve analisi circa i caratteri che qualificano la programmazione e sulla sua fondamentale importanza all’interno delle aziende pubbliche territoriali locali.

Tuttavia, detta dimensione appare come componente senza propria autonomia poiché, assieme alla dimensione del controllo, costituisce un binomio avente natura inscindibile all’interno di un unico ciclo di processi di controllo direzionale.

Programmazione e controllo, quindi, hanno la funzione di aumentare la probabilità che gli operatori prendano decisioni ed assumano comportamenti coerenti con gli obiettivi dell’organizzazione.

L’attività di programmazione di un ente locale può essere scomposta nelle già citate fasi della pianificazione strategica e della programmazione1:

Alla programmazione è inscindibilmente collegata, dunque, la dimensione del controllo.

Gli aspetti qualificanti l’attività di controllo sono: 2 - si fonda sulla rilevazione dei risultati ottenuti e in corso di

formazione; - si basa sul principio della misurazione delle conseguenze

delle decisioni e delle azioni; - si basa sull’analisi del confronto; - è uno strumento a supporto del processo decisionale.

1 Si veda il Principio Contabile n. 1, Programmazione e previsione nel sistema di

bilancio. Osservatorio per la finanza e la contabilità degli Enti Locali, I principi contabili per gli Enti Locali, Roma, 2003, p. 35 e seguenti.

2 E. BORGONOVI, Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Egea, Milano, 2002, p. 325.

Capitolo II 54

I sistemi di programmazione e controllo contribuiscono, dunque, a risolvere un problema tipico delle aziende pubbliche: “regolare”, “coordinare” e “indirizzare” i numerosi fattori produttivi utilizzati in molteplici attività specializzate, in modo da ottenere prodotti e servizi complessi che soddisfino i bisogni di una comunità.3

Per quanto detto, è inevitabile pensare al “controllo” in modo differente da quello inteso come prevalente nella logica amministrativa pubblica tradizionale: seguendo un approccio economico aziendale, dunque, il controllo si presenta come un’attività che sorge e si sviluppa spontaneamente in tutte le organizzazioni la cui sopravvivenza dipende dal modo in cui esse riescono ad inserirsi e ad operare nell’ambiente esterno.4

A tal fine, anche per gli enti locali, diventa nodale una strutturazione organica e condivisa del processo di pianificazione, programmazione e controllo, facendo sì che questo diventi parte fondante della cultura d’azienda.

Tuttavia, il primo passo da compiere nell’approcciarsi allo studio dei sistemi di controllo è quello di definire, nel modo più chiaro possibile il contenuto di questo termine che, essendo utilizzato in numerose discipline, e quindi in altrettanto numerose accezioni, spesso non è facilmente identificabile in un concetto univocamente interpretato.

Quello del “controllo” è, infatti, un concetto ampio, applicabile alle persone, alle cose, alle situazioni ed alle organizzazioni. In queste ultime, esso è interpretato ora come funzione e, quindi, caratteristica della struttura, ora come strategia di integrazione aziendale, ora come insieme delle relazioni presenti all’interno di un contesto sociale.

La definizione più circoscritta di controllo, comunque, è quella di attività ispettiva (o di verifica) dei comportamenti dei collaboratori di grado inferiore, esercitata dal diretto superiore,

3 L. D’ALESSIO, La funzione del controllo interno, in G. FARNETI, I controlli nelle

pubbliche amministrazioni, Maggioli, Rimini, 1997, p. 344 e seguenti. 4 F. PEZZANI – A. GARLATTI, I sistemi di programmazione e controllo negli enti

locali. Progettazione, sviluppo e impiego, Etas, Milano, 2000, p. 70.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 55

in accordo con il principio dell’unità di direzione delle organizzazioni complesse.

Quest’interpretazione del concetto di controllo è molto vicina, per natura ed origine, a quella che si è sviluppata, negli anni, all’interno degli enti locali. Nonostante questi non avessero fini di lucro, erano comunque interessati ad evitare perdite di merci o di denaro o loro distrazioni da parte di dipendenti “infedeli” ed in secondo luogo, consentire una corretta gestione dei crediti e dei debiti. Così si attivò una funzione di controllo la cui nozione era sinonimo innanzitutto di “ispettorato”.5

Quest’accezione, riduttiva per gli scopi perseguiti da questo studio, ha dato vita ad una disciplina che oggi è conosciuta come “internal auduting”.6

Una seconda interpretazione, diametralmente opposta a questa vede, invece, il controllo come l’insieme di tutte le attività che influenzano i comportamenti dei partecipanti all’organizzazione: la c.d. “attività di guida”.

Tra i due estremi delineati esistono numerose altre interpretazioni del controllo, differenziabili in base all’enfasi posta sul concetto di “influenza” in quanto, “controllare”, all’interno di un contesto organizzativo, significa appunto influire sui comportamenti individuali dei partecipanti all’organizzazione stessa, limitandone in maniera più o meno

5 Il riferimento prevalente è all’attività svolta fino a pochi anni orsono dai

CO.RE.CO e dalla Corte dei Conti. Queste ultime, a fianco della ben nota competenza giurisdizionale, vedono affermarsi una nuova funzione; come emerge dall’art. 7 della Legge 131/2003 (c.d. Legge La Loggia), infatti, tale norma prevede che la Corte dei Conti – Sezione Controllo –, verifichi nel rispetto della natura collaborativa del controllo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali, di principio e di programma, nonché la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni, oltre a riferire sugli esiti delle verifiche esclusivamente agli organi rappresentativi degli enti controllati.

6 Si vedano tra gli altri M. MOLTENI (a cura di), Verso una nuova concezione di internal auditing, EGEA, Milano, 1998; S. CORBELLA – N. PECCHIARI (a cura di), Internal auditing. Aspetti di struttura e di processo: i risultati di una ricerca empirica, EGEA, Milano, 1999; P. TETTAMANZI , Internal auditing. Evoluzione storica, stato dell’arte e tendenze di sviluppo. Italia e Regno Unito a confronto, EGEA, Milano, 2003.

Capitolo II 56

intensa la libertà di decisione e d’azione al fine di ottenere il coordinamento e l’integrazione dei compiti.

In altri termini, il controllo di gestione può essere definito come un sistema informativo decisionale tendente a modificare il comportamento delle persone di una organizzazione, al fine di indirizzarlo, opportunamente, verso il raggiungimento dei fini aziendali.

2.2. Il controllo nei sistemi complessi

In un momento storico caratterizzato da una complessità

sempre crescente, a fronte di risorse finanziarie derivate sempre più limitate, le aziende pubbliche territoriali locali, per perseguire con efficacia (oltre che con efficienza) gli obiettivi della loro istituzione, devono rafforzare le capacità di elaborazione, condivisione ed attuazione di “politiche pubbliche”.

All’aumentata complessità corrisponde un aumento dei fabbisogni espressi dal sistema, in termini di articolazione, rilevanza e selettività.7

L’articolazione aumenta perché le unità organizzative si moltiplicano, assumendo caratteri diversificati; “ciò implicitamente aumenta anche i gradi di rilevanza e di selettività richiesti. Infatti a mano a mano che la complessità strutturale aumenta diventa necessario passare da una rilevanza concepita in termini generali (riferita cioè all’azienda nel suo insieme) ad una concezione di rilevanza specifica, riferita alle singole unità organizzative, e tale per cui le stesse siano orientabili ed orientate alle aree di risultato di cui sono responsabili. Per consentire ciò il sistema deve contemporaneamente divenire maggiormente selettivo, evitando il più possibile le trasmissioni di dati e informazioni non

7 Si vedano al riguardo gli studi di L.VON BERTALANFFY, Problems of general

system theory, in General system theory: a new approach to unit of science, Human Biology, December, 1951.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 57

strettamente legate ai problemi gestionali di rilevanza specifica”.8

I due elementi che maggiormente rendono impervio il nuovo percorso intrapreso dagli enti locali, sono rappresentati dal dualismo tra potere politico e potere dirigenziale e dalle intense relazioni che, oramai, il “comparto pubblico” intrattiene con l’ambiente esterno.9

Sebbene la legge sia intervenuta a separarli formalmente, la politica e la burocrazia continuano a generare ingerenze di tipo biunivoco che rendono instabile la gestione aziendale e che non contribuiscono a sviluppare le capacità di cui necessita.10

Infatti, accanto alla nota e sempre citata influenza esercitata dagli organi di governo sulla dirigenza, non è da sottovalutare l’attività delle persone che professionalmente fanno parte della struttura tecnico-amministrativa. Queste, forti delle conoscenze specialistiche, possono esercitare tale potere incidendo sulle decisioni degli organi elettivi oltre i limiti della loro competenza. Detta circostanza non è da considerare meno grave di quella che vede i politici interferire in compiti non propri. Si rischia, infatti, che si formino all’interno della struttura burocratica i c.d. “centri invisibili di potere”.11

8 Al riguardo si veda G. REBORA – M. MENEGUZZO, Strategia delle amministrazioni

pubbliche, UTET, Torino, 1990, p. 91. 9 Si veda a riguardo L.C. LUCIANETTI, Introduzione all’economia delle aziende e

delle amministrazioni pubbliche, Libreria dell’Università, Pescara, 2004, p. 183 e seguenti.

10 Si vedano l’art. 3 del D.Lgs. n. 29 del 3 febbraio 1993 - Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego – e i numerosi interventi successivi..

11 “Nell’ambito degli istituti pubblici moltissime operazioni sono soggette ad una rigida regolamentazione di leggi, regolamenti di attuazione, circolari interpretative, ecc. poste in essere con lo scopo di salvaguardare il perseguimento del bene comune della collettività. […] Tali vincoli, tale inestricabile complesso di norme sono in generale più noti alle persone che professionalmente fanno parte della struttura burocratico-amministrativa; queste persone possono sfruttare le loro conoscenze specialistiche per esercitare un influsso sulle decisioni degli organi politici oltre i limiti della loro competenza”, in E. BORGONOVI, L’economia aziendale negli istituti pubblici territoriali , Giuffrè, Milano, 1975, nota n. 7, p. 20.

Capitolo II 58

Essi, inevitabilmente, sfuggono al già limitato controllo che la collettività amministrata può esercitare sui propri rappresentanti.

