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Consiglio Nazionale dei Geologi 12 al 18 agosto 2017

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18/8/2017 Rassegna giurisprudenza. Lavori pubblici, la partecipazione delle Rti «sovrabbondanti»

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18 Ago 2017

Rassegna giurisprudenza. Lavori pubblici, lapartecipazione delle Rti «sovrabbondanti»a cura della redazione PlusPlus24 Diritto

Gara - Esclusione - RTI sovrabbondante - Divieto assoluto di esclusione - Non sussiste -Previsione di segnalazione all'A.G.CO.M. nella lex specialis - Legittimità. E' principio consolidato nella giurisprudenza del Consiglio di stato che nel nostro ordinamentonon esista alcuna regola o principio che imponga in assoluto l'esclusione del r.t.i.sovrabbondante, (ribadito anche dall'ANAC nel parere n. 114 del 21 maggio 2014) mentre èlegittima la previsione nella legge di gara che imponga la segnalazione del fenomeno all'AutoritàGarante della Concorrenza e del Mercato. Consiglio di stato, sez. 3, sentenza del 3 luglio 2017, n 3246

Gara - Esclusione - RTI sovrabbondante - Divieto espresso di costituzione – Insussistenza. Non si può disporre l'esclusione dalla gara un raggruppamento qualificabile comesovrabbondante che, in quanto tale, potrebbe comportare un effetto distorsivo dellaconcorrenza tenuto conto della dominanza che hanno le aziende associate poiché non sussisteun espresso divieto di costituzione delle c.d. ATI sovrabbondanti (cfr. sul punto, T.A.R. Lazio,sez. III 09 novembre 2016 n. 11092; III Quater 26/4/2016 n. 4741; Consiglio di Stato sez. III 05febbraio 2013 n. 689). Consiglio di stato, sez. III, 24 maggio 2017, n. 2452

Gara - Esclusione - RTI sovrabbondante - Definizione - Divieto generale - Non sussiste -Assenza di preclusione anche nella legge di gara - Violazione del principio di liberaconcorrenza - Prova - Necessità. Con riguardo al RTI sovrabbondante, la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. III, 12 febbraio 2013, n.842), ha indirettamente chiarito che un tale raggruppamento non è vietato in via generaledall'ordinamento, anche in considerazione del favor del diritto europeo alla partecipazione allegare ad evidenza pubblica anche dei soggetti riuniti, quale che sia la forma giuridica di taleaggregazione. E anche la lex specialis può non precludere tale tipo di raggruppamenti, costituitocioè da imprese in grado, già singolarmente, di soddisfare i requisiti economici e tecnici dipartecipazione, in conformità di quanto ritenuto sia dall'A.N.A.C. con il comunicato del 3settembre 2013 che dall'A.G.C.M. con la comunicazione del 23 dicembre 2014. Per escluderequindi una RTI sovrabbondante occorre dunque la prova che la partecipazione di taleraggruppamento abbia determinato un effetto anticoncorrenziale. Consiglio di stato, sez. 5, sentenza del 8 febbraio 2017, n. 560

Gara - RTI Sovrabbondante - Divieto - Non sussiste - Limiti. Se è vero che l'ordinamento in generale o la lex specialis in particolare, non vietano né lacosiddetta ATI anche sovrabbondante, né la costituzione di altre forme stabili di cooperazionequale quella consortile, è anche vero che l'uso di strumenti consentiti in via generale non è di

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per sé neutro ben potendo esserne apprezzato il concreto esito, anche e soprattutto alla luce delprincipio della tutela della concorrenza. Consiglio di stato, sez. 6, sentenza del 11 luglio 2016, n. 3047

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18/8/2017 «Sicurezza e sviluppo per rilanciare le periferie». Causin: «Serve un Piano Marshall»

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18 Ago 2017

«Sicurezza e sviluppo per rilanciare leperiferie». Causin: «Serve un PianoMarshall»Alessandro Arona

(nella foto: Andrea Causin, presidente della Commissione speciale Periferie della Camera dei deputati,in un campo Rom autorizzato a Torino, in una delle numerose visite della commissione nelle periferiedegradate d'Italia)

«Serve un piano Marshall per le periferie italiane: ci vivono circa 20 milioni di persone (traperiferie delle grandi città e altre aree marginali) e lì si concentrano problemi come ladisoccupazione giovanile, le difficoltà di integrazione con gli immigrati, il degrado edilizio esociale, il controllo della criminalità e i relativi fenomeni dello spaccio, della prostituzione distrada, del racket delle case popolari. Dobbiamo farne una priorità nazionale». A sostenerlo in questa lunga intervista è Andrea Causin, presidente della Commissionespeciale di inchiesta della Camera sulle periferie, dopo un anno di lavoro a Montecitorio e connumerosi sopralluoghi e visite nelle periferie più degradate d'Italia.

«A novembre - spiega Causin - presenteremo una relazione sulla nostra attività di inchiesta e undocufilm (che stiamo facendo insieme alla Rai), ma presenteremo anche un pacchetto diproposte concrete. Dobbiamo ad esempio rendere stabile un programa statale annuale sulleperiferie, con ingenti risorse (il piano periferie del governo da 2,1 miliardidi finanziamenti èstata un'ottima iniziativa, ma non basta). Poi servono misure di defiscalizzazione e aiuti allestart up, scegliendo con l'accordo della Ue specifiche aree degradate dove sperimentarle; poimisure di sostegno alle associazioni che sul territorio aiutano l'inclusione sociale; programmi diformazione innovativi, tarati sugli specifici territori di riferimentoe sulla loro economia (attualee potenziale); e anche un ripensamento sulla depenalizzazione fatta in questi anni di alcuni reatiminori, reati come spaccio di piccole quantità di droga, occupazioni abusive o ubriachezzamolesta, che nella percezione collettiva contribuiscono molto al degrado del vivere comune edelle periferie».

«Siamo partiti dall'idea delle banlieue di Parigi e Bruxelles - spiega Causin - zone povere abitateda una sola etnia, enclave a forte rischio radicalizzazione, ma in Italia il problema principaledelle periferie non è questo, anche perché il rischio di radicalizzazione islamica è fortementeattenzionato dalle nostre forze dell'ordine». «I problemi principali - prosegue Causin - sonoinvece l'asfissiante controllo della criminalità organizzata al Sud su attività economiche e casepopolari, con preoccupanti fenomeni nuovi come la mafia nigeriana della prostituzione nel nordItalia o le bande di sudamericani a Milano. E poi la disoccupazione (specie giovanile) el'emarginazione sociale, la forte concentrazione di anziani soli, immigrati, famiglie a rischio

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18/8/2017 «Sicurezza e sviluppo per rilanciare le periferie». Causin: «Serve un Piano Marshall»

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emarginazione. Il problema casa, che è riesploso negli ultimi anni, e la sua gestione quasiovunque inefficiente e fallimentare e il peso che in esso hanno forme diverse di criminalitàorganizzata. I campi Rom. La mancanza di servizi, pubblici e privati».

«Il Piano periferie del governo è stata un'ottima iniziativa - ribadisce Causin - ma ora servemolto di più, un vero "Piano Marshall", che non riguardi tutti i 120 capoluoghi ma solo leperiferie davvero più degradate, e che non premi i vecchi progetti tirati fuori dai cassetti, conl'obiettivo della "cantierabilità", ma spinga invece ad elaborare progetti più innovativi».

LA COMMISSIONE La Commissione monocamerale di inchiesta sulle periferie è stata costituita dalla Camera deideputati il 27 luglio 2016 con il compito di «verificare lo stato del degrado e disagio delle città edelle loro periferie, con particolare riguardo alle implicazioni socio-economiche e di sicurezza». L'oggetto della commissione - spiega la delibera istitutiva - è interdisciplinare: deve verificare lastruttura urbanistica delle periferie, lo stato delle infrastrutture e della mobilità;

ma anche le forme di povertà, marginalità e di esclusione sociale; le realtà produttive, ladisoccupazione, il lavoro sommerso, l'esclusione dal processo produttivo; la situazione deiservizi; la sicurezza e la criminalità; la presenza di immigrati e i problemi di integrazione. Presidente della Commissione è Andrea Causin, 45 anni, prima consigliere Pd in RegioneVeneto, poi eletto con Scelta Civica nel 2013 alla Camera, passato poi in Ap di Angelino Alfano,infine (il 20 giugno scorso), confluito nel gruppo di Forza Italia. Vice-presidenti sono Roberto Morassut (Pd) e Laura Castelli (M5S). Da noi sentiti, tutti e tre confermano un buon clima di collaborazione in seno alla commissione.

IL CONCETTO DI PERIFERIA Anche sulla scorta delle audizioni del presidente dell'Istat Giorgio Alleva e del capo della PoliziaFranco Gabrielli, Causin spiega che «le periferie non sono più in alcun modo identificabili solocome un luogo geografico, "lontano" dal centro città». Franco Gabrielli aveva spiegato che le trasformazioni urbane degli ultimi decenni hanno«cambiato anche la nozione di periferia, mettendo a nudo l'insufficienza dei criteri classici delladistanza dal centro e dell'esistenza di uno stato di marginalità sociale ed economica. Più diquesti fattori assumono oggi rilievo le condizioni della qualità urbana, misurata su parametriafferenti ai livelli di sicurezza, di fruibilità e di vivibilità e l'incidenza che su di essi possonoavere i fenomeni sia di degrado, quali la prostituzione da strada, sia criminali, quali lo spaccio disostanze stupefacenti. Il complesso di questi fattori sta all'origine delle dinamiche che portano lecomunità dei quartieri più in sofferenza a smarrire il senso di appartenenza alla città, intesacome luogo condiviso, dove si sviluppano organicamente i rapporti tra gruppi socialicaratterizzati da varietà di comportamenti e culture». Gabrielli ha aggiunto che in Italia nonsiamo ancora alle enclave monoetniche e monoculturali di Francia e Belgio, «ma ma ciò nontoglie che il rischio di una simile involuzione debba comunque essere preso in considerazione eche occorra adottare le misure necessarie affinché esso non si concretizzi».

Il presidente dell'Istat Giorgio Alleva, ha invece spiegato come l'Istat, sulla base del censimentodel 2011 ma anche (ove disponibili) di dati successivi, ha mappato le aree urbane delle grandicittà sulla base di 8 gruppi di indicatori: 1) Territorio: indicatori di periferia sono la maggiore densità abitativa, la maggiore incidenza diedifici post-2005 (indice di espansione edilizia), il degrado edilizio (percentuale edificiresidenziali in mediocre o pessimo stato di conservazione)2) Demografico: più alta incidenza di popolazione anziana, ma anche di ragazzi 0-14 anni; piùalta incidenza di stranieri.

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3) Istruzione: indice di non completamento della scuola dell'obbligo; indice (basso) di adulti condiploma e laurea. 4) Economia/lavoro: più basso tasso di occupazione e più alto tasso di disoccupazione. 5) Vulnerabilità sociale: percentuale Neet (incidenza di giovani 15-29 anni fuori dal mercato dellavoro e della formazione); indicenza famiglie con potenziale disagio economico; tasso di alloggiimpropri; indicatore di vulnerabilità sociale e materiale. 6) Valore immobiliare: stima del valore medio immobiliare. 7) Mobilità: indice di centralità (rapporto tra flussi pendolari in entrata e in uscita). 8) Servizi: bassa incidenza di addettiu ad attività creative e culoturali; pochi ospedali; pochi asilinido; offerta di servizi socio-educativi per l'infanzia rispetto alla domanda; indicatori dimancata affluenza scolastica, nei diversi ordini di scuole.

L'INTERVISTA A CAUSIN

Partiamo da qui, presidente, cosa sono le periferie, in Italia? La periferie non sono un luogo geografico. Sono luoghi dove si concentrano le marginalità, ildegrado delle case e degli spazi pubblici, le marginalità sociali, la disoccupazione, la solitudinedegli anziani, la conflittualità dove più alta è l'incidenza degli immigrati, la scarsa qualità deiservizi, e soprattutto al Sud il controllo da parte della criminalità organizzata. Gestiscono loro, alposto delle istituzioni, alcune pratiche, come l'accesso alle case popolari, e dunque leoccupazioni abusive. Anche a Roma esistono fenomeni di questo tipo, purtroppo, mentre alNord abbiamo - parlando di criminalità organizzata - l'espansione della mafia nigeriana chegestisce la prostituzione.

Quanto pesa il tema sicurezza sulle periferie? L'audizione del prefetto Gabrielli ci ha informato di una sensibile diminuzione del numero direati "violenti" in Italia negli ultimi anni, e del fatto che non c'è una sensibile differenza tra areecentrali e periferie. Questo grazie all'azione efficacie delle forze dell'ordine e all'effettodeterrente dell'operazione Strade sicure. Tuttavia c'è anche un'"illusione statistica" dovuta alladepenalizzazione di una serie di reati minori, come lo spaccio di piccole quantità, le occupazioniabusive, ubriachezza molesta. Penso che la commissione proporrà un ripensamento su questedepenalizzazioni.

Quali sono dunque, in base al lavoro della Commissione, i problemi più gravi delle nostreperiferie? La debolezza economica è un tema chiave, lo spopolamento di attività economiche, piccoleattività commerciali o artigianali. Ed è un tema che si intreccia con quello della criminalitàorganizzata, perché al Sud il peso asfissiante delle mafie impedisce la crescita dell'economia,specie nelle periferie. A Bari San Paolo, ad esempio, ci sono 50mila abitanti e praticamentenessuna attività economica. Poi c'è il problema della marginalità sociale, ad esempio a Milano ci sono quartieri dove un altotasso di anziani soli si trova a convivere con famiglie di immigrati, con problemi di integrazionee di incomprensione culturale. In questo un importante ruolo lo svolgono le associazioni chefanno "mediazione" sociale e culturale, e che vanno aiutate. Il problema "campi Rom" è diffuso, non solo da noi ma in molti paesi europei. Ad esempioabbiamo verificato che spesso i campi Rom gestiscono un traffico di smaltimento illegale dirifiuti (da qui i roghi tossici), che ovviamente viene alimentato anche da imprese gestite daitaliani, in genere piccole attività edili o artigianali. La soluzione qui può essere solo un fortecontrollo sulla legalità, da parte delle forze dell'ordine e della polizia locale, e un forte lavoro diintegrazione sui bambini, a partire dalla scuola. In molti casi la situazione rischia di degenerare,le vittime di reati o comunque il quartiere che subisce il degrado ha paura di denunciare.

