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Geologi di Sicilia Anno XIX Settembre-Dicembre 2011 3 Spedizione in abbonamento postale 70% - Filiale Palermo / ISSN 2038-2863 Bollettino dell’Ordine Regionale dei Geologi di Sicilia

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Geologi di Sicilia

Anno XIXSettembre-Dicembre 2011 3

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Bollettino dell’Ordine Regionale dei Geologi di Sicilia

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SOMMARIO

2-3 Editoriale / Professioni liberalie liberi professionisti, quale futuro?di Emanuele Doria

4-14 Fenomeni erosivi lungo il litoraledi Marina di Butera (CL),Sicilia Centro-Meridionaledi C. Martino - E. Curcuruto - A. Di Stefano - C. Monaco - A. Zanini

15 Embricitura automobilisticadi G. Randazzo

16-27 Un approccio integrato allo studiodelle “argille ceramiche”della Sicilia Centrale e Occidentaledi G. Montana - A. Sulli - A.M. Polito - A. Caruso - E.M. Azzaro

28-46 Stima della pericolosità potenzialeal dissesto idrogeologico nella provinciadi Messina: valutazione preliminaredi F. Nigro - A. Pisciotta - M. Perricone - R. FavaraP. Renda - G. Cusimano - F. Torre

47 Recensioni / Abbiamo letto per voia cura di P. Todaro

Inserto specialeGlossario sintetico geologico, sismico,geotecnico e strutturale, di riferimento alle NTC 2008a cura di Pietro Todaro

- Bollettino dell’Ordine dei Geologi di SiciliaGeologi di Sicilia

Anno XIX - n. 3Settembre-Dicembre 2011

Direttore editorialePietro Todaro

Direttore responsabileNicola Lo Bue

RedazionePietro Todaro, Carlo Cassaniti,Emanuele Doria, Antonio Gallitto.

SegreteriaGiusy Lo Presti

Comitato dei GarantiRosa Silvia Cannavò, Carlo Cassaniti,Francesco Criscenti, Saro Di Raimondo,Emanuele Doria, Antonio Gallitto,Corrado Ingallina, Giovanni Noto,Salvatore Palillo, Antonella Parrinello,Vincenzo Pinizzotto, Biagio Privitera,Pietro Todaro, Roberto Torre,Fabio Tortorici.

Referenti Scientifici ed EspertiValerio Agnesi, Eros Aiello,Aurelio Aureli, Giovanni Bruno,Fabio Cafiso, Mario Cosentino,Pietro Cosentino, Sebastiano Imposa,Fabio Lentini, Vincenzo Liguori,Giuseppe Montana, Giuseppe Patanè,Giovanni Randazzo, Attilio Sulli,Francesco Schilirò.

Direzione, Redazione,Amministrazione e PubblicitàOrdine Regionale dei Geologi90144 Palermo - Via Lazio, 2/ATel. 091.6269470 - Fax [email protected]

EditoreScientific Books di G. Cafaro90127 Palermo - Via L. Giuffrè, 52Tel./Fax 091.6512048E-mail: [email protected]

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La copertina:I monoliti graniticidelle Torri del Paine(3050 m), modellatidall’erosione glaciale,Regione Magellanae Antartide cilena.(Foto di Pietro Todaro)

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Si fa un gran parlare in questi giorni di liberalizza-zione delle professioni, con interventi autorevoli escontri dialettici tra esponenti del governo passato epresente e rappresentati delle professioni liberali, cioèquelle definite ai sensi della Direttiva 2005/36/CE del7 settembre 2005: le professioni liberali sono quellepraticate sulla base di pertinenti qualifiche professio-nali in modo personale, responsabile e professional-mente indipendente da parte di coloro che fornisconoservizi intellettuali e di concetto nell’interesse deiclienti e del pubblico.

La definizione europea è perfettamente calzantecon l’art. 1 del nostro Codice Deontologico, ed in Ita-lia le professioni liberali hanno da sempre rappresenta-to il fulcro di una società fondata sulla specializzazio-ne della conoscenza, la competenza che si rafforza conl’esperienza, articolazione di un sapere, stratificato neltempo, teso alla realizzazione dei desideri ed allacopertura dei bisogni dell’intera collettività.

È indubbio che lo spirito delle liberalizzazioni miria sviluppare regimi concorrenziali a favore dei consu-matori e facilità di accesso ai giovani, e sui principigenerali, come cittadini dell’Unione Europea concor-diamo, ma quello che non è possibile accettare sono leaffermazioni di tutti i recenti governi, compreso quelloattuale, che uno dei principali problemi della crisi del-l’Italia e della recessione siano i professionisti e le tarif-fe professionali, già demolite da Bersani ma adessoadditate come freno dello sviluppo, certo se pensiamoche quella dei geologi risale al ’96, altro che freno…

Occorre inoltre sottolineare, evidenziare e gridare agran voce, che la concorrenza tra professionisti a favo-re del consumatore, soprattutto nel ramo tecnico, deveessere condotta sulla qualità della prestazione, che hauna logica ripercussione sul prezzo, perché è ovvio chenessun consumatore di servizi tecnici intellettuali,possa essere alla fine soddisfatto di aver pagato pocoper la progettazione quando la villetta cominci a pre-sentare cedimenti e difetti progettuali dopo pochi annio venga coinvolta da una frana, abbia la fossa Imhoffsottodimensionata e via dicendo; fermo restando lapossibilità di rivalsa sui tecnici, la cui responsabilitàcivile e penale permane a vita e potrebbe non bastarel’assicurazione professionale obbligatoria.

Ma vediamo di analizzare fatti concreti: nel 2003,uno studio commissionato dalla Commissione Euro-pea dal titolo “L’impatto economico della regolamen-tazione nel settore delle professioni liberali in diver-si Stati membri - La regolamentazione dei serviziprofessionali”, poneva l’attenzione sulle differenzedelle professioni relative ai servizi legali, contabili,tecnici e delle farmacie nei vari paesi dell’Unione,ma per stessa ammissione degli autori con pochi datiriguardanti i redditi, i costi ed i prezzi. Ovviamente laprofessione di geologo non era compresa in questostudio, vista anche la nostra esigua consistenza alivello europeo. Le conclusioni cui giungeva lo stu-dio affermavano che “Non ci sono pertanto motiviper mettere in dubbio l’elevata qualità e il valoresostanziale degli attuali servizi professionali, a pre-scindere dal livello di regolamentazione, sia essobasso o elevato”. Tuttavia “le strategie miranti adintrodurre un minore livello di regolamentazione chefunzionano in uno Stato membro possono ugualmen-te funzionare in un altro, senza compromettere laqualità dei servizi professionali e apportando benefi-ci per i consumatori”.

L’approccio demagogico con cui si vuole giustifi-care una volontà europea di liberalizzazione, trovavacosì scarso fondamento sin dall’inizio. L’Europa sulleliberalizzazioni ha diversi principii ispiratori comegià confermava l’obbligo dell’aggiornamento profes-sionale sancito dal Consiglio Europeo a Lisbona nel2002 ed immediatamente applicato dal ConsiglioNazionale dei Geologi, cui si aggiungono ulteriorievidenze come la decisione della Corte di Lussem-burgo che ha stabilito che ai Paesi membri è consen-tito di dotarsi delle tariffe che vogliono, il fatto che inGermania le tariffe professionali siano state reintro-dotte, o il pronunciamento della medesima corteeuropea sul caso specifico degli avvocati nel quale adavviso dei giudici Ue ”la disciplina italiana suglionorari presenta una flessibilità che sembra permet-tere il corretto compenso per qualsiasi tipo di presta-zione”, e la Commissione ”non ha dimostrato che lenorme italiane sulle tariffe massime degli avvocatiostacolino l’accesso dei legali di altri Stati membrinel mercato italiano”.

di Emanuele Doria

PROFESSIONI LIBERALIE LIBERI PROFESSIONISTI,QUALE FUTURO?

L ’ E D I T O R I A L E

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Il mondo professionale svolge nel sistema economi-co e sociale del nostro Paese un ruolo fondamentalenon solo sul piano culturale ma anche su quello econo-mico, rappresentando circa il 15% del P.I.L. nazionale.Su questa fetta di mercato, ormai da alcuni anni, primain sordina, poi in maniera sempre più evidente fino alleattuali esplicitazioni, si sono concentrati i forti appetitidel settore imprenditoriale, senza mezzi termini Con-findustria, che, come dichiarato più volte dai suoi mas-simi esponenti, mira alla capitalizzazione dei serviziintellettuali ed in particolar modo di quelli attinentil’ingegneria e l’architettura e che ha già ottenuto ungrosso successo con l’ingresso del socio di capitalinelle società di professionisti (senza limitazioni al pos-sesso di quote) varato dal precedente governo.

Ma alla realizzazione completa di questo progettoc’è un ostacolo, gli Ordini Professionali, non sempliciassociazioni di categoria o lobbies ma istituzioni delloStato che per finalità istituzionale tutelano il liberoprofessionista così come il consumatore (anche se noipreferiamo chiamarlo cittadino), ostacoli quindi nonfacilmente eliminabili, come si è finalmente capitodopo qualche patetico e confuso tentativo legislativo.La direzione verso cui sta andando la bozza di decretolegge sulle liberalizzazioni, stante l’ultima versionedivulgata, è quindi quella di svuotare di ogni significa-to l’attività degli Ordini, così come si evince chiara-mente dalla segnalazione dell’antitrust al Governo incui l’Autorità ritiene “al fine di completare il processodi modernizzazione già avviato e consentire ad esso disvolgere un ruolo adeguato di sostegno alla crescitanel Paese, risulta necessario introdurre le seguentimisure”: 1) abolizione espressa di qualsiasi forma ditariffario; 2) esclusione della funzione disciplinare incapo agli Ordini; 3) limitazione dei poteri dei Consiglidegli Ordini alla fissazione di requisiti minimi dei corsi

di formazione, senza alcuna necessità di autorizzazionio riconoscimenti preventivi, prevedendo forme diauto-dichiarazione da parte degli organizzatori conmeri controlli a campione;4) revisione della piantaorganica dei notai in modo da aumentare significativa-mente il numero dei posti di notaio ivi previsti; 5) abro-gazione del controllo, da parte degli ordini professio-nali, sulla trasparenza e veridicità dei messaggi pubbli-citari veicolati dai professionisti.

Comprendiamo tutti la necessità di sviluppare unregime maggiormente concorrenziale e che non sialimitante nelle possibilità di accesso, ma ribadiamo chequesto processo debba mirare ad elevare la qualitàdelle prestazioni intellettuali, non incentivare ulterior-mente la concorrenza sleale, i rapporti economici innero e lo scadimento dei contenuti, abbiamo già i casidi 3x2 nelle prestazioni geologiche e francamente loriteniamo lesivo della dignità di tutti i colleghi.

Ritengo che la funzione sociale e la dimensioneeconomica delle libere professioni rendano ineludibileuna concertazione con le stesse di ogni possibile ipote-si di riforma.

Una faziosa concezione delle professioni liberali,dietro il paravento illusorio delle liberalizzazioni, tendesolo alla industrializzazione dei professionisti italiani,riservando loro la stessa fine che i grandi centri commer-ciali hanno riservato alle botteghe ed ai piccoli negozi.

Finchè esisteranno gli Ordini, continueremo nellabattaglia di salvaguardare non privilegi di corporazio-ne (noi geologi vorremmo anche chiederci quali), male giuste aspettative professionali ed economiche di chiha investito in anni di studio per la realizzazione delproprio personale sogno.

Con un cordiale augurio di buon lavoro a tutti Voi.Emanuele Doria

Presidente Ordine regionale Geologi di Sicilia

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Buon Anno

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FENOMENI EROSIVI LUNGO IL LITORALEDI MARINA DI BUTERA (CL),SICILIA CENTRO-MERIDIONALEC. Martino*, E. Curcuruto°,A. Di Stefano*, C. Monaco*,A. Zanini** Dipartimento di Scienze Biologiche Geologiche e Ambientali (Sezione di Scienze della Terra) - Università di Catania° Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Modena e Reggio Emilia - Sede di Modena

INTRODUZIONE

L’erosione costiera si può definire come l’avanza-mento del mare rispetto alla linea di costa, rilevata suun periodo di tempo sufficientemente lungo da tenerenel giusto conto la dinamica sedimentaria, risultato difattori sia naturali (venti, mareggiate, correnti costiere,variazioni relative del livello del mare e processi diversante) che antropici (opere di ingegneria costiera,regimazione dei bacini fluviali, dragaggi, rimozionedella vegetazione).

Le zone costiere sono di particolare importanza perl’intero territorio, sia dal punto di vista sociale, poichésede delle principali attività economiche, fonte di ric-chezza per le realtà locali, che ambientale per la pre-senza di habitat naturali, spesso utilizzati come indica-tori dello stato di salute della costa stessa.La Sicilia possiede oltre 1000 km di costa, che nelcorso degli anni, ha subito sostanziali cambiamentipoiché soggetta ad una eccessiva antropizzazione esfruttamento delle risorse. La gestione della fasciacostiera, intesa come approccio programmato e soste-nibile dello sfruttamento delle coste, trova nell’erosio-ne una seria problematica da fronteggiare e pertanto

mira a ricercare un punto di equilibrio sostenibile tra ifattori insediativi e produttivi locali, marittimi e terre-stri di forte pressione e i fattori naturali presenti. Dicerto l’approccio a tale problematica non può prescin-dere da un’analisi iniziale che tenga in considerazioneil contesto geologico e l’assetto geomorfologico, prin-cipali induttori delle trasformazioni territoriali.

L’area in esame (fig. 1) è ubicata lungo la fasciacostiera della Sicilia centro-meridionale, nel settoreoccidentale del Golfo di Gela, tra Punta delle Due Roc-che, al confine tra le province di Agrigento e Caltanis-setta, e la foce del Torrente Comunelli, limite comuna-le tra i territori di Butera e Gela (provincia di Caltanis-setta). Essa ricade in area sottoposta a vincolo paesag-gistico per l’art. 142 D.L 42/04 e per l’art. 157/06 delCodice dei Beni Culturali e del Paesaggio della Regio-ne Siciliana: i sopra citati articoli pongono a vincolo ditutela le aree fino a 300 m dalla linea di battigia. Inol-tre l’art. 78 L.R del 12/06/1976 dichiara le aree entro i150 m dalla linea di battigia inedificabili. In aggiunta,il tratto costiero compreso tra le zone di “Falconara”(Butera) e “Manfria” (Gela) risulta essere un S.I.C(Sito di Interesse Comunitario), in quanto occupatodagli ultimi cordoni dunali della Sicilia meridionale

Il presente lavoro riguarda lo studio geomorfologico e l’analisi del trend evolutivo della fascia costiera ricadentenel territorio comunale di Butera (provincia di Caltanissetta), per la definizione dei processi erosivi localmente

rilevanti e la proposizione di una efficace protezione del litorale, da inserire nel contesto di una gestione consapevole e sostenibile della fasciacostiera. Il litorale di Marina di Butera, orlato dall’alternanza di coste alte a falesia, da spiagge sabbioso-ghiaiose e da cordoni dunali mostrachiari segni di erosione, la cui risposta è stata analizzata tenendo conto delle cause scatenanti.Tale erosione, chiaramente constatabile lungole spiagge, non è compensata né dalla deriva litorale, né dall’apporto dei materiali derivanti dai franamenti e sgretolamenti delle falesie adia-centi.Tra le cause è da segnalare la diminuzione degli apporti solidi da parte del Fiume Salso e la realizzazione di opere antropiche che hannoalterato la dinamica litorale. In particolare, l’eccessivo allungamento delle dighe del porto di Licata ha bloccato la deriva litorale privando lespiagge sottoflutto dell’apporto sedimentario, mentre lo spianamento di tratti del cordone dunale per la realizzazione di strutture turistichee seconde case ha privato la spiaggia del suo naturale serbatoio di sedimenti, aumentando lo stress costiero.PAROLE CHIAVE: Sicilia centro-meridionale, dinamica litorale, erosione costiera.

This paper presents the geomorphological study and the evolutionary trend analysis of the coastal area fallingwithin the Butera territory (province of Caltanissetta), carried out with the aim of highlighting the most relevant

erosional processes and in the attempt to propose efficient tools for protecting the littoral area in the framework of a conscious and sustai-nable administration of the coastal areas.The littoral of Marina di Butera, characterized by alternating cliffs, sandy-gravely beaches and dunalsand bars, is clearly undergoing erosional processes.These have been analysed paying particular attention to the motivating factors.The ero-sion is particularly evident along the beaches and it is not compensated neither by littoral drift, nor by sediment supply deriving from land-slides or eroded fragments from the cliffs.Among the causes is to report the reduction of solid contribution by the Salso River and the buil-ding of manufactures that have modified the littoral dynamics. In particular, the extreme lengthening of the docks of the Licata harbour bloc-ked the sediments supplies to the breakwater beach; moreover, the building of tourist facilities and holiday houses destroyed portions of thedunal sand bars, a natural reserve of sediments for the beach, increasing the coastal stress.KEYWORDS: Central-southern Sicily, littoral dynamics, coastal erosion.

R I A S S U N T O

A B S T R A C T

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(Macconi di Desusino); inoltre sono state dichiaratezone di notevole interesse pubblico il tratto presso lalocalità di Manfria, con decreto n° 15 del 21 Gennaio1987, e il Castello di Falconara e le adiacenze in terri-torio di Butera con Decreto n° 1431 del 9 Luglio 1988.Questo tratto costiero, esteso per circa 20 Km, ricadenell’Unità Fisiografica Punta Braccetto-Licata (PAI,2004) caratterizzata da coste basse e sabbiose, sogget-te ad arretramento a causa della forte esposizione almoto ondoso e della presenza di insediamenti urbani eagricoli che hanno occupato gli spazi degli antichi cor-doni dunali, un tempo presenti lungo quasi tutto il lito-rale (PAI, 2004). A partire dagli anni ’60, l’area è statasoggetta ad un aumento dei tassi di erosione (Bramba-ti et al., 1992), correlabile con l’inizio degli interventidi regimazione del Fiume Salso, il completamento delporto di Licata e il boom edilizio.

Il presente articolo illustra i risultati dei rilievi effet-tuati nell’Ottobre 2010, corredati da analisi sedimento-logiche, nonché la ricostruzione storica del trend evo-lutivo della linea di costa, a partire dagli anni ’60. Èstata inoltre valutata l’incidenza di strutture antropichesulla dinamica litorale e la loro influenza sullo stresscostiero.

INQUADRAMENTOGEOLOGICO-GEOMORFOLOGICO

Dal punto di vista geomorfologico il settore occi-dentale del Golfo di Gela, tra Licata e Manfria (fig. 1),è caratterizzato da coste basse e sabbiose, esposte pre-valentemente a sud, interrotte dagli spuntoni rocciosidi Punta delle Due Rocche e Falconara. Lungo questo

tratto di costa sfociano diversi corsi d’acqua, quali ilFiume Salso o Imera meridionale e i Torrenti Falcona-ra, Cantigaglione e Comunelli, i cui apporti solidi allitorale, ad eccezione dei periodi di piena, sono attual-mente modesti. Gli apporti maggiori sono da parte delfiume Salso, il cui apparato fociale è ubicato poco adest del porto di Licata.

Il bacino idrografico del Fiume Salso, esteso indirezione N-S, copre una superficie di circa 2000 km2

(Regione Siciliana, 2006a); la lunghezza dell’asta prin-cipale è di 132 km e la parte bassa, caratterizzata dameandri, scorre entro alluvioni terrazzate alte più di 10m rispetto all’attuale letto, livello di base di un ciclomorfogenetico più antico. Le stazioni idrometriche nelbacino del Fiume Salso, funzionanti a partire dal 1922,sono tre, la più importante delle quali è ubicata in loca-lità Drasi. La stazione, posta a 56 m s.l.m. a circa 34Km dalla foce del Fiume Salso, sottende un bacino dicirca 178,2 Km2 con altitudine media di 586 m s.l.m.Nella medesima località ha inoltre funzionato, dal1964, una stazione torbidometrica per la misura delleportate solide. Dodici anni di osservazioni (1964-1975) rivelano una portata solida media di 885 T/Km2e una portata massima di 3.380 T/Km2. Le piene siregistrano tra i mesi di Novembre e Aprile, con oltre il90% dei deflussi, ai quali si accompagnano le più ele-vate portate torbide (Regione Siciliana, 2006b). Daivalori del trasporto solido registrati nei pressi dellafoce del Salso e dalle caratteristiche tessiturali dei sedi-menti, risulta che il carico solido in sospensione è pre-valentemente pelitico, e si disperde verso il largo sottoforma di plume, ad opera delle correnti sia litoraneeche trasversali. Solo il 10% del materiale depositato

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Fig. 1 - Ortofoto con ubicazione dell’area investigata

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alla foce è costituito da sabbie, che possono contribui-re al bilancio sedimentario del litorale; inoltre negliultimi decenni la diminuzione del trasporto solido flu-viale è stato dell’ordine del 5% (ENEA, 2006). Ciò acausa della costruzione nel bacino dell’Imera Meridio-nale di invasi per uso irriguo o idropotabile che tratten-gono parte del trasporto solido (dighe di Villarosa infunzione dal 1972, di Olivo e Gibbesi in funzione dallafine degli anni ottanta), di interventi di bonifica lungoil corso d’acqua e la costruzione di numerosissimiimbrigliamenti lungo i torrenti-affluenti del Salso e,infine, del prelievo di materiali inerti lungo l’alveo.

Oltre alle foci fluviali, gli habitat geomorfologicipiù frequenti sono rappresentati dalle falesie (Fig. 2a),soggette per la loro natura litologica a intensi processierosivi, le spiagge sabbioso ghiaioso-ciottolose (fig.2b) con frequenti mud balls costituiti da argilla e lito-clasti inglobati e, infine, le dune con vegetazionecostiera (fig. 2c), localmente degradate dall’erosionemarina (fig. 2d). Le falesie, ad alto valore ecologico epresenti nel tratto di costa alta compreso tra il Castellodi Falconara e Desusino (fig. 1), si trovano in una con-dizione di diffuso disequilibrio, legato alla direzionedei venti rispetto alla linea di costa, alla litologia pre-

valentemente pelitica e alla giacitura degli strati. Essepresentano vistosi fenomeni di arretramento, con este-si e ricorrenti fenomeni di crollo per scalzamento alpiede. La spiaggia di Marina di Butera, tra Desusino eil Torrente Comunelli, è costituita da sedimenti preva-lentemente sabbiosi e presenta al suo interno un cordo-ne dunale di rara bellezza e in buone condizioni dinaturalità. In alcuni tratti esso è stato spianato per farposto a seconde case, parcheggi, complessi turistici eimpianti di serricoltura, senza tener conto dell’impor-tante contributo delle dune al bilancio sedimentariodelle spiagge.

Dal punto di vista anemometrico (Stazione dell’Ae-ronautica Militare di Gela), il tratto costiero è caratte-rizzato da venti regnanti, che spirano da NW e da SE,e da venti dominanti, da SSW, SW e W. Anche alla loroazione si deve il profilo costiero e la morfologia dellaspiaggia emersa, con dune longitudinali con il fiancosopravento meno inclinato rivolto ad ovest, e ripplesda corrente orientati secondo i venti di ponente. I ventidi libeccio trasportano modeste quantità di sedimentieolici, costituiti da sabbie fini di provenienza africana,depositandoli sulla spiaggia sommersa caratterizzatada barre e truogoli (Brambati et al., 1992).

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Fig. 2 - Habitat geomorfologici caratterizzanti il litorale di Marina di Butera: a) falesia in erosione tra il Castello di Falconara eDesusino; b) spiaggia ciottolosa poco ad ovest di Desusino; c) spiaggia sabbiosa con dune embrionali ad est di Desusino; d) par-ticolare del duneto soggetto ad erosione costiera.

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La corrente sotto-costa (drift) è orientata da ovestverso est, con un moto ondoso prevalente da SW(Amore et al., 1998). I fondali antistanti l’intero trattocostiero sono fondali roccioso-sabbiosi fino ad unadistanza di 200 m dalla costa; la spiaggia sommersapresenta una morfologia a barre, con strutture fino alsecondo ordine e un’ampiezza massima di 400 m. Lependenze medie dei profili, tra la battigia e l’isobata -5 m, sono comprese tra 0,45% e 0,76%.Dal punto di vista geologico, l’area in esame ricade nelcosiddetto “Bacino di Caltanissetta” (Decima e Wezel,1971), ampia area subsidente formatasi a partire dalMiocene, che occupa granparte del settore centro-meri-dionale della Sicilia. Il bacino è caratterizzato da este-si affioramenti di rocce terrigene ed evaporitiche cheinfluenzano la morfologia costiera e condizionano ifattori di dissesto idrogeologico dell’area. I litotipi pre-senti nell’area in esame fanno parte infatti della suc-cessione sedimentaria, prevalentemente terrigena,compresa tra il Cretaceo e l’Attuale (fig. 3); ServizioGeologico d’Italia, 1955), intramezzata dalle evaporitidella ben nota crisi di salinità del Messiniano (Hsu etal., 1977). Tali depositi sono stati coinvolti nelle fasitardive dell’orogenesi e deformati da un sistema di pie-ghe e ricoprimenti che hanno prodotto, durante il Plio-Pleistocene, la cosiddetta Falda di Gela (Grasso et al.,1997; 1998), lembo più esterno della Catena Appenni-nico-Maghrebide (Auct.), affiorante lungo l’allinea-mento Gela-Catania.

METODOLOGIA

Le variazioni della linea di costa dipendono princi-palmente da fattori naturali a medio e breve termine, inparte condizionati dall’antropizzazione della fasciacostiera. La mobilità della spiaggia è valutabile su lassidi tempo relativamente brevi ed è legata a fattori quali lecaratteristiche geologiche e geomorfologiche delle areecircostanti, le condizioni meteomarine, le portate deicorsi d’acqua ed il trasporto dei sedimenti lungo la costa.

Le condizioni del litorale in esame sono state rile-vate nel mese di Ottobre 2010, conseguentemente alleprime mareggiate, mediante rilievo geomorfologico estrumentale tra Punta delle due Rocche e Marina diButera; ciò ha consentito l’acquisizione di nuovi daticartografici relativi all’attuale linea di costa, rilevatacon GPS (map datum WGS84 e posizione UTM, Fuso33) con tolleranza x,y +/- 0,50 m, e la realizzazione diprofili morfologici trasversali, perpendicolari allalinea di riva, corredati da campioni di sedimento.

