CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane...

16
CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA SOCIETA’ SIPONTINA NELL'ALTO MEDIOEVO La rappresentazione sulle Stele Daunie oltre che di ornamenti, di fibule e di spade, anche di scene cultuali, di pesca e di caccia, per lo più palustri, ci dà la percezione chiara e netta di quella che doveva essere l’attività umana nella plaga sipontina all’intorno del VII secolo a.C. e di quella che sarà poi l’attività stessa a Siponto. In una zona paludosa, formata da lembi di terra affioranti dal mare e da corsi d’acqua e da lagune con bassi fondali, dovevano necessariamente svilup- parsi la pesca, la caccia, l’estrazione del sale, l’utilizzazione della flora palustre e la coltivazione, ove era possibile, dei terreni, per i prodotti orticoli e cerealicoli, a vigneti e ad oliveti, oltre che a pascoli. Per lo scambio di questi prodotti doveva, altresì, svilupparsi il commer- cio non solo sulle vie d’acqua interne, ma anche sull’Adriatico, specie con la co- sta dalmata e con Ragusa (Dubrovnik) in particolare. E pare che l’ambiente ed il territorio della plaga sipontina siano rimasti immutati dall’antichità sino a tutto il medioevo. Uno spaccato della società sipontina in quest’ultimo periodo ci proviene da un documento fredericiano, il Quaternus de excadenciis et revocatis Capitanatae de mandato imperialis maiestatis Frederici Secundi, datato il 1249 e pubblicato a cura di Ambrogio Amelli nel 1903 1 . Mette conto dire che da questo documento la città di Siponto appare ancora in vita e, quindi, operante, anche se qua e là appaiono i segni dell’impaludamento e della desolazione incipienti. Si rilevano, ordunque, numerose case e casaline ancora in piedi come quelle di Margarite Malecurrentis, del giudice Sellicto , di Symonis Russi , di Iohannis Coloris, di Unfridi, di Pascalis de Salpis, di Sypontinus de Prando, ecc.; alcune di queste sono discohopertum. Le attività che gli abitanti svolgono sono quelle di pomentarius, di campsor , di traspadarii, di sutoris, di scutifer marescalle, di aurifex , di vaccarius, di fornarius, ecc., attività abbastanza varie ed il cui significato ci è noto. Dallo stesso documento fredericiano si rileva una Fontana salsa, il cui ri- cordo ci fa andare alla vecchia fontana di Siponto, tuttora visibile, presso le vecchie mura della città. Vicino a questa fonta- ______________ 1 - AMELLI AMBROGIO, (a cura di): Quaternus de excadenciis et revocatis Capitanatae de mandato imperialis maiestatis Frederici Secundi. Montecassino, 1903, pp. 48 e seg. 63

Transcript of CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane...

Page 1: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12

CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA SOCIETA’ SIPONTINA NELL'ALTO MEDIOEVO

La rappresentazione sulle Stele Daunie oltre che di ornamenti, di fibule e

di spade, anche di scene cultuali, di pesca e di caccia, per lo più palustri, ci dà la percezione chiara e netta di quella che doveva essere l’attività umana nella plaga sipontina all’intorno del VII secolo a.C. e di quella che sarà poi l’attività stessa a Siponto.

In una zona paludosa, formata da lembi di terra affioranti dal mare e da corsi d’acqua e da lagune con bassi fondali, dovevano necessariamente svilup-parsi la pesca, la caccia, l’estrazione del sale, l’utilizzazione della flora palustre e la coltivazione, ove era possibile, dei terreni, per i prodotti orticoli e cerealicoli, a vigneti e ad oliveti, oltre che a pascoli.

Per lo scambio di questi prodotti doveva, altresì, svilupparsi il commer-cio non solo sulle vie d’acqua interne, ma anche sull’Adriatico, specie con la co-sta dalmata e con Ragusa (Dubrovnik) in particolare. E pare che l’ambiente ed il territorio della plaga sipontina siano rimasti immutati dall’antichità sino a tutto il medioevo.

Uno spaccato della società sipontina in quest’ultimo periodo ci proviene da un documento fredericiano, il Quaternus de excadenciis et revocatis Capitanatae de mandato imperialis maiestatis Frederici Secundi, datato il 1249 e pubblicato a cura di Ambrogio Amelli nel 19031.

Mette conto dire che da questo documento la città di Siponto appare ancora in vita e, quindi, operante, anche se qua e là appaiono i segni dell’impaludamento e della desolazione incipienti.

Si rilevano, ordunque, numerose case e casaline ancora in piedi come quelle di Margarite Malecurrentis, del giudice Sellicto, di Symonis Russi, di Iohannis Coloris, di Unfridi, di Pascalis de Salpis, di Sypontinus de Prando, ecc.; alcune di queste sono discohopertum.

Le attività che gli abitanti svolgono sono quelle di pomentarius, di campsor, di traspadarii, di sutoris, di scutifer marescalle, di aurifex, di vaccarius, di fornarius, ecc., attività abbastanza varie ed il cui significato ci è noto.