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18/8/2017 «Sicurezza e sviluppo per rilanciare le periferie». Causin: «Serve un Piano Marshall»

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Le periferie, lo spiegava il presidente dell'Istat, si definiscono poi in particolare per un alto tassodi disoccupazione, per un'alta percentuale di dispersione scolastica e di gioveni che nonstudiano e non lavorano (Neet). Per il degrado edilizio e la più grave presenza del problemacasa.

Come metterete a frutto, come commissione, questo lavoro di inchiesta? A novembre presenteremo la relazione conclusiva, alla presenza del capo dello Stato, e anche undocu-film a cui stiamo lavorando insieme alla Rai. Insieme alla relazione faremo delle proposte:per le periferie italiane serve un vero e proprio "Piano Marshall", fatto di sicurezza, sviluppo eprogrammi speciali da rendere stabili.

Partiamo dal Piano periferie del governo Renzi, ora in attuazione con Gentiloni. Come logiudica onorevole Causin? Sicuramente un'ottima iniziativa, ma il tema ora è come renderlo strutturale, e come migliorareil coordinamento dei vari piani e dei vari soggetti statali e locali che operano sulle aree urbane.Un programma integrato statale va confermato, senza dubbio, servirebbe un piano decennale,con un bando ogni anno per selezionare i progetti. Però credo che finanziare tutti i 120capoluoghi di provincia sia sbagliato: le risorse andrebbero concentrare nelle cittàmetropolitane, o sulle aree davvero più degradate dei centri minori, altrimenti si rischia didisperdere le risorse. Un altro difetto del Piano Periferie 2016-2017 è stato poi di premiare iprogetti "cantierabili", il che ha spinto a svuotare i cassetti con i progetti già pronti, che spessoerano solo liste di opere pubbliche. Sicuramente ci sono stati progetti interessanti, frutto diintegrazione tra interventi fisici e interventi sociali, con il coinvolgimento attivo di enti eassociazioni, ma comunque è stato sbagliato finanziare tutti.

Dunque secondo lei cosa dovrebbe essere maggiormente premiato? Va premiata la co-progettazione, cioè il coinvolgimento di soggetti locali, soprattuttoassociazioni ed enti no profit, solo alcuni dei 120 progetto finanziati lo hanno fatto. Poiandrebbe allargato il raggio d'azione rispetto alla sola parte infrastrutturale, che finora haprevalso. Ci siamo resi conto che le associazioni hanno spesso un ruolo chiave nell'inclusionesociale, delle famiglie disagiate, dei giovani disoccupati, degli immigrati. Andrebbero aiutate efinanziate in modo più deciso e continuo. Ci sono stati alcuni casi virtuosi, mi sento di citareTorino, Milano, Bari.

Il sindaco di Roma Virginia Raggi e la vice-presidente della Commissione Laura Castelli(M5S) pongono un problema di scarsità di risorse da parte dei Comuni, soprattutto le grandicittà, in proporzione alla mole dei problemi che devono affrontare, che ne pensa? Il tema risorse non va sottovalutato... Ma quando si chiedono più soldi poi va fatto un patto, tra iComuni e lo Stato: bisogna impegnarsi a garantire un certo standard nei servizi, sia in termini dicosti (standard) che di qualità. I Comuni forse hanno pochi soldi, ma vengono spesso spesi male.Troppa gestione diretta dei servizi, poco coordinamento. Le gare dovrebbero essere secondo meil criterio giusto per assegnare la gestione dei servizi.

Torniamo ai problemi delle periferie. Citava quello dei campi Rom... Sì. Abbiamo scoperto che spesso gestiscono un traffico illecito di riufiuti, alimentato da piccoleattività industriali e artigianali che possono così liberarsene a costi irrisori. Come se ne esce?Solo con un rigoroso controllo della legalità (come fanno in Germania), e dall'altra partelavorando con progetti specifici per inserire i bambini e i ragazzi nella scuola e nelle società.

L'altro tema che citava è quello della disoccupazione, specie giovanile. Bisogna lavorare di più su progetti di formazione, legati al territorio e all'autoimprenditorialità.

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18/8/2017 «Sicurezza e sviluppo per rilanciare le periferie». Causin: «Serve un Piano Marshall»

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Bisogna scommettere molto sulla micro-imprenditorialità. Sapendo però che in quasi tutte leperiferie del Sud tutte le attività commerciali e imprenditoriali sono a rischio taglieggio.Secondo noi non si fa ancora abbastanza, e in alcune realtà, come Palermo, c'è una certaaccettazione del fenomeno, pensando che i veri problemi con la Mafia siano altri. Ma anche laquasi totale assenza di attività economiche al San Paolo di Bari, una "città" di 50mila abitanti,viene in qualche modo accettata come un fatto ineluttabile.

Cosa fare, dunque? Proporremo una de-fiscalizzazione delle periferie, scegliendo e ovviamente concordando con laUe un'applicazione selettiva ad alcune aree più degradate. Bisogna investire sullariqualificazione edilizia ma anche sul rilancio economico delle periferie. Ad esempio a Scampia,Napoli, c'è un progetto molto interessante: si demoliscono le "Vele", trasferendo gli abitanti sunuove palazzine. Ma come noto c'è un'umanità complessa, a forte disagio economico e sociale, ilpiano funzionerà solo se ci sarà anche l'integrazione sociale con il resto della città, e se si daràlavoro ai giovani. Al Sud, poi, bisogna investire sul turismo per dare lavoro ai giovani, settore che ha alta intensitàdi manodopera. Ma per far questo bisogna investire di più nella sicurezza del Sud, e favorireanche l'investimento di capitali esteri con la certezza dei tempi e delle procedure.

Il problema casa, spesso proprio nelle periferie esplode.... Sì, negli ultimi anni la domanda abitativa "sociale", delle fasce più deboli, è aumentata. A causadella crisi, e nonostante il calo demografico. I dati ufficiali sono quelli di Federcasa, 1,4 milioni diabitazioni sociali e 600mila famiglie aventi diritto. Il patromonio abitativo è però in generalegestito male, e se uno guarda i bilanci degli enti sono quasi sempre fallimentari. Ma non è fallitasolo la gestione economica, è fallito proprio il modello di gestione. Non solo per incapacità, maanche per problemi normativi. Quando si accetta che in una città come Roma ci siano 8.000alloggi occupati abusivamente, su circa 45mila occupanti regolari, c'è qualcosa che non va. Nonparliamo della Sicilia, poi... a Palermo non ci sono praticamente occupanti regolari. Con alloggiin gran parte gestite dalla criminalità. Che poi non vuol dire che quelle famiglie non siano incondizioni di bisogno, ma vuol dire che il criterio di ingresso in quegli immobili non lo dà loStato ma l'organizzazione criminale. Anche a Roma, d'altra parte, ci sono organizzazioni chegestiscono gli ingressi. La Mafia abbiamo stabilito che non esiste a Roma, ma ci sono micro-organizzazioni criminali di quartiere che gestiscono l'accesso alle case popolari e le occupazioni.Andammo a San Basilio dopo la vicenda di quella famiglia marocchina respinta dagli abitanti delpalazzo; si parlò di fenomeno razzista, ma il parroco ci spiegò che non era affatto così: il puntoera che secondo il capo palazzina quella famiglia non doveva entrare. L'aveva stabilito ilComune che doveva entrare, e ammettere che a decidere fosse il Comune avrebbe voluto diresovvertire una dinamica di potere e anche di micro-economia, perché poi sono i capi-palazzina,piuttosto che il Comune o l'Aler, a incassare gli affitti. E perché spesso nelle palazzine di casepopolari ci sono centrali dello spaccio.

Le forze dell'ordine si sono arrese, non solo a Roma, in generale? Nooo, le forze dell'ordine stanno facendo un buon lavoro, ma in alcune aree complicate ci sonopochi mezzi e poco personale. Comunque tornando alle Ater/Aler c'è ancora un ambiente moltoconservativo, la nostra impressione è che ci sia una microeconomia che campa intorno agli exIacp. Ci sono 1,4 milioni di case pubbliche ma anche 400mila immobili commerciali, è unpatrimonio immenso, ci deve essere un modo per gestirlo meglio! Molte case sono di qualità,eppure spesso i canoni sono bassissimi, la morosità è elevata, le case sono mal tenute e lasciateinutilizzate. Bisogna approfondire il tema di come valorizzare meglio e in modo più efficientequesto patrimonio.

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18/8/2017 «Sicurezza e sviluppo per rilanciare le periferie». Causin: «Serve un Piano Marshall»

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Da cosa è rimasto colpito nell'attività conoscitiva, nei sopralluoghi in giro per l'Italia cheavete fatto come commissione? Dalla vitalità delle associazioni, dei volontari. Nello sport, nel difendere le donne dalla violenza,nel recupero dei carcerati, anche nel rendere vivibili gli spazi pubblici. E poi nell'inclusionesociale delle fasce più deboli. Queste attività vanno aiutate, di più e con regolarità.

Veniamo dunque alle conclusioni.... Come accennavo a novembre presenteremo la relazione sul nostro lavoro e il docu-film, maanche un pacchetto di proposte che lasciamo al governo e al parlamento per aiutare le periferie.Stiamo lavorando in ottimo clima di condivisione all'interno della commissione, i vice-presidenti Morassut (Pd) e Castelli (M5S) sono colleghi di altissima qualità, e con legami solidicon i loro partiti di riferimento.

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18/8/2017 Moduli standard per il permesso edilizio, in Gazzetta l'accordo Stato-Regioni

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18 Ago 2017

Moduli standard per il permesso edilizio, inGazzetta l'accordo Stato-RegioniA.A.

Sono usciti come previsto in Gazzetta (sull'edizione del 16 agosto) l'accordo in Conferenzaunificata del 6 luglio scorso sull'aggiornamento dei moduli unici edilizia per la richiesta dipermesso di costruire, e i relativi allegati con i moduli standard concordati tra Stato e Regioni.

Ora le Regioni dovranno adeguare i loro moduli standard, pubblicandoli on line, entro il 30settembre prossimo, mentre (a valle) i Comuni dovranno adeguarsi entro il 20 ottobre.

Si veda il servizio del 7 luglio

Il testo dell'accordo

I moduli standard

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18/8/2017 Edilizia scolastica, Fedeli assegna altri 471 milioni e lancia bando Pon da 350 milioni

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18 Ago 2017

Edilizia scolastica, Fedeli assegna altri 471milioni e lancia bando Pon da 350 milioniAlessandro Arona

Il Ministro dell'Istruzione Valeria Fedeli ha ripartito nei giorni scorsi altri 471 milioni di europer l'edilizia scolastica. Si tratta di 321 milioni di euro a Province e Città metropolitane perantisismica, messa in sicurezza e antincendio; e 150 milioni alle Regioni per la realizzazione diPoli per l'infanzia.

Ieri invece il Miur ha messo on line il bando Pon Istruzione per assegnare 350 milioni di euroalle Regioni del Sud (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) per interventi diadeguamento sismico e alla normativa antincendio, per la messa in sicurezza e ilconseguimento dell'agibilità statica delle scuole.

Il Miur fa inoltre sapere che: - 105 milioni di euro sono stati stanziati per verifiche di vulnerabilità sismica nelle zonesismiche 1 e 2, quelle a maggior rischio;- altri 7,5 milioni sono stati assegnati, con un decreto firmato dalla Ministra Valeria Fedeli, perle verifiche sui solai, attraverso lo scorrimento della graduatoria di priorità esistente;- è in corso di pubblicazione l'anagrafica dei responsabili della sicurezza nelle scuole.

«Un pacchetto di cinque azioni - commenta il Miur - che chiude l'avvio dei 10 prossimi passi perl'edilizia scolastica annunciati il 18 luglio scorso, in conferenza stampa, dalla Ministradell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Valeria Fedeli».

BANDO PON DA 350 MILIONI Volto principalmente a far fronte alle esigenze di messa in sicurezza e riqualificazione degliedifici pubblici che ospitano le scuole, secondo criteri di sostenibilità ambientale, sicurezza einclusione sociale, i fondi del Bando PON da 350 milionisaranno così ripartiti tra cinqueRegioni: Sicilia (115,220 milioni di euro), Campania (101,815 milioni), Puglia (62,755 milioni),Calabria (53,655 milioni) e Basilicata (16,555 milioni). Nello specifico, gli Enti locali potrannospendere i finanziamenti ricevuti per adeguamento e miglioramento sismico delle scuole,interventi volti all'ottenimento dell'agibilità, bonifica dell'amianto e di altri agenti nocivi,accessibilità e superamento delle barriere architettoniche, efficientamento energetico,attrattività degli edifici scolastici. Possono presentare richiesta di finanziamento gli enti locali proprietari degli edifici pubbliciadibiti ad uso scolastico statale delle 5 regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania,Puglia e Sicilia). Le richieste di accreditamento all'apposito portale (articolo 10 del bandoi) vannofatte entro il 28 settembre, poi la presentazione delle domande tra il 18 ottobre e il 30 novembre. Nei criteri di valutazione saranno assegnati al massimo 18 punti/100 alla cantierabilità (progettoesecutivo), mentre gli altri fattori sono legati a parametri di "fabbisogno" scolastico e ad altri di

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18/8/2017 Edilizia scolastica, Fedeli assegna altri 471 milioni e lancia bando Pon da 350 milioni

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fabbisogno edilizio (articolo 14).

RIPARTITI 321 MILIONI PER MESSA IN SICUREZZA Dei 321 milioni di euro destinati a Province e Città metropolitane per antisismica, messa insicurezza e antincendio, la quota maggiore andrà alla Campania (48 milioni), seguita dall'EmiliaRomagna (29,8 milioni), dalla Calabria (27,5 milioni) e dalla Lombardia (25 milioni). Lostanziamento è stato presentato in occasione dell'ultima Conferenza Unificata (in allegato latabella completa con la ripartizione regionale).

RIPARTITI 150 MILIONI PER POLI D'INFANZIA È stato firmato il 28 luglio scorso dal Ministro Fedeli il decreto diriparto dei 150 milioni di eurodi risorse Inail per il triennio 2018-2020, che le Regioni potranno utilizzare per la realizzazionedi Poli per l'infanzia, previsti dal decreto attuativo della Buona Scuola relativo al potenziamentodel sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni. I Poli per l'infanzia sono pensati per potenziare la ricettività dei servizi e sostenere la continuitàdel percorso educativo e scolastico di tutte le bambine e di tutti i bambini. In un unico plesso oin edifici vicini, sorgeranno, grazie alle risorse ripartite, più strutture di educazione e diistruzione per bambine e bambini fino ai sei anni, per offrire esperienze progettate nel quadrodi uno stesso percorso educativo, in considerazione dell'età. La distribuzione di risorse è stataeffettuata sulla base della popolazione scolastica 0-6, secondo dati Istat, e sul numero di edificigià presenti con riferimento alla fascia di età 3-6 anni. Obiettivo: favorire la realizzazione dinuovi Poli in quelle aree in cui è maggiore la domanda e poche sono le strutture disponibili. Ildecreto definisce i criteri per l'acquisizione delle proposte progettuali da parte delle Regioni. Siail riparto che i parametri per l'individuazione dei criteri sono stati concordati con Regioni, Anci eUpi e approvati all'interno dell'Osservatorio per l'edilizia scolastica, il 21 giugno scorso.