In merito alle relazioni con l’ambiente esterno, poi, l’azienda di erogazione pubblica appare caratterizzata da un elevato numero di variabili da tenere sotto controllo.12

Ogni azienda, per poter svolgere l’attività che le è propria, intesse continue relazioni con altre unità socio-economiche.13 L’insieme di tali rapporti configurano l’ambiente nel quale l’azienda opera per raggiungere il fine della sua istituzione e, più precisamente, rappresentano le variabili ambientali.14

Queste non sono da intendersi in una accezione esclusivamente negativa in quanto, dall’ambiente, possono prodursi condizioni e situazioni assolutamente favorevoli per le aziende. Fondamentale importanza riveste, a tal proposito, il comportamento del soggetto economico che deve, con le informazioni a disposizione, gestire l’imprevedibilità, l’irresolutezza e l’incertezza tipiche delle variabili ambientali, arrivando a compiere atti di gestione che siano proiettati con lungimiranza al futuro. 15

L’azienda, durante il proprio ciclo di vita, deve interagire con un sistema ambiente caratterizzato da tre tipologie di variabili: 16

12 E. BORGONOVI, Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche,

Egea, Milano, 2002, p. 172. 13 “La constatata variabilità della economia interna d’azienda non trova ragion

d’essere soltanto nel mutevole e differenziato svolgersi della gestione interna, ma riflette, evidentemente, circostanze e situazioni esterne proprie del sistema ambientale anch’esso dinamico, continuamente mutevole e variabile”, in L.C. LUCIANETTI, Sul sistema informativo aziendale. Caratteri, funzioni e logica del piano dei conti, in Studi in onore di Ubaldo De Dominicis, LINT, Trieste, 1991, p. 1395.

14 L.C. LUCIANETTI, Produzione consumo e tutela ambientale, LUE, Pescara, 1997, p. 41.

15 L.C. LUCIANETTI, Economia aziendale – lezioni e letture, LUE, Pescara, 1997, p. 159.

16 E. CAVALIERI , Ricerche di economia dell’impresa, Cedam, Padova, 1984, p. 87 e seguenti.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 59

1. variabili generali a. livello di istruzione b. situazione demografica c. situazione economica generale d. stato delle istituzioni e. livello dei servizi e delle infrastrutture f. tutela ambientale g. politica territoriale

2. variabili tecnologiche

a. livello della ricerca scientifica b. situazione tecnologica c. know-how

3. variabili di mercato

a. mercato delle risorse b. mercato di sbocco dei prodotti c. mercato dei capitali

Gli enti locali, come noto, oltre a doversi relazionare con i

citati elementi (con le dovute limitazioni che derivano dalla sua attività elettiva svincolata dalle logiche di mercato), si trova davanti ad altri due sistemi esogeni le cui interferenze con la gestione sono forse superiori rispetto a quelli già esposti: il sistema istituzionale ed il sistema politico-sociale.17

Il sistema istituzionale è quello che richiama l’azienda al rispetto del principio della legalità (rispetto delle regole) nel perseguire l’equilibrio diritti/doveri dell’istituto pubblico nei

17 “Nelle aziende pubbliche di erogazione, la gestione, pur essendo unitaria, perché

unica è l’azienda ed unico il suo soggetto, però ha natura composita; nel suo ambito si attuano un processo erogativo, un processo produttivo patrimoniale e un processo produttivo di impresa. L’amministrazione dei beni patrimoniali e l’attività produttiva di impresa hanno carattere strumentale rispetto al processo erogativo, in quanto generano redditi che, se sono positivi, alimentano il processo erogativo e concorrono al raggiungimento dei fini dell’ente; se viceversa sono negativi, si riflettono negativamente sul processo erogativo, perché assorbono una quota delle entrate finanziarie aziendali”, in M. MULAZZANI , Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche, Volume I, Cedam, Padova, 2001, p. 5.

Capitolo II 60

confronti della collettività amministrata e degli altri istituti sociali (famiglie, organizzazioni non profit, imprese, partiti politici, ecc.). In tale sistema rientrano, altresì, le spinte verso il perseguimento degli scopi elettivi di una azienda pubblica di erogazione per mezzo delle funzioni e delle competenze assegnate.18

Nel sistema politico-sociale, invece, preminente è l’attenzione alle forme di rappresentanza degli interessi della collettività amministrata, alla gestione delle relazioni tra i partiti politici e i gruppi sociali (associazioni, fondazioni, gruppi di pressione, lobbies, ecc.), considerandone gli interessi ed i valori espressi, stabilendo le priorità di intervento senza poter, comunque, non perseguire il principio del consenso politico.19

È ragionevole, sulla base di quanto esposto, ritenere che l’azienda pubblica territoriale locale presenti “complicazioni” elevate che necessitano di una analisi puntuale.20

È evidente, altresì, che l’esercizio dei poteri non può prescindere da iniziative volte a creare consenso politico attorno alle scelte effettuate.

Si devono, dunque, costruire modelli e meccanismi di governance in cui l’attore pubblico mantenga e, anzi, ribadisca, il suo ruolo centrale con la consapevolezza, però, di non poter operare in isolamento poiché abbisogna del sostanziale

18 “Nell’amministrazione pubblica le tecniche manageriali ed il controllo

manageriale potranno affermarsi solo se essa non sarà più ritenuta apparato servente del potere politico-istituzionale, ma organizzazione depositaria di una specifica professionalità nel ricercare le modalità di efficiente ed economico impiego delle risorse”. E. BORGONOVI, I concetti di controllo burocratico e controllo manageriale nella pubblica amministrazione, in Azienda Pubblica n. 1, Giuffrè, Milano, 1988, p. 29.

19 “Il sistema politico può essere sinteticamente definito l’insieme delle regole, esplicite e implicite, e dei comportamenti (per esempio rapporti di scontro o collaborazione nel rispetto dei differente ruoli tra maggioranze politiche e opposizioni), tramite cui si persegue un equilibrio tra valori della società e scelte finalizzate a consentire la piena espressione di tali valori e tramite cui si realizzano forme di composizione, mediazione, contemperamento, convivenza di valori e culture diverse. Esso è guidato dal principio del consenso e/o dell’opportunità politica, ossia del sostegno a determinate scelte che riguardano la società”, in E. BORGONOVI, Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Egea, Milano, 2002, p. 39.

20 Si veda al riguardo lo schema proposto in G. REBORA – M. MENEGUZZO, Strategia delle amministrazioni pubbliche, UTET, Torino, 1990, p. 53.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 61

contributo di altri soggetti in termini di risorse, di professionalità e di competenze.21 Modelli basati, quindi, non sul declino e ridimensionamento dell’azienda pubblica ma piuttosto su di una riconfigurazione strategica del suo ruolo.22 Riconfigurazione che, se correttamente implementata, può potenzialmente produrre un aumento della capacità di indirizzo della società oltre che un aumento della capacità di raggiungere gli obiettivi, facendo leva sulle le risorse di altri attori, ovvero, incanalandole nella direzione migliore per l’interesse generale della collettività amministrata.

In presenza di un costante aumento delle condizioni di complessità, dunque, si è andata affermando – con riferimento a tutte le categorie di aziende – la necessità di attivare una “funzione controllo” il cui compito non consiste in un mero ispettorato ma in quello di aderire al concetto di controllo derivabile dalla semantica anglosassone del termine control e cioè: “guida dell’azienda verso obiettivi definiti, in presenza di vincoli ambientali”.23

Il controllo inteso in senso aziendale “si concretizza in un’attività tipica e caratterizzante della dirigenza e consiste nell’effettuazione di analisi, eseguite sulla base di misurazioni (consuntive e prospettiche) inerenti i risultati (globali o parziali) della gestione, finalizzate alla formulazione dei giudizi sugli andamenti aziendali e alla conseguente assunzione di decisioni riguardanti la gestione stessa”.24

L’approccio sistemico, dunque, risulta particolarmente virtuoso nello studio di queste realtà, sopratutto in riferimento

21 Sui concetti di governance e government si veda tra gli altri E. BORGONOVI,

Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Egea, Milano, 2002, p. 42.

22 Al riguardo si veda G. REBORA – M. MENEGUZZO, Strategia delle amministrazioni pubbliche, UTET, Torino, 1990, p. 271 e seguenti.

23 F. AMIGONI – P. MIOLO VITALI , Misure multiple di performance, Egea, Milano, 2003, p. 13.

24 F. PEZZANI– A. GARLATTI, I sistemi di programmazione e controllo negli enti locali. Progettazione, sviluppo e impiego, Etas, Milano, 2000, p. 69.

Capitolo II 62

allo studio del sistema dei valori ed alla rilevazione di risultati ritenuti significativi per i processi aziendali. 25

Queste due aree d’indagine sono, infatti, il frutto di una serie di complesse interrelazioni dinamiche e non la semplice sommatoria di parti. Considerando l’oggetto di studio come un “sistema aperto” a differenti e diversificate relazioni con tutti gli attori che ne influenzano il comportamento – e sui quali l’oggetto stesso esercita influenza –, l’approccio sistemico amplia l’orizzonte di analisi (e quindi anche quello delle spiegazioni possibili ai comportamenti aziendali), prendendo in considerazione l’elemento “ambiente esterno”.26

E’ bene, comunque, precisare che l’approccio sistemico non deve limitarsi all’analisi delle relazioni tra azienda e ambiente esterno, ma deve essere funzionale al controllo economico inteso come continua verifica della razionalità economica delle decisioni d’azienda attraverso l’analisi delle variazioni del sistema dei valori.

25 Il metodo sistemico è utile a spiegare realtà molto complesse; la conquista del

riconoscimento della sua validità, però, ha portato a concentrarne l’applicazione soprattutto sull’analisi delle relazioni tra azienda e ambiente che, attuandosi attraverso scambi monetari, sono generatrici di quantità economiche; in tal modo si è proceduto ad un approfondimento delle implicazioni che esso comporta con riferimento al sistema dei valori.

Il metodo analitico, invece, si è sviluppato come strumento di analisi privilegiato dell’azienda intesa come sistema complesso di accadimenti, di valori e di decisioni, si è concentrato sullo studio del sistema dei valori, limitando il proprio raggio d’applicabilità a contesti in cui è possibile rilevare risultati economici.

Laddove, invece, il processo produttivo tipico non è generatore di risultati economici significativi, o lo è in modo difficoltoso (come il caso delle aziende-enti locali) e ci si deve riferire ad un sistema dei valori che non è una semplice sommatoria di parti, ma è il frutto di loro complesse interrelazioni dinamiche, il metodo analitico è stato tacciato di inefficacia e per questo sostituito con quello sistemico.

La soluzione migliore, come spesso accade, si trova nel mezzo. L’approccio sistemico deve cioè rivolgersi sia alle relazioni azienda-ambiente sia al sistema dei valori generato dall’attività aziendale; il metodo analitico, da par suo, deve operare quando il livello di dettaglio e di scomposizione del sistema diventa elevato e l’analisi dei valori richiede un’indicazione dettagliata e puntuale per l’impiego ai fini del controllo economico.

Si veda F. AMIGONI, I sistemi di controllo direzionale. Criteri di progettazione e di impiego, Giuffrè, Milano, 1979, capitolo IV.