Al fine di fornire un quadro più completo del feno-meno erosivo del settore studiato, è stato ricostruito iltrend evolutivo della linea di costa tra il porto di Lica-ta e Manfria, attraverso l’esame di ortofoto, immaginida satellite e carte topografiche disponibili a partiredall’800, completando con l’inserimento della nuovalinea di costa per l’anno 2010.

Per quanto riguarda il di campionamento, sono statirealizzati 7 transetti, denominati con i numeri progres-

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Fig. 3 - Carta geologica dell’area costiera compresa tra la foce del Fiume Salso e Manfria (da Servizio Geologico d’Italia, 1955).Sigle delle unità litologiche: Mab, argille brecciate e argille scagliose e varicolori, Cretaceo-Miocene inferiore; M2a, FormazioneLicata, Miocene medio-superiore; M3t, Tripoli, Messiniano; M3c, Calcari di base, Messiniano; M3g, Gessi, Messiniano; P1m,Trubi, Pliocene inferiore; P2a, P3s, argille marnose grigio-azzurre con livelli sabbiosi, Pliocene medio-superiore; Q1, Depositi flu-vio-costieri terrazzati, Pleistocene; Q3, Depositi alluvionali recenti ed attuali, Olocene; Q1e, Q3s, dune, dt, detrito.

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Fig. 4 - Ubicazione dei transetti e dei siti di campionamento eseguiti nell’area costiera analizzata (ubicazione in fig. 1).

Fig. 5 - Ricostruzione temporale degli interventi di sistemazio-ne e allungamento del Porto di Licata (ubicazione in fig. 1) ecorrelazione con la migrazione della linea di costa in prossimi-tà della foce del Fiume Salso (mod. da Brambati et al., 1992).

sivi da 1 a 7 (fig. 4a, b), lungo i quali sono state posi-zionate le stazioni di campionamento, corrispondentiai differenti elementi morfologici caratterizzanti laspiaggia emersa: battigia, gradino di battigia, berme epiede della duna. I transetti sono ubicati, da NW a SE,presso i seguenti siti: Punta delle Due Rocche (1), Fal-conara (2-3), Desusino (4), Macconi (5), Manfria, (6-7).I campioni prelevati sono stati trattati, secondo meto-dologie standard, con soluzione di perossido di idroge-no ed acqua distillata per 48 ore a temperatura ambien-te, per eliminare la sostanza organica e facilitare laseparazione dei granuli (ICRAM, 2003). La frazione >63 μm è stata vagliata tramite metodo diretto del setac-ciamento in pile di setacci in acciaio inox (serie ASTMUSA), scelti in modo da costruire una serie da –1 a 4 ϕcon un intervallo di 0.5 ϕ (ϕ = -log2 del valore in mm).Le frazioni raccolte in ogni setaccio sono state pesateed i risultati espressi come % del peso recuperato inogni setaccio. La frazione < 63 μm è stata raccolta adumido dentro contenitori in polietilene ed analizzata

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mediante l’utilizzo del granulometro ELZONE 282PC. Dalle curve cumulative di ciascun campione, con-siderato in tutta la sua distribuzione granulometrica(Folk, 1954) sono stati ricavati i parametri statisticicalcolati secondo il metodo grafico (Folk e Ward,1957): diametro medio (Mz ϕ), deviazione standard(σϕ1), asimmetria (SKI) curtosi (KG ϕ).

Analisi del trend evolutivo della lineadi costa tra il porto di Licata e Manfria

Il trend evolutivo del litorale in oggetto nel periodocompreso tra il 1823 e il 1960 è caratterizzato da unavanzamento della linea di costa, con velocità pari a 3m/anno, nel periodo 1823-1886, e a 10 m/anno tra il1886 e il 1952 (Brambati et al., 1992). A partire daglianni ’60 si osserva un inasprimento dei processi erosi-vi, con un arretramento della linea di costa di circa 300m in prossimità della foce del Fiume Salso (fig. 5,mod. da Brambati et al., 1992) e di circa 60 m in pros-simità della località Punta delle Due Rocche. L’erosio-ne di questo tratto di litorale subisce un ulteriore incre-mento a partire dagli anni ’90, quantificato attraversol’elaborazione dei dati cartografici e delle immaginisatellitari risalenti agli anni 1998, 2000, 2006-2007,2007-2008, 2009, 2010 (fig. 6). In generale, si rilevache il trend erosivo che caratterizza il periodo 1966-1998 si accentua a partire dal 2000, in concomitanzadell’allungamento del molo di levante del porto diLicata, realizzato alla fine degli anni ’90 (v. sotto), conconseguente deviazione delle correnti litoranee e delladistribuzione dei sedimenti lungo la spiaggia.

Evoluzione nel periodo 1966-1998. Il confronto deidati ottenuti dalle elaborazioni dei rilievi cartograficidel 1966 e del 1998 e l’analisi delle ortofoto relative

Fig. 7 - Immagini satellitari, relative all’intervallo temporale2001-2010, illustranti l’impatto del parcheggio Desusino sultratto di spiaggia antistante (ubicazione in Fig. 6).

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Fig. 6 - Ricostruzione del trend evolutivo della linea di costa nel tratto compreso tra Punta delle Due Rocche e Contrada Desu-sino (ubicazione in Fig. 1).

agli anni 1988 e 1994, ha permesso di definire, nel trat-to compreso tra Le Due Rocche e la foce del T. Comu-nelli, un’ampiezza iniziale massima di circa 83 m, perpoi passare, nel 1998, a circa 65 m, con un arretramen-to medio della linea di riva di 18,50 m.

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Evoluzione nel periodo 1998-2000. Si nota la pro-secuzione dell’azione erosiva, con un ulteriore arre-tramento di circa 27 m, uniforme in tutto il trattoanalizzato, fatta eccezione per un tratto costiero dicirca 300 m, a est del parcheggio Desusino, dove èpossibile notare una limitata azione di equilibriodella linea di costa rispetto a quelle del 1966 e 1998,imputabile probabilmente alla presenza di un estesoduneto.

Evoluzione nel periodo 2000-2006. Nel tratto dicosta analizzato si osserva un arretramento nell’ordinedi 43 m. Questa tendenza all’arretramento mostra cheil trend erosivo, evidenziato per gli anni precedenti,continua con ritmo incalzante, ad eccezione del trattointeressato dal duneto, dove si registra un arretramentopari a circa 20 m.

Evoluzione nel periodo 2006-2008. In questo perio-do il tasso di erosione sembra subire un rallentamento;infatti, il tratto costiero analizzato perde solo circa 8 mrispetto ai precedenti rilievi.

Evoluzione nel periodo 2008-2010. Il rilievo dellalinea di costa effettuato nell’Ottobre 2010, indica laprosecuzione dell’attività erosiva sul litorale inesame; in prossimità del parcheggio Desusino,costruito all’inizio del decennio. Tali fenomeni risul-tano accentuati, come testimoniato dal crollo, seppurparziale, della parte della struttura prospiciente laspiaggia, conseguentemente ad una mareggiata ordi-naria. La ricostruzione storica delle immagini relativeal parcheggio (fig. 7) mostra come il processo erosi-vo, già in atto durante la sua realizzazione, ne abbiacausato la parziale distruzione a partire dall’autunno2008. Poco ad ovest del parcheggio è stata misuratal’ampiezza massima della spiaggia, dal piede delladuna alla battigia, che è risultata pari a 6,30 m. Essapresenta un arretramento di circa 20 m rispetto allalinea di costa rilevata nel 2008 e addirittura di oltre 76m rispetto agli anni ’60 (fig. 6).

Analisi granulometrichee statistiche dei campioni

Le analisi sedimentologiche, condotte su 25 cam-pioni di sedimento (tab. 1), hanno consentito la carat-terizzazione tessiturale del tratto analizzato, necessariaper la determinazione dello stato del litorale stesso. Ilpresupposto da cui si parte è che un tratto di litoralesottoposto a depauperamento subisce l’allontanamentodelle frazioni granulometriche dimensionalmentemeno stabili e conseguentemente il fuso granulometri-co andrà ad assumere una elevata classazione e valoridell’asimmetria negativi, indice di arricchimento dellacomponente più grossolana (Carobene e Brambati,1975; Ferrari et al, 2004).

Le analisi granulometriche e dei principali parame-tri statistici (diametro medio, classazione, asimmetria ecurtosi, Folk e Ward, 1957) indicano che i campioniesaminati hanno un diametro medio ricadente nelcampo della sabbia da molto grossolana a fine (0-3 ϕ)e risultano ben classati, indice di una buona capacitàselettiva del mezzo di trasporto (tab. 1). Inoltre, paral-lelamente al litorale, procedendo da Licata verso Man-fria (da NW a SE), il valore della classazione aumenta,perché si risente sempre meno dell’influenza di appor-ti solidi.

Riassumendo, è possibile stabilire le seguenti corre-lazioni tra i sedimenti e i vari elementi morfologicidella spiaggia emersa:

• il gradino di battigia è costituito da sabbie medie esabbie grossolane limitatamente ai siti di Puntadelle Due Rocche e Falconara; l’asimmetria è nega-tiva;

• la battigia è costituita da sabbie medie; l’asimmetriaè negativa;

• lungo le berme si hanno sabbie comprese tra lemedie e le fini; asimmetria pressoché negativa;

• le dune, dove presenti, sono costituite da sabbiefini; asimmetria positiva.

Le differenze granulometriche e di asimmetria neidiversi elementi della spiaggia ben si sposano con unmodello di spiaggia in erosione (Dal Cin, 1968); infat-ti nel caso in esame battigia e berme sono prevalente-mente costituite dalle frazioni sabbiose medie e gros-solane, mentre le frazioni fini vengono facilmenteasportate a causa dei fenomeni erosivi intensi.I valori dell’asimmetria, non possono essere uniforma-ti, poiché molto diversi tra loro, ma riescono a fornireun ulteriore dato: infatti i campioni che presentanoun’asimmetria negativa, che indica la presenza di unacoda di materiale grossolano, sono quelli prelevatilungo la battigia e le berme, più soggette all’operaselettiva del moto ondoso che allontana e disperde lefrazioni più sottili.

I dati sedimentologici disponibili dalla letteraturaper il litorale in studio (Amore et al., 1988), non pre-sentano differenze di rilievo rispetto a quanto ottenutonel presente lavoro. Durante i rilievi dell’Ottobre 2010sono state individuate solo leggere variazioni tessitura-li dei sedimenti, nel tratto compreso tra Punta delleDue Rocche e il parcheggio Desusino, localmentecostituiti da sedimenti più grossolani, compresi nelleclassi granulometriche da ciottoli piccoli a ciottoligrandi (Folk e Ward, 1957), affioranti dalla battigiafino al piede della falesia retrostante. Tale segnalazio-ne può essere interpretata come un fenomeno stretta-mente temporale, dovuto alle violenti mareggiate chehanno deposto frammenti grossolani eterometrici easportato e disperso le frazioni fini.

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Tab. 1 - Risultati delle analisi sedimentologiche condotte sui campioni prelevati lungo il tratto di costa tra Puntadelle Due Rocche e Manfria (ubicazione in Fig. 4a,b).

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Il porto di Licata e l’interferenzasul settore costiero

Il porto di Licata (fig. 5) è una struttura artificialecommerciale e da pesca, a servizio del settore centro-meridionale della Sicilia. Il porto si trova sulla costaprospiciente la città di Licata, poco ad ovest della focedel Fiume Salso, alle coordinate 37°05’ 17 N-13°56’53 E. La struttura è stata costruita per escavazione deifondali mediamente intorno ai 7 m e con un massimodi 9 m in prossimità dell’imboccatura, ampia circa 250m. Essa risulta composta da due dighe, la Diga diPonente e la Diga di Levante, all’interno delle qualidue moli intermedi (il Molo di Ponente e il Molo diLevante) delimitano l’area portuale peschereccia adovest, l’area centrale commerciale e una terza area, adest, comprendente una spiaggia con basso fondale ina-datto all’ancoraggio.

Si hanno notizie di un sistema portuale a Licata sindall’antichità, a partire dalla fondazione della città nel282 a.C. ad opera di Phintia, antico tiranno di Agrigen-to. A quel tempo il sistema portuale, di tipo naturale,doveva occupare una piccola baia, larga circa 80 m, ubi-cata tra Monte San Michele e l’antico promontorio delCastello San Giacomo, protetto dagli agenti marini adovest grazie ad un piccolo molo attestato sul Monte SanMichele e orientato E-W (Amore et al., 2002). La con-formazione naturale di questa prima struttura portualenon disturbava il trasporto di sedimenti lungo costa(prevalentemente verso est) e assicurava la protezioneda parte degli apporti solidi del vicino Fiume Salso. Nelcorso del tempo, nonostante le piccole dimensioni,costituì un importante scalo per i traffici di prodotti agri-coli e di zolfo, e subì numerosi lavori di ampliamento eallungamento. Tra il 1940 e il 1952, il sistema portualefu modificato profondamente ed ampliato con la costru-zione della Diga di Levante, in corrispondenza dellafoce del Fiume Salso (in destra del fiume). Verso ovestfu costruita la Diga Antemurale a protezione dell’im-boccatura del vecchio porto. I lavori continuarono neglianni ’60 quando fu costruito un piccolo molo ad ovestdel Molo di Ponente, in linea con la diga antemurale.Questa struttura è chiaramente rappresentata anchenella Tavoletta Licata dell’Istituto Geografico Militaredel 1968. Il varco esistente risultava spesso insabbiato acausa delle mareggiate dei quadranti occidentali e meri-dionali e provocava rifrazioni del moto ondoso daponente con vortici all’imboccatura del porto, pericolo-si per i natanti. Questa conformazione, consentendoancora in parte le correnti litorali, non ebbe però effettinegativi sulla linea di costa in corrispondenza della focedel Fiume Salso che alla fine degli anni ’60 raggiunse ilsuo massimo avanzamento (fig. 5).

Tra il 1977 e il 1987 la struttura del porto di Licatafu quasi completata con il collegamento della diga

antemurale con il piccolo molo ad ovest del Molo diPonente a formare la Diga di Ponente che racchiuse,insieme con il precedente, la darsena per pescherecci.Inoltre fu allungata ulteriormente la Diga di Levanteche raggiunse la lunghezza di circa 2 km. Nella CartaTecnica Regionale del 1992 si nota un ulteriore allun-gamento anche della Diga di Ponente, che raggiunse lasu lunghezza attuale, di circa 2 km, nel 1997. Neglianni successivi furono effettuati solo piccoli lavoriall’interno del bacino portuale, ma l’impatto negativodell’opera sugli equilibri costieri diventò man manopiù evidente (v. anche Brambati et al., 1992) con l’ar-retramento della linea di costa in corrispondenza dellafoce del Fiume Salso di circa 500 m.

In generale, il porto di Licata, nella sua conforma-zione attuale, ha modificato fortemente il modello ditrasporto dei sedimenti dell’unità fisiografica studiata.Esso infatti intercetta i sedimenti trasportati dalle cor-renti lungo costa, ne ostacola il flusso naturale, impe-dendo che entrino così nel bilancio sedimentario. Lacontinua sottrazione di sedimenti ad opera della strut-tura portuale, pur non essendo l’unica causa dell’ero-sione del litorale, ha determinato un marcato arretra-mento della linea di costa e una riduzione della spiag-gia sottoflutto (v. sopra). I tratti costieri in cui il proces-so erosivo è più evidente, corrispondono a quelli postiin prossimità della foce fluviale del Fiume Salso che,può essere definita come wave dominated river mouth(Wright, 1977), con una morfologia direttamente espo-sta all’azione del moto ondoso e alla ridistribuzione deisedimenti ad opera delle correnti longshore, in questocaso fortemente influenzate dall’azione schermantedella struttura portuale di Licata.

Analisi di dati e conclusioniÈ stato condotto uno studio della dinamica costiera

tra Licata e Manfria, con particolare approfondimentodell’area compresa tra Punta delle Due Rocche e Mari-na di Butera; tale settore, caratterizzato da coste alte afalesia, spiagge sabbioso-ghiaiose e cordoni dunali,mostra chiari segni di erosione costiera. Le falesiesubiscono abrasione marina, tuttavia l’apporto deimateriali dovuto a franamenti e sgretolamenti nonriesce a compensare l’erosione, constatabile anchenelle spiagge a est del porto di Licata e della foce delFiume Salso, a ridotta portata solida a causa di opereidrauliche a monte.

L’analisi del trend evolutivo della linea di costa haevidenziato che il processo erosivo innescatosi giànegli anni ’60, quando la spiaggia emersa avevaun’ampiezza di circa 83 m, ha subito un incrementonel corso degli anni. Il dato significativo è emersodall’analisi del decennio 1998-2008, periodo in cui siassiste all’arretramento dell’arenile di oltre 50 m,

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fatta eccezione per l’area coperta dal duneto, dove ilprocesso ha subito un lieve rallentamento. I rilievi delsettore costiero, effettuato nell’Ottobre 2010, eviden-ziano il proseguire del processo erosivo, testimoniatodall’ulteriore riduzione dell’ampiezza della spiaggiaemersa, attualmente ampia solo 6,30 m. Le analisisedimentologiche eseguite su sedimenti caratteriz-zanti tutti gli elementi della spiaggia emersa, indica-no un sostanziale accordo con il modello di unaspiaggia in erosione.

Di notevole importanza, ai fini dell’erosione, è lapresenza di opere antropiche, come il porto di Licata.In particolare, l’operazione di allungamento dei moli,avvenuta alla fine degli anni ’90, ha di fatto bloccato laderiva litorale, privando dell’apporto sedimentario lespiagge sottoflutto, con conseguente incremento delprocesso erosivo. Altro elemento perturbante è costi-tuito dal parziale spianamento del cordone dunale, cheha privato la spiaggia di un importante contributo disabbia al bilancio sedimentario.

I processi naturali includono l’utilizzo di un approc-cio più flessibile della gestione costiera che consideri:i) il mantenimento delle zone umide rimaste che offro-no un elevato livello di protezione nello smorzamentodell’energia delle onde durante le mareggiate; ii) ilripascimento delle spiagge in forte erosione e la prote-zione e la risistemazione dei cordoni dunali, serbatoinaturali di sabbia per i tratti costieri in arretramento;iii) il ripristino di vegetazione spontanea con la piantu-mazione di piante alofile e psammofile e con il mante-nimento di quelle già esistenti. In particolare, per con-trastare il fenomeno dell’erosione costiera nel tratto dicosta tra Punta delle Due Rocche e Marina di Butera sisuggeriscono nell’immediato la realizzazione di inter-venti limitati, assecondando le tecniche di difesa mor-bida che tengano in debito conto sia i tempi brevi cheil costo economico contenuto. Sarebbe quindi opportu-no ricollocare la struttura del parcheggio Desusino piùall’interno, secondo un progetto di riallineamentogestito che, pur permettendo una sostenibile fruizionedi tale parte del litorale, non privi quel tratto di spiag-gia dei sedimenti che potrebbero entrare nel bilanciosedimentario costiero.

L’obiettivo è quello di prevenire l’attacco dei pro-cessi erosivi sul bene ambientale primario, che è laspiaggia, e di conservare la morfologia dunale, altrobene ambientale, di straordinaria e oggi quasi rarabellezza paesaggistica. Le spiagge potrebbero diven-tare un sito turistico di grande attrattiva, se si riuscis-se a rallentare l’arretramento della linea di costa finoal raggiungimento dell’equilibrio. Qualora non ci fos-sero beni ambientali da proteggere o opere di difesada mantenere, si consiglia di non intervenire e lascia-re ai processi naturali il compito di riequilibrare laspiaggia.

I dati ottenuti sono da includere e interpretare nelcontesto delle variazioni periodiche del profilo dellaspiaggia. Pertanto, nel contesto di una pianificazione egestione controllata e sostenibile, è auspicabile ripete-re tale monitoraggio stagionalmente nell’arco didue/tre anni, così da valutare il naturale ripascimento everificare il trend evolutivo del tratto costiero oggettodello studio. In particolare, ai fini della pianificazionedi un intervento di ripristino del tratto di litorale in stu-dio appare fondamentale approfondire le ricerche sul-l’influenza dell’attuale struttura portuale di Licata sultrasporto solido costiero e la conseguente verifica dellavalidità degli studi d’impatto ambientale che hannoaccompagnato il prolungamento delle due dighe.

Questo studio preliminare va comunque integratocon l’analisi morfologica della spiaggia sommersa, finoalla piattaforma costiera, mediante l’acquisizione diprofili batimetrici. È da verificare, in particolare, laposizione e la geometria delle barre sabbiose che, comedocumentato dalla Cartografia dell’Atlante delle Coste,un tempo esercitavano un’azione di protezione, provo-cando il frangimento delle onde lontano dalla riva.

RingraziamentiGli autori sono particolarmente grati al Sindaco di

Butera (CL) Luigi Casisi per aver consentito la pubbli-cazione dei presenti dati. Il lavoro è stato svolto nell’am-bito della convenzione tra Comune di Butera e Diparti-mento di Scienze Geologiche dell’Università di CataniaStudio geomorfologico del litorale ricadente nel territo-rio comunale di Butera (provincia di Caltanissetta), re-sponsabile scientifico Prof. Carmelo Monaco.

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L’embriciamento è una struttura sedimentaria a piccolascala che descrive la disposizione parzialmente sovrapposta deigranuli, in modo che offrano la minore resistenza possibile almoto della corrente (chiaramente permette di individuare ladirezione e il verso della corrente stessa). Le figure dei testi sucui abbiamo studiato ci rimandavano l’immagine di ciottoli(sensu lato) variamente inclinati e parzialmente appoggiati gliuni sugli altri, ma solo in pochi casi fortunati abbiamo avutooccasione di osservare l’embriciamento in campagna, su unaffioramento, o magari più frequentemente, effimero e limitatonel tempo e nello spazio, lungo il corso di un torrente.

La tragicità degli eventi che hanno interessato il messinesetirrenico lo scorso 22 Novembre ci restituiscono l’immagine dicui alla foto, dove tre macchine varicolori (geologi datati rima-niamo!) si ritrovano embriciate lungo una stretta stradina diSaponara all’indomani del passaggio della “onda di piena”.

Il punto di osservazione più interessante, piuttosto che quel-lo meramente geologico o sedimentologico, considero sia quel-lo URBANISTICO, infatti appare eclatante che un flusso d’ac-qua carico di fango, comunemente noto come colata, attraversiuna strada, nel senso in cui le auto erano evidentemente par-cheggiate, le prenda in carico e le depositi embriciandole, cosìcome farebbe un qualsiasi torrente che si rispetti nell’ambito delproprio alveo.

L’importanza dell’osservazione urbanistica ovviamente nonrisiede nella eccezionalità della struttura sedimentaria, bensì nelfatto che queste colate che una volta nascevano e morivano nel-l’ambito spaziale di un terreno agricolo, oggi interessano parti peri-feriche, e non solo, dei nostri centri abitati, i quali si sono espansia scapito proprio di quei terreni agricoli o comunque “verdi” natu-rali che fungevano da cintura di sicurezza intorno ad essi.

Questa espansione, assolutamente legale, è stata possibilesia grazie a piani regolatori accondiscendenti a cui, come aggra-vante, sono state comunque apposte centinaia di eccezioni,certo non nell’interesse dall’ambiente ma di quello di privati,sia a causa di inopinati condoni che miravano a far cassa senzaalcuna cura per il territorio.

Poi la scarsa manutenzione dei servizi urbani e la ancestra-le mancanza di cura per gli spazi comuni ha portato ad accen-tuare queste situazioni di rischio all’interno di aree urbane.

Le autovetture della foto, in fondo, non hanno causatoingenti danni, ma hanno permesso di esternare qualche conside-razione; evidentemente più grave è la situazione che hanno pro-vocato quelle decine di autovetture che frammiste a laterizi, atronchi ed altro materiale si sono infrante contro le pile dei via-dotti e ne hanno occluso la luce, provocando la tracimazione delflusso e l’invasione dei centri abitati.

Considerato che lo studio delle colate è piuttosto recente esiamo ancora ben lungi dall’avere la possibilità di determinarein maniera univoca (nello spazio) e precisa (nel tempo), le uni-che condizioni sine qua non per ricorrere ad un’evacuazioneforzata e preventiva della popolazione, dove una colata si atti-verà, dobbiamo agire nel modo più attento e deciso sul’esposi-zione del bene. Al di là della segnalazione che un’area è poten-zialmente pericolosa, poco possiamo fare in termini di abbatti-mento del pericolo sia per ragioni economiche, perché probabil-mente un intervento tale necessiterebbe costi enormi, sia perragioni ambientali perché dal punto di vista territoriale, il rime-dio potrebbe essere più pesante del danno stesso.

L’impossibilità di individuare in modo preciso il dove, ilcome e il quando dell’attivazione di una colata richiederebbeinterventi diffusi sul territorio che ne cambierebbero la forma ela funzione.

È chiaro che, nel medio termine (prima lo faremo, menolutti piangeremo), dovremo rivedere il concetto stesso di pianoregolatore che grazie alla sinergia con la valutazione ambienta-le strategica (VAS) dovrà trasformarsi da mero piano di espan-sione edilizia a sistema di gestione integrata del territorio, pren-dendo in cura, con attenzione quasi esclusiva, la distribuzione ela stabilità (l’azione si sposerebbe con univocità di filosofia e difini con la prevenzione del rischio sismico che non può esserefatto agendo sulle cause, ma solo migliorando la qualità delbene esposto: costruzioni realmente antisismiche e continuapratica delle esercitazioni) dell’esistente piuttosto che all’occu-pazione di nuove aree. Inoltre le eventuali nuove costruzionioltre a soddisfare i parametri di stabilità imposti dalla sismicitàdei diversi territori, dovranno avere un bilancio idrico pari azero, con un eventuale smaltimento delle acque a rilascio lento.

Nel frattempo possiamo intraprendere delle iniziative, alivello locale, che potrebbero limitare i danni come per esempioproibire lo stazionamento, nelle aree potenzialmente inondabilio potenzialmente a rischio colate, di tutti quegli elementi mobi-li (auto, cassonetti, fioriere) che in caso di evento meteoricoimportante costituiscono il materiale grossolano che contribui-sce alla componente solida del fluido che generalmente causa imaggiori danni ed innesca processi, conseguenti all’eventometeorologico stesso, spesso difficilmente prevedibili, ma cer-tamente non contrastabili ad evento in atto.

Una buona regola sarebbe quella di lasciare le auto lontanodalle strade periferiche e in salita, evitando inoltre di adornarequeste ultime, con cassonetti dei rifiuti e fioriere. Questa picco-la attenzione gestionale che si potrebbe ottenere emettendo unasemplice ordinanza sindacale, permetterebbe di introdurre unapiccola norma a vantaggio della sicurezza.