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18/8/2017 Rassegna giurisprudenza. Distanze tra fabbricati: la parete deve essere finestrata

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17 Ago 2017

Rassegna giurisprudenza. Distanze trafabbricati: la parete deve essere finestrataa cura della redazione PlusPlus24 Diritto

Distanze tra fabbricati e costruzioni – Violazione - Portico - Non sussiste - Diniego disanatoria - Illegittimità - Per omessa interpretazione complessiva del piano regolatorecomunale E' illegittimo il diniego di sanatoria di due porticati per insufficiente distanza dai confini diproprietà in quanto spazi non liberi, ancorché non chiusi se, da una corretta e obbligatainterpretazione complessiva del piano regolatore comunale, l'unico che deve farsi caricod'individuare in modo conforme alla normativa di rango superiore, i manufatti come quelle delcaso di specie, risultino irrilevanti ai fini dell'obbligo di rispetto delle distanze sia perché privi di"sovrastanti corpi chiusi" sia in quanto non qualificabili come "fabbricato" o "costruzione" nonessendo computabili quali volumi urbanistici o superfici lorde di pavimento (SLP) Consiglio di stato, sez. 6, sentenza del 10 luglio 2017, n. 3383

Distanza tra fabbricati e costruzioni - Distanza minima - Dieci metri - Art. 9 DM n. 1444 del1986 - Pareti finestrate - Finalità igienico-sanitarie - Norma imperativa ed inderogabile -Potere discrezionale del GA in termini di applicabilità - Non sussiste La condizione indispensabile per potersi applicare il regime garantistico della distanza minimadei dieci metri tra edifici di cui all'art. 9 del D.M. n.1444 del 1968 è data dal fatto che esistano duepareti che si fronteggiano di cui almeno una è finestrata, indipendentemente che tale parete siaquella del nuovo edificio o dell'edificio preesistente e come costantemente affermato dallagiurisprudenza la disposizione contenuta nell'art. 9 del D.M. ha carattere inderogabile. Si tratta,infatti, di norma imperativa, la quale predetermina in via generale ed astratta le distanze tra lecostruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e disicurezza, di modo che al giudice non è lasciato alcun margine di discrezionalitànell'applicazione della disciplina in materia di equo contemperamento degli opposti interessi(cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 novembre 2010 n. 7731; sez. IV, 5 dicembre 2005, n. 6909). Consiglio di stato, sez. 4, sentenza del 23 giugno 2017, n. 3093

Distanze tra fabbricati e costruzioni - Art. 9 DM 2 aprile 1968, n. 1444 - Norma imperativa einderogabile - N.T.A. del Piano regolare Generale - Nuove costruzioni - Zona B. Le norme del N.T.A. del P.R.G. non possono derogare alle distanze legali stabiliteimperativamente dall'art. 9 del decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (emanato inesecuzione dell'art. 41-quinquies della l. 17 agosto 1942, n. 1150, a sua volta introdotto dall'art. 17della l. 6 agosto 1967, n. 765) per i casi di nuova costruzione in zone "B" di completamento. Consiglio di stato, sez. 4, sentenza del 25 maggio 2017, n. 2453.

Distanze tra fabbricati e costruzioni - Edifici già esistenti - Sopraelevazione - Nuovacostruzione - Permesso di costruire - Legittimità - Operatività dell'art. 9 Dm 1444/1968 - Dal

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18/8/2017 Rassegna giurisprudenza. Distanze tra fabbricati: la parete deve essere finestrata

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momento del rilascio del titolo edilizio - Presupposti - Due pareti di cui una finestrata -Finestre qualificabili come vedute. Le norme del DM 1444/1968, poste a tutela dell'interesse pubblico all' ordinato sviluppodell'edilizia nonché alla salute dei cittadini al fine di evitare il prodursi di intercapedini malsanee lesive della salute degli abitanti degli immobili, sono tassative ed operano al momento delrilascio del titolo edilizio a prescindere dalla distanza tra abitazioni già esistenti. In tema diillegittimo rilascio di permesso di costruire va dunque verificato se il provvedimento risultiadottato in violazione della norma di diritto pubblico in tema di distanze, nel senso che il nuovomanufatto si ponga in contrasto con le finalità di tutela dell'interesse pubblico al quale la normaè teleologicamente orientata. Quindi se il permesso riguardi una "nuova costruzione", (nel casodi specie: una sopraelevazione di fabbricato già esistente) ai fini del rispetto della distanza di 10metri imposta dal DM n. 1444/1969 deve computarsi con riferimento ad ogni punto deifabbricati e non anche alle sole parti che si fronteggiano, presuppone la presenza di due "pareti"che si fronteggiano, delle quali almeno una finestrata o più precisamente, "pareti munite difinestre qualificabili come vedute". Consiglio di stato, sez. 4, sentenza dell'08/05/2017, n. 2086

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18/8/2017 Legge concorrenza in Gazzetta, dal 29 agosto preventivo per i professionisti

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17 Ago 2017

Legge concorrenza in Gazzetta, dal 29 agostopreventivo per i professionistiA.A.

È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale datata 14 agosto la Legge annuale per il mercato e laconcorrenza (che in realtà, come noto, giaceva in Parlamento da oltre due anni). Le nuove norme entreranno in vigore dal 29 agosto prossimo.

Per le materie di interesse di questo periodico le principali novità riguardano l'obbligo dipreventivo scritto per tutti i professionisti e la norma che fa salvi i contratti firmati dal 1997 dallesocietà di ingegneria.

Si vedano

IL TESTO DELLA LEGGE

IL SERVIZIO CON LE NOVITA' PER L'EDILIZIA

IL DOSSIER SENATO SUL TESTO FINALE

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18/8/2017 Post-sisma, il nodo sono le macerie: solo il 10% rimosso, «ci vorrà un anno e mezzo»

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15 Ago 2017

Post-sisma, il nodo sono le macerie: solo il10% rimosso, «ci vorrà un anno e mezzo»Michele Romano

ARQUATA DEL TRONTO

Sgomberare 5,5 tonnellate di macerie che bloccano gli 87 comuni marchigiani del cratere comecondizione unica per avviare la ricostruzione sociale ed economica dei territori colpiti dal sisma2016. «Si tratta di un’area dove si concentrano le maggiori criticità delle Marche – spiega SimoneMariani, presidente di Confindustria Centro Adriatico -, acuite, come se non bastasse, dagliultimi effetti devastanti del terremoto». C’è un’economia industriale che cresce dello zerovirgola, «mentre le scosse hanno fatto terra bruciata intorno a migliaia di piccole aziende,soprattutto del commercio, del piccolo artigianato e dell’agricoltura, che chiedono di tornare aoperare velocemente», racconta il presidente della camera di commercio ascolana, GinoSabatini. Preoccupa il tasso di disoccupazione, che solo nel Piceno si è attestato al 14,8% rispettoalla media regionale del 10,6%, mentre quello dei giovani è arrivato al 42,6% contro il 31% dellamedia regionale.

La zona franca, che fino al 31 gennaio consentirà alle nuove imprese di ottenere l’esenzionefiscale per il primo biennio di attività, contribuisce a rendere più attrattivo il territorio, ma per leaziende locali, le priorità sono altre: semplificazione e, soprattutto, rimozione delle macerie.Anche perché, fa notare Mariani, «c’è una batteria significativa di interventi finanziari e fiscaligià operativi o che verranno attivati nei prossimi mesi». Fino a oggi, solo la Regione Marche hadato il via libera a quattro piani delle opere pubbliche (sono oltre 2.000 quelle danneggiate perla cui ricostruzione è necessario un importo di 1,7 miliardi, ndr.) per un totale di 332 milioni dieuro: «Investimenti senza precedenti nella storia dei terremoti – dice il presidente LucaCeriscioli -, soprattutto a dieci mesi dal sisma». I primi due stralci sono stati appena approvatidalla cabina di regia nazionale: il primo prevede 100 interventi (80 nell’area del cratere, 20all’esterno), con un investimento complessivo di 127,9 milioni; il secondo, finanziato con 27milioni, per realizzare 312 alloggi, di cui 96 posti letto per gli studenti dell’Università diCamerino. La Regione, inoltre, ha redatto due piani ad hoc per le scuole da circa 187 milioni.

Ma si costruisce se vanno via le macerie. Secondo una stima della Regione Marche, tra gli 87comuni marchigiani del cratere, ci sono 1,1 milioni di tonnellate di macerie relative alle soleopere pubbliche (il 60% nel maceratese), più altre 5 milioni di tonnellate degli edifici privati;finora, però, ne erano state rimosse circa il 10% grazie a un’azione che da qualche settimana sisvolge con turni senza interruzione nell’arco della giornata.

Per le demolizioni e la rimozione delle macerie è al lavoro il genio civile: un centinaio di militari,il cui numero aumenterà nei prossimi giorni per diventare una task force capace di accelerare leoperazioni, che – secondo una stima di Confindustria e Confartigianato Macerata – sicompleterà «non prima della fine del 2018». Quello che non piace alle due associazioni, allequali si è unita la Fondazione Symbola, è il modello «fortemente centralizzato» su due unici siti,

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distanti fino a 70 chilometri dai comuni interessati. Da qui la proposta di un sistema pubblico-privato, che vada oltre l’intervento dell’esercito («verso il quale c’è massima gratitudine»),evitando quello che il direttore di Confindustria Macerata, Gianni Niccolò, definisce «schiaffo alsistema economico locale» . «Vanno utilizzate le imprese locali specializzate», spiega CarloResparambia, presidente di Ance Macerata, che invoca anche «la riattivazione delle cavedismesse su tutto il territorio». Una soluzione che dovrà comunque rispettare le disposizioni e leprocedure che oggi valgono per il sito temporaneo già individuato, «gestendo la filiera dellemacerie direttamente sul luogo e con l’obiettivo del suo riutilizzo, una volta frantumate etrattate, nelle fasi della ricostruzione post-sisma».

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18/8/2017 Sconti fiscali/2. Realacci: «Lavoriamo per prorogare ed estendere lo strumento dal 2018»

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15 Ago 2017

Sconti fiscali/2. Realacci: «Lavoriamo perprorogare ed estendere lo strumento dal2018»Giorgio Santilli

«Credo si sia capito, anche nel governo, che se una più forte ripresa dell'occupazione ci sarà,verrà dall'edilizia e dalla sua riconversione». Il presidente della commissione Ambiente e lavoripubblici della Camera, Ermete Realacci, ricorda che il Rapporto Cresme-Symbola stima in416mila i posti di lavoro creati nel 2016 dagli incentivi fiscali al recupero edilizio e allariqualificazione energetica. Lo strumento fiscale ha contribuito a contenere gli effettidrammatici della disoccupazione nel settore delle costruzioni dove si sono persi comunque oltre500mila posti di lavoro.

Realacci rilancia, in vista della discussione della legge di bilancio, preceduta tradizionalmente damozioni parlamentari che su questi temi spesso sono votate all'unanimità, alcune correzioni chedovrebbero rafforzare gli sgravi fiscali e potenziarne gli effetti sulla via della riqualificazione delsettore. Come fa anche il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, Realacci ricorda chealcune di queste estensioni erano già state concordate per entrare nella legge di bilancio 2017ma alcune difficoltà "tecniche" nell'iter parlamentare avevano poi impedito agli emendamenti diessere posti in votazione.

Al primo posto c'è, ovviamente, il tema della proroga degli incentivi in scadenza al 31 dicembrema su questo c'è ottimismo. «Mi pare - dice Realacci - che, a differenza di qualche anno fa,ormai nessuno metta più in discussione la validità e l'utilità dello strumento, sia in terminicongiunturali che di capacità di trasformazione del settore».

Diverso è il tema della stabilizzazione che probabilmente anche quest'anno non passerà. Gliesponenti Pd che lavorano su questo tema - Realacci e Delrio in prima battuta - e hannoinfluenza su Palazzo Chigi preferiscono quest'anno concentrarsi sulle estensioni dellostrumento.

La prima proposta è l'estensione ai lavori di smaltimento dell'amianto dell'ecobonus al 65%. Èuna delle proposte che Realacci aveva già avanzato lo scorso anno.

La seconda è l'estensione della platea per ecobonus e sismabonus, i due strumenti piùinnovativi, in particolare nei condomini e negli edifici di edilizia residenziale pubblica. Qui lasintonia con Delrio è totale. Si punta cioè, sui condomini, ad affinare e allargare la cedibilità delcredito alle imprese già sperimentata parzialmente. Per quanto riguarda l'edilizia pubblica, sitratterebbe di una estensione pura e semplice.

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18/8/2017 Sconti fiscali/2. Realacci: «Lavoriamo per prorogare ed estendere lo strumento dal 2018»

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La terza direzione di sviluppo è quella più nuova e interessante. «Bisogna applicare - diceRealacci - lo sgravio del 50% anche agli investimenti nel verde urbano e più in generale neilavori che garantiscono il recupero di qualità e bellezza nelle città». Di più Realacci non dice maallo studio c'è un pacchetto di misure che va in questa direzione.

Resta la grande sfida, su cui più volte anche l'Ance ha avanzato proposte, di estendere lostrumento a grandi operazioni di riqualificazione urbana. C'è una larga convergenza, inprospettiva, su questo utilizzo ma la legge di bilancio di fine legislatura non sembra l'occasioneper affermarlo.