Dallo stesso documento fredericiano si rileva una Fontana salsa, il cui ri-cordo ci fa andare alla vecchia fontana di Siponto, tuttora visibile, presso le vecchie mura della città. Vicino a questa fonta-

______________

1 - AMELLI AMBROGIO, (a cura di): Quaternus de excadenciis et revocatis Capitanatae de mandato imperialis maiestatis Frederici Secundi. Montecassino, 1903, pp. 48 e seg.

63

Page 2: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12

na vi è una terra emersa con la quale confinano le terre di proprietà dell’arcidiacono e le terre di proprietà della chiesa di Santa Maria di Siponto; altre terre sono ubicate nella località chiamata: Locus Putidus.

Ricorrono spesso le citazioni delle saline: salina duo in laco qui dicitur Lomel-lo, iuxta salinas Iohanni Scolmabocte, et iuxta salinas dompne Alferade, ed ancora: sali-nam unam desertam iuxta salinas Montis Sacri, salinam unam desertam in Calcarola, ecc.; l’abbandono di queste ultime deve presupporre il mancato utilizzo, dovuto molto probabilmente al loro disseccamento, e non, anche, al loro impaluda-mento, poiché sarebbero divenute mari.

Ed in merito a questi mari o, meglio, a queste acque interne, si hanno: ma-re magnum unum quod est iuxta mare sancti Benedicti... et mare Montis Sacri. Item aliud mare iuxta mare Russi magistri Rubei. Non mancano, come si è detto, terreni desti-nati all’attività agricola come le vineas desertas in vallone sancti Roncii in loco qui dicitur Guardiola cum terris, ed ancora: vinea deserte in loco qui dicitur Castelle iuxta vineam, vineam unam in montanea et Castellis, quartam partem medii cuiusdam pastini, iuxta pasti-num iudicis Egidii in Plano di Amendila, vinealia que sunt in Calcarola iuxta terram domini Lavencii seminatur ad mediatatem sementis vale de frumento salman unam, vel de ordeo sal-man unam. In località chiamata Terminiculum, di proprietà di sire Laurencii, vi è un tenimentum... non seminatur e, quindi, destinato a pascolo.

Per quanto riguarda l’attività orticola, va citato l’orticello presso la casa di Iohannis Citi traspadarii che fu già di Roberto de Sillicto e di Guglielmo, filii sui,- ed ancora: ortum unum in Porta maiori, iuxta ortum sire Saxi, item mediatatem cuiusdam orti, iuxta ortum sancti Tome.

Per l’attività armentizia, basta la citazione che riguarda un certo Nicola che svolge l’attività di vaccaro: ortum unum in palude quem tenet Nicolaus vaccarius et Raynaldus fornarius2.

Per la strada, infine, che porta a San Quirico (località posta alle falde del Gargano, sotto Rignano), si notano una massaria Lame, ed ancora: olivetum unum iuxta Carbonariam, terra una que dicitur Cabatinus in via Candeloria. E ci pare che le citazioni, per quanto riguarda questo documento, bastino.

E per avere un’idea di quello che poteva essere il sistema viario che inte-ressava o confinava con il territorio sipontino, basta leggere il Regesto di S. Leo-nardo di Siponto edito a cura di Francesco Camo-

_______________

2 - CAMOBRECO FRANCESCO (a cura di), Regesto di S. Leonardo di Siponto, Nel documento n. 81, datato Siponto 1175 si rileva l’offerta di: “vaccas, oves et boves, porcos, ecc.”

64

Page 3: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12
Page 4: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12
Page 5: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12
Page 6: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12
Page 7: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12

breco, dal quale si desume la presenza di una strata magnam3, del magno vado flumenis Candelari qui v. Tamericis4, della stratam Peregrinorum inter Sipontum et Candelarium5, della strata maioram6, della strata Siponti7, ecc.; nell’aprile del 1196 si rileva che nel loco qui dic. Domacavalli tam super quam subtus viam per quam itur ad Candelarum; per hos fines: primo via publica per quam itur ad Casale Novum, secundo via carraria que pergit ad Casale Novum et ad Sipontum, tertio Lama de ipso Vallone que est subtus Lagugenium et tendit usque ad murice, quarto terre eccl. S. Leonardi8. Si hanno pure le citazioni di una via qua itur ab ecclesie S. Trinitatis ad casali S. Iohannis Rotundi, una via qua itur ad ecclesiam S. Barnabe ed infine una stratella8.