Certo si potrà obiettare che, forse questo primo passo èoggettivamente piccolo, ma servirebbe a dare un segnale con-creto alla popolazione (di attenzione delle istituzioni e di moni-to per la popolazione) e comunque costituirebbe “una piccolagoccia” che con le altre, che saremo giocoforza costretti a con-siderare nell’immediato futuro, ci permetterà di costruire quel“mare di sicurezza” dove vorremo che almeno i nostri figlivivessero.

EMBRICIATURA AUTOMOBILISTICAGiovanni Randazzo - Docente, Università di Messina(Foto da “La Repubblica”, Cronaca di Palermo del 25 novembre 2011)

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INTRODUZIONE

L’innata predisposizione geologica della Sicilia,terra molto ricca di terreni argillosi, ha certamente con-tribuito allo sviluppo di un’antichissima tradizione nelsettore della manifattura ceramica. Questa affermazio-ne risulta comprovata da tangibili testimonianze delleoriginarie attività produttive in diversi tra i più impor-tanti siti archeologici dell’isola: fornaci, vasche per ladecantazione, materie prime pronte all’uso, depositicon scarti di lavorazione. Attestazioni relativamentepiù recenti sono le manifatture di maiolica (recipientidi varia conformazione e funzione, figure e mattonelleda pavimentazione), caratterizzate da un rivestimentodi smalto piombo-stannifero tipicamente decorato convari pigmenti inorganici, in prevalenza prodotte nelleofficine operanti a Caltagirone, Sciacca, Burgio, Patti,Santo Stefano di Camastra, Collesano, Polizzi Genero-sa, Palermo e Trapani.

Lo sviluppo della ricerca applicata, specie nell’ul-timo ventennio, ha dimostrato che, ponendo in giustarelazione le peculiarità litologiche di un dato territo-rio con le composizioni mineralogiche e chimichedegli impasti ceramici portati alla luce dallo scavoarcheologico, risulta possibile attestare con elevataattendibilità produzioni locali ed importazioni. Grazieai dati tecnico-scientifici, quindi, gli archeologi sonoriusciti ad individuare le antiche vie di circolazionedelle merci, ottenendo notevoli ricadute nella rico-struzione storica e socio-economica delle antiche

comunità. Ancora più recentemente si è incominciataa sviluppare una linea di ricerca che intende affianca-re le analisi dei reperti ceramici alla caratterizzazionecompleta delle materie prime argillose presenti nellostesso territorio dove si presume sia avvenuta unaproduzione (Montana et al., 2011). Si ritiene, infatti,che il confronto composizionale e tessiturale tra ireperti ceramici e le possibili materie prime possacontribuire ad indicare con oggettività scientifica illivello tecnologico raggiunto nell’ambito degli cicliproduttivi tradizionali (individuando, tra l’altro,eventuali trattamenti preliminari, procedure di lavora-zione dell’impasto, condizioni di cottura), oltre asemplificare la determinazione di provenienza direperti di dubbia attribuzione anche in contesti terri-toriali e/o in orizzonti cronologici circoscritti. Inoltre,è stato recentemente dimostrato che un supporto assaiimportante nella ricerca di caratteristiche distintivetra argille o tra oggetti ceramici con esse realizzatipuò essere ottenuto mediante una accurata descrizio-ne della microfauna fossile (Quinn et al., 2007). Infat-ti, nei manufatti ceramici di maggiori dimensioni,nonostante la cottura a temperature comprese tra 700e 1000°C, i microfossili calcarei possono risultare inparte ancora ben preservati.

Lo studio proposto in questa sede, pertanto, intendefornire nuovi dati composizionali sulle argille cheaffiorano nella Sicilia centrale ed occidentale conside-rate di un qualche interesse ai fini della produzioneceramica, in antichità come al giorno d’oggi.

UN APPROCCIO INTEGRATO ALLO STUDIODELLE “ARGILLE CERAMICHE”DELLA SICILIA CENTRALE E OCCIDENTALEG. Montana,A. Sulli,A.M. Polito,A. Caruso, E.M. AzzaroDipartimento di Scienze della Terra e del Mare (DiSTeM), Università degli Studi di Palermo

Il presente studio affronta la caratterizzazione composizionale e tecnologica dei depositi argillosi ubicati nellaSicilia occidentale e centrale, impiegati nei secoli passati e tutt’oggi utilizzabili come materia prima nel processo

di manifattura ceramica. I campionamenti sono stati programmati non solo alla luce delle evidenze geologiche, ma anche sulla base dei datietnografici ed archeologici. Oltre 300 campioni di argilla sono stati prelevati da 9 differenti unità litostratigrafiche affioranti nell’area oggettodi interesse. Dopo un’attenta collocazione stratigrafica e la caratterizzazione del contenuto in microfossili, i campioni sono stati sottopostiad analisi granulometrica, mineralogica (XRD) e chimica (XRF). Inoltre, per ogni tipologia di argilla, è stato simulato in laboratorio un cicloproduttivo completo (impasto e cottura), con l’obiettivo di valutare in modo comparativo specifici parametri tecnologici: comportamentoallo stato plastico, ritiro lineare e variazioni nel colore in seguito ad essiccamento e cottura.

This paper deals with the compositional and technological characterization of clayey materials, belonging to spe-cific stratigraphic units, which were exploited in the past centuries for the traditional ceramic manufacture in

north-western and central Sicily and today are still potentially accessible.The studied clays were selected on the basis of geological, archae-ological and even ethnographic evidences testified, in several cases, by a long-established ceramic manufacture tradition. More than 300 rep-resentative samples were collected from 9 different litho-stratigraphic units cropping out in studied area.After a careful geological descrip-tion with the description of microfossils, the collected clay samples were subjected to grain size distribution analysis as well as mineralogical(XRD) and chemical (XRF) characterization. Moreover, experimental mouldings and firings on all clay types were performed in order to sim-ulate a production cycle and to recognize some specific parameters such as plastic behaviour, linear shrinkage and colour.

R I A S S U N T O

A B S T R A C T

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CRITERI DI SELEZIONEDEI CAMPIONI E METODOLOGIE

Le argille analizzate sono state selezionate sulla basedi accurate indagini preliminari, sia a carattere pretta-mente geologico che di tipo etnografico (concernenti ilprocesso produttivo ceramico così come avveniva neisecoli passati), effettuate capillarmente nel territoriooggetto di interesse. Ben 328 campioni rappresentatividi 9 differenti unità litostratigrafiche (Tabella 1) sonostati prelevati in affioramento o da fronti di cava. La rac-colta dei campioni è stata pianificata per cercare di met-tere in evidenza eventuali markers composizionali tradifferenti depositi argillosi affioranti nella stessa area. Il48% circa dei campioni studiati proviene dalla Forma-zione Terravecchia (159 campioni su un totale di 328).Questa scelta, solo apparentemente atipica, è stata sug-gerita dall’estensione nell’area investigata degli affiora-menti di questa unità oltre che da numerose testimonian-ze circa l’uso secolare nella pratica produttiva locale. Dicontro, altre unità risultano rappresentate da un numeropiù basso di campioni, in seguito ad una estensione rela-tivamente limitata dei depositi, al limitato utilizzo perproduzione ceramica, ovvero, alla mera scarsità di puntidi campionamento significativi.

I campioni di argilla sono stati analizzati in terminidi distribuzione granulometrica, di composizionemineralogica e composizione chimica. L’analisi granu-lometrica, realizzata per via umida (cilindro di decan-tazione e cicli di centrifugazione), ha permesso di otte-nere la percentuale in peso delle principali frazionidimensionali. La composizione mineralogica del cam-pione totale (tout-venant) è stata indagata attraversoanalisi XRD su preparati disorientati per caricamentolaterale preventivamente essiccati e macinati in unmortaio di agata. Le stime di abbondanza relativa dellefasi mineralogiche individuate sono state effettuate inbase all’intensità dei picchi, a loro volta determinate inbase alle aree dei riflessi specifici e moltiplicate per i

relativi fattori di correzione. Il riconoscimento e lastima semiquantitativa delle abbondanze dei fillosilica-ti nella frazione minore di 2 micron (caolinite, illite,clorite e smectite) è stata effettuata su preparati orien-tati. Per le analisi è stato utilizzato un diffrattometroPhilips X’pert, (radiazione CuK 40 kV, 40 mA, mono-cromatore a grafite). La composizione chimica è statadeterminata mediante analisi XRF (spettrometro Riga-ku ZX). In tal modo sono state ricavate le concentra-zioni degli elementi maggiori, minori ed in traccia (Si,Ti, Al, P, Fe, Mg, Mn, Ca, Na, K, V, Cr, Co, Ni, Cu, Zn,Rb, Sr, Zr, Ba, La, Ce). I risultati grezzi sono stati ela-borati con metodi di statistica multivariata (analisi dis-criminante) allo scopo di verificare quantitativamentela consistenza e la significatività dei “gruppi chimici”dandone opportuna rappresentazione grafica in unospazio bidimensionale. Inoltre, è stata effettuata lasimulazione dei cicli di produzione mediante impastisperimentali. Sono stati determinati vari parametriempirici utili al confronto relativo delle caratteristicheprestazionali degli impasti ceramici, in accordo allanormativa italiana CNR-UNI 10014. Con l’argilla allostato plastico sono stati modellati dei provini parallele-pipedi che sono stati sottoposti a sequenze di riscalda-mento controllato in muffola per la determinazione delritiro lineare (RLC) e del colore in cottura.

INQUADRAMENTOGEOLOGICO-STRATIGRAFICODELLE ARGILLE STUDIATE

In Sicilia le unità litostratigrafiche che sono costi-tuite totalmente o in parte da depositi argillosi abbrac-ciano praticamente tutto l’intervallo temporale nelquale si sviluppano le successioni sedimentarie sicilia-ne, che va dal Trias superiore (con le argille della F.neMufara) all’Attuale.

Di seguito viene presentato un inquadramento geo-logico delle unità litostratigrafiche affioranti nella Sici-

Formazioni/U.Ls. Età Geologica Punti di campio-namento (n.)

Campioni(n.)

Argille Varicolori Cretaceo superiore-Oligocene 5 21

Argille del Flysch Numidico Oligocene superiore-Miocene medio 5 26

F.ne Castellana Tortoniano inferiore 2 14

F.ne delle Marne di S. Cipirello Serravalliano-Tortoniano inferiore 1 8

F.ne Terravecchia Tortoniano superiore-Messiniano inferiore 23 159

F.ne Licata Langhiano superiore-Messiniano inferiore 6 37

F.ne Marnoso-Arenacea del Belice (MAB) Pliocene inferiore-Pleistocene inferiore 8 48

Argille di Gela Pleistocene inferiore 2 6

Argille di Ficarazzi Pleistocene inferiore 3 9

Tabella 1 – Unità stratigrafiche campionate

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lia nord-occidentale che costituiscono potenziali fontidi materie prime argillose utilizzabili per la produzio-ne ceramica. In Figura 1 sono riportati i domini difacies in cui si collocano le unità campionate.

FORMAZIONE DELLE ARGILLE VARICOLORI

Le Argille Varicolori (Cretaceo superiore-Oligoce-ne inferiore) sono costituite da argille e marne varico-lori rosso-verdastre con intercalazioni centimetriche dilivelli silicizzati verdi, fortemente scagliettate e tetto-nizzate. Questi depositi afferiscono al dominio paleo-geografico Sicilide (Ogniben 1960), che si sviluppavapresumibilmente su un originario basamento cristallinooceanico, dal quale attualmente risulta totalmente scol-lato. Gli eventi deformativi del Miocene inferiore-medio che portarono alla messa in posto dell’edificiotettonico siciliano deformarono per prime proprio leunità Sicilidi, che si trovano nelle posizioni più eleva-te della pila tettonica. Questi terreni, conosciuti anchecon il nome di Argille Scagliose, sono diffusi in Siciliaorientale (Ogniben, 1960; Montanari, 1989), ma affio-rano estesamente anche nella Sicilia centro-occidenta-

le e all’interno dell’edificio tettonico della Sicilia cen-tro-meridionale. In affioramento le Argille Varicolorisono spesso associate, con rapporti tettonici complessi,alle unità del Flysch Numidico.

Il contenuto micropaleontologico è mediamentecaratterizzato dalla presenza di numerose specie diforaminiferi bentonici e planctonici che dal punto divista stratigrafico ricoprono un intervallo che va dalCretaceo superiore all’Oligocene inferiore. In alcunilivelli del Cretaceo superiore e dell’Oligocene inferioresono presenti anche abbondanti radiolari. Nelle ArgilleVaricolori, a causa della forte tettonizzazione che hannosubito, è molto difficile ricostruire una stratigrafia con-tinua ed infatti l’intervallo stratigrafico appare spessolacunoso. Poiché questi sedimenti ricoprono un inter-vallo stratigrafico molto ampio è stato possibile ricono-scere numerosissime specie di differenti età. In partico-lare nella parte stratigraficamente più antica del Creta-ceo superiore le associazioni sono costituite da differen-ti specie di Marginotruncana, Globotruncanita stuarti,Rosita contusa, Abatomphalus mayeroensis che indica-no la parte alta del Cretaceo. È molto difficile, invece,riconoscere o ritrovare l’intervallo del Paleocene, men-

Figura 1. Stratigrafia e domini di facies della Sicilia.

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tre sono presenti varie specie dell’Eocene inferiore-superiore, tra cui Morozovella aragonensis, Morozovel-la formosa, Truncarotaloides rorhi, Acarinina bulbroo-ki, Turborotalia cerroazulensis. L’Oligocene inferiore ècaratterizzato dalla presenza di Pseudohastigerinamicra e Cassigerinella chipolensis che permettono diriconoscere l’omonima biozona.

FORMAZIONE DEL FLYSCH NUMIDICO

Al Flysch Numidico (Oligocene superiore-Mioce-ne inferiore) appartengono le successioni clastico-ter-rigene, per lo più torbiditiche, che costituiscono lecoperture, in gran parte scollate dal loro substratomesozoico-terziario, dei domini Imerese e Panormidee di domini più interni (Sicilidi). Diverse ipotesi sonostate avanzate sulla provenienza dei materiali terrige-ni, in particolare dei granuli di quarzo. Affiora estesa-mente in Sicilia centro-settentrionale, ma si riconoscein lembi, con tipologie in parte differenti, anche nellaSicilia occidentale (Catalano & D’Argenio, 1982;Catalano et al., 2000; 2002) e centro-meridionale. Insottosuolo raggiunge gli spessori più elevati, perimbricazioni tettoniche, nella Sicilia centro-orientale(Bianchi et al., 1989; Bello et al., 2000). Su base lito-e biostratigrafica si distinguono tre unità litostratigra-fiche (Catalano et al., 2005): Formazione PortellaColla (Oligocene superiore-Aquitaniano), FormazioneGeraci (Aquitaniano-Burdigaliano) e FormazioneTavernola (Burdigaliano-Langhiano), generalmenteeteropiche tra di loro. La Formazione Portella Colla ècostituita da argilliti di colore bruno o color tabacco,talora manganesifere, a laminazione parallela, a cui siintercalano siltiti ed arenarie fini, prevalentementequarzose, a matrice pelitico-arenacea, e megabreccecarbonatiche con cemento siliceo. Nella parte inferio-re sono presenti lenti bioclastiche con Nummuliti. Lospessore è di circa 500 m. La Formazione Geraci Sicu-lo è rappresentata da potenti banchi di quarzareniti conintercalazioni argillitiche. La Formazione Tavernola(Marchetti, 1956) è costituita da marne e argilliti gri-gio-verdi o biancastre, intercalate a livelli arenaceiquarzosi e ricchi di granuli glauconitici, con elevatapercentuale carbonatica. Lo spessore supera i 200 m.Questi depositi sono stati descritti nei Monti Nebrodi(Accordi, 1958; Colacicchi, 1958), nelle Madonie(Ogniben, 1960; Broquet, 1968) e nei Monti di Paler-mo (Caflisch, 1966). Il contenuto paleontologico degliintervalli marnoso-argillosi è dato da radiolari, spicoledi spugna, foraminiferi planctonici e bentonici, rarinannofossili calcarei. L’associazione della F.ne di Por-tella Colla è essenzialmente dominata da foraminiferibentonici agglutinanti tra cui Ammodiscus e Glomospi-ra, specie che meglio si adattano ai sedimenti torbidi-tici poiché tollerano acque con elevata torbidità e

costruiscono i loro gusci utilizzando i minerali, essen-zialmente quarzo, feldspati ed ossidi di ferro, che pro-vengono dallo smantellamento dei corpi rocciosi insollevamento tettonico. L’associazione della Forma-zione Tavernola è caratterizzata dalla discreta presen-za di foraminiferi planctonici che permettono unabuona datazione stratigrafica di questi sedimenti.Nella porzione inferiore la preservazione dei gusci deiforaminiferi è generalmente cattiva mentre l’associa-zione è dominata dalla presenza di Paragloborotaliaopima nana, Cataspidrax dissimilis, Globoquadrinadehiscens che indicano un’età riferibile all’Aquitania-no (Iaccarino, 1985). I sedimenti più abbondanti sonoperò rappresentati da quelli del Burdigaliano inferiorecon rari individui di Globigerinoides altiapertura,Cataspidrax dissimilis (biozona Cataspidrax dissimi-lis, (Iaccarino, 1985), inoltre sono abbondanti gli indi-vidui di Paragloborotalia acrostoma nei livelli delBurdigaliano. La porzione più alta di questi sedimentiè caratterizzata dalla presenza di Globigerinoides tri-lobus (biozona a Globigerinoides trilobus) che indicail Burdigaliano superiore (Iaccarino, 1985). In raricampioni della Formazione Tavernola si ritrovaPraeorbulina glomerosa, la cui presenza permette diattribuire i sedimenti al Langhiano inferiore (biozonaPraeorbulina glomerosa).

FORMAZIONE DELLE MARNE DI SAN CIPIRELLO

Le Marne di San Cipirello (Serravalliano parte alta-Tortoniano parte inferiore) sono marne di colore grigio-azzurrognolo con rare intercalazioni arenacee e riccafauna di plancton calcareo, di ambiente profondo. Que-sta unità litostratigrafica è stata descritta da Ruggieri(1966) e formalizzata da Ruggieri & Sprovieri (1970).Costituiscono la copertura terrigena, spesso concordan-te, ma talora discontinua, dei domini trapanese e sicano,ed affiorano diffusamente nella Sicilia centro-occidenta-le, soprattutto nei Monti Sicani e nel settore trapanese.Non è raro trovarle in discordanza su terreni molto piùantichi, compresi quelli mesozoici (Di Stefano & Vitale,1993). Ruggieri & Sprovieri (1970) attribuiscono a que-ste argille profondità superiori a 500 m, sulla base dellapresenza di ostracodi psicrosferici.

Le Marne di San Cipirello ricoprono le Calcarenitiglauconitiche di Corleone e sono considerate il segna-le stratigrafico dell’inizio della deformazione compres-siva che coinvolse queste unità trapanesi e sicane a par-tire dal Miocene superiore.

Al di sopra delle Marne di San Cipirello si trovanoin discordanza terreni di varia litologia ed età, mentreesse spesso delineano il confine tettonico tra le diffe-renti unità tettoniche.

Le associazioni bentoniche, sono caratterizzatedalla presenza di Cibicides pachyderma; C. ungeria-

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nus, C. italicus, Parrelloides robertsonianus, Siphoni-na reticulata, e da varie specie di Bulimina, Bolivinaed Uvigerina, specie che sono tipiche di un ambientebatiale con una paleobatimetria di sedimentazionecompresa tra 400 e 700 metri, raramente sono stateritrovate specie di acque meno profonde specie comeAmmonia beccarii ed Elphidium crispum. Tra i forami-niferi planctonici sono state riconosciute circa 25 spe-cie, tra queste sono comuni gli esemplari di Orbulinasuturalis, O. universa, Globorotalia peripheroronda,Paragloborotalia siakensis, P. partimlabiata, Globige-rinoides trilobus, Globigerinoides subquadratus, G.obliquus, mentre sono rare e presenti solo nei livellistratigraficamente più recenti le specie di Neoglobo-quadrina acoastensis, N. praeatlantica e Globigerinoi-des obliquus. Le associazioni microfaunistiche hannopermesso di riconoscere diverse biozone che vannodalla MMi6 sino alla MMi8 (Sprovieri et al., 2002;Iaccarino et al., 2007). Queste biozone ricoprono unintervallo stratigrafico che dalla parte bassa del Serra-valliano arriva sino alla parte bassa del Tortoniano.

FORMAZIONE CASTELLANA

La Formazione Castellana Sicula (Ruggieri &Torre, 1987) è rappresentata da un’alternanza di arena-rie e sabbie quarzoso-micacee con peliti sabbiose gri-gio-azzurre e giallastre talvolta ben cementate, checontengono rari foraminiferi bentonici e planctonici.Lo spessore varia tra 0 e 250 m. L’unità litostratigrafi-ca (non ancora formalizzata) prende il nome dall’affio-ramento nei pressi di Castellana Sicula, nelle Madonie(Catalano et al., 2000). La formazione sigilla le sotto-stanti unità tettoniche ed è limitata superiormente dauna superficie di discordanza, spesso di troncatura ero-siva. Il significato stratigrafico-strutturale di questolitotipo, che si rinviene spesso in discordanza sulFlysch Numidico e sulle Marne di San Cipirello (chelimitano al tetto le unità trapanesi e sicane) ed alla basedella F.ne Terravecchia, è messo in relazione ai carat-teri sintettonici riconosciuti (Catalano et al., 2009).Affiora nella Sicilia centro-occidentale, nelle Madoniee nella Sicilia centrale.

La loro attribuzione litostratigrafica appare piutto-sto difficile, poiché i rari fossili presenti non hannosempre una risoluzione biostratigrafica sufficiente, néconsentono di differenziarla rispetto ad unità coeve,come le Marne di San Cipirello, a parte la maggiorericchezza di forme bentoniche rispetto a quelle planc-toniche. Per questo motivo generalmente la loro distin-zione avviene sulla base dell’osservazione della loroposizione all’interno del multilayer stratigrafico e/odella posizione nell’edificio tettonico.

Infatti da un punto di vista micropaleontologico, neilivelli stratigraficamente più antichi i sedimenti sono

caratterizzati dalla presenza di alcuni taxa di foramini-feri planctonici come Globigerina bulloides, Orbulinauniversa, Paragloborotalia siakensis, Neogloboqua-drina acostaensis e Globigerinoides obliquus s.l.. Que-ste forme sono tipiche delle biozone MMi9-MMi10(Sprovieri et al., 2002; Iaccarino et al., 2007, Di Stefa-no et al., 2008), mentre nei livelli stratigraficamentepiù recenti Neogloboquadrina acostaensis è piùabbondante che indica la parte bassa della biozonaMMi11 (Sprovieri et al., 2002; Iaccarino et al., 2007,Di Stefano et al., 2008).

FORMAZIONE TERRAVECCHIA

La Formazione Terravecchia (Tortoniano superiore-Messiniano inferiore), istituita da Schmidt di Friedberg(1964; 1965) sulla base di quanto descritto da Flores(1959), è costituita da una successione terrigena e ter-rigeno-carbonatica, caratterizzata da brusche variazio-ni laterali di facies e differenti granulometrie, che per-mettono di separare la formazione in unità omogeneedi rango inferiore: 1) conglomerati rossi e giallastri adelementi arenacei e litici di granulometria variabile,con matrice sabbiosa rossa o gialla, stratificati in gros-si banchi o massivi, e sabbie quarzose con intercalazio-ni di conglomerati, con spessori massimi di 150 m; 2)sabbie ed arenarie quarzose grigio-giallastre che passa-no verso l’alto ad 3) argille, siltiti argillose e argillesabbiose (250 m di spessore), con clasti arenitici, in cuiil quarzo è in genere dominante, con mica e feldspatocomuni. La formazione Terravecchia affiora prevalen-temente in Sicilia centrale ed occidentale, ed estesa-mente anche in Sicilia centrale e centro-meridionale(Bacino di Caltanissetta). La formazione assume spes-so un carattere sin- e tardo-orogeno, per cui presentaspessori variabili, compresi tra alcune centinaia dimetri e quasi 2000 m (nell’offshore della Sicilia sud-occidentale). L’attribuzione stratigrafica è spesso pro-blematica, poichè infatti i livelli contenenti una asso-ciazione significativa a plancton calcareo sono rari.Spesso si tratta infatti di depositi di mare basso(ambiente deltizio), con abbondanti foraminiferi ben-tonici e abbondante contenuto clastico.

L’associazione a foraminiferi è qualitativamentemediocre ed a volte pessima, con cattiva preservazio-ne. Frequenti sono i foraminiferi rimaneggiati di sedi-menti più antichi. L’associazione a foraminiferi planc-tonici in posto anche se scarsa è tipica delle biozone aGlobigerinoides obliquus extremis, Globorotalia sute-rae e Globorotalia conomiozea che secondo lo schemabiostratigrafico proposto da Sprovieri et al., (1996),ricoprono la parte medio-alta del Tortoniano e la partebassa del Messinano. Nell’associazione sono frequentiOrbulina universa, Neogloboquadrina acostaensis,Globorotalia menardii. I foraminiferi bentonici sono

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dominanti rispetto ai planctonici con un’associazionesimile a quella riconosciuta nella F.ne Castellana e conun rapporto P/B che oscilla tra 10÷30% in cui Ammo-nia beccarii, Ammonia punctatogranosa sono domi-nanti seguiti, in percentuale di frequenza da Florilusboueanum e Elphidium crispum.

FORMAZIONE LICATA

La Formazione Licata è costituita da argille e argil-le marnose grigio-azzurre passanti ad alternanze ritmi-che di marne e depositi sapropelitici di ambiente emi-pelagico e pelagico. La Formazione Licata, di età Lan-ghiano superiore-Messiniano inferiore, costituisce l’e-quivalente laterale esterno di una parte delle Formazio-ni Terravecchia, Castellana e San Cipirello ed affiorasoprattutto nella Sicilia meridionale. Lo spessore èestremamente variabile e va da poche decine a diversecentinaia di metri. La parte inferiore del Langhianosuperiore-Serravalliano è caratterizzata da un’alternan-za ciclica di marne grigie e marne scure, mentre nellaparte basale del Tortoniano l’alternanza è costituita damarne grigie e marne laminitiche scure. I livelli lami-nitici, conosciuti come sapropels, sono ricchi di sostan-za organica, ossidi di ferro e manganese. Le laminiti,alternate alle marne grigie, indicano che le condizioniambientali nel bacino di sedimentazione cambiavanociclicamente per effetto dei cicli milankoviani (Krijg-sman et al., 1995; Sprovieri et al., 1996; Hilgen et al.,2000). Questi terreni sono spesso ricoperti in discor-danza dai terreni evaporitici del Messiniano.

