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CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA UFFICIO DEI REFERENTI PER LA FORMAZIONE DECENTRATA CORTE DI APPELLO DI ROMA ______ INTERNET E DIRITTO PROFILI PENALI E CIVILI NASCENTI DALL’USO DELLA RETE (Roma, 5 dicembre 2005) PROFILI CIVILISTICI ED AMMINISTRATIVI DELLA CONTRATTAZIONE ON LINE di Enzo Maria Tripodi ( * ) SOMMARIO: 0. Premessa – Sezione I: le regole amministrative per l’avvio delle attività on line – 1. Introduzione. Le regole generali applicabili allo svolgimento delle attività economiche su Internet – 2. Il commercio elettronico e le regole amministrative applicabili – 3. Le indicazioni del D.Lgs. n. 114/1998 sulla disciplina del commercio - 3.1. Il commercio elettronico esercitato dal dettagliante e dal grossista - 3.1.1. Il dettagliante - 3.1.2. Il grossista - 3.2. Segue: Il commercio elettronico esercitato dall’industriale, dall’agricoltore e dall’artigiano - 3.2.1. L’industriale -3.2.2. L’agricoltore - 3.2.3. L’artigiano – 4. La comunicazione al Comune per lo svolgimento del commercio elettronico al dettaglio e l’irrogazione delle sanzioni - 4.1. Il valore giuridico della comunicazione e l’incidenza del D.Lgs. n. 70/2003 - 4.2. L’irrogazione delle sanzioni previste dalla disciplina del commercio – 5. Il D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 70, di recepimento della direttiva comunitaria 2000/31, sul commercio elettronico. Prime indicazioni - 5.1. Considerazioni introduttive - 5.2. Gli obblighi di informazione - 5.2.1. Le informazioni generali - 5.2.2. Le informazioni da fornire nella pubblicità - 5.2.3. Le informazioni relative alla contrattazione. Rinvio - 5.2.4. Le sanzioni per l’omissione di informazione - 5.3. Codice del consumo e commercio elettronico – 6. Le aste on line - 6.1. Premessa - 6.2. Le tipologie di aste on line – 7. Segue: le indicazioni amministrative della circolare 17 giugno 2002, n. 3547/C - 7.1. I requisiti per l’esercizio dell’attività - 7.1. I requisiti per l’esercizio dell’attività - 7.2. Ulteriori indicazioni sullo svolgimento dell’attività - 7.2.1. Identificazione del banditore d’asta - 7.2.2. Identificazione dei soggetti che partecipano alle aste - 7.2.3. Informazione sulla modalità di asta - 7.2.4. Informazioni sul bene posto in vendita all’asta - 7.2.5. Localizzazione e contestualità dell’asta - 7.2.6. Conclusione del contratto - 7.2.7. Tutela dei dati personali e sicurezza informatica - 7.2.8. La legge applicabile, le sanzioni e l’organo competente – 8. Gli «Internet point» e gli altri esercizi che rendono disponibili connessioni ad Internet - 8.1. Premessa. La disciplina normativa applicabile - 8.2. Le indicazioni del Codice delle comunicazioni elettroniche - 8.3. Servizi di accesso ad Internet come servizi complementari di altre attività - 8.4. Le novità a seguito dell’emanazione del decreto per il contrasto del terrorismo internazionale 0. Premessa Il titolo di questo contributo facendo riferimento ai profili «civilistici» ed «amministrativi» della contrattazione on line, riunisce sinteticamente due aspetti affatto diversi. Il primo è riferito alle questioni che attengono alla contrattazione on line immaginando di avere a che fare con un «chiunque» al quale si applica il codice civile. Le questioni amministrative – e veniamo al secondo aspetto – chiamano invece in causa un soggetto che svolge attività professionale e, quindi, un «chiunque» caratterizzato dall’obbligatoria osservanza di regole che colorano in un modo o nell’altro lo svolgimento della sua attività. I due profili, ovviamente, si intrecciano: al rispetto delle disposizioni amministrative, segue quello delle disposizioni codicistiche. Le prime sono, dunque, dei presupposti delle seconde. ( * ) Coordinatore dell’INDIS – Istituto Nazionale Distribuzione e Servizi dell’Unione Italiana delle Camere di Commercio (Unioncamere). 1

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CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA UFFICIO DEI REFERENTI PER LA FORMAZIONE DECENTRATA

CORTE DI APPELLO DI ROMA ______

INTERNET E DIRITTO PROFILI PENALI E CIVILI NASCENTI DALL’USO DELLA RETE

(Roma, 5 dicembre 2005)

PROFILI CIVILISTICI ED AMMINISTRATIVI DELLA CONTRATTAZIONE ON LINE

di Enzo Maria Tripodi (*)

SOMMARIO: 0. Premessa – Sezione I: le regole amministrative per l’avvio delle attività on line – 1. Introduzione. Le

regole generali applicabili allo svolgimento delle attività economiche su Internet – 2. Il commercio elettronico e le regole amministrative applicabili – 3. Le indicazioni del D.Lgs. n. 114/1998 sulla disciplina del commercio - 3.1. Il commercio elettronico esercitato dal dettagliante e dal grossista - 3.1.1. Il dettagliante - 3.1.2. Il grossista - 3.2. Segue: Il commercio elettronico esercitato dall’industriale, dall’agricoltore e dall’artigiano - 3.2.1. L’industriale -3.2.2. L’agricoltore - 3.2.3. L’artigiano – 4. La comunicazione al Comune per lo svolgimento del commercio elettronico al dettaglio e l’irrogazione delle sanzioni - 4.1. Il valore giuridico della comunicazione e l’incidenza del D.Lgs. n. 70/2003 - 4.2. L’irrogazione delle sanzioni previste dalla disciplina del commercio – 5. Il D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 70, di recepimento della direttiva comunitaria 2000/31, sul commercio elettronico. Prime indicazioni - 5.1. Considerazioni introduttive - 5.2. Gli obblighi di informazione - 5.2.1. Le informazioni generali - 5.2.2. Le informazioni da fornire nella pubblicità - 5.2.3. Le informazioni relative alla contrattazione. Rinvio - 5.2.4. Le sanzioni per l’omissione di informazione - 5.3. Codice del consumo e commercio elettronico – 6. Le aste on line - 6.1. Premessa - 6.2. Le tipologie di aste on line – 7. Segue: le indicazioni amministrative della circolare 17 giugno 2002, n. 3547/C - 7.1. I requisiti per l’esercizio dell’attività - 7.1. I requisiti per l’esercizio dell’attività - 7.2. Ulteriori indicazioni sullo svolgimento dell’attività - 7.2.1. Identificazione del banditore d’asta - 7.2.2. Identificazione dei soggetti che partecipano alle aste - 7.2.3. Informazione sulla modalità di asta - 7.2.4. Informazioni sul bene posto in vendita all’asta - 7.2.5. Localizzazione e contestualità dell’asta - 7.2.6. Conclusione del contratto - 7.2.7. Tutela dei dati personali e sicurezza informatica - 7.2.8. La legge applicabile, le sanzioni e l’organo competente – 8. Gli «Internet point» e gli altri esercizi che rendono disponibili connessioni ad Internet - 8.1. Premessa. La disciplina normativa applicabile - 8.2. Le indicazioni del Codice delle comunicazioni elettroniche - 8.3. Servizi di accesso ad Internet come servizi complementari di altre attività - 8.4. Le novità a seguito dell’emanazione del decreto per il contrasto del terrorismo internazionale

0. Premessa

Il titolo di questo contributo facendo riferimento ai profili «civilistici» ed «amministrativi» della contrattazione on line, riunisce sinteticamente due aspetti affatto diversi. Il primo è riferito alle questioni che attengono alla contrattazione on line immaginando di avere a che fare con un «chiunque» al quale si applica il codice civile. Le questioni amministrative – e veniamo al secondo aspetto – chiamano invece in causa un soggetto che svolge attività professionale e, quindi, un «chiunque» caratterizzato dall’obbligatoria osservanza di regole che colorano in un modo o nell’altro lo svolgimento della sua attività.

I due profili, ovviamente, si intrecciano: al rispetto delle disposizioni amministrative, segue quello delle disposizioni codicistiche. Le prime sono, dunque, dei presupposti delle seconde.

(*) Coordinatore dell’INDIS – Istituto Nazionale Distribuzione e Servizi dell’Unione Italiana delle Camere di

Commercio (Unioncamere).

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Questo, va da sé, in un mondo «perfetto» in cui si rispetti la legge. Nel nostro mondo, al contrario, la conoscenza di dette disposizioni è molto approssimativa. Figuriamoci quando dal nostro mondo «concreto» passiamo a quello «virtuale» di Internet, nel quale la scarsa conoscenza ed i fraintendimenti sono – davvero – all’ordine del giorno.

Queso contributo è suddiviso in due Sezioni. Nella prima si daranno conto, per l’appunto, delle regole amministrative delle attività economiche on line e del commercio elettronico che ne costituisce una loro provincia, per quanto assurta alla comune notorietà. In una successiva Sezione sarà invece dedicato spazio alle regole civilistiche che attengono alla contrattazione svolta su reti telematiche.

Sezione I LE REGOLE AMMINISTRATIVE

PER L'AVVIO DELLE ATTIVITÀ ON LINE(**)

1. Introduzione. Le regole generali applicabili allo svolgimento delle attività economiche su Internet

Tolti gli aspetti amministrativi relativi alla registrazione ed assegnazione dei nomi di

dominio, attraverso i quali è possibile svolgere una attività tramite la rete Internet, occorre dedicare attenzione anche alle regole amministrative che concernono l’esercizio dell’attività commerciale, al fine di verificare se, e in quale misura, esse trovino applicazione.

A nostro avviso si tratta di un argomento fondamentale, rientrando tra i presupposti per lo svolgimento dell’attività, rispetto al quale – invece – non vi è stata adeguata attenzione da parte della dottrina1.

(**) La Sezione riproduce, con modifiche, parte del Capitolo VII di E.M. TRIPODI, F. SANTORO, S.

MISSINEO, Manuale di commercio elettronico, II ed., in corso di pubbl. per i tipi di Giuffré. 1 E.M. TRIPODI, M. GASPARINI, Firma digitale e documento informatico, Buffetti, Roma, 1998, p. 85 ss.;

E.M. TRIPODI, M. GRANIERI, Gli aspetti giuridici del commercio elettronico, in INDIS, MININDUSTRIA, Guida al commercio elettronico, II ed., INDIS/Unioncamere, Roma, 1999, p. 151 ss.; E.M. TRIPODI, Gli aspetti giuridici del commercio elettronico, in INDIS, MININDUSTRIA, Guida al commercio elettronico, III ed., INDIS/Unioncamere, Roma, 2000, p. 171 ss. (la guida è pubblicata anche su Internet nel sito dell’Osservatorio permanente sul commercio elettronico: www.minindustria.it/Osservatorio; nonché in quello dell’INDIS: www.indisunioncamere.it); E.M. TRIPODI, Gli aspetti amministrativi, in questo Manuale, I ed., op. cit., p. 216 ss.; ID., Commercio elettronico: le indicazioni del legislatore comunitario e nazionale, in Discipl. comm., 2000, n. 3, p. 777 ss.; ID., Divagazioni giuridiche sul commercio elettronico, in Corr. giur., 2000, n. 10, p. 1385 ss.; ID., Profili giuridici del commercio elettronico, su Universitas Mercatorum Mantuae (Rivista della Camera di commercio di Mantova), n. 10/11, 2000, p. 78 ss.; ID., Commercio on line: le indicazioni del Ministero dell’Industria, in Consulenza, n. 27/2000, p. 54 ss.; ID., L’impiego del commercio elettronico da parte di industriali, agricoltori e artigiani, in Discipl. comm., 2001, n. 1, pp. 253 ss.; ID., Formulario dei contratti di informatica e del commercio elettronico, III ed., Buffetti, Roma, 2002, p. 99 ss.; ID., Profili amministrativi del commercio elettronico, in AA.VV., Diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell’INTERNET, op. cit., p. 402 ss.

Su Internet: E.M. TRIPODI, M. GRANIERI, Gli aspetti amministrativi del commercio elettronico, in www.dirittoitalia.it; ID., Commercio elettronico: una nuova frontiera per il diritto, in www.interlex.it; ID., Appunti di commercio elettronico, in www.artigianato.marche.it/aecomm.htm.

Peraltro il tema era già stato indicato nell’ambito del documento, curato dal Ministero dell’Industria, Linee di politica sul commercio elettronico, con il quale il nostro Governo ha partecipato alla conferenza internazionale OCSE del 1998 (del quale, chi scrive, ha redatto la parte giuridica). Il documento è pubblicato sul sito dell’Osservatorio (www.minindustria.it/Osservatorio/pol_ce_ita.html) nonché, a stampa, SIPI, Roma, 1998.

Ad eccezione di una citazione men che sommaria ad opera di G. FINOCCHIARO, Profili giuridici del commercio elettronico, in P.F. CAMUSSONE, A. BIFFI (a cura di), Il commercio diventa elettronico, Milano, 1999, p. 185 (poi riprodotto, senza approfondimenti, in G. FINOCCHIARO, Diritto di internet. Scritti e materiali per il corso, Bologna, 2001, p. 33 ss.) – non vi è traccia nella manualistica dedicata alle questioni giuridiche del commercio elettronico: v., per es., F. DELFINI, Il commercio elettronico, in AA.VV., Il commercio elettronico. Il documento

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Occorre premettere che, per fortuna, è del tutto tralatizia l’idea di Internet quale spazio legibus soluto 2, trattandosi di uno slogan liberistico-promozionale del tutto privo di qualsivoglia fondamento. Su Internet, dunque, si applicano tutte le regole valide nel mondo “fisico”, anche se non è agevole una loro immediata percezione.

Per poter individuare tali regole si sono stati da noi proposti, quali punti cardinali, tre termini di riferimento: «soggetto», «attività» e «oggetto».

In poche parole, anche chi opera il Rete è tenuto al rispetto: a) delle condizioni e presupposti di legittimazione soggettiva all’attività; b) delle regole che concernono lo svolgimento dell’attività medesima, da parte del soggetto

legittimato; c) delle regole che attengono oggettivamente al prodotto o al servizio.

Per quanto attiene al primo dei punti sopra evidenziati, per legittimazione soggettiva – si parla, va da sé, dal punto di vista amministrativo e non da quello prettamente civilistico – s’intende il possesso, da parte dell’interessato, di tutti i requisiti che la legge richiede affinché possa svolgere l’attività. Si pensi, per fare un esempio, a colui che intenda svolgere su Internet

digitale, Internet, la pubblicità on line, Milano, 1999, p. 29 ss.; C. e F. SARZANA di SANT’IPPOLITO, Profili giuridici del commercio via Internet, Milano, 1999; E. TOSI (a cura di), I problemi giuridici di Internet, Milano, 1999; G. BONI, P. PERAZZI, Aspetti legali e fiscali del commercio elettronico, in AA.VV., Crescere in Rete, a cura di P.F. Camussone e F. Ciuccarelli, Milano, 2000, p. 269 ss.; A. STRACUZZI, Il commercio elettronico e l’impresa, Milano, 1999; S. NESPOR, Internet e la legge, Milano, 1999; P. VALENTE, F. ROCCATAGLIATA, Internet. Aspetti giuridici e fiscali del Commercio Elettronico, Roma, 1999; W.G. SCOTT, M. MURTULA, M. STECCO (a cura di), Il commercio elettronico. Verso nuovi rapporti tra imprese e mercato, Torino, 1999; O. TORRANI, S. PARISE, Internet e diritto, II ed., Milano, 1998; R. MARCANDALLI, E. PACCHIARDO, Il commercio elettronico, Masson, Milano, 1998. Lo stesso può dirsi, curiosamente, anche per quelle trattazioni che si propongono finalità prevalentemente pratiche: v. L. VINCI, R.P. VINCI, E-Commerce. Guida pratica al commercio elettronico, Napoli, 2000; G. ARRIGONI, P. ZANONE, E-shop. Guida per il cyberconsumatore, Milano, 2000; AA.VV., Guida all’e-commerce, Le Guide operative de Il Sole 24-Ore, maggio 2000; AA.VV., Commercio elettronico, Guida di Italia Oggi, ottobre 1999.

V., a riprova di quanto sostenuto anche trattazioni più recenti: AA.VV., Commercio elettronico, a cura di V. Franceschelli, Milano, 2001; AA.VV., Il commercio via Internet, a cura di G. Cassano, Piacenza 2001 (anche se, erroneamente, reca 2002); P. VALENTE, F. ROCCATAGLIATA, Aspetti giuridici e fiscali del commercio elettronico, II ed., Roma, 2001; AA.VV., E-commerce e fisco, Milano, 2001; AA.VV., E-commerce, a cura di A. Antonucci, Milano, 2001; G. CARRELLA, C. TRIBERTI, E-commerce tra mercato e diritto, Milano, 2001; U. DRAETTA, Internet e commercio elettronico nel diritto internazionale dei privati, Milano, 2001; G. COMANDE’, S. SICA, Il commercio elettronico. Profili giuridici, Torino, 2001; G. SACERDOTI, G. MARINO (a cura di), Il commercio elettronico. Profili giuridici e fiscali internazionali, Milano, 2001; AA.VV., Internet, a cura di G. Cassano, Milano, 2001; S. NESPOR, A.L. DE CESARIS, Internet e la legge, II ed., Milano, 2001; AA.VV., Trattato breve di diritto della rete. Le regole di Internet, diretto da A. Sirotti Gaudenzi, Rimini, 2001; C. DEHO’, B. MASSARELLI, Internet per aziende e professionisti, Roma, 2001; AA.VV., Il contratto telematico, a cura di V. Ricciuto e N. Zorzi, in Trattato di dir. comm. e dir. pubbl. dell’economia, diretto da F. Galgano, vol. XXVII, Padova, 2002; AA.VV., Il diritto della nuova economia, a cura di F. Maschio, Padova, 2002; AA.VV., Internet: profili giuridici e opportunità di mercato, a cura di A. Lisi, Rimini, 2002; AA.VV., I problemi giuridici di Internet. Dall’E-Commerce all’E-Business, a cura di E. Tosi, III ed., Milano, 2003; F. DELFINI, Il commercio elettronico, in Trattato di dir. dell’economia, diretto da E. Picozza e E. Gabrielli, vol. I, Padova, 2004.

Qualche eccezione, con un po’ di fatica, si trova come, per es., la trattazione contenuta in AA.VV., Istruzioni (legali) per l’uso di Internet, Guida di Italia Oggi, dicembre 2000; G. ROGNETTA, Il commercio elettronico, Napoli, 2000 (che fa riferimento alla sopra citata Guida dell’INDIS); G. SANTOSUOSSO, Il codice Internet e del commercio elettronico, Padova, 2001 (che vi dedica due paginette) e G. MOCCI, Operazioni commerciali via Internet, Milano, 2001; A. SIROTTI GAUDENZI, Il commercio elettronico nella Società dell’Informazione, Napoli, 2003, p. 98 ss.; L. LACCHINI, P. BENNATI, E-Business, Padova, 2002, p. 34 ss.

2 A. GIGANTE, Blackhole in Cyberspace: the Legal Void in the Internet, in Jour comp. & inf. Law, 1995, p. 413 ss.; T. BALLARINO, Internet nel mondo della legge, Padova, 1988, p. 30 ss. Sul tema inerente i profili della libertà dell’individuo nelle reti telematiche v. P. COSTANZO, voce Internet (diritto pubblico), in Digesto pubbl., Aggiornamento, vol. I, Torino, 2000, p. 347 ss., spec. p. 355 ss.; ID., Profili costituzionalistici del commercio elettronico, in AA.VV., Documento informatico, firma digitale e commercio elettronico, Atti del Convegno di Camerino (29-30 ottobre 1999), a cura di V. Rizzo, Napoli, 2000, p. 29 ss.; ID., Le nuove forme di comunicazione in rete: Internet, in R. ZACCARIA (a cura di), Informazione e telecomunicazione, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. Santaniello, vol. XXVIII, Padova, 1999, p. 323 ss.

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l’attività di agente di commercio o di mediatore. La circostanza che tale attività sia svolta “in Rete” non esclude la necessità, da parte del soggetto, del rispetto della legge 3 maggio 1985, n. 204 (recante la disciplina dell’attività di agente e rappresentante di commercio), ovvero della legge 3 febbraio 1989, n. 39 (sulla disciplina della professione di mediatore) 3.

In entrambe le fattispecie 4, per es., è prevista l’obbligatoria iscrizione in un Ruolo pubblico tenuto presso la Camera di commercio territorialmente competente, nonché uno stringente regime di incompatibilità. Il tutto salvaguardato da un sistema di sanzioni amministrative e, per i mediatori, anche di natura penale. Ovviamente, non vi è ragione alcuna per ritenere che lo svolgimento tramite Internet dell’attività di agente di commercio ovvero di mediatore non debba essere preceduta – esistendone i presupposti – dall’obbligatoria iscrizione nei rispettivi ruoli5.

Circa il secondo punto sopra evidenziato, ossia il rispetto delle regole che concernono lo svolgimento dell’attività medesima, queste, restando all’esempio degli agenti di commercio e dei mediatori, sono disegnate dal codice civile, agli artt. 1742-1753 e 1754-1756 6.