26 M. MENEGUZZO, Managerialità innovazione e governance, la P.A. verso il 2000, Aracne, Roma, 2001, p. 3.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 63

L’applicazione di queste teorie alla realtà specifica degli enti locali può destare più di un sospetto, anche tra che vi opera nel campo teorico, sopratutto in riferimento all’utilizzo di concetti come il controllo economico o il sistema dei valori.27

In realtà l’applicabilità di questi concetti è assoluta anche con riferimento a questo particolare tipo di azienda.

Le fondamenta su cui poggia l’approccio sistemico, infatti, considerano i concetti suddetti (sistema dei valori, controllo economico, verifica della razionalità economica, ecc.) svincolati dal fine unico della massimizzazione dell’utile di esercizio e risultano, quindi, assolutamente ridimensionati anche i problemi connessi all’individuazione dei prezzi-costo e dei prezzi-ricavo in base all’incontro tra domanda e offerta di mercato.28

In quest’ottica la problematica dei sistemi di controllo negli enti locali presenta un quadro estremamente chiaro e razionale: gli enti locali sono aziende (azienda-ente locale) cioè un organismo socio-tecnico che, nella propria particolarità, è studiato da una scienza (l’economia aziendale) e può essere analizzato attraverso vari metodi d’indagine.

27 Si cita in particolare l’articolo del TUEL che si riferisce al tema del controllo.

L’art. 147 impone, infatti, la suddivisione del sistema di controllo interno in 4 aree ben definite, separate tra loro e con differenti finalità:

- garantire attraverso il controlli di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa;

- verificare, attraverso il controllo di gestione, l’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati;

- valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale; - valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani,

programmi ed altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti.

28 L’utile d’esercizio non è considerato come un obiettivo né come un criterio oggettivo d’efficienza. Esso è semplicemente un indice della possibilità, per l’azienda di rispettare, nel lungo periodo, il generale vincolo dell’equilibrio economico.

In tal modo il sistema dei valori, le scelte di allocazione ottimale delle risorse scarse tra le diverse unità operative e, al loro interno, tra i diversi impieghi, sono funzionali all’obiettivo principale dell’equilibrio economico, senza il quale è pregiudicato il raggiungimento di tutti i fini istituzionali dell’ente locale.

Questa semplice dichiarazione di principio è sufficiente, da sola, a porre in secondo piano il problema dell’individuazione del reddito in un organismo che, per sua natura, svolge una serie di attività col fine ultimo della soddisfazione dei bisogni della collettività amministrata.

Capitolo II 64

Nel tentativo di “vestire” scientificamente e nel modo più completo possibile l’analisi svolta nel presene lavoro, il metodo d’indagine prescelto è, come anticipato sopra, quello sistemico: esso offre una visione generale, organica e globale dell’agire dinamico e interattivo dell’azienda-ente locale, sia al proprio interno che in relazione all’ambiente in cui essa opera.

L’attività di controllo, quindi, è identificabile sottoforma di processi che mettono in correlazione le unità organizzative, gli obiettivi e le risorse. Queste si avvincono a sistema, configurando la concezione complessiva di un modello razionale e generale di programmazione e controllo per le aziende pubbliche territoriali locali.

In particolare, accanto alle difficoltà legate alla ridotta disponibilità di risorse ed alla “rigidità” della struttura organizzativa, vi è necessità di affrontare nuovi problemi inerenti la tipologia di obiettivi più adatta da assegnare ai diversi organi, piuttosto che l’individuazione di processi di definizione degli obiettivi e ancora, la necessità di esplicitare le relazioni che legano gli obiettivi, i processi attraverso i quali questi sono stati definiti e il modo in cui gli organi deputati a realizzarli riescono a metabolizzarli nelle attività operative quotidiane, sì da divenire più o meno sensibili ai mutamenti ambientali.

L’approccio sistemico di cui si è parlato fino a questo momento, infatti, si collega ad un schema semplificato del processo decisionale a supporto del quale si sviluppano, appunto, i sistemi di programmazione e controllo intesi come meccanismi operativi di assegnazione degli obiettivi misurabili e di reporting dei risultati.

In quest’ordine di idee il controllo di gestione non avrà più natura equivoca e parziale di operatore di verifica o vincolo operativo ma assurgerà al ruolo, ad esso consono, di momento centrale della realtà operativa, a supporto dei processo di definizione, attuazione e controllo delle strategie aziendali.29

29 S. POZZOLI, Il controllo direzionale negli enti locali, Franco Angeli, Milano,

2001, p. 243.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 65

2.3. Implicazioni del controllo di gestione sul sistema informativo

Predisporre il controllo di gestione vuol dire prendere in

considerazione due distinti problemi: il primo consiste nell’individuazione dei requisiti che debbono possedere gli strumenti a disposizione affinché si possa parlare di un “sistema di controllo”; il secondo attiene, invece, alla necessità di individuare una idonea soluzione organizzativa per la funzione del controllo di gestione, stabilendone la collocazione all’interno dell’organizzazione e le modalità operative.30

È fondamentale, dunque, individuare i requisiti del sistema informativo che deve supportare il controllo di gestione, anche in riferimento alla struttura informatica, divenuta sempre più importante anche per l’operatività degli enti locali.

Queste realtà si trovano, infatti, a gestire una quantità sempre crescente di dati che, per essere trasformati in informazioni, utili al “management” al fine di alimentare il processo decisionale, necessitano di soluzioni informative.31

Le informazioni prodotte, poi, possono essere gestite con due modalità differenti.32

Nel modello “accentrato”, l’azienda si dota di una unità che presiede al controllo di gestione con proprie risorse umane e strumentali.

Con il modello “decentrato”, invece, l’organizzazione si caratterizza per l’inserimento nei diversi settori operativi di una “cellula” dedicata al controllo di gestione, alimentata da risorse umane e strumentali, specificatamente destinate dagli stessi settori.

30 R. MUSSARI (a cura di), Manuale operativo per il Controllo di Gestione,

Rubbettino, 2003, p. 58. 31 “L’indagine prospettiva da sola non basta più. Occorre il supporto di una massa

sempre più vasta di dati da elaborare in vista di un unico obiettivo comune: la conoscenza completa su basi razionali delle condizioni operative del sistema aziendale”. U. BERTINI, Il sistema d’azienda, Giappichelli, Torino, 1990, p. 135.

32 R. MUSSARI (a cura di), Manuale operativo per il Controllo di Gestione, Rubbettino, 2003, p. 64 e seguenti.

Capitolo II 66

Le circostanze appena descritte, se in prima analisi potrebbero apparire come superflue o addirittura neutrali, ad uno studio puntuale risultano necessarie rispetto al grado di sviluppo e alla conseguente efficacia del controllo di gestione all’interno di una azienda pubblica territoriale locale.

Il modello centralizzato, come detto, riunisce gli strumenti del controllo negli uffici di una unica unità organizzativa. Tale soluzione, pur presentando degli innegabili vantaggi da un punto di vista organizzativo, si caratterizza per essere distante dai molteplici centri decisionali (in special modo negli enti di medio-grandi dimensioni).

Questa soluzione, appare, pertanto, non in grado di accrescere la cultura del risultato all’interno dell’azienda e rischia di minare l’evoluzione dei comportamenti degli attori del sistema.33

Appare altrettanto chiaro, comunque, che per rendere efficace il modello “decentrato”, è essenziale che dalla sua progettazione, alla sua implementazione e durante il suo funzionamento, una regia unica (potrebbe essere il Direttore Generale) si preoccupi di guidarlo e di legittimarlo agli occhi dei dipendenti fin quando la figura del controller non venga percepita dalla struttura come elemento imprescindibile del sistema.

È evidente, altresì, che essendo il panorama nazionale, caratterizzato da realtà locali assolutamente eterogenee (come forse in nessun altro Paese) per dimensioni, caratteristiche morfologiche del territorio sul quale insistono, cultura, ecc., la terapia migliore non può essere rappresentata da un vestito da far indossare a realtà differenti in maniera indistinta.

Il control, quindi, non può e non deve essere interpretato come una innovativa tecnica contabile di rilevazione di

33 “Il fine istituzionale dell’impresa pubblica identificato nel raggiungimento di

obiettivi politico-sociali, può, man mano che si scende nella scala gerarchica, non trovare adeguata definizione, per cui talvolta viene volontariamente interpretato in modo che vengano soddisfatti obiettivi personali più che sociali”. L. DEL BENE, Gli strumenti del controllo di gestione, in L. ANSELMI, Il controllo di gestione nelle amministrazioni pubbliche, Maggioli, Rimini, 1997, p. 327.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 67

componenti economici positivi e negativi. La funzione di guida della gestione mira, in realtà, al reperimento ed all’impiego delle risorse al fine di conseguire in modo efficiente gli obiettivi posti alla base dell’attività, innalzando quindi, i livelli di efficacia sociale. 34

“Pertanto, soprattutto se si mira alla costruzione di un vero e proprio sistema di programmazione e controllo, la funzione controllo di gestione non può essere considerata una mera appendice dei servizi finanziari”35 ma si eleva a costante ausilio per la dirigenza che ha il compito di guidare l’ente, verso il raggiungimento degli obiettivi previsti in sede di programmazione e, prima ancora, in sede di pianificazione strategica.36

Elemento importante da considerare, quando si tratta delle implicazioni del controllo di gestione all’interno del sistema azienda, è sicuramente inerente ai costi dello stesso.37

Il sacrificio economico-finanziario che un ente locale sostiene per mantenere in vita il sistema informativo “tradizionale”, è sicuramente compreso in quella fetta di bilancio che risulta essere necessaria al funzionamento dell’ente.

L’implementazione del controllo di gestione, invece, assorbe risorse ulteriori e tale circostanza può rendere impervio il percorso che porta al controllo di gestione, specialmente in quelle realtà in cui gli amministratori si dimostrano poco

34 E. BORGONOVI, L’economia aziendale negli istituti pubblici territoriali , Giuffrè,

Milano, 1975, nota n. 13, p. 50. 35 R. MUSSARI (a cura di), Manuale operativo per il Controllo di Gestione,

Rubbettino, 2003, p. 63. 36 C. D’ARIES – A. D’ATRI – L. MAZZARA , Il sistema informativo contabile. Dalla

programmazione alla rendicontazione dei risultati, IPSOA, Milano, 1998, p. 328 e seguenti.

37 “Certamente l’esigenza di analizzare i costi aziendali è antica poiché dipende dalla necessità di fornire adeguato supporto all’attività decisionale. Sarebbe però riduttivo attribuire al management control il suo ruolo di metodo di misurazione dei costi, essendo la guida e il supporto all’attività manageriale il focus della materia. Visti in tale ottica, i costi sono uno strumento in quanto sostengono l’attività manageriale, ma anche un obiettivo dato che devono guidarla”. M. BERGAMIN BARBATO (a cura di), Il cost management, Giuffrè, Milano, 1999, p. 1.