I gusci dei foraminiferi contenuti in questa unità lito-logica hanno un ottimo stato di preservazione. Il rappor-to Plancton/(Plancton+Benthos) è superiore al 90%, convarie specie di foraminiferi bentonici tipici di acquebatiali, tra cui Cibicides italicus, Cibicides ungerianus,C. pachyderma, Siphonina reticolata, Parrelloidesrobertsonianus e varie specie di Bulimina, Bolivina edUvigerina. Queste forme indicano un paleobatimetriacompresa tra 700 e 1000 metri (Sprovieri et al., 1996).Tra le forme planctoniche sono stati riconosciute oltre25 specie, tra queste nei livelli più antichi le forme piùabbondanti sono Orbulina universa, Globorotalia peri-pheroronda, Paragloboratalia siakensis, P. mayeri eGlobigerinoides trilobus, G. subquadratus. Nei livellipiù recenti le fome più abbondanti sono Neogloboqua-drina acostaensis, N.atlantica praeatlantica, Globoro-talia menardii, Globigerinoides obliquus extremis, Glo-bigerinoides quadrilobatus, G. sacculifer, Globorotaliasuterae e G. conomiozea. In particolare in questa forma-zione sono state rinosciute le biozone che vanno dallaMMi5 sino alla MMi12 (Sprovieri et al., 2002; Iaccari-no et a., 2007; Di Stefano et al., 2008); queste biozonecoprono l’intervallo cronostratigrafico che dal Langhia-no superiore arriva sino al Messiniano basale.

FORMAZIONE MARNOSO-ARENACEADEL BELICE (MAB)

La Formazione Marnoso Arenacea del Belice (Plio-cene inferiore-superiore) è costituita da argille, argillemarnose e sabbiose grigio-azzurre, con foraminiferiplanctonici, passanti lateralmente e verso l’alto a calca-reniti e arenarie quarzose con matrice calcarea, conte-nenti abbondanti bivalvi, alghe rosse, echinodermi. Laformazione (Ruggieri & Torre, 1974; Vitale 1990) sipuò suddividere in due membri: un membro argillosoche poggia in discordanza sui Trubi e un membro cal-carenitico discordante sul primo. Affiora nella Siciliaoccidentale, nel bacino idrografico del Fiume Belice,dove colma bacini sintettonici. Studi recenti (Vitale,1990; Catalano et al., 1996) hanno messo in luce il suocoinvolgimento nelle fasi tardive della deformazione.Queste argille sono in facies eteropica con le argille eargille marnose della Formazione di Monte Narboneche affiora nella Sicilia meridionale.

L’ambiente di deposizione varia da quello costieroa quello di offshore, fino in alcuni casi a quello di scar-pata. Poiché si deposita all’interno di bacini di piggy-back nelle fasi tardive della deformazione, presentageometrie sigmoidali e cuneiformi, in relazione sia allapeculiarità dell’ambiente sedimentario che all’estremavariabilità stratale dovuta alla cinematica degli eventitettonici contemporanei. In relazione a ciò il suo spes-sore è estremamente variabile, da poche decine dimetri a circa 800 metri nel settore centrale della Valledel Belice. Poggia in discordanza su terreni di varialitologia ed età (spesso i terreni evaporitici del Messi-niano) e quasi sempre è limitata verso l’alto da unasuperficie di troncatura erosiva, su cui giacciono terre-ni anche molto recenti e spesso continentali.

L’analisi del residuo analizzato al microscopio haevidenziato L’associazione a foraminiferi bentonici èricca di Melonis padanum, Bulimina spp., Lenticulina,spp., Sphaeroidina bulloides, Hanzawaia boueana,con rare forme di Ammonia beccarii. Questo tipo diassociazione insieme al rapporto Plancton/(Planc-ton+Benthos) indica una paleobatimetria compresa tra150 e 300 m. Tra i foraminiferi planctonici le forme piùabbondanti sono Globorotalia margaritae, G. puncti-culata, Globigerinodes obliquus, mentre sono moltorari gli esemplari di Sphaeroidinellopsis spp. e gliesemplari di Globorotalia bononiensis e Neogloboqua-drina atlantica.

ARGILLE DI GELA

Le Argille di Gela sono costituite da depositi argil-losi passanti verso l’alto ad argille sabbiose e sabbie.Questi sedimenti, di Età pleistocene inferiore, sono ric-chi di una microfauna a foraminiferi in discreto stato diconservazione, con clasti di quarzo e feldspati. L’am-

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biente di formazione è quello di offshore con variazio-ni legate anche alle oscillazioni relative del livello delmare. La deposizione avviene in uno dei pochi esempiaffioranti di bacino di avanfossa attuale della catenasiciliana, che si sviluppa nell’attuale offshore sud-sici-liano (Bacino di Gela).

Tra i microfossili i bentonici sono le forme dominan-ti con un rapporto Plancton/(Plancton+Benthos) inferio-re al 20-30%. I taxa più abbondanti sono Bulimina mar-ginata, Hanzawaia bouenana, Sphaeroidinea bulloides,varie specie di Uvigerina e Bulimina, oltre frequentiAmmonia ed Elphidium. Hyalinea baltica è molto rara epresente solo nei livelli più recenti. La paleobatimetriastimata per questi sedimenti dovrebbe essere compresatra 50 e 100 m. Tra i foraminiferi planctonici le formepiù comuni sono Globorotalia inflata, Globigerina bul-loides, Neogloboquadrina pachyderma, Turborotalitaquinqueloba, Globigerinoides ruber. L’associazione aforaminiferi consente di riconoscere la biozona a Globi-gerina cariacoensis che permette di attribuire cronostra-tigraficamente questi sedimenti al Calabriano nel Plei-stocene inferiore (ex sottopiani Santerniano-Emiliano,secondo la vecchi scala).

ARGILLE DI FICARAZZI

L’area di affioramento di questa formazione è col-locata nel settore costiero a SE di Palermo. Il campio-namento delle Argille di Ficarazzi è stato effettuato inC.da Olivella, nelle immediate vicinanze del sitoarcheologico di Solunto (prima insediamento fenicio-punico e poi romano), a Ficarazzi presso la foce dell’E-leuterio e in C.da Acqua dei Corsari a Palermo. Nelsottosuolo essa si estende quasi uniformemente nel set-tore meridionale ed orientale della Piana di Palermo.

Le Argille di Ficarazzi (Seguenza, 1873; Brugnone,1877) sono argille sabbiose, silt e sabbie fini, di coloreazzurro-grigio se inalterate, con rare intercalazioni dicalcisiltiti e calcareniti. Questi depositi sono notiall’interno della cava Puleo (Ficarazzi) e in perforazio-ne nel sottosuolo dell’abitato, dove hanno permesso didefinire nel dettaglio la biostratigrafia delle argille delSiciliano (Ruggeri, 1979; Ruggieri & Sprovieri, 1977;Di Stefano & Rio, 1981; Buccheri, 1984) e di attribui-re a questa unità una batimetria inferiore ai 100 m. Lospessore è di qualche decina di metri con un massimo,in perforazione, di circa 80 metri. La macrofauna adospiti nordici della parte sommitale di queste argille èdata dai molluschi Arctica islandica, Mya truncata,Panopea norvegica, Buccinum undatum. L’associazio-ne a foraminiferi è generalmente buona anche se inmolti livelli è meno ricca dal punto di vista fossiliferocon aumento delle concentrazioni di granuli detritici dinatura silicatica come quarzo monocristallino, selce efeldspati. I foraminiferi bentonici sono nettamentedominanti con rapporto P/B compreso tra 5÷15%.

L’associazione a foraminiferi planctonici è caratteriz-zata dalla presenza di Globorotalia inflata, Globorota-lia truncatulinoides excelsa, Globigerinoides ruber,Globigerina bulloides, Neogloboquadrina pachyder-ma, Turborotalita quinqueloba, Globigerinita glutina-ta. Tra i foraminiferi bentonici sono frequenti Uvigeri-na peregrina, Bolivina dilatata, Melonis padanum,Hyalinea baltica. Quest’ultima specie insieme a Glo-borotalia truncatulinoides excelsa permettono di“datare” questi sedimenti attribuendoli all’intervalloSiciliano.

RISULTATI E DISCUSSIONEDISTRIBUZIONE GRANULOMETRICA

Dall’esame della proiezione dei valori medi delletre frazioni granulometriche nel diagramma ternario diShepard (Figura 2) è possibile affermare che la mag-gior parte dei materiali studiati possano essere classifi-cati come silt-argillosi.

Solo le Argille Varicolori e le Argille di Ficarazzipossono essere definite argille-siltose. Per ciò che con-cerne il contenuto di sabbia, i valori medi risultano,nella maggior parte dei casi, inferiori al 10% in peso.Si distinguono, in tal senso, i materiali delle Argille diGela e delle Argille di Ficarazzi che possiedono conte-nuti di sabbia decisamente più alti (valori medi rispet-tivamente uguali a 17 e 14% in peso) e piuttosto varia-bili anche nell’ambito del singolo affioramento. Unaragguardevole variabilità del contenuto in sabbia lungolo spessore della successione è una caratteristica anchedei depositi della Formazione Terravecchia.

I sedimenti deposti prima dell’orogenesi appennini-co-maghrebide, ovvero i materiali appartenenti alleArgille Varicolori e al Flysch Numidico, possiedonoabbondanze nelle componenti granulometriche più fini(silt ed argilla) abbastanza confrontabili. La frazione

Figura 2. Proiezione dei materiali argillosi studiati nel dia-gramma di Shepard.

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Formazioni/U.Ls. M. A. Gesso Dolomite Feldspato Calcite Quarzo

Argille Varicolori 85 – – 1 4 10

Argille del Flysch Numidico 80 – – 1 3 16

F.ne delle Marne di S. Cipirello 45 – – – 50 5

F.ne Castellana 74 – – 1 13 12

F.ne Terravecchia 70 1 1 1 17 10

F.ne Licata 63 1 1 1 21 13

F.ne Marnoso-Arenacea del Belice 53 – – 1 39 7

Argille di Gela 66 – – 1 21 12

Argille di Ficarazzi 66 – 4 1 16 13

Tabella 2 – Abbondanza relativa percentuale, ottenuta mediante analisi XRD, valori medi delle fasi mineralogiche presenti neimateriali studiati (M.A = minerali argillosi; – = fase non rilevata).

sabbiosa è in entrambi i casi poco rappresentata e pos-siede un campo di variazione estremamente ristretto(1-3% in peso per le Argille Varicolori e 4-6% in pesoper il Flysch Numidico).

Tra le unità stratigrafico-strutturali sinorogeniche(sedimentate quindi tra il Miocene e Pliocene Inferio-re), le argille della Formazione delle Marne di San Cipi-rello, ricche in microfossili calcarei, sono caratterizzatedai valori medi di silt abbastanza elevati (52% in peso)e da un contenuto in sabbia relativamente modesto (7%in peso). La Formazione Castellana risulta essere ilmateriale con il contenuto in silt più alto (56% in peso)e, contemporaneamente, con il tenore di sabbia media-mente più basso tra quelli studiati. Per ciò che riguardala Formazione Terravecchia i materiali campionati, nelcomplesso, possiedono un contenuto medio di sabbianon elevato (9% in peso). Lungo lo spessore degli affio-ramenti sono evidenti orizzonti (di ampiezza per lo piùcontenuta) decisamente più ricchi in granuli sabbiosiche testimoniano episodiche diversificazioni degliapporti detritici. Da sottolineare infine che, in grandeprevalenza si tratta di sabbia composta da granuli condiametro compreso tra 0.25 e 0.06 mm. La FormazioneLicata, relativamente poco fossilifera, mostra un conte-nuto in sabbia mediamente pari 8% in peso.

Tra i materiali post-orogenici di età plio-pleistoceni-ca, le argille appartenenti alla Formazione Marnoso-Arenacea del Belice (MAB) sono contraddistinti da unaricca microfauna fossile e da un’abbondante compo-nente siltosa. La frazione sabbiosa non è particolarmen-te consistente, tuttavia, risulta quantitativamentecostante negli affioramenti studiati (in media pari al 9%in peso). Al contrario, le Argille di Gela e le Argille diFicarazzi sono entrambe caratterizzate da una conside-revole percentuale di sabbia in maggior parte fine (con-tenuto medio rispettivamente 17% e 14% in peso).

ANALISI MINERALOGICA E CHIMICA

I risultati delle analisi XRD (valori medi) sono rias-sunti in Tabella 2.

Per ciò che concerne i materiali nel loro stato natu-rale (tout-venant) i fillosilicati delle argille, come logi-co aspettarsi, rappresentano sempre la fase più abbon-dante. Fanno eccezione i materiali appartenenti allaFormazione delle Marne di San Cipirello dove, invece,è stata rilevata una leggera prevalenza della calcite.Quest’ultima fase risulta essere abbondante anche neimateriali della Formazione Marnoso-Arenacea delBelice (MAB) e, subordinatamente, anche nelle Argil-le di Gela, nelle Argille di Ficarazzi, nella FormazioneTerravecchia e nella Formazione Licata. La Formazio-ne Castellana è caratterizzata da tenori medi in calciteancora più bassi, e quantità molto modeste dello stessominerale contraddistinguono sia le Argille Varicoloriche il Flysch Numidico. Il quarzo (SiO2), altra fasemineralogica presente in tutti i materiali studiati,abbonda in modo particolare nelle argille del FlyschNumidico. Tra i minerali accessori, i feldspati sonoquasi sempre presenti in quantità molto modeste, men-tre tracce di dolomite caratterizzano le sole Argille diFicarazzi. Il gesso (CaSO4 2H2O) è stato rilevato inbuona parte dei materiali ascrivibili alla FormazioneTerravecchia.

L’abbondanza relativa dei diversi fillosilicati delleargille è stata stimata attraverso l’analisi XRD dellefrazioni minori di 0.002 mm dei preparati orientati(Tabella 3). I risultati analitici consentono di affermareche le smectiti sono prevalenti nelle Argille di Gela edabbondanti anche nelle Argille di Ficarazzi, ovvero neidepositi argillosi geologicamente più giovani tra quellistudiati. La caolinite prevale solo nelle argille delFlysch Numidico, mentre, in tutti gli altri casi, l’illite

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risulta essere la fase più abbondante. Minori quantità diclorite sono presenti in tutti i materiali indagati, conun’abbondanza leggermente più evidente nelle Forma-zione Castellana, nella Formazione Terravecchia enelle Argille Varicolori.

Attraverso le analisi chimiche sono state messe inevidenza alcune sostanziali differenze nei materialiargillosi oggetto di studio. I materiali prelevati dallaFormazione delle Marne di San Cipirello e dallaMAB, sono contraddistinte da tenori molto alti in CaO(certamente da correlare al contenuto di microfossilicalcarei), persino superiori al 25% in peso. Al contra-rio, le Argille Varicolori ed il Flysch Numidicomostrano concentrazioni di CaO molto basse, media-mente inferiori al 2% in peso. I restanti materiali sonocaratterizzati da quantità di CaO intermedie, compre-se tra circa il 7% in peso (Formazione Castellana: con-tenuto medio-basso) ed il 16% (Argille di Gela e For-

mazione Licata: contenuto medio-alto). Nelle ArgilleVaricolori, nel Flysch Numidico e nella FormazioneCastellana, i valori relativamente più alti di SiO2 edAl2O3 sono chiaramente da correlare alla prevalenzadella matrice fine fillosilicatica rispetto allo scheletrosabbioso. Nel caso della Formazione Terravecchia, iltenore particolarmente elevato di Al2O3 (sino ad oltreil 19 % in peso) associato ad un’alta concentrazione diK2O (in media circa 2.7 % in peso), riflette la peculia-re abbondanza di mica. Le Argille di Ficarazzi sidistinguono per un contenuto in MgO relativamentepiù alto e prossimo al 3% in peso, da correlare allapresenza di dolomite tra i costituenti minerali accesso-ri. Le Argille Varicolori ed il Flysch Numidico mostra-no, rispetto agli altri materiali, un contenuto decisa-mente maggiore in ossidi di ferro e manganese. Anchela Formazione Castellana e la Formazione Terravec-chia si distinguono per tenori medi in Fe2O3 abbastan-

Tabella 3 – Abbondanza relativa percentuale dei minerali presenti nella frazione <0.002 mm.

Formazioni/U.Ls. Caolinite Clorite Illite Smectite

Argille Varicolori 19 7 46 28

Argille del Flysch Numidico 37 5 33 25

F.ne delle Marne di S. Cipirello 20 5 58 17

F.ne Castellana 26 11 40 23

F.ne Terravecchia 27 8 40 25

F.ne Licata 24 5 48 23

F.ne Marnoso-Arenacea del Belice 27 5 37 31

Argille di Gela 35 5 12 48

Argille di Ficarazzi 37 4 21 38

Figura 3. Diagramma risultantedalla applicazione della AnalisiDiscriminante Lineare (LDA)ai dati chimici.Legenda: MAB = FormazioneMarnoso-Arenacea della Valledel Belice; TM = FormazioneTerravecchia - livello Messiniano;TT = Formazione Terravecchia -livello Tortoniano; FY = FlyschNumidico; VA = Argille Varicolori;FC = Formazione Castellana.

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za alti, prossimi all’8% in peso. Le concentrazioni diNa2O sono molto variabili: dai valori minimi checaratterizzano la MAB pari circa allo 0.3% in pesoallo 1.1 % in peso mostrato dalla Formazione Licata.Al contrario, i tenori in P2O5 risultano molto simili intutti i materiali studiati e, quindi, poco significativi alfine di una loro diversificazione su base chimica. Danotare, infine, la peculiare concentrazione media diTiO2 del Flysch Numidico (circa 1.3% in peso) chepuò, verosimilmente, essere correlata alla nota presen-za di leucoxeno e rutilo (ossidi di titanio) tra i minera-li accessori di questa formazione.

Quindi, dopo aver verificato che le materie primeindagate in buona parte rappresentano dei gruppi chi-mici accettabilmente consistenti si è ritenuto opportu-no fare un’elaborazione statistica dei dati chimici grez-zi attraverso l’analisi discriminante lineare (LDA),escludendo dal calcolo le Argille di Ficarazzi, le Argil-le di Gela e i materiali della Formazione delle Marnedi San Cipirello, e della Formazione Licata perché rap-presentate da un numero di campioni poco significati-vo ai fini statistici.

In Figura 3 sono mostrati i risultati ottenuti appli-cando la LDA al set di campioni di argilla rappresenta-tivi di 5 formazioni argillose. La Formazione Terravec-chia è stata ulteriormente suddivisa in due sottogruppi,rappresentati dai materiali del Messiniano e da quellidel Tortoniano. Questi due sottogruppi composizional-mente risultano sufficientemente separati, dato che lecorrispondenti ellissi di confidenza (al 95%) si sovrap-pongono solo in modo marginale. Ancora più netta è laseparazione tra le argille della Formazione Terravec-chia (considerate nel loro complesso) e la MAB da unlato ovvero il Flysch Numidico e le Argille Varicoloridall’altro. Una sovrapposizione potenziale sussiste sol-tanto tra i campioni della Formazione Castellana equelli del Flysch Numidico. Tuttavia, occorre conside-rare che l’incidenza della F.ne Castellana, come poten-ziale materia prima ceramica, è limitata ad un’areamolto circoscritta. Al contrario è molto importante sot-tolineare che le materie prime che, come risulta daglistudi archeometrici ed etnoarcheologici, sono statemaggiormente usate in tal senso (Formazione Terra-vecchia, MAB, e, solo per la fattura di laterizi, ancheFlysch Numidico e Argille Varicolori) possono agevol-mente essere identificate anche attraverso l’analisi chi-mica di un singolo frammento ceramico (reperto) conuna probabilità di errore limitata al 5%.

PROPRIETÀ TECNOLOGICHE

Come “proprietà tecnologiche” di una materiaprima ceramica in questa sede si intendono alcuniparametri prestazionali, come comportamento plastico,entità del ritiro lineare e variazione del colore assunto

in seguito ad essiccamento e cottura. Questi parametrisono correlabili alle caratteristiche composizionali(mineralogia e chimismo) e tessiturali (distribuzionegranulometrica) delle materie prime a cui si riferisco-no. Essi consentono di valutare in modo empirico elegato al processo produttivo la reale attitudine delmateriale all’utilizzo in ambito ceramico.

La plasticità dei materiali argillosi consiste nellacapacità di assumere una deformazione permanentesenza perdita di coesione e conseguente formazionedi fessure. Questa proprietà è controllata da numero-si fattori e, in modo particolare, dalla ripartizionedelle varie frazioni granulometriche, dall’abbondan-za relativa di smectiti e dalla presenza di materiaorganica.

Una procedura semplice ed attendibile comune-mente usata per la determinazione della plasticità deimateriali argillosi, oggi utilizzata di routine per valu-tare le potenzialità della argilla stessa nel campo dellaproduzione industriale dei laterizi (Marsigli & Dondi,1997), si basa sulla misura degli indici di Atterberg.Non tutte le argille sono utilizzabili tal quali per laproduzione di manufatti, ma spesso necessitano diadditivi di vario tipo che rendono l’impasto più adat-to alla foggiatura. La possibilità di manipolare unimpasto in modo agevole e plasmarlo per tutto iltempo necessario alla realizzazione di un manufatto,dipende dal valore di Ip (indice di plasticità, ottenutodalla differenza tra il limite liquido e quello plastico,ossia contenuto di acqua per cui il materiale permaneallo stato plastico). Più è elevato il valore dell’indicedi plasticità maggiore è il tempo di permanenza dellostato plastico dell’impasto, da cui deriva una miglio-re lavorabilità. I parametri di plasticità sono i fattoriche principalmente influenzano il comportamento infoggiatura dei materiali argillosi.

Dai risultati ottenuti emerge che tutti i materialiargillosi esaminati sono caratterizzati da campo dipermanenza allo stato plastico adeguato. Fanno ecce-zione i materiali delle Argille Varicolori e, in misuraminore, quelli della Formazione Castellana che risul-tano leggermente troppo plastici e, per un utilizzoceramico ottimale, dovrebbero essere dimagriti. Èinteressante notare che il comportamento plasticosembrerebbe essere condizionato più dal contenutorelativo di scheletro sabbioso naturale (e dalla suadistribuzione granulometrica) che non dalla naturaspecifica dei minerali argillosi presenti o dal chimi-smo (Figura 4).

Il ritiro lineare è un utile parametro empirico, che,al pari della plasticità rappresenta un mezzo per stima-re in modo molto realistico la probabilità di riuscita diuna manifattura la materia prima tal quale, ovvero suimpasti depurati e dimagriti. In linea di massima più ècontenuto il ritiro lineare, sia in fase di essiccamento

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che di cottura, più una materia prima è teoricamenteidonea alla produzione di ceramica.

Innanzitutto, da un primo esami dei dati, è possi-bile apprezzare un comportamento marcatamentediverso delle tipologie di materiale argilloso oggettodi studio a cominciare dalla fase di essiccamento apartire dal contenuto d’acqua corrispondente al limi-te liquido. Alcuni materiali mostrano valori di ritiro,piuttosto elevati, ben superiori al 10% (come adesempio le Argille Varicolori). Altre materiali possie-

Figura 5. Valori medi del ritiro lineare in seguito adessiccamento e cottura. Legenda: SC = Formazione delleMarne di San Cipirello; AF = Argille di Ficarazzi; FT =Formazione Terravecchia; AV = Argille Varicolori; FY = Argilledel Flysch Numidico; FC = Formazione Castellana; FL =Formazione Licata; FG = Argille di Gela; MAB = FormazioneMarnoso-Arenacea del Belice.

Figura 4. Schema di previsione del comportamento infoggiatura in base alle caratteristiche di plasticità (in accordoa Marsigli e Dondi, 1997). Legenda: MAB = FormazioneMarnoso-Arenacea del Belice; FG = Argille di Gela; SC =Formazione delle Marne di San Cipirello; AF = Argille diFicarazzi; FT = Formazione Terravecchia; AV = ArgilleVaricolori; FN = Argille del Flysch Numidico; FC =Formazione Castellana; FL = Formazione Licata.

dono valori di ritiro lineare ad essiccamento interme-di compresi tra 7,5 e circa 8,5% e le sole argille dellaFormazione Terravecchia possiedono un ritiro conte-nuto, ben al disotto del 7% (Figura 5). L’evoluzionedel ritiro lineare al progressivo aumento della tempe-ratura, sino ai 1000 °C dei materiali argillosi studiatirisulta ulteriormente diversificato. Infatti oltre adiversi valori assoluti di ritiro alla massima tempera-tura di cottura vi sono anche importanti differenzenella progressione, che risulta abbastanza regolareper alcuni materiali (caratterizzati da andamenti condebole pendenza) e, al contrario, brusca e irregolareper altri. Inoltre, considerando l’incremento mediopercentuale del ritiro lineare nell’intervallo termicoconsiderato è interessante notare quattro tipologie dicomportamento: incrementi bassi, intorno al 16%(Argille di Ficarazzi e Formazione Terravecchia);incrementi medi intorno al 25% (Formazione Castel-lana e Flysch Numidico); incrementi alti 35-50%(Argille Varicolori e Formazione Licata) incrementimolto alti >70% (Argille di Gela e Formazione delleMarne di San Cipirello).

La lettura del parametro del colore è stata condot-ta utilizzando le tavole comparative di Munsell. L’u-tilizzo di tali tavole benché abbia ovvi limiti legati aun non trascurabile residuo di soggettività ed errore,rimane a tutt’oggi l’approccio più usato per la defini-zione del colore sulle argille cotte e sui manufattiantichi (Cuomo di Caprio, 1985). Com’è noto lo svi-luppo del colore nella ceramica è essenzialmentelegato a processi di trasformazione e neoformazionedi fasi mineralogiche, la cui entità dipende per lo piùdalla composizione chimica del materiale di partenza,dalle temperature massime raggiunte nel processo dicottura, dei tempi di permanenza alla massima tempe-ratura e dall’atmosfera di fornace. In particolare ènoto l’aspetto che in modo prevalente condiziona ilcolore di un manufatto ceramico è legato alla presen-za del ferro nei suoi diversi stadi di ossidazione, ospi-tato nelle fasi silicatiche che si sviluppano in cottura,ovvero, gehlenite, pirosseno, mullite. Inoltre un ruoloaltrettanto importante, a parità delle condizioni sopradescritte, è svolto dalla presenza di CaO e dal rappor-to Fe2O3 /CaO (Fabbri & Dondi, 1995).