Quanto, infine, alle regole che attengono oggettivamente al prodotto o al servizio, deve ricordarsi che l’attività di vendita, ovvero di prestazione di servizi può comportare la sottoposizione ad alcune regole che attengono allo stesso prodotto o il servizio, come, ad es., le regole particolari per la vendita di superalcoolici, armi da fuoco, dei medicinali, etc.7, cui si aggiungono le disposizioni che concernono i prezzi, l’etichettatura, la composizione dei prodotti stessi, etc.8.

Il «soggetto», l’«attività» e l’«oggetto», sono dunque i termini di riferimento per individuare il complesso di regole che si applicano a chi intende operare su Internet (si pensi all'avvocato, all'ingegnere, etc.) e dimostrano che le regole generali non perdono di valore solo perché l'attività è svolta con uno strumento telematico (tale è, sostanzialmente, Internet).

Tali indicazioni sono state sostanzialmente ribadite dalla Direttiva comunitaria n. 2000/31/CE, dell'8 giugno 2000, relativa «a taluni aspetti giuridici del commercio elettronico

3 Per le questioni amministrative su queste due figure di intermediario della distribuzione v. O. CASTELLANA,

M. CONTE, A. MARINELLI, E.M. TRIPODI, Camere di commercio e Upica, Milano, 1996, rispettivamente p. 142 ss. e p. 181 ss. e, da ultimo, C. VENTURI, Camere di commercio, a schede mobili, voll. 3, Milano, dal 1999 (ora in CD-Rom). Per una trattazione sulle questioni dell’attività di agente di commercio attraverso la rete Internet v., nell’assoluto disinteresse della dottrina, E.M. TRIPODI, A. FRATINI, Agenti, rappresentanti e commissionari, LIV ed., Roma, 2004, p. 363 ss. (ma già nella L ed., 2000, p. 299 ss.); E.M. TRIPODI, Internet, distribuzione commerciale e agenti di commercio, in Consulenza, 2000, n. 22, p. 58 ss.

Per semplicità espositiva nel testo di fa riferimento come «mediatore» a quello che la legge n. 39/1989 denomina «agente di affari in mediazione».

4 Scelte in quanto facenti parte del settore della distribuzione commerciale, ma le questioni sono le stesse, mutatis mutandis, qualora si faccia riferimento ad altra attività per la quale è previsto un regime pubblicistico. Sul punto, restando agli operatori del settore commerciale, v. S. DAMMACCO, Gli intermediari di commercio, II ed., Milano, 2005.

5 Il riferimento va a quelle attività ascritte al termine «portale» che potrebbero, se organizzate alla leggera, incappare nelle maglie dei divieti per l’attività abusiva di agente di commercio, ovvero di mediatore. In tema: A. PALAZZOLO, Nomi di dominio e gestione dei siti destinati al commercio, in Discipl. comm., 2000, n. 1, p. 15 ss.; E.M. TRIPODI, A. PALAZZOLO, L’utilizzo dei nomi di dominio a fini commerciali, in www.luiss.it/archivioceradi/impresa/internet/index.htm; ID., L’utilizzo dei nomi di dominio a fini commerciali, in www.patnet.it.

6 Un chiaro esempio sono, per es., le disposizioni relative agli obblighi specifici posti in capo al mediatore professionale in affari su merci, di cui all’art. 1760 cod. civ.

7 Sul punto v. AA.VV., La disciplina del commercio, Napoli, 2005; R.O. DI STILO, Le attività commerciali, V ed., Rimini, 2005; ID., La nuova disciplina del commercio, IX ed., Rimini, 2001 cui adde, G. DELL’AQUILA, D. PARADISI, Il commercio al dettaglio in sede fissa, Rimini, 2000 e, in sintesi, E. MAGGIORA, La nuova disciplina del commercio, Milano, 1998, p. 191 ss.

8 V., per un quadro delle disposizioni, CONFESERCENTI, La legislazione del commercio in Italia, Roma, 2005; G. DE MARZO, Codice del commercio, Milano, 2001; A. MARINELLI, M. MARINELLI, Le nuove norme sul commercio, III ed., Roma, 2000.

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nel mercato interno» 9, come può risultare da una sommaria lettura dell’art. 5 e dalla sua trasposizione, nell’art. 7 del D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 70/003, con il quale è stata data attuazione alla direttiva.

2. Il commercio elettronico e le regole amministrative applicabili

Premesso, come visto, che alle attività svolte su Internet si applicano le regole valide anche

fuori di tale medium, occorre rispondere alla seguente domanda: occorrono delle autorizzazioni amministrative, licenze, permessi, et similia, per lo svolgimento dell’attività di commercio elettronico?

Per rispondere al quesito proposto occorre, previamente, risolvere un’altra questione, quella, cioè, concernente il significato da attribuire all’espressione «commercio elettronico».

L'espressione «commercio elettronico», dal punto di vista descrittivo, è facilmente intuibile scomponendo i due termini che la compongono. La soluzione è però soltanto apparente, posto che a questa locuzione si è inteso - in specie in sede sovranazionale - dare il seguente significato: [il commercio elettronico è ] «lo svolgimento di attività commerciali e di transazioni per via elettronica e comprende attività diverse quali: la commercializzazione di beni e servizi per via elettronica; la distribuzione on-line di contenuti digitali; l’effettuazione per via elettronica di operazioni finanziarie e di borsa; gli appalti pubblici per via elettronica ed altre procedure di tipo transattivo delle Pubbliche Amministrazioni» 10.

Lasciando da parte l’uso del termine «transazione», in luogo della corretta traduzione dell’originario termine inglese transaction che un qualsiasi dizionario segnala come «operazione economica di tipo contrattuale»11; evidentemente, al di là dello scambio telematico avente ad oggetto beni e/o servizi, al commercio elettronico si intende dare la valenza di mezzo al fine della trasformazione delle attività economiche ed amministrative sia private che pubbliche. Non è frutto del caso, infatti, che uno degli strumenti «tecnici» per assicurare la certezza giuridica sia la firma digitale (ed elettronica) che, com'è noto, è stata realizzata con riferimento ad istanze di semplificazione amministrativa, seppur con i previsti risvolti privatistici12.

9 Pubblicata in GUCE n. L. 178 del 17 luglio 2000, sulla quale v. per un commento AA.VV., E-commerce, a cura

di A. Antonucci, op. cit.; AA.VV., Commento organico alla direttiva 2000/31/CE («Direttiva sul commercio elettronico»), in Boll. LUISS-Ceradi, n. 5, Roma, 2002, p. 85 ss.; G. CARRELLA, C. TRIBERTI, E-commerce tra mercato e diritto, cit., p. 161 ss.; E.M. TRIPODI, Le prospettive della legislazione in questo Manuale, I ed., op. cit., p. 570 ss.; E.M. TRIPODI, Commercio elettronico: le indicazione del legislatore comunitario e nazionale, in Discipl. comm., 2000, 3, p. 777 ss.; F. SARZANA DI SANT’IPPOLITO, Approvata la direttiva sul commercio elettronico, in Corr. giur., 2000, p. 1288 ss.; G. ARNO’, D. LISTA, Il commercio elettronico alla luce delle recenti iniziative comunitarie, in Contratti, 2000, p. 583 ss.; P. LEOCANI, La direttiva UE sul commercio elettronico. cenni introduttivi, in Eur. Diritto Privato, 2000, p. 617 ss.; M. SANTAROSSA, La direttiva europea sul commercio elettronico, in Contr. impresa/ Europa, 2000, p. 849 ss.

10 Così nella Comunicazione della Commissione Ue Un’iniziativa europea in materia di commercio elettronico [COM (97) 157]. La definizione è stata ripresa anche nel documento realizzato dal MININDUSTRIA, Linee di politica per il commercio elettronico, cit., p. 8.

11 Di «affare in genere» parla, correttamente, F. DE FRANCHIS, Transaction, in Dizionario giuridico, vol. 1, Inglese-Italiano, Milano, 1984, p. 1465. Per il concetto di transazione nel nostro ordinamento v. M. FRANZONI, La transazione, in Biblioteca dei contratti, raccolti da G. Furgiuele, Padova, 2001.

12 V., sul punto, per la prima ricostruzione sistematica del fenomeno, E.M. TRIPODI, M. GASPARINI, Firma digitale e documento informatico, op. cit., cui adde, tra i più significativi, R. ZAGAMI, Firma digitale e sicurezza giuridica, Padova, 2000; G. FINOCCHIARO, La firma digitale, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, continuato da F. Galgano, Bologna-Roma, 2000; AA.VV., Commentario alla formazione, archiviazione e trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici (D.P.R. n. 513/1997), a cura di C.M. Bianca e altri, in Nuove leggi civ. comm., 2000, p. 633 ss. Per alcune prime notazioni rispetto al D.P.R. n. 445/2000 (Testo unico sulla documentazione amministrativa che ha assorbito, tra gli altri, il D.P.R. 513/1997) cfr. G. COMANDE’, in G. COMANDE’, S. SICA, Il commercio elettronico, op. cit., p. 101 ss.

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Che l'approccio sia prevalentemente di convergenza politica sul tema è ulteriormente testimoniato dalla definizione contenuta nella citata Direttiva comunitaria n. 2000/31/CE, dell'8 giugno 2000, che inserisce il commercio elettronico nell’alveo dei «servizi della società dell’informazione»13. Per «servizio della società dell’informazione» s’intende «qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi, cioè della persona fisica o giuridica che, a scopi professionali e non, utilizza un servizio della società dell’informazione, anche per ricercare o rendere accessibili delle informazioni».

Da una definizione generica, dunque, si passa ad altra, altrettanto generica, seppur, contrariamente all’habitus del giurista continentale, questa decisione – al di là della sistematicità nell’ambito della normativa comunitaria – di non definire esattamente il commercio elettronico è utile ad evitare che, dato il complesso «magmatico» della materia, una concettualizzazione troppo marcata elida alla radice i possibili sviluppi del settore14.

Su quanto detto, con riferimento alla definizione di «commercio elettronico», non ha inciso il D.Lgs. n. 70/2003, recante l’attuazione della direttiva 2000/31/CE. In detto decreto – che sarà esaminato durante tutta la trattazione – il «commercio elettronico» è inquadrato nei “servizi della società dell’informazione” intendendosi per tali - ex art. 2, comma 1, lett. a) – “le attività economiche svolte in linea – on line – nonché i servizi definiti dall’art. 1, comma 1, lett. b), della L. 21 giugno 1986, n. 317, e successive modificazioni”. Nonostante la cripticità del testo (anche per via della discutibile tecnica redazionale), la definizione è la stessa della direttiva.

La predetta definizione fa ricorso ad una terminologia imprecisa che può però dare adito a qualche dubbio proprio sull’ambito applicativo della disciplina. I servizi della società dell’informazione cui si fa riferimento sono infatti quelli prestati a distanza, per via elettronica ma non è chiaro se si voglia intendere il commercio elettronico on line ovvero off line. Nella prima ipotesi si impiegherà una rete telematica mentre, nella seconda, il commercio può avvenire, seppur a distanza, con semplici strumenti informatici (l’esempio di scuola è l’invio al domicilio di un soggetto interessato di un CD-ROM, da parte di una impresa, contenente un catalogo di prodotti).

Per rispondere a questo interrogativo – sollevato, peraltro, in seno al Parlamento europeo che aveva chiesto una modifica della definizione – occorre rifarsi a quanto indicato nei considerando 17 e 18 della direttiva15 e, soprattutto, in quest’ultimo, laddove si chiarisce che i

13 Si v. la direttiva 98/34/CE del 22 giugno 1998, come modificata dalla direttiva 98/48/CE del 20 luglio 1998, pubblicate, rispettivamente, in GUCE L 204 del 21 luglio 1998, p. 37 ss., e GUCE L 217 del 5 agosto 1998, p. 18 ss.

14 Un lettore impertinente potrebbe però fare notare che l’art. 21 della direttiva prevede, ogni due anni, che la Commissione europea presenti una «relazione sull’applicazione della presente direttiva, corredata, se necessario, di proposte per adeguarla dell’evoluzione giuridica, tecnica ed economica dei servizi della società dell’informazione, in particolare per quanto concerne la prevenzione dei reati, la protezione dei minori, la tutela dei consumatori e il corretto funzionamento del mercato interno» (corsivo nostro). Dacché una definizione maggiormente puntuale, nei termini giuridici, non avrebbe potuto ostacolare alcuno sviluppo. Il rischio che invece si palesa da questa decisione è quello di far rientrare nel «commercio elettronico», situazioni diversificate a seconda della convenienza politica, confondendo gli aspetti «pubblicistici» e «privatistici» del fenomeno.

15 Per comodità di lettura si riproducono tali considerando: «(17) La definizione di "servizi della società dell’informazione" già esiste nel diritto comunitario, nella direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche, e nella direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato. Tale definizione ricopre qualsiasi servizio prestato dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica, mediante apparecchiature elettroniche di elaborazione (compresa la compressione digitale) e di memorizzazione di dati, e a richiesta individuale di un destinatario di servizi. I servizi di cui all’elenco indicativo di figurante nell’allegato V della direttiva 98/34/CE, non essendo forniti attraverso sistemi elettronici di trattamento e memorizzazione di dati, non sono compresi in tale definizione». «(18) I servizi della società dell’informazione abbracciano una vasta gamma di attività economiche svolte in linea (on line). Tali attività possono consistere, in particolare, nella vendita in linea di merci. Non sono contemplate attività come la consegna delle merci in quanto tale o la prestazione di servizi non in linea. Non sempre si tratta di servizi che portano a stipulare contratti in linea ma anche di servizi non remunerati dal loro destinatario, nella misura in cui costituiscono un’attività economica, come l’offerta di informazioni o comunicazioni commerciali in linea o la fornitura di strumenti

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servizi cui si fa riferimento si intendono unicamente le attività di tipo economico svolte on line a richiesta individuale.

Con l’espressione «attività di tipo economico» s’intende che i servizi oggetto della direttiva non vanno ristretti a quelli necessari alla vendita di beni on line ma devono riferirsi anche a tutti quelli prevalentemente attinenti alla gestione/fornitura/accesso ad informazioni, anche se non correlati direttamente ad una operazione di vendita. In questo senso può trovare giustificazione, nell’ambito della definizione sopra riportata, la «pedanteria» di ricordare che tali servizi possono anche servire «per ricercare o rendere accessibili delle informazioni».

Alla luce della definizione data dalla Commissione europea, il commercio elettronico viene normalmente distinto in tre partizioni:

a) business to business (B2B), relativo alle contrattazioni effettuate tra un'impresa ed altre imprese o organizzazioni (siano esse partner commerciali, fornitori o istituzioni);

b) business to consumer (B2C), che riguarda l'insieme dei rapporti di commercializzazione di beni e servizi tra imprese e consumatori finali;

c) consumer to business (C2B), che riguarda il caso in cui sono i consumatori a rivolgere una richiesta od offerta di acquisto rivolta alle imprese;

d) business to Public Administration/Government (B2Pa o B2Go), ovvero le contrattazioni che riguardano le imprese con le pubbliche amministrazioni nonché le vendite effettuate da queste ultime16;

Posta una visione omicomprensiva del commercio elettronico, per fornire un «ciclo completo» di tutte le interrelazioni, occorre aggiungere le seguenti tipologie:

e) business Public Administration to Public Administration (Pa2Pa o Go2Go), che riguarda gli scambi effettuati tra le pubbliche amministrazioni17;

f) business Public Administration to citizen (Pa2C o Go2C), che attiene ai rapporti tra l’amministrazione ed i cittadini18;

g) business Publica Administration to employees (Pa2E o Go2E), che attiene ai rapporti tra l’amministrazione ed i suoi impiegati19;

per la ricerca, l’accesso e il reperimento di dati. I servizi della società dell’informazione comprendono anche la trasmissione di mediante una rete di comunicazione, la fornitura di accesso a una rete di comunicazione o lo stoccaggio di informazioni fornite da un destinatario di servizi. La radiodiffusione televisiva, ai sensi della direttiva 89/552/CEE, e la radiodiffusione sonora non sono servizi della società dell’informazione perché non sono prestati a richiesta individuale. I servizi trasmessi "da punto a punto", quali i servizi video a richiesta o l’invio di comunicazioni commerciali per posta elettronica, sono invece servizi della società dell’informazione. L’impiego della posta elettronica o di altre comunicazioni individuali equivalenti, ad esempio, da parte di persone fisiche che operano al di fuori della loro attività commerciale, imprenditoriale o professionale, quand’anche usate per concludere contratti fra tali persone, non costituisce un servizio della società dell'informazione. Le relazioni contrattuali fra lavoratore e datore di lavoro non sostituiscono un servizio della società dell'informazione. Le attività che, per loro stessa natura, non possono essere esercitate a distanza o con mezzi elettronici, quali la revisione dei conti delle società o le consulenze mediche che necessitano di un esame fisico del paziente, non sono servizi della società dell'informazione».

16 M. POLLIFRONI, Processi e modelli di e-government ed e-governance applicati all’azienda pubblica, Milano, 2003, p. 69 ss. Per alcune indicazioni sulle esperienze di Public procurement v., AA.VV., La creazione di valore nelle relazione impresa-P.A. e La scelta di gestione per il governo del contratto, a cura di E. Pintus, Quaderni OSPA (Osservatorio sui Processi di acquisto-vendita delle Amministrazioni Pubbliche), nn. 5/6, Milano, 2002.

17 M. POLLIFRONI, Processi e modelli di e-government ed e-governance applicati all’azienda pubblica, op. cit., p. 125 ss.

18 Si tratta dell’area, dedicata ai «Rapporti tra pubbliche amministrazioni e cittadini», concernente la trasposizione in rete di tutti i rapporti, pratiche burocratiche e servizi riguardanti i rapporti tra la P.A., i cittadini e le imprese. Il citato documento del Ministero dell’Industria correttamente evidenzia che tale area più che al commercio elettronico, si collega alla «democrazia elettronica», ovvero allo snellimento dell’attività amministrativa mediante l’impiego del documento informatico e della firma digitale (MININDUSTRIA, Linee di politica sul commercio elettronico, op. cit., p. 8).

19 S. CAPITANO, Vendita in spacci interni, in E.M. TRIPODI, B. TASSONE (a cura di), Vendita, in I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, a cura di P. Cendon, vol. XVI, tomo 1, Torino, 2004, p. 107 ss.; M. POLLIFRONI, Processi e modelli di e-government ed e-governance applicati all’azienda pubblica, op. cit., p. 111 ss.

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h) industry to industry (I2I), che concerne i rapporti tra imprese strutturate attraverso marketplace e/o sistemi EDI;

i) consumer to consumer o person to person (C2C o P2P), che comprende tutte le ipotesi di scambio di prodotti o servizi effettuate direttamente tra privati (c.d. peer to peer), ovvero intermediate da apposite figure professionali (si pensi, al fenomeno delle aste on line).

Questo ambito, a compasso estremamente allargato, deve però essere ricondotto entro i confini di un possibile utilizzo giuridico proprio, poiché non tutte le attività di vendita di prodotti (o, comunque di collocazione degli stessi, quale che sia il riferimento contrattuale)20 possono ascriversi al concetto di «commercio», che ha una sua definizione nel quadro della disciplina pubblicistica, in particolare, amministrativa21.

Con questo termine deve infatti intendersi – in senso proprio – quello che costituisce oggetto di una attività di tipo professionale, dacché il «commerciante» non è il soggetto (sia esso imprenditore individuale o meno) che compie meri atti di compravendita, ma colui che li inquadra all’interno dello svolgimento di una attività abituale e non occasionale finalizzata a trarne un profitto22.

La principale normativa sul commercio è contenuta nel D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 (meglio noto anche come «Decreto Bersani»).

L’art. 4 di detto decreto distingue il commercio a seconda che sia all’ingrosso ovvero al dettaglio.

Il «commercio all’ingrosso» è «l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende ad altri commercianti all’ingrosso o al dettaglio, o ad utilizzatori professionali, o ad altri utilizzatori in grande»23.

Con l’espressione «commercio al dettaglio» si intende, invece, «l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale»24.

Dalle due definizioni possiamo trarre i seguenti caratteri comuni: a) lo svolgimento dell’attività di commercio deve essere professionale ossia non

occasionale; b) il commercio prevede l’acquisto di prodotti (e/o di servizi). La forma giuridica sarà

allora il contratto di compravendita (art. 1470 ss., c.c.) ovvero, nel caso della vendita di giornali e riviste, il contratto estimatorio (art. 1556-1558 c.c.), che è stato dalla giurisprudenza assimilato alla compravendita, per le peculiari esigenze della distribuzione di questi prodotti25;

c) l’acquisto deve avvenire in nome e per conto proprio; d) l’acquisto è finalizzato alla successiva rivendita. Non essendo presenti questi caratteri, non si può parlare di commercio (né, tantomeno, di

commercio elettronico) nelle ipotesi, sopra enunciate, di business Public Administration to citizens e di business person to person.

20 Il riferimento va, al riguardo, all’utilizzo del contratto estimatorio (art. 1556 cod. civ.). 21 Per la differenza tra la vendita (legata, dal punto di vista privatistico, al contratto di compravendita) e il

commercio si rinvia, per tutti, a E.M. TRIPODI, B. TASSONE (a cura di), Vendita, op. cit. 22 Per quanto accennato supra nel testo, M.A. SANDULLI, Commento all’art. 4, in AA.VV., Il commercio.