Capitolo II 68

sensibili al problema e poco propensi ad indossare gli occhiali di chi riesce a vedere a medio e lungo termine.38

Negli enti più avveduti, invece, ciò che bisogna fare è una attenta analisi costi-benefici che risulta comunque estremamente complessa per la oggettiva difficoltà di quantificare i vantaggi che derivano dall’implementazione di un sistema di controllo: si pensi solamente allo sviluppo delle capacità e delle competenze manageriali delle risorse umane che ad esso si collegano e che potrebbero portare migliorie a vantaggio dell’intera organizzazione.

Quindi, una soluzione potrebbe essere quella di definire l’investimento minimo necessario e metterlo a confronto con il limite di accettabilità del costo dell’operazione in base alle risorse a disposizione.

L’implementazione del controllo di gestione, come si diceva all’inizio del paragrafo, ha bisogno di uno strumento informativo adeguato per la sua gestione. Questo tool a sua volta ha necessità di essere continuamente alimentato con dati relativi ai dipendenti, ai loro costi, al sistema contabile, ai progetti in corso di esecuzione, ecc.

Tale esigenza, quindi, si inquadra all’interno del sistema informativo dell’ente locale che, oltre a considerare i suoi aspetti tradizionali (documenti di bilancio, rilevazioni concomitanti e rendicontazioni), esprime oggi, la necessità di rendere disponibili ed accessibili ai cittadini amministrati (possibilmente on-line) le informazioni che li riguardano o di cui possono avere bisogno.

Il sistema informativo, quindi, inizia finalmente a svolgere la sua funzione anche come veicolo di informazioni verso l’esterno, verso gli stakeholders che, a vario titolo, sono interessati all’azienda pubblica territoriale locale.39

38 S. POZZOLI, Il controllo direzionale negli enti locali, Franco Angeli, Milano,

2001, p. 242. 39 P. RICCI – F. FONTANA, L’accountability degli enti strumentali regionali: il caso

Campania, in La Finanza Locale n. 11 del 2003, p. 1438 e seguenti.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 69

2.4. Il controllo di gestione come tramite tra azienda e ambiente

Come già accennato in premessa di questo capitolo il legame

tra la fase del controllo e quella della programmazione presenta il carattere della inscindibilità.

Si può controllare solo la realizzazione di ciò che si è programmato.

Una analisi empirica, tuttavia, evidenzia che non solo non è sempre possibile una programmazione adeguata (logica del consenso politico che sottostà alla realizzazione di obiettivi di breve periodo) ma che talora, essa è addirittura inopportuna, quando, ad esempio, l’azienda si trovi ad operare in un ambiente altamente dinamico. “In questi casi l’azione di controllo è tesa, più che a ricondurre la gestione entro schemi definiti in precedenza, ad indirizzare la stessa in maniera coerente rispetto alle condizioni che l’ambiente sembra porre per il futuro, immediato o meno che sia (in questo senso si può parlare anziché di logica di feed-back, di logica di feed-forward)”.40

Appare altresì evidente, comunque, come i processi di controllo e di programmazione siano collegati in un loop che si pone come obiettivo quello di affrontare e gestire la complessità aziendale e, quindi, le variabili critiche che la compongono41.

Queste sono riassumibili in due elementi principali: variabili ambientali da un lato e obiettivi aziendali dall’altro. L’ambiente è un fattore esogeno rispetto al sistema in oggetto mentre, gli obiettivi, presentano carattere endogeno.42

40 F. PEZZANI – A. GARLATTI, I sistemi di programmazione e controllo negli enti locali. Progettazione, sviluppo e impiego, Etas, Milano, 2000, p. 75.

41 “Al controllo di carattere consuntivo mediante feed-back, si affianca il controllo orientato al futuro, esercitato durante il processo (il c.d feed-forward, in grado di modificare l’azione quando questa è ancora in corso di svolgimento)”. L. DEL BENE, Gli strumenti del controllo di gestione, in L. ANSELMI, Il controllo di gestione nelle amministrazioni pubbliche, Maggioli, Rimini, 1997, p. 322.

42 Anche se nelle aziende pubbliche territoriali locali, molti obiettivi hanno carattere esogeno, perché imposti all’azienda da sistemi di livello superiore (Regione, Stato, Comunità Europea). Per una analisi della problematica legata agli obiettivi si vedano tra gli altri AMIGONI F. (a cura di), Misurazioni d’azienda. Programmazione e controllo,

Capitolo II 70

Gli input provenienti dall’ambiente “sono sempre espressione comune del fatto che i sistemi considerati sono aperti e quindi interagiscono con un ambiente che condiziona la possibilità di raggiungere i loro obiettivi. Il processo di controllo consiste proprio nel fare in modo che il sistema li raggiunga, qualunque siano gli stimoli od i disturbi provenienti dall’ambiente”.43

È pacifico, infatti, che l’ambiente in cui operano le aziende è per sua natura intricato. Anzi, pone dinanzi alle aziende una serie complessa di vantaggi e di condizioni favorevoli ma, allo stesso tempo, di nodi e soggezioni.

Per questo è necessario che il management svolga analisi e studi approfonditi sulle espressioni statiche ma soprattutto su quelle dinamiche dell’ambiente nel quale l’organizzazione si trova a svolgere la propria attività.44

L’azienda cerca una continua e mutevole consonanza nei confronti dell’ambiente. Si può quindi comprendere come l’attività di control assuma particolare importanza in un ambiente caratterizzato da elevata turbolenza e dinamicità.45

Negli enti locali gli input ambientali “aziendalmente rilevanti”46 sono riconducibili a due dimensioni: l’ambiente economico e l’ambiente sociale e culturale.47

Nell’ambiente economico si possono far rientrare fenomeni quali l’innovazione tecnologica, l’apertura al mercato ed i nuovi rapporti con le altre aziende del sistema pubblico.48

Giuffrè, Milano, 1995; MUSSARI R. (a cura di), Manuale operativo per il Controllo di Gestione, Rubbettino, 2003.

43 F. AMIGONI (a cura di), Misurazioni d’azienda. Programmazione e controllo, Giuffrè, Milano, 1995, p. 4.

44 L.C. LUCIANETTI, L’economia delle aziende di consumo private, Libreria dell’Università, Pescara, 2004, p. 55.

45 V. CODA, L’orientamento strategico di fondo, UTET, Torino, 1988, p. 24. 46 F. PEZZANI – A. GARLATTI, I sistemi di programmazione e controllo negli enti

locali. Progettazione, sviluppo e impiego, Etas, Milano, 2000, p. 77. 47 G. REBORA - M. MENEGUZZO, Strategia delle amministrazioni pubbliche, Utet,

Torino, 1990, p. 26. 48 Sul tema della governance interistituzionale si vada tra gli altri AA.VV., La

governance locale. Linee guida per i comuni, FORMEZ, Roma, 2005, capitolo 5, p. 191 e seguenti.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 71

Sulla scia di queste evoluzioni si verificano complementari mutamenti di carattere socio-culturale che consistono in un ampliamento delle possibilità di scelta e di soddisfazione dei bisogni.

Accanto agli aspetti ambientali, come si diceva, occorre considerare gli obiettivi ma anche le variabili aziendali e, in particolare, la complessità strutturale interna.

L’organizzazione, o meglio, il suo assetto, riveste un ruolo primario quando si decide di implementare un sistema di controllo. Fondamentale appare, quindi, il grado di complessità della stessa.49

Tale articolazione si evince dalla quantità dei centri di responsabilità che compongono la struttura e, nei quali, viene scomposta la complessiva attività d’azienda.

49 L’elenco dei macromodelli organizzativi applicabili ai sistemi aziendali,

rispecchia l’adattamento delle strutture della gestione all’evoluzione che il sistema intraprende. Le configurazioni tipiche sono:

- Struttura funzionale accentrata. - Struttura divisionale decentrata. - Struttura elastica per progetto. - Struttura organizzativa innovativa. - Struttura organizzativa a matrice. La scelta tra queste tipologie classiche di strutture sembra obbligata con riferimento

agli enti locali come sono configurati oggi. L’assenza di qualunque prospettiva razionale relativa allo sfruttamento di possibili economie di scala e la previsione logica di un’invarianza, nel tempo, della dimensione aziendale, porta ad escludere, come forma più adatta per l’ente locale, la struttura funzionale. Paradossalmente, invece, fino ad oggi l’organizzazione degli apparati amministrativi negli enti locali si è avvicinata spesso e quasi unicamente a questo modello.

In realtà, il grado elevato di diversificazione dei servizi e dei prodotti offerti e la crescente rigidità dei programmi da attuare, legata all’enfasi sulla necessità di ottenere consenso attraverso il governo economico dell’ente, portano gli enti locali a trovare giovamento nell’adozione di una struttura decentrata divisionale, segmentata per aree di servizi offerti, con attivazione di rami organizzativi dedicati allo sviluppo e alla creazione di strutture temporanee per progetto. Le problematiche del controllo, e delle variabili rilavanti del sistema che ne rende possibile l’esercizio, debbono confrontarsi con questo tipo di struttura organizzativa.

Si vedano tra gli altri G. REBORA, Organizzazione aziendale. Teorie e strumenti per l’analisi e la progettazione, Cacucci, Bari, 1998; H. MINTZBERG, La progettazione dell’organizzazione aziendale, Il Mulino, Bologna, 1996.

Capitolo II 72

In linea generale, con l’aumento delle funzioni che nel tempo hanno caratterizzato l’operatività degli enti locali, la complessità strutturale appare abbastanza elevata.

Elemento in grado di mitigare questa plurifunzionalità è rappresentato dai processi di outsourcing che, in questi ultimi anni stanno acquisendo rilevanza propria, rappresentando una scelta sempre più frequente delle amministrazioni locali.50

Quindi, dalle attinenze tra ambiente e struttura aziendale, derivano differenti scopi per i quali il sistema di controllo è posto in essere ed impiegato.51

Infatti, “la complessità ambientale, considerata nel suo carattere di dinamismo, influenza direttamente l’orientamento del sistema di controllo, che si concentrerà sulle condizioni aziendali interne in situazioni di dinamismo limitato e sulle condizioni ambientali esterne in situazioni di dinamismo elevato o di discontinuità”.52

Contingenze ambientali e strutturali, dunque, contribuiscono a determinare lo strumento adatto a perseguire elevati livelli di economicità della gestione.53

I diversi caratteri e le diverse combinazioni delle due variabili considerate, portano alla definizione di un differente finalismo specifico caratterizzante il sistema di controllo adottato.