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18/8/2017 Sconti fiscali all'edilizia/1, anche nel 2017 si viaggia verso i 28 miliardi di euro

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15 Ago 2017

Sconti fiscali all'edilizia/1, anche nel 2017 siviaggia verso i 28 miliardi di euroGiorgio Santilli

Anche quest'anno gli incentivi fiscali per i lavori in casa porteranno investimenti al settoredell'edilizia (e spese da parte dei cittadini) per almeno 28 miliardi, come già è stato nel 2013, nel2014 e nel 2016 (il 2015 si era fermato poco sopra i 25 milairdi), da quando cioè le percentuali disgravio Irpef sono state aumentate al massimo livello storico del 50% per le ristrutturazioni"semplici" e al 65% per il risparmio energetico. Dal 1° gennaio scorso funziona anche ilsismabonus allargato, più difficile da monitorare, ma al momento gli effetti di questa nuovaagevolazione sembrano molto limitati. L'incentivo sulle ristrutturazioni e sul recupero edilizio semplice festeggerà nel 2018 i 20 annima già in queste settimane segna un record storico che la dice lunga sulla popolarità presso icittadini italiani di uno dei pochi strumenti fiscali diffusi usati con successo a fini di crescita.Siamo infatti arrivati a 15 milioni di domande di sgravio da quando, nel 1998, il governo Prodilanciò l'agevolazione. A fine 2016 eravamo a 11.447.400 domande presentate per il recuperoedilizio semplice e 2.780.177 domande per la riqualificazione energetica, strumento che è partitonel 2007. In tutto più di 14 milioni e 257mila di domande con un ritmo annuale che supera ilmilione e 600mila domande. Ora siamo a 12 milioni di richieste per i lavori semplici e a 3 milioniper le riqualificazione energetiche. A fine 2017 si potrebbero toccare complessivamente i 15,6-15,7 milioni di domande. Anche quest'anno, in vista della legge di bilancio, come fu lo scorso anno, ripartiràprobabilmente in Parlamento e nel governo il dibattito fra proposte di stabilizzazionedell'incentivo e semplice proroga per un altro anno. Il ministro delle Infrastrutture, GrazianoDelrio, chiederà nuovamente una «stabilizzazione» della misura, sapendo che la discussione conil Mef su questo punto è tutt'altro che in discesa. Il ministro confida comunque «almeno in un allargamento del sismabonus agli edificidell'edilizia residenziale pubblica»: sarà questa, evidentemente, la sua priorità. Una norma cheera stata proposta anche nella scorsa legge di bilancio ma non era poi entrata per una serie diintoppi nel percorso parlamentare della finanziaria. Secondo il ministro si può attivare in questomodo «un volano importante di investimenti mettendo in attuazione uno strumento chealtrimenti fa fatica a decollare». Un robusto intervento pubblico sul tema della prevenzione sismica può aiutare, in effetti, ildecollo di un mercato che sul fronte privato fa fatica. Delrio continua anche la sua campagna disensibilizzazione sul fatto che chi vive in una casa fuori norma ha più probabilità di restarevittima di crolli in caso di terremoti. Dalle elaborazioni del Servizio studi della Camera, realizzate in collaborazione con il Cresme sudati dell'Agenzia delle Entrate e del Mef, si confermano nei primi mesi del 2017 i livelli record dispesa dell'anno precedente. I valori delle ritenute d'acconto (pari all'8%) fatte sui bonifici bancaridi pagamento delle imprese e dei professionisti da parte dei committenti sono stati pari a 743milioni nel periodo gennaio-maggio 2017 contro i 751 milioni dello stesso periodo del 2016.

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18/8/2017 Sconti fiscali all'edilizia/1, anche nel 2017 si viaggia verso i 28 miliardi di euro

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Da questi dati il Cresme calcola il valore complessivo (Iva conclusa) dei lavori effettuati cherisulta pari a 11,33 miliardi nel periodo gennaio-maggio 2017 contro gli 11,45 miliardi dellostesso periodo del 2016. La variazione è dell'1,1% in negativo ma non dovrebbe incidere molto -se i dati saranno confermati nei mesi successivi a maggio - sul risultato di fine anno che nel2016 toccò i 28,24 miliardi di lavori.

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18/8/2017 Correttivo alla prova: l'obbligo di indicare la terna dei subappaltatori rischia di frenare il mercato

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15 Ago 2017

Correttivo alla prova: l'obbligo di indicare laterna dei subappaltatori rischia di frenare ilmercatoEdoardo Bianchi (vice-presidente Ance nazionale) e Giorgio Mainini (vicepresidente Assimpredil Milano)

Finalmente un aumento dei bandi di gara di lavori pubblici! Ma la soddisfazione delle impreseper questa inversione di tendenza, dopo mesi di stallo, dura il tempo della lettura degli atti digara. Difficoltà interpretative, clausole farraginose e, soprattutto, comportamenti disomogenei da unastazione appaltante all'altra rendono estremamente difficoltosa l'attività delle aziende,impegnate più di prima ad approcciare i bandi e a predisporre la relativa documentazione. Tutto questo in nome della semplificazione che avrebbe dovuto rappresentare il filo conduttoredella riforma degli appalti.

L'argomento che oggi più di tutti crea difficoltà operative , talvolta insormontabili , e che stacreando un preoccupante malcontento tra gli associati è quello del subappalto.

Ormai digerito – anche se a fatica-il limite del 30% dell'importo complessivodell'appalto (ma conla speranza in un intervento della Comunità europea) , il vero nodo è rappresentato dallaindicazione della terna dei subappaltatori .

Le imprese lamentano, innanzitutto la difficoltà ad individuare operatori disponibili ad esseredesignati quali subappaltatori. La disposizione introdotta dal "correttivo" , che impedisce a chiabbia partecipato alla gara di assumere la qualifica di subappaltatore, pone le aziende davantiall'interrogativo: partecipo alla gara o faccio il subappaltatore?

In genere viene privilegiata la prima scelta, anche perché il ruolo e le percentuali dell'appaltatoresono più interessanti. Questo comporta però un reale ostacolo a trovare soggetti disponibili a farparte della terna. Questo è ancora più evidente per alcuni settori specialistici con poche, grandiaziende (ascensori ad esempio) .

Problemi operativi gravi anche per assolvere l'obbligo di produrre in gara le dichiarazioni deisubappaltatori sull'assenza di motivi di esclusione (art. 80). I tempi previsti per lapresentazione dell'offerta non sono quasi mai compatibili con il reperimento dei subappaltatoriprima e, poi, con la predisposizione di tutta la loro documentazione, che i subappaltatoririlasciano con difficoltà .

Bisogna inoltre rimarcare al riguardo che la terna di subappaltatori è richiesta non per ogniappalto, ma per ogni categoria omogenea richiesta nel bando e qui si dispiega la fantasia delleAmministrazioni. Nonostante la norma di legge sembri riferirsi alla categoria prevalente e alle

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18/8/2017 Correttivo alla prova: l'obbligo di indicare la terna dei subappaltatori rischia di frenare il mercato

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scorporabili, molte stazioni appaltanti richiedono la terna anche per ogni lavorazionigenericamente indicata negli atti di gara. Siamo arrivati al paradosso di imprese costrette a produrre in gara ben 27 documenti disubappaltatori !!!

Last but not least : l'interpretazione e l'attuazione pratica dell'obbligo di indicare la terna deisubappaltatori per le attività ad alto rischio di infiltrazione mafiosa . Anzi, buona parte dei problemi nascono proprio dall'interpretazione di questa norma. Infatti se l'obbligo di indicare la terna fosse limitato al soprasoglia, le difficoltà riguarderebberouna parte limitata e ben identificata di bandi. L'estensione della terna ai settori ad alto rischio di mafia, di fatto, estende l'obbligo a gran partedegli appalti. Il Comune di Milano, ad esempio impone l'indicazione dei subappaltatori in gara in presenza diappalti che, indipendentemente dall'importo, riguardano strade ( in OG3), perché connessi con ilmovimento terra e con le attività rilevanti di cui alla Legge 190/2012. Ci sono poi stazioni appaltanti (e sono tante) che interpretano la norma nel senso che deveessere indicata la terna per ogni attività che rientra nell'elenco della citata legge 190, anche senon è tecnicamente un subappalto o contratto similare. Ad esempio chiedono la terna per i nolia freddo o le forniture di calcestruzzo e di bitume. E' comprensibile l'esasperazione delle imprese per un aggravio insopportabile di lavorosoprattutto perché tale aggravio non appare supportato da alcuna logica motivazione. Nessuno,beninteso, vuole evitare i controlli: si facciano seriamente al momento della richiesta diautorizzazione ! Al contrario, l'indicazione della terna oltre a non servire a nulla, favorisce, inevitabilmente, lacircolazione di informazioni sulle aziende in procinto di partecipare alla gara …

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18/8/2017 Ingegneria e architettura, agosto boom: 184 bandi per 54 milioni di euro

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15 Ago 2017

Ingegneria e architettura, agosto boom: 184bandi per 54 milioni di euroAlessandro Arona

È un agosto boom per i bandi di progettazione. Non si tratta ancora delle consuete esistematiche statistiche elaborate da Oice e ordine degli ingegneri, ma contando i bandi perprogettazione architettonica e ingegneristica e servizi di ingegneria e progettazione si arriva a184 avvisi pubblicati dall'1 al 14 agosto, per un valore a base d'asta di 54 milioni di euro.

Spicca il bando dell'Ente ospedaliero Galliera di Genova, per la progettazione definitiva,coordinamento sicurezza e direzione lavori (con opzione di affidamento della progettazioneesecutiva) per la realizzazione del Nuovo Ospedale Galliera, variante 1, primo lotto, concompenso di 9,249 milioni di euro.

Poi i 12 lotti Anas, per un valore totale di 8 milioni di euro, per affidare accordi quadro diverifica della progettazione di lavori di importo sotto i 20 milioni di euro (8 bandi da 500milaeuro l'uno) e sopra i 20 milioni (4 bandi da un milione l'uno).

Maxi bandi anche dal Comune di Napoli (due lotti da 3,89 e 1,55 milioni di euro), anche se unpo' particolari: servizio di assistenza tecnica, specialistica e gestionale ai progetti finanziati avalere sul POR FESR Campania 2014-2020 e sul Patto per la Città di Napoli FSC 2014-2020.

Servizi di ingegneria ambientala dall'Eni, tre lotti per circa 6 milioni di euro.

Il Ministero dell'Economia manda in gara la progettazione della Cittadella della Giustizia aNapoli, 1,253 milioni di euro.

Il Ministero Beni culturali affida invece la la progettazione esecutiva, coordinamento dellasicurezza e direzione lavori" per il rilancio del "Museo Archeologico Nazionale di Napoli -MANN. Compenso: 2.372.696 euro.

Interessanti i tre bandi, per complessivi 1,317 milioni di euro, del Commissario Straordinarioper la realizzazione degli interventi nel settore fognario e depurativo nella Regione Sicilia (cheopera presso la Sogesid Spa, a Roma), per il rifacimento di progetti nel settore fognario edepurativo (molti altri bandi del Commissario sono usciti nel mese di luglio).

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18/8/2017 Il decreto Sud in Gazzetta: proroga per il post-terremoto, fondi alla A24 e ai tribunali

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15 Ago 2017

Il decreto Sud in Gazzetta: proroga per ilpost-terremoto, fondi alla A24 e ai tribunaliE.T.

Ecco il testo del decreto legge Mezzogiorno, 20 giugno 2017, n. 91, coordinato con la legge diconversione 3 agosto 2017, n. 123, uscito in Gazzetta il 12 agosto 2017 e dallo stesso giorno invigore.

Più tempo per le richieste di accesso ai contributi per le case lievemente danneggiate: saràpossibile muoversi entro la fine del 2017. Proroga dello stato di crisi per le aree terremotate, cheandrà avanti fino a febbraio del 2018. Oltre ai fondi per le infrastrutture: 250 milioni per lamessa in sicurezza della A24-A25 e 90 milioni per l'edilizia giudiziaria. Sono le novità piùimportanti che arrivano con la legge di conversione del decreto Mezzogiorno.

Vediamo le principali modifiche nelle legge di conversione e IL DOSSIER CAMERA SUL TESTOAPROVATO

Pacchetto terremoto Tra le novità dell'ultimo round spicca una serie di norme per le aree colpite dal terremoto.Quella principale prevede la proroga fino al 28 febbraio del 2018 dello stato di emergenza, con ilrinnovo di tutto il pacchetto di deroghe previsto dalle delibere dei mesi scorsi. Allo stesso tempo,vengono anche assegnati 100 milioni di euro a valere sul fondo di solidarietà Ue per larimozione delle macerie. Viene anche rinviato il termine per accedere ai contributi per le caselievemente danneggiate, che passa dal 31 luglio al 31 dicembre del 2017, "in considerazione dellacomplessità della situazione determinatasi a seguito del susseguirsi degli eventi sismici".

Salva Flixbus L'operatore di medio e lungo raggio del trasporto su gomma viene, di fatto, riammesso almercato anche dopo ottobre. Viene, così, cancellata la norma della manovrina che lo metteva infuorigioco e viene stabilito che tutti i soggetti possono operare finché "non sia accertato il venirmeno delle condizioni di sicurezza". Questa soluzione è, però, solo un rimedio ponte, in vista diuna riforma a regime del settore. Un decreto del Mit, entro il 30 ottobre del 2017, dovrà istituireun tavolo di lavoro per individuare i principi di riordino della disciplina dei serviziautomobilistici interregionali di competenza statale. In questo modo, anche per il futuro,dovrebbero essere scongiurati colpi di mano.

Altri 250 milioni per la A24-A25 Confermato uno degli interventi più rilevanti del decreto, che aggiunge una puntata allatelenovela della messa in sicurezza dell'autostrada A24-A25. Nel testo finale è stato, infatti,inserito l'emendamento del Governo attraverso il quale "per lo sviluppo dei territori delle regioniAbruzzo e Lazio ed al fine di consentire l'immediata esecuzione degli interventi di ripristino e

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18/8/2017 Il decreto Sud in Gazzetta: proroga per il post-terremoto, fondi alla A24 e ai tribunali

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messa in sicurezza sulla tratta autostradale A24 e A25" viene autorizzato un contributo da 50milioni di euro all'anno, tra il 2021 e il 2025, alla concessionaria Strada dei Parchi spa. In questomodo sarà possibile rimediare ai danni prodotti dagli eventi sismici degli ultimi anni edeffettuare opere di miglioramento sismico. Il totale, pari a 250 milioni, sarà coperto "mediante corrispondente riduzione del Fondo disviluppo e coesione (Fsc) programmazione 2014-2020". "Il valore degli interventi di ripristino emessa in sicurezza autorizzati dal ministero delle Infrastrutture – conclude l'emendamento -nonché il contributo di cui al presente articolo sono riportati nell'aggiornamento del pianoeconomico finanziario della società concessionaria Strada dei parchi". Il contributo – varicordato – si aggiunge alle misure già inserite nella manovra correttiva di primavera (decretolegge n. 50 del 2017).