Anche se sono passati più di 700 anni, la situazione, per molti aspetti, ci pare immutata; è chiaro che si sono avute delle trasformazioni dovute alle bonifiche e ai guasti irrimediabili, ma il sostrato dell’attività umana dei sipontini è rimasto pressoché immutato. Essi sono interessati ad un molteplicità di fenomeni economici e sociali, caratterizzati proprio dalla complessità del suo territorio e del suo ambiente. Nella plaga sipontina si racchiude, infatti, un microcosmo che spazia dai monti al mare, dalla pianura alla laguna, dal terreno calcareo alle paludi, dall’allevamento alle culture orticole e seminative, dai laghi ai fiumi, dall’agricoltura all’attività marinara, dall’industria estrattiva (cave di tufi, saline) al commercio, dall’attività artigianale (costruzione di barche, confezione di canestri) all’attività conserviera (salagione delle seppie, concia delle pelli). E queste vocazioni, o, se vogliamo, queste tradizioni, già presenti nel primo medioevo, si sviluppano vieppiù dopo il mille, per conservarsi sino ai giorni nostri.

Ma leggendo i documenti di questo periodo ci si accorge, con sommo rincrescimento, che le attività umane erano sviluppate o più “sentite” nel medioevo che non oggi; il tempo, le varie dominazioni, la incuria dei governanti hanno peggiorato e non anche migliorate le condizioni del nostro ambiente e del nostro territorio, provocan-

____________

3 - CAMOBRECO F.; op. cit. doc. n. 3. 4 - Ibidem, doc. n. 4. 5 - Ibidem, doc. n. 6. 6 - Ibidem, doc. n. 13. 7 - Ibidem, doc. n. 43. 8 - Ibidem, doc. n. 112. 9 - Ibidem, doc. n. 142.

65

Page 8: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12

do il “disertamento”, come dice il Galanti, del Tavoliere10. Ed è così che oggi si conserva solo il toponimo di località che si presentavano come veri e propri casali, con i propri signori e con le rispettive chiese, in comunicazione tra di loro con una fitta rete di vie terrestri, come si è visto, e lacuali e fluviali, che percorrevano in lungo ed in largo la piana ed il monte.

Che cosa ne rimane oggi dei casali Candelaro, Versentino, Amendola, Fazzioli, S. Quirico, Pastini, ecc.? E pure lungo l’arco di tutto il medioevo essi si presentano come centri propulsivi di vita economica e sociale. Una comunità, una societas, quindi, di cui vedremo appresso la relativa composizione, viva ed operante, che con la propria attività ha contribuito notevolmente alla formazione del costume del popolo sipontino.

Abbiamo voluto limitare lo studio di questo costume al solo medioevo per meglio poter capire le origini, le “radici” del nostro popolo, e ci pare che esca fuori un quadro abbastanza positivo, ricco anche di fermenti religiosi e culturali; e non poteva essere altrimenti, poiché, proprio per la sua conformazione geografica, Siponto è aperta a tutti i contributi che le provengono dalle genti e dai territori con i quali si trova a contatto, divenendo essa stessa cosmopolita, un crogiuolo di idee, di razze e di religioni e che fa sentire le sue influenze anche oltre Adriatico e presso la Curia imperiale.

Che Siponto, in età romana, fosse un emporio granario abbastanza fiorente è dato sapere da quanto si legge nelle iscrizioni di quel periodo, recentemente pubblicate dal Serricchio11; e che la stessa città contasse su di un suo ceto mercantile lo si rileva dalla esenzione per due anni accordata dall’imperatore Teodorico, nel VI secolo, ai mercanti sipontini per il pagamento dei relativi debiti12. Questi mercanti devono conoscere molto bene le rotte per Bisanzio se decidono di recarsi, come narrano le “Vite” di san Lorenzo13, da-

____________

10 - GALANTI GIUSEPPE MARIA; Della descrizione geografica e politica delle Sicilie, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1969.

11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978.

12 - BARBIERI GINO: Il pensiero economico dall'Antichità alla Scolastica, Molfetta, Mezzina, 1960, pag. 169. La notizia è tratta da Cassiodoro, Le Varie, I, CII, 37; aggiunge il Barbieri che “nel relativo decreto si stabilisce pure una moratoria per i debiti contratti, essendo inutile-osserva acutamente il decreto-ripetere la prestazione di una cosa da chi è nudo. E’ molto meglio attendere un certo lasso di tempo, per dar modo al debitore di rifarsi qualche sua possibilità”. Il che fa presupporre, aggiungiamo noi, fiducia nella capacità imprenditoriale dei nostri mercanti.

13 - BOLLANDUS IOANNES - HENSCHENIUS GODEFRIDUS: Acta Sanctorum. 1658. Nella prima vita è detto, tra l’altro: “De Communi ergo consilio electis honestissimis et illustribus viris, Clericis et laicis, praeparatisque omnibus necessariis eorum itineri, laeti navigium intrantes ad Constantinopolitanum portum...”

66

Page 9: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12

tabili al IX ed all’XI secolo14,presso l’imperatore bizantino per invocarne la nomina del nuovo vescovo, tradottasi, come narrano, appunto, le “Vite”, nella persona di Lorenzo, appartenente alla stessa famiglia imperiale.

E Lorenzo provvede a far trasportare, da Bisanzio, artisti e pietre colorate per la composizione dei mosaici, di cui ancor oggi si vedono tracce a Siponto nella basilica paleocristiana. Scambi religiosi che preludono e conseguono a quelli commerciali e culturali.

