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Appendice II – La villa del Casale di Piazza Armerina A.A. 2008/2009 16 (CONTINUA) Le stanze 17, 18, 19 sono stanze di servizio (l’ultima è addirittura la cucina), caratterizzate in genere da pavimenti in mosaico geometrico o da coccio pesto. Lo stesso ruolo dovevano avere i vani 21-22. 20 - SALA DEL RATTO DELLE SABINE Con ingresso dal peristilio, prende il nome dalla scena mosaicata nel pavimento dove si notano, divisi su due registri, personaggi che danzano. Nel primo registro, giovani che sollevano da terra due ragazze. Nel secondo: una ragazza che, vestita con un lungo abito, danza innalzando, in aria, un lungo velo. La scena è stata interpretata dal Gentili e dal Dorigo come una scena di danza e di ratto che richiamano alla leggenda antichissima del ratto delle Sabine e della fondazione di Roma. Figura 1. Particolare del ratto delle Sabine 23 - SALA DELLE QUATTRO STAGIONI Con funzione di vestibolo alla sala degli eroti pescatori, vi si accede direttamente dal peristilio. Nel pavimento vengono raffigurati, dentro quattro medaglioni, le quattro stagioni: nel primo una giovane, con delle rose in testa, raffigura la PRIMAVERA, nel secondo una giovane con le spighe in testa, l'ESTATE, nel terzo una giovinetta col capo reclinato, l'AUTUNNO, nel quarto un giovane con le foglie in testa l'INVERNO. Accanto a questi, altri medaglioni contenenti volatili e pesci a identificare, forse, i segni zodiacali delle stagioni.

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Appendice II – La villa del Casale di Piazza Armerina A.A. 2008/2009

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(CONTINUA)

Le stanze 17, 18, 19 sono stanze di servizio (l’ultima è addirittura la cucina), caratterizzate in genere da

pavimenti in mosaico geometrico o da coccio pesto. Lo stesso ruolo dovevano avere i vani 21-22.

20 - SALA DEL RATTO DELLE SABINE

Con ingresso dal peristilio, prende il nome dalla scena mosaicata nel pavimento dove si notano, divisi

su due registri, personaggi che danzano. Nel primo registro, giovani che sollevano da terra due ragazze.

Nel secondo: una ragazza che, vestita con un lungo abito, danza innalzando, in aria, un lungo velo. La

scena è stata interpretata dal Gentili e dal Dorigo come una scena di danza e di ratto che richiamano

alla leggenda antichissima del ratto delle Sabine e della fondazione di Roma.

Figura 1. Particolare del ratto delle Sabine

23 - SALA DELLE QUATTRO STAGIONI

Con funzione di vestibolo alla sala degli eroti pescatori, vi si accede direttamente dal peristilio. Nel

pavimento vengono raffigurati, dentro quattro medaglioni, le quattro stagioni: nel primo una giovane,

con delle rose in testa, raffigura la PRIMAVERA, nel secondo una giovane con le spighe in testa,

l'ESTATE, nel terzo una giovinetta col capo reclinato, l'AUTUNNO, nel quarto un giovane con le

foglie in testa l'INVERNO. Accanto a questi, altri medaglioni contenenti volatili e pesci a identificare,

forse, i segni zodiacali delle stagioni.

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24 - SALA DEGLI EROTI PESCATORI

Ambiente quadrangolare aventi funzioni di alloggio per gli ospiti. Le pareti presentano tracce di

affreschi Alcuni eroti, su quattro barche, pescano in un mare molto ricco di pesci con reti e fiocine. In

fondo alla scena, viene raffigurata una villa formata da due ali allacciate da un lungo portico colonnato.

Figura 2. Eroti pescatori

25 - PICCOLA CACCIA

L'ingresso colonnato, aperto sul lato settentrionale del peristilio, testimonia l'importanza

di questa sala. Nel pavimento è mosaicata una battuta di caccia, disposta su cinque

registri. Nel primo registro, due servi accompagnano i cani (cirnechi) sul luogo di caccia.