Commento al Dlg. 31 marzo 1998, n. 114, Milano, 1998, p. 30. 23 G. DELL’AQUILA, Vendita del dettagliante in sede fissa, in E.M. TRIPODI, B. TASSONE (a cura di),

Vendita, op. cit., tomo 1, p. 47 ss.; F. AGNINO, Vendita del dettagliante su aree pubbliche, ivi, p. 79 ss. 24 E.M. TRIPODI, Vendita del grossista, in E.M. TRIPODI, B. TASSONE (a cura di), Vendita, op. cit., tomo 1,

p. 19 ss. 25 Sul contratto estimatorio v. A. BAUDINO, Contratto estimatorio, in E.M. TRIPODI (a cura di), Distribuzione,

ne I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, a cura di P. Cendon, vol. XV, Torino, 2004, p. 137 ss.; A. BALDASSARI, I contratti di intermediazione commerciale, Milano, 2001, p. 177 ss.; G. BISCONTINI, L. RUGGERI, Il contratto estimatorio, Milano, 1998.

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Nel primo caso poiché, seppur l’attività di vendita sia possibile 26, la PA non ha istituzionalmente quale finalità la distribuzione di prodotti.

Per quanto riguarda il commercio elettronico person to person, evidentemente, non può trattarsi di commercio (in senso proprio) poiché manca lo svolgimento – professionale – di un’attività di acquisto per la rivendita. Detta attività, in quanto di natura meramente occasionale (e tale deve essere, per non incorrere nelle sanzioni previste per lo svolgimento abusivo di attività commerciali), non rientra pertanto nell’ambito del D.Lgs. n. 114/1998. E’ invece professionale l’attività dell’intermediario che, a seconda dei casi, rientra nel quadro delle disposizioni che regolano lo svolgimento di detta attività.

Quanto detto vale – a maggior ragione – per le relazioni intercorrenti tra pubbliche amministrazioni.

Tenendo conto della definizione di commercio ricavabile dalla disciplina indicata, possiamo confermare la definizione di commercio elettronico da noi elaborata, come «qualunque forma di fornitura di prodotti e/o di servizi, a titolo oneroso, tra una impresa (produttore o grossista) ed un’altra impresa (produttore, grossista o dettagliante) e tra una impresa (produttore o dettagliante) ed un consumatore finale, realizzata mediante strumenti informatici (c.d. acquisiti off-line) e telematici (c.d. acquisti on line)»27.

3. Le indicazioni del D.Lgs. n. 114/1998 sulla disciplina del commercio 3.1. Il commercio elettronico esercitato dal dettagliante e dal grossista

3.1.1. Il dettagliante Per quanto concerne la regolamentazione del commercio elettronico, il citato D.Lgs n.

114/1998, impiega questa espressione solo all’art. 21, laddove prevede, a carico del Ministero dell’Industria (ora delle Attività produttive), il compimento di azioni volte a promuovere «(…) l’introduzione e l’uso del commercio elettronico (…)», senza, però, che sia data alcuna ulteriore indicazione circa i confini giuridici di questa forma di commercio o sulle disposizioni ad esso applicabili28.

Un indiretto riferimento al commercio elettronico è stato rinvenuto da chi scrive nell'ambito dell’art. 1829, laddove, nel compendiare una serie di tipologie di vendite al dettaglio a distanza, vi include anche tutte quelle effettuate mediante altri sistemi di comunicazione30.

26 Si v. l’art. 4, comma 2, lett. m), concernente la «vendita di pubblicazioni o altro materiale informativo, anche

su supporto informatico, di propria o altrui elaborazione, concernenti l’oggetto della loro attività» e l’art. 16 sulla vendita al dettaglio ai propri dipendenti.

27 E.M. TRIPODI, Gli aspetti amministrativi, in questo Manuale, I ed., op. cit., p. 219 s. 28 Anche l’art. 103 della legge finanziaria per il 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388, in Suppl. ord., n. 219/L

alla G.U. del 29 dicembre 2000), nel prevedere degli incentivi al commercio elettronico, fa riferimento, al comma 5, allo «(…) sviluppo delle attività di commercio elettronico, di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, (…)». Si parla tout court di «commercio elettronico» all’art. 4, comma 3, del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228 e all’art. 68 del Codice del consumo (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206).

29 Tale soluzione era stata già da noi indicata nel Commento all’art. 21, in O. CASTELLANA, A. MARINELLI, E.M. TRIPODI, La riforma della disciplina del commercio, Roma, 1998, p. 86, nonché ribadita in MININDUSTRIA, Linee di politica sul commercio elettronico, op. cit., p. 35. Riprendono l’indicazione – con un po’ di ritardo – CAPOLUPO, LA COMMARA, Il commercio elettronico, II ed., Roma, 2001, p. 47 ss. (manca, però, la citazione).

30 Per comodità del lettore se ne riproduce il testo: «Articolo 18 (Vendita per corrispondenza o altri sistemi di comunicazione) - 1. La vendita al dettaglio per corrispondenza o tramite televisione o altri sistemi di comunicazione è soggetta a previa comunicazione al comune nel quale l’esercente ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale. L’attività può essere iniziata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione.

2. È vietato inviare prodotti al consumatore se non a seguito di specifica richiesta. È consentito l’invio di campioni di prodotti o di omaggi, senza spese o vincoli per il consumatore.

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Dalla lettura del predetto articolo sono ricavabili alcune regole applicabili al commercio elettronico ed, esattamente:

a) l'obbligo di previa comunicazione al Comune nel quale l'operatore ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale se società, con la quale dichiara la sussistenza dei requisiti di cui all’art. 5 del decreto, nonché il settore merceologico di attività: alimentare, non alimentare, ovvero entrambi. La comunicazione deve essere effettuata mediante l’apposito modello predisposto dal Ministero della Attività produttive (modello COM 6-bis)31;

b) l’attività può essere esercitata solo decorsi 30 giorni dal ricevimento della comunicazione da parte del Comune.

Questo quanto ai presupposti di tipo amministrativo. Il decreto indica però anche delle regole per lo svolgimento dell'attività. Innanzitutto, non è ammesso l’invio di prodotti al consumatore, a meno che l’invio non sia

stato da questi sollecitato mediante specifica richiesta in tal senso, ovvero non vi siano vincoli a suo carico (in primis, quello di restituzione).

L'esigenza di tutelare il consumatore giustifica poi (in parte, essendo scontati dal momento che è presente – per definizione – un consumatore) i rinvii alle regole previste dal D.Lgs. 15 gennaio 1992, n. 50, in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali e a quelle, successive all'emanazione del Decreto Bersani, dettate dal D.Lgs. 22 maggio 1999, n. 185, concernente l'attuazione della direttiva 97/7/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza32, le cui disposizioni sono ora «compendiate» nell’ambito degli artt. 45-67 del «Codice del consumo» (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206)33.

Infine, sono previsti dei divieti (come quello delle aste on line)34 ed il relativo regime sanzionatorio di cui all’art. 22. Tale articolo stabilisce, per i casi di violazione dell’art. 18, l’applicazione di una sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da

3. Nella comunicazione di cui al comma 1 deve essere dichiarata la sussistenza del possesso dei requisiti di cui

all’art. 5 e il settore merceologico. 4. Nei casi in cui le operazioni di vendita sono effettuate tramite televisione, l’emittente televisiva deve accertare,

prima di metterle in onda, che il titolare dell’attività è in possesso dei requisiti prescritti dal presente decreto per l’esercizio della vendita al dettaglio. Durante la trasmissione debbono essere indicati il nome e la denominazione o la ragione sociale e la sede del venditore, il numero di iscrizione al registro delle imprese ed il numero della partita IVA. Agli organi di vigilanza è consentito il libero accesso al locale indicato come sede del venditore.

5. Le operazioni di vendita all’asta realizzate per mezzo della televisione o di altri sistemi di comunicazione sono vietate.

6. Chi effettua le vendite tramite televisione per conto terzi deve essere in possesso della licenza prevista dall’art. 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773.

[7. Alle vendite di cui al presente articolo si applicano altresì le disposizioni di cui al D.Lgs 15 gennaio 1992, n. 50, in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali]».

Il comma 7 è stato abrogato dall’art. 146, comma 1, lett. q, del D.Lgs. n. 206/2005. 31 Il Modello, approvato dalla Conferenza unificata (di cui all’art. 8 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281) con la

deliberazione 27 settembre 2001, è stato pubblicato sulla G.U. n. 248 del 24 ottobre 2001, nonché sul sito del Ministero delle Attività produttive, all’indirizzo: www.minindustria.it/dgcas/commercio/dlgs_310398/mod.com6bis.pdf. Le istruzioni sulla compilazione sono contenute in allegato alla circolare 1 marzo 2002, n. 3543/C, in Discipl. comm. e servizi, 2002, p. 371 ss.

32 Per un commento di detto decreto v. F. PERFETTI, Prime riflessioni sul D.Lgs 22 maggio 1999, n. 185 in materia di contratti a distanza, in Nuove leggi civ. comm., 2000, p. 110 ss.; G. DE MARZO, I contratti a distanza, Milano, 1999; F. TORIELLO, La protezione a distanza dell’acquirente, in Corr. giur., 1999, p. 1062 ss.; ID., I contratti di vendita stipulati dai consumatori. Recenti sviluppi, in AA.VV., Il diritto privato dell’Unione europea, a cura di A. Tizzano, in Trattato di dir. priv., diretto da M. Bessone, vol. XXVI, tomo I, Torino, 2000, p. 669 ss. Per un commento alla direttiva si v. A. VALERIANI, La direttiva 97/7/CE in materia di vendita a distanza e la pubblicità via Internet, in Dir. inf. informat., 1999, p. 189 ss. mentre, per un sintetico panorama sul tema, V. ZENO-ZENCOVICH, La tutela del consumatore nel commercio elettronico, in Dir. inf informat., 2000, p. 447 ss.

33 Sui quali si rinvia all’articolato commento di E. BATTELLI, in E.M. TRIPODI, C. BELLI (a cura di), Codice del consumo. Commento al D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Rimini, 2005, cui adde G. ALPA, L. ROSSI CARLEO, Commentario al codice del consumo, Napoli, 2005.

34 Sul quale si rinvia a quanto si dirà, più avanti, al par. 6.

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2.582 a 12.911 euro (da 5 a 30 milioni di lire). La stessa sanzione è prevista per l'assenza dei requisiti di cui all'art. 5 del decreto.

In caso di particolare gravità o di recidiva, il sindaco può disporre la sospensione dell’attività fino a 20 giorni.

Le indicazioni fornite sono peraltro complicate da una serie di avvertenze. La prima consiste nel fatto che il decreto - per sua espressa elencazione35 - non si applica ad

alcuni soggetti, tra i quali: a) gli industriali (che non sono menzionati dal Decreto)36; b) i produttori agricoli, singoli o associati, i quali esercitino l’attività di vendita di prodotti

agricoli nei limiti di cui all’art. 2135 c.c., alla legge 25 marzo 1959, n. 125 e successive modificazioni e alla legge 9 febbraio 1963, n. 59 e successive modificazioni (art. 4, comma 2; lett. d));

c) gli artigiani iscritti nell’albo di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443, per la vendita nei locali di produzione o nei locali a questi adiacenti dei beni di produzione propria, ovvero per la fornitura al committente dei beni accessori all’esecuzione delle opere o alla prestazione del servizio (art. 4, comma 2; lett. f));

d) chi venda o esponga per la vendita le proprie opere d’arte, nonché quelle dell’ingegno a carattere creativo, comprese le proprie pubblicazioni di natura scientifica od informativa, realizzate anche mediante supporto informatico (art. 4, comma 2; lett. h));

e) gli enti pubblici ovvero le persone giuridiche private alle quali partecipano lo Stato o altro ente territoriale che vendano pubblicazioni o altro materiale informativo, di propria o altrui elaborazione, concernenti l’oggetto della loro attività (art. 4, comma 2; lett. m))37.

Ovviamente, se non si applica l’intero decreto, non si applica neppure una sua parte, ossia il già menzionato art. 18.

Inoltre tale articolo si applica unicamente ai soggetti che esercitano il commercio al dettaglio, come risulta dal suo inserimento nel Titolo VI del decreto, dedicato alle forme speciali di vendita al dettaglio, donde si esclude la sua applicabilità alla vendita all’ingrosso effettuata in Rete.

Ne consegue che, per poter effettuare tale vendita su Internet, i grossisti sono tenuti, al solo possesso dei requisiti soggettivi previsti dall’art. 5 del decreto e, in particolare, di quelli professionali se il commercio riguardi prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare38.

Quanto sopra sostenuto è stato confermato dal Ministero dell’Industria (ora delle Attività produttive), con la circolare 1° giugno 2000, n. 3487/C 39 che, con la proverbiale prudenza

35 L’elencazione è, peraltro, lungi da essere completa. Mancano, infatti, a mo’ di esempio, La vendita di articoli di ottica (R.D. n. 1334/28 e D.M. 23 luglio 1998); di articoli sanitari e specialità medicinali (R.D. n. 1265/34 e legge n. 178/91); di prodotti di erboristeria (legge n. 99/31), di fitofarmaci (DPR n. 1255/68), di prodotti della panificazione da parte del produttore (legge n. 1002/56), di oggetti preziosi ovvero antichi, usati, oggetti di antiquariato e opere d’arte (R.D.n. 773/31); la somministrazione di alimenti e bevande, compresa a anche la vendita per asporto (legge n. 287/91).

36 F. MERLINI, Vendita del produttore agricolo, artigiano e industriale, in E.M. TRIPODI, B. TASSONE (a cura di), Vendita, op. cit., p. 3 ss.; ID., Vendite effettuate dai pescatori e cacciatori, ivi, p. 13 ss.

37 L. FARRONATO, Vendite effettuate dagli enti pubblici, in E.M. TRIPODI, B. TASSONE (a cura di), Vendita, op. cit., p. 97 ss.

38 Si tenga però in debito conto della disciplina speciale che si applica alla vendita all’ingrosso dei prodotti agroalimentari, sui quali v. E.M. TRIPODI, Vendita del grossista, cit., nonché INDIS, ISTITUTO GUGLIELMO TAGLIACARNE, I mercati agoalimentari all’ingrosso: il quadro attuale e le prospettive future, Rimini, 2004. Per la vendita attraverso Internet è poi necessario ricordare l’esperienza in corso con la borsa merci telematica gestita da «Meteora», ora Borsa Merci Telematica Italiana S.c.r.l.

39 La circolare è pubblicata all’indirizzo www.minindustria.it/dgcas/commercio/indice.htm, nonché in Discipl. comm., 2000, 3, p. 1042 ss. e in Guida agli enti loc., 2000, n. 25, p. 70 ss., con una sintesi di B. SANTACROCE. Per un commento v. E.M. TRIPODI, Commercio elettronico: le indicazioni del legislatore comunitario e nazionale, cit.; ID., Commercio on line: le indicazioni del Ministero dell’Industria, cit.; R. CROSTA, Dal Ministero dell’Industria le regole per le imprese che vendono “on-line”, in Dir. prat. società, 2000, n. 13, p. 32 ss.

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ministeriale, premette che le indicazioni sono fornite «nei limiti e per gli effetti» del D.Lgs. n. 114/1998, dando chiaramente ad intendere non solo i limiti della competenza interpretativa ma anche che i problemi disciplinari del commercio elettronico non possono risolversi unicamente avuto riguardo al Decreto Bersani (che, come si diceva, non offre una regolamentazione ad hoc).

3.1.2. Il grossista Rispetto al problema della vendita all’ingrosso su Internet, la menzionata circolare,

osservato che l’art. 26, comma 2 del D.Lgs. n. 114/1998 proibisce l’esercizio congiunto del commercio all’ingrosso e al dettaglio nello stesso locale, risolve la questione della promiscuità richiedendo all’operatore che voglia svolgere sia l’attività di ingrosso che di dettaglio on line tramite un unico sito di «(…) destinare aree del sito distinte per l’attività all’ingrosso e al dettaglio: in tal modo, infatti, il potenziale acquirente è messo in condizione di individuare chiaramente le zone del sito destinate alle due tipologie di attività»40.

Seguendo questo suggerimento, il dettagliante/grossista potrà agevolmente distinguere le modalità di contrattazione con i propri clienti, poste le diverse regole di salvaguardia disposte nei confronti dei consumatori e non anche nei soggetti compratori che non rivestano questo status.

Cosa accade se non si rispetta il “suggerimento”? Curiosamente non accade nulla, poiché nell’elencazione dei comportamenti sanzionati dall’art. 22, non è fatta parola dell’art. 26, comma 2; dunque si tratta di un mero flatus vocis. Qualche legge regionale nell’iniziale recepimento del D.Lgs. n. 114/1998 (per es. quella della Basilicata e delle Marche) ha però creduto di colmare la lacuna prevedendo l’applicazione della sanzione in caso di tale attività promiscua, ma il Decreto Bersani non ha inteso attribuire alle Regioni alcuna potestà di ampliare le sanzioni (anche nel caso di «dimenticanza» del legislatore nazionale).

Quanto detto vale, ovviamente, nel periodo antecedente la modifica del Titolo V della costituzione e, in particolare, della ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni indicata nell’art. 11741.

A seguito di detta modifica, non può escludersi la possibilità che sia emanata una disciplina regionale del commercio elettronico anche se ciò cozzerebbe irrimediabilmente con l’esigenza di non creare barriere disciplinari e territoriali in un ambito in cui si sta invece cercando la massima apertura a livello sovranazionale42.

3.2. Segue: Il commercio elettronico esercitato dall’industriale, dall’agricoltore e

dall’artigiano Risolto il problema concernente l’attività «promiscua» del grossista on line qualche parola

deve essere spesa rispetto al commercio elettronico svolto dagli industriali, dagli agricoltori e dagli artigiani43.

40 Minindustria, circ. 1° giugno 2000, n. 3487/C, cit. 41 L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Sull’argomento, tra tanti, v. AA.VV., I processi di attuazione del federalismo in

Italia, a cura di B. Caravita, Milano, 2004. 42 La disciplina regionale di attuazione del D.Lgs. n. 114/1998 si limita, in genere, a riproporre il testo dell’art.

21. Più di recente, però, non mancano iniziative autonome quali, per es., il decreto assessoriale reg. Sicilia 8 maggio 2001 che, ai sensi della legge reg. 22 dicembre 1999, n. 28, ha stabilito una diversa modulistica (per il commercio elettronico è il Mod. COM9); la legge reg. Calabria, 3 maggio 2001, n. 17, recante «Interventi a sostegno di iniziative infrastrutturali ed imprenditoriali per lo sviluppo della New Economy in Calabria». Il codice del commercio della Regione Toscana (legge reg. 7 febbraio 2005, n. 28), al contrario, non vi dedica spazio, limitandosi a riprodurre all’art. 66 – opportunamente aggiornato – l’art. 18 del D.Lgs. n. 114/1998.

43 Anche in questo caso – per quanto ci consta – nessuno si è posto il problema. V., al riguardo, in prima approssimazione, E.M. TRIPODI, L’impiego del commercio elettronico da parte di industriali, agricoltori e artigiani, cit., ID., Formulario dei contratti di informatica e del commercio elettronico, op. cit., p. 92 ss.

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3.2.1. L’industriale Per quanto attiene agli industriali, posta la mancanza di indicazioni nel Decreto, ci si è

chiesti se questo tipo di operatori siano sempre svincolati dall’applicazione del D.Lgs. n. 114/1998 e quindi – per quel che qui maggiormente interessa - in grado di esercitare l’attività di vendita tramite il commercio elettronico senza sottostare ad alcuna limitazione.

Il Ministero dell’Industria, con la circ. 18 gennaio 1999, n. 3459/C44, ha chiarito che l’attività di vendita da parte degli industriali non si concreta la fattispecie definita quale attività di commercio al dettaglio alla lettera b) del comma 1 dell’art. 4 del decreto 114/98 in quanto i soggetti titolari di attività industriali non vendono merci acquistate da altri soggetti, ma esclusivamente quelle da loro prodotte e fuoriesce dall’ambito applicativo del citato decreto solo se svolta nei locali di produzione o in quelli ad essi adiacenti, analogamente alla deroga prevista per gli artigiani. Qualora la vendita sia esercitata in altri locali, l’industriale rivestirebbe anche la «qualifica» di commerciante, con la sottoposizione al relativo regime (Minindustria, circ. 28 maggio 1999, n. 3467/C)45.

Rispetto al commercio elettronico si avrebbe, pertanto, che l’industriale può vendere liberamente on line (e detenere le merci ovunque, anche in locali diversi da quelli di produzione od ad essi adiacenti) ma se svolge l’attività di vendita anche direttamente ai consumatori deve rispettare le menzionate indicazioni46.

In altre parole, qualora l’industriale venda on line i prodotti di propria fabbricazione, questi possono essere acquistati dai consumatori anche direttamente solo se il luogo in cui avviene la vendita si trovi – come detto – nei locali in cui avviene la produzione o in quelli ad essi adiacenti. Si tratterà, dunque, nella vendita tramite Internet ai consumatori di pattuire – quale luogo di conclusione del contratto – detti locali, analogamente alla soluzione che, più avanti, vedremo per gli artigiani.