E se si hanno scambi commerciali per via lacuale e marittima non potevano mancare artigiani per la costruzione delle navi; e proprio sulle Stele Daunie si ritrovano incise barche sia a vela che a remi, quasi a testimoniare la vocazione di questo popolo che dalle acque e sulle acque ricavava la maggior fonte per il suo sostentamento. La costruzione di queste barche ha dato vita, nei secoli, a dei veri cantieri navali se Siponto prima e Manfredonia poi devono ospitare, nei primi anni della dominazione angioina, navi provenienti da altri porti dell’Italia meridionale per essere calafate o riparate; questa attività si svolge attorno alla figura di mastro Gandiletto de Pasquicio, come è attestato, appunto, dai documenti di quel periodo15.

E dell’attività mercantile si riscontrano tracce anche in periodo svevo, allorquando Manfredi concede fondaci nel porto di Siponto ai Genovesi, ai Veneziani e forse anche agli Ebrei. Di questa attività si vedranno i frutti più tardi, con gli Angioini e maggiormente con gli Aragonesi, tanto da far divenire il porto di Manfredonia sede ambita per i traffici granari di Venezia, di Genova, di Firenze, dei Catalani e della dirimpettaia Ragusa16.

La presenza di saline consentiva la salagione delle seppie e la manipolazione e la concia delle pelli, attività queste che si sono protratte sino all’inizio di questo secolo e per le quali in Manfredonia si è conservato il toponimo. Queste attività venivano svolte in massima parte dagli ebrei, in particolar modo nella zona bassa della nuova città, sulla vecchia strada chiamata della Confectaria, la attuale via della Maddalena, che menava, tramite la porta dello Spontone, sull’omonima cala: sede dei cantieri navali17.

__________

14 - CAGIANO DE AZEVEDO MICHELANGELO; Le due “Vite” del Vescovo

Lorenzo e il mosaico “delle città a Siponto in “Vetera Christianorum”, a. II, fasc. 1, 1974, pp. 141 e seg.

15 - I registri della cancelleria Angioiana, vol. XXVI (1282-1283), a cura di JOLE MAZZOLENI e RENATA OREFICE, pag. 262, doc. n. 72 “Gadilectus de Pasquicio expensores duarum navium in Manfredonia). Mastro Gadiletto è citato pure in altri docu -menti dei Registri della Cancelleria Angioina.

16 - Fonti Aragonesi, vol. VI, a cura di CATELLO SALVATI. 17 - OGNISSANTI PASQUALE, Gli Ebrei a Manfredonia. La Capitanata, anni

XVII, XVIII, XIX, gen-dic. 1980-82, parte seconda, pp. 81 e seg.

67

Page 10: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12

La fornitura delle pelli veniva assicurata dall’attività armentizia, di cui si hanno accenni nel “Quaternus” di Federico II e nel “Regesto di S. Leonardo di Siponto”; gli allevamenti di bestiame si svolgevano sia utilizzando la terra ferma, come per gli ovini, e sia i pantani come per i bufali i quali danno un ottimo latte per la manipolazione dei latticini e dei formaggi, come il formaggio marrama, tipico della plaga sipontina. E questi formaggi venivano confezionati nelle fuscelle di giunchi o in canestri di vimini o di tamerici, abbondanti nelle nostre zone, tanto da consentire un diritto esclusivo del popolo sipontino, l’acquatico ed il legnatico sui beni universali o della Università, di cui si ha copiosa menzione nel Libro Rosso, ovvero negli Statuti municipali della città di Manfredonia. E lo stesso lentisco veniva usato, per il suo aroma, per attirare le seppie quando si spingevano a riva per depositarvi le uova e venivano, così, catturate.

Chi non ha visto, fino ai giorni nostri, la canestraie manipolare canestri per il pane o sporte per contenere i granchi o i molluschi (oltre, naturalmente, a quelli per la conservazione e la salagione dei formaggi, o per voltare le lamie, cioè costruire i tetti, per le case con volte a botte) Attività, questa, sussidiaria e complementare a quella dei massari di campo, come erano chiamati una volta gli allevatori di bestiame. E non si possono sottacere i manufatti per le scope o per le incannecciate, per la pesca delle anguille, la cui materia prima veniva offerta, appunto, dalle paludi.

Ma, a parer nostro, l’attività che ha conservato maggiormente intatte le sue tradizioni è, quella peschereccia, e in particolare la pesca delle seppie, le cui prime notizie risalgono proprio al periodo medievale. Questa pesca è tipica del popolo sipontino che utilizzava le acque interne della sua laguna, più calde delle acque del mare aperto, per cogliere, tramite le vorle18, e a mezzo delle reti, le stesse seppie allorquando depositavano le uova.