Nel secondo un personaggio fa un sacrificio a Diana, dea della caccia, rappresentata su

basamento con ara. Il personaggio che compie il sacrificio, rappresentava, secondo il

Gentili, Costanzo Cloro, Cesare di Massimiano, con alle spalle il figlio Costantino futuro

imperatore. Nel terzo registro, due falconieri, sono intenti a scrutare il fogliame di un

albero d'alloro su cui si trovano due tordi. Nel quarto registro, a sinistra, un cane azzanna

una lepre. A destra un cavaliere, con venabulum biforcuto, infilza una lepre nascosta in

una macchia d'alloro. Nel quinto registro, a sinistra, avviene la cattura dei cervi che,

inseguiti, vengono spinti verso una rete. A destra, un cinghiale ferito sta per avventarsi

su un giovane a terra, il quale viene soccorso dai propri compagni. Al centro di tutta la

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scena i venatores, sotto una tenda rossa legata tra due alberi, consumano un pasto di

selvaggina.

Si tratta di una composizione che celebra il dominus ritratto nella quotidianità delle

attività sportive più in voga presso i signori del tempo. Possiamo immaginare, viste le

specie animali rappresentate,che si tratti di una battuta di caccia nelle proprietà

siciliane.

Figura 3. Sacrificio a Diana

Figura 4. Banchetto agreste

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Figura 5. Cattura degli uccelli

Figura 6. Uccisione del cinghiale

Figura 7. La caccia alla lepre

Figura 8. Il trasporto del cinghiale

Le stanze 26 e 27 dovevano essere destinati ai servi che dovevano occuparsi dei due appartamenti

privati del dominus e della domina (appartamenti A e B) e della sala absidata di rappresentaza.

28 - CORRIDOIO DELLA GRANDE CACCIA - PORTICUS AMPLIA

Corridoio,(65,93 m di lunghezza e 5 m di larghezza) con le estremità absidate, fungeva da anticamera

alla grande basilica. Si tratta di un portico bicentenari, misurando duecento piedi romani. Il mosaico è

stato eseguito, secondo il Carandini, da due diverse maestranze di origine nord africana ed è composto

da sette scene.

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Su questo elemento di raccordo e separazione tra parte pubblica e privata, si aprivano la grande sala

absidata di rappresentanza e gli appartementi padronali. L'importanza era sottolineata dal portico che si

apre nella sua parte centrale verso il peristilio e dalla leggera sopraelevazione: vi accedevano due scale

dai bracci nord e sud del peristilio, e una terza centrale, di fronte all'ingresso della grande sala absidata,

sfruttando in modo scenografico le caratteristiche del terreno..

Alle due estremità dell'ambulacro le lunette pavimentali rappresentano figure femminili, che

personificano le due province estreme dell'Impero romano l'India a destra e la Mauretania a sinistra. A

dispetto del nome con cui è conosciuto, il soggetto del mosaico pavimentale rappresenta, più che una

caccia, una grande battuta di cattura di bestie selvatiche per i giochi dell’anfiteatro a Roma: nessun

animale viene infatti abbattuto ed i cacciatori usano le armi solo per difendersi. Nella parte sinistra del

corridoio vengono rappresentate le cinque province che formavano la diocesi dell’Africa:-

BIZACENA, MAURETANIA, NUMIDIA, PROCONSOLARE e TRIPOLITANIA.

In ogni provincia si ha la cattura di un animale tipico del luogo. Gli animali catturati vengono

trasportati, mediante carri trainati da buoi, al porto di Cartagine ed imbarcati su un veliero. Al centro

del corridoio è raffigurato lo sbarco degli animali nel porto di Ostia.

Le caratteristiche tecniche, unite all’analisi delle cesure evidenti sullo sfondo del mosaico, hanno

consentito di individuare 7 scene:

• Le prime tre scene sono realizzate con tessere quadrate di piccole dimensioni (5-6 mm), di

forma molto regolare, e con una certa quantità di “faience”; sono impiegate poche scaglie di

pietra, e ci sono circa venticinque colori diversi.