Un altro fattore condizionante, come accennato, èrappresentato dalla temperatura di cottura dei mat-toncino. È interessante notare, infatti, come la lumi-nosità e la saturazione della tinta vari in progressio-ne, all’aumentare della temperatura. Già a 300 °C, lamaggior parte dei provini assume colorazione beigecon una componente gialla (2.5Y; 7.5YR). Soltanto iprovini ottenuti impastando i materiali delle Marnedi San Cipirello e della MAB presentano ancoradominante sul grigio (10YR). La colorazione assun-ta dagli impasti relativi a tutte le formazione diventa

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significativa nell’intervallo finale di cottura compre-so tra i 900°C e 1000°C, in cui si manifesta sempreuna tinta sul rosso-marrone chiaro (2.5YR 5/7-5/6).La prevalenza del ferro sul calcio ha favorito unmaggior sviluppo di ematite e, solo in maniera tra-scurabile, di alluminosilicati calcici determinando,nei provini delle Argille Varicolori e del FlyschNumidico una colorazione con la tinta dominante sulrosso-bruno (10R).

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Questa nota è una sintesi dell’intervento effettuatoda F. Nigro al Convegno di Licata organizzato dal-l’Ordine Regionale dei Geologi di Sicilia.

PREMESSAA seguito degli eventi luttuosi di Giampilieri del-

l’ottobre scorso, la sezione di Palermo dell’IstitutoNazionale di Geofisica e Vulcanologia ha censito subase provinciale i potenziali dissesti a cinematica rapi-da che avrebbero potuto determinare condizioni dirischio per la vita della popolazione residente.

Il lavoro si è articolato in più fasi, per ciascuna dellequali erano previste attività di raccolta informazioniper gradi di approfondimento successivi che potevanocondurre alla determinazione di un quadro territorialeprovinciale di pericolosità idrogeologica.

Relativamente agli eventi franosi, la pericolositàambientale generalizzata della Provincia di Messina(probabilità che un certo fenomeno, naturale o indottodall’antropizzazione, avvenga in un determinato inter-vallo di tempo) si traduce sovente in un altrettantogeneralizzato rischio elevato (probabilità che le conse-guenze economiche e sociali di un certo fenomeno di

STIMA DELLA PERICOLOSITÀ POTENZIALEAL DISSESTO IDROGEOLOGICO NELLA PROVINCIADI MESSINA:VALUTAZIONE PRELIMINAREF. Nigro*,A. Pisciotta*, M. Perricone*, R. Favara*, P. Renda°*, G. Cusimano°*, F. Torre°°* Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, sez. di Palermo, via U. La Malfa 153, 90146 Palermo, Italia°* Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare, INGV sez. di Palermo°° Libero professionista, Petralia Sottana° Autore di riferimento ([email protected])

I recenti eventi calamitosi occorsi nella Provincia di Messina in particolare lungo il versante ionico ripropongo-no ancora una volta il tema della fragilità idrogeologica del territorio, relativo al rischio connesso ai danni alle

infrastrutture, ai centri abitati e alle attività produttive, ma soprattutto in relazione alla perdita di vite umane. Nel territorio della Provinciadi Messina il rischio idrogeologico elevato caratterizza una porzione arealmente rilevante, con parecchi centri abitati in dissesto o soggetti arischio di esondazione, alluvionamento e rischio geomorfologico. Circa l’80% del territorio provinciale è soggetto a vincolo idrogeologico,con oltre 40 comuni nei quali sono necessari e indispensabili interventi di consolidamento e di difesa territoriale. Le aree franose censite nel-l’ambito del progetto IFFI (Inventario Fenomeni Franosi Italiani) sono oltre 1.000, che pongono la Provincia di Messina in vetta alla graduato-ria provinciale siciliana. Peraltro, l’analisi della serie storica dei dati AVI (aree vulnerate da calamità idrogeologiche), relativamente ai fenome-ni di dissesto verificatisi nel periodo 1958-1997, indica un incremento generalizzato nel territorio regionale e una stessa tendenza di cresci-ta per la provincia di Messina, soprattutto a partire dal 1978 (CNR-GNDCI, 2000), con 209 eventi franosi in 118 siti e 61 eventi di piena in46 siti. I Comuni della provincia di Messina con aree a rischio idrogeologico “elevato” (R3) e “molto elevato” (R4), secondo i dati della Regio-ne Siciliana-Assessorato Territorio e Ambiente, sono oltre 40. Le cause, legate ai processi morfodinamici di versante di tipo franoso, sonoprincipalmente da ricercarsi nelle caratteristiche litotecniche dei terreni, che in affioramento sono sovente costituite da formazioni argillosee da prodotti di alterazione e degradazione degli ammassi rocciosi metamorfici, i quali hanno subito intense fratturazioni durante l’evoluzio-ne geologica dell’area, nell’assetto morfologico (elevata acclività dei versanti), nella morfo-neotettonica (tendenza continua al sollevamentodella catena nebroidea-peloritana in tempi plio-pleistocenici) e nell’elevata aggressività degli eventi piovosi.Tutti questi fattori, anche se condiverso peso, contribuiscono allo stato del dissesto, così come incide anche l’elevata sismicità regionale e l’azione antropica (dalle politichedi gestione territoriale lungo i versanti, le aste fluviali e le coste, all’abusivismo edilizio) con effetti sempre più rilevanti prodotti negli ultimidecenni. Inoltre, la presenza nel territorio provinciale di paleofrane, anche di notevoli estensioni, attivatesi sotto condizioni climatiche diver-se da quelle attuali, e la sismicità storica (I > 8 MCS) osservata su gran parte del territorio, rappresentano condizioni di forte predisposizio-ne al dissesto, specialmente per quei centri abitati posizionati lungo i versanti caratterizzati da accumuli di paleofrane, che pertanto sonopotenzialmente soggetti a rischio di riattivazione. Nell’ambito della pianificazione PAI (Piano di Assetto Idrogeologico) realizzato dall’Asses-sorato Regionale Territorio e Ambiente, gli eventi franosi a cinematica rapida non sono contemplati, se non quelli relativi ai fenomeni di crol-lo. In particolare, non si possiedono informazioni relative alle tipologie cinematiche legate soprattutto alle colate in ammassi a rilevante com-ponente terrigena (tipo falls, toppe, slides, lateral spreads, flow, così come propone la classificazione di CARRARA et al. (1985), che enfatizza il tipodi movimento tenendo conto anche del tipo di materiale coinvolto, cioè bed rock, debris, earth), ma anche del meccanismo di avvio o tipo disollecitazione al taglio e del tipo di movimento, cosi come proposto da SASSA (1989), che fa riferimento a frane con massima sollecitazioneda taglio (first time landslide o frana di nuova formazione) o a frane in condizioni residuali (residual strength landslide). Relativamente agli even-ti franosi, la pericolosità ambientale generalizzata della Provincia di Messina (probabilità che un certo fenomeno, naturale o indotto dall’an-tropizzazione, in un determinato intervallo di tempo) si traduce sovente in un altrettanto generalizzato rischio elevato (probabilità che leconseguenze economiche e sociali di un certo fenomeno di pericolosità superino una determinata soglia) a causa anche dell’articolazioneurbanistica del territorio, nonché dall’assenza di piani di difese idrogeologica.Tale rischio è amplificato dal fattore perdita di vite umane, comedimostrano i recenti eventi calamitosi, peraltro ultimi di una lunga serie. In questo quadro, risulta fondamentale dotare l’Amministrazione pro-vinciale di Messina di uno strumento di conoscenza degli eventi franosi a cinematica rapida che possono determinare la perdita di vite umanee che sottende ad una più generale politica di prevenzione e pianificazione territoriale. Nell’ambito delle attività svolte dalla sezione di Paler-mo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, è stato effettuato un primo censimento delle aree a rischio potenziale di cinematica rapi-da, di cui si riportano di seguito i risultati preliminari salienti.

R I A S S U N T O

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pericolosità superino una determinata soglia) a causaanche dell’articolazione urbanistica del territorio, non-ché dall’assenza di piani di difese idrogeologica.

Il censimento delle aree a potenziale rischio di coin-volgimento in eventi franosi a cinematica rapida corri-spondono quindi ai centri abitati e alle loro frazioni,nonché ai relativi segmenti viari che ne rappresentanole uniche vie di fuga. Tale censimento, che prevedezone di rischio “potenziale”, tiene conto anche dellasismicità, con modelli di innesco di frane sismoindottee degli eventi meteorici estremi, entrambi in termini direlazione magnitudo evento-tempo di ritorno.

CRITERI ADOTTATIPER IL CENSIMENTO

Per dissesti potenziali a cinematica rapida si inten-dono i crolli e le “colate detritiche” (debris flow). Inrelazione all’obiettivo, nella prima fase di censimentosono state raccolte informazioni relative solo a quei dis-sesti potenziali incombenti sui principali agglomeratiurbani (centri, frazioni, principali infrastrutture) e ipotenziali dissesti a cinematica rapida siti anche adistanze maggiori, ma le cui caratteristiche di attivazio-

ne e potere distruttivo potrebbero determinare la perdi-ta di vite umane. Sono stati altresì censiti quei dissestipotenziali a cinematica rapida che avrebbero potutodanneggiare le vie di fuga degli agglomerati urbani.

Il censimento preliminare dei dissesti potenziali acinematica rapida della Provincia di Messina è statoeffettuato adottando alcuni criteri, di seguito descritti,con i quali sono state successivamente elaborate ecompilate delle schede descrittive (Figg. 1 e 2).

Tali schede contengono un insieme di campi infor-mativi che permettono di fornire un quadro sufficiente-mente completo di ciascun dissesto potenziale ricono-sciuto.

Le schede sono composte da informazioni relative a:1. inquadramento geografico del dissesto (comune,

località, bacino idrografico, coordinate, altitudine,eventuale codice PAI);

2. copertura vegetale e tipologia di habitat;3. eventuali vincoli esistenti;4. acclività media dei luoghi in potenziale dissesto;5. tipologia del dissesto;6. eventuale presenza di falda e relativo rischio

liquefazione;

Fig. 1 - Struttura delle schede per il censimento dei dissesti a cinematica rapida della provincia di Messina (parte A).

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7. distanza e pendenza media tra il potenziale disse-sto e i manufatti/infrastrutture a rischio;

8. informazioni relative ai processi di erosione;9. volumi del potenziale dissesto10. tipologia degli insediamenti/infrastrutture e/o vie

di fuga;11. caratteristiche sismiche e pericolosità;12. tipologia litologica e del suo stato di alterazione;13. caratteristiche climatiche e informazioni idrologi-

che su basi statistiche in relazione alle quantità dipiogge entro la prima ora e le successive ventitrèore di precipitazioni per assegnati tempi di ritorno;

14. esposizioni dei versanti;15. tipologia di indagini da eseguire per la determina-

zione delle caratteristiche geotecniche dei volumirocciosi in dissesto potenziale;

16. documentazione fotografica dei dissesti potenzialie loro ubicazione su stralci topografici in scala1:10.000, oltrechè stralcio geologico, distribuzio-ne della pressione antropica (in termini di percen-tuale di aree edificate) e profili topografici dei per-corsi tra i volumi potenzialmente in dissesto e leopere antropiche a rischio.

Data la peculiare tipologia di agglomerazione urba-na della Provincia di Messina, caratterizzata sia da cen-tri urbani principali, frazioni che da gruppi di casevariamente sparse nel territorio, nella fase preliminaredi censimento sono stati considerati solo quegli inse-diamenti la cui densità di urbanizzazione è risultatamaggiore del 40% in termini di area edificato/area ter-ritoriale (Fig. 3).

Altresì, le informazioni contenute nei diversi campidelle schede sono stati preliminarmente sintetizzate e/oraggruppate in classi, tenendo conto che:� per dissesti potenziali si sono intesi sia quei corpi

rocciosi in incipiente stato di disequilibrio meccani-co che tutte quelle situazioni in cui le coltri di alte-razione e/o le porzioni più superficiali -metastabili-delle successioni rocciose potevano mobilitarsi perrepentino aumento delle pressioni neutre in occa-sione di eventi meteorici eccezionali;

� la tipologia di potenziale dissesto ha previsto leclassi “crollo”, “debris” e “altro”, poiché si è rite-nuto che oltre i crolli-debris, che rappresentano glieventi a cinematica rapida significativi, anche altretipologie di dissesto (scorrimenti di vario tipo),incombenti su agglomerati urbani, potevano, in fase

Fig. 2 - Struttura delle schede per il censimento dei dissesti a cinematica rapida della provincia di Messina (parte B).

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di eventuale attivazione, determinare la perdita divite umane;

� le aree rilevate non sono state solo quelle limitrofeagli agglomerati urbani ma anche i settori più lonta-ni (es. aree di testa dei bacini idrografici), laddoveil verificarsi di dissesti di coltri di alterazione signi-ficativamente estese potevano determinare la for-mazione di cinematiche di debris che avrebberopotuto coinvolgere manufatti edificati anche in set-tori mediani o di foce. In relazione ad una stimaqualitativa delle lunghezze delle aste principalidelle/dei fiumare/torrenti, nonché dell’ampiezza deiloro alvei nei tratti mediani e di foce e dell’ubica-zione degli agglomerati urbani selezionati per ilcensimento preliminare, taluni settori di testa sonostati scartati anche se caratterizzati da dissestipotenziali, in quanto si è ritenuto che una loro even-tuale attivazione non avrebbe determinato conse-guenze per l’incolumità fisica della popolazionelocale;

� non si è proceduto alla perimetrazione dei potenzia-li dissesti e la loro ubicazione è stata effettuata indi-cando in pianta solamente il loro punto baricentri-co;

� i dissesti di tipo crollo-altro incombenti sugli agglo-merati urbani sono stati segnalati sia a quote supe-riori che inferiori, laddove sono state riconosciutecondizioni di scalzamento;

� il censimento dei potenziali dissesti è stato effettua-to anche nell’ottica della loro eventuale attivazionein relazione a eventi meteorici eccezionali, le cuialtezze di pioggia potevano non corrispondere aitempi di ritorno determinabili su basi statistiche;

� l’acclività dell’intorno di versante su cui insiste ilpotenziale dissesto è stata suddivisa in cinque clas-si (0%-3%, 3,1%-10%, 10,1%-25%, 25,1%-35% e> 35%). Tale suddivisione si è ritenuta utile sia perla determinazione successiva del livello di pericolo-sità (in relazione al grado di alterazione), ma anchein relazione alla distanza tra la sorgente (dissesto) ela destinazione finale (manufatti) dei volumi poten-zialmente instabili. Difatti, l’informazione relativaalla pericolosità deriva anche dall’incrocio delleinformazioni relative all’acclività del paraggiopotenzialmente instabile, alla sua distanza daimanufatti e alla variazione di acclività del tratto“sorgente-destinazione”;

� la distanza media tra il movimento potenziale e imanufatti (preliminarmente rilevata in pianta) èstata suddivisa in sei classi, che però differisconoper un ordine di grandezza in relazione alla tipolo-gia di dissesto potenziale. In particolare, è stataadottata la scala dei chilometri (0-1, 1-2, 2-3, 3-4,4-5 e > 5) per quanto riguarda i dissesti di tipodebris, mentre per le altre tipologie di dissesto èstata adottata la scala del centinaio di mentri con imedesimi intervalli. La scelta di intervalli di distan-ze di diverso ordine di grandezza in relazione allacinematica del dissesto potenziale si è resa necessa-ria poiché i danni determinabili dalle tipologie dicrollo generalmente diminuiscono rapidamenteall’aumentare della distanza dalla sorgente, mentre,al contrario, i danni determinabili dalle tipologie ditipo debris si incrementano con la distanza dallasorgente. In entrambi i casi il potere distruttivodelle due fenomenologie è anche legato alla confor-

Fig. 3 - Densità di urbanizzazione in Provincia di Messina considerata per il censimento preliminare dei dissesti potenziali a cine-matica rapida.

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mazione orografica del territorio compreso tra sor-gente e destinazione finale, che è prerogativa delcampo n. 16 delle schede (profilo longitudinale dis-sesto potenziale-manufatti/infrastrutture) e cheverrà compilato in una successiva fase di lavoro;

� durante la fase di censimento preliminare sono stateosservate parecchie situazioni territoriali in cui iversanti prossimi ad agglomerati urbani sono carat-terizzati da numerosi dissesti in atto o potenziali. Inquesti casi sono stati preliminarmente censiti solo idissesti significativi e più incombenti sui manufat-ti/infrastrutture, mentre un più approfondito detta-glio si è rimandato ad una successiva fase di appro-fondimento;

� altresì, anche le vie di fuga sono caratterizzate dadissesti in atto o potenziali, i quali determinanocondizioni di elevata pericolosità per tratti anchedell’ordine dei chilometri. Anche in questo casosono stati segnalate solo situazioni puntiformi chepregiudicano la possibilità di fuga nelle immediatevicinanze dell’agglomerato urbano considerato;

� la tipologia litologica è stata anch’essa sintetizzatain sei classi (Fig. 4), poiché si è ritenuto che suc-cessioni litostratigrafiche/litodemiche diverserispondano similmente ai processi di alterazione/-degradazione meteorica e che pertanto potevano,nella fase preliminare, essere raggruppate per classidi suscettività ai dissesti. Sono state così distinte leseguenti classi litologiche: 1) carbonati-marne, 2)arenarie-conglomerati, 3) metamorfiti di alto grado,4) metamorfiti di basso grado; 5) coesivo e 6) altro.Le classi 1, 2 e 3 sono prevalentemente soggette acrollo-altro, mentre le classi 4 e 5 sono più sogget-

te a fenomeni che possono determinare condizionidi tipo debris. Nella classe 6 sono state inserite altretipologie litologiche, quali le evaporiti e le succes-sioni flyschioidi che negli intorni di affioramentorilevati non possiedono né una prevalenza arenaceané una prevalenza argillosa;

� infine, lo stato di alterazione delle tipologie litolo-giche è stato distinto in quattro classi (basso, medio,alto e critico). Nella prima fase di censimento per“stato di alterazione” si è inteso non solo il grado dimaturità del processo di trasformazione chimico-fisica della roccia madre ma anche la “dimensione”della coltre stessa (spessore medio ed estensione).La valutazione delle due differenti informazioni èstata anche in questo caso fatta in termini qualitati-vi in quanto una sua caratterizzazione univoca nonpuò prescindere dall’esecuzione di opportune inda-gini di campo e/o laboratorio.

QUADRO GEOLOGICONel territorio della Provincia Regionale di Messina

affiorano corpi rocciosi afferenti ai domini Maghrebi-de e Kabilo-Calabride.

Dominio MaghrebideI corpi rocciosi deformati costituiscono un gruppo

di unità tettoniche a vergenza meridionale, delle qualiquelle peloritane risultano essere le più interne e geo-metricamente più elevate, mentre quelle numidiche lepiù esterne e geometricamente più profonde della cate-na siciliana settentrionale. Le successioni numidicherappresentano inoltre le coperture terrigene sin-tettoni-

Fig. 4 - Tipologie litologiche utilizzate per la suddivisione in classi del territorio della Provincia di Messina.

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che dei domini Maghrebidi esterni Panormide ed Ime-rese-Sicano.

Le successioni mesozoico-neogeniche si presenta-no ripetute per deformazioni tettoniche. Le successioninumidiche costituiscono le Unità Maragone (più pro-fonda) e quella Monte Salici-Monte Castelli (più ele-vata). Le successioni sicilidi invece costituiscono treunità tettoniche principali, che a partire dalla più pro-fonda sono l’Unità Monte Soro, l’Unità di Nicosia el’Unità di Troina.

Le unità tettoniche sono state messe in posto a par-tire dall’Oligocene, secondo una progressione insequenza dai settori più interni verso quelli esterni. Apartire dal Miocene sup.-Pliocene inf., le unità tettoni-che sono state dislocate e riorientate da fasci di fagliea varia tipologia di rigetto ed orientazione. Sono statiriconosciuti tre sistemi principali ad andamento NO-SE, NE-SO ed O-E, ad alto angolo, che più delle vec-chie strutture plicative controllano la recente evoluzio-ne dei rilievi.

A partire dalle unità tettoniche geometricamente piùelevate, affiorano:

UNITÀ SICILIDI:

• Flysch di Reitano. Arenarie arkosiche rosso-gialla-stre, gradate, con intercalazioni di peliti e marneverdi. Sparse canalizzazioni di conglomerati e livel-li di slumps. Conglomerati poligenici in banchi plu-rimetrici di colore rosso bruno ad elementi eterome-trici arrotondati. Verso l’alto sono frequenti le cana-lizzazioni conglomeratiche ad elementi prevalente-mente carbonatici. Spessore variabile da pochi metria più di 200 metri (Burdigaliano inf.-Langhiano).

• Flysch di Troina-Tusa. Marne grigie e calcari mar-nosi pluridecimetrici, con livelli calcarenitici e cal-ciruditici a macroforaminiferi. Arenarie micacee esiltiti. Spessore variabile da 200 metri a 300 metri(Miocene inf.).

• Argille Varicolori. Argilliti policrome, con interca-lazioni di siltiti micacee, calcareniti, quarzareniti emicroconglomerati. Inclusi di argille varicolori cre-tacee. Alla base sono presenti intercalazioni dimarne, calcari marnosi, calcareniti e brecciole gra-date a macroforaminiferi (Monte Pomiere). Spesso-re compreso tra 200 metri e 300 metri (Eocene-Oli-gocene).

• “Argille Scagliose superiori”. Argille marnose emarne grigio-scure, a luoghi alternate a calcari mar-nosi grigi in strati centimetrici e calcareniti gradate.Verso l’alto sono presenti argilliti policrome ed are-narie arkosico-litiche. Spessore di circa 250-300metri (Cretaceo sup.?).

• Flysch di Monte Soro. Argille e argille marnosealternate a calcari marnosi grigi, evolventi a torbidi-

ti argilloso-arenacee rappresentate da argilliti scuree quarzareniti feldspatiche grigio-verdastre. Lospessore degli strati varia da 0.5 metri ad oltre unmetro (Cretaceo inf.).

• Unità di Nicosia. Argille varicolori con intercala-zioni di calcilutiti e calcari marnosi, arenarie tufiti-che, siltiti micaceee e quarzareniti a grana fine, pas-santi verso l’alto ad argille brune con intercalazionidi quarzareniti sormontate da un intervallo di marnesilicee, calcari marnosi ed arenarie con clasti ande-sitici (Burdigaliano).

UNITÀ NUMIDICHE:

• Flysch Numidico. Alternanza di argilliti e siltiti sili-cee marroni o nerastre e quarzareniti e quarzosiltitigrigie, talora in grossi banchi. Le porzioni argilliti-che contengono a luoghi noduli limonitici e possie-dono uno spessore variabile da qualche decimetro aqualche metro. Le quarzareniti possiedono unospessore variabile da qualche decimetro a diversedecine di metri. La successione, suddivisibile nelleUnità di Monte Sambughetti e Monte Castelli, hauno spessore di diverse centinaia di metri (Oligoce-ne sup.-Miocene inf.).

DEPOSITI TARDOROGENI

� arenarie con intercalazioni di argille marnose(Flysch di Reitano, Burdigaliano-Serravalliano);

� calcareniti e calciruditi (“Calcareniti di RoccaD’Armi”, Burdigaliano Superiore-Serravalliano);

� conglomerati poligenici (“Conglomerati di Caro-nia”, Burdigaliano sup.-Tortoniano inf.).

Dominio Kabilo-Calabride

Nei Monti Peloritani affiorano diverse unità tettoni-che che costituiscono la porzione più meridionale del-l’Arco Calabro.

I rapporti geometrici con i terreni affioranti nei set-tori più esterni e meridionali della Catena Siciliana(aree dei Monti Nebrodi), dove affiorano le successio-ni terrigene sicilidi, sono espresse da un lineamentotettonico noto come “Linea di Taormina”.

Il settore peloritano, secondo le ricostruzioni piùrecenti (GIUNTA et al., 1998), corrisponde nel suo insie-me ad una depressione della catena appennino-magh-rebide, nella quale sono rappresentate le unità tettono-stratigrafiche più elevate a vergenza meridionale (dalbasso verso l’alto):� Unità Longi-Taormina: affiora nei settori frontali

dell’elemento peloritano secondo un andamentoNW-SE da S. Agata di Militello fino a Taormina; ècostituita da un basamento epimetamorfico ricoper-to da una successione sedimentaria meso-cenozoi-

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ca, che mostra marcate differenze di facies correla-bili con differenti storie tettono-sedimentarie;

� Unità Fondachelli: costituita da un basamento epi-metamorfico pre-alpino dato da filladi,metareniti erare metabasiti e metcalcari;

� Unità Mandanici: costituita da un basamento pre-alpino composto da filladi, quarziti, metabasiti,marmi e porfiroidi;

� Unità Mela: costituita da un basamento pre-alpinopolimetamorfico, rappresentato da paragneiss pas-santi a micascisti, con intercalazioni di metabasiti emarmi (unità di recente istituzione);

� Unità Aspromonte: formata da un basamento varisi-co metamorfico di medio-alto grado, costituito daparagneiss e micascisti, gneiss occhiadini e metagra-niti, anfiboliti, ultramafiti e marmi, intrusi da pluto-nici tardo-varisiche, e riequilibrato in età alpina.

In discordanza su queste unità tettoniche affiora este-samente la Formazione Stilo-Capo d’Orlando, di etàOligocene sup. (?)-Miocene inf., costituita essenzial-mente da torbiditi silico-clastiche, il cui significatopaleo-tettonico è di controversa interpretazione. Lasedimentazione di questa formazione si interrompedurante il Langhiano, a seguito del ricoprimento tettoni-co da parte di una coltre di argille variegate (Unità Anti-sicilidi), di dubbia provenienza. In discordanza sulleUnità Antisicilidi e sui terreni sottostanti, giace la for-mazione miocenica delle Calcareniti di Floresta, costi-tuita da arkosi a cemento carbonatico, ricche di briozoi.

I depositi tortoniano-messiniani sono presenti pre-valentemente nella parte settentrionale dei Monti Pelo-ritani e poggiano in discordanza su tutti i terreni piùantichi. Le successioni plioceniche affiorano in mododiscontinuo e realmente molto limitato nei settori set-tentrionali dei Monti Peloritani, mentre le successioniplio-pleistoceniche occupano le depressioni costiere apronunciato controllo neotettonico.