Le zone di acque interne, i mari, così le saline, dovevano essere appannaggio di conduttori ben definiti e ben protetti, tra i quali si annoverano anche dei monasteri: Tremiti, Monte Sacro, S. Benedetto, di cui alcuni ben lontani da Siponto come quello di S. Sofia di Benevento; e la pesca stessa ci sembra che dovesse essere rigorosamente controllata e disciplinata se già in epoca longobarda si rileva: “condomas tres ad piscandum et ad salem faciendum”, ed ancora: “de piscatione in mari Sipontino”, “in comitatu Sipontino piscariam”19.

__________

18 - OGNISSANTI PASOUALE, La seppia a Manfredonia, Gargano Studi, n. 1, s.d.

per il tipo di pesca con le vorle cfr. pure: OGNISSANTI P. La pesca delle seppie a Manfredonia, Lingua e Storia in Puglia, 1979, pp. 121 e seg. Questa pesca è regolata con R.D. n. 2356 del 4.10.1928.

19 - CARABELLESE FRANCESCO, L'Apulia ed il suo Comune nell’alto medioevo, 1905, pp. 35 e seg.

68

Page 11: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12

Alcuni di questi atti, come si rileva dai documenti pubblicati dal Carabel-lese, sono redatti e datati in Palatio sipontino20, ovvero emanati dalla sede del Castaldato di Siponto. Ma c’è di più, ci pare di rilevare un riferimento specifico alla pesca delle seppie, tramite le vorle, in un documento pubblicato da Arman-do Petrucci, nel quale si ha la donazione da parte del monastero di Tremiti a Gemma de Rocardo e al nipote Adriano di una salina; questi ultimi si impegna-no a versare un censo annuo di 250 libbre di sale e due apparecchia- ture per la pesca delle seppie, “duas ligaturas sepiarum”21.

E la pesca delle seppie, in zone di mare ben definite, doveva necessaria-mente sfociare, una volta colmata la laguna, nella divisione del lido del mare, che ancor oggi si effettua e che inizia il giorno di san Giuseppe (19 marzo) di ogni anno22. E’ per assicurare la esclusività di questa pesca ai sipontini che si creava il diritto dell'andito; per questa antica consuetudine, per la gabella che vi gravava, per i relativi diritti di esazione si hanno abbondanti riferimenti biblio-grafici, specie nel Libro Rosso dell'Università di Manfredonia23.

Esaminato l’ambiente ed il territorio di Siponto, viste le attività economi-che che svolgono i suoi abitanti, ci pare doveroso, a questo punto, esaminare la società civile, la cultura, del popolo sipontino nel medioevo; l’esame viene limi-tato al periodo tra il 1000 ed il 1200, per il quale periodo si ha possibilità, tra-mite i documenti a nostra conoscenza, di dare uno sguardo panoramico abba-stanza completo della vita sipontina.

Senza voler entrare nella polemica, nata agli inizi di questo secolo, a se-guito della pubblicazione dell’opera del Carabellese24, si può affermare che Si-ponto, anche a seguito delle dominazioni Longobarde e Bizantine, ha goduto di una certa autonomia civile-militare se arma proprie milizie per respingere gli attacchi e le in-

____________

20 - Ibidem. 21 - PETRUCCI ARMANDO, Codice diplomatico del Monastero Benedettino di S. Ma-

ria di Tremiti 1005-1237, Istit. Storico. Italiano per il Medioevo, Roma, 1960, doc. n. 125, p. 397.

22 - OGNISSANTI P. La seppia, op. cit. 23 - DI CICCO PASQUALE (a cura di), Il Libro Rosso dell'Università di Manfredonia,

edito a cura del Consiglio Comunale di Manfredonia, Napoli, 1974; nel capitolo IX viene deteminato il modo di comportarsi di chi pesca nel mare della nostra città. Alle imposi-zioni ivi riportate si sottrae la pesca delle seppie che vengono vendute ai viaticali sul lido stesso del mare, senza portarsi in piazza alla assisa, oppure fatte seccare ed esitate a tempo opportuno. La città godeva pure di un diritto di prelazione nell’acquisto delle seppie nei confronti dei privati incettatori. Per il Diritto dell'Andito, cfr. il GALANTI, op. cit. e lo SPINELLI; MATTEO SPINELLI: Memorie storiche dell'antica e moderna Siponto, mmss. presso le Civiche Biblioteche di Manfredonia. Altre notizie utili in merito si possono rica-vare anche dall’opera postuma di Michele Bellucci: Per una storia di Manfredonia, fasc. 1, Foggia, 1980.

24 - CARABELLESE F., op. cit.

69

Page 12: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12

vasioni degli Slavi, o per far valere la propria supremazia sulla Daunia, entrando in lotta con Troia (la vecchia Aecae). E questa antica tradizione ci viene compro-vata da quanto si rileva dalle Apparitio di s. Michele, databili dal VII al IX secolo; in questi Codici si riscontra la battaglia sostenuta dai Sipontini contro i Napoleta-ni (cristiani contro pagani) e la relativa vittoria ottenuta grazie all’intercessione dell’arcangelo Michele apparso in sonno al vescovo sipontino Lorenzo Maiora-no. Chiara e voluta anticipazione di avvenimenti posteriori per legittimare la Invenzione del culto Michaeliano, divenuto, poi, il culto ufficiale dei Longobardi.