Il condizionale è d’obbligo poiché si tratta di indicazioni di fonte ministeriale che, al momento, non hanno ricevuto conferma dalla giurisprudenza.

3.2.2. L’agricoltore Per quanto attiene agli agricoltori, l’esclusione dal Decreto Bersani è legata – come detto –

al rispetto della legge 9 febbraio 1959, n. 59 (come modificata dalla legge 14 giugno 1964, n. 477), concernente le «Norme per la vendita al pubblico in sede stabile di prodotti agricoli da parte degli agricoltori produttori diretti».

Sulla base di questa disciplina, i produttori agricoli (singoli o associati) possono vendere i prodotti ottenuti nei rispettivi fondi per coltura o allevamento, su tutto il territorio nazionale, se muniti di apposita autorizzazione rilasciata dal Comune in cui intendono effettuare tale vendita. L’autorizzazione – se ricorrono i requisiti ex artt. 3 e 5 della legge – è rilasciata dal Sindaco entro 15 giorni dalla data di presentazione.

I problemi che si potrebbero porre derivano da due fatti. Il primo, dalla indicazione nella titolazione della legge di una «sede stabile» nel quale deve

essere effettuata la vendita al pubblico; il secondo, dalla lettera dell’art. 3, comma 3, secondo cui la domanda per la richiesta dell’autorizzazione deve contenere, oltre all’ubicazione del fondo di produzione, «altresì la specificazione (…) dei prodotti di cui si intende praticare la vendita e dei modi in cui si intende effettuarla se permanentemente o meno (…)».

Rispetto al primo dubbio è intervenuto lo stesso legislatore che, con una interpretazione autentica (disposta con la legge 26 luglio 1965, n. 976), ha stabilito che la «sede stabile» si

44 In Discipl. comm., 1999, n. 1, p. 160 ss. 45 In Discipl. comm., 1999, n. 2, p. 587 ss. 46 Posizione ribadita dal Ministero nel parere 8 aprile 2003, n. 550832.

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riferisce alla indicazione della località in cui il produttore agricolo intende effettuare la vendita, senza che ciò comporti l’obbligo di munirsi di «locali, chioschi, baracche e simili stabilmente fissati al suolo».

Rispetto al secondo punto, un Comune ha recentemente sostenuto che, in assenza dei requisiti soggettivi di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 114/1998 (in specie quelli per la vendita del settore alimentare), gli agricoltori non potrebbero svolgere commercio on line, poiché la vendita al dettaglio tramite «altri strumenti di comunicazione» è disciplinata esclusivamente dall’art. 18 di detto decreto. Ne conseguirebbe che, nonostante la possibilità di vendita su tutto il territorio nazionale, di cui alla citata legge n. 59/1963, questa vendita diretta ai consumatori non ricomprenderebbe, tra le possibili modalità, quella elettronica.

L’agricoltore può dunque vendere legittimamente i suoi prodotti tramite Internet? Anzitutto occorre ribadire che dalla disciplina speciale si evince chiaramente che

l’esercizio della vendita diretta degli agricoltori (una volta ottenuta la dovuta autorizzazione comunale) non conosce limiti territoriali di localizzazione né le limitazioni temporali proprie della disciplina dell’attività commerciale. Sul punto, la giurisprudenza ha ribadito che «ogni interpretazione restrittiva che presupponga limitazioni, anche temporali, laddove le espressioni legislative possano essere interpretate in modo da rendere economicamente possibile la vendita, specie dei prodotti deperibili, oltre gli orari, i limiti e le modalità dei normali esercizi commerciali del settore, secondo la richiesta del produttore, essendo costituito il vero limite oggettivo di tale vendita nella intrinseca natura dell’attività agricola del produttore, rimanendo l’attività limitata quantitativamente e temporalmente dalle disponibilità dei prodotti dei fondi dei produttori venditori»47.

In secondo luogo, Internet è solo uno strumento di comunicazione (per quanto innovativo) e, per ciò stesso, non può – fatti salvi casi espressi – essere inibito ai soggetti che svolgono attività economica, tanto più che il citato art. 3, comma 3, della legge n. 59/1963, richiedendo agli agricoltori le modalità in cui intendono effettuare la vendita diretta, può ben essere riferito unicamente all’aspetto temporale (ossia se in maniera permanente o meno), lasciando la libera scelta sulle «tecniche» impiegate (per es. a domicilio, su catalogo, a libero servizio, etc.).

Ad ogni modo, l’utilizzo di Internet non significa svolgere attività di conclusione di contratti posto che l’agricoltore potrebbe presentare unicamente on line il catalogo dei propri prodotti, la cui vendita sarebbe poi effettuata presso il proprio fondo rustico (od altro luogo fisico)48.

Quanto detto deve essere completato con le importanti novità legislative derivanti dall’entrata in vigore del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, recante «Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57».

Con detto decreto, innanzitutto, è stata modificata la definizione di «imprenditore agricolo» contenuta nell’art. 2135 cod. civ. ed imposto l’obbligo di iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese (tale iscrizione ha l’efficacia di pubblicità dichiarativa ai sensi dell’art. 2193 cod. civ.).

Più rilevante – ai nostri fini – quanto indicato all’art. 4 di detto decreto. Tale articolo, rubricato «Esercizio dell’attività di vendita», prevede:

a) che gli imprenditori agricoli (singoli o associati) iscritti al registro delle imprese possono vendere direttamente al dettaglio i prodotti provenienti «in misura prevalente dalle rispettive

47 Cons. Stato, 24 ottobre 1980, n. 871; Cons. Stato, sez. V, 28 gennaio 1982, n. 66. 48 Sul luogo di conclusione del contratto on line v. E.M. TRIPODI, I contratti telematici: le principali regole

civilistiche applicabili, in questo Manuale, I ed., op. cit., p. 237 ss., spec. p. 267 ss. Per una impostazione tradizionale ed acritica del problema (da rigettare) – tra tanti – v. S. GIOVA, La conclusione del contratto via Internet, Napoli, 2000, p. 92 s. Più di recente la questione è affrontata in termini più articolati da L. FOLLIERI, Il contratto concluso in Internet, Napoli, 2005.

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aziende» osservate le vigenti norme in materia di igiene e sanità49. Tale vendita può avvenire su tutto il territorio nazionale;

b) che la vendita di prodotti agricoli possa essere svolta sia in forma itinerante che in sede fissa. Nel primo caso è necessaria una previa comunicazione al Comune dove è situata la sede dell’azienda di produzione contenente le seguenti indicazioni:

- generalità del richiedente; - numero di iscrizione al registro delle imprese; - assenza in capo al richiedente di cause ostative (come indicato più avanti); - ubicazione dell’azienda agricola; - prodotti che si intende porre in vendita; - modalità in cui sarà effettuata la vendita, compreso il commercio elettronico (si

tratterà, dunque, di indicare il sito). Una volta effettuata la comunicazione, così come per il commercio al dettaglio in esercizi

«di vicinato», è necessario attendere che siano trascorsi di trenta giorni; c) per quanto riguarda, invece, la vendita da effettuarsi in forma non itinerante su aree

pubbliche ovvero in locali aperti al pubblico, la comunicazione di cui sopra dovrà essere indirizzata al Comune in cui si intende esercitare la vendita50. Qualora si intenda effettuare la vendita mediante un posteggio sul aree pubbliche, la comunicazione deve contenere anche l’assegnazione del relativo posteggio, secondo quanto è previsto nella disciplina regionale (e comunale) di attuazione dell’art. 28 del D.Lgs. n. 114/1998;

d) sono ammessi alla vendita non solo i prodotti non sottoposti a lavorazione ma anche – secondo la nuova definizione codicistica di imprenditore agricolo – quelli «derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, finalizzate al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell’impresa».

Il decreto prevede una serie di condizioni personali ostative all’esercizio della vendita da parte degli agricoltori e quindi nella comunicazione occorre indicarne la non presenza, secondo quanto previsto dal D.P.R. n. 445/2000.

Il divieto allo svolgimento dell’attività riguarda gli imprenditori agricoli singoli o soci di società di persone e le persone giuridiche i cui amministratori abbiano riportato, nell’espletamento delle funzioni connesse alla carica ricoperta nella società, condanne con sentenza passata in giudicato, per delitti in materia di igiene e sanità o di frode nella preparazione degli alimenti nei cinque anni precedenti all’inizio dell’attività. Il divieto in parola ha efficacia per cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna. Deve osservarsi, al riguardo, che – correttamente – le sentenze di condanna degli amministratori di società sono ostative solo se il comportamento punito ha stretta connessione con la carica sociale rivestita. Come aggravante si consideri, peraltro, che non è stabilito (diversamente dal D.Lgs. n. 114/1998) alcun limite edittale alle sanzioni comminate: ciò significa – in sostanza- che qualunque delitto, anche con pena edittale irrisoria, è ostativo alla comunicazione di effettuazione della vendita diretta.

49 L’inserimento del concetto di prevalenza consente pertanto all’imprenditore agricolo di vendere al dettaglio

anche prodotti non derivanti dalla propria azienda agricola e non rientranti nella produzione della stessa. L’Agenzia delle entrate ha chiarito ulteriormente le novità con la circolare n. 44/E del 14 maggio 2002 che prevede i seguenti chiarimenti: a) le attività consentite sono anche quelle connesse che consistono nelle operazioni di manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti ottenuti sul fondo o nell’allevamento che non devono più rispettare i limiti dell’esercizio normale dell’agricoltura; b) l’attività agricola è tale ancorché abbia per oggetto una sola fase necessaria del ciclo produttivo di carattere vegetale o animale e non l’intero processo. In sostanza, ad esempio, la coltivazione di piante non deve avere inizio dal seme ma va bene anche l’acquisto di una pianta già formata a condizione che la successiva fase di produzione comporti una crescita qualitativa e quantitativa del bene.

50 La disposizione recita «al sindaco del comune», senza che ci sia alcun motivo, posto che il rilascio delle autorizzazioni e, a maggior ragione, la trasmissione di «comunicazioni», ha come referente il competente dirigente ex art. 107 del D.Lgs. n. 267/2000.

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L’art. 4, comma 7, del D.Lgs. n. 228/2001, conferma che la vendita diretta degli agricoltori è esclusa dall’applicazione del D.Lgs. n. 114/199851. Tale esclusione non è però assoluta poiché il decreto da ultimo citato trova applicazione «qualora l’ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende nell’anno solare precedente sia superiore a 80 milioni di lire per gli imprenditori individuali, ovvero a 2 miliardi per le società» (art. 4, comma 8, D.Lgs. n. 228/2001).

Da quanto detto può trarsi, quale conclusione, l’abrogazione, per incompatibilità, della legge 9 febbraio 1959, n. 59.

Infine, l’attività di vendita non deve rispettare gli orari previsti dal D.lgs. 114/98 e rispetto alla gestione dell’attività il Ministero dell’industria, già a suo tempo, consente all’agricoltore di utilizzare soggetti che agiscono per suo conto e in suo nome e quindi di fare ricorso a propri dipendenti52.

3.2.3. L’artigiano Per quanto attiene alla vendita on line effettuata dal produttore artigiano i problemi che

sorgono sono ben più pregnanti, tenuto conto che la non applicazione delle regole previste dal D.Lgs. n. 114/1998 è subordinata alla circostanza che la vendita dei propri prodotti – da parte dei soggetti iscritti all’albo delle imprese artigiane – avvenga nei locali di produzione o nei locali a questi adiacenti.

Dal dettato legislativo parrebbe escludersi la possibilità, per l’artigiano, di vendere i propri prodotti tramite Internet.

Come però già si diceva per l’agricoltore, la presenza su Internet, non vuol significare automaticamente lo svolgimento di una attività di vendita, altrimenti, così argomentando, all’artigiano sarebbe precluso l’impiego di strumenti promozionali, si pensi ad una inserzione su un quotidiano, solo perché fuori dei locali di produzione. A ben guardare, la disposizione in commento richiede che la vendita abbia luogo nei locali di produzione o nei locali a questi adiacenti. Ne consegue che se la vendita – anche se a distanza – si conclude giuridicamente in detti locali non sussistono problemi all’ammissibilità del commercio on line anche da parte degli artigiani. E’ però indispensabile che il luogo di conclusione del contratto (ossia che la vendita di conclude presso i locali di produzione dell’impresa) sia opportunamente evidenziata all’interno del sito impiegato per l’attività on line53.

4. La comunicazione al Comune per lo svolgimento del commercio elettronico al dettaglio e l’irrogazione delle sanzioni.

I soggetti cui si applica l’art. 18 del D.Lgs. n. 114/1998, ossia il dettagliante, è tenuto a

presentare prima dell’inizio dell’attività una apposita comunicazione al Comune. Tale comunicazione, come detto, deve essere effettuata con il Modello COM 6-bis,

distribuito dai Comuni e dalle Camere di commercio.

51 Non è però stabilito il regime applicabile alla vendita sul proprio fondo rustico (o azienda agricola) che appare

non regolato né dal D.Lgs. n. 114/1998 che dal D.Lgs. n. 228/2001. Secondo una interpretazione estensiva, anche nel caso della vendita in azienda è richiesta la comunicazione mentre, a nostro avviso, non essendo espressamente indicata dal legislatore, si deve intendere liberalizzata.

52 Minindustria, risoluzione 1° aprile 1977, n. 185666 53 Sulla liceità della vendita on line – con i limiti indicati supra nel testo – v. anche la legge reg. Friuli Venezia

Giulia, 22 aprile 2002, n. 12, recante «Disciplina organica dell’artigianato» che, all’art. 57, prevede incentivi per la diffusione del commercio elettronico tra le imprese artigiane. Il comma 2 di detto articolo definisce il commercio elettronico come «lo svolgimento di attività commerciali e promozionali dei propri prodotti o servizi per via elettronica».

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Il modello COM 6-bis è composto di un frontespizio, quattro sezioni, il quadro delle autocerficazioni e tre allegati.

Il frontespizio contiene i dati personali del soggetto che presenta la domanda e se la medesima sia presentata nella qualità di imprenditore individuale, ovvero di legale rappresentante di una società. Viene poi indicato il tipo di comunicazione effettuata che può riguardare:

a) l’avvio dell’attività; b) il subingresso; c) le variazioni, con riferimento: i) al trasferimento di sede; ii) alla variazione del settore

merceologico; iii) alla variazione del sito web utilizzato; d) la cessazione dell’attività. La prima sezione (sezione A) relativa all’avvio dell’attività, comprende le informazioni

relative all’ubicazione dell’attività, al settore (o ai settori) merceologici e se l’attività è svolta insieme ad altre e in locale separato 54. Si chiede inoltre la specificazione circa l’ubicazione del deposito merci impiegato (se in proprio o di terzi e la relativa ubicazione), nonché, con riferimento al sito web, oltre al nome di dominio, se questo sia individuale o collettivo, con l’evidente intenzione di verificare la legittimità delle attività del c.d. portali, secondo quanto già si è detto in precedenza.

La seconda sezione (sezione B), relativa al subingresso, riprende le indicazioni della precedente sezione, completandole con i dati dell’impresa alla quale l’interessato subentra, nonché le relative ragioni: compravendita, affitto d’azienda, donazione, fusione d’azienda, fallimento, successione, altre cause.

La terza sezione (Sezione C) concerne le comunicazioni circa le variazioni intervenute sull’attività in corso.

Le variazioni, come già indicato, potranno riguardare: la sede dell’impresa, il settore merceologico (con la sostituzione di quello attivato o l’aggiunta di un altro qualora l’interessato svolga l’attività con riferimento ad un solo settore) o il sito web. Rispetto al sito, il modello specifica che questo «deve essere sempre quello di appartenenza del soggetto che svolge effettivamente l’attività di vendita sul territorio italiano e che pertanto comunica al proprio Comune di voler iniziare tale forma di vendita al dettaglio, tramite commercio elettronico».

La quarta sezione (Sezione D), relativa alla cessazione dell’attività, prevede la comunicazione delle cause di cessazione: per trasferimento della proprietà o della gestione dell’impresa, ovvero per chiusura dell’attività.

L’interessato deve inoltre dichiarare, ai sensi del D.P.R. n. 445/2000: a) di essere in possesso dei requisiti morali previsti dall'art. 5, commi 2 e 4 del D.Lgs. n.

114/199855;

54 L’indicazione è fatta utilizzando degli appositi codici numerici: 01 Commercio al dettaglio; 02 Commercio

all’ingrosso; 03 Commercio su aree pubbliche; 04 Agricoltura e pesca; 05 Attività manifatturiere; 06 Costruzioni; 07 Servizi; 08 Alberghi/Ristoranti; 09 Altro (da specificare da parte dell’interessato).

55 Non possono esercitare l'attività commerciale, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione: a) coloro che sono stati dichiarati falliti; b) coloro che hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo per il

quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata applicata in concreto una pena superiore al minimo edittale;

c) coloro che hanno riportato una condanna a pena detentiva, con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti di cui al Titolo II e VII del Libro II del codice penale, ovvero di ricettazione, riciclaggio, emissione di assegni a vuoto [reato depenalizzato ad opera del D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507] e, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, sequestro di persona a scopo di estorsione, rapina;

d) coloro che hanno riportato due o più condanne a pena detentiva o a pena pecuniaria, nel quinquennio precedente all'inizio dell'esercizio dell'attività, accertate con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti previsti dagli artt. 442, 444, 513, 513-bis, 515, 516 e 517 del codice penale, o per delitti di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti, previsti da leggi speciali;

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b) che non sussistono nei propri confronti cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui all'art. 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni (cd. legge antimafia56.

Qualora la comunicazione riguardi l'esercizio dell'attività nel settore alimentare, l’interessato deve dichiarare di essere in possesso di uno dei seguenti requisiti professionali:

1) essere iscritto nel Registro Esercenti il Commercio (REC) presso la CCIAA per il commercio dei prodotti appartenenti alle tabelle merceologiche alimentari, ovvero ad uno dei relativi gruppi merceologici57;

2) aver frequentato con esito positivo il corso professionale per il commercio del settore alimentare, autorizzato dalla Regione;

3) aver esercitato in proprio l'attività di vendita di prodotti alimentari; 4) aver prestato la propria opera presso imprese esercenti l'attività di vendita di prodotti

alimentari in qualità di dipendente qualificato, oppure di collaboratore familiare, qualità comprovate dalla regolare iscrizione all'INPS.

Nel caso in cui il titolare/legale rappresentante di società non sia in possesso dei requisiti professionali, la relativa dichiarazione è resa, mediante l’Allegato B, da un soggetto nominato quale preposto.

Copia del modello, corredata degli estremi dell’avvenuta ricezione da parte del Comune (ricevuta A/R se spedito per posta, ovvero fotocopia dalla quale si legga l’apposizione del protocollo dell’ufficio, se consegnata direttamente), deve essere presentata all’Ufficio del Registro delle imprese della Camera di commercio competente per territorio entro il termine di 30 giorni dall’effettivo inizio delle attività. Tale attività sarà legittima decorsi i 30 giorni dalla presentazione della comunicazione al Comune.

4.1. Il valore giuridico della comunicazione e l’incidenza del D.Lgs. n. 70/2003

Giunti a questo punto, pare utile soffermare per un attimo l’attenzione sul regime dell’atto

«comunicazione», poiché trattasi di una figura giuridica – «coniata» dal D.Lgs. n. 114/1998 –

e) coloro che sono stati sottoposti ad una delle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n.

1423 o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla legge 31 maggio 1956, n. 575, ovvero siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza.

Il divieto di esercizio dell'attività commerciale permane per la durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata o si sia in altro modo estinta, ovvero, qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza.

56 In caso di società, la dichiarazione va resa da tutte le persone di cui all'art. 2 del D.P.R. n. 252/1998 utilizzando l'Allegato A.

Per maggiore comodità si riporta l'art. 2, comma 3, del citato D.P.R. n. 252/98: «3. Quando si tratta di associazioni, imprese, società e consorzi, la documentazione prevista dal presente regolamento deve riferirsi, oltre che all'interessato:

a) (omissis) b) per le società di capitali anche consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, per le società

cooperative, di consorzi cooperativi, per i consorzi di cui al libro V, titolo X, capo II, sezione II, del codice civile, al legale rappresentante e agli eventuali altri componenti l'organo di amministrazione, nonché a ciascuno dei consorziati che nei consorzi e nelle società consortili detenga una partecipazione superiore al 10 per cento, ed ai soci o consorziati per conto dei quali le società consortili o i consorzi operino in modo esclusivo nei confronti della pubblica amministrazione;

c) per i consorzi di cui all'articolo 2602 del codice civile, a chi ne ha la rappresentanza e agli imprenditori o società consorziate;

d) per le società in nome collettivo, a tutti i soci; e) per le società in accomandita semplice, ai soci accomandatari; f) per le società di cui all'articolo 2506 del codice civile, a coloro che le rappresentano stabilmente nel

territorio dello Stato». 57 Si tratta dei seguenti tre gruppi merceologici: alimentari (I, VI e VII); carni (II, III, IV, V) e alimentari e non

(VIII).

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non assimilabile interamente né alla denuncia di inizio di attività né all’atto di avvio del meccanismo del silenzio-assenso, di cui agli artt.19 e 20 della legge n. 241/199058.

Occorre, anzitutto, rilevare come l’attività di commercio elettronico non sia sottoposta direttamente al regime di tipo autorizzatorio cui fanno riferimento – seppur con diverse modalità – gli articoli dianzi citati della legge n. 241/1990.