Nel settore nebrodico-peloritano della Provincia diMessina sono riconoscibili strutture duttili e fragiliriferibili alla deformazione Alpina, espressa dallasovrapposizione di unità tettoniche a prevalente ver-genza meridionale e costituite da un basamento cristal-lino ercinico e delle relative coperture sedimentariemeso-cenozoiche. Questi corpi tettonici hanno subitodelle ulteriori deformazioni a partire dal Miocenesuperiore, fino a tempi recenti; la presenza di ulteriorimomenti deformativi viene espressa dalla riorientazio-ne, verticalizzazione e frammentazione delle originarieunità tettoniche oligo-mioceniche. La cronologia deglieventi deformativi può essere così ricostruita:� sovrascorrimenti legati alla prima fase di deforma-

zione dell’orogenesi Alpina, espressi da estesi flat.Altre estese superfici di sovrascorrimento limitanoalla base le “Argille Varicolori Antisicilidi“.

� inviluppo di sovrascorrimenti, che si impostanosulla precedente struttura a sovrascorrimenti; l’invi-luppo delle vecchie superfici di sovrascorrimentodetermina l’ulteriore ripetizione della serie tettonica.

� sovrascorrimento della coltre “Antisicilide”durante il Langhiano, preceduto nei settori piùinterni da una fase di erosione, evidenziata local-mente dal diretto contatto tra la coltre “Antisicilide”stessa e i corpi cristallini pre-triassici;

� inviluppo di sovrascorrimenti durante il Miocenemedio, attraverso un sistema ancora una voltaespresso da geometrie ramp-flat e da piegamenti agrande raggio di curvatura visibili soprattutto all’in-terno delle successioni della Formazione di Stilo-Capo d’Orlando. Questo sistema coinvolge nelladeformazione le coltri “Antisicilidi”, determinandonei settori più interni dei Monti Peloritani il sovra-scorrimento su di esse delle successioni della For-mazione Stilo-Capo d’Orlando;

� faglie inverse ad alto angolo che dislocano sia leunità di basamento che le relative coperture sedi-mentarie oligo-mioceniche. Questa fase di brea-ching avviene successivamente alla deposizione deiterreni evaporitici messiniani;

� faglie ad alto angolo con componente trascorren-te, a cui sono associate faglie trascorrenti seconda-rie (cunei di Riedel), sia sintetiche che antitetiche.Spesso le faglie sintetiche presentano una compo-nente compressiva che determina la formazione distrutture a fiore positive. Questa tettonica trascor-rente sembra essere legata alle ultime fasi dell’oro-genesi Alpina;

� faglie dirette ad andamento listrico, legate alla tet-tonica distensiva connessa con il rifting tirrenico,che interessa la porzione settentrionale dell’Arco.

CENNI DI IDROGEOLOGIALe unità idrogeologiche del territorio della Provin-

cia di Messina mostrano differenti caratteristicheidrauliche e di potenziale, in relazione al grado e tipodi permeabilità dei mezzi rocciosi ed alle loro caratte-ristiche geometriche (idrostrutture). La permeabilitàdei terreni affioranti risulta variabile in relazione siadelle caratteristiche primarie (porosità) che secondarie(fessurazione), queste ultime conseguenti al grado ditettonizzazione più o meno spinto raggiunto dai corpirocciosi.

IL SETTORE NEBROIDEO

Sono distinguibili terreni a diversa permeabilità:� molto elevata per porosità primaria. A questa cate-

goria appartengono le alluvioni di fondovalle edalcuni corpi detritici particolarmente spessi;

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� variabile, in genere medio-elevata, sia per porositàprimaria che per fessurazione. A questa categoriaappartengono le Formazioni Stilo-Capo d’Orlandoe Reitano;

� generalmente bassa per fessurazione. A questa cate-goria appartengono le successioni numidiche dovepiù spesse sono le intercalazioni quarzarenitiche, edin misura minore le quarzareniti sicilidi;

� molto bassa o nulla. A questa categoria appartengo-no le successioni argillose numidiche e sicilidi.

IL SETTORE PELORITANO

La permeabilità della successioni rocciose deiMonti Peloritani possono essere così distinte:� terreni a permeabilità molto elevata per porosità

primaria. depositi alluvionali di fondovalle e dellepianure costiere, conoidi di deiezione;

� molto elevata per fessurazione e carsismo. A questacategoria appartengono le successioni carbonatichedell’Unità Longi-Taormina;

� terreni a permeabilità medio-alta per porosità e/ofessurazione. sabbie e ghiaie di Messina, calcareni-ti e sabbie, depositi evaporitici;

� terreni a permeabilità media per fessurazione e/oper porosità. alternanza arenaceo-argillosa, conglo-merato Rosso, conglomerati della Fm. Stilo-Capod’Orlando, metamorfiti di medio-alto grado;

� terreni a permeabiltià medio-bassa per porosità e/ofessurazione. depositi fluvio-marini terrazzati,alternanza argilloso-arenacea della Fm. Stilo-Capod’Orlando, metamorfiti di basso grado;

� terreni a permeabilità molto bassa. argille marnoseazzurre, trubi, diatomiti e marne, argille variegate.

CENNI CLIMATOLOGICIE IDROLOGICI

Sono state preliminarmente acquisite informazionirelative alle caratteristiche climatiche del territoriodella Provincia di Messina poiché esse, unitamente allecondizioni geologiche delle rocce affioranti, contribui-scono in modo preponderante alla potenzalità al disse-sto idrogeologico.

Il clima del territorio messinese è fortementeinfluenzato dall’orografia, ed in particolare dalla cate-na montuosa a ridosso della costa, cui si collegano l’ef-fetto barriera nei confronti delle masse di aria prove-nienti dal Tirreno e dallo Ionio, l’azione mitigatrice delmare relativamente alla temperatura, la variabilità deicaratteri pluviometrici e termometrici nelle diversefasce altimetriche che decorrono parallelamente allosviluppo della catena.

Le precipitazioni medie annue lungo il versante tir-renico della Provincia si attestano mediamente sugli

800-1.000 mm, ad eccezione dell’area metropolitana edel settore di Taormina, dove la media è di 700-800mm. Lungo il versante tirrenico, la media è di 700-800mm nei settori costieri e aumenta progressivamentefino a raggiungere i valori di 1.000-1.200 nei settorimontani di cresta, per poi tornare a diminuire nel ver-sante meridionale del massiccio montuoso.

Le temperature medie annue diminuiscono regolar-mente con l’altitudine, con valori massimi di 18°C-19°C nei settori costieri e valori minimi di 10°C-11°Cin quelli montani in entrambi i versanti della provincia.

Anche l’escursione media annua possiede le stessevariazioni della temperatura, con minimi di 13°C-14°Cnei settori costieri e massimi di 19°C-20°C in quellimontani.

I valori dell’evapotraspirazione raggiungono deimassimi di 900-1.000 mm in entrambi i settori costieriionico e tirrenico, per diminuire progressivamenteverso quelli montani dove i valori medi sono compresitra 600-700 mm.

L’indice bioclimatico è prevalentemente Termome-diterraneo-subumido superiore, tendente al Mesomedi-terraneo-subumido superiore lungo il versante ionico,mentre a questa tipologia si aggiunge, lungo il versan-te tirrenico, la categoria Termomediterraneo-subumidoinferiore (settori costieri) e Mesomediterraneo-umidoinferiore/ Mesomediterraneo-subumido inferiore lungoi rilievi.

Riguardo l’indice di Thorntwaite, si osserva inentrambi i versanti della provincia una graduale varia-zione da Asciutto-subumido (settori costieri) a Umido(settori montani).

La stessa distribuzione caratterizza l’indice DeMartonne, con caratteristiche climatiche di tipo Tem-perato caldo nei settori costieri fino ad Umido in quel-li montani.

L’indice Emberger indica per gran parte condizioniclimatiche di tipo Umido, con passaggi al Sub-umidonei settori collinari-costieri della costa tirrenica e nel-l’area di Capo Peloro.

Infine, l’indice di Lang indica prevalenti condizionidi tipo Semiarido lungo il versante ionico della provin-cia, mentre in quello tirrenico si hanno anche condizio-ni di tipo Steppico in alcuni settori costieri e di tipoTemperato caldo in quelli montani.

INTENSITÀ DELLE PIOGGE

Nell’ottica di definire le relazioni tra piovosità (intermini di intensità) e franosità in Provincia di Messi-na, sono state calcolate le altezze di pioggia giornalie-re su base statistica per i principali agglomerati urbanisecondo la metodologia di CANNAROZZO et al. (1990).

Con questo metodo sono state calcolate preliminar-mente le altezze di pioggia (nell’arco delle 24 ore) per

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tempi di ritorno variabili da 2 a 50 anni (curve di pro-babilità pluviometrica) per tutti i maggiori centri urba-ni della Provincia di Messina (cfr. grafico 1).

Il grafico 2 sintetizza le massime altezze di precipi-tazione osservate nell’arco di un giorno nei due versan-ti del territorio provinciale.

guate, in quanto prevale l’influenza delle piogge ante-cedenti rispetto agli eventi intensi, su un periodo tral’altro piu’ o meno lungo, mensile o quanto meno plu-rigiornaliero (CANUTI E CASAGLI, 1994).

Un primo elemento particolarmente espressivo perdefinire le zone a rischio erosivo è rappresentato dal-l’indice di aggressività della pioggia (R), calcolabilesecondo una relazione proposta da D’ASARO E SANTO-RO (1983) per le aree attrezzate solo con pluviometri:

R = 0.21 q-0.096 P2,3 NGP-2

dove:q = quota della stazione in m s.l.m.;NGP = numero di giorni piovosi;P = precipitazione annue in mm.

Una valutazione finalizzata all’individuazione deiperiodi con il maggiore rischio di innesco di fenomenifranosi, può essere anche eseguita sulla base dell’inten-sità delle piogge mensili di lungo periodo:

Intensità = Precipitazione/Giorni piovosi

dove le precipitazioni e i giorni piovosi possono esse-re anche attinti dalle serie storiche di GANDOLFO

(1979), basati su un periodo di osservazione di 50 anni.Sulla base di tali elaborazioni, incrociando le infor-

mazioni provenienti dall’elaborazione delle curve disoglia pluviometrica, è possibile definire campi di sta-bilità/instabilità idrogeologica (grafico 3), sulla basedelle curve proposte da CANCELLI E NOVA (1985).

CORRELAZIONE PRECIPITAZIONI-DISSESTI

La definizione delle cosiddette “soglie pluviometri-che” risulta particolarmente efficace nel caso di colateo scivolamenti superficiali in terreni a permeabilitàmedio-elevata (sabbia o detrito), caratterizzati da unarapida risposta delle pressioni interstiziali e influenza-ti da piogge brevi e intense; mentre nel caso di frane discorrimento piu’ profonde a carico di coltri “regoliti-che”, detritiche, colluviali o rocce molto fratturate, lerelazioni tra precipitazioni e durata si rilevano inade-

Gli effetti geomorfologici indotti nel campo dell’in-stabilità localizzata sono riconducibili a fenomeni tipo“soil slip” o a frane superficiali:� con scorrimento semplice, che investono i terreni

detritici con componente granulare prossima o equi-valente a quella fine, limo-argillosa;

� con scorrimento associato ad uno o piu’ flussi dicolate che investono gli orizzonti detritico-argillosie le coltri argillose, decompresse e sature.

Grafico 1 - es: curva di probabilità pluviometrica (TR = 2, 5,10, 25 e 50 anni) determinata per ciascun sito in potenzialedissesto (quella visualizzata è relativa alla città di Messina).

Grafico 2 - Curve di inviluppo delle massime altezze di pre-cipitazione per i versanti N e E della Provincia di Messina.

Grafico 3 - Soglie pluviometriche per diversi livelli di rischiodi innesco di dissesti idrogeologici.

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Queste fenomenologie gravitative, nel campo del-l’instabilità generalizzata è molto elevata, si sviluppa-no come veri e propri fenomeni complessi di scorri-mento-colamento, che investono arealmente interi ver-santi, anche con la riattivazione di frane quiescenti el’attivazione di frane di neoformazione.

Infine, riguardo le piogge intense con durata mino-re ad 1un’ora (eventi brevi), la relativa altezza perdeterminati tempi di ritorno può essere stimata utiliz-zando la relazione di FERRO (2002):

h t<1 ora, T = h t=1, T *(t/60)0,386

Questa relazione è stata adottata per la determina-zione delle altezze di piogge brevi e intense che inci-dono direttamente sui meccanismi di attivazione dellefrane (cfr. grafico 4).

CENNI SULLE CARATTERISTICHEVEGETAZIONALI,DEL SUOLO E SUO USO

Sono state anche acquisite le informazioni prelimina-ri riguardanti le caratteristiche vegetazionali del territo-rio messinese, poiché esse possono concorrere alla miti-gazione della vulnerabilità al dissesto idrogeologico.

Un quadro riassuntivo delle associazioni e dellecaratteristiche dei suoli ricadenti nell’area nebrodico-peloritana, è stata elaborata da FIEROTTI (1997), sullabase della “carta dei suoli della Sicilia” (FIEROT-TI,1988). I diversi tipi pedologici sono stati caratteriz-zati in base: allo spessore, alla tessitura, al contenuto disostanza organica, al drenaggio, alla potenzialità eall’uso attuale prevalente (tabella 1).

Grafico 4 - Esempio di curva di probabilità pluviometrica (TR= 2, 5, 10, 25 e 50 anni) relativa alla città di Messina.

tipo spessore profilo tessitura contenuto drenaggio uso potenzialitàpodologico sostanza prevalente

organica

Suoli Elevato Ap - C Sabbiosa scarso elevato Agrumeti elevataalluvionati molto Sabbioso- e frutteti

elevato franca

Suoli Sottile- Ap - C Sabbiosa scarso elevato Agrumeti elevataantropici medio e frutteti

Litosuoli Sottile A - R Argillosa scarso elevato Bosco- bassao argilloso- pascolo

sabbiosa

Suoli bruni Medio Ap-Bw-C Franca discreto buono Bosco- elevataacidi A-Bw-C o franco- pscoli

argillosa

Rankers Medio A-Bw-C Franca elevato elevato Bosco elevatao franco-argillosa

Protorankers Sottile A-Bw-C Franca elevato elevato Bosco buonao franco-argillosa

Suoli bruni Elevato A-Bt-C Franco Discreto buono Pascoli elevatalisciviati argillosa Elevato bosco

Franca

Tabella 1 - Tipi e caratteristiche dei suoli della Provincia di Messina.

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Nella tabella 2 è stato ricostruito il quadro di sinte-si delle forme prevalenti del paesaggio con associate lecaratteristiche dei suoli e del substrato, tenendo contoanche della classificazione dei suoli siciliani, propostada FIEROTTI (1988-1997):

La degradazione e il consumo dei suoli, con con-seguente riduzione della fertilità naturale e dellepotenzialità produttive, rappresenta una vera e pro-

pria emergenza, che condiziona lo sviluppo socio-economico e le politiche territoriali, tenendo ancheconto che gli interventi per fermare o ridurre questiprocessi di degradazione sono difficili e complicati erichiedono tempi lunghi e sforzi economici e tecnolo-gici notevoli.

I fattori che intervengono nei processi di degrada-zione dei suoli sono naturali e antropici (tabella 3).

zona morfologica associazione substrato morfologia pendenza uso del suolodi suoli

versanti acclivi suoli bruni rocce montana elevata pascolo, incoltoleggermente metamorfiche macchia eacidi, suoli cespugliettobruni, suoli

bruni lisciviati

fascia costiera e suoli depositi piana pianeggiante, agrumeto,collina litoranea alluvionali alluvionali sub- arboreto

p.p. pianeggiante vigneto, orto

collina litoranea suoli bruni, argille, bassa poco arboreto,p.p. suoli bruni sequenze collina inclinata seminativo

vertici, fliscioidi

Tabella 2 - Associazioni di suoli, uso e caratteristiche del paesaggio della Provincia di Messina.

Nelle zone di pianura e di fondovalle si concentra-no i più gravi problemi di degradazione legati princi-palmente alla selvaggia urbanizzazione, all’ inquina-

mento e all’utilizzo di acque improprie, che possonodare origine a gravi processi di salinizzazione o disodicizzazione (tabella 4).

cause di degradazione dei suoli in Sicilia (FIEROTTI, 1997)antropiche naturali

• continuo ed intenso sfruttamento • tessitura argillosa• specializzazione delle colture • andamento climatico• monocoltura • difficoltà di drenaggio• irrigazione con acque anomale • acclività• lavorazioni (scasso, spianamento, rittochino, ecc) • caratteristiche litologiche• utilizzazione impropria • basso tenore in sostanza organica• uso di pesticidi, erbicidi e prodotti inquinanti • presenza di falda superficiale• abbandono delle terre e delle sistemazioni • alluvionamenti• taglio ed incendio dei boschi • salinità• incontrollato sviluppo urbanistico • croste superficiali

Tabella 3 - Fattori determinanti la degradazione dei suoli in Sicilia.

cause di degradazione dei suoli in pianura (FIEROTTI, 1997)antropiche naturali

• supersfruttamento delle terre • falda superficiale• irrigazione con acque saline o con acque reflue non depurate • alluvionamenti• uso di potenti mezzi meccanici per lavori di scasso, spianamento, ecc. • salinità• uso incontrollato di concimi minerali • presenza di croste superficiali• uso di pesticidi e diserbanti• espansione urbanistica• costruzione di infrastrutture

Tabella 4 - Fattori determinanti la degradazione dei suoli nelle pianure siciliane.

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Per quanto riguarda l’uso del suolo si è fatto riferi-mento alla carta tematica prodotta dalla REGIONE SICI-LIANA (1994). La legenda della carta organizza le clas-si di uso del suolo per livelli di progressivo approfon-

dimento, con riferimento alla nomenclatura del proget-to comunitario CORINE Land Cover e introducendo inecessari adattamenti alle caratteristiche specifiche delterritorio isolano (tabella 5).

uso del suolosuperficie

ha %

territori modellati artificialmente 15.204 4.68

seminativo 18.730 5.77

legnose agrarie 79.272 24.41

zone agricole eterogenee 16.433 5.06

boschi 79.937 24.62

aree a vegetazione arbustiva e/o erbacea 106.453 32.78

zone aperte con vegetazione rada o assente 8.551 2.63

corpi idrici (acque continentali+acque marittime e di transizione) 85 0.03

totale 324.722 100

Tabella 5 - Uso del suolo in Provincia di Messina.

In funzione dell’elaborazione della carta della peri-colosità potenziale al dissesto, le classi di uso del suolosono state raggruppate, secondo quanto riportato inFig. 5.

È interessante segnalare come la superficieboschiva rappresenti circa il 24% del territorio pro-vinciale, percentuale di gran lunga superiore a quelle

delle altre province siciliane e che rappresenta circa il40% dell’intera superficie boscata dell’Isola. Anchele aree a vegetazione arbustiva ed erbacea (32%circa) hanno la maggiore estensione nella provincia diMessina, dove predomina generalmente il pascolo el’incolto rispetto alla macchia ed al cespuglietto(tabelle 6 e 7).

Tipo fustaie fustaie fustaie fustaie fustaie fustaie cedui cedui macchiabosco di pini di altre resinose di di di semplici composti mediterraneabosco resinose miste latifoglie latifoglie resinose

pure miste elatifoglie

S (ha) 3.593 162 979 7.233 2.544 15.542 33.352 2.334 4.046

vegetazione naturale potenzialesuperficie

ha %

macchia sempreverde a olivastro 1.305.211 51.30

macchia e foreste di leccio 679.120 26.69

formazioni forestali di roverella 446.090 17.53

formazioni forestali di cerro 54.130 2.13

formazioni forestali di faggio 54.427 2.14

aggruppamenti altomontani 5.090 0.20

Tabella 6 - Superficie forestale nella provincia di Messina per forma di governo e tipo di bosco.

Tabella 7 - Vegetazione naturale potenziale in Provincia di Messina.

La vegetazione potenziale è quella di una zonacostiera che si presenta organizzata in fasce parallelealla linea di costa che, procedendo verso l’entroterra,risentono sempre meno dell’azione perturbatrice delmare.

La prima fascia è costituita da specie annuali alo-nitrofile che prediligono i tratti dove si accumula ilmateriale spiaggiato dal moto ondoso, ed è costituitada Salsola kali, Euphorbia peplis, Xanthium italicum,Cakile maritima, ecc.

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Segue la fascia che colonizza ed edifica le dune“embrionali” che risulta fisionomicamente dominatada Agropyron junceum, graminacea stolonifera che,con il suo apparato radicale, contribuisce a trattenere lasabbia e a consolidare le dune. Frequenti sono inoltreOtanthus maritimus, Matthiola sinuata, Sporobolusarenarius, Eryngium maritimum, Cyperus kalli, ecc.

La fascia successiva si trova sulle dune più interne,ormai abbastanza stabili, ed è caratterizzata dalladominanza di Ammophila littoralis, grossa graminaceacespitosa che, trattenendo la sabbia trasportata dalvento, svolge un ruolo fondamentale nell’edificazionedelle dune. Si rinvengono inoltre altre psammofitecome Echinophora spinosa, Medicago marina, Pan-cratium maritimum, ecc.

Ancora più internamente è possibile osservare unaquarta fascia che occupa le dune ormai stabili, dove èstato avviato il processo di pedogenesi delle sabbie.Questa fascia di vegetazione risulta caratterizzata daOnonis diffusa e Centaurea sphaerocephala.

La vegetazione psammofila, nel suo insieme, èmolto disturbata e danneggiata in conseguenza dell’usobalneare delle spiagge, dello spianamento delle dune,dei rimboschimenti a pini ed eucalipti nel retroduna.

Le formazioni boschive naturali più o meno degra-date sono costituite da rovere, roverella, leccio e qual-che volta castagno, ontano e agrifoglio. Nelle vallate viè insediato il pioppo (Popolus alba), l’ontano (Alnusglutinosa) ed è presente anche la noce (Juglans regia).

La vegetazione spontanea è rappresentata dalla mac-chia mediterranea, in cui sono presenti il cisto (Cistussalviefolius), la ginestra (Spartium junceum), la calico-tome, il corbezzolo ed in qualche caso l’erica arborea.La macchia mediterranea assume significato di vegeta-

zione arbustiva secondaria, formatasi per degradazionedei boschi, nelle aree soggette da tempo ad abbandonocolturale o nelle aree percorse da incendi.

Lungo il corso delle fiumare e dei valloni si notanoframmenti di vegetazione da riferire ad aggruppamen-ti propri delle ripe fluviali. Tra gli elementi più rappre-sentativi si citano specie del genere Tamarix, Salix ePopulus , essenze dei boschi ripariali dell’area medi-terranea ormai quasi ovunque scomparsi. Lungo le ripedelle zona a valle si puo’ osservare isolato o in gruppil’oleandro (Nerium oleander), che rappresenta la testi-monianza di una vegetazione tipicamente mediterra-nea. Il letto dei torrenti e delle fiumare, costituito damateriale alluvionale grossolano, viene colonizzato nelperiodo di secca da vari esempi di vegetazione, fra cuil’aggruppamento a Helichrysum italicum, che ovedominante imprime una nota caratteristica al paesaggiodei greti durante il periodo estivo.

Una descrizione di maggiore dettaglio merita lavegetazione della fascia costiera, caratterizzata dapiante adatte a vivere in ambienti con elevate concen-trazioni di sali minerali sia nel substrato sia nell’am-biente subaereo (piante “alofite”). Queste piante, lungoil litorale tirrenico, sono rappresentate generalmente daassociazioni floristiche povere con distribuzione fram-mentaria per la presenza di spiagge sabbiose brevi,spesso sottoposte a forte pressione antropica, e perl’assenza di ampie distese dunali. Fra l’altro gli adatta-menti sviluppati da queste piante per vivere in ambien-ti così severi ne impediscono l’attecchimento altrove,dove vengono velocemente sopraffatte da specie piùcompetitive.

La macchia mediterranea, distinguibile dalla gariga(area occupata da arbusti cespugliosi di altezza inferio-

Fig. 5 - Carta dell’uso del suolo del territorio della Provincia di Messina.

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re a 50 cm) e dall’Oleo-ceratonion, noto anche comeclimax dell’oleastro e del carrubo, si caratterizza comeun’associazione floristica complessa stratificata su trelivelli: un livello superiore formato dalle chiome dipiante a portamento arboreo, uno intermedio formato davegetazione di piante a portamento arbustivo o cespu-glioso e uno basale formato dalla vegetazione erbacea.

Con il termine gariga si intendono due differentiassociazioni fitoclimatiche caratteristiche e molto diffu-se nell’ambiente mediterraneo: montana e costiere (ogariga propriamente detta). Generalmente, comunque,la gariga è una formazione di arbusti bassi che rappre-senta uno stadio floristico involutivo, che si colloca trala macchia xerofila dell’Oleo-ceratonion e la prateriasteppica mediterranea, derivato dalla degradazionedelle macchie in seguito ad erosione del suolo, pascolocon carichi eccessivi, incendi, disbocamento. La prate-ria mediterranea è una formazione vegetale tipica deipendii soleggiati, caratterizzata in prevalenza da essen-ze erbacee xerofile, soprattutto graminacee cespitose.

CARATTERISTICHEGEOMORFOLOGICHE

Il gruppo montuoso dei Nebrodi, essendo costituitoper gran parte da successioni terrigene flyschioidi, pos-siede dei lineamenti morfologici dati da forme general-mente arrotondate. Tuttavia, l’erosione selettiva e lelinee di dislocazione neotettoniche contribuisconolocalmente alla formazione di versanti ad accentuatapendenza e di pareti scoscese, con valli fortementeincise e con corsi d’acqua aventi regimi torrentizi.

Il paesaggio peloritano è caratterizzato da una mor-fologia aspra, espressione del complesso assetto geo-strutturale, cui si aggiunge il forte sollevamento dell’in-tera area, a partire dal Miocene sup., che hanno deter-minato fenomeni di intensa erosione lungo i versanti.

Nei settori vallivi, per la netta diminuzione dellependenze, prevalgono i processi di deposizione deidetriti provenienti dai settori in quota che, trasportatidalle acque di deflusso superficiale, si accompagnanospesso a fenomeni di esondazione degli alvei dei tor-renti in occasione di eventi di piena stagionali. Questisono favoriti dalle accentuate pendenze dei thalwegs,dovute alle forti differenze di quota che si hanno inspazi ridotti, con rilievi di notevole altezza molto pros-simi alla costa (soprattutto nel versante ionico).

Anche il reticolo idrografico presenta caratteristi-che tipiche delle aree di recente sollevamento, con pre-senza di corsi d’acqua a regime torrentizio (COLTRO etal., 1989).