E la tradizione di armate sipontine, con propri capi (i duci delle armi), si rileva da una lettera di s. Gregorio Magno, nella quale si allude alla figlia di Tul-liano, maestro delle milizie di gloriosa memoria25. E nella tradizione popolare la tomba di Tulliano viene individuata nel sarcofago, tuttora esistente, nella par-te inferiore della basilica preromanica di Siponto.

Con il secolo XI, ad un’eventuale autonomia civile, consegue la riconqui-sta dell’autonomia vescovile, venuta meno nel secolo VII con la riunione, su un falso documento pontificio, del vescovado sipontino a quello beneventano26 . Dai primi decenni del secolo XI, il presule rappresenta, come anche in altre parti di Italia, oltre che il primate religioso pure il primate civile della città.

Ed è proprio in questo secolo che Siponto vede sviluppare i presupposti della bottega attribuita ad Acceptus; alla Scuola di Acceptus si forma quel David magister che si firma su di una trave dell’ambone sipontino, datato al 103927.

Si forma, così, una cultura autoctona che si svincola dal bizantinismo per assumere forme e movimenti nuovi, traspositati negli stessi amboni, nelle catte-dre vescovili, nei plutei, nelle stesse basiliche ed infine anche nei codici miniati come è dato sapere da quello presso Montecassino, ove su di un codice vi è la firma di un Sipontino monaco 28.

Ma al movimento innovatore iniziato dal vescovo Leone (1023-1050) e continuato dal vescovo Gerardo (1064-1078), non sono

__________

25 - ACCURANTE J. - P. MIGNE: Sancti Gregorii Papae I cognomento magni, Opera

Omnia. Patrologia Latina, Tomo 77, Rurnholti (Belgio), Typographi Brepols Editores Pontificii, pp. 641 e seg.

26 - CONIGLIO GIUSEPPE, Note storiche sulla Chiesa di Puglia e Lucania dal V al IX secolo nei fondi pergamenacei. Vetera Christianorum, a. 7°, fasc. 2, 1970, pp. 341 e seg.

27 - SERRICCHIO C., op., cit. 28 - DI SABATO RAFFAELLO, La Madonna di Siponto, Saggio storico critico di ar-

cheologia e di iconografia cristiana. Ristampa a cura dei figli dell’A., Reme Graf - Foggia, s.d.

70

Page 13: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12

estranei gli stessi ebrei che annoverano a Siponto, in questo periodo, grosse personalità nel campo della medicina, come Melkisedeq, trasferitosi, poi a Sa-lerno, e nel campo della poesia e della letteratura, come ben Merinos, o come i traduttori di Bibbie, o come i commentatori dello Josephon29.

E se Leone riporta il vescovado sipontino al vecchio splendore, Gerar-do, accorto diplomatico, proietta lo stesso vescovado in una dimensione geo-grafica più ampia, quale punto di riferimento del medio e del basso Adriatico, con le sue continue missioni in Dalmazia, a Ragusa, a Spalato, ecc., contribuen-do, così, alla sostituzione, in quei territori, dell’influenza bizantina con quella del clero romano30. E non solo, la presenza di Gerardo sull’altra sponda adriatica contribuiva a sviluppare vieppiù i rapporti mercantili tra le due sponde e, quin-di, ad incrementare i traffici da e per Siponto.

Lo stesso Gerardo, nel 1068, ha l’accortezza di riunire il clero ed il po-polo sipontino in un Parlamento per determinare, molto probabilmente, la rico-struzione della nuova basilica preromanica, riadattando il vecchio battistero pa-leocristiano, di cui si ha notizia nelle “Vite” di S. Lorenzo, provvedendo a cor-redarla di varie suppellettili, tra le quali quella icona deaurata, che ancora oggi si ammira nella Cattedrale di Manfredonia, ovvero l’effige di S. Maria di Sipon-to31.

Con questi presupposti, con la formazione artistico-culturale-religiosa, che si è visto, non deve apparire strano che un popolo formato da pescatori, da pantanari, da scialaioli, da salinari, da conciatori, da pastori, da vaccari, ecc. sia capace di assurgere a dignità civile e militare, tanto da sviluppare la propria attività an-che fuori dall’ambito territoriale.

E’ un popolo che produce buoni avvocati, giudici, notai che conoscono molto bene il latino, come viene dato di sapere dall’esame dei rogiti e delle invo-cationes che si leggono nei documenti del Regesto di S. Leonardo; sono uomini che si formano all’ombra delle grandi potenze economiche, come le Badie di S. Leonardo di Siponto e di S. Maria di Tremiti, che, proprio in questo periodo, raggiungono il massimo splendore mercantile ed artistico.

Ed ecco che la società si trasforma: da mediocres si diventa vir, milites, co-mestabili, funzionari regi, comite, turmarca, ecc. Per meglio capire questo feno-meno, di trasformazione sociale ed economica, ci bastano alcuni esempi.