Nella Figura 2.1 viene proposta una analisi del carattere dei sistemi di controllo in base alle differenti caratteristiche presentate dall’ambiente e dalla struttura organizzativa.

50 M. MULAZZANI , Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche,

Volume II, CEDAM, Padova, 2001, p. 205 e seguenti. 51 Sul concetto di finalismo specifico, si veda F. PEZZANI – A. GARLATTI, I sistemi di

programmazione e controllo negli enti locali. Progettazione, sviluppo e impiego, Etas, Milano, 2000, p. 85.

52 F. PEZZANI – A. GARLATTI, I sistemi di programmazione e controllo negli enti locali. Progettazione, sviluppo e impiego, Etas, Milano, 2000, p. 92.

53 A. BUBBIO (a cura di), La contabilità analitica in diverse tipologie di imprese e in condizioni ambientali perturbate, Unicopli, Milano, 1989, p. 426 e seguenti.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 73

Figura 2.1 - Correlazioni tra dinamismo ambientale e complessità strutturale nella configurazione di un adeguato sistema di controllo negli enti locali

Fonte: F. Pezzani54 Come si può notare, il sistema di controllo cambia

configurazione in relazione al contesto nel quale è inserito e reso operativo.55

Appare evidente come nel caso di enti locali di piccole dimensioni, caratterizzati da bassa complessità strutturale e da basso dinamismo ambientale, il controllo assume la veste

54 Si vuole sottolineare come nel caso di dinamismo ambientale basso, l’attività di

programmazione e controllo è gestita secondo la logica del feed-back mentre, nei casi in cui l’ambiente presenti i caratteri della turbolenze, il control viene gestito secondo la logica del feed-forward. Si veda F. PEZZANI – A. GARLATTI, I sistemi di programmazione e controllo negli enti locali. Progettazione, sviluppo e impiego, Etas, Milano, 2000, p. 93.

55 S. POZZOLI, Il controllo direzionale negli enti locali, Franco Angeli, Milano, 2001, p. 236.

alta

esplicitazione dei

risultati parziali dei diversi centri di responsabilità

supporto al vertice

che garantisce spazi e risorse ai centri

decisionali

assb

verifica di processi standardizzabili

all’interno di strutture semplici

supporto a decisioni

complesse per definire obiettivi flessibili e

non formalizzati

Bassa Alta

Complessità strutturale

Dinamismo ambientale

Capitolo II 74

principale di verifica dei processi mentre, in enti di dimensioni maggiori e caratterizzati da elevato dinamismo ambientale (es. le Regioni), il controllo diviene fondamentale elemento di supporto al top management, in grado di garantire risorse e spazi operativi ai diversi centri di responsabilità che compongono la struttura.

Inteso in questi termini, il controllo della gestione può assurgere a sicuro elemento di successo all’interno di una azienda pubblica territoriale locale, così come, da anni, è ormai alla base del sistema informativo delle aziende di produzione-imprese di medio-grandi dimensioni, pur non essendo previsto da alcun dettato normativo.56

Il controllo di gestione, quindi, si può dire che “supporta il management nel difficile compito di interpretare le dinamiche ambientali e quelle aziendali al fine di adottare scelte idonee a conseguire i fini istituzionali nel rispetto di un equilibrio duraturo dell’azienda stessa. In quest’ottica i sistemi di controllo possono essere considerati come un tramite tra ambiente ed azienda, attraverso il quale il management può leggere, interpretare e governare la complessità dei sottosistemi (interni e esterni) che è chiamato a gestire”.57 2.5 Gli strumenti del controllo

Il problema del contributo degli strumenti del controllo di

gestione ad un sistema di control efficace ed adattabile agli enti locali, può essere affrontato, inizialmente, facendo riferimento ad alcuni elementi vincolanti che caratterizzano questo tipo di aziende. Esse, infatti, nonostante presentino caratteristiche aziendali tipiche e siano avviate in un percorso evolutivo istituzionale, economico e gestionale che ne rende riconoscibili

56 La recente riforma del diritto societario, infatti, non prevede l ricorso delle

aziende di produzione-imprese a sistemi di controllo interno. Si veda al riguardo il D.Lgs. n. 344 del 12 dicembre 2003.

57 F. PEZZANI – A. GARLATTI, I sistemi di programmazione e controllo negli enti locali. Progettazione, sviluppo e impiego, Etas, Milano, 2000, p. 76.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 75

alcuni elementi ricorrenti, sono e rimangono delle aziende molto particolari. Ciò comporta che il sistema di programmazione e controllo sia attentamente ideato e progettato.58

La peculiare natura degli enti locali rende relativamente semplice l’individuazione del contributo che gli strumenti stessi, siano essi già abitualmente attivati – il P.E.G. – o di nuova introduzione – la contabilità analitica –, riescono a garantire ad un adeguato sistema di control.

Più difficile risulta trovare un nesso evidente che leghi uno o più degli strumenti a disposizione per una puntuale definizione di caratteristiche del processo. Ciò deriva, come detto, dalla diversità delle pratiche e delle situazioni particolari nelle quali questi strumenti sono utilizzati e sviluppati con peculiarità proprie.59

Si intende, allora, mostrare che se il contributo di strumenti tradizionali come la contabilità finanziaria e la contabilità economico-patrimoniale (peraltro poco usata anche negli enti di grandi dimensioni) è conosciuto e valutabile in riferimento alle variabili strutturali del sistema, quello della contabilità analitica è poco conosciuto, non pienamente apprezzato ma, soprattutto, potenzialmente molto efficace.

Questa affermazione assume valore se collegata alla circostanza che una migliore conoscenza delle relazioni tra strumenti di controllo e variabili di processo può avere in aziende caratterizzate da forte discontinuità, quali sono gli enti locali.

L’esplicitazione anche solo di una parte di questi legami, oltre ad avere un effetto qualitativamente importante in termini

58 C. D’ARIES – A. D’ATRI – L. MAZZARA , Il sistema informativo contabile. Dalla

programmazione alla rendicontazione dei risultati, IPSOA, Milano, 1998, p. 180. 59 Si rileva come le tecniche di project management e gli strumenti ad esse collegate

possano rappresentare la soluzione più snella ed efficace nella fase di avvio di un adeguato sistema di programmazione e controllo utile a sostenere il processo decisionale di un ente locale. Si vedano tra gli altri H. KERZNER, Project Management. Pianificazione, scheduling e controllo di progetto, Ulrico Hoepli Editore, Milano, 2005 ed il manuale Project Management Body Of Knowledge (PMBOK), Project Management Institute, Pennsylvania, 2004.

Capitolo II 76

di miglioramento della funzionalità del sistema in generale, genera un importante riflesso interno in termini di efficacia dell’azione delle variabili di processo, che può contribuire a ridurre l’impatto di una delle determinanti fondamentali della discontinuità che caratterizza queste aziende: quella legata alla mutabilità del vertice politico.

In una visione di sistema come quella utilizzata fino ad ora, nella quale il vertice politico assume un ruolo nuovo e più preciso, ma al tempo stesso più “strategico” nel perseguimento del fine ultimo dell’economicità, il potenziale improvviso cambiamento degli organi di vertice rappresenta un fattore di discontinuità che ha una incidenza fortemente negativa sul corretto funzionamento della macchina aziendale.60

Tuttavia, se l’utilizzo di nuovi e più moderni strumenti, unitamente al miglior utilizzo di quelli già presenti e alla combinazione degli uni e degli altri in un modello logico di programmazione e controllo, permette di penetrare e rendere più razionale anche la dimensione di processo in un ambiente discontinuo, va da sé che le eventuali conseguenze possono qualificare positivamente lo stile di controllo e il contributo del top management al raggiungimento delle finalità aziendali.

Ciò porta, progressivamente, a distaccare le sorti di chi amministra stabilmente l’ente, nella figura del Direttore Generale o del dirigente, e chi solo temporaneamente propone linee strategiche che non sempre tengono conto, in modo adeguato, dei processi tipici che l’azienda ha già messo in atto.

Lo sviluppo di una classe manageriale con alta professionalità e di uno stile di controllo che sappia gestire l’autorità e le motivazioni del personale, porta naturalmente ad un avanzamento verso l’alto nella gerarchia dei bisogni da soddisfare.61

60 Si veda il comma 1, art. 3, del D.Lgs. n. 29 del 3 febbraio 1993. 61 “Per gli individui il bisogno non è sempre e solo istinto. Esso è invece frutto della

ragione e dei sensi, della consapevolezza e della razionalità, ma anche del desiderio, dell’ambizione, dell’emulazione, come pure del sacrificio, della lotta, della conquista”. L.C. LUCIANETTI, L’economia delle aziende di consumo private, Libreria dell’Università, Pescara, 2004, p. 10.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 77

Con riferimento alla prassi degli enti locali è quanto mai evidente che si possa passare da uno stadio di soddisfacimento di bisogni prettamente fisiologici o di sicurezza, a bisogni di socialità e anche di stima, personale e reciproca. Questo contribuisce ad acuire il senso di appartenenza ad una comunità (quella aziendale e amministrativa in particolare) sviluppando un istinto di conservazione che, se opportunamente gestito, può tradursi in stimolo a operare in modo da assicurare la sopravvivenza dell’ente secondo economicità.

In altri termini, la nascita di una classe manageriale compatta ed unita da un opportuno stile di controllo può favorire lo sviluppo di una coscienza manageriale critica che può assumere rilevanza anche nel processo dialettico con gli organi politici sulle scelte strategiche contingenti, contrastando, in modo fattivo, la discontinuità legata alle prerogative di quei ruoli.

Prima di concentrare l’attenzione sullo strumento analitico di determinazione dei costi e di apprezzare il contributo che tale strumento è in grado di apportare al sistema di controllo, si evidenzieranno quali sono i contributi che l’analisi finanziaria ed economico-patrimoniale forniscono alla definizione del sistema di controllo.

2.5.1 I “doveri” della contabilità finanziaria

La possibilità di esprimere una valutazione in merito al

grado di funzionalità di uno strumento di gestione – quale è appunto il sistema contabile finanziario degli enti locali – alla strutturazione di un sistema di controllo, dipende dal livello e dalla qualità del contributo che tale strumento riesce ad apportare allo sviluppo delle caratteristiche richieste al sistema stesso.