Tribunali, 90 milioni in arrivo Soldi per i tribunali. "Al fine di favorire la piena funzionalità del sistema giudiziario nelMezzogiorno", spiega l'emendamento presentato in commissione dai relatori Simona Vicari eSalvatore Tomaselli e poi confermato nel testo finale, è autorizzata la spesa di 20 milioni di europer l'anno 2017, di 30 milioni di euro per l'anno 2018 e di 40 milioni di euro per l'anno 2019. Iltotale fa 90 milioni di euro: denaro che sarà destinato alla realizzazione di interventi urgenti neitribunali di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. I fondi saranno usati per la progettazione, laristrutturazione, l'ampliamento e la messa in sicurezza delle strutture. Gli oneri saranno copertitramite fondi del ministero della Giustizia.

Flessibilità per i fondi dedicati alla Sa-Rc Nel testo definitivo è stata inserita anche un'altra modifica, proposta sempre del Governo, cheinterviene sulla Salerno-Reggio Calabria e punta a rendere più flessibile l'utilizzo dei fondidedicati all'infrastruttura. Le risorse che si libereranno, a seguito dell'attività di project review,"non risultando più necessarie al completamento dei progetti", potranno essere destinate daAnas ad interventi di miglioramento della rete stradale calabrese inseriti nel contratto diprogramma tra ministero delle Infrastrutture e Anas, connessi con l'itinerario Salerno–ReggioCalabria.

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18/8/2017 Cambi d'uso/2. Ma la norma non convince: già prima era ammessa la modifica con il restauro

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14 Ago 2017

Cambi d'uso/2. Ma la norma non convince:già prima era ammessa la modifica con ilrestauroMassimo Ghiloni

Il Parlamento con un emendamento alla manovrina finanziaria (decreto legge 24 aprile 2017, n.50, il cui Ddl di conversione ha ricevuto ieri il voto di fiducia alla Camera e sarà approvato oggiin prima lettura) ha cercato di porre rimedio ai problemi insorti a Firenze a seguito dellasentenza della Corte di Cassazione sulle modifiche alle destinazioni d'uso, che si presta, però, adalcune considerazioni critiche.

Si tratta di una modifica all'articolo 3 del testo unico edilizia (Dpr 380/2001), nella definizionedel «Restauro e risanamento conservativo». Ecco il testo originario: «c) interventi di restauro e di risanamento conservativo, gli interventiedilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante uninsieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturalidell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventicomprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio,l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso,l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio».

Questo il testo dell'emendamento: «All'articolo 3, comma 1, lettera c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente dellaRepubblica 6 giugno 2001, n. 380, le parole: « ne consentano destinazioni d'uso con essicompatibili » sono sostituite dalle seguenti: « ne consentano anche il mutamento delledestinazioni d'uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallostrumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi ».

LA SENTENZA Il ragionamento della Corte di Cassazione (VEDI LA SENTENZA) può essere così sintetizzato : ilmutamento di destinazione d'uso, anche se attuato con lavori di modesta entità, configura unaristrutturazione edilizia soggetta a permesso di costruire in quanto alla fine dell'intervento si hacomunque un organismo edilizio del tutto diffrente dal precedente; ne discende che se il pianonon prevede la ristutturazione edilizia, la modifica di destinazione d'uso non può essereammessa.

L'EMENDAMENTO A fronte di questa affermazione categorica non sempre adeguatamente motivata conl'interpretazione delle norme vigenti, l'emendamento intende risolvere il problema modificandol'articolo 3 del Dpr 380/2001 Testo Unico Edilizia (TUE) relativo alla nozione di restauro e

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18/8/2017 Cambi d'uso/2. Ma la norma non convince: già prima era ammessa la modifica con il restauro

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risanamento conservativo, stabilendo che tali interventi consentono «anche il mutamento delledestinazioni d'uso», come se la precedente dizione «destinazioni d'uso con essi compatibili»non ricomprendesse il mutamento a seguito della realizzazione delle opere; la seconda parte èinvece del tutto pleonastica, in quanto prescrive l'obbligo della conformità alle destinazionid'uso previste dallo strumento urbanistico, come se, per paradosso, fosse possibile realizzare inintervento in difformità; il rispetto delle prescrizioni di piano è un obbligo generalizzato chepuò venir meno solo in caso di interventi in deroga per motivi di interesse publico.

L'unica parte degna di rilievo è la conferma della compatitibiltà del mutamento di destinazioned'uso con gli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo edilizio perché,specialmente nel caso dei centri storici, questo è il parametro che condiziona la destinazione e lerelative opere, non la questione sul titolo abilitativo necessario. Questo è l'obiettivo che unsoggetto che pianifica si deve prefiggere nel disciplinare gli interventi ammissibili, avendo comeprioritario riferimento proprio la compatibilità al fine di non alterare dal punto di vista fisico efunzionale l'edificio.

L'ARTICOLO 23-TER DEL TUE Anche la risposta offerta dall'articolo 23 ter del TUE è originata dal caos di regolamentazionepresente a livello regionale e comunale che arrivava a prevedere i alcuni casi più di 20 catagorie:con la nuova disciplina si è posta al centro la rilevanza urbanistica del mutamento didestinazione d'uso introducendo a tal fine l'accorpamento in 5 categorie per ridurre la casisticaproprio della rilevanza, fatto questo che dovrebbe agevolare il mutamento specialmente nelcampo dei servizi (come potrebbe essere in casi analoghi a quello esaminato dalla Corte), noncitati espessamente dall'articolo 23 ter, che potrebbero, però, essere inseriti nel direzionale o nelcommerciale e quindi non rilevanti nel caso di mutamenti ricadenti all'interno della stessacategoria. Sarebbe necessario modificare anche l'articolo 10 comma 2 che affida alle Regioni il compito didisciplinare il mutamento di destinazione d'uso prevedendo l'assoggettamento a permesso diostruire o SCIA, anche nel caso di assenza di opere. In proposito, si deve evidenziare cheindirettamente si assegnano alle Regioni anche poteri in materia penale, perché in alcuni casi laviolazione delle disposizioni regionali potrebbe avere effetti sanzionatori penali collegatiall'assenza del permesso di costruire,mentre in fattispecie del tutto analoghe, ma assoggetate inaltre Regioni a SCIA, questo effetto di natura penale non si avrebbe. Ricordiamo che l'articolo 22del TUE consente alle Regioni di sottoporre a permesso di costruire interventi soggetti a SCIA,specificando opportunamente che ciò non modifica il regime sanzionatorio, ossia la nonapplicabilità delle sanzioni penali. Parallelamente andrebbe armonizzato il disposto contenutonell'allegato A del D.Lgs.222/2016.

IL NODO DELLA RILEVANZA DELLE OPERE Ribadendo quanto già scritto in un precedente articolo, si deve ribaltare il ragionamento dellaCorte, come già previsto da alcune Regioni, per cui i cambi di destinazione d'uso connessi allarealizzazione di opere non mutano la qualificazione del'intervento ed il titolo abilitativonecessario proprio perchè ha rilievo l'entità delle stesse, mentre, il giudizio sulla destinazioned'uso è rimesso alla compatibilità già stabilita in sede di pianificazione e ritenuta tale con lastruttura dell'edificio che si intende tutelare e valorizzare, fatti salvi i particolari progettuali dadefinire in sede di rilascio del titolo abilitativo. Non sembra dunque che con piccoli ritocchi chirurgici normativi si possa risolvere il problema:è necessario fare chiarezza sulla prevalenza del'entità delle opere e della loro compatibilità conla destinazione d'uso ai fini del titolo abilitativo necessario.

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18/8/2017 Cambi d'uso/1. Il Dl 50/2017 convertito tenta di risolvere il nodo Cassazione

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14 Ago 2017

Cambi d'uso/1. Il Dl 50/2017 convertito tentadi risolvere il nodo CassazioneGuido Inzaghie e Simone Pisani

Un tempestivo intervento legislativo ha riportato serenità nel settore immobiliare dopo loscompiglio generato dalla sentenza della Corte di cassazione sui cambi di destinazione d’usonegli interventi di restauro e risanamento conservativo. Mediante la manovrina (legge 96/2017,di conversione del Dl 50/2017), il legislatore, modificando la definizione di «restauro erisanamento conservativo» contenuta nell’articolo 3, comma 1, lettera c), del Tu edilizia, hainfatti chiarito che le opere di restauro e risanamento conservativo consentono anche i cambi didestinazione d’uso a due condizioni: a) il rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo edilizio;b) la conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici.

IL RISCHIO DI BLOCCO Il Parlamento ha così rapidamente risposto ad una sentenza (numero 6873/2017), mediante laquale la Cassazione aveva, per contro, affermato che il mutamento di destinazione d’uso di unimmobile attuato con opere edilizie, anche se di modesta entità, va sempre considerato comeintervento pesante («ristrutturazione edilizia» in senso proprio), sottolineando «laimprescindibile necessità» di mantenere l’originaria destinazione d’uso, sia nell’ambito degliinterventi di manutenzione straordinaria, sia in seno alle opere qualificabili come“semplice”restauro e risanamento conservativo.

La pronuncia, resa su ricorso del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze inrelazione ad un intervento nel centro storico della città stessa, aveva suscitato non pocapreoccupazione, in quanto sradicava la consolidata prassi interpretativa e applicativa formatasiin relazione alle definizioni contenute nel Dpr 380/2001, secondo la quale - anche sulla base deltesto previgente - gli interventi di risanamento conservativo ben avrebbero potuto comportarecambi d’uso purché compatibili con gli elementi caratterizzanti l’edificio.

Il principio espresso dalla Cassazione portava con sé effetti molto concreti:

il versamento del contributo di costruzione per una serie di interventi che, se riconducibili alladefinizione di risanamento conservativo, non sarebbero invece stati onerosi;

la necessità del permesso di costruire (o della Scia alternativa), come titolo abilitativo perl’intervento;

in determinati casi avrebbe anche precluso all’origine la possibilità di attuare interventi diriqualificazione e rigenerazione su fabbricati nei centri storici, dove infatti non è infrequenteche gli strumenti urbanistici vietino la ristrutturazione edilizia, specialmente se classificabilecome “pesante”.

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18/8/2017 Cambi d'uso/1. Il Dl 50/2017 convertito tenta di risolvere il nodo Cassazione

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Il principio avrebbe dunque potuto paralizzare parte dei processi di rigenerazione urbana deicentri storici attualmente in corso. Diverse associazioni (tra cui l’Anci per i Comuni e l’Ance per icostruttori , oltre a diversi Ordini professionali), sono intervenute caldeggiando l’approvazionein Parlamento di una norma che ponesse fine alla criticità, che chiarisse ogni dubbiointerpretativo e che, dunque, sancisse definitivamente la possibilità di procedere a cambi d’usoanche attraverso gli interventi di restauro e risanamento.

IL CHIARIMENTO Con l’articolo 65-bis della manovrina, il legislatore, sostituendo la precedente dicituradell’articolo 3 del Tu, ha chiarito che gli interventi di risanamento possono comportare anche «ilmutamento delle destinazioni d’uso» compatibile con i richiamati elementi e con gli strumentiurbanistici.

Il superamento di questa impasse è prova del sostegno del legislatore alla valorizzazione e riusodel nostro obsoleto patrimonio immobiliare, processi che - come dimostrato anche da indaginidi settore (come il “Primo rapporto sul recupero edilizio in Italia” di Scenari immobiliarirealizzato con Paspartu Italy) - sono in grado di assicurare nuovo valore per le abitazioni,nonché sensibili benefici sul piano dell’efficienza energetica e della sicurezza.

Vedi il grafico: Il quadro di regole e autorizzazioni

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Via libera del Cipe al contratto di

programma Anas 2016-2020

18/08/2017

Via libera del Cipe al contratto di programma 2016-2020, che presenta rilevanti elementi di novità a partire dall’orizzonte pluriennale (da diversi esercizi il contratto si era limitato alla previsione finanziaria di un solo anno), consentendo una maggiore efficacia nella pianificazione rispetto al passato.

Sul fronte degli investimenti, il nuovo contratto di programma prevede un piano complessivo di 23,4 miliardi di euro, in gran parte finanziati: 6,4 miliardi sono stati messi a disposizione con la Legge di Stabilità 2016; la parte residuale consiste nelle risorse già disponibili e nei nuovi Fondi per lo Sviluppo e la Coesione, anch’essi oggetto di pianificazione nel contratto. Risorse aggiuntive, per una ulteriore copertura degli interventi pianificati, sono previste - anche se non ricomprese nel contratto di programma - a valere sulla Legge di Stabilità 2017. Si evidenzia inoltre che ci sono circa 6,1 miliardi di interventi in fase di attivazione ed in corso di esecuzione, ciò porta il valore totale degli investimenti previsti a circa 29,5 miliardi di euro. Il respiro pluriennale e la disponibilità della maggior

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parte dei fondi permettono, quindi, di programmare gli investimenti in modo più efficiente e produttivo rispetto al passato.

Tra le novità introdotte dal documento è anche previsto il passaggio graduale dalla logica del ‘contributo’ alla logica del ‘corrispettivo’ sia per gli investimenti che per i servizi di gestione della rete.

L’introduzione del corrispettivo prevede l’applicazione di penali relative sia alla qualità del servizio offerto da Anas sia alla realizzazione degli investimenti (esecuzione, progettazione definitiva ed esecutiva) nonché l’assunzione di rischi, da parte della società, a decorrere dal progetto definitivo.

Il piano investimenti è così ripartito: 8,4 miliardi di euro per completamento di itinerari; 10,4 miliardi per interventi di manutenzione straordinaria, comprese opere di messa in sicurezza; 4 miliardi per nuove opere; 0,4 miliardi per interventi di ripristino della viabilità statale e locale danneggiata dal sisma del 2016; 0,2 miliardi per altri investimenti. Le priorità di intervento, sia sul fronte della manutenzione straordinaria, sia su quello delle nuove opere, sono state individuate sulla base di criteri quali l’analisi della rete e dei relativi fabbisogni infrastrutturali, l’analisi del traffico e dell’incidentalità, i benefici trasportistici.

Per quanto riguarda la distribuzione per area geografica, il 56% degli investimenti previsti nel piano interesserà le regioni del Sud Italia e le Isole per un totale di circa 12,9 miliardi, il 24% riguarderà il Centro Italia per un totale di circa 5,7 miliardi, il 19% sarà destinato al Nord per un totale di circa 4,4 miliardi e l’1% sarà destinato alla copertura di danni ed emergenze.

Fin dal 2015 la Società è stata indirizzata dal MIT, concedente, verso una nuova priorità, che ha segnato un punto di svolta rispetto al passato: dare precedenza alla manutenzione del proprio patrimonio stradale, con l’obiettivo di recuperare il rilevante deficit manutentivo accumulato negli anni e migliorarne la sicurezza.