Nel primo caso, infatti, l’art. 19 prevede che il soggetto (la cui attività sia vincolata ad un consenso della PA «legato esclusivamente all’accertamento dei presupposti e dei requisiti di legge») inizia immediatamente l’attività denunziando all’amministrazione competente l’esistenza del presupposti e requisiti richiesti per il suo svolgimento.

L’art. 20 prevede invece che, decorso un dato termine dalla domanda di un privato rivolta all’ottenimento di un espresso provvedimento autorizzatorio, questo si intende assentito automaticamente una volta decorso il termine previsto senza che sia stato comunicato all’interessato un provvedimento di diniego59.

Orbene, la comunicazione prevista dal Decreto Bersani non si configura quale una «domanda» cui l’amministrazione debba provvedere espressamente ma quale autoattestazione, da parte dell’interessato, del possesso dei presupposti del diritto soggettivo all’esercizio dell’attività commerciale.

Non si dovrebbe quindi rientrare all’interno di una fattispecie autorizzatoria, sia che la si intenda come autorizzazione espressamente concessa, ovvero come conseguenza tacita del decorso del previsto termine di 30 giorni.

Ne consegue che l’interessato, anche qualora non solo si sia assunto la responsabilità della dichiarazione ma abbia dimostrato il possesso dei requisiti richiesti dalla legge (per es. allegando i relativi documenti in originale o copia autenticata), non può essere autorizzato all’avvio dell’attività prima dello scadere di detto termine poiché l’amministrazione non ha alcun potere di autorizzare detta attività. L’interessato, infatti, non chiede un provvedimento «positivo», bensì «comunica» la volontà di voler esercitare un diritto direttamente a lui riconosciuto dalla legge. Il meccanismo normativo prevede però il sorgere del diritto soggettivo all’esercizio delle attività commerciali nell’ambito di una fattispecie complessa alla quale il decorso del termine conferisce effettività; termine, durante il quale l’amministrazione può rilevare unicamente la carenza dei presupposti al sorgere del diritto stesso.

Una volta decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione da parte del Comune, l’interessato può iniziare legittimamente l’attività a condizione, ovviamente, del possesso dei relativi requisiti e presupposti di legge60.

Contrariamente all’ipotesi della denuncia di inizio di attività – che prevede un termine entro il quale l’amministrazione deve effettuare i controlli, superato il quale l’attività può essere inibita solo per ragioni di pubblico interesse che giustificano il potere di autotutela – nella comunicazione prevista dal Decreto Bersani, l’amministrazione conserva, senza alcun limite temporale, il potere di verificare il mantenimento in capo al soggetto dei requisiti prescritti.

L’entrata in vigore del D.Lgs. n. 70/2003 determina qualche questione con riferimento all’obbligo di utilizzo del modello COM 6-bis.

L’art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 70/2003 stabilisce infatti – analogamente a quanto previsto dall’art. 4 della direttiva 2000/31/CE – che “L'accesso all'attività di un prestatore di un servizio

58 Su questo tema si v. l’ampia e articolata trattazione di D. GIUNTA, La comunicazione per l’apertura, il

trasferimento di sede e l’ampliamento di superficie degli esercizi di vicinato: natura giuridica, effetti e disciplina, in Commercio e servizi, n. 3/99, p. 531 ss., cui si rinvia per ulteriori notazioni.

59 Si tenga però conto delle modifiche introdotte dall’art. 3 della legge n. 80/2005, sul quale v. R.O. DI STILO, Prime notazioni alla nuova formulazione dell’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 sulla «Dichiarazione di inizio di attività» (Dia), in Discipl. comm. e servizi, 2005, p. 289 ss. e, in sintesi, E.M. TRIPODI, Brevi note a margine del decreto su «competitività e sviluppo» ed impatto sulle nuove tecnologie, in Dir. Internet, 2005, p. 329 ss.

60 Si consideri che, per indicazione del Ministero delle Attività produttive (benché il D.Lgs. n. 114/98 dica il contrario), il decorso dei 30 giorni non riguarda i casi di subingresso e di cessazione dell’attività.

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della società dell'informazione e il suo esercizio non sono soggetti, in quanto tali, ad autorizzazione preventiva o ad altra misura di effetto equivalente”.

Questa disposizione, già in sede di commento della direttiva, ha dato luogo a qualche perplessità. Secondo una opinione la presenza, in Italia, di un regime amministrativo è contrastante con quanto sancito dalla direttiva e, ora, portando avanti il ragionamento, dovrebbe risultare caducato dal D.Lgs. n. 70/200361. In realtà, la direttiva fa divieto agli Stati membri di introdurre delle autorizzazioni preventive (o altri atti amministrativi di analogo contenuto) relative esclusivamente all’impiego di un sito Internet per lo svolgimento di un’attività economica (per es. di commercio) ma ciò non significa, come si è più volte riferito, che non trovino applicazione (o non possano essere introdotte ex novo) discipline concernenti i soggetti o le regole di svolgimento dell’attività.

Non pare dubbio, allora, che il rispetto di quanto previsto dall’art. 18 del D.Lgs. n. 114/98 non sia messo in discussione dal D.Lgs. n. 70/2003. Non si capirebbe infatti per quali motivi la vendita a distanza o su catalogo debba sottostare alla disciplina del commercio e non la stessa attività quando, in luogo del catalogo cartaceo, si impieghi un sito su Internet.

Forse qualche riflessione andrebbe compiuta unicamente sulla validità del Modello COM 6-bis specificatamente predisposto per il commercio elettronico. Qualora si ritenga che non sia più conforme all’art. 6 del D.Lgs. n. 70/2003, questo non significherebbe che il dettagliante on line risulterebbe legibus soluto, restando comunque tenuto alla presentazione del Modello COM 6, relativo alle fattispecie ascritte all’art. 18 del D.Lgs. n. 114/98. I due modelli non essendo molto diversi tra loro (differiscono per l’indicazione del sito web impiegato, notizia che manca nel Mod. COM 6) lascerebbero, pertanto, immutato il risultato finale. 4.2. L’irrogazione delle sanzioni previste dalla disciplina del commercio

In caso di violazione delle prescrizioni contenute nell’art. 18, l’art. 22 del D.Lgs. n. 114/1998, come già si è detto, prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 2.582 a 12.911 euro (da 5 a 30 milioni di lire). La stessa sanzione è prevista per l'assenza dei requisiti di cui all'art. 5 del decreto.

In caso di particolare gravità o di recidiva, il sindaco può disporre la sospensione dell’attività fino a 20 giorni.

Le suddette sanzioni saranno irrogate quando: a) sia stata iniziata l’attività senza aver previamente inviato la comunicazione, di cui al

Modello COM 6-bis; b) l’attività – stante la comunicazione – sia iniziata prima che siano trascorsi trenta giorni

dal momento della sua ricezione da parte del Comune; c) trasferimento della sede legale senza la presentazione della comunicazione; d) la comunicazione è mendace poiché il soggetto non ha i requisiti previsti dalla legge. In

questa ipotesi – oltre alle sanzioni amministrative – troveranno applicazioni anche quelle penali, di cui all’art. 76 del D.P.R. n. 445/2000.

In ultimo, si tenga conto che un commerciante «abilitato» all’esercizio del commercio al dettaglio off line (artt. 7-9 del D.Lgs. n. 114/1998) non può automaticamente esercitare l’attività di commercio elettronico, essendo sempre richiesto il rispetto di quanto disposto dall’art. 18 e la previa presentazione del Mod. COM 6-bis62.

61 V. quanto detto in questo Manuale, I ed., op. cit., p. 216 ss., p. 583; E.M. TRIPODI, Commercio elettronico: le indicazione del legislatore comunitario e nazionale, cit., p. 783; Contra, F. SARZANA DI SANT’IPPOLITO, Approvata la direttiva sul commercio elettronico, cit., p. 1291, a detta del quale, l’Italia, non rispettando le raccomandazioni della direttiva (già indicate allo stadio di progetto), ha predisposto una disciplina amministrativa applicabile agli operatori, compiendo una «fuga in avanti».

62 In questi termini il Ministero delle Attività produttive, con la risoluzione 7 marzo 2002, n. 502986, in Discipl. comm. e servizi, 2002, p. 378 s.: «l'essere in possesso dell'autorizzazione prevista dall'art. 7 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, come di quelle previste dagli artt. 8 e 9, non abilita di per sé allo svolgimento del commercio

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5. Il D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 70, di recepimento della direttiva comunitaria 2000/31, sul commercio elettronico. Prime indicazioni

5.1. Considerazioni introduttive

Specificamente dedicato al commercio elettronico è, da ultimo, il D.Lgs. 9 aprile 2003, n.

70 con il quale - come si è detto - è stata attuata la direttiva n. 2000/31/CE63, non senza perplessità da parte della dottrina64.

Nell'indicare, nel prosieguo, gli elementi salienti, dal punto di vista degli adempimenti amminitrativi, è peraltro opportuno qualche breve cenno più generale, fermo restando che i singoli articoli, a seconda dell’argomento, saranno affrontati durante tutta la trattazione di questo volume65.

Il commercio elettronico - inquadrato nel tema della Società dell'informazione - è assunto (dalla direttiva e dal decreto) nell'ottica della promozione della libera circolazione dei servizi, ovvero con l'obiettivo di garantire un elevato livello di integrazione giuridica nell'Unione europea per instaurare un vero e proprio spazio senza frontiere anche per la rete Internet.

In via preliminare occorre richiamare l'attenzione sul fatto che il decreto non si applica: a) ai rapporti fra contribuente e amministrazione finanziaria connessi con l'applicazione,

anche tramite concessionari, delle disposizioni in materia di tributi nonché la regolamentazione degli aspetti tributari dei servizi della società dell'informazione, fra i quali il commercio elettronico;

b) alle questioni relative al diritto alla riservatezza, con riguardo al trattamento dei dati personali nel settore delle telecomunicazioni di cui alla Codice della normativa sulla privacy;

c) alla disciplina della concorrenza (il testo recita, erroneamente, “alla disciplina delle intese restrittive della concorrenza”);

elettronico. Pertanto è in ogni caso necessario procedere alla specifica comunicazione prevista dall'art. 18 del citato decreto n. 114. Il commercio elettronico, infatti, si configura nel sistema normativo come una tipologia di esercizio di attività commerciale a sé stante, disciplinata in maniera autonoma rispetto alle altre forme di attività del settore».

Nella richiesta di interpretazione – sottoposta da un Comune – veniva anche chiesto se la comunicazione di cui all’art. 18 concerneva il commercio elettronico indiretto (quello effettuato con mezzi di pagamento diversi dalla carta di credito). Il Ministero, sul punto, ha precisato che «la disciplina normativa del commercio elettronico dettata dal decreto n. 114 concerne esclusivamente i requisiti e le modalità di svolgimento dell'attività commerciale prescindendo dal mezzo di pagamento utilizzabile.Secondo il parere della scrivente, quindi, quest'ultimo aspetto non altera le caratteristiche descritte dall'art. 18 citato e pertanto risulta ininfluente nella configurazione della fattispecie in discorso».

63 Per una prima panoramica del decreto v. E.M. TRIPODI, Alcune osservazioni sul D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 70 di attuazione della direttiva comunitaria sul commercio elettronico, in Discipl. comm. e servizi, 2003, p. 287 ss.; F. DELFINI, Il D.Lgs. 70/2003 di attuazione della direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico, in Contratti, 2003, p. 612 ss.; S. SICA, Recepita la direttiva sul commercio elettronico, in Corr. giur., 2003, p. 1247 ss.; G. COMANDE’, Al via l’attuazione della direttiva sul commercio elettronico, ma ... serve più coordinamento, in Danno e resp., 2003, p. 809 ss.; AA.VV., Commento organico al Decreto Legislativo 9 aprile 2003, n. 70. «Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico», in Boll. LUISS-Ceradi, n. 7/8, Roma, 2004, p. 77 ss.

Per altri commenti si v. AA.VV., Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione. Le regole giuridiche del mercato interno e comunitario: commento al D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 70, a cura di E. Tosi, Milano, 2003; AA.VV., Commercio elettronico, documento informatico e firma digitale, a cura di C. Rossello, G. Finocchiaro, E. Tosi, Torino, 2003; L. MANNA, La disciplina del commercio elettronico, Padova, 2005.

64 E.M. TRIPODI, Alcuni interrogativi sul D.Lgs. n. 70/2003 di recepimento della direttiva sul commercio elettronico, in Corr. giur., 2004, p. 829 ss., cui adde V. ZENO-ZENCOVICH, Note critiche sulla nuova disciplina del commercio elettronico dettata dal D.Lgs. 70/03, in Dir. inf. informat., 2003, 505 ss. (che riproduce il contributo La nuova disciplina del commercio elettronico alla luce del D.Lgs. 70/03: questioni generali ed ambito di applicazione, in AA.VV., Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione, op. cit., 35 ss.).

65 Per una sintesi si può anche consultare il «riassunto» del decreto compiuto dal Ministero delle Attività produttive con la circolare 7 luglio 2003, n. 3561/C, in Discipl. comm. e servizi, 2003, p. 644 ss.

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d) alle prestazioni di servizi della società dell'informazione effettuate da soggetti stabiliti in Paesi non appartenenti allo spazio economico europeo;

e) alle attività, dei notai o di altre professioni, nella misura in cui implicano un nesso diretto e specifico con l'esercizio dei pubblici poteri;

f) alla rappresentanza e la difesa processuali; g) ai giochi d'azzardo, ove ammessi, che implicano una posta pecuniaria, i giochi di

fortuna, compresi il lotto, le lotterie, le scommesse i concorsi pronostici e gli altri giochi come definiti dalla normativa vigente, nonché quelli nei quali l'elemento aleatorio è prevalente.

Il decreto lascia in vigore - ovvero si aggiunge - tutto il complesso di disposizioni comunitarie e nazionali «sulla tutela della salute pubblica e dei consumatori»66 e fa salve le disposizioni «sul regime autorizzatorio in ordine alle prestazioni di servizi investigativi o di vigilanza privata, nonché in materia di ordine pubblico e di sicurezza, di prevenzione del riciclaggio del denaro, del traffico illecito di stupefacenti, di commercio, importazione ed esportazione di armi, munizioni ed esplosivi e dei materiali d'armamento di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185».

5.2. Gli obblighi di informazione

Soprattutto guidato da una esigenza di maggiore tutela dei consumatori, il legislatore

comunitario da tempo dedica ampio spazio ad obblighi generali di disclosure cui sono soggetti gli imprenditori (e i professionisti) nei confronti della controparte “debole”67. Su Internet, però, le esigenze tutelari non attengono solo ai consumatori ma a tutti i cittadini dell’Unione europea, indipendentemente da un legame connaturato da “un momento di consumo”. L’informazione generale (e, quindi, non solo quella collegata alla possibile conclusione di un contratto) è un elemento da inquadrasi nell’ottica di migliorare la consapevolezza di tutti coloro che “navigano” in un ambiente in cui tendono a rendersi impalpabili le posizioni, i ruoli e, financo, le identità.

5.2.1. Le informazioni generali L’art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 70/2003 stabilisce che il prestatore di un servizio della

società dell’informazione deve fornire le seguenti informazioni: a. il nome, la denominazione o la ragione sociale; b. il domicilio o la sede legale; c. gli estremi che permettono di contattare rapidamente il prestatore e di comunicare

direttamente ed efficacemente con lo stesso, compreso l'indirizzo di posta elettronica; d. il numero di iscrizione al repertorio delle attività economiche, REA, o al registro delle

imprese; e. gli elementi di individuazione nonché gli estremi della competente autorità di vigilanza

qualora un'attività sia soggetta a concessione, licenza od autorizzazione; f. per quanto riguarda le professioni regolamentate:

1) l'ordine professionale o istituzione analoga, presso cui il prestatore sia iscritto e il numero di iscrizione;

66 rispetto al quale la direttiva dettava il seguente elenco (non esaustivo) di direttive relative: alle clausole

abusive; ai contratti a distanza; alla pubblicità ingannevole e comparativa; al credito al consumo; ai servizi di investimento mobiliare; ai viaggi e vacanze «tutto compreso»; alle indicazioni dei prezzi nei prodotti offerti ai consumatori; alla sicurezza generale dei prodotti; alla tutela per l’acquirente di diritti di godimento a tempo parziale di beni immobili (c.d. multiproprietà); ai provvedimenti inibitori a tutela dei consumatori; alla responsabilità per danno da prodotto difettoso; alla vendita e alla garanzia dei beni di consumo; alla vendita a distanza di prodotti finanziari; alla pubblicità dei medicinali per suo umano; alla pubblicità e sponsorizzazione dei prodotti del tabacco.

67 Cfr. G. FINOCCHIARO, La tutela dei consumatori nel commercio elettronico nella normativa dell’Unione europea, in Resp. comunicaz. impresa, 2003, p. 3 ss.; V. ZENO ZENCOVICH, La tutela del consumatore nel commercio elettronico, in Dir. inf., 2000, p. 447 ss.

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2) il titolo professionale e lo Stato membro in cui è stato rilasciato; 3) il riferimento alle norme professionali e agli eventuali codici di condotta vigenti nello

Stato membro di stabilimento e le modalità di consultazione dei medesimi; g. il numero della partita IVA o altro numero di identificazione considerato equivalente

nello Stato membro, qualora il prestatore eserciti un'attività soggetta ad imposta; h. l'indicazione in modo chiaro ed inequivocabile dei prezzi e delle tariffe dei diversi

servizi della società dell'informazione forniti, evidenziando se comprendono le imposte, i costi di consegna ed altri elementi aggiuntivi da specificare;

i. l'indicazione delle attività consentite al consumatore e al destinatario del servizio e gli estremi del contratto qualora un'attività sia soggetta ad autorizzazione o l'oggetto della prestazione sia fornito sulla base di un contratto di licenza d'uso.

Il comma in commento prevede, inoltre, che dette informazioni: a) si aggiungono a quelle stabilite per specifici beni e servizi; b) devono essere facilmente accessibili, in modo diretto e permanente.

Le informazioni non sono dovute solo ai consumatori ma a tutti i “destinatari del servizio”, escludendosi che il commercio elettronico – nella sua ampiezza “politica” concettuale – possa essere inquadrato in termini di legislazione consumeristica. E, in effetti, i consumatori non sono il soggetto principale della disciplina, avendo già ricevuto ampia tutela con il D.Lgs. n. 185/199968 e ora con il Codice del consumo.

Al di là della indeterminatezza di questo riferimento alle “Autorità”, l’obbligo di “trasparenza” nelle attività on line non è una questione che riguarda solo i rapporti interprivati, ma attiene piuttosto alla tutela e salvaguardia dell’intero mercato (telematico).

L’art. 7 prevede poi che l’obbligo di aggiornamento delle suddette informazioni, con ricadute che non abbiamo mancato di evidenziare69.

5.2.2. Le informazioni da fornire nella pubblicità In aggiunta agli obblighi informativi previsti per specifici beni e servizi, le comunicazioni

commerciali che costituiscono un servizio della società dell'informazione o ne sono parte integrante, devono contenere, sin dal primo invio, in modo chiaro ed inequivocabile, una specifica informativa, diretta ad evidenziare:

a)che si tratta di comunicazione commerciale; b) la persona fisica o giuridica per conto della quale è effettuata la comunicazione

commerciale; c) che si tratta di un'offerta promozionale come sconti, premi, o omaggi e le relative

condizioni di accesso; d) che si tratta di concorsi o giochi promozionali, se consentiti, e le relative condizioni di

partecipazione. Qualora le comunicazioni commerciali sia effettuate da un soggetto facente parte di un

ambito regolamentato (in genere: un libero professionista), queste devono essere rispettose anche delle alle regole di deontologia professionale e in particolare, all'indipendenza, alla dignità, all'onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi.

5.2.3. Le informazioni relative alla contrattazione. Rinvio

68 L. FURGIUELE, Contratti a conclusione telematica, in AA.VV., Diritto dei consumatori e nuove tecnologie, a

cura di F. Bocchini, vol. I, Torino, 2003, p. 145 ss.; AA.VV., La disciplina del commercio elettronico e delle altre forme di contrattazione a distanza. Commento al d.lg 22 maggio 1999, n. 185, a cura di M. Atelli, Torino, 2001; A. FRATERNALE, I contratti a distanza, Milano, 2002.

69 E.M. TRIPODI, Alcuni interrogativi sul D.Lgs. n. 70/2003 di recepimento della direttiva sul commercio elettronico, cit.

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Gli artt. 12 e 13 del D.Lgs. n. 70/2003 prevedono l’obbligo di rendere ulteriori informazioni quali: le fasi tecniche per la conclusione del contratto, l’archiviazione e la possibilità di accesso (e di modifica) del medesimo, le lingue di negoziazione disponibili, il contenuto della ricevuta dell’ordine.

5.2.4. Le sanzioni per l’omissione di informazione Oltre alle sanzioni previste dal D.Lgs. n 185/99 (in caso di vendita ai consumatori)70, l’art.

20 della direttiva 2000/31 chiedeva agli Stati membri, per il commercio elettronico, la comminatoria di sanzioni “effettive, proporzionali e dissuasive”.