_______________

29 - OGNISSANTI P., Gli ebrei, op. cit. 30 - OGNISSANTI PASQUALE: L'arcivescovo Gerardo a Siponto. Vita Diocesana, a.

XIX, n. 1, genn.-marz. 1982, pp. 50 e seg. 31 - OGNISSANTI P., L'arcivescovo Gerardo , op. cit.; per l’origine del culto mariano

a Siponto cfr; pure OGNISSANTI PASQUALE: L'Arcivescovo Ugone. Vita Diocesana, a. XXI, n. 3, lug.-Sett. 1984, pp. 32 e seg.

71

Page 14: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12

Tra i proprietari della plaga sipontina figurano: Boamundus Bricto domini Candelari, Silvester de Lama Candelari, Johannes Aisius Casali, attivi nel 1164, così come Nonnus Petrus, preposito, et Raino S. Quirici, Guidi Soldanus S. Quirici iudex regalis, Pascalis militi S. Quirici.

La vita nel casale di Candelaro deve svolgersi fino al 1219, ed anche ol-tre, se vi figurano: Guilelmus de Siponto dominus Candelari fil. qd. Guilelmi de Siponti regii iusticiari e Ursonis de Siponto Castellanus Candelarii; nel 1203, figura un Bartholo-mei de Pastino, e, nel 1212, un Boni de Pulsano; nel 1217, una Carina de La Mendula e, nel 1235, un Henrici de Facciolo. Ma già un secolo prima, si ha notizia di una famiglia De Tivilla, del genere francorum che, nel 1143, con i fratelli Simon, Eudo, Guilelmus, operano con gli uomini del Casale Bessentini.

E che dire dei Kadelaito, imperiali tormarcho, al servizio del vescovo Gerar-do, nel 1064, e presenti con un Bartolomeo, come teste, fino al 1293; e dei de Ollia o de Ullia, che annoverano un Garino, catipano Siponti nel 1197; e di Gu-glielmo da Siponto, imperatoris iusticiarius, nel 1196, e proprietario di terre in loca-lità Domacavalli; e dei Guisenolfo, imparentati con i Giovanni Zito, proprietari di una vineam, nel 1180, e che esercitano la professione di avvocati e di giudici; e dei Gaderisio, anch’essi proprietari di vigne e che svolgono la professione di notai oltre che a Siponto anche a Monte S. Angelo; e i Giovanni Zito imparentati anche con i Papa Giovanni, pure essi proprietari di terreni e imparentati, a loro volta, con i Benesmiro?

Ma, a parer nostro, la famiglia che meglio ha saputo cogliere i frutti di questa trasformazione economico-sociale è proprio quella dei Benesmiro, per la quale, a conclusione di queste note, vogliamo tracciare con più abbondanza di notizie le vicende, anche per dare il giusto merito ad una famiglia che, più delle altre, ha saputo imporsi al cospetto delle città vicine e della stessa Curia imperiale, cioè, come lo stesso simbolo della vitalità di Siponto.

Di un Benesmiro milite eccl. S. Leonardi advocato si ha notizia in alcuni docu-menti del 1144 e del 1146; nel 1147 si ha la conoscenza di un Ursone Zito filio Benesmiri milite ac regii camerari. Come si vede i Benesmiro fanno carriera inseren-dosi nella rete dei funzionari regi senza, peraltro, lasciare il precedente ufficio di advocato ecclesie di S. Leonardo di Lama Volara. L’attività di Benesmiro, accom-pagnata da quella del figlio Ursone, si esplica negli anni 1150, 1156 e 1157.

In un documento nel 1165 appare un altro nome legato ai Benesmiro, Sassone milite vice Benesmiri sui patris ad eccl. advocato; e nel 1173 appaiono Benesmiro et Sassonis fratribus nostris advocati. La notizia è notevole, perché ad un Sassone si associa un fratello dal

72

Page 15: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12

nome Benesmiro, figlio, molto evidentemente, del primo Benesmiro, la fami-glia, quindi, comincia ad espandersi. In questo periodo il nome dei Benesmiro oltre che dai documenti del Regesto appare anche nei documenti della città di Troia pubblicati da Jean Marie Martin32; nel 1162 si ha notizia, appunto, di una terram Bonismiri de Armanno conzatore. Ci pare, quindi, ovvio sottolineare l’accento sulla attività svolta da questo Benesmiro, attività, come si è visto, fiorente in Si-ponto prima e in Manfredonia poi. E sempre dagli stessi documenti appare nel 1175 un Benesmiro regio justiciario advocato eccl., ecc.; non vi è dubbio, perciò, che si tratti della stessa famiglia.

Nel 1177 si ha un Benesmiro Siponti sacris suis litteris... regio giustiziere dell’Honor Montis Sancti Angeli, carica che si riscontra in un altro documento di Troia del 1184: la fortuna dei Benesmiro è fatta.