A cura di Ufficio Stampa ANAS

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Documenti Allegati

Scheda - Contratto di programma ANAS - Corrispettivo e autonomia finanziaria

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Terre e Rocce da Scavo: in Gazzetta il

DPR n. 120/2017 16/08/2017

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 183 del 7 agosto 2017 il Decreto Presidente

della Repubblica 13 giugno 2017, n. 120 recante "Regolamento recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo, ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164".

Il DPR ha per oggetto:

la gestione delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti provenienti dacantieri di piccole e grandi dimensioni;

la disciplina del deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo; l’utilizzo nel sito di produzione delle terre e rocce da scavo escluse dalla disciplina

dei rifiuti; la gestione delle terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica.

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Con il D.P.R. tutte le norme sulle terre da scavo sono state riorganizzate in un unico

provvedimento con regole semplificate per i cantieri sotto i 6mila metri cubi, chiarimenti di tutte le definizioni e tempi certi di risposta delle amministrazioni che hanno il compito di fare le analisi, deregolamentazioni per la fase di trasporto dei materiali.

Il testo è costituito da 31 articoli e 10 allegati suddivisi nei seguenti 6 titoli:

Titolo I - Disposizioni generali (artt. 1-3) Titolo II - Terre e rocce da scavo che soddisfano la definizione di sottoprodotto Capo I - Disposizioni comuni (artt. 4-7) Capo II - Terre e rocce da scavo prodotte in cantieri di grandi dimensioni (artt. 8-19) Capo III - Terre e rocce da scavo prodotte in cantieri di piccole dimensioni (artt. 20-

21) Capo IV - Terre e rocce da scavo prodotte in cantieri di grandi dimensioni non

sottoposti a VIA e AIA (art. 22) Titolo III - Disposizioni sulle terre e rocce da scavo qualificate rifiutiti (art. 23) Titolo IV - Terre e rocce da scavo escluse dall’ambito di applicazione della

disciplina sui rifiuti (art. 24) Titolo V - Terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica (artt. 25-26) Titolo VI - Disposizioni intertemporali, transitorie e finali (art. 27-31),

e nei seguenti 10 allegati:

Allegato 1 - Caratterizzazione ambientale delle terre e rocce da scavo (articolo 8) Allegato 2 - Procedure di campionamento in fase di progettazione (articolo 8) Allegato 3 - Normale pratica industriale (articolo 2, comma 1, lettera o) Allegato 4 - Procedure di caratterizzazione chimico-fisiche e accertamento delle

qualità ambientali (articolo 4) Allegato 5 - Piano di utilizzo (articolo 9) Allegato 6 - Dichiarazione di utilizzo di cui all’articolo 21 (articolo 21) Allegato 7 - Documento di trasporto (articolo 6) Allegato 8 - Dichiarazione di avvenuto utilizzo (D.A.U.) (articolo 7) Allegato 9 - Procedure di campionamento in corso d’opera e per i controlli e le

ispezioni (articoli 9 e 28) Allegato 10 - Metodologia per la quantificazione dei materiali di origine antropica di

cui all’articolo 4, comma 3 (articolo 4)

Tra le principali peculiarità del provvedimento:

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la semplificazione delle procedure e la fissazione di termini certi per concludere lestesse, anche con meccanismi in grado di superare eventuali situazioni di inerzia daparte degli uffici pubblici. Si evitano così i lunghi tempi di attesa da parte deglioperatori per la preventiva approvazione del piano di utilizzo delle terre e rocce daparte delle autorità competenti;

procedure più veloci per attestare che le terre e rocce da scavo soddisfano i requisitistabiliti dalle norme europee e nazionali per essere qualificate come sottoprodotti enon come rifiuti;

una definizione puntuale delle condizioni di utilizzo delle terre e rocce all’interno delsito oggetto di bonifica, con l’individuazione di procedure uniche per gli scavi e lacaratterizzazione dei terreni generati dalle opere da realizzare nei siti oggetto dibonifica;

il rafforzamento del sistema dei controlli; la salvaguardia della disciplina previgente per i progetti o i piani di utilizzo approvati

ai sensi, rispettivamente, dell’art. 186 del d.lgs. n. 152 del 2006 o del d.m. n. 161 del2012.

Il provvedimento risolve le criticità riscontrate nel tempo sia dagli operatori che dai soggetti istituzionali preposti ai controlli, consente di rafforzare la tutela ambientale e insieme la competitività delle imprese e risponde pienamente ai principi e agli obiettivi del processo verso un modello economico di tipo “circolare”.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Documenti Allegati

DPR

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Rifiuti speciali, il 43% dei non pericolosi arriva da costruzioni e demolizioni di Alessandra Marra

Rapporto ISPRA: nel 2015 il 69,3% dei rifiuti derivanti dalle demolizioni è costituito da

terre e rocce da scavo

18/08/2017 – Aumenta nel 2015 la produzione nazionale dei rifiuti speciali: solo il settore delle costruzioni e demolizioni incide sull’aumento di rifiuti speciali non pericolosi del 45,9%.

Ad evidenziarlo la sedicesima edizione del Rapporto Rifiuti Speciali dell’ISPRA, pubblicazione che ogni anno fornisce il quadro dettagliato e aggiornato sulla produzione e gestione dei rifiuti speciali in Italia.

Rifiuti speciali non pericolosi e costruzioni I rifiuti speciali nel 2015 sono aumentati del 2,4% rispetto al 2014 e si attestano a poco più di 132,4 milioni di tonnellate. I rifiuti speciali non pericolosi segnano un

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+2,3% (pari a oltre 2,8 milioni di tonnellate) mentre i rifiuti speciali pericolosi crescono del 3,4%, pari a 300 mila tonnellate. A incidere maggiormente sull’aumento della produzione, sono i rifiuti speciali non pericolosi del settore delle costruzioni e demolizioni (43,9%) mentre il contributo più significativo alla produzione di rifiuti speciali pericolosi è determinato dal settore manifatturiero (39,2% del totale), corrispondente a quasi 3,6 milioni di tonnellate. Nel 2015 i rifiuti da costruzioni e demolizioni non pericolosi sono costituiti per il 69,3% da terre e rocce da scavo, per il 18,4% da rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione e il restante 12,3% da altre tipologie di rifiuti.

Recupero rifiuti Dal report emerge anche che, nel 2015, i rifiuti speciali gestiti in Italia sono stati pari a 136 milioni di tonnellate, di cui 127,7 milioni (93,8%) non pericolosi e i restanti 8,4 milioni di tonnellate (6,2%) pericolosi. Rispetto al totale gestito, il recupero di materia, con il 65,1%, è la forma di gestione prevalente (88,6 milioni di tonnellate), seguita da altre operazioni di smaltimento come il trattamento chimico-fisico e biologico, raggruppamento preliminare e ricondizionamento preliminare (18,6 milioni di tonnellate). Appare significativo il dato relativo al recupero di materia, che rispetto al 2014, fa registrare un aumento di oltre 5 milioni tonnellate. Rispetto all’anno precedente, nel 2015 le discariche destinate allo smaltimento dei rifiuti speciali sono diminuite di 28 unità. A livello nazionale, i rifiuti speciali smaltiti in discarica sono 11,2 milioni di tonnellate: 9,9 milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi (88,5%) e 1,3 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi (11,5%). In generale, una diminuzione del totale smaltito in discarica, a livello nazionale, pari a 200 mila tonnellate (-1,8%). Nel settore delle costruzioni il 77,5% dei rifiuti non pericolosi viene smaltito in discariche per rifiuti inerti, il 20% in discariche per rifiuti non pericolosi e il restante 2,5% in discariche per rifiuti pericolosi. I rifiuti pericolosi, invece, sono costituiti per il 73,3% da rifiuti contenenti amianto, per l’11,1% da altri materiali isolanti e il restante 15,6% è rappresentato da altre tipologie di rifiuti.

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Norme correlate

Relazione 17/07/2017 ISPRA - Rapporto Rifiuti Speciali 2017

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Efficienza energetica, il 53% degli investimenti è nel residenziale di Alessandra Marra

Energy Efficiency Report 2017: nei prossimi 5 anni l’efficienza energetica avrà un volume

di affari da 10 miliardi di euro l'anno

16/08/2017 – Nel 2016 oltre 3 miliardi di euro di investimenti in efficienza energetica (il 53% del totale) è stato nel settore residenziale e le previsioni di investimento per il periodo 2017-2020 si attestano intorno ai 10 milioni di euro all’anno.

Questi alcuni dati contenuti nell’Energy Efficiency Report 2017 realizzato dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano e presentato lo scorso 12 luglio.

Investimenti in efficienza energetica: in testa il residenziale L’Energy Efficiency Report 2017 mostra come gli investimenti in efficienza energetica realizzati in Italia nel 2016 hanno raggiunto i 6,13 miliardi di euro,

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confermando il trend positivo degli ultimi 5 anni e facendo registrare una crescita dell'8% rispetto al 2015. A guidare la classifica con oltre 3 miliardi di euro di investimenti e il 53% del totale è sempre il segmento residenziale, anche se hanno dimostrato maggiore vivacità il comparto industriale (poco meno del 33%, circa 2 miliardi di euro) e il terziario, GDO, alberghi e uffici. Le soluzioni di efficienza energetica maggiormente adottate nel 2016 sono state le pompe di calore, l’illuminazione e le superfici opache, che da sole hanno riguardato oltre il 50% della spesa complessiva e che sono state installate per la quasi totalità in ambito residenziale: 1,17 miliardi di euro sono stati spesi per le pompe di calore (il 90% in strutture abitative), circa 1 miliardo ciascuno per l’illuminazione (oltre la metà in abitazioni) e le superfici opache (80%). Se si analizza il comparto industriale, invece, a farla da padroni sono stati gli impianti di cogenerazione e i sistemi di combustione efficienti, per un valore di 586 e 482 milioni di euro, a cui vanno aggiunte le caldaie a condensazione (315 milioni) e le chiusure vetrate (280).

Edifici NZEB Il Rapporto mette in luce che “il numero di Edifici ad energia quasi zero (nZEB)in Italia è compreso tra “solo” 650 e 850 unità, di cui circa il 93% a uso residenziale. Si consideri che gli edifici residenziali sono circa 12,1 milioni (il 74% costruito prima degli anni ’80), cui si aggiungono 1,5 milioni di edifici non residenziali”. L’attenzione verso gli edifici ad energia quasi zero ha una chiara focalizzazione territoriale: appena 3 regioni (Trentino Alto Adige, Lombardia e in misura minore Veneto) mostrano i primi segni del fenomeno e tuttavia in Lombardia gli edifici nZEB costruiti a partire dal 1 gennaio 2016, quando è scattata l'obbligatorietà, rappresentano solo il 3% del totale. I motivi di questa scarsa diffusione sono di natura economica: nonostante gli importanti benefici in termini di consumi, emerge chiaramente come i tempi di ritorno degli investimenti non siano accettabili: tra 30 e 40 anni per gli edifici ad uso ufficio, per una villetta residenziale addirittura oltre la vita utile della costruzione. L’extra costo degli edifici nZEB rende dunque tale paradigma ancora lontano dal poter essere definito economicamente conveniente.

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Anche se alcune soluzioni tecnologiche rappresentano una costante di tutti i progetti analizzati (presenza di serramenti ad alte prestazioni, ventilazione meccanica con recupero di calore per la qualità dell’aria e pannelli fotovoltaici), non esiste un’unica ricetta per la realizzazione degli nZEB, ma prevale la combinazione di diverse tecnologie anche sulla base delle specificità climatiche. Il fabbisogno di energia termica è soddisfatto generalmente dall’installazione di pompe di calore (ove possibile geotermiche) o impianti solari termici per la produzione di ACS, quello elettrico da un impianto fotovoltaico. Non mancano soluzioni innovative, come il riciclo dell’acqua piovana (grazie ad avanzati impianti di domotica e alla fitodepurazione) o l’installazione di ascensori con recupero di energia. Se è vero, però, che le soluzioni tecnologiche sono disponibili è altrettanto vero che il risparmio energetico aggiuntivo rispetto ad una soluzione standard di efficienza energetica difficilmente permette tempi di rientro brevi per l’investimento.

Efficienza energetica: il ruolo delle ESCo Nel corso del 2016 le Energy Service Companies (ESCo) certificate sono aumentate di quasi il 90%, passando in un anno da 144 a 272 (45 delle quali nate dopo il 2012) e facendo crescere del 10% nell’ultimo quinquennio i dipendenti degli operatori specializzati in efficienza energetica, che lo scorso anno erano 7300. Ciononostante, i ricavi delle ESCo sono diminuiti del 10%, passando dai 3,4 miliardi del 2012 ai 3 del 2016. Il quadro che emerge è quindi a luci e ombre, con un panorama delle ESCo estremamente frammentato, caratterizzato da operatori di piccole dimensioni e con una bassa marginalità. Nel 2016 le ESCo hanno realizzato investimenti per 836 milioni di euro, pari ad una quota di mercato di poco inferiore al 14% (era l'11,6 nel 2015): si va dal 25% nel comparto industriale al 23% nel settore terziario/uffici, mentre continuano a persistere notevoli difficoltà nell’aggredire con efficacia il mercato residenziale. Degli oltre 3,2 miliardi investiti nel settore, solamente poco più di 110 milioni sono appannaggio delle ESCo.

Piani d’azione per l’energia sostenibile Nel Rapporto sono stati analizzati 46 Comuni italiani con più di 100.000 abitanti per valutare il livello di diffusione dei PAES (Piani d'azione per l'energia sostenibile) e il loro stato di avanzamento relativamente all'efficienza energetica.

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Oltre l’80% delle città (38) ha aderito al Patto dei Sindaci e presentato un PAES.

I PAES delle 38 città del campione prevedevano di investire circa 4,9 miliardi di euro e realizzare 300 azioni, ma attualmente – in media a 4 anni dall’approvazione – ne sono state realizzate solo 144 (48%) e se si analizzano gli investimenti la situazione è ancora meno “brillante”: appena 1,1 miliardi di euro, il 23% della quota prevista.

Dunque, la PA si sta approcciando alla questione dell’efficienza preferendo numerose azioni a minor costo rispetto a pochi interventi strutturati ma dispendiosi. Restano, infatti, troppo spesso escluse le azioni di natura 'strutturale' con un impatto sui consumi che vada oltre la bolletta energetica della sola PA.

Titoli di efficienza energetica Dal momento della loro attivazione nel 2006, sono stati riconosciuti 41,7 milioni di Titoli di efficienza energetica corrispondenti a 23,8 Mtep di risparmio energetico.