L’art. 21 del D.Lgs. n. 70/2003, stabilisce, al riguardo, una sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 103 a 10.000 euro per le violazioni dei seguenti articoli:

- 7 (Informazioni generali obbligatorie); - 8 (Obblighi di informazioni per la comunicazione commerciale); - 9 (Comunicazione commerciale non sollecitata); - 10 (Uso delle comunicazioni commerciali nelle professioni regolamentate) e - 12 (Informazioni dirette alla conclusione del contratto), salvo che il fatto non

costituisca reato. Nei casi di particolare gravità o di recidiva – recita l’art. 21, comma 2 - i limiti minimo e

massimo della sanzione indicata sono raddoppiati71 Le sanzioni sono applicate secondo quanto previsto dalla legge 24 novembre 1981, n. 689.

Fermo restando quanto previsto in ordine ai poteri di accertamento degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria dall'articolo 13 della predetta legge all'accertamento delle violazioni provvedono, d'ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa. Il rapporto di accertamento delle violazioni è presentato al Ministero delle attività produttive, fatta salva l'ipotesi di cui all'art. 24 della legge n. 689/1981.

5.3. Codice del consumo e commercio elettronico

Nell’ambito del Codice del consumo si fa riferimento al commercio eletttronico nell’art 52,

comma 5, laddove indicandosi le informazioni che il professionista deve fornire al consumatore nella vendita a distanza si aggiunge che detti obblighi informativi vanno integrati con le informazioni previste dall'articolo 12 del D.Lgs. n. 70/2003.

L’indicazione appare superflua posto che il successivo art. 68 effettua un espresso «rinvio» a detto decreto: «Alle offerte di servizi della società dell’informazione, effettuate ai consumatori per via elettronica, si applicano, per gli aspetti non disciplinati dalla presente compilazione, le disposizioni di cui al decreto legislativo decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 recante attuazione della Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'8 giugno 2000 relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno».

Probabilmente, indicare che il professionista nella vendita a distanza via Internet deve rendere anche le informazioni del D.Lgs. n. 70/2003, ha l’obiettivo di evitare che essendo le informazioni legate alla vendita a distanza regolate dal Codice del consumo, si possa porre il dubbio che l’assolvimento di quest’obbligo «assorba» anche l’art. 12 del D.Lgs. n. 70/2003. Nel «rinvio» a detto decreto si dice, infatti, «per gli aspetti non disciplinati dalla presente compilazione» e, per la vendita a distanza, gli obblighi informativi sono disciplinati dal Codice.

Vale la pena di notare che l’art. 68, nella attuale prassi di scarsa attenzione alla terminologia, parla di «offerte ... effettuate ai consumatori per via elettronica», mentre da tempo è stato fatto

70 Ora, art. 62 del Codice del consumo. 71 M.L. BOGGIO, Le sanzioni, in AA.VV., Commercio elettronico, documento informatico e firma digitale, op.

cit., p. 261.

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notare che il termine «elettronico» non copre completamente l’ambito tecnologico, quando la vendita è svolta attraverso sistemi di comunicazione a distanza. Si tratta, infatti, di «telematica» e non di «elettronica» che ne costituisce solo una parte.

6. Le aste on line72

6.1. Premessa La regolamentazione delle aste on line private passa attraverso due disposizioni

curiosamente contraddittorie: l’art. 18, comma 5, del D.Lgs. n. 114/1998 e l’art. 2, lett. e), del D.Lgs. n. 185/1999 (ora, art. 51, comma 1, lett. e), del Codice del consumo).

La prima disposizione appena citata stabilisce che «Le operazioni di vendita all’asta realizzate per mezzo della televisione o di altri sistemi di comunicazione sono vietate» mentre, la seconda, esclude l’applicazione del decreto sulla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, ai contratti «conclusi in occasione di una vendita all’asta».

Non è mancato chi ha subito ha notato l’incongruenza del legislatore di escludere l’applicazione di un decreto (il D.Lgs. n. 185/1999) ad una operazione che è segnata da un divieto assoluto. Ma, come si dirà, il divieto non è assoluto anche se, in occasione del Codice del consumo, si poteva essere maggiormente chiari (l’art. 51, comma 1, lett. e) è identico all’art. 2, lett. e) del D.Lgs. n. 185/1999).

Sulla questione delle aste on line si segnala(va) una generale posizione della dottrina sul divieto di esercizio di questa forma di vendita senza che – a nostro avviso - il dato giuridico fosse stato vagliato con la dovuta accuratezza.

Per contribuire a riaprire un serio dibattito, chi scrive ha richiamato l’attenzione su quanto sarebbe opportuno fare per chiarire agli operatori i limiti di detti divieti, tenuto conto del quadro della normativa vigente73. Quanto sostenuto – la cui sintesi è nelle pagine che seguono – è stato accolto dal Ministero delle Attività produttive che, con la circ. 17 giugno 2002, n. 3547/C, ha dettato “Indicazioni sulle aste on line”74.

Prima di proseguire nella trattazione è opportuno premettere che il divieto indicato nell’art. 18 del D.Lgs. n. 114/1998 essendo inserito in un «Titolo» dedicato alle «Forme speciali di vendita al dettaglio», non ha portata generale ma si applica unicamente agli operatori dettaglianti che svolgono l’attività di acquisto per la rivendita ai consumatori finali. Restano

72 In generale v. A. SINATRA, Vendita all’asta, in E.M. TRIPODI, B. TASSONE (a cura di), Vendita, op. cit.,

tomo 1, p. 389 ss.; S. LOMBRASSA, Contratto normativo d’asta, in Contratti, 2001, p. 730 ss. Per le aste on line: E.M. TRIPODI, Vendita all’asta tramite Internet, in E.M. TRIPODI, B. TASSONE (a cura

di), Vendita, op. cit., tomo 1, p. 403 ss., cui adde S. LOMBRASSA, Internet: nel mercato «on line» fanno ingresso le gare d’asta, in Dir. prat. soc., 2000, 19, p. 33 ss.; G. ROGNETTA, Le aste on line, in AA.VV., Internet, a cura di G. Cassano, Milano, 2001, p. 147 ss.; E. PIERANI, E. RUGGERI, Aste on line, in AA.VV., Diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell’Internet, op. cit., p. 434 ss.; L. BRESSAN, Le aste on line, in AA.VV., Internet: profili giuridici ed opportunità di mercato, a cura di A. Lisi, Rimini, 2002, p. 303 ss.; ID., La difficile regolamentazione delle operazioni di vendita all’asta attraverso Internet, in Consulenza, 2002, 9, p. 48 ss.; ID., Le aste on line, in AA.VV., Commercio elettronico e tutela del consumatore, a cura di G. Cassano, Milano, 2003, p. 209 ss.; A. SIROTTI GAUDENZI, Il commercio elettronico nella società dell’informazione, op. cit., p. 265 ss. Più di recente v. anche E. FALLETTI, E uno, e due, e tre! Aggiudicato! Ebay: contratto di vendita concluso a distanza e non asta on line, in Dir. Internet, 2005, p. 134 ss.

73 E.M. TRIPODI, Sono davvero vietate le aste su Internet?, in quattro articoli pubblicati su www.interlex.it.; ID., Gli aspetti giuridici del commercio elettronico, in INDIS, Guida multimediale al commercio elettronico, Rimini, 2002, p. 152 ss.; ID., Formulario dei contratti d’informatica, op. cit., p. 113 ss.

74 La circolare è pubblicata in Discipl. comm. e servizi, 2002, p. 613. Per un commento v. E.M. TRIPODI, Aste on line: il Ministero fa chiarezza, su www.interlex.; E.M. TRIPODI, Le aste non line: i recenti sviluppi disciplinari tra privato e pubblico (in margine alla circolare del Ministero delle attività pruduttive n. 3547/C), in Discipl. comm. e servizi, 2002, p. 491 ss., cui adde P. MANNO, Aste on line e miopia legislativa e P. MANGANELLI, Aste on line: ancora molte incertezze, entrambi, in www.interlex.it.

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dunque esclusi dal divieto non solo i grossisti ma anche i produttori e tutti i soggetti esclusi dall’ambito di applicazione dell’intero decreto Bersani. Anche i dettaglianti, peraltro, non sono colpiti dal divieto qualora siano stabiliti al di fuori del territorio nazionale75.

6.2. Le tipologie di aste on line

Posto che le aste on line sono ammesse nel nostro ordinamento, occorre andare alla ricerca

delle regole che ad esse si applicano premettendo una breve descrittiva delle principali tipologie di vendita all’asta che si svolgono attraverso Internet.

Possiamo distinguere le aste on line sulla base dei seguenti criteri generali: i) rispetto al coinvolgimento del gestore (banditore d’asta); ii) rispetto alla qualità dei soggetti che vi partecipano; iii) rispetto alle modalità di fissazione del prezzo di aggiudicazione. In relazione al più o meno coinvolgimento del soggetto che esercita l’attività di vendita

all’asta (c.d. banditore d’asta) si avranno: a) aste condotte direttamente dal banditore d’asta in cui è possibile acquistare beni di

proprietà di quest’ultimo; b) aste condotte direttamente dal banditore d’asta in cui è possibile acquistare beni di

proprietà di venditori terzi; c) aste in cui il banditore d’asta svolge unicamente il compito di mettere a disposizione il

sito e la sua struttura per la vendita all’asta senza essere direttamente coinvolto nella procedura di aggiudicazione.

Dal punto di vista della qualità personale dei soggetti che vi operano, le aste on line possono essere:

a) aste tra professionisti76 (business to business), nelle quali i partecipanti all’asta non rivestono lo status di consumatori;

b) aste tra professionisti e consumatori (business to consumer), nelle quali gli acquirenti sono consumatori;

c) aste tra consumatori e professionisti (consumer to business), nelle quali è il consumatore ad indicare il prodotto che intende acquistare;

d) aste tra consumatori (consumer to consumer). Per quanto attiene alle modalità di fissazione del prezzo di vendita, le più comuni forme

sono le seguenti: - asta al rialzo (c.d. asta inglese), in cui la vendita viene aggiudicata al miglior offerente,

partendo dal prezzo minimo indicato dal venditore e nell’ambito dei limiti temporali dell’offerta;

- asta al ribasso (c.d. asta olandese), in cui la vendita viene aggiudicata al miglior offerente, partendo dal prezzo massimo indicato dal venditore e nell’ambito dei limiti temporali dell’offerta;

- asta segreta al prezzo massimo, nella quale ogni interessato al bene offre, per iscritto, un prezzo massimo. Le offerte vengono raccolte, nei limiti temporali fissati, e rese pubbliche contemporaneamente con l’aggiudicazione all’offerta più elevata;

75 Di contrario avviso Cass., 10 ottobre 2005, n. 19668, secondo cui «Il divieto, previsto dall’art. 18, comma 5,

del Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, di effettuare operazioni di vendita all’asta per mezzo della televisione o di altri mezzi di comunicazione a distanza non è limitato alle sole vendite al dettaglio, ma comprende ogni tipo di vendita, anche quella effettuata per conto terzi». La decisione è pubbl. in Dir. Internet, 2006, p. xxx ss., con nota contraria di E.M. TRIPODI.

76 Il termine «professionista» è usato per indicare la controparte contrattuale dei consumatori secondo la normativa sia comunitaria che nazionale in tema di tutela consumatori.

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- asta con riserva, in cui la vendita viene aggiudicata solo se le offerte abbiano raggiunto e/o superato il prezzo minimo stabilito. Tale prezzo non viene comunicato durante la gara;

- asta con il metodo Vickrey, nella quale la procedura è analoga all’asta al prezzo massimo. La differenza consiste nel fatto che l’aggiudicazione è fatta al miglior offerente per il prezzo di acquisto del secondo migliore offerente.

A questi sistemi – indicati nella circolare – possono aggiungersi anche le c.d. aste con time pricing, nelle quali il prezzo si modifica (al rialzo o al ribasso, a seconda dei casi) con lo scorrere di un dato tempo.

7. Segue: le indicazioni amministrative della circolare 17 giugno 2002, n. 3547/C

7.1. I requisiti per l’esercizio dell’attività La circolare prende poi in considerazione i requisiti di qualificazione soggettiva necessari

per l’esercizio dell’attività di banditore d’asta on line, distinguendo a seconda che il banditore d’asta conduca direttamente la vendita di beni propri ovvero di beni altrui, da quella in cui detto soggetto metta unicamente a disposizione il sito web per lo svolgimento delle aste, senza prendere parte ad alcuna delle operazioni medesime.

Nei primi due casi, l’attività è soggetta alle previsioni di cui all’art. 115 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, recante il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (nel prosieguo indicato come Tulps)77. Tale articolo prevede che «non possono aprirsi o condursi agenzie di prestiti su pegno o altre agenzie di affari, quali che siano l’oggetto e la durata, anche sotto forma di agenzie di vendita (…) senza la licenza del Questore» (comma 1). Il comma 3 di detto articolo stabilisce che «la licenza vale esclusivamente pei locali in essa indicati».

La menzionata disposizione non fa parola delle vendite all’asta che si ritengono comprese, sulla base dell’art. 205 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635 (Regolamento di esecuzione del Tulps) che precisa che tra le «agenzie di affari» si comprendono le imprese, comunque organizzate, che si offrono come intermediarie nell’assunzione o trattazione di affari altrui, prestando la propria opera a chiunque ne faccia richiesta.

Questa definizione consente di considerare agenzie d’affari non solo i soggetti che si offrono quali intermediari, rispetto ad affari altrui, ma anche i soggetti che, attraverso tale forma di organizzazione dell’attività, intendono vendere (anche) beni propri.

Ai sensi di quanto disposto dall’art. 163, comma 2, lett. b) e d), del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, il rilascio delle licenze concernenti le agenzie di affari è ora di competenza dei Comuni, «ad esclusione di quelle relative all’attività di recupero crediti, pubblici incanti, agenzie matrimoniali e di pubbliche relazioni», che restano in capo al Questore.

Nei casi sopra indicati di aste in cui il banditore d’asta svolge un ruolo di intermediario, trattandosi di una agenzia di vendita mediante pubblico incanto, la competenza al rilascio della licenza deve dunque intendersi rimasta in capo al Questore, al quale l’interessato deve richiedere il rilascio della licenza indicando, secondo quanto previsto dall’art. 204 del Regolamento di esecuzione del Tulps:

- la natura degli affari a cui si vuole attendere; - la tariffa delle operazioni; - la sede dell’esercizio e l’insegna.

77 Sul TULPS v. M. DI RAIMONDO, Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, II ed., Laurus Robuffo,

Roma, 2000, cui adde, E. FIORE, Precedure di polizia amministrativa. Manuale operativo per la vigilanza delle attività disciplinate dal TULPS, II ed., Rimini, 2005.

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Per l’attività svolta attraverso Internet, saranno anche indicati il tipo di beni che si intende porre in vendita all’asta (o consentire di porre in vendita), il compenso previsto per le operazioni di intermediazione, la sede legale ed il nome di dominio che identifica il sito web utilizzato.

La licenza ha validità di un anno dalla data di rilascio ed è rinnovata automaticamente a seguito del pagamento della relativa tassa di concessione governativa.

Nell’ipotesi in cui il banditore d’asta si limiti a mettere a disposizione il c.d. «servizio di contatto», ovvero lo strumento tecnologico, senza intervenire direttamente nella gara, si avrebbe attività di mediazione, soggetta alle regole di cui alla legge 21 marzo 1958, n. 253 ovvero della legge 3 febbraio 1989, n. 39.

Nell’ambito della legge n. 253/1958 rientra l’attività di mediazione pubblica su merci, ovverosia la vendita all'incanto di merci e derrate e in tutti gli altri incarichi attribuiti al mediatore dagli artt. 1515-1516 cod. civ. (art. 27, legge n. 272/1913, richiamato dall'art. 2, comma 2, della legge n. 253/1958), ad eccezione della negoziazione dei valori pubblici, attratta da diversa legge speciale (i mediatori c.d. «pubblici» devono essere iscritti nel ruolo speciale degli agenti di affari in mediazione presso le Camere di commercio).

Nell’ambito della legge n. 39/1989 sono invece comprese le attività per le quali è richiesta, sempre presso la competente Camera di commercio, l’iscrizione nel ruolo ordinario degli agenti di affari in mediazione. La disciplina della mediazione esclude la necessità per l’operatore della licenza Tulps. Tale esclusione – a leggerla dando al Legislatore il dono della preveggenza - è peraltro coerente con l’art. 4 della direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico, che enuncia il principio di assenza di autorizzazione preventiva per l’esercizio dell’ «attività di un prestatore di un servizio della società dell’informazione» (v., ora, l’art. 6 del D.Lgs. n. 70/2003).

Si consideri però che la giurisprudenza amministrativa ha escluso che le attività delle agenzie di vendita all’asta siano da equiparare all’attività di mediazione78, ma tale decisione non può essere accolta, in quanto tale giurisprudenza fa riferimento alle fattispecie di «agenzie di vendite all’asta per conto terzi». Tale attività, com’è noto, non rientra però nella fattispecie della mediazione che, da giurisprudenza costante, anche nell’ipotesi in cui è svolta dietro «mandato a titolo oneroso» (c.d. mediazione unilaterale) deve mantenere il carattere di equidistanza ed imparzialità rispetto alle parti contraenti79.

Quanto detto necessita peraltro di ulteriori notazioni. Il Tulps prende in considerazione una particolare modalità di svolgimento dell’attività che

richiede un controllo di tipo pubblico rispetto agli interessi pubblici di tutela della fede pubblica e dell’economia. Questo significa che la disciplina prevista nel suddetto art. 115 – tranne il caso dei mediatori, per i quali è stata indicata espressa deroga (art. 3, della legge n. 253/1958; art. 5, comma 1, della legge n. 39/1989) e permane solo l’obbligo di iscrizione al Ruolo ordinario o speciale, a seconda dei casi – non sostituisce ma integra le altre previsioni normative che distinguono un operatore economico da un altro.

Ne consegue che: a) i soggetti giuridicamente titolari dei prodotti che vendono all’asta, sia perché produttori

degli stessi ovvero perché regolarmente acquistati, sono anzitutto tenuti al rispetto delle regole stabilite in via generale per l’esercizio dell’attività. In particolare:

- con riferimento ai produttori agricoli, il rispetto di quanto previsto dal D.Lgs. n. 228/2001 e, allorquando vendono ai consumatori, i limiti di fatturato che escludono l’applicazione del D.Lgs. n. 114/1998, superati i quali l’eventuale vendita all’asta rientra nel divieto di cui all’art. 18;

- con riferimento ai produttori artigiani, il rispetto di quanto previsto dalla legge n. 443/1985, con l’obbligo che la vendita all’asta si concluda giuridicamente nei locali di

78 Cons. Stato, Sez. I, 17 gennaio 1984, n. 259, in Cons. Stato, 1986, I, p. 1695 ss. 79 V., tra tante, Cass., 6 novembre 1982, n. 5861; Cass., 9 febbraio 2000, n. 1447; Cass., 6 aprile 2000, n. 4327;

Trib. Roma, 29 aprile 1998; Trib. Torino, 13 gennaio 2000.

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produzione, rientrandosi, in caso contrario, nell’ambito del divieto di cui all’art. 18 del D.Lgs. n. 114/1998;

- con riferimento ai grossisti, il rispetto di quanto previsto dal D.Lgs. n. 114/1998 (art. 5) e dei relativi chiarimenti di cui alla già citata circolare ministeriale n. 3487/C;

b) i soggetti che vendono prodotti di cui non sono proprietari, compiendo tale attività nel prevalente interesse altrui, sono tenuti al rispetto delle regole previste per dette fattispecie di intermediazione: si pensi, per es., al contratto di commissione o a quello di agenzia, nonché alle previsioni della disciplina amministrativa applicabile80.

7.2. Ulteriori indicazioni sullo svolgimento dell’attività

Il Ministero fornisce poi delle ulteriori indicazioni ai soggetti interessati allo svolgimento di

attività di aste on line. 7.2.1. Identificazione del banditore d’asta

Anche ai sensi di quanto previsto dall’art. 5 della direttiva comunitaria 2000/31/CE (v., ora, l’art. 7, del D.Lgs. n. 70/2003) e considerando gli obblighi di informazione già previsti nel nostro ordinamento (v., per es., l’art. 2250 cod. civ.), i soggetti che esercitano aste on line devono presentare all’interno del sito, con modalità tali da rendere facilmente accessibili in modo diretto e permanente ai destinatari del servizio e alle competenti autorità almeno le seguenti informazioni:

- la denominazione dell’impresa; - l'indirizzo geografico dove è la sede; - il numero di iscrizione al Registro delle imprese e al REA, con l’indicazione della

relativa Camera di commercio ove è stata ottenuta detta iscrizione; - il codice fiscale ed il numero della partita IVA; - l’indicazione della data e del numero di iscrizione agli albi, ruoli, elenchi o registri o

simili, eventualmente necessari per la legittimazione soggettiva all’esercizio dell’attività, nonché dell’ente competente rispetto a detta iscrizione;

- l’indicazione degli estremi delle eventuali comunicazioni, autorizzazioni, licenze e simili necessarie per l’esercizio dell’attività, nonché dell’ente competente sulle medesime;

- l’indicazione degli estremi della licenza di cui all’art. 115 Tulps, per i soggetti tenuti a richiederla. Se il rilascio della licenza è stato soggetto a cauzione o ad altre condizioni, devono essere indicate l’importo della cauzione e le condizioni cui è sottoposta l’attività dell’operatore;

- gli estremi che permettono di contattare rapidamente con l’operatore e di comunicare direttamente ed efficacemente con lui, compreso l'indirizzo di posta elettronica.