In realtà fino ad oggi la contabilità finanziaria è stata interpretata in modo parziale all’interno della gestione degli enti. Ereditata dalla prassi di gestione degli apparati dello Stato, cui inizialmente gli enti locali potevano essere assimilati, questo tipo di contabilità ha rappresentato l’unico riferimento

Capitolo II 78

informativo degli enti per diversi decenni; è facile, allora, capire quali ostacoli possa incontrare oggi il tentativo di ricondurla all’interno di un organico sistema di strumenti utili al controllo direzionale.62

Poiché le peculiarità della contabilità finanziaria si adattavano perfettamente alla cultura burocratica predominante nelle pubbliche amministrazioni ed alle logiche autorizzative che ne caratterizzavano il funzionamento, essa ha finito per rappresentare lo strumento principe della gestione dell’ente locale, perdendo il ruolo proprio di elemento funzionale ad un sistema.63

Le informazioni inerenti le entrate e le spese, invece, in una visione funzionale della struttura organizzativa, favoriscono enormemente il processo di allocazione delle risorse e permettono di monitorare, in un’ottica strategica, il bilanciamento tra fonti, impieghi e politiche finanziarie (tributarie, d’investimento, di smobilizzo o di indebitamento).

La contabilità finanziaria favorisce il confronto tra valori di budget e valori a consuntivo e si presta ad essere riclassificata in indici che consentono una valutazione immediata del grado di attendibilità del processo di programmazione. 64

E’ evidente, quindi, che il sistema diventa, così, anche selettivo poiché riduce il numero totale delle informazioni fornite, aumentandone, nel contempo, il grado di rilevanza per i destinatari finali.65

Tuttavia, se questo grado di rilevanza e selettività può essere considerato sufficiente a supportare l’attività strategica degli organi politici (non sempre preparati a comprendere il dettaglio

62 S. POZZOLI, Il controllo direzionale negli enti locali, Franco Angeli, Milano,

2001, p. 93. 63 “L’approvazione del bilancio rappresenta quindi uno dei principali momenti di

saldatura tra vita amministrativa e vita istituzionale”. in E. BORGONOVI, Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Egea, Milano, 2002, p. 223.

64 Sulle analisi finanziarie si veda E. BORGONOVI, Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Egea, Milano, 2002, p. 274 e seguenti.

65 Gli indici, spesso, sono preferiti proprio dagli organi politici per valutare, con un buon grado di generalizzazione, l’andamento della gestione. G. FARNETI, Il bilancio dell’ente locale, Giappichelli, Torino, 1993, p. 193 e seguenti.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 79

contabile), altrettanto non può dirsi per le informazioni di cui abbisognano i vertici tecnici dell’ente.

Le prerogative e le esigenze della dirigenza necessitano, infatti, di livelli diversi di rilevanza e selettività. Il rispetto del patto di stabilità interno, ad esempio, obbliga i dirigenti a servirsi di informazioni finanziarie sull’andamento degli equilibri complessivi con riferimento sia alla competenza che, soprattutto, alla cassa.66

La natura delle rilevazioni finanziarie, dunque, comporta il fatto che esse possono risultare esaustive per il Sindaco, la Giunta ed il Consiglio ma possono non esserlo per i Dirigenti, che concentrano su di loro la responsabilità operativa dello svolgimento di tutti i processi aziendali.67

Queste figure apicali hanno bisogno, per esercitare al meglio la funzione direttiva, di report specifici, qualitativamente e quantitativamente completi. L’approssimazione delle grandezze finanziarie variamente aggregate non consente di valutare appieno l’utilizzo delle risorse impiegate; se ad esse non si accompagna una serie di ulteriori informazioni quantitative relative, ad esempio, al costo complessivo di esercizio di un’unità organizzativa piuttosto che alla perdita derivante dal mantenimento in essere dell’erogazione di un servizio superfluo, il sistema di controllo risulterà scarsamente rilevante e poco selettivo proprio per coloro che sono i destinatari elettivi delle informazioni in questione e che hanno la responsabilità di orientare i comportamenti e le azioni delle risorse umane che compongono l’organizzazione.

Dopotutto, i dati finanziari possono fornire ben poche informazioni a chi deve governare i processi strettamente

66 A tale riguardo, si ricorda che secondo l’art. 162 del T.U.E.L., gli enti locali

deliberano annualmente il bilancio di previsione finanziario redatto in termini di competenza.

67 “La contabilità finanziaria non è in grado di rappresentare né i servizi erogati, né l’impatto sui bisogni, né tanto meno il raggiungimento delle finalità istituzionali e l’economicità dell’azienda. Va però sottolineato che questi ultimi limiti, proprio perché derivanti dalla natura stessa delle aziende composte pubbliche, non possono venire superati nemmeno con l’introduzione della contabilità generale”. E. ANESSI PESSINA – E. CANTU’, Contabilità e bilancio negli enti locali, EGEA, Milano, 2003, p. 41.

Capitolo II 80

operativi, rappresentando il perimetro nel quale il settore in esame svolge di volta in volta i propri processi tipici.68

In questi casi si ha bisogno di misure di processo, che rilevino l’ammontare delle risorse consumate nello svolgimento di una specifica attività o nella produzione di un determinato servizio.

Si evidenzia, in definitiva, una fondamentale differenza tra concezione della contabilità finanziaria nel settore pubblico e le finalità prevalenti che alle rilevazioni contabili sono assegnate dalla teoria aziendale, per le quali esse devono essere preordinate alla “ricerca del massimo grado di espressività delle caratteristiche della gestione”.69

A questo si aggiunga che, il grado elevato di dettaglio legato alla numerosità delle poste di entrata e di spesa e le complessità derivanti dal sovraccarico di funzioni assegnate, nel tempo, agli enti locali, influiscono in modo determinante nel rendere intricato il processo di controllo direzionale.

Per quanto detto, appare chiaramente come, proprio nello specifico della funzione di supporto al processo decisionale, i dati finanziari mostrano la loro limitata capacità informativa.70

Tale criticità se gestita all’interno di un sistema di strumenti di controllo, potrebbe essere razionalmente integrata con i contributi apportati da altri tools, in modo da pervenire ad un unico ed opportuno sistema di control.

68 Viene valutata in genere la capacità di stare attorno al budget. Si vuol dire, cioè, che i responsabili di servizi che spendono molto meno del budget loro assegnato possono essere valutati negativamente al pari di altri loro colleghi che sforano il budget di molto. L’ultima circostanza è indicativa di incapacità di gestire una delega formale mentre la prima indica lo stesso incapacità, ma nel non saper impiegare le opportunità che la delega contiene. Come dire: per evitare di non centrare i budget, non spendo nulla. I dirigenti, talvolta, contraggono la spesa per i primi 6 mesi dell’anno poi, quando la Legge di Stabilità (ex Legge Finanziaria dello Stato) e la Legge Finanziaria Regionale trovano chiarezza e, quando le variazioni ai propri bilanci iniziano ad essere evidenti, accelerano il procedimento di spendita delle risorse che il Piano Esecutivo di Gestione ha loro assegnato.

69 E. BORGONOVI, Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Egea, Milano, 2002, p. 212.

70 E. BORGONOVI, L’economia aziendale negli istituti pubblici territoriali , Giuffrè, Milano, 1975, p. 62 e seguenti.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 81

2.5.2 Il contributo della contabilità economico-patrimoniale E’ opinione comune, tra coloro che operano nel campo degli

studi di economia aziendale e tra coloro che quotidianamente gestiscono responsabilità decisionali all’interno delle aziende, di qualunque tipo esse siano, che i valori derivanti della contabilità economico-patrimoniale rivestano ormai un ruolo di bassa rilevanza all’interno delle misure atte a supportare il processo decisionale del management.71

Negli enti locali, tale circostanza, è percepita con forza ancora maggiore in virtù di una cultura contabile che, come già detto ampiamente, fonda le proprie radici e opera prevalentemente su valori di tipo finanziario.

Inoltre, le condizioni di efficienza, efficacia e quindi di economicità dell’ente locale non sono rappresentabili attraverso valori economici se non per aspetti di entità trascurabile.

In realtà, comunque, la gestione di un moderno ente locale, proiettato verso il futuro e preparato, in termini gestionali, ad affrontare le sfide che la società moderna pone, passa per una rivalutazione del ruolo della contabilità economica e soprattutto degli aspetti patrimoniali di questa, la cui conoscenza e analisi sono condizioni necessarie, imprescindibili e presupposto allo stesso tempo, delle condizioni di economicità e durabilità.72

La suddetta rivalutazione, però, non significa esasperata ricerca di una funzione da attribuire allo strumento in esame; essa è semplicemente un’analisi in base alla quale arrivare alla definizione di un’esatta dimensione dell’utilizzo della contabilità generale nell’ente locale.

Quest’analisi passa necessariamente attraverso una considerazione essenziale: la contabilità generale, come detto, ha avuto nelle imprese un ruolo che negli anni si è andato sempre più ridimensionando in termini di contributo ai sistemi di controllo direzionale.

71 L. D’ALESSIO, Il controllo di efficienza nelle aziende pubbliche, Liguori, Napoli, 1989, p. 142 e seguenti.

72 L. D’ALESSIO, La funzione del controllo interno negli enti locali, Giappichelli, Torino, 1997, p. 67.

Capitolo II 82

Questo perché le finalità più rilevanti a questo scopo, sono rappresentate dalla determinazione del reddito d’esercizio e del capitale di funzionamento, quali indicatori piuttosto affidabili della capacità dell’impresa di mantenere equilibri economici a valere nel tempo.73

Anche in quest’ottica, però, il contributo al sistema di controllo risultava piuttosto carente in quanto i valori in esame erano sì (e sono tuttora) fortemente articolati per natura, ma scarsamente rilevanti e selettivi, eccezion fatta per alcune sintesi estreme rappresentate, appunto, dal reddito d’esercizio e dal capitale di funzionamento.

Se ci si concentra sugli enti locali, le cui finalità storicamente sono state sempre profondamente diverse da quelle delle imprese e assolutamente lontane da quelle per le quali il risultato d’esercizio e il capitale di funzionamento erano utilizzate, si può capire molto bene come una perdita d’interesse nei confronti di queste misure, in un ambito che le aveva considerate sempre fondamentali, si traduca in un deciso abbandono da parte di realtà che non le hanno mai sentite come espressive delle proprie caratteristiche di operatività.

Questa considerazione, tuttavia, non deve far pensare che la contabilità generale, la cui predisposizione è peraltro prevista espressamente dal legislatore (anche se in modalità spesso agevolate), non abbia alcun tipo d’impatto sul sistema di controllo direzionale.74

Il contributo della contabilità economico-patrimoniale alla determinazione delle caratteristiche del sistema di controllo, infatti, fa sì che questo ne risulti articolato nella misura in cui le rilevazioni economiche tradizionali siano orientate alla natura dei fattori produttivi, ai ricavi e alle poste patrimoniali, così creando un’elevata frammentazione la cui messa a sistema trova ragione di esistere soltanto nell’espressione in conto economico,

73 G. ZAPPA, Il reddito d’impresa, II edizione, Giuffrè, Milano, 1950, p. 81 e

seguenti. 74 L’art. 232 del Testo Unico degli Enti Locali (D.Lgs. 267/2000) così recita: gli

enti locali, ai fini della predisposizione del rendiconto della gestione, adottano il sistema di contabilità che più ritengono idoneo per le proprie esigenze

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 83

nello stato patrimoniale e negli indici che da questi è possibile configurare.