L’anno 2016 ha pesato per il 13% sul totale dei titoli emessi, mostrando comunque un trend crescente nell’utilizzo del meccanismo. Gli interventi più rappresentativi dell’orizzonte 2006-2016 sono stati indubbiamente quelli di generazione e recupero di calore per raffreddamento, essiccazione, cottura e fusione (circa il 31% dei TEE totali concessi), seguiti dall’ottimizzazione energetica dei processi produttivi e dei layout di impianti (13%) e dall’installazione di lampade fluorescenti compatte (9%).

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18/8/2017 Il Tar Abruzzo boccia la soppressione del Corpo forestale dello Stato - Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile

http://www.greenreport.it/news/diritto-e-normativa/tar-abruzzo-boccia-la-soppressione-del-corpo-forestale-dello/ 1/2

Aree protette e biodiversità | Diritto e normativa | Inquinamenti | Rifiuti e bonifiche

Il Tar Abruzzo boccia la soppressione del Corpoforestale dello StatoCgil e Sinistra Italiana: riforma incostituzionale[18 agosto 2017]

Il Tar Abruzzo, sezione di Pescara, ha dato un pesante colpo allalegittimità della riforma Madia che ha soppresso il Corpo forestaledello Stato che è stato in gran parte assorbito dai Carabinieriforestali- Ora tutta la vicenda dovrà essere valutata dalla CorteCostituzionale. Il ricorso al Tar era stato presentato da più di 2000ex Cfs che protestavano per essere stati trasformati in militarisenza il loro consenso.

Serena Pellegrino, vicecapogruppo Sinistra italiana-Possibile evicepresidente della Commissione ambiente della Camera deideputati, spiega che «Il Tar dell’Abruzzo ha chiesto l’interventodella Corte Costituzionale sul decreto legislativo che ha smembratoil Corpo forestale italiano. L’ha fatto con una articolata ordinanza dirimessione nella quale risaltano, oltre a diversi profili di illegittimitàcostituzionale, due importanti valutazioni del Collegio. La primariguarda la genericità e ambiguità della legge delega firmata dal ministro Marianna Madia, sulle cui ambiguità abbiamo sostenutouna strenua opposizione, tanto in commissione Ambiente quanto in Aula. Ma nonostante ciò, con il decreto attuativo 177 del 2016, il Governo non si è attenuto ai criteri e principi direttivi indicati dal Parlamento, in particolare per quanto concerne la militarizzazionedel personale, messo nelle condizioni di non poter scegliere di essere trasferito ad un corpo od organizzazione non militare. Scriveil Tar, dubitando sia logico ritenere che militarizzazione significhi maggior efficacia ed efficienza organizzativa: La militarizzazione diun corpo di polizia, o l’assorbimento del personale di un corpo di polizia civile in uno militare che è cosa analoga, si pone inoltre innetta controtendenza rispetto ai principi generali del nostro ordinamento, alle linee evolutive di questo nel tempo e alle recenti sceltedello stesso legislatore. Secondo la Corte Costituzionale, il legislatore delegato, per quanto vasto sia il suo libero apprezzamento, non può derogare ai principi ispiratori e vincolanti della delega, vincolante per definizione, e neanche porsi in contrasto con latradizione precedente, dettando arbitrariamente principi innovativi».

La Pellegrino è convinta che la seconda considerazione del Tar Abruzzo serve purtroppo a misurare la considerazione che ilGoverno ha del Parlamento e della Costituzione: «Il Governo, scegliendo di assorbire il Corpo Forestale nell’Arma dei Carabinieriha agito arbitrariamente: in sostanza si è appropriato di una discrezionalità riservata al legislatore ed ha sovvertito il ruolo delParlamento nell’ordinario sistema di produzione normativa previsto dalla Costituzione. Tra gli articoli della Carta che i giudiciamministrativi ritengono violati, ci sono anche il 9 e il 32, che riconoscono la tutela e salvaguardia del bene ambiente tra i dirittifondamentali della persona, incomprimibili e non sacrificabili per mere esigenze di bilancio e risparmio di spesa. Eppure questo si èfatto: per mere esigenze di bilancio e con i criteri da ragioniera del ministro Madia si è smembrato un Corpo “che nella sua lungastoria ha maturato un riconosciuto e consolidato bagaglio specialistico nella tutela dei beni ambientali”»

Secondo la Funzione Pubblica Cgil si tratta di una sentenza importante: «La militarizzazione forzata degli appartenenti al CorpoForestale dello Stato presenta diversi profili di incostituzionalità e la “militarizzazione” non garantisce maggiore efficacia alfunzionamento delle forze di polizia. Ora attendiamo il pronunciamento della Corte costituzionale». Dopo l’approvazione definitivadel decreto della riforma che ha eliminato il Cfs, la Cgil ha promosso oltre 1.000 ricorsi e ora è convinta che «Anche gli altriTribunali amministrativi, presso i quali abbiamo presentato ricorsi, potranno adottare analogo orientamento. Toccherà comunquealla Corte Costituzionale pronunciarsi adeguando le norme a criteri di democrazia e al rispetto dei diritti. In ogni caso la sentenzadel Tar di Pescara rappresenta un primo importante orientamento in linea con le posizioni e i rilievi che in questi anni abbiamoassunto nei confronti di un provvedimento, quello che ha cancellato la Forestale, sbagliato e, a nostro parere, con rilevanti rilievi diincostituzionalità».

L’onorevole Pellegrino conclude: «Tutte le obiezioni mosse tanto alla legge delega di riforma della PA quanto al decreto attuativooggi purtroppo si sono rivelati fondati: l’esperienza fallimentare dell’emergenza incendi è lo sfondo drammatico dell’imperfettafusione del Corpo Forestale, alle migliaia di ricorsi amministrativi e alla decisione del Tar Abruzzo di far intervenire la Suprema Corteper la valutazione di legittimità costituzionale di norme contenute sia nella legge delega sia nel relativo decreto legislativo diattuazione. Per il ministro Madia si tratterà del secondo appuntamento con il giudizio di costituzionalità della sua riforma della

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18/8/2017 Il Tar Abruzzo boccia la soppressione del Corpo forestale dello Stato - Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile

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pubblica amministrazione, parzialmente bocciata dalla Consulta nelle disposizioni relative a dirigenti pubblici, organizzazione dellavoro, società partecipate e servizi locali. Le dimissioni sarebbero a questo punto un gesto di responsabilità».

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18/8/2017 Perché il cambiamento climatico non è il nostro più grande problema ambientale e perché la tecnologia non ci salverà (VIDEO) - Greenrep…

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Economia ecologica | Energia | Inquinamenti | Rifiuti e bonifiche

Perché il cambiamento climatico non è il nostro piùgrande problema ambientale e perché la tecnologianon ci salverà (VIDEO)[18 agosto 2017]

Il nostro principale problema ecologico non è il cambiamentoclimatico. È l’overshoot, di cui il riscaldamento globale è unsintomo. L’overshoot è un problema sistemico. Negli ultimo secolo emezzo, enormi quantità di energia a basso prezzo dei combustibilifossili hanno permesso la rapida crescita dell’estrazione, dellaproduzione e del consumo di risorse; E questo a sua volta haportato all’aumento della popolazione, all’inquinamento e allaperdita di habitat naturale e quindi di biodiversità. Il sistema umanosi è espanso drammaticamente, superando la capacità di carico alungo termine dell’umanità, , mentre sconvolge i sistemi ecologicidella Terra da cui dipendiamo per la nostra sopravvivenza. Fino aquando non riusciremo a comprendere e affrontare questo squilibriosistemico, il trattamento sintomatico (Facendo quello che possiamoper invertire i dilemmi dell’inquinamento come il cambiamentoclimatico, cercando di salvare le specie minacciate e sperando di nutrire una popolazione crescente con colture geneticamentemodificate) costituirà un ciclo infinito di misure di stopgap alla fine destinate a fallire.

Il movimento ecologico degli anni ’70 ha beneficiato di una forte iniezione di pensiero sistemico , che era in voga all’epoca(l’ecologia – lo studio dei rapporti tra gli organismi ei loro ambienti – è una disciplina intrinsecamente sistemica, a differenza di studicome la chimica che mette a fuoco la riduzione dei fenomeni complessi rispetto ai loro componenti). Di conseguenza, molti deimigliori scrittori ambientali dell’epoca hanno inquadrato la moderna situazione umana in termini che hanno rivelato i profondi legamitra i sintomi ambientali e il modo in cui la società umana opera. Limits to Growth (1972), un’esplosione della ricerca sistemica di JayForrester, ha esaminato le interazioni tra la crescita della popolazione, la produzione industriale, la produzione di cibo, l’esaurimentodelle risorse e l’inquinamento. Overshoot (1982), di William Catton, ha definito il nostro problema sistemico e ha descritto le sueorigini e lo sviluppo in uno stile che ogni persona istrita potrebbe apprezzare. Potrebbero essere citati molti altri libri eccellentidell’epoca.

Tuttavia, negli ultimi decenni, dato che è arrivato il cambiamento climatico a dominare le preoccupazioni ambientali, c’è stato uncambiamento significativo nella discussione. Oggi la maggior parte dei rapporti ambientali punta il laser sui cambiamenti climatici, eraramente vengono evidenziati i collegamenti sistemici tra altri tra i peggiori problemi ecologici (come la sovrappopolazione,l’estinzione delle specie, l’inquinamento dell’acqua e dell’aria, la perdita di suolo e acqua dolce). Non è che il cambiamento climaticonon sia un grosso problema. Come sintomo, è un vero e proprio doozy. Non c’è mai stato niente di simile, e gli scienziati climatici ei gruppi di difesa del clima rispondono proprio suonando più forte i campanelli di allarme Ma la nostra mancata osservazione deicambiamenti climatici nel contesto potrebbe essere la nostra disfatta.

Perché gli scrittori ambientali e le organizzazioni hanno ceduto alla visione tunnel? Forse è semplicemente perché presumono che ilpensiero sistemico sia al di là della capacità dei decisori politici. È vero: se gli scienziati climatici dovessero approcciarsi ai leadermondiali con il messaggio: “Dobbiamo cambiare tutto, compreso il nostro sistema economico, e velocemente”, potrebbero esseremessi alla porta piuttosto rudemente. Un messaggio più accettabile è: “Abbiamo individuato un grave problema dell’inquinamento,per il quale esistono soluzioni tecniche”. Forse molti degli scienziati che riconoscono la natura sistemica della nostra crisi ecologicahanno concluso che se possiamo affrontare con successo questa crisi ambientale epocale, saremo in grado di prendere tempo peraffrontare le altre in attesa di decollare (sovrappopolazione, estinzioni di specie, esaurimento delle risorse, ecc.).

Se il cambiamento climatico può essere inquadrato come un problema isolato per cui esiste una soluzione tecnologica, le mentidegli economisti e dei decisori politici possono continuare a brucare in pascoli familiari. La tecnologia – in questo caso, i generatoridi energia solare, eolica e nucleare, e certamente batterie, automobili elettriche, pompe di calore e, se tutto il resto fallisce, lagestione delle radiazioni solari attraverso gli aerosol atmosferici – concentra il nostro pensiero su argomenti come gli investimentifinanziari e la produzione industriale. I partecipanti alla discussione non devono sviluppare la capacità di pensaresistematicamente, né hanno bisogno di comprendere il sistema Terra e come i sistemi umani vi si inseriscono. Tutto quello di cuihanno bisogno per non vere problemi è la prospettiva di spostare alcuni investimenti, fissando i compiti per gli ingegneri e gestire la

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18/8/2017 Perché il cambiamento climatico non è il nostro più grande problema ambientale e perché la tecnologia non ci salverà (VIDEO) - Greenrep…

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risultante trasformazione industriale-economica, in modo da garantire che i nuovi posti di lavoro nelle industrie verdi compensino iposti di lavoro persi nelle miniere di carbone

La strategia di prendere tempo con un techno-fix presuppone che saremo in grado di instaurare un cambiamento sistemico inqualche punto non specificato del futuro, anche se non possiamo farlo ora (un argomentazione debole da sostenere), o che ilcambiamento climatico e tutte le nostre altre crisi sintomatiche potranno essere riparate tecnologicamente. Quest’ultimo modo dipensare è ancora un comodo percorso per manager e investitori. Dopo tutto, tutti amano la tecnologia. Fa già quasi tutto pernoi. Nel corso del secolo scorso ha risolto una serie di problemi: ha curato malattie, ha ampliato la produzione di alimenti, ha resoveloci i trasporti e ci ha fornito informazioni e intrattenimento in quantità e varietà che nessuno avrebbe mai potutoimmaginare. Perché non dovrebbe essere in grado di risolvere i cambiamenti climatici e tutto il resto dei nostri problemi?

Naturalmente, ignorare la natura sistemica del nostro dilemma, significa semplicemente che non appena avremo delimitato unsintomo è probabile che se ne aprirà un altro. Ma, essenzialmente, il cambiamento climatico, preso come un problema isolato, ècompletamente trattabile con la tecnologia? Ne dubito. Dico questo, dopo aver passato molti mesi sui dati pertinenti con DavidFridley dell’energy analysis program del Lawrence Berkeley National Laboratory. Il nostro libro, Our Renewable Future, concludehe l’energia nucleare è troppo costosa e rischiosa; intanto, l’energia eolica e solare soffrono per l’intermittenza che, una volta chequeste fonti inizieranno a fornire una grande percentuale di energia elettrica totale, richiederà una combinazione di tre strategie suvasta scala: lo stoccaggio di energia, redundant production capacity e adattamento della domanda. Allo stesso tempo, nelle nazioniindustriali dovremo adattare la maggior parte del nostro attuale utilizzo energetico (che si verifica nei processi industriali, nelriscaldamento e nei trasporti) all’elettricità. Complessivamente, la transizione energetica promette di essere un’impresa enorme,senza precedenti per le sue esigenze di investimento e di sostituzione. Quando David e io ci siamo messi a alutare l’enormità delcompito, non abbiamo potuto vedere alcun modo per mantenere le attuali quantità di produzione globale di energia durante latransizione, ancora meno per aumentare le forniture energetiche in modo da alimentare la crescita economica continua. Il piùgrande ostacolo della transizione è la scala: il mondo utilizza attualmente un’enorme quantità di energia; Solo se questa quantitàpotrà essere ridotta in modo significativo, soprattutto nelle nazioni industrializzate, possiamo immaginare un percorso credibileverso un futuro post-carbonio.