• Le scene restanti, nella metà sud del corridoio, sono realizzate con tessere un po’ grandi (6-8

mm.), scaglie di pietra più frequenti e minor precisione nei dettagli; sono presenti quindici

colori.

La differenza stilistica fra le due parti del corridoio è assai evidente. Mentre nella metà sud le figure

sono secche, schematiche e prive di volume, quelle della metà nord spiccano per la resa plastica e

naturalistica dei corpi delle belve e per i volumi dei panneggi in libero movimento. È possibile che la

parte meridionale del corridoio sia opera di maestranze più conservatrici, fedeli ai canoni stilistici del

III secolo e ai modelli del linguaggio figurativo occidentale, mentre nella parte settentrionale avrebbero

lavorato mosaicisti più innovatori e più vicini alla cultura figurativa del IV secolo, che avevano

assorbito modelli elaborati in Grecia o in Asia Minore e ancora vicini alla tradizione ellenistica.

1. La prima scena raffigura catture di diversi animali, ognuna delle quali sembra essere ambientata

in una diversa provincia dell’Africa, ad eccezione della Tripolitania:

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o la cattura della pantera in Mauretania, secondo la tecnica descritta nell''Historia

Augusta, attuata da soldati (riconoscibili nel mosaico dall'abbigliamento) con l’aiuto di

un’esca e di una trappola;

o la cattura dell’antilope in Numidia, dove i cavalieri non fanno uso di sella;

o la cattura del cinghiale selvatico in Bizacena, presso una palude forse identificabile con

il Lacus Tritonis, a sud di Hadrumetum.

Figura 9. Imbarco a Cartagine e sbarco ad Ostia

Figura 10. Animali dell'Africa

Figura 11. Il cursus publicus

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2. Nella seconda scena , in una località portuale con un lussuoso edificio sullo sfondo – forse una

villa marittima –, un cavaliere, forse un ufficiale addetto alla posta imperiale, sorveglia il

trasporto di un pesante carico. Quattro uomini trasportano sulle spalle alcune bestie legate o

chiuse all’interno di casse, un ufficiale frusta uno schiavo e altri servi trascinano su una nave

struzzi e antilopi. Gli studiosi concordano nel riconoscervi la rappresentazione del porto di

Cartagine, nel cui foro marittimo in età antonina esistevano un edificio ottagonale ed un tempio

con portico semicircolare, simili alle architetture rappresentate sullo sfondo di questa scena.

3. Nella terza scena, che si trova di fronte all’ingresso dell'aula absidata, viene raffigurato un tratto

di terra situato fra i due mari. Al centro, un gruppo di tre personaggi osserva lo sbarco degli

animali da due navi provenienti dai due lati. Per la sua posizione preminente, in questo gruppo

si è voluta vedere la rappresentazione dei tetrarchi, oppure di Massenzio (figlio del tetrarca

Massimiano) con due alti ufficiali, o ancora di un procurator ad elephantos (funzionario

imperiale addetto alle bestie per i giochi) con due addetti. La terra fra i due mari è con ogni

probabilità l’Italia, e forse è qui rappresentato il porto della stessa Roma. Lo sbarco

contemporaneo delle due navi costituisce un esempio di narrazione compendiarla, tipica

dell'arte tardo-antica.

Figura 12. Il procurator

4. Nella quarta scena abbiamo l’imbarco degli animali in un porto orientale, forse l’Egitto, come

lascerebbero pensare la presenza di un elefante, di una tigre e di un dromedario. I cacciatori

indossano calzoni di tipo orientale.

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Figura 13. Carico animali dall'Oriente e caccia in ambiente nilotico

5. La quinta scena raffigura la cattura di rinoceronti in un paesaggio nilotico con palude, fiori rossi

e caratteristici edifici a pagoda.

6. Nella sesta scena abbiamo nella parte superiore una lotta fra bestie selvatiche e un leone che

attacca un uomo e per questo viene ferito. Inferiormente un personaggio di età matura,

dall’aspetto solenne ed autorevole, affiancato da due soldati con scudo, attende l’arrivo di una

misteriosa cassa che potrebbe contenere il grifone che appare all’estremità del corridoio.