Queste misure, che trovano nel reddito d’esercizio e nel capitale di funzionamento le loro espressioni di sintesi, hanno un ruolo importante nella gestione aziendale ma sono poco adatte a supportare il lavoro dei dirigenti di settore e dei responsabili di servizio; anche il Direttore Generale (o il City Manager), nell’esercizio delle sue funzioni e relativamente al tipo di ruolo che egli svolge in un’azienda quale l’ente locale, non trova sufficiente soddisfazione al fabbisogno informativo, dalle indicazioni provenienti dalla contabilità economico-patrimoniale.

Sebbene l’uso degli indici e delle riclassificazioni dei valori economico-patrimoniali si prestino a comunicare, con un grado sufficientemente sintetico, aspetti importanti della situazione aziendale, essi non rappresentano uno strumento rilevante di supporto ai processi decisionali (decisioni di scelta tra alternative e verifica del raggiungimento degli obiettivi) ed in particolare alle decisioni di quei manager dell’ente locale che hanno la responsabilità di supervisionare lo svolgimento dei processi di produzione dei servizi.

Appare chiara, ancora una volta, proprio in riferimento alla problematica del contributo alla definizione delle caratteristiche del sistema di controllo, la scarsa rilevanza che negli enti locali ricopre il risultato di esercizio.

Ai problemi tradizionali legati alla difficoltà di individuare tecnicamente l’utile o la perdita, problemi che potrebbero essere definiti “congeniti” alla natura erogativa dell’azienda-ente locale, si aggiunge la non abitudine – da parte dei dirigenti degli enti locali – ad utilizzare questo tipo di grandezza economica. In realtà, questo è dovuto non tanto alla negligenza dei dirigenti quanto alla scarsa significatività che effettivamente proviene da informazioni di questo tipo.

Nel caso della implementazione della contabilità generale, si determina un costo opportunità insostenibile, a fronte della complessità dei processi aziendali che gli enti locali sono chiamati a gestire.

Capitolo II 84

Ciò è confermato dalla tendenza ampiamente riscontrata nella pratica aziendale, a ricorrere ogni qual volta se ne presenti la possibilità, al prospetto di conciliazione in sostituzione del conto economico o meglio, per addivenire alla sua redazione. 75

Tutto ciò è confortato, sul piano teorico, da numerose posizioni che sottolineano come il risultato d’esercizio, oltre ad essere una sintesi di valori ampiamente suscettibile alla discrezionalità di chi redige il conto economico e per questo non utilizzabile nei processi decisionali, è inutilizzabile anche nel controllo a retroazione poiché le grandezze storiche non appaiono sufficienti a comprendere in che misura si stanno raggiungendo gli obiettivi economici.76

L’utilizzo delle grandezze economiche, e in particolare del risultato d’esercizio, come misure rilevanti nel controllo direzionale è legato, allora, alla sola possibilità che le ipotesi stabilite in sede di determinazione del reddito siano collegate a modelli che garantiscano continuità con i fenomeni successivi cui esse si riferiscono.77

L’osservazione del passato deve essere idonea a prefigurare eventi futuri; di conseguenza, mancando quasi sempre questa condizione fondamentale, “il risultato d’esercizio è impiegato nella pratica come surrogato di analisi più complesse, cui generalmente si rinuncia”.78

L’incertezza legata al calcolo del risultato d’esercizio, si unisce alla naturale tendenza ad orientarsi al passato ed a considerare questa grandezza poco rilevante per il sistema di controllo.

Le grandezze economiche trovano, quindi, valenza al di fuori del cuore pulsante del sistema di controllo, risultando utilizzabili con successo soltanto se legate ad impieghi

75 E. BORGONOVI, Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche,

Egea, Milano, 2001, p. 271. 76 S. POZZOLI, Il controllo direzionale negli enti locali, Franco Angeli, Milano,

2001, p. 85. 77 P.E. CASSANDRO, Le gestioni erogatrici pubbliche, UTET, Torino, 1963, p. 39 78 F. PEZZANI – A. GARLATTI, I sistemi di programmazione e controllo negli enti

locali. Progettazione, sviluppo e impiego, Etas, Milano, 2000, p. 135.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 85

chiaramente finalizzati come la valutazione di politiche di riduzione delle tariffe, di realizzazione degli investimenti di pubblico interesse o di riduzione di debiti assunti in passato.

Infatti, se ad oggi la contabilità economico-patrimoniale non ha ancora dispiegato i suoi effetti, è stato probabilmente perché si è cercata una sua “asettica trasposizione” dal mondo delle aziende di produzione-imprese al mondo delle aziende pubbliche territoriali locali.79

La ricerca di tale forzatura, quindi, ha bloccato le due funzioni fondamentali che, probabilmente, la contabilità economico-patrimoniale può esercitare all’interno degli enti locali:

- la gestione del patrimonio;80 - il contributo in termini di propensione alla razionalità

economica da parte dell’intera struttura.81 Per quanto concerne la gestione delle immobilizzazioni,

appare necessaria la conoscenza della competenza economica dei fattori produttivi a fecondità ripetuta e, soprattutto, dell’esatta consistenza del patrimonio al fine di poterlo gestire nella maniera più conveniente possibile (per esempio il ricorso allo strumento delle cartolarizzazioni, del lease-back, ecc.), in special modo oggi, in cui gli enti locali vivono una fase storica caratterizzata da una diminuzione dei trasferimenti da parte dello Stato e, quindi, crescenti livelli di autonomia finanziaria potrebbero, senza dubbio alcuno, giovare alla gestione aziendale.82

In riferimento alla ricerca della razionalità economica, invece, dal 1990, oramai, si parla di economicità, efficienza ed

79 S. POZZOLI, Il controllo direzionale negli enti locali, Franco Angeli, Milano,

2001, p. 104. 80 P.E. CASSANDRO, Le gestioni erogatrici pubbliche, UTET, Torino, 1963, p. 54 e

seguenti. 81 F. FONTANA – M. ROSSI, La contabilità analitica nell’ente locale. Finalità,

strumenti e metodi, Giuffrè, Milano, 2003, p. 346 82 Sull’argomento si vedano tra gli altri A. CIRILLO, NIFs, SWAPs ed OPTIONs.

Operazioni bancarie innovative, CEDAM, Padova, 1990; F. MODIGLIANI - J.F. FABOZZI, Mercati finanziari. Strumenti e istituzioni, Il Mulino-Prentice Hall International, 1995.

Capitolo II 86

efficacia negli enti locali. 83 Tali termini, però, anche nelle realtà più all’avanguardia, rischiano di restare contenitori vuoti, ai quali non corrisponde una reale evoluzione nei comportamenti degli attori del sistema.84

“L’introduzione della contabilità economica, invece, introduce, anche se a livello molto aggregato e quindi non immediatamente operativo, gli elementi base su cui strutturare una conoscenza prima, ed una competenza poi, di tipo economico”.85

L’obiettivo che può essere raggiunto con l’introduzione di una contabilità economico-patrimoniale, quindi, è quello di creare un circolo virtuoso in cui i dipendenti dell’ente avvertano l’importanza delle informazioni economiche e patrimoniali, al fine di dotarsi di una strumentazione più adeguata al raggiungimento di quegli obiettivi per cui l’azienda pubblica territoriale locale svolge quotidiana attività. 2.5.3 Le informazioni di contabilità economico-analitica

L’articolazione strutturale di un sistema informativo basato

sulla analisi dei valori attraverso la contabilità generale non influisce in maniera significativa sugli attributi rilevanti del sistema di controllo di un ente locale e, se influisce, spesso lo fa in modo negativo soprattutto nell’ottica dell’introduzione di uno strumento assai più incisivo rispetto alla realizzazione di un buon sistema di controllo manageriale quale è la contabilità economico-analitica.

Quest’ultima rileva anch’essa valori prettamente economico-patrimoniali e può presentare, al pari della contabilità generale, un elevato grado di articolazione. Le modalità con cui le informazioni sono strutturate e suddivise in categorie logiche

83 Si vedano gli articoli 55 comma 7 e 57 comma 6 della Legge 8 giugno del 1990:

Ordinamento delle autonomie locali. 84 P.E. CASSANDRO, Le gestioni erogatrici pubbliche, UTET, Torino, 1963, p. 124 e

seguenti. 85 S. POZZOLI, Il controllo direzionale negli enti locali, Franco Angeli, Milano,

2001, p. 108.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 87

nella contabilità analitica, però, differiscono profondamente e spesso si sovrappongono con quelle della contabilità economico-patrimoniale generando un appesantimento formale che non trova giustificazione razionale nel processo di ricerca dell’economicità aziendale.

Un sistema informativo configurato attraverso il contributo della contabilità analitica, consente di adempiere alla finalità primaria dello strumento di controllo di gestione che è appunto quella di permettere l’effettuazione di valutazioni riguardanti le condizioni di efficacia, di efficienza e di economicità della gestione.86

Le direttrici su cui viaggia il contributo offerto al complesso della gestione aziendale dalla contabilità analitica, riconducono tutte all’influenza che essa esercita sulle variabili di struttura e di processo del generale sistema di programmazione e controllo, articolandosi nel modo seguente:

- supporto ai processi decisionali, strategici e operativi, nell’ambito di scelte di convenienza economica relative, in particolare, all’allocazione ed all’impiego delle risorse, alla gamma di servizi da offrire, alle forme di gestione dei servizi ed alle politiche tariffarie;

- supporto al sistema di programmazione e controllo della gestione, con particolare riferimento alla sua dimensione economica, attraverso la determinazione dei valori preventivi (in fase di budgeting) e di valori consuntivi (in fase di reporting), nonché attraverso l’analisi di eventuali scostamenti tra i risultati conseguiti e attesi;

- supporto ai sistemi di valutazione e incentivazione del personale, nell’ambito di tecniche di direzione per obiettivi che prevedano la responsabilizzazione in primo luogo dei dirigenti e dei responsabili dei servizi ma più in generale dell’intero personale;

86 L. D’ALESSIO, Il controllo di efficienza nelle aziende pubbliche, Liguori, Napoli,

1989, p. 61 e seguenti.

Capitolo II 88

- supporto al sistema di contabilità economico-patrimoniale con riferimento specifico alla determinazione analitica del patrimonio.