Ridurre le risorse energetiche a livello mondiale ridurrebbe in modo efficace anche i processi industriali di estrazione, produttivi, deitrasporti e di gestione dei rifiuti. Questo è un intervento sistemico, esattamente quello richiesto dagli ecologi degli anni ’70 checoniarono il mantra, “Riduci, riutilizza e ricicla”. Va al cuore del dilemma dell’overshoot – così come la stabilizzazione e la riduzionedella popolazione, un’altra strategia necessaria. Ma è anche una nozione alla quale i tecnocrati, gli industriali e gli investitori sonovirulentemente allergici.

L’argomento ecologico è al centro di quello morale – come spiego più in dettaglio in un manifesto appena pubblicato giustorilasciato con sidebars e (“There’s No App for That: Technology and Morality in the Age of Climate Change, Overpopulation, andBiodiversity Loss”). Ogni pensatore sistemico che capisce l’overshoot e prescrive come trattamento il powerdown si sta in realtàimpegnando in un intervento su un comportamento di dipendenza. La società è dipendente dalla crescita, il che ha conseguenzeterribili per il pianeta e, sempre più, anche per noi. Dobbiamo cambiare il nostro comportamento collettivo e individuale e rinunciarea qualcosa dalla quale dipendiamo che ci da potere sul nostro ambiente. Dobbiamo frenarci, come quando beviamo alcolici. Questorichiede l’onestà e la ricerca dell’anima.

Nei suoi primi anni il movimento ambientale ha fatto di questo un argomento morale e fino a un certo punto ha lavorato bene. Lapreoccupazione per la rapida crescita della popolazione ha portato ad attività di pianificazione familiare in tutto il mondo. Lapreoccupazione per il declino della biodiversità ha portato alla protezione degli habitat. La preoccupazione per l’inquinamentodell’aria e dell’acqua ha portato a una serie di normative. Questi sforzi non sono stati sufficienti, ma hanno dimostrato che ladefinizione del nostro problema sistemico in termini morali potrebbe avere almeno un certo traino.

Perché il movimento ambientale non ha avuto pienamente successo? Alcuni teorici che ora si autodefiniscono “bright greens” o“eco-modernists” hanno abbandonato totalmente la battaglia morale. La loro giustificazione per farlo è che la gente vuole unavisione del futuro che sia allegra e che non richiede sacrifici. Ora, dicono, solo una correzione tecnologica offre speranza. Il puntoessenziale di questo saggio (e del mio manifesto) è semplicemente che, anche se l’argomentazione morale non ha successo,anche quella techno-fix non funziona. Un investimento gigantesco nella tecnologia (che sia l’energia nucleare di nuova generazioneo la geo-ingegneria delle radiazioni solari) viene considerata come ultima speranza. Ma in realtà non è affatto una speranza.

La ragione del fallimento, finora, del movimento ambientalista non è dovuto al fatto che si appellasse ai sentimenti moralidell’umanità, che era in effetti la grande forza del movimento. Lo sforzo è fallito perché non è stato in grado di alterare il principio diorganizzazione centrale della società industriale, che è anche il suo difetto fatale: il suo perseguimento della ricerca della crescita atutti i costi. Ora siamo al punto in cui dobbiamo finalmente riuscire a superare lo sviluppismo o affrontare il fallimento non solo delmovimento ambientalista, ma della stessa civiltà.

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18/8/2017 Perché il cambiamento climatico non è il nostro più grande problema ambientale e perché la tecnologia non ci salverà (VIDEO) - Greenrep…

http://www.greenreport.it/news/economia-ecologica/perche-cambiamento-climatico-non-nostro-piu-grande-problema-ambientale-perche-la-tecnolo… 3/3

La buona notizia è che in natura il cambiamento sistemico è frattale: implica, anzi richiede, azioni a tutti i livelli dellasocietà. Possiamo iniziare con le nostre scelte e comportamenti individuali; Possiamo lavorare all’interno delle nostre comunità. Nonabbiamo bisogno di aspettare un cambiamento catartico globale o nazionale. E anche se i nostri sforzi non possono “salvare” laciviltà industriale consumista, potrebbero ancora riuscire a piantare i semi di una cultura umana rigenerativa degna di sopravvivere.

Ci sono altre buone notizie: una volta che noi esseri umani sceglieremo di limitare il nostro numero e il nostro livello di consumo, latecnologia potrà aiutarci nei nostri sforzi. Le macchine possono aiutare a monitorare i nostri progressi e ci sono tecnologierelativamente semplici che possono contribuire a fornire i servizi necessari con un minor utilizzo energetico e per i danni ambientali.Alcuni modi di implementare la tecnologia potrebbero anche aiutarci a ripulire l’atmosfera e ripristinare gli ecosistemi.

Ma le macchine non faranno le scelte fondamentali che ci porteranno su una strada sostenibile. Il cambiamento sistemico guidatodal risveglio morale: non è solo la nostra ultima speranza; È l’unica vera speranza che abbiamo mai avuto.

d i Ric hard Heinberg

Senior Fellow Post Carbon Institute e autore di 13 libri, tra cui alcuni dei lavori fondamentali sulla crisi energetica e sulla sostenibilitàambientale della società attuale, e numerosi articoli su giornali come Nature, Reuters, Wall Street Journal, The AmericanProspect, Public Policy Research, Quarterly Review, Yes! e The Sun

Questo articolo è stato pubblicato su Ecowatch e poi dal Post Carbon Institute il 17 agosto

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18/8/2017 Anche la geotermia adesso guarda all'offshore - Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile

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Economia ecologica | Energia

Anche la geotermia adesso guarda all’offshoreIn Islanda autorizzate le operazioni per valutare la fattibilità di un impianto al largo dell’isola[17 agosto 2017]

L’Autorità nazionale per l’energia islandese haconcessoall’azienda Nord Tech Energy licenze per «l’esplorazione ela prospezione» geotermica, utili a valutare la possibilità di produrreenergia elettrica da geotermia grazie a impianti offshore. Sono duele aree della piattaforma continentale islandese interessatedall’iniziativa: al largo alla costa nord dell’isola, e nei fondaliadiacenti alla penisola Reykjanes, non distanti dalla capitaleReykjavik.

Già oggi in Islanda la geotermia è ampiamente utilizzata nel Paese,sia come attrattiva turistica sia – soprattutto – per soddisfare ibisogni energetici della nazione scandinava: circa il 95%dell’energia termica per il riscaldamento degli edifici locali arrivadalla geotermia, come anche il 30% circa (una percentuale simile aquella riscontrata in Toscana) dell’elettricità consumata nel Paese.

La popolazione locale – come mostra il quotidiano Iceland magazine, edito a Reykjavik – guarda con interesse al progetto, chepotrebbe aprire le porte all’utilizzo della geotermia sottomarina, con lo spostamento di alcune infrastrutture (con i relativi impatti)nell’assai meno visibile fondale sottomarino. Ovviamente qualora si individuasse una risorsa qualitativamente e quantitativamentetale da renderne conveniente l’impiego.

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18/8/2017 Incendi: la natura protetta andata in fumo - Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile

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Aree protette e biodiversità | Diritto e normativa

Incendi: la natura protetta andata in fumoI dati di Legambiente con la mappatura delle aree colpite dalle fiamme[14 agosto 2017]

L’emergenza incendi non conosce tregua e confini non risparmianoneanche le aree di grande valore naturalistico, come i Parchi e i sitidi Rete Natura 2000. «Non solo il Vesuvio, ma anche tante altrearee protette, nazionali e regionali, sono sotto la morsa degliincendi: dal Cilento e Vallo di Diano, al Gargano, dall’Alta Murgiaalla Majella, dalla Sila al Pollino al Gran Sasso passando per laRiserva dello Zingaro in Sicilia – dicono a Legambiente – sonotroppe le aree di pregio del centro-sud finite in balia di ecocriminali epiromani».

Secondo il Cigno Verdee, che ha analizzato e confrontato i daticartografici delle superfici percorse dal fuoco raccolti dallaCommissione europea con quanta parte della “natura protetta” siabruciata fino ad oggi in Italia (si veda la tabella allegata), «Nel 2017sono ben 24.677 gli ettari delle Zone di Protezione Speciale –ZPS (istituite in base alla direttiva Uccelli per tutelare l’avifauna e i loro habitat) bruciati dalle fiamme, 22.399 quelli dei Siti diImportanza Comunitaria – SIC (istituiti in base alla direttiva Habitat per preservare habitat e specie animali e vegetali minacciatepresenti nel nostro Paese) andati in fumo e ben 21.204 gli ettari dei parchi e delle aree protette devastati dalle fiamme. Tenutoconto della parziale sovrapposizione delle tre tipologie, la superficie complessiva stimata colpita dai roghi ammonta a circa 35.000ettari, un danno ingente al paesaggio, al patrimonio di biodiversità con rischi per l’incolumità delle persone e dei beni. Tra le regionipiù colpite Sicilia, Campania e Calabria».

Il quadro che emerge dall’analisi degli ambientalisti è davvero preoccupante: «Quasi un terzo dell’intera superficie percorsa dalfuoco, tra il 1 gennaio e il 6 agosto 2017, ha interessato le aree di maggior valore naturalistico presenti in Italia e incluse nella reteNatura 2000, la rete europea a cui afferiscono i Siti di Importanza Comunitaria – SIC designati sulla base della direttiva Habitat e leZone di Protezione Speciale – ZPS designate sulla base della direttiva Uccelli. Invece in tutta la Penisola la superficie complessivabruciata, dall’inizio del 2017 fino al 10 agosto, ha superato quota 101.000 ettari, più che raddoppiando quanto andato in fumo intutto il 2016».

I dati elaborati da Legambiente dimostrano che gli incendi nel 2017 hanno coinvolto in Italia 87 Siti di ImportanzaComunitaria (principalmente in: 31 Sicilia, 24 Campania, 8 Calabria, 7 Puglia, 5 Lazio, 4 Liguria), 35 Zone di ProtezioneSpeciale (10 Sicilia, 6 Campania, 5 Calabria, 5 Lazio, 3 Puglia, 1 Liguria) e 45 Parchi e Aree protette (12 Sicilia, 13 Campania, 5Lazio, 4 Calabria, 4 Puglia, 1 Liguria), tra cui 9 Parchi nazionali, 15 Parchi regionali e 16 Riserve naturali. Le regioni che hannoperso il patrimoni maggiore sono: la Sicilia (con 11.817 ettari (ha) bruciati nei SIC, 8.610 nelle ZPS e 5.851 nelle Aree protette),la Campania (8.265 ha nei SIC, 4.681 nelle ZPS e 8.312 nelle Aree protette), la Calabria (666 ha nei SIC, 3.427 nelle ZPS e 3.419nelle Aree protette), la Puglia (1.687 ha nei SIC, 1.535 nelle ZPS e 1.283 nelle Aree protette), il Lazio (173 ha nei SIC, 2.797 nelleZPS e 847 nelle Aree protette) e la Liguria (1.083 ha nei SIC, 325 nelle ZPS e 300 nelle Aree protette). Legambiente ricorda che leRegioni sono le istituzioni che hanno la principale responsabilità per l’efficace ed efficiente gestione della rete Natura 2000, inquesta emergenza incendi che ha devastato la Penisola e le aree di pregio naturalistico hanno dimostrato una grandeimpreparazione nel saper prevenire e mettere in sicurezza il prezioso patrimonio naturalistico dal rischio incendio.

Secondo Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente, «Il 2017 verrà ricordato, come lo furono il 2007 e il 1997, come unanno orribile per la devastazione prodotta dal fuoco che ha divorato anche gran parte del patrimonio naturalistico italiano Governo,Regioni, Comuni ed Enti parco assumano piena consapevolezza del danno enorme che deriva dall’arrivare impreparati allastagione critica per il rischio incendi, ancor più oggi che i cambiamenti climatici stanno ulteriormente aggravando tale rischio. Inparticolare i diciassette anni trascorsi dalla pubblicazione delle legge 353 del 2000, che assegna competenze e ruoli per prevedere,prevenire e contrastare gli incendi boschivi, rappresentano un arco temporale tale da rendere inaccettabile questo disastroambientale. Ognuno si assuma, dunque, le proprie responsabilità e assolva ai già troppi ritardi accumulati fino ad ora, prima che siatroppo tardi. Servono più prevenzione e controlli e una efficace politica di adattamento ai cambiamenti climatici».

Legambiente è convinta che «In questa emergenza incedi che ha colpito anche la natura protetta, oltre ai troppi e ingiustificati ritardiregionali e nazionali, ha pesato anche la burocrazia, la mancanza di un’efficace macchina organizzativa, di politiche di gestioneforestale sostenibili come dimostra la situazione reale e il ritardo nell’aggiornamento dei piani AIB dei parchi e delle riserve naturali

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18/8/2017 Incendi: la natura protetta andata in fumo - Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile

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dello Stato. Allo stato attuale risultano 13 piani AIB vigenti, otto con l’iter non ancora concluso e due Parchi (Stelvio e quello delCilento e Vallo di Diano) con il piano antincendi recentemente scaduto e da aggiornare».

In particolare il Cigno Verde ricorda che «Gli strumenti normativi che le aree protette hanno a disposizione sono il frutto della legge353/2000 e prevedono che ogni area protetta nazionale, Parco o Riserva, si doti di un Piano antincendio boschivo. Il piano ogni treanni viene redatto dall’area protetta e approvato dal Ministero dell’Ambiente sentito il parere dell’ex Corpo Forestale dello Stato. IlPiano AIB di ogni aree protetta farà parte del Piano AIB della regione di competenza che ha invece validità annuale. Perl’associazione ambientalista è fondamentale allineare queste scadenze predisponendo per tutti piani annuali. Altra questione darisolvere sono i tempi di approvazione dei Piani che sono troppo lunghi e con passaggi complicati.

Ciafani spiega che «Un piano che deve rispondere a fenomeni così variabili, perché legati al clima che cambia si deve approntare inun mese al massimo e a ridosso dell’inizio della stagione estiva in modo da utilizzare analisi e previsioni più credibili. Non puòessere perciò più il meccanismo di predisposizione, approvazione e inserimento nel piano regionale come prevede attualmente lalegge 353/2000. È una norma che risponde alle esigenze di una burocrazia cervellotica ma non alle esigenze di tutela dei boschidagli incendi».

L’altro problema è quello del catasto delle aree percorse dal fuoco, che deve prevedere un aggiornamento automatico dellecartografie e dei vincoli a scala comunale. Per Legambiente «Non può dipendere dalla volontà di un comune la vigenza di unvincolo su un’area incendiata, ma deve essere imposto da una autorità che impone in automatico il vincolo e la sua cogenza. Infinevisti i ritardi che si sono verificati, l’associazione ambientalista propone di ristrutturare quella rete di presidio locale garantito negliultimi 20 anni dalle associazioni di volontariato».