7.2.2. Identificazione dei soggetti che partecipano alle aste Il banditore d’asta è tenuto – ex art. 119 Tulps – ad identificare con certezza l’identità dei

soggetti che intendono partecipare alle aste on line e che richiedono l’iscrizione (o registrazione) al sito attraverso il quale tale vendita è effettuata.

Ai fini di detta partecipazione tali soggetti dovranno indicare tutti i dati anagrafici e potranno essere identificati attraverso l’impiego della firma digitale, secondo quanto previsto dal D.P.R. n. 445/2000, ovvero in mancanza di questa mediante la comunicazione – anche via

80 Per es., per gli agenti di commercio, la previa iscrizione al ruolo di cui alla legge n. 204/1985.

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fax – della richiesta di iscrizione accompagnata dalla fotocopia di un documento di identità in corso di validità del richiedente.

Nell’ambito della procedura d’asta è ammessa la possibilità che il partecipante – una volta che sia stato previamente identificato con certezza da parte del banditore d’asta – utilizzi uno pseudonimo, ovvero una password, o altri mezzi di identificazione personale81.

7.2.3. Informazione sulla modalità di asta Gli interessati alla partecipazione all’asta, siano essi venditori che acquirenti, devono

essere posti in condizione di conoscere, con esattezza: - la tipologia di asta; - la procedura attraverso la quale lo svolgimento della medesima; - le modalità di formazione del prezzo di acquisto o di vendita; - le regole di aggiudicazione e le relative comunicazioni; - le indicazioni relative alla consegna ed al pagamento del bene.

In particolare deve sempre essere indicato il limite temporale dell’offerta nonché il suo esito. 7.2.4. Informazioni sul bene posto in vendita all’asta Funzionale alla correttezza della procedura d’asta è l’esatta identificazione del bene che è

oggetto di detta procedura. Al riguardo, il banditore d’asta è tenuto ad informare gli interessati circa la denominazione

legale del bene, le sue caratteristiche ed ogni informazione atta a consentire la sua l’esatta identificazione (per es. marca, modello, numero di serie, matricola, etc.), nonché lo stato in cui questo si trovi (nuovo, usato, etc.), al fine di consentire una sua corretta valutazione circa il possibile prezzo.

Il bene può essere anche illustrato attraverso una foto digitalizzata, con una risoluzione sufficiente a non determinare una percezione del bene diversa da quella che dalla descrizione può ragionevolmente attendersi. L’indicazione è opportuna con riferimento alla disciplina sulle garanzie nei beni di consumo.

Nel caso in cui si tratti di particolari beni, come quelli di antiquariato, quadri e simili, ferme restando le disposizioni contenute nella legislazione speciale, il banditore d’asta può utilmente accompagnare la presentazione del bene con una perizia richiesta ad esperto del settore di chiara fama ovvero chiedendo apposita perizia ad i soggetti iscritti nei ruoli dei periti ed esperti presso la Camera di commercio territorialmente competente.

Qualora il banditore d’asta si limiti unicamente a mettere a disposizione il sito per l’attività di vendita all’asta, deve stabilire a carico delle parti venditrici (o compratrici nel caso di asta inversa) l’obbligo di corretta informazione sul bene posto in vendita.

7.2.5. Localizzazione e contestualità dell’asta Le vendite all’asta, a cagione degli interessi pubblici di tutela della fede pubblica e del

trasparente comportamento degli operatori richiedono – a detta della giurisprudenza – la contestuale presenza fisica degli offerenti e del banditore nel luogo in cui l’asta ha il suo svolgimento. Tale requisito, esteso dalla giurisprudenza all’ipotesi della vendita all’asta

81 A questo riguardo, al fine di garantire la regolarità delle gare e quindi l’obiettività ed imparzialità del

procedimento, il sistema organizzato dal banditore d’asta deve prevedere l’impossibilità per gli interessati di iscriversi sia come venditore che come acquirente, nonché prevedere contrattualmente il divieto per i partecipanti di tenere un qualsiasi comportamento tale da alterare la competizione, tra i quali, a mero titolo esemplificativo, nell’alterare o tentare di alterare i prezzi di vendita o le altre condizioni contrattuali delle offerte, ovvero nell’accordarsi, anche tacitamente, con altri soggetti, a questi fini.

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effettuata mediante televisione (vietata ai sensi dell’art. 18, comma 5, con gli stessi limiti applicativi già esaminati)82, deve intendersi operante per le procedure di asta pubblica secondo la disciplina amministrativa (art. 63 e segg. del R.D. 23 maggio 1924, n. 827, recante il Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità dello Stato), ovvero secondo la vendita agli incanti prevista dal codice di procedura civile (art. 534 e segg.)83.

Considerato che le regole delle aste pubbliche non trovano applicazione alle aste tra soggetti privati, il requisito di contestualità non giustifica, per ciò solo, il diniego di rilascio della licenza di cui all’art. 115 del Tulps. Infatti, per motivare tale diniego si è ritenuto che l’asta televisiva «non consente in alcun modo di controllare la provenienza e la genuinità delle offerte compiute mediante comunicazioni telefoniche, sia da parte del banditore d’asta sia da parte dell’Autorità di P.S. preposta alla relativa vigilanza»84.

Le limitate possibilità di controllo evidenziate per le aste televisive non si riscontrano nelle aste realizzate attraverso Internet laddove, come si è indicato, le applicazioni della tecnica informatica e telematica consentono l’individuazione con certezza dei partecipanti e la riconducibilità a questi delle relative offerte.

Devono pertanto ritenersi sufficienti a garantire gli interessi pubblici i controlli che possono essere attivati, sia in generale che in relazione al rispetto di quanto stabilito in sede di rilascio della licenza85.

7.2.6. Conclusione del contratto Circa la conclusione del contratto on line, il Ministero ha accolto prospettazioni da tempo

sostenute da chi scrive. Salvo che non sia stabilito diversamente, ai sensi di quanto indicato dall’art. 1336 cod. civ., la vendita all’asta è una offerta al pubblico e non un invito a contrattare rispetto al quale il banditore d’asta (o il venditore qualora sia soggetto diverso) si riserva il diritto di accettare o meno la proposta.

Il contratto sotteso alla vendita all’asta si perfeziona dalla combinazione tra la manifestazione di volontà dei partecipanti e l’automatismo della regola procedimentale stabilita per individuare quale sia la manifestazione di volontà idonea alla quantificazione definitiva del prezzo del bene. In sostanza, se si prende ad esempio l’asta inglese (al migliore offerente al rialzo), le dichiarazioni emesse dai partecipanti sono volte a completare il contratto con l’indicazione del corrispettivo rispetto al quale si obbligano, fatta salva la loro decadenza in caso dell’indicazione, da parte di altri partecipanti, di un corrispettivo più elevato.

Ne consegue che il banditore d’asta, nell’aggiudicazione al vincitore della gara, non fa altro che compiere un atto di mero accertamento che – parafrasando le parole di Massimo Severo Giannini – si fonda su un giudizio meccanico di identificazione dell’accettazione che, per le sue espressioni matematiche di determinazione del corrispettivo, è già qualificata come idonea dalle regole procedimentali che disciplinano l’asta.

Il contratto si conclude al momento dell’aggiudicazione e, quanto al luogo, in mancanza di indicazioni contrarie da parte del venditore, presso la sede dell’impresa ovvero il domicilio se questi è un consumatore.

82 E.M. TRIPODI, Vendita mediante televisione, in E.M. TRIPODI, B. TASSONE (a cura di), Vendita, op. cit.,

tomo 1, p. 203 ss. 83 Per le aste immobiliari v. G. FRESCURA, Aste immobiliari, Milano, 1999. 84 In questi termini si è espresso il TAR Liguria, 22 dicembre 1983, n. 781, in Trib. Amm. Reg., 1984, I, p. 586 ss. 85 Sul punto cfr. Cons. Stato, Sez. I, 17 gennaio 1984, n. 259, cit.

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7.2.7. Tutela dei dati personali e sicurezza informatica Tutta la procedura di vendita all’asta, prevede la memorizzazione di dati, tra i quali anche

dati personali, per i quali valgono le regole previste nel D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, recante il «Codice in materia di protezione dei dati personali».

Il banditore d’asta deve pertanto applicare alla gestione del sito ed a tutte le comunicazioni telematiche le procedure e le misure di sicurezza ritenute idonee, allo stato delle conoscenze tecniche ed informatiche, a garantirne la sicurezza e ad evitare i rischi di accesso non autorizzato, manomissione, ritardo nella registrazione o nella elaborazione, distruzione e perdita di informazioni e/o dati trasmessi.

Tutte le memorizzazioni, a disposizione della autorità per gli eventuali controlli, devono essere conservate adottando le idonee misure di sicurezza fisiche e logiche.

Si ricorda che l’obbligo di registrazione giornaliera di tutte le operazioni, con l’indicazione della data, delle generalità dei soggetti partecipanti alle medesime, del compenso pattuito e dell’esito di dette operazioni, è sancito dagli artt. 119 e 120 Tulps e dagli artt. 219 e 220 del Regolamento di esecuzione.

In relazione alle aste on line devono dunque essere registrate tutte le operazioni compite durante la giornata in modo tale da consentire la dimostrazione dello svolgimento corretto delle aste medesime. A questo fine, la memorizzazione, realizzata anche per ogni singola asta, deve comprendere, in via esemplificativa, la pagina web contenente l’offerta e la descrizione del prodotto, la data di avvio dell’asta, il termine di validità dell’offerta, l’aggiudicatario dell’offerta, il prezzo pagato, nonché le modalità di consegna e di pagamento qualora queste informazioni siano state parte integrante dell’offerta.

7.2.8. La legge applicabile, le sanzioni e l’organo competente

Per i banditori d’asta che sono stabiliti in Italia, indipendentemente se il nome di dominio

che identifica il sito sia stato rilasciato da Naming Authority di altri paesi, non è ammesso il rinvio a legge straniera quale legge applicabile alle condizioni generali di contratto che regolano i rapporti tra le parti.

Quanto detto, secondo una opinione condivisa86, si ricava dagli artt. 16 e 17 della legge 31 maggio 1995, n. 218, (recante la Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato) che fa salva la prevalenza delle disposizioni italiane che «in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera» (art. 17) e, tra le leggi di applicazione necessaria, si devono senz’altro annoverare le disposizioni del Tulps e del suo Regolamento di esecuzione.

Per quanto riguarda le sanzioni, occorre distinguere se queste attengano alla violazione delle disposizioni concernenti la qualificazione soggettiva del banditore d’asta, come precedentemente indicato, da quelle relative alla violazione delle regole contenute nel Tulps.

Nella prima ipotesi, la natura e l’entità delle sanzioni, nonché l’organo competente all’irrogazione delle medesime, sono specificate nelle relative leggi.

Per quanto attiene al Tulps, l’esercizio non autorizzato della vendita all’asta ovvero esercitato «oltre le prescrizioni della legge o dell’autorità» è punito – ex art. 17-bis – con l’applicazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma da uno a sei milioni di lire.

Si ricorda infine che, qualora l’attività rientri nell’ambito del divieto di cui all’art. 18 del D.Lgs. n. 114/1998 (si pensi al caso del produttore agricolo che, vendendo all’asta al consumatore superi i limiti fissati dal D.Lgs. n. 228/2001), trova applicazione l’art. 22 di detto decreto.

86 Espressa da L.M. DE GRAZIA in www.e-conomy.it/risorse/diritto/aste_online.htm.

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Al riguardo, si consideri che il comma 7 dell’art. 22 prevede che «per le violazioni (…) l’autorità competente è il sindaco del comune nel quale hanno avuto luogo. (…)». Sul punto, trattandosi di attività svolte attraverso Internet, potrebbero crearsi incertezze circa il luogo in cui è avvenuta la violazione. Si ritiene che debba farsi riferimento al Comune nel cui territorio è situata la sede legale del soggetto autore della violazione della legge. Qualora la violazione sia rilevata da parte degli organi di vigilanza di altro Comune, sarà fatta segnalazione al Comune di competenza, ai fini dell’applicazione delle sanzioni.

8. Gli «Internet point» e gli altri esercizi che rendono disponibili connessioni ad Internet

8.1. Premessa. La disciplina normativa applicabile. L’art. 6 del DPR 19 settembre 1997, n. 318, recante il Regolamento per l’attuazione di

direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni, l’installazione, l’esercizio e la fornitura di reti di telecomunicazioni, nonché la prestazione dei servizi ad esse relativi accessibili al pubblico, stabiliva – abrogando la precedente disciplina87 - che l’offerta al pubblico di servizi di telecomunicazioni diversi dalla telefonia vocale, dall’installazione e dalla fornitura di reti pubbliche di telecomunicazioni, comprese quelle basate sull’impiego di radiofrequenze, è subordinata ad un’autorizzazione generale88.

Le norme disciplinanti le condizioni di autorizzazione sono state successivamente approvate con dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), con deliberazione 19 luglio 2000, n. 467. Detta deliberazione prevedeva, da parte del soggetto interessato ad offrire al pubblico servizi di telecomunicazione, la presentazione di una apposita dichirazione, attenendosi a quanto indicato negli allegati alla deliberazione89.

A seguito dell’entrata in vigore del Codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, il regime autorizzatorio è stato innovato, con la abrogazione della quasi totalità della precedente disciplina normativa90.

8.2. Le indicazioni del Codice delle comunicazioni elettroniche

Il Capo II del Codice delle comunicazioni elettroniche (artt. 25-39) è dedicato alle

«Autorizzazioni». L’attività di fornitura di servizi di comunicazione elettronica91 è libera, fatte salve le

limitazioni che possono essere eventualmente introdotte per cittadini extracomunitari92, ovvero motivate da esigenze di difesa e sicurezza dello Stato, ovvero derivanti da sanità pubblica.

87 Di cui al D.Lgs. n. 103/95, al DPR n. 420/95 ed al D.Lgs. n. 55/97. 88 Per un quadro del diritto delle telecomunicazione v. M. QUADRELLI (a cura di), Manuale di diritto delle

telecomunicazioni, 4 voll., Nyberg, Milano, 2003-2005. Sui servizi di comunicazione elettronica, M. CLARICH, Il nuovo sistema delle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica, in AA.VV., Comunicazioni: verso il diritto della convergenza, a cura di G. Morbidelli e F. Donati, Torino, 2003, p. 137 ss. Per la situazione precedente un’utile sintesi è quella di V. DI STEFANO, Diritto delle telecomunicazioni, Milano, 2001.

89 La dichiarazione, prima dell’art. 2-bis della legge 20 marzo 2001, n. 66 che ha stabilito la competenza Ministero delle comunicazioni si presentatava all’Autorità.

90 Sul D.Lgs. n. 259/2003 v., in prima approssimazione, AA.VV., Il nuovo governo delle comunicazioni elettroniche, a cura di G. Della Cananea, Torino, 2005; AA.VV., Il nuovo ordinamento delle comunicazioni elettroniche, a cura di R. Perez, Milano, 2004; AA.VV., Il codice delle comunicazioni elettroniche, a cura di M. Clarich, G.F. Cartei, Milano, 2004.

91 L’art. 1, comma 1, lett. gg) del Codice definisce nei seguenti termini il «servizio di comunicazione elettronica»: i servizi, forniti di norma a pagamento, cosistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazione elettronica, compresi i servizi di telecomunicazione i servizi di trasmissione nelle reti utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva, ad esclusione dei servizi che forniscono contenuti trasmessi utilizzando reti e servizi di comunicazione elettronica o che esercitano un controllo editoriale su tali contenuti; sono inoltre esclusi i

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Per poter svolgere l’attività è necessario conseguire una «autorizzazione generale» a seguito di apposita domanda presentata al Ministero delle comunicazioni. La dichiarazione, conforme al modello di cui all’Allegato 9 al Codice, deve essere essere presentata dalla persona fisica «titolare» (rectius: imprenditore individuale), ovvero se persona giuridica, dale legale rappresentante. La dichiarazione può essere resa anche da soggetti diversi a ciò espressamente delegati.

Il soggetto richiedente deve allegare alla dichiarazione la seguente documentazione: a) se avente sede in ambito nazionale: - certificato di iscrizione alla Camera di commercio, comprensivo del nulla osta antimafia ai

sensi del D.Lgs. 8 agosto 1994, n. 490 e del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252; - certificato da cui risulti che gli amministratori che rappresentano legalmente la società o il

titolare dell’impresa non sono stati condannati a pena detentiva per delitto non colposo superiore ai sei mesi e non sono sottoposti a misure di sicurezza e di prevenzione;

b) se avente sede in uno dei Paesi dello Spazio economico europeo (SEE), in uno dei Paesi appartenenti all’Organizzazione mondiale del commercio o in Paesi con i quali vi siano accordi di reciprocità:

- certificato equipollente a quello rilasciato dalla Camera di commercio contenente le seguenti informazioni: denominazione della società, nazionalità, natura giuridica, capitale sociale, sede legale, componenti il Consiglio d’amministrazione, oggetto sociale;

- certificato da cui risulti che gli amministratori che rappresentano legalmente la società o il titolare dell’impresa non sono stati condannati a pena detentiva per delitto non colposo superiore ai sei mesi e non sono sottoposti a misure di sicurezza e di prevenzione.

Inoltre, i soggetti che hanno presentato la dichiarazione di cui all’articolo 3, comma 1, sono tenuti a comunicare entro 30 giorni all’Autorità qualsiasi variazione delle informazioni contenute nella dichiarazione stessa e nella relativa documentazione allegata.

La dichiarazione costituisce denuncia di inizio di attività ai sensi dell’art. 19 della legge n. 241/1990. Il Ministero ha 60 giorni di tempo dalla presentazione della dichiarazione per verificare d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti per l’ottenimento dell’autorizzazione.

L’autorizzazione, rinnovabile, ha la durata indicata nella dichiarazione ma non può superare venti anni. Per il rinnovo la dichiarazione, deve essere presentata almeno 60 giorni prima della scadenza. La scadenza, qualunque sia il giorno di inizio della decorrenza, scade il 31 dicembre dell’ultimo anno di validità.

L’autorizzazione generale è cedibile, anche parzialmente, previa istanza 93al Ministero in cui è indicato l’oggetto della cessione. Entro sessanta giorni dalla presentazione, termine che può essere interrotto una sola volta qualora siano richiesti chiarimenti o documenti94, il Ministero può esprimere il suo diniego alla cessione. Il diniego può essere opposto sulla base «della non sussistenza in capo all’impresa cessionaria dei requisi oggettivi e soggettivi per il rispetto delle condizioni di cui all’autorizzazione medesima» (art. 25, comma 8), oltre che – riteniamo – qualora sopraggiungano le limitazioni di cui all’art. 25, comma 1.

Per quanto attiene al regime sanzionatorio, l’art. 98 del Codice delle comunicazioni prevede: a) salvo che non costituisca reato, una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 a

250.000 euro – da graduarsi in «equo rapporto» alla gravità del fatto, In caso di installazione e fornitura di reti di comunicazione elettronica od offerta di servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico senza la relativa autorizzazione generale (art. 98, comma 2);

servizi della società dell’informazione di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 70, con consistenti interamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazione elettronica».

92 I cittadini extracomunitari sono «equiparati» a quelli italiani qualora lo Stato di appartenenza applichi nei confro nti dei cittadini italiani «condizioni di piena reciprocità» (art. 25, comma 2).

93 L’art. 25, comma 8, parla erroneamente di «comunicazione». 94 Il termine decorre nuovamente dalla data in cui pervengono al Ministero i chiarimenti o i documenti richiesti.

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b) una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 58.000 euro in caso di installazione e fornitura di reti di comunicazione elettronica od offerta di servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico in difformità a quanto dichiarato (art. 98, comma 8);

Il controllo è effettuato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che si avvale degli organi territoriali del Ministero delle comunicazioni i quali hanno titolo ad accedere nei locali ove viene espletato tale servizio.

Il Ministero delle comunicazioni tiene aggiornato (sul suo Bollettino e su Internte) un Elenco dei fornitori di reti o servizi di comunicazione elettronica anche se i titolari di autorizzazione sono comunque tenuti all’iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione (ROC), di cui alla legge 31 luglio 1997, n. 24995.

8.3. Servizi di accesso ad Internet come servizi complementari di altre attività.

Un problema che si è subito posto a seguito della regolamentazione (e liberalizzazione) dei

servizi di comunicazione ha riguardato l’applicazione o meno delle regole dell’autorizzazione generale anche agli esercizi ove venga svolta normalmente una attività di diverso genere (pubblici esercizi, rivendite di generi di monopolio, esercizi commerciali, attività di servizi)96.

L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con la deliberazione 15 aprile 2003, n. 10297, ha stabilito che «non si considera fornitore di un servizio pubblico di telecomunicazioni (…) quell’esercente l’attività commerciale, quale ad esempio gestore di bar, albergo, pizzeria, tabaccheria, che, non avendo come oggetto sociale principale l’attività di telecomunicazioni, mette a disposizione della propria clientela le apparecchiature terminali di rete».