Lungo il versante tirrenico i corsi d’acqua sono ingenere di breve lunghezza, poco ramificati e di notevo-le pendenza, data la vicinanza della catena settentrio-nale dell’isola con il mare. I fiumi che scendono dalla

catena settentrionale, sia verso nord riversandosi sulTirreno, che verso sud nel centro dell’isola, assumonospesso la fisionomia di fiumare, con ampi greti solo inparte occupati dal corso d’acqua, colmi da spesse col-tri di materiali alluvionali, trasportati dalle impetuosepiene invernali.

In relazione alla morfologia, le incisioni torrentiziepresentano andamento quasi rettilinei e all’incircaortogonale alla linea di costa orlandina, thalwegs adelevata pendenza per la maggior parte del loro svilup-po, alvei stretti ed incassati fra alti pareti rocciose neitratti montani, che diventano ampi e sovralluvionatinei tratti terminali. I bacini imbriferi sono generalmen-te di estensione limitata, con ampiezza maggiore nellaparte medio-alta e più ristretti in quella terminale.

Nel territorio provinciale i versanti presentanosovente ripide scarpate, alternate a zone a morfologiapiù blanda, in relazione alle caratteristiche litologichedei corpi rocciosi. Lungo la base dei versanti, si accu-mulano notevoli quantità di detrito, costituito da bloc-chi spigolosi, mentre sui versanti dove si ha presenzadi rocce argillose, impermeabili, si assiste allo svilup-po di una fitta rete di linee d’impluvio il cui decorso ètalora controllato da strutture tettoniche recenti. Versoi settori costieri sono sempre più evidenti le spianatemorfologiche, a tratti ricoperte da depositi ciottolosialluvionali.

Le deformazioni neotettoniche stanno alla base del-l’evoluzione morfodinamica del territorio. Questocoincide con un’area in predominante erosione, costi-tuita da blocchi basculati in sollevamento ed in abbas-samento.

I rilievi sono contrassegnati da una varietà di formedovute essenzialmente all’erosione selettiva (versanti escarpate di linea di faglia e versanti complessi a con-trollo strutturale), anche se non mancano esempi dimorfologie originatesi direttamente o in parte da movi-menti tettonici (scarpate e gradini di faglia) o, al con-trario, che sono state scarsamente influenzate dal con-trollo strutturale (superfici sub-orizzontali e superficidi abrasione marina).

L’erosione selettiva e i fenomeni morfodinamicisuperficiali, peraltro molto recenti, sembrano essersiinnescati successivamente alle aumentate energie deirilievi, conseguenza dell’abbassamento del livello dibase dell’erosione. Le modificazioni geomorfologicheindotte dalle variazioni dello stesso livello di base sem-brano essere dovute a un graduale e lento sollevamentogeneralizzato che ha interessato in maniera pressochéuniforme questo settore di catena nebrodico-peloritana.

Le caratteristiche morfotettoniche sono rappresen-tate da vari indizi, quali tipologie di discontinuità deicrinali, da allineamenti di vette e dal decorso rettilineodi talune incisioni costituenti il locale reticolato idro-grafico, scarpate mono- e policicliche, ecc.

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Sono diffusi i versanti di faglia mono- e policiclici,talvolta caratterizzati nelle loro porzioni medio-alte dascarpate e gradini, mentre alla base sono presenti scar-pate determinatesi in parte per movimenti tettonici e inparte per erosione selettiva e, a tratti, scarpate e gradi-ni di linea di faglia, o a controllo strutturale e general-mente molto degradati, originatesi per erosione seletti-va al contatto fra litologie con caratteristiche litotecni-che differenti.

Le geometrie dei versanti, quali acclività (Fig. 6),altezza (energia del rilievo), lunghezza e forma delpendio, controllano anch’essi, in modo ed in misuradiverse, l’instabilità del territorio. Anche se l’instabili-tà cresce in generale con l’aumentare della pendenzadei versanti, vi sono localmente intervalli clivometricidati da valori relativamente elevati dove non si osservauna maggiore frequenza di corpi franosi. Ciò è funzio-ne dei caratteri composizionali dei materiali costituen-ti il pendio. Viceversa, la frequenza di dissesti in setto-ri non particolarmente acclivi e non costituiti in affio-ramento da terreni prettamente argillosi, implica l’esi-stenza di un marcato controllo tettonico. In altri termi-ni, non sempre si verifica una relazione diretta adesempio tra altezza del pendio/inclinazione del pendioe grado di instabilità dello stesso.

ANALISI PRELIMINARE DEI DISSESTISULLA BASE DEI DATI CONTENUTI NEL PAI

Le informazioni relative a tutte le tipologie di dis-sesto contenute nel PAI sono state trattate statistica-mente, al fine di fornire una valutazione preliminaredel livello di pericolosità potenziale al dissesto geo-morfologico della Provincia di Messina. Queste tipo-

logie e la loro distribuzione sono visibili nella figurasuccessiva.

Le informazioni relative ai dissesti censiti dal PAI(Fig. 7) sono state incrociate sia con la tipologia litolo-gica che con le fasce altimetriche entro le quali esse sisviluppano.

È stata inoltre effettuata un’elaborazione statisticarelativa alla distribuzione dell’acclività con le fascealtimetriche.

Il grafico 5 mostra la distribuzione su base provin-ciale dei dissesti PAI per le diverse classi litologichedistinte nelle schede.

Il grafico 6 mostra invece la distribuzione su baseprovinciale dei dissesti PAI con le fasce altimetriche.

Il grafico 7 mostra la distribuzione dell’acclività subase provinciale con le fasce altimetriche.

Infine, il grafico 8 mostra la distribuzione su base pro-vinciale delle classi litologiche per fasce altimetriche.

Alla scala di bacino, sono state elaborate informa-zioni PAI volte alla determinazione della densità dellearee in dissesto, visualizzate nei grafici 9 e 10.

Considerando che la suddivisione in fasce altimetri-che è stata effettuata per passi di 100 m dal l.m. (fino a1.000m) e, successivamente, per passi di 200m, tutti igrafici presentati mostrano distribuzioni di fattori ditipo pseudo-gaussiana.

Si è cioè osservato che:

� le classi litologiche maggiormente soggette a disse-sto sono le metamorfici di alto grado e il “coesivo”;

� le fasce altimetriche entro le quali si concentrano idissesti sono comprese tra 300m e 800m;

� le classi di acclività entro le quali si attivano mag-giormente i dissesti sono comprese tra 15% e 30%.

Fig. 6 - Distribuzione dell’acclività nel territorio della Provincia di Messina.

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Fig. 7 - Distribuzione dei dissesti in Provincia di Messina censiti nel PAI. 1) crolli; 2) colamenti rapidi; 3) sprofondamenti; 4) scorrimen-ti; 5) frane complesse; 6) espansioni laterali; 7) colamenti lenti; 8) franosità diffusa; 9) creep; 10) calanchi) 11) erosioni accelerate.

Grafico 5 - Distribuzione dei dissesti per tipologia litologicain Provincia di Messina.

Grafico 6 - Distribuzione dei dissesti per fasce altimetrichein Provincia di Messina.

Grafico 7 - Distribuzione dell’acclività con l’altitudine in Pro-vincia di Messina.

Grafico 8 - Distribuzione delle litologie per fasce altimetri-che in Provincia di Messina.

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Alla scala di bacino, sono stati osservati dei leggeriscostamenti delle massime ampiezze dei picchi gaussia-ni relativi alla distribuzione dei dissesti con le fasce alti-metriche, i quali non sono stai considerati in questa fasedi lavoro ma che vanno considerati nelle fase successi-ve di approfondimento al fine di procedere ad un’elabo-razione più dettagliata della pericolosità potenziale aldissesto del territorio provinciale di Messina.

Tuttavia, le costanti caratteristiche statistiche gene-rali considerate hanno permesso di elaborare una cartaprovinciale della pericolosità potenziale al dissesto(tutte le tipologie PAI). In particolare, questa carta èstata elaborata sulla base di tecniche informatiche(GIS) basate sulla somma di pesi assegnati a ciascun

fattore. In questo caso i fattori sono: altimetria, acclivi-tà e litologia.

I suddetti fattori non incidono con la stessa intensi-tà nei processi di attivazione dei dissesti geomorfologi-ci, per cui il loro peso è stato determinato in relazionealla presenza reciproca degli altri fattori.

Nel caso particolare, sulla base delle informazionigeologiche, geomorfologiche e morfometriche dispo-nibili, i pesi dei tre fattori sono stati così determinati:� pesi fattori altimetria = unità� pesi fattori acclività = pesi fattori altimetria x 2� pesi fattori litologia = pesi fattori altimetria x 3

Su questa base, a ciascun fattore sono stati assegna-ti dei pesi, secondo la tabella 8:

Grafico 9 - Densità di dissestiper i bacini idrograficidella Provincia di Messina.

Grafico 10 - Percentuale di areein dissesto per i bacini idrograficidella Provincia di Messina.

altimetria 0- 100- 200- 300- 400- 500- 600- 700- 800- 900- 1000- 1200- 1400- 1600-100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 1200 1400 1600 1800

peso 1 2 4 3 4 5 5 4 3 2 2 2 1 0

litologia calcari- altro arenarie- metamorfico coesivo metamorficomarne conglomerati alto basso

peso 3 6 9 9 6 3

acclività 0%-5% 5.1%- 10.1%- 15.1%- 20.1%- 25.1%->30%

10% 15% 20% 25% 30%peso 0 2 4 6 8 10 12

Tabella 8 - Indici assegnati ai diversi fattori principali determinanti il dissesto idrogeologico potenziale in Provin-cia di Messina.

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A questi tre fattori principali ne sono stati aggiuntialtri due, di mitigazione o esaltazione, relativi allacopertura vegetale/uso suolo e all’aggressività dellepiogge, in termini di fattori statistici (iso-A) di CANNA-ROZZO et al. (1990).

In particolare, entrambi i fattori sono stati conside-rati come “influenti” il doppio rispetto al fattore alti-metria.

La tabella 9 mostra i pesi assegnati alle classi deidue fattori vegetazione e piogge:

vegetazione roccia nuda pascoli-altro seminativo boschi urbanizzato

peso 0 -2 -4 -6 -8

piogge 19-25 25.1- 27.1- 29.1- 31.1- 33.1- 35.1- 37.1- 39.1-(iso-a) 19-25 27 29 31 33 35 37 39 42

peso 1 2 4 6 8 10 12 14 16

Tabella 9 - Indici assegnati ai diversi fattori di mitigazione/esaltazione del dissesto idrogeologico potenziale in Pro-vincia di Messina.

Fig. 8 - Valutazione preliminare della pericolosità potenziale al dissesto idrogeologico in Provincia di Messina sulla base di tuttele tipologie cinematiche contenute nel PAI.

Per cui, la somma algebrica dei coefficienti dei cin-que fattori ha condotto all’elaborazione della cartadella pericolosità potenziale al dissesto geomorfologi-co (sulla base dei dati PAI) per il territorio provincialedi Messina.

Pertanto, la pericolosità potenziale su base dati PAI(somma pesi dei cinque fattori), risulta:

molto bassa bassa media elevata molto elevata

0-8 8.1-16 16.1-24 24.1-32 32.1-40

Il tematismo di Fig. 8 è stato realizzato con il soft-ware GIS ARCVIEW, immettendo informazioni strati-

ficate quali: acclività, litologia, fasce altimetriche, conl’aggiunta dei fattori relativi alla componente vegeta-zionale e all’aggressività delle piogge.

Dall’elaborazione di queste informazioni si è rile-vato che: i livelli più elevati di pericolosità potenzialeal dissesto caratterizzano la dorsale peloritana (versan-te ionico), mentre una pericolosità media, tendente adelevata, caratterizza i settori collinari e montani com-presi tra Capo Calavà e Capo Tindari. Lungo il versan-te tirrenico della dorsale peloritana, i livelli di perico-losità più elevati si registrano nelle zone di testa deibacini imbriferi e decrescono fino a livelli di pericolo-sità medio-alta nei settori di foce.

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CONCLUSIONILo studio condotto nella provincia di Messina ha

consentito di fornire alcune considerazioni:

� la gran parte degli agglomerati urbani del territorioprovinciale sono a rischio potenziale in relazione alverificarsi di eventi meteorici intensi;

� anche laddove esistono più vie di fuga, esse sonosovente contemporaneamente soggette a dissestipotenziali;

� questi dissesti potenziali sono rappresentati sia dacrolli, colate detritiche, ma anche da altre tipologiecinematiche che tuttavia possono concorrere allaperdita di vite umane;

� per le caratteristiche fisiografiche dei bacini imbri-feri della Provincia di Messina, le colate detritichepossono attivarsi con una maggiore frequenza sta-tistica lungo il versante ionico, mentre le altre tipo-logie sono distribuite più omogeneamente nel terri-torio;

� nel complesso, la densità dei dissesti potenzialicaratterizza il versante ionico e il settore centrale diquello tirrenico;

� sulla base delle informazioni acquisite durante lapresente fase di lavoro, si stima che nel settore occi-dentale del territorio provinciale il livello di perico-losità potenziale risulta mediamente basso e tendead aumentare procedento verso i settori orientali;

� l’elaborazione delle informazioni contenute nel PAIha enfatizzato una distribuzione pseudo-gaussianadei dissesti in relazione ad alcuni fattori;

� su questa base è stata elaborata una carta prelimina-re della pericolosità potenziale al dissesto del terri-torio provinciale;

� la coerenza di questo tematismo con i dati acquisitinella prima fase di lavoro è in corso di analisi e levalutazioni di merito verranno fornite in una suc-cessiva fase di lavoro.

Sono state acquisite e analizzate preliminarmentealcune informazioni territoriali-ambientali, le qualiconcorrono, con pesi diversi, all’assetto geomorfologi-co e che sottendono ai processi morfodinamici e quin-di alle condizioni di equilibrio dei volumi rocciosiaffioranti. Tra queste, risultano determinanti i parame-tri climatici e vegetazionali/uso del suolo.

Riguardo il trattamento statistico dei dati idrologici,sono state elaborate curve di probabilità pluviometricaper tempi di ritorno ed intervalli di precipitazione finoa 24 ore. Altresì, sono state anche elaborate preliminar-mente le altezze di pioggia per eventi brevi ed intensi(inferiori ad un’ora).

Nella successiva fase di lavoro quest’analisi verràaffinata, così come si procederà alla valutazione della

pericolisità al dissesto basata anche sulla sismicitàdella regione, secondo le metodologie proposte in pre-cedenza.

Il dettaglio successivo consisterà anche nel censi-mento ulteriore dei versanti incombenti sugli agglome-rati urbani, così come sulle altre tipologie urbane delterritorio provinciale, e nella quantificazione linearedei tratti di vie di fuga a rischio.

Verranno inoltre stimate le tipologie e quantità diindagini di campo e/o laboratorio necessarie per lacaratterizzazione geotecnica dei corpi rocciosi meta-stabili, che risulta fondamentale per una stima suffi-cientemente realistica della pericolosità al dissesto (siaper fattori scatenanti climatici che sismici).

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a cura di Pietro Todaro

Abbiamo letto per voi

G. Montana, A.M. Polito, A. Sulli, A. Caruso, E. AzzaroLE “ARGILLE CERAMICHE” DELLA SICILIA OCCIDENTALE E CENTRALEpagg. 204 - Euro 30,00 – Ilion Books

Il testo affronta per la prima volta lo studio multidisciplinare delle formazioni argillose siciliane, soprattutto inriferimento al loro utilizzo nel settore ceramico nell’antichità, con ricadute spesso rilevanti in svariati ambitigeologici applicativi. Esso infatti integra i dati derivati dalla geologia stratigrafica, dalla chimica, dalla mine-ralogia e dalla paleontologia fornendo conoscenze di base e informazioni utili sia al geologo professionista,ma anche all’archeologo, agli storici d’arte, agli ingegneri e architetti, agli studenti universitari ed a tutti gliappassionati in genere di beni culturali, di natura e archeologia. Il testo offre uno studio dettagliato di 9 for-mazioni argillose affioranti nella Sicilia occidentale e centrale di centri noti per la produzione di ceramica edi manufatti per l’edilizia. Nel testo vengono commentati i risultati di indagini di laboratorio (analisi granulo-metriche, mineralogiche – XRD, chimiche – XRF, e tecnologiche, oltre che paleontologiche.

Thomas BenzSMALL-STRAIN STIFFNESS OF SOILS AND ITS NUMERICAL CONSEQUENCESInstitut für Geotechnik der Universität Stuttgart

Si tratta di una interessante ricerca di dottorato, scaricabile da internet, dedicata alle problematiche ine-renti la misura del modulo di rigidità al taglio G a piccole deformazioni che costituisce un innovativo argo-mento professionale soprattutto con l’introduzione delle verifiche di sicurezza agli stati limite (SLU, SLE)stabilite dalle NTC2008. L’autore nell’evidenziare che il modulo G si conserva a piccole deformazioni men-tre il suo valore diminuisce con l’aumentare degli sforzi deformativi esamina tutti i parametri che influenza-no la sua variabilità quali la plasticità del terreno, il grado di sovraconsolidazione OCR, la diagenesi, la sto-ria geologica, l’indice dei vuoti etc. Nel testo si analizzano e si commentano tutti i metodi utilizzati per ladeterminazione di questo modulo dalle prove di laboratorio (colonna di risonanza e taglio torsionale) alleprove in-situ geotecniche e sismiche, con le relative formule di correlazione, fornendo una analisi sumodelli matematici verificati in campo geotecnico con formule, tabelle e abachi molto teorici. In ultimo èpresentato un interessante caso di studio relativo alla ricostruzione di una chiusa sull’importante via d’ac-qua “MittelandKanal” (MLK) che collega il Reno e l’Elba.

Nicola Augenti, Bernardino M. ChiaiaINGEGNERIA FORENSEpagg. 504 - Euro 55,00 – Dario Flaccovio Editore, Palermo

Un libro nuovo nel panorama della consulenza tecnica civile, penale ed amministrativa nel campo dell’in-gegneria forense. Il testo indaga ed esplora casi d’ingegneria risolti in sede forense, proponendosi comeun manuale da utilizzare dai professionisti del settore quali, in particolare, magistrati, ingegneri ed archi-tetti. Il capitolo 5 (unico) con il contributo di Giovanni Barla, docente emerito di Geomeccanica del Politec-nico di Torino, analizza le problematiche dei collassi in ambito geologico e geotecnico dove il CTU incari-cato dal giudice (o dal pubblico ministero) deve accertare le responsabilità dei danni causati. Per tali aspet-ti il testo interessa anche quei geologi che si occupano dei meccanismi di collasso e di dissesto franosodei sistemi geotecnici e geologici e si trovano a collaborare nelle perizie con ingegneri e architetti. Vengo-no messi in evidenza sinteticamente gli errori comuni e difetti nella progettazione civile per gli aspetti geo-tecnici (geomateriali e componente strutturale), spesso banali, come l’errata individuazione del modellogeologico, leggerezza nella pianificazione delle indagini nell’ottica del risparmio ed errata individuazio-ne del modello geotecnico etc.

Rosario Alaimo, Renato Giarrusso, Giuseppe MontanaI MATERIALI LAPIDEI DELL’EDILIZIA STORICA DI PALERMOpagg. 160 - Euro 25,00 - Ilion Books

Nel campo del restauro dei geomateriali utilizzati nell’edilizia dei centri storici il contributo interdisciplinaredei geologi è divenuto negli ultimi anni sempre più richiesto, accanto agli architetti ed ingegneri, nella pro-gettazione di interventi pubblici e privati. Questo avviene soprattutto nel recupero dei beni architettonici,dove è fondamentale la conoscenza dei materiali lapidei, siano essi pietre naturali o aggregati artificialiquali ad esempio le malte, nella loro composizione geochimica, petrografica e geotecnica. Questi aspettisono prevalentemente pertinenti alle Scienze della terra e vanno studiati con specifiche indagini e meto-dologie analitiche che in queste discipline trovano la base scientifica della ricerca. Il volume è stato redat-to da tre esperti dell’archeometria, geologi di estrazione e docenti universitari, Rosario Alaimo, GiuseppeMontana e Renato Giarrusso, che possono essere considerati “avanguardie” nel campo della geologiaapplicata ai Beni culturali in Sicilia. Il volume è diviso in tre capitoli che trattano del restauro della calcare-nite palermitana, nell’uso di materiale da costruzione e di intaglio, delle pietre pregiate quali marmi e dia-spri ed infine delle malte. Il testo è un prezioso piccolo manuale ricco di tabelle e grafici, corredato e benillustrato da immagini, macrofoto e microfoto in sezione sottile. In appendice il volume riporta le procedu-re di laboratorio e i metodi classici di analisi per determinare le caratteristiche dei materiali studiati.

R E C E N S I O N I

La fine del mondo secondo Confucio:Ciò che il bruco chiama “la fine del mondo” per il resto del mondo è una bellissima farfalla.

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AAbbattimento di falda. Abbassamento del livello idrosta-

tico della falda libera sotto la quota di lavoro, in gene-re solo in corso d’opera.

Accelerogramma. Grafico dell’andamento dell’accelera-zione del suolo nel tempo dovuta al passaggio delleonde sismiche.

Acque di prima pioggia. Sono quelle relative ad ognievento meteorico di una precipitazione di 5mm dialtezza distribuita sull’intera superficie scolante servi-ta dalla rete di drenaggio.

Acquifugo. (v. aquifugo).

Aderenza. La resistenza di attrito tra il terreno e la fonda-zione dovuta alla coesione.

Adesione. Resistenza al taglio tra la roccia ed un altromateriale sotto pressione esterna nulla.

Adsorbimento. Fenomeno di ritenzione di acqua sullasuperficie delle particelle fini del terreno, per effetto dipolarizzazione dell’elemento bipolare H2O.

Affidabilità geologica (o attendibilità). Una delle signifi-cative novità delle NTC. Eventuali incertezze nellaricostruzione del modello geologico di riferimento,significative per il progetto, devono essere dichiaratenella relazione geologica. I risultati delle indagini estudi devono essere trattati esaurientemente e com-mentati (C.6.2.1-comma 8).

Aggregati. Elementi granulari miscelati. Gli aggregati perla produzione del calcestruzzo vengono sottoposti auna frantumazione primaria, a cui segue generalmen-te una vagliatura a secco e/o una frantumazionesecondaria. Successivamente si procede alla sfanga-tura del materiale, che separa le frazioni più fini (limi)indesiderate. La vagliatura permette la classificazionedegli aggregati secondo le classi granulometriche perconsentire una corretta composizione delle misceleper calcestruzzo. In geotecnica stradale si adoperanoi termini “granulati” e “misto granulometrico”.

Altezza critica. La massima altezza alla quale una scar-pata verticale o inclinata è stabile senza sostegni perun dato insieme di condizioni. In condizioni non drena-te questa altezza è data da Hc = 2 cu / γ. Dove cu è lacoesione non drenata, γ il peso di volume. In condizio-ni drenate Hc = Ns c’ / γ dove Ns un coefficiente di sta-bilità funzione dell’angolo della scarpata e dell’angolodi attrito interno. Va applicato l’Approccio 1 Combina-zione 2 (A2+M2+R2) con R2 = 1,1.

Altezza piezometrica (o carico piezometrico). Differenzad’altezza tra un punto della falda idrica libera e lasuperficie piezometrica.

Ammollimento (softening, rammollimento). Processo percui le rocce poco resistenti perdono resistenza diven-tando molli, per deformazioni che superano quella cor-

rispondente al valore massimo(resistenza di picco) etendendo ad un valore di resistenza minimo(residuo).Il fattore tempo è molto importante.

Amplificazione locale. Modificazione in ampiezza, fre-quenza e durata dello scuotimento sismico dovuta allespecifiche condizioni litostratigrafiche e morfologichedi un sito. Si può quantificare mediante il rapporto trail moto sismico alla superficie del sito e quello che siosserverebbe per lo stesso evento sismico su un ipo-tetico affioramento di roccia rigida con morfologia oriz-zontale. Se questo rapporto è maggiore di 1, si parladi amplificazione locale.

Amplificazione sismica. Incremento dell’ampiezza delsegnale sismico rispetto a una ipotetica roccia di base(bedrock), all’interno di alcuni intervalli di frequenza,al propagarsi delle onde attraverso differenti terreni. Inrealtà il segnale può venire sia amplificato che deam-plificato in uno stesso sito in un modo dipendentedalla banda di frequenze. Il grado di amplificazione èanche una complessa funzione del livello di scuoti-mento così che, al crescere dello scuotimento, l’am-plificazione complessiva può decrescere. I livelli discuotimento in un sito possono essere anche incre-mentati dalla focalizzazione dell’energia sismica cau-sata particolari condizioni stratigrafiche del sottosuoloo geomorfologiche (forma di un bacino sedimentario,cresta, etc.)

Analisi geomorfologica quantitativa. L’interazione tra lamorfologia e la tettonica attiva viene studiata attraver-so gli strumenti della geomorfologia quantitativa con ilriconoscimento delle geometrie tipiche di elementi dimodellazione del territorio: terrazzi marini e fluviali,depositi lacustri, paleosuperfici, il reticolo idrografico,etc. Si analizza la distribuzione spaziale e temporaledei processi geomorfologici in ambienti tettonicamen-te attivi sia a piccola che a grande scala spaziale e leinterazioni complesse tra i fattori che la determinano.Applicazione di metodi per la stima di pericolosità geo-morfologiche d’influenza progettuale. Utilizzo di GIS,telerilevamento e modellazione numerica per analisiquantitativa che qualitativa dei sistemi geomorfologicisemplici e complessi.

Ancoraggio. Dispositivo di fondazione in trazione checonsente di assicurare la stabilità di una struttura allaquale è vincolata ad una sua estremità, l’altra èimpiantata nel terreno o roccia. Es. tirante d’ancorag-gio, placca di ancoraggio.

Angolo di attrito esterno. Angolo tra l’ascissa e la tan-gente alla curva rappresentante la relazione tra resi-stenza al taglio e sforzi normali tra il terreno e la super-ficie di altro materiale (δ, gradi).

Angolo di attrito interno (o angolo di resistenza altaglio). Angolo tra l’ascissa e la tangente alla curvarappresentante la relazione tra resistenza al taglio e

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GLOSSARIO SINTETICO GEOLOGICO,SISMICO, GEOTECNICO E STRUTTURALE,DI RIFERIMENTO ALLE NTC2008a cura di Pietro Todaro; rivisto ed integrato da Eros Aiello

INSERTO SPECIALE

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sforzi normali agenti all’interno del terreno (ϕ, gradi).Misura la resistenza che si manifesta tra i granulidovuta allo scivolamento reciproco e agli effetti d’inca-stro; indicato dal termine σtanϕ dell’equazione diCoulomb T = c + σtanϕ.