Di Ursone non si hanno più notizie, mentre compare per la prima volta il nome di Goffredo in un documento del 1180: Goffredo de Siponto, filio qd. Bene-smiro advocato nostro, e sempre nel 1180 compare anche un Domo Benesmiri. Con un salto di sedici anni riappare il nome di Sassone, ma come padre, e manco a dirlo, di un Benesmiro: Sm. Bonesmiri ol. Sassonis filii. Nel frattempo, come si è potuto notare, si ha una leggera modifica nel nome: da Benesmiro a Bonesmi-ro.

Il nome di Sassone appare ancora anni dopo, legato ad una proprietà sulla montagna, nel 1201 si rileva: pecia una terre Bonismiri ol. filii Sassonis. Nel 1202 si ha notizia di un Benesmiri militis de Siponto e nel 1212 la fortuna arride ancora ad un componente di questa famiglia: Bonesmiro regio justiciario Siponti comestabulo eccl. advocato, e nel 1212 e nel 1216 i Benesmiro si fregiano del titolo di Comitis Siponti iudicis. Nel 1219 abbiamo un Benesmiro Sipontino comestabulo et regio iusticia-rio ac comito Sipontino iudice e nel 1221 un Bonesmirus Sipontinus comestabulus et imperialis iusticiarius.

Si badi bene che la fortuna di questa famiglia continua anche se si succe-dono diverse dominazioni sull’Italia meridionale, anzi aumenta sempre di più. E non è che i componenti la famiglia, maschi o femmine che siano, non disdegni-no di far risaltare le loro origini, anche quando si trovano ad operare o ad abi-tare in località diverse da Siponto, o vanno spose a signori di Terre, come è il caso di Al-

___________

32 - MARTIN JEAN MARIE: Les chartes de Troia. Edition et étude critique des plus

anciens documents conservés à l'Archivio Capitolare, I (1024-1266) (Codice Diplomatico Pugliese, XXI), Bari, 1976.

73

Page 16: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA … · 11 - SERRICCHIO CRISTANZIANO: Iscrizioni romane paleo-cristiane e medievali di Siponto, Quaderno n. 9 dell’A.A.S.T. Manfredonia, 1978. 12

franda, filia Bonesmiri, nel 1221, o di Romana, filia Domini Bonesmiri de Siponto, sposa di un Johannes Ameriusius regius baronus et loci Tiviani, nel 1228.

Con il periodo angioino il nome dei Benesmiro non compare più in do-cumenti riguardanti Siponto, ma li riscontriamo a Foggia, come Nicola de Bono-smiro, Regie Fogie iudice, o come Nicolaus de Bonosmiro iudex, nel 1302. E’ da pensa-re, quindi, che questa famiglia si sia definitivamente allontanata da Siponto e da Manfredonia se negli anni successivi la si vede molto attiva a Trani, dove con-serva la propria professione e diviene proprietaria di molti beni immobili33.

Il periodo di attività di questa famiglia, come si è visto, è abbastanza lun-go se vede affermarsi sulla vecchia concezione autonomistica della comunità cittadina una nuova concezione unitaria del regno e, nonostante queste profon-de trasformazioni, la famiglia Benesmiro ha continuato il suo cammino rive-stendo cariche di altissimo prestigio.

E non è che la famiglia contasse solo su personaggi dotti o letterati, o su attività svolte solo nell’ambito della propria città, o che non fosse esente da di-savventure; una famiglia viva, dunque, che non disdegna di rivolgersi a papa Alessandro III (1159-1181), strenuo nemico del Barbarossa e difensore dei Comuni, come Sassone, per impetrarne la liberazione del figlio Goffredo fatto prigioniero in Dalmazia e per la restituzione dei beni tolti a quest’ultimo da al-cuni uomini di Sebenico34.

Lo stesso Goffredo non può non essere un personaggio avventuroso se si era spinto, senz’altro per commercio, sull’altra sponda; dunque, non può que-sta famiglia, come scrive il Fuiano, da piccola nobiltà locale assurgere ad alti incarichi curiali35, se non ci fosse stato un substrato idoneo nella città di prove-nienza.

Quali conclusioni bisogna trarre da quanto finora detto? Se di una società sipontina bisogna parlare, se si vogliono riscontrare nel

nostro popolo delle tradizioni, nel senso più ampio della parola, se vogliamo scoprire le radici della nostra dignità di essere un popolo o una comunità, tutto ciò non può non individuarsi che con le nostre origini, e ci pare che il quadro che abbiamo descritto sia abbastanza sufficiente per dimostrare quanto finora affermato; molte cose il tempo e gli avvenimenti storici hanno cancellato, ma la sostanza della nostra cultura, della nostra vocazione economica, delle nostre tradizioni popolari e religiose ci pare che sia rimasta pressoché inalterata.

Pasquale Ognissanti

____________________

33 - VITALE VITO: Trani dagli angioini agli spagnuoli. Bari, 1912. 34 - FUIANO MICHELE: La città di Siponto nei secoli XI e XII. Nuova Rivista Sto-

rica, A.L. fasc. I-II, 1966, Soc. Editr. D. Alighieri. 35 - FUIANO M., op. it.

74