7. Nella settima scena abbiamo la cattura di una tigre in India con l’aiuto di uno stratagemma

descritto da Sant’Ambrogio e da Claudiano. Una sfera di cristallo viene lanciata verso la tigre.

L’animale, vedendo la propria immagine riflessa nella sfera, crede di vedere uno dei suoi

piccoli e distrae la sua attenzione dai cacciatori, che così possono più facilmente catturarla.

L’ultimo episodio, che ha spesso destato l’attenzione degli studiosi per la sua singolarità, mostra

la cattura di un grifone con un’esca umana.

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Figura 14. Cattura della tigre

Figura 15. Cattura del grifone

8. Nelle absidi alle estremità nord e sud del corridoio abbiamo due figure femminili. Quella a

nord, molto lacunosa, tiene nella mano destra una lancia e ha ai lati un leone e un leopardo. Si

tratta forse della personificazione della Mauretania o, più genericamente, dell’Africa. L’altra

figura femminile dalla pelle olivastra, per la presenza dell’elefante dalle orecchie piccole, della

tigre e della fenice, rappresenterebbe l’India, come sembrerebbe provare la presenza delle

formidines pedendenti dai rami, nastri rossi usati dai cacciatori indiani per catturare le tigri,

quella della fenice ed infine l’avorio indiano ritenuto dai romani più pregiato di quello africano.

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Figura 16. L'India

Figura 17. La fenice

La rappresentazione di una caccia o di una cattura di bestie è un soggetto abbastanza ovvio per una

villa di campagna e, in generale, fa parte del tipico repertorio iconografico dell’esaltazione aristocratica

o regale. Tuttavia, ciò che rende unica la caccia di Piazza Armerina è la rappresentazione delle terre

conosciute dall’Occidente all’Oriente, con personificazioni e specie d’animali caratteristiche d’ogni

regione. Tutto ciò fa sì che questo mosaico debba essere visto come una sorta di carta geografica, dono

degno di un imperatore: si credeva che il possesso di una rappresentazione cartografica potesse in

qualche modo accrescere magicamente il potere del sovrano su quelle terre. Sappiamo che ne

ricevettero in dono Augusto, Nerone e Giuliano l’Apostata. Era ritenuto un dono degno di un sovrano.

Inoltre, uno dei temi ricorrenti dei panegirici imperiali era la diffusione della fama e della gloria

imperiali fino agli estremi confini del mondo. E proprio questo è il significato degli animali fantastici

quali il grifone e la fenice, simboli dei paesi più remoti e misteriosi. Solo con l’identificazione certa del

proprietario della villa potrebbe chiarire le motivazioni di questa scelta, ma questo è un problema

ancora aperto.

Per quanto riguarda lo stile, il mosaico della "Grande Caccia" si inquadra perfettamente nel clima

artistico di IV secolo. Vi ritroviamo, infatti, una serie di moduli espressivi che ricorrono sull’arco di

Costantino a Roma, come le teste rotonde pettinate a calotta con ciocche che scendono sul cranio senza

sopraffarlo, la disposizione delle scene su registri sovrapposti, la frontalità, la bidimensionalità e le

proporzioni gerarchiche, per cui la narrazione prevarica le dimensioni degli elementi del paesaggio, che

sono ridotti al minimo. Il decorativismo molto curato, l’attenzione al dettaglio, il vivo cromatismo

(nelle vesti di inservienti, cacciatori e funzionari, nelle penne degli struzzi) anticipano l’arte bizantina,

dove i broccati e i gioielli cancelleranno i volumi della figura umana. Sotto questa ricchezza decorativa

si cela infatti già una sostanziale perdita del senso dell’organicità naturalistica., come rivelano anche le

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ombre portate utilizzate a caso e certe incomprensioni dei modelli originari, come nelle zampe dei buoi

che trainano il carro al centro del mosaico).