Queste quattro macro-finalità conoscitive del sistema di controllo, risultano sempre e comunque tra loro collegate.87

Per comprendere pienamente la portata del loro contributo alle variabili di processo del sistema di programmazione e controllo, però, è necessario esplicitare le concordanze virtuose tra lo strumento in esame e quelli direttamente deputati a recepirne le informazioni di costo.

Il supporto ai processi decisionali e di programmazione e controllo passa attraverso la considerazione del carattere sistemico dello strumento analitico che, per questo, necessiterebbe di essere analizzato anche nelle sue relazioni con gli altri strumenti, elettivamente deputati a fornire informazioni a supporto delle decisioni, già presenti nella struttura aziendale, come il PEG, o solo potenzialmente attivabili come i tableau de bord88 e la balanced scorecard89.

La contabilità analitica, in questo scenario, agisce, attraverso il calcolo, a supporto delle funzioni di monitoraggio e guida della gestione (svolte dagli organi di governo e di direzione), inserendosi in modo decisivo all’interno del sistema informativo aziendale.

Il contributo si concretizza tanto nella fase programmazione (budgeting) che in quella di controllo (reporting).

87 F. FONTANA – M. ROSSI, La contabilità analitica nell’ente locale. Finalità,

strumenti e metodi, Giuffrè, Milano, 2003, p. 193 e seguenti. 88 Per una approfondita conoscenza del funzionamento a livello operativo del

tableau de board, si rimanda, tra gli altri, ai lavori di M. MOISSON, Il tableau de board: guida rapida per la creazione di un sistema globale di controllo direzionale, Franco Angeli, Milano, 1983 e di Y. SAULOUJ, Il tableau de board del dirigente: un sistema di controllo del funzionamento di un’organizzazione e di precisione del suo andamento, Franco Angeli, Milano, 1987.

89 Per una approfondita conoscenza del funzionamento a livello operativo della balanced scorecard, si rimanda, tra gli altri, ai lavori di R. KAPLAN – D. NORTON, The balanced scorecard. Translating strategy into action, Harward Business School Press, Harward, 1996, di M. BERGAMIN BARBATO (a cura di), Il cost management, Giuffrè, Milano, 1999 e P. COLLINI, La misurazione delle prestazioni in G. VOLPATO (a cura di), La gestione di impresa, CEDAM, Padova, 2000.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 89

In riferimento ad entrambe, le informazioni di contabilità analitica sono indirizzate ad analisi:

- volte a determinare i benefici sociali e i ricavi connessi alla dinamica dei bisogni, dei flussi di domanda e delle aspettative degli utenti, dei flussi di offerta concorrenziale e complementare e, ancora, i livelli di efficacia qualitativa e quantitativa dei servizi offerti, allo scopo di esplicitare le combinazioni e i volumi di attività esistenti e ottimali, nonché i valori d’uso e di scambio delle prestazioni offerte;

- finalizzate alla determinazione dei costi variabili per la valutazione e quantificazione dei livelli di efficacia quali-quantitativa e di efficienza tecnica oltre che economica dei servizi considerati;

- finalizzate alla determinazione dei costi fissi e in generale dei costi di struttura e dei costi discrezionali e, altresì, il loro incidere sul costo finale del servizio erogato.

Le modalità di rappresentazione di queste analisi variano, sia per il budgeting che per il reporting, in relazione ai valori economici considerati, siano essi valori aziendali, sociali o combinazione di entrambi.

I valori aziendali consentono di esprimere, per ogni grado di articolazione della struttura organizzativa, i ricavi, i costi, i risultati economici preventivi e consuntivi, al fine di ottimizzare le relazioni di scambio con l’utenza finale.90

I valori sociali, invece, consentono di esprimere, per ogni grado rilevante di articolazione della struttura organizzativa, l’impatto economico, in capo alla collettività amministrata, delle scelte operate dall’ente in termini di costi-benefici preventivi e consuntivi.

I valori combinati aziendali e sociali permettono che vengano coniugati, per ogni grado rilevante di articolazione della struttura organizzativa, le informazioni delle precedenti configurazioni.91

90 L.C. LUCIANETTI, Economia aziendale. Lezioni e letture, LDU, Pescara, 1997, p. 331.

91 E’ovvio che laddove non si configuri alcuna relazione di scambio, l’informazione sui valori aziendali si concentrerà esclusivamente sul costo del servizio.

Capitolo II 90

Questo profilo informativo è rilevante poiché la considerazione congiunta dei benefici sociali netti offerti alla collettività amministrata e del risultato economico della gestione dell’ente è particolarmente significativa, per il periodo di riferimento, ai fini di un giudizio sul complessivo impatto economico (in termini di creazione o distruzione di valore) generato dalla erogazione dei servizi.92

Nondimeno, stante la varietà dell’attività svolta dagli enti locali, il riferimento alla sola dimensione economica può risultare talora insufficiente per riflettere compiutamente le condizioni di efficacia e di efficienza della gestione e abbisogna di essere integrata con altre dimensioni rilevanti, di natura quantitativa e qualitativa, esprimibili attraverso indicatori operativi, relativi sia ai risultati attesi, sia ai programmi di attività, sia alle risorse ad essi assegnate.

Questi valori, comunque, sono desumibili soltanto in presenza di un sistema informativo che si dimostri in grado di individuare e fornire spiegazioni sulla natura e sulle relazioni di causalità delle grandezze ricercate.

È utile, dunque, ricordare come “molte informazioni non economico-finanziarie si fanno oramai rientrare all’interno del sistema di contabilità analitica, che peraltro, non di rado è tenuta, in tutto o in parte, secondo modalità extracontabili”.93

2.6 Alcune considerazioni conclusive Il sistema di controllo è uno strumento volto a supportare le

decisioni del management. Le considerazioni fatte in questo capitolo, unitamente ai

punti di contatto che esse presentano con le riflessioni sul carattere sistemico dell’azienda ente locale, e quelle relative ai

92 È necessario che la strategia tenga in considerazione le generazioni future e le

loro necessità e che la società di domani non si trovi a dover pagare il prezzo di politiche miopi ed orientate al mero consenso pre-elettorale.

93 S. POZZOLI, Il controllo direzionale negli enti locali, Franco Angeli, Milano, 2001, p. 88.

Il controllo di gestione nella realtà degli enti locali 91

vincoli-opportunità offerti dalla normativa vigente in materia di controllo, portano ad affermare che il tema del controllo negli enti locali deve essere affrontato in ottica aziendale e quindi sistemica. Non vi è più spazio, ormai, per soluzioni precarie che consentono una gestione di pura sopravvivenza.

Gli enti locali debbono necessariamente sviluppare un sistema di programmazione e controllo scientificamente strutturato e organicamente collegato con tutte le componenti della struttura organizzativa aziendale. Inevitabilmente il punto di partenza risiede in una razionalizzazione di quest’ultima, in considerazione soprattutto del tipo di controllo che si ha intenzione di implementare e degli strumenti che dovranno essere attivati.

La creazione di un modello di programmazione “ad hoc” per gli enti locali, quindi, è legato a due fattori di primaria importanza. Il primo è il ripensamento e l’aggiornamento del ruolo degli strumenti fino ad oggi utilizzati, quali la contabilità finanziaria e il controllo ispettivo.94

Il secondo fattore da tenere in considerazione, legato a doppio filo con il primo, è la necessità di introdurre nuovi strumenti da inquadrare nel sistema di programmazione e controllo. Questi sono già disponibili e obbligatori, come il P.E.G., o solo potenzialmente attivabili, come la contabilità dei costi o il project management.95

La loro introduzione dipende in primo luogo dalla possibilità di individuare un modello interpretativo chiaro della realtà economica degli enti locali, in modo da poter comprendere, in un secondo momento, in che modo e in quale misura i nuovi

94 “Alle scritture di tali aziende, fu sempre attribuito come compito precipuo o

esclusivo quello del controllo sugli organi incaricati di effettuare l’entrata e la spesa e di maneggiare i fondi relativi: un controllo, cioè, essenzialmente finanziario e formale, realizzabile appunto attraverso la rilevazione di accertamenti e riscossioni di entrata e impegni e pagamenti di uscita”. P.E. CASSANDRO, Le gestioni erogatrici pubbliche, UTET, Torino, 1963, p. 61.

95 “Preoccupazione, pertanto, dell’amministrazione dell’azienda pubblica, deve essere quella di minimizzare i costi amministrativi per dar la possibilità all’ente di soddisfare nel più ampio modo possibile il programma di bisogni che si è proposto”. P.E. CASSANDRO, Le gestioni erogatrici pubbliche, UTET, Torino, 1963, p. 22.

Capitolo II 92

strumenti possano efficacemente supportare il processo decisionale dei responsabili e l’attività di gestione in generale.

Le aziende enti locali, infatti, si distinguono per particolari gradi di discontinuità interna e di discontinuità esterna (che influenza in parte quella interna). Poiché questi fattori sono molto rilevanti nel disegno e nell’impiego dei sistemi di controllo di gestione, conviene studiare il modo con cui limitare l’impatto di questi fattori sulla gestione.

La discontinuità interna, legata ad esempio alla continua alternanza delle linee politico-strategiche del vertice o alla difficoltà realizzativa dei grandi progetti pubblici, sottoposti a vincoli maggiori di quelli che incontrano le aziende private nei loro investimenti, limita l’efficacia del controllo di gestione in quanto richiede numerose modificazioni del sistema.96

La discontinuità esterna, da par suo, inibisce l’efficace utilizzo di strumenti classici quali gli standard e il budget poiché questi mal si adattano a subire frequenti adattamenti.

In definitiva, pare sensato pensare che gli strumenti migliori da predisporre a servizio del ciclo di programmazione e controllo, siano strumenti di budget flessibile e manovrabile oltre ad una contabilità analitica che sia strutturata in modo da evitare un eccessivo grado di dettaglio, sia nell’articolazione delle unità elementari in cui scomporre la struttura organizzativa, sia nel contenuto dell’informazione di costo.97

Il legame tra le dimensioni di budget e di costing, se coerentemente armonizzate, consente di disporre di uno strumento quanto mai potente e flessibile e, al contempo, in grado di offrire supporto all’azione dei responsabili dell’ente come mai prima si era pensato fosse possibile.

Pertanto, pare evidente la necessità di scandagliare, fin dove possibile, le componenti fondamentali, le modalità di funzionamento e le possibili finalità dello strumento “contabilità analitica” applicato alla realtà degli enti locali.

96 E. BORGONOVI, Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Egea, Milano, 2001, p. 269.

97 P. RICCI – A. DE LUCA, La contabilità analitica per centri di costo nel sistema di bilancio dello Stato, Franco Angeli, Milano, 2003, p. 179.