Ciò nel rispetto delle condizioni esposte nelle premesse del provvedimento, laddove prevede che:

- gli obblighi di settore relativi alla fornitura del servizio stesso e quelli relativi alla fornitura e gestione della rete pubblica, anche eventualmente mediante accordi tra le parti, sono assolti dal gestore di rete;

- i clienti che utilizzano tale apparecchiatura sono chiaramente informati delle modalità e delle condizioni di erogazione del servizio stesso, fatte salve le norme vigenti specifiche in materia di esercizio del commercio e pubblica sicurezza.

La Deliberazione poggia sulla considerazione che, nel caso di pubblici esercizi o altre attività di servizi che mettono a disposizione della propria clientela apparecchiature terminali di comunicazioni quali telefoni, telefax o apparati per la connessione alla rete Internet, la messa a disposizione del pubblico della possibilità di usufruire di tali mezzi di comunicazione elettronica non ha rilievo significativo rispetto all’attività principale.

Per le ragioni anzidetta, l’orario di apertura è quello dell’attività principale, come chiarito anche dalla giurisprudenza e da una risoluzione ministeriale98.

95 L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha istituito il Registro, con la Deliberazione 30 maggio 2001, n.

236. Ad esso devono iscriversi, fra gli altri, le imprese fornitrici di servizi di telecomunicazioni e telematici, e cioè i soggetti che, in base a licenza o autorizzazione, installano e forniscono reti di telecomunicazione o forniscono servizi consistenti, in tutto o in parte, nella trasmissione e nell’instradamento di segnali su reti di telecomunicazioni, ivi compreso qualunque servizio interattivo anche se relativo a prodotti audiovisivi, esclusa la diffusione circolare dei programmi radiofonici e televisivi.

Per l’iscrizione al Registro è dovuta una tassa di concessione governativa. 96 Sul tema, oltre a R.O. DI STILO, Le attività commerciali, op. cit., si v. ID., Disciplina delle somministrazioni

di alimenti e bevande, Rimini, 2005; C. MALAVASI, Circoli privati e pubblici esercizi, II ed., Rimini, 2002. 97 Con riferimento a quanto previsto dalla deliberazione n. 467/00 (ora abrogata), ma le indicazioni possono

ritenersi valide anche con l’entrata in vigore del Codice. 98 TAR Veneto, sez. III, 17 giugno 2004, n. 2144. Il Ministero delle Attività produttive, con la risoluz. 9 settembre 2004, n. 556282, rilevato, «che la normativa

vigente disciplinante l’attività commerciale o la somministrazione di alimenti e bevande non reca disposizioni specifiche che vietino lo svolgimento congiunto dell’attività di telefonia. In tale ipotesi, però, il regime degli orari al quale attenersi è quello dell’attività prevalente e, qualora, quella di telefonia fosse secondaria, le disposizioni da

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8.4. Le novità a seguito dell’emanazione del decreto per il contrasto del terrorismo

internazionale A seguito di tragici attentati terroristici il Governo ha prontamente approvato il D.l. 27 luglio

2005, n. 144 (convertito, a tempi di record, nella legge 31 luglio 2005, n. 155), recante «Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale» (noto anche come «pacchetto Pisanu», dal nome del Ministro dell’interno proponente). Il Decreto, tra le altre disposizioni, prevede delle novità riguardo gli esercizi pubblici di telefonia e gli «Internet point»99.

Ai sensi dell’art. 7, a decorrere dall’entrata in vigore del provvedimento e fino al 31 dicembre 2007, per l’apertura di un pubblico esercizio o un circolo privato di qualsiasi specie la cui esclusiva o prevalente attività consista nel mettere a disposizione del pubblico, dei clienti o dei soci apparecchi terminali utilizzabili per le comunicazioni, anche telematiche, oppure in cui siano installati più di tre apparecchi terminali, è richiesta la licenza al questore, rilasciata – con il meccanismo del silenzio-assenso – entro 60 giorni100.

La licenza deve essere negata – ex art. 11 del Tulps - a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione, ovvero a colui che risulti sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.

La licenza è inoltre negata nel caso in cui l’interessato abbia ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità101.

Tale licenza non è necessaria nel caso di sola installazione di telefoni pubblici a pagamento, abilitati esclusivamente alla telefonia vocale.

Per gli esercizi già attivi detta licenza deve essere richiesta entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.

La disposizione citata prevede che, con apposito decreto, del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro delle comunicazioni e con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, saranno stabilite le misure che il titolare o il gestore sono tenuti ad osservare per il monitoraggio delle operazioni dell'utente e per l'archiviazione dei relativi dati, nonché le misure per l’acquisizione preventiva di dati anagrafici riportati su un documento di identità dei soggetti che utilizzano postazioni pubbliche non vigilate per comunicazioni telematiche, ovvero punti di accesso ad Internet utilizzando tecnologia senza fili.

Il controllo sull’osservanza di detto decreto attuativo – fatte salve le modalità di accesso ai dati previste dal codice di procedura penale e il codice della privacy - è demandato all'organo del Ministero dell'interno preposto ai servizi di polizia postale e delle comunicazioni.

osservare sono quelle stabilite dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 e dalla legge 25 agosto 1991, n. 287 o da eventuali altri provvedimenti comunali esistenti». E ciò anche nell’ipotesi in cui le attività siano svolte in suddivisioni interne del locale poiché – continua ancora il Ministero - «l’eventuale suddivisione dell’ambito spaziale, nel caso di attività diverse, non può consentire di derogare al regime dell’orario, che resta correlato a quello dell’attività prevalente».

99 Per un giudizio critico sulle disposizioni v. M. CAMMARATA, Così si limita la libertà dei cittadini, non dei terroristi; ID., Anti-terrorismo: troppi problemi per norme confuse ed inutili, in www.interlex.it.

100 Ai sensi dell’art. 7, comma 3, secondo e terzo periodo: «Si applicano in quanto compatibili le disposizioni dei capi III e IV del titolo I e del capo II del titolo III del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, nonché le disposizioni vigenti in materia di sorvegliabilità dei locali adibiti a pubblici esercizi. Restano ferme le disposizioni di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259.»

101 L’ autorizzazione deve essere revocata quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e può essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione. Può inoltre essere revocata o sospesa in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata.

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Con il D.M. 16 agosto 2005 è stata data attuazione alla suindicata disposizione102. Detto decreto prevede, anzitutto, che i titolari o gestori di un esercizio pubblico o di un

circolo privato nel quale sono poste a disposizione del pubblico (clienti o soci), apparecchi terminali utilizzabili per le comunicazioni, anche telematiche, sono tenuti ad adottare le misure fisiche o tecnologiche occorrenti per impedire l'accesso agli apparecchi a persone che non siano preventivamente identificate prima dell'accesso stesso o dell'offerta di credenziali di accesso, acquisendo i dati anagrafici riportati su un documento di identità, nonchè il tipo, il numero e la riproduzione del documento presentato dall'utente103.

Ovviamente andranno seguite le disposizioni del D.Lgs. n. 196/2003. In particolare, il gestore dell’Internet point (o dell’esercizio pubblico o circolo) assume anche la veste di “titolare” del trattamento dei dati raccolti, con i conseguenti obblighi:

a) deve rendere all’utente-cliente l’informativa di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 196/2003; b) deve informare che la raccolta ed il trattamento delle informazioni è previsto per legge

e, quindi, il consenso dell’interessato non è necessario. Il conferimento è quindi indispensabile per l’accesso ai servizi;

c) non è tenuto a notificare il trattamento dei dati al Garante, in quanto il trattamento di dati svolto da un fornitore di servizi dell’informazione non rientra tra quelli di cui all’art. 37 del D.Lgs. n. 196/2003;

d) deve provvedere alle misure di sicurezza (artt. 33 e 34 del D.Lsg. n. 196/2003) compresa la predisposizione del documento programmatio di sicurezza.

Per la raccolta delle informazioni sopra indicate ed il successivo monitoraggio, il decreto prevede, all’art. 2, l’adozione di misure necessarie a memorizzare e mantenere - con modalità che ne garantiscano l'inalterabilità e la non accessibilità da parte di persone non autorizzate - i dati relativi alla data ed ora della comunicazione e alla tipologia del servizio utilizzato, abbinabili univocamente al terminale utilizzato dall'utente, ad esclusione dei contenuti delle comunicazioni104. Per gli esercizi o circoli con non più di tre apparecchi terminali a disposizione del pubblico, il monitoraggio può essere effettuato anche mediante un apposito registro cartaceo con le pagine preventivamente numerate e vidimate dalla autorità locale di pubblica sicurezza ove viene registrato anche l'identificativo della apparecchiatura assegnata all'utente e l'orario di inizio e fine della fruizione dell'apparato.

Dette informazioni dovranno essere rese disponibili – anche per via telematica – al Servizio polizia postale e delle comunicazioni, quale organo del Ministero dell'interno preposto ai servizi

102 Il decreto, recante «Misure di preventiva acquisizione di dati anagrafici dei soggetti che utilizzano postazioni

pubbliche non vigilate per comunicazioni telematiche ovvero punti di accesso ad Internet utilizzando tecnologia senza fili, ai sensi dell'articolo 7, comma 4, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155» è stato pubblicato nella G.U. n. 190 del 17 agosto 2005. Si tenga presente che, ai sensi dell’art. 5, il decreto non si applica: a) ai rivenditori di apparecchi terminali o altri prodotti elettronici per le attività di prova svolte sotto la diretta vigilanza degli addetti alle dimostrazioni; b) all'offerta di servizio fax salvo che si utilizzino tecnologie a commutazione di pacchetto (voip); c) all'accesso alle reti telematiche attraverso apparati che utilizzano SIM/USIM attive sulla rete di telefonia mobile rilasciate ai sensi dell'art. 55 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259.

103 L’obbligo di identificazione riguarda – ex art. 4 – anche i soggetti che offrono accesso alle reti telematiche utilizzando tecnologia senza fili in aree messe a disposizione del pubblico. Qualora l’accesso riguardi postazioni per comunicazioni telematiche collocate in aree non vigilate, gli abbonamenti – mediante carte prepagate o gratuite – non potranno avere validità superiore a 12 mesi dall’ultima operazione di identificazione. Fanno eccezione le postazioni che consentono un accesso, mediante credenziali di accesso ad uso multiplo, utilizzabili esclusivamente ra plurimo dai frequentatori di centri di ricerca, università ed altri istituti di istruzione per i terminali installati all'interno delle medesime strutture. In questo caso la validità delle credenziali può arrivare fino al massimo di 5 anni (art. 3, comma 2).

104 Per le problematiche tecniche – e le difficoltà applicative della disciplina v. C. GIUSTOZZI, Internet point, istruzioni per l’uso e D. COLIVA, Quali obblighi per le attività ricettive, entrambi in www.interlex.it.

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di polizia postale e delle comunicazioni105, nonchè, in conformità al codice di procedura penale, all'autorità giudiziaria e alla polizia giudiziaria.

Queste condizioni di accesso devono essere comunicate al pubblico, anche in altre lingue oltre l’italiano.

Sulle questioni applicative legate alla disciplina sanzionatoria il Ministero dell’interno ha emanato una apposita circolare (29 agosto 2005 n. 557/PAS/12982D(22))106. Si ricorda, infine,

105 L'accesso del servizio polizia postale e delle comunicazioni può comprendere i dati del traffico telematico solo

se effettuato previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria in conformità alla legge in vigore. 106 Questo il testo della circolare: «Nel complesso delle misure recate dal decreto-legge n. 144 del 27 luglio 2005

per il contrasto del terrorismo internazionale, alcune fanno specifico affidamento sugli strumenti tipici della polizia amministrativa, appositamente istituiti o affinati allo scopo di renderne più mirate ed efficaci le potenzialità di prevenzione che ad essi sono proprie. Le misure all’uopo definite dagli articoli 7, 8 e 9 del provvedimento legislativo, straordinarie anche per la loro temporaneità e la loro specifica finalizzazione, implicano un approccio fortemente motivato ed attento degli Uffici e degli operatori di polizia ai risultati reali di prevenzione che si intendono conseguire, per cui le SS.LL. sono pregate di richiamare particolarmente l’attenzione del personale dipendente, anche per gli aspetti tecnicoamministrativi che di seguito si illustrano.

Art. 7 – Disciplina amministrativa degli esercizi pubblici di telecomunicazioni. – Disciplina della licenza. L’articolo 7 del D.L. n. 144 stabilisce che, a decorrere dal 17 agosto 2005 e fino al 31

dicembre 2007, “chiunque intende aprire un pubblico esercizio o un circolo privato di qualsiasi specie, nel quale sono posti a disposizione del pubblico, dei clienti o dei soci apparecchi terminali utilizzabili per le comunicazioni anche telematiche, deve chiederne la licenza al questore”. Con tutta evidenza l’articolo in questione non si applica ai servizi postali né ai servizi di telecomunicazione offerti all’utenza attraverso gli strumenti commerciali propri e, comunque, diversi dalle fattispecie specificamente indicate dallo stesso articolo. Esso, inoltre, espressamente esclude l’assoggettamento a licenza della mera “installazione di telefoni pubblici a pagamento, abilitati esclusivamente alla telefonia vocale”, sicché la tassatività dell’esclusione implica che la licenza occorre per l’offerta al pubblico - in esercizi commerciali aperti al pubblico o in circoli privati - di ogni altro servizio di telecomunicazione, compreso quello di trasmissione di dati in fac simile (fax), che utilizzi (come precisa il decreto interministeriale del 16 agosto corrente di cui si dirà appresso) tecnologia a commutazione di pacchetto (voip). Il comma 3 dello stesso articolo precisa che la licenza in parola, come non incide sulle attribuzioni del Ministero delle Comunicazioni in materia di servizi di telecomunicazioni, che rimane disciplinata dal decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, così neppure incide sulle attribuzioni degli Enti locali in materia di attività commerciali, sicché essa si configura come una licenza di polizia in senso stretto, di esclusiva competenza statuale, aggiuntiva sia rispetto ad ogni altra disciplina autorizzatoria (quale ad es., per i pubblici esercizi, quella prevista dall’art. 86 del Testo Unico delle leggi di P.S. e dall’art. 19 del D.P.R. n. 616 del 1977, o quella di cui alla legge n. 287/1991), sia rispetto alla dichiarazione di inizio di attività di cui all’art. 25 del predetto D. Lgs. n. 259/2003, che costituisce, anzi, il presupposto ineludibile per il legittimo esercizio delle attività ivi disciplinate.

Alla licenza di cui trattasi si applicano, per espressa indicazione dell’art. 7 del D.L. n. 144 in argomento, le disposizioni del Testo Unico delle leggi di P.S. concernenti: a) le autorizzazioni di polizia (Titolo I – Capo III), fra cui, particolarmente, quelle degli artt. (prescrizioni), 10 e 11 (condizioni per il rilascio, la sospensione e la revoca); b) i controlli e le sanzioni (Titolo I – Capo IV), e, particolarmente, l’art. 16 (controlli) e l’art. 17 (sanzioni penali); c) la disciplina generale dei pubblici esercizi (Titolo III – Capo II), fra cui, particolarmente, quelle degli artt. 92 (ulteriori condizioni di rilascio), 93 (conduzione tramite rappresentanza) e 100 (sospensione della licenza per motivi di pubblica sicurezza); e quelle corrispondenti del regolamento di esecuzione (fra cui gli artt. 152 e 153).

In conseguenza di quanto sopra, la domanda da inoltrare alla Questura, con le modalità indicate nella circolare ministeriale 11001/114/1 (2) Gab. del 16 agosto scorso, redatta in conformità al modello in all. 1, sarà corredata di copia della dichiarazione già inoltrata al Ministero delle Comunicazioni, secondo il modello prescritto dall’art. 25 del D. Lgs. n. 259, e di copia della documentazione di trasmissione. Per installazioni che non dovessero rientrare nel campo di applicazione del predetto art. 25, la domanda sarà acquisita con riserva di verifica presso il Ministero competente.

Analoghe modalità dovranno osservarsi per la regolarizzazione degli esercizi già operanti, per i quali il comma 2 dell’art. 7 consente di richiedere la licenza entro il 26 settembre 2005.

Si chiarisce che, fatti salvi gli esercizi già in funzione, la data di inizio delle attività oggetto della licenza questorile non potrà essere anteriore a quella di rilascio della licenza o dello scadere del termine di cui al comma 3 dell’art. 7 qui in commento (sessanta giorni dopo il ricevimento della domanda, come previsto dall’art. 2, comma 2, della legge n. 241/1990).

Ciò implica che entro lo stesso termine le Questure dovranno svolgere gli accertamenti di rito, con particolare attenzione ai profili di sicurezza, dandone comunicazione alla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, anche ai fini di un eventuale approfondimento informativo nelle sedi più appropriate, e, se trattasi di stranieri, alla Direzione Centrale della Polizia Criminale, al fine di un eventuale approfondimento attraverso i canali di scambio informativo con gli organi di polizia esteri.

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Page 39: CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA …...dalla disciplina del commercio – 5. Il D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 70, di recepimento della direttiva comunitaria 2000/31, sul commercio

che oltre alle sanzioni previste dal “Decreto Pisanu” si applicano anche le sanzioni riguardanti la violazione delle disposizioni della legge sulla privacy che, com’è noto, sono sia amministrative (art. 161 e ss.) che penali (art. 167 ss.).

Di converso, nel caso in cui la domanda sia presentata per il tramite di un Commissariato di pubblica sicurezza o

di un Comando territoriale dei Carabinieri, i predetti Uffici, verificata la completezza della documentazione, provvederanno a trasmettere rapidamente il carteggio alla Questura, corredato delle informazioni di competenza e segnalando le eventuali controindicazioni ai fini della sicurezza.

Nel rammentare che il diniego della licenza è suscettibile di ricorso gerarchico al Prefetto oltre che, ovviamente, di ricorso giurisdizionale, si richiama l’attenzione sull’esigenza che gli elementi addotti nella motivazione non arrechino pregiudizio alla riservatezza delle informazioni e degli atti comunque rilevanti sotto il profilo della sicurezza.

Ove le controindicazioni dovessero emergere successivamente e, comunque, in ogni altro caso in cui si verifichino successivamente le condizioni negative di cui all’art. 11 e all’art. 92 del TULPS, si provvederà in via di autotutela, anche a mente dell’ art. 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, informando anche il Ministero delle Comunicazioni per i provvedimenti di competenza.

- Decreto interministeriale 16 agosto 2005. Si richiama l’attenzione sul fatto che le attività disciplinate dall’art. 7 sono specificamente sottoposte alle disposizioni tecniche del decreto del Ministro dell’Interno di concerto con il Ministro delle Comunicazioni e con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, adottato il 16 agosto 2005 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del successivo 17 agosto, il cui testo è rinvenibile anche sul sito web di questo Ministero (www.interno.it); esse ineriscono principalmente:

- all’obbligo di identificazione delle persone che accedono ai servizi telefonici o telematici offerti; - alle misure che debbono essere adottate al fine di impedire l’accesso ai predetti servizi in assenza della previa

identificazione; - al monitoraggio degli accessi ed alla conservazione dei dati fino al 31 dicembre 2007, a disposizione degli

organi giudiziari e di polizia, come specificato nel medesimo decreto. Si rinvia, pertanto, al decreto medesimo, sottolineando che l’osservanza degli obblighi ivi prescritti prescinde dal

regime autorizzatorio delle attività esercitate e va quindi assicurata anche da parte di coloro che già svolgono le attività in argomento, indipendentemente dagli adempimenti di cui al comma 2 dell’art. 7. In particolare, gli obblighi di identificazione e registrazione devono essere assolti anche dagli esercenti attività ricettive, laddove vengano offerti alle persone ospitate servizi di connessione alle reti telefoniche e telematiche, anche se gratuiti, ma ciò non esclude che l’identificazione avvenga contestualmente a quella richiesta a norma dell’art. 109 del T.U. delle leggi di P.S.

- Disciplina dei controlli. Anche relativamente agli esercizi ed ai circoli interessati all’applicazione dell’art. 7 del D.L. n. 144 i controlli vanno effettuati ai sensi dell’art. 16 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza, a mezzo di ufficiali e agenti di pubblica sicurezza; va tuttavia sottolineato che l’accesso ai dati di registrazione e di monitoraggio specificamente indicati dal decreto interministeriale del 16 agosto è riservato, per espresse disposizioni dello stesso decreto (art. 1, comma 1, lettera e), e comma 2) e dell’art. 7 (comma 5) del D.L. n. 144, agli organi giudiziari o di polizia giudiziaria, secondo le norme del codice di procedura penale, nonché al personale della Polizia postale e delle comunicazioni specificamente designato, il quale potrà accedere ai dati del traffico telematico solo previa autorizzazione della competente autorità giudiziaria, secondo le norme vigenti.

Per completezza si aggiunge che l’esercizio delle attività qui in argomento in assenza di licenza, o in violazione degli obblighi ad esse inerenti, rientra fra le fattispecie previste e punite dall’art. 17 del Testo Unico delle leggi di P.S., appositamente richiamato, fra le disposizioni del Capo IV del Titolo I dello stesso T.U., dal comma 3 dell’art. 7 qui in commento. Conseguentemente, la polizia giudiziaria adotterà le misure previste dal codice di procedura penale per l’interruzione delle attività costituenti reato. Omissis…».

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