Angolo di riposo, α (o di scarpa, di natural declivio).Angolo tra l’orizzontale e la massima inclinazione cheun terreno assume attraverso processi naturali. Perterre granulari asciutte l’effetto dell’altezza del pendioè nullo o trascurabile; per terre coesive, l’influenzadell’altezza del pendio è così forte che α è privo disignificato.

Anisotropia. Dipendenza delle proprietà fisiche e mecca-niche in un mezzo; per esempio la velocità delle ondesismiche o la resistenza delle rocce dipendono dalladirezione considerata.

Anisotropia idrogeologica di permeabilità. Varia ilcoefficiente di permeabilità K nei terreni stratificati nelsenso orizzontale e verticale (ko e Kv).

Anisotropia litologica. La maggior parte dei terreni sonoanisotropi: le loro proprietà mineralogiche e fisichesono diverse nelle varie direzioni 3D. Tra i parametripiù sensibili: le proprietà fisico-meccaniche e la per-meabilità.

Aquiclude. Terreno (roccia, terra) relativamente imper-meabile che è in grado di assorbire acqua lentamente,ma che funziona come limite di acquifero e che non èin grado di trasmettere l’acqua lentamente, ma suffi-ciente ad alimentare una sorgente o un pozzo.

Aquifugo o acquifugo. Roccia compatta (es. granito nonalterato) che non contiene acqua, se non presente inqualche minerale, e non può consentirne la trasmis-sione poiché gli eventuali interstizi non sono interco-municanti.

Aquitard. Strato orizzontale o livello che ritarda ma chenon impedisce il movimento dell’acqua da o verso unadiacente acquifero.

Argine. Sbarramento per limitare una zona a valle dove sidesidera realizzare un’opera a secco. (es. argini cellu-lari, gabbioni etc.).

Array (antenna sismica). Disposizione ordinata, secon-do opportune geometrie, di sismometri o geofoni, i cuidati confluiscono in modo sincrono in un’unità centra-le di acquisizione dati.

Asseverare. Si ha una perizia asseverata se il perito neconferma la certezza dei contenuti “sotto la propriapersonale responsabilità”, attestandone, con un’ulte-riore dichiarazione apposta nella perizia stessa, laveridicità e rispondendo così penalmente per even-tuali falsi ideologici e materiali in essa contenuti. Siha, invece, una perizia giurata (o asseverata e giu-rata) quando la stessa, oltre alla dichiarazione cheassevera la veridicità del contenuto, riporta in calce ilverbale del giuramento di “aver bene e fedelmenteadempiuto alle funzioni affidategli al solo scopo di farconoscere la verità”, reso dal perito dinnanzi al can-celliere di un qualsiasi ufficio giudiziario, compresoquello del giudice di pace, ai sensi dell’art. 5 del r.d.9 ottobre 1922, n. 1366,[2] o dinnanzi ad un notaio, aisensi dell’art. 1, n. 4, del r.d.l. 14 luglio 1937, n.1666. Perizia semplice è quella che non è né asseve-rata né giurata.

Attività. (v. indice di attività)

Attrito negativo. Nelle aree in cui la sedimentazione èrecente vi sono terreni in via di consolidazione (sedi-menti olocenici, aree costiere, materiali di riportoetc.). In questi terreni si può verificare l’effetto dell’at-trito negativo, cioè il terreno non offre resistenza perattrito laterale lungo il fusto di un palo di fondazione,ma è il terreno che trascina il palo in basso, cioèfunge da carico.

BBarbacani. Fori di scolo alla base dei muri di sostegno.

Bedrock (substrato). Roccia di spessore ed estensionerelativamente elevati, presente nella sua posizione ori-ginaria al di sotto di una copertura (terra, suolo o altrimateriali superficiali sciolti). Usato comunemente daigeologi per riferirsi a qualsiasi roccia/terreno diageniz-zata/consolidato che non ha subìto i processi meteori-ci di alterazione e degrado o deformazioni tettonichepervasive.

Bedrock sismico. Sequenza litostratigrafica caratterizza-ta da una velocità delle onde di taglio Vs maggiore ouguale a 800 m/s. (> 700m/s nella Circolare n.617/09sulle Istruzioni per l’applicazione delle NTC - CSLP)

BPT (Becker Penetration Test). La prova di penetrazio-ne del Becker è usata in sabbie grossolane e ghiaie incui la resistenza alla penetrazione fornita dalle parti-celle di grandi dimensioni invalidi le correlazioni diresistenza alla penetrazione con la densità del terre-no. Nel BPT un tubo d’acciaio con un’estremità apertao chiusa di diametro pari a circa 140 mm è guidatoattraverso le ghiaie grossolane e i ciottoli con un mar-tello battipalo diesel.

Il metodo fornisce una registrazione continua dellaresistenza alla penetrazione con la profondità che puòessere correlata con le proprietà geotecniche dellastratigrafia del terreno. È una prova utilizzata in depo-siti di terreni a grana grossa (sabbie grossolane,ghiaie e ciottoli) nei quali la prova SPT non forniscerisultati attendibili. La prova consiste nell’infiggere nelterreno per 300 mm un tubo di rivestimento con puntachiusa, di diametro pari a circa 140 millimetri, utiliz-zando un martello battipalo diesel, e nel contare ilnumero di colpi necessari per la penetrazione.

La prova fornisce una registrazione continua della resi-stenza alla penetrazione con la profondità che può esse-re correlata con le proprietà geotecniche dei terreni.

BST (prove). Borehole Shear Test, prove di resistenza altaglio in foro.

Bullone di ancoraggio. Barra metallica di lunghezza fini-ta (1,50-10m) che arma il terreno come tirante passi-vo. Nelle rocce il bullone realizza un ancoraggio pun-tuale che può essere meccanico, o con conchiglia d’e-spansione, oppure per iniezione di malta o resina suuna porzione della sua lunghezza. Nei terreni il bullo-ne è ad ancoraggi multipli o iniettato con malta pertutta la sua lunghezza, o avvitato o affondato diretta-mente.

CCapacità portante limite di una fondazione. Il massimo

carico sopportabile da un terreno di fondazione rispet-to ad una data fondazione, senza che si verifichino rot-ture per taglio.

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Carbonatazione. Processo chimico, naturale o artificia-le, per cui una sostanza, in presenza di anidride car-bonica, dà luogo alla formazione di carbonati. Talefenomeno è frequente nei materiali edili come i legan-ti (cemento, calce, ecc.) dove l’idrossido di calcio,naturalmente presente in essi, reagisce con l’anidridecarbonica con conseguente formazione di carbonatodi calcio secondo la seguente reazione: Ca(OH)2 +CO2 → CaCO3 +H2O. La carbonatazione può avereeffetti positivi o negativi.

Cava di prestito. Scavo a cielo aperto generalmente lon-tano dal cantiere , dove vengono estratti i geomateria-li utilizzati per la costruzione dell’opera di progetto.

Cedimento ammissibile. Valore massimo del cedimentodi un’opera in modo che non risultino deformazioninella struttura superiori alle tolleranze previste in pro-getto. L’ammissibilità è legata alla tipologia dell’opera,alla sua funzione e prestazione e alla presenza di dis-positivi e strutture sensibili appartenenti all’opera osituate nelle sue vicinanze.

Cedimento differenziale. Differenza di cedimento tra ipunti della stessa fondazione. L’entità del cedimentodifferenziale dipende dalla eterogeneità 3D del terreno(anisotropia litologica per diagenesi, struttura, tessitu-ra, stratificazioni, tettonica etc,), dall’entità e dissimme-tria dei carichi agenti, dalla rigidezza della struttura).

Cerchio critico di scorrimento (o superficie di rottura,scivolamento). Tra tutti i cerchi d’inviluppo che posso-no verificarsi, il cerchio critico è quello al quale corri-sponde il coefficiente di sicurezza minimo nei confron-ti della verifica di stabilità.

Cerchio di scorrimento (o superficie di rottura, scivola-mento). Quando si produce in un pendio una rotturaper scorrimento la superficie presenta spesso unaforma arrotondata. L’intersezione di questa superficiecon il piano verticale, secondo il profilo del pendio, èuna curva che si preferisce approssimare ad un cer-chio per facilitare non poco i calcoli di stabilità.

Cerniere plastiche. Zone di una struttura in cementoarmato in cui è assicurata un’alta duttilità per averemeccanismi di collasso ad elevata dissipazione dienergia del sisma senza compromettere la stabilitàdell’edificio per il tempo necessario all’evacuazionedelle persone. Nelle strutture geologiche e geomate-riali la capacità di dissipare energia sismica in defor-mazione è minima trattandosi di materiali fragili(rocce) caratterizzati da un modestissimo campo ela-stico ed altrettanto plastico, andando a rottura o col-lasso bruscamente. La difficoltà di verifiche geotecni-che di sicurezza e stabilità agli SLU, in discordanza aquanto avviene per le strutture in c.a., sono notevoli.Nel caso delle rocce le conoscenze hanno difficoltà aprogredire per la natura anisotropa e litologicamentedisuniforme dei geomateriali. Gli spostamenti maxammessi (deformazioni) sono certamente minori deglispostamenti ultimi disponibili delle strutture in c.a.

Coefficiente d’attrito. Valore massimo del rapporto tratensione di taglio e tensione normale del punto di con-tatto tra due corpi solidi.

Coefficiente di permeabilità (K). Definito dalla legge diDarcy a regime laminare: V=Ki. Esso rappresenta lavelocità fittizia con la una quantità d’acqua in condizio-ni di flusso laminare attraversa la sezione retta di unmezzo poroso, sotto gradiente idraulico (i) unitario,alla temperatura di 20°C (unità dimensionale: L.T–1).

Coefficiente di Poisson. Un geomateriale è sottopostoad una sollecitazione che lo deforma elasticamente; ilcoefficiente di Poisson (Ó) è il rapporto tra la deforma-zione nella direzione perpendicolare allo sforzo e quel-la nel senso dello sforzo stesso. Si determina in Labo-ratorio (medio-alte deformazioni), con prove in sito(medie deformazioni), con prove geofisiche (sismiche)per bassi lavori deformazionali (vedi rigidezza).

Coefficiente di reazione del suolo (K). Vedi Modulo diWinkler.

Coefficiente di uniformità granulometrica (Cu). Cu = D60

/ D10. Dove D60 è il diametro che lascia passare il 60%del campione esaminato e D10 quello che ne lasciapassare il 10%. Una sabbia è uniforme se Cu < 2.

Coefficienti sismici (orizzontali e verticali). Nelle analisipseudo-statiche l’azione sismica è definita da unaforza statica equivalente pari al prodotto delle forze digravità per un coefficiente sismico Kh (orizzontale) eKv (verticale (7.11). Il Khi è il coefficiente d’inerzia dellastruttura (accelerazione nella struttura) desumibiledallo Spettro di progetto, componente orizzontaleSLV, Khk (= kh) è il coefficiente cinematico del terreno(accelerazione nel sottosuolo) pari a: Khk = α*β* Ss*ST*ag. (α = 1 per pendii e fondazioni; per paratie α dagrafico fig. 7.11.2 NTC; β = βs per pendii e fondazio-ni; β = βm per opere di sostegno, β‚ per paratie da fig.7.11.3 NTC).

Coesione apparente. Pseudo-coesione fornita a terrenigranulari non saturi dalla tensione di contatto del filmd’acqua che tende a tenere uniti i granuli.

Coesione residua. Coesione minima di un terreno cheha subito delle notevoli deformazioni per scorrimento.

Classi d’uso. Suddivisione delle costruzioni sotto azionesismica in riferimento alle conseguenze di un eventua-le collasso della struttura o di interruzione dell’operati-vità. Le NTC prevedono quattro classi: I,II,III,IV. I relati-vi coefficienti d’uso Cu variano da 0,7 a 2.0 (Tab. 2.4.II).

Collasso geotecnico. Rilevante è l’introduzione delleNTC (ignorato dalle norme precedenti) della valutazio-ne della stabilità e sicurezza geotecnico-sismica delsito di costruzione e del suolo di fondazione (Cap.6) adifferenza delle precedenti verifiche limitate alle strut-ture (Collasso strutturale).

Colonna risonante. (prova di ).Mediante questa prova siottengono i parametri di comportamento dinamico Go eDo. Si sottopone un provino cilindrico a una riconsolidazione e ad un carico torsionale armonico medianteun dispositivo in grado di variare l’ampiezza e la fre-quenza del carico. Alla fine della procedura vengonoforniti i grafici accelerazione-frequenza, G-log deforma-zione taglio ciclica e D-log deformazione taglio ciclica.

Compattazione. Miglioramento della densità di un terre-no tramite mezzo meccanico (rulli, massa vibrante,etc.) o stabilizzato a calce.

Comportamento non lineare (dei terreni). Il legame ten-sione-deformazione tangenziale, per effetto della sol-lecitazione sismica, in prima approssimazione non èdescrivibile da una funzione lineare, non è reversibile(dissipazione di energia meccanica) ed è fortementedipendente dalla storia delle sollecitazioni applicate. Inparticolare i parametri più importanti che rispondonoin maniera non lineare alle sollecitazioni sono G (Modulo di taglio) e D ( Coefficiente di smorzamento).

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Comportamento visco-elastico. Tipo di deformazione incui un materiale si comporta come un solido elasticoquando è sollecitato velocemente su scale temporalivariabili da secondi a ore, ma si deforma per scorri-mento viscoso su lunghi periodi di tempo geologico.

Condizioni di drenaggio impedito. In un terreno coesi-vo saturo sotto una variazione della tensione totalecostante nel tempo si possono verificare tre condizio-ni successive di drenaggio: 1) Drenaggio impedito perun tempo t=0 con cedimento iniziale immediato w0; 2)Consolidazione per t>0 e cedimento di consolidazionewc; 3) Drenaggio libero per t∞ (tendente a infinito) w∞ =w0 + wc. Nelle prove triassiali CU consolidate non dre-nate (drenaggio impedito) si determina la resistenza altaglio non drenata (si mantengono chiuse le valvole didrenaggio della cella triassiale). Nelle prove CD con-solidate drenate la fase di rottura è condotta mante-nendo aperte le valvole di drenaggio e si determina laresistenza al taglio drenata. Le prove penetrometrichesono assimilabili a prove rapide in condizioni di dre-naggio impedito. Nei terreni argillosi saturi tali provepermettono pertanto la stima della resistenza al taglioin condizioni non drenate cu.

Cono sismico. Tecnica di indagine analoga alla provaDown-Hole in cui un sensore triassiale è spinto diret-tamente nel terreno tramite un penetrometro, inveceche calato in un sondaggio rivestito. Ha il vantaggiodel contatto diretto sensore-terreno e l’assenza deidisturbi dovuti alla perforazione del sondaggio e alcondizionamento dello stesso; gli svantaggi sono lega-ti ai problemi di penetrazione del sensore analoga-mente alle prove penetrometriche.

Consolidazione. Processo di riduzione progressiva delvolume di un terreno (cedimento) per lenta espulsio-ne dell’acqua. È un fenomeno proprio dei terreni gra-nulari coesivi (argille, limi) saturi, dalla bassissimapermeabilità, sottoposti ad un carico esterno; consi-ste nel progressivo lento cedimento del mezzo cari-cato nel tempo, al contrario dei terreni granulariincoerenti (sabbie) che sotto l’azione di un caricomanifestano cedimento immediato. La graduale ridu-zione di volume di una terra derivante da un incre-mento di sollecitazioni compressive. Consolidazioneprimaria: riduzione in volume di una t. causata dal-l’applicazione prolungata di un carico e dovuta prin-cipalmente all’espulsione dell’acqua dai vuoti eaccompagnata da un trasferimento del carico dall’ac-qua interstiziale ai granuli; consolidazione seconda-ria: riduzione in volume di una t. causata dall’applica-zione prolungata di un carico e dovuta principalmen-te al riassetto della struttura interna della t. (deforma-zione viscosa); curva di consolidazione: curvamostrante la relazione tra: 1) grado di consolidazionee 2) il tempo trascorso dopo l’applicazione di un datoincremento di carico.

Contenuto d’acqua, w. Rapporto percentuale tra presodell’acqua di un dato volume di t. e il peso della partesolida: (γsat – γd)/γd.

Costruzioni di modesta rilevanza. Nelle NTC2008 ven-gono solamente richiamate “le costruzioni e gli inter-venti di modesta rilevanza” (6.2.2 – comma 7) senzaprodurre alcuna definizione. L’approfondimento e det-taglio delle analisi e delle indagini devono essere com-misurati alla complessità geologica del sito, alle carat-teristiche dello scenario territoriale ed ambientale in

cui si opera, e alle finalità progettuali”(C6.2.1). Nelcaso di costruzioni di modesto rilievo in rapporto allastabilità globale dell’insieme opera-terreno, che ricada-no in zone già note, la caratterizzazione geotecnica delsottosuolo può essere ottenuta per mezzo della raccol-ta di notizie e dati sui quali possa responsabilmenteessere basata la progettazione. Al punto C.3, comma4, si legge inoltre “ Nel caso di modesti manufatti chericadono in “zone note”, le indagini in sito ed in labora-torio sui terreni di fondazione possono essere ridotteod omesse, sempreché sia possibile procedere allacaratterizzazione dei terreni sulla base di dati e di noti-zie raccolti mediante indagini precedenti, eseguite suterreni simili ed in aree adiacenti. In tal caso dovrannoessere specificate le fonti dalle quali si è pervenuti allacaratterizzazione fisicomeccanica del sottosuolo”. Lanecessità di individuare e determinare le caratteristi-che di pericolosità di sito, geologica e sismica, per leverifiche di sicurezza comporta pertanto che anche ilconcetto di “costruzioni o interventi di modesta rilevan-za” non può essere separato dal livello di conoscenzadel sottosuolo, dalle caratteristiche geologiche, geo-morfologiche e geotecniche dell’area in cui il sito èinserito, in relazione al possibile incremento di rischioper le persone. Si considera un’area “nota”, in riferi-mento a modesti interventi in rapporto alla stabilitàopera-terreno, quando l’insieme dei dati assunti è taleda consentire la formulazione di un attendibile model-lo geologico e geotecnico del sottosuolo e comunquecommisurati alla complessità geologica del sito.

Costruzioni semplici. Le NTC introducono la definizionedi “edifici o costruzioni semplici” (4.5.6 e 7.8.1.9) carat-terizzati da strutture iperstatiche regolari sia in piantache in elevazione (7.2.2). In particolare tra le altrecaratteristiche il numero dei piani non deve esseresuperiore a 3 (entro e fuori terra) per la muratura ordi-naria e non superiore a 4 per muratura armata.Per lecostruzioni semplici ricadenti in zona sismica 2, 3, 4, èconsentito eseguire verifiche in via semplificativa conanalisi e verifiche di sicurezza che s’intendono auto-maticamente soddisfatte senza l’effettuazione di alcuncalcolo esplicito (7.8.1.6 comma 4). L’accelerazione dipicco attesa al suolo Ag=agxSsxST viene definita conl’acquisizione in campo dell’amplificazione stratigraficaSS. Il coefficiente topografico ST si applica solo nel casodi strutture di classe d’uso III (Costruzioni con affolla-menti significativi, industrie con attività pericolose perl’ambiente, ponti e reti ferroviarie, dighe rilevanti) e IV( costruzioni con funzioni pubbliche o strategicheimportanti etc.(Tab. 7.8.III). Le costruzioni da edificarsiin siti ricadenti in zona 4 possono essere progettateapplicando le sole regole valide per strutture non sog-gette ad azione sismica. In tal caso si può assumerel’accelerazione di picco sul terreno ag = 0,07g.

CRR (Cyclic Resistance Ratio). Rapporto tra la resi-stenza a liquefazione di uno strato a una determinataprofondità e la tensione verticale efficace litostatica aquella profondità.

CSR (Cyclic Stress Ratio). Rapporto tra lo sforzo ditaglio indotto dal sisma a una determinata profondità ela tensione verticale efficace litostatica a quella pro-fondità. Può essere determinato dal prodotto di:σνο/σνο per α max/g per rd, con rd fattore di riduzionedella sollecitazione che diminuisce con l’aumentodella profondità, g accelerazione di gravità, e amaxaccelerazione massima attesa.

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DDeformabilità. Proprietà dei terreni nel cambiare forma e

ceder sotto l’influenza prevalente dell’azione di uncarico.

Deformazione (strain). Variazione percentuale in lun-ghezza, forma, o volume di un corpo sottoposto a sol-lecitazione.

Degradazione ciclica. Riduzione di rigidezza di un terre-no al crescere del numero di cicli di carico applicati incondizioni non drenate. È particolarmente significativain terreni coesivi teneri.

Densità. Rapporto tra la massa volumetrica di un corpo eil suo volume.

Densità relativa. Esprime numericamente il grado dicompattezza di un terreno sabbioso ed è definito dallaformula

dove:

e0 indice dei vuoti corrispondente alla compatezzaminima

emin indice dei vuoti corrispondente alla compatezzamassimare alizzabile in laboratorio

e indice dei vuoti del terreno in sito

Densificazione. Fenomeno di addensamento di un terre-no, più o meno repentino, a seguito di una sollecitazio-ne sismica.

Deterministico (metodo).Diaclasi. Discontinuità strutturale, frattura, di origine tetto-

nica da qualche metro a centinaia di metri. Sottili frat-ture fessurative che a volte simulano la stratificazione.

Dilatanza. Espansione di suolo granulare soggetto adeformazione di taglio (lavoro dovuto alle variazioni divolume).

Discontinuità sismiche. Superfici o strati sottili postiall’interno del profilo stratigrafico in studio, attraverso iquali si verificano nette variazioni di velocità delleonde sismiche . Queste sono zone di brusca variazio-ne delle proprietà elastiche delle rocce.

Drenaggio. È il complesso dei sistemi naturali o artificialiche permettono lo smaltimento in profondità dell’ac-qua in eccesso del terreno. Con lo stesso termine s’in-tende pertanto sia la proprietà intrinseca del terreno alasciar percolare l’acqua gravitazionale, sia gli inter-venti di natura antropica atti ad emungere l’acqua ineccesso facendola defluire in un sistema di raccolta.

Drenaggio (condizioni di drenaggio impedito). In condi-zioni non drenate l’incremento di tensione totale si tra-sforma in un incremento di pressione neutra in quantol’acqua è incompressibile, mentre lo scheletro solido èdeformabile. La tensione efficace e il volume nonvariano.

Drift (δ). Rapporto tra lo spostamento relativo e l’altezzadell’elemento strutturale.

Durabilità. Si definisce la conservazione delle caratteri-stiche fisico-meccaniche e delle strutture necessariaper il mantenimento dei livelli di sicurezza durante laclasse di vita nominale definita per dell’opera.

Duttilità. La capacità di un corpo di deformarsi plastica-mente e quindi è la capacità di resistere della struttu-ra dopo il superamento della soglia elastica.

D =e –e

e –er0

0 min

Duttilità della struttura. Capacità di una struttura inte-laiata in c.a. di dissipare l’energia, trasmessa dall’e-vento sismico, in deformazioni plastiche.

EEffetto arco. Il trasferimento di sforzo da una parte cede-

vole di una massa di roccia o di terra a parti adiacentimeno cedevoli o meno compresse.

Elasticità. La capacità di un corpo di deformarsi elastica-mente: cessata la causa deformante esso riprendeesattamente le condizioni fisiche dello stato iniziale.

Elementi non strutturali. Sono gli elementi costruttivi chenon hanno funzione strutturale portante (Tab. 7.2.1). Seil loro danneggiamento può provocare danni a personedevono essere verificati agli stati limite per la corrispon-dente azione sismica (7.2.3 comma 3). Si rende neces-sario pertanto procedere alla valutazione dell’effettodella risposta sismica locale mediante l’approccio sem-plificato delle categorie sismiche di sottosuolo.

Elementi strutturali “secondari”. Si definiscono secon-dari gli elementi progettati per resistere ai soli carichiverticali. Sia la rigidezza che la resistenza vengonoignorate nell’analisi della risposta sismica (7.2.3). Glieffetti dell’azione sismica Fa e l’accelerazione massi-ma attesa al suolo Sa vengono determinati con le for-mule semplificative (7.2.1-7.2.2) e Tab. 7.2.I.

Eteropia di facies. Passaggio graduale da una formazio-ne ad un’altra avente la stessa età in cui i caratteri del-l’una vengono sostituiti gradualmente dall’altra.

FFaglia. Superficie di discontinuità che si produce in segui-

to alla rottura di una massa rocciosa, con spostamentorelativo dei due blocchi separati. La superficie lungo cuisi è verificata la frattura si chiama superficie di fagliaoppure piano di faglia, o anche specchio di faglia. Lerocce in prossimità di una faglia risultano spesso inten-samente frantumate e si parla in questo caso di roccedi faglia quali le cataclasiti o le miloniti. Dal punto divista reologico, in prima approssimazione le rocce pos-sono comportarsi in maniera fragile oppure in manieraduttile. Nel primo caso si ha la formazione di una faglia;nel secondo di una piega. Le faglie possono essereinverse o di compressione (reverse, compressive fault),normali ( di trazione) o indirette (normal fault), di sovra-scorrimento o trascorrenti (overthrust).

Faglia attiva. Faglia che presenta evidenze di scorrimen-to relativo tra due volumi di roccia/terreno avvenuto nelcorso degli ultimi 10.000 anni, per cui si presume chelo scorrimento possa ancora verificarsi.

Faglia capace. Faglia attiva ritenuta in grado di produr-re fagliazione in superficie cioè la dislocazione istan-tanea.

Fattore di sicurezza (o coefficiente di). Fattore o valoreaffermato dalla pratica ingegneristica corrente, riguar-dante il rapporto tra resistenze massime disponibili daparte di un materiale e le sollecitazioni agenti o quelleche si presume possano agire in una struttura o in unelemento o in una sua parte. Il suo scopo è fornire unmargine per la resistenza e la durata di una struttura,o di una scarpata naturale od artificiale, o dei relativielementi della struttura, che compensi le irregolaritàche esistono nei materiali e nell’esecuzione o in altrecondizioni non valutabili.

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IImpedenza sismica. Prodotto della densità del terreno

per la velocità delle onde sismiche, che varia tra stratidifferenti di terreno, comunemente indicata con Z. Ilcontrasto di impedenza sismica fra strati di rocciaadiacenti influisce sul coefficiente di riflessione.

Indice di attività (coefficiente di attività colloidale) A.Rapporto tra indice di plasticità e % in peso di frazio-ne inferiore a 0,002 mm. Terre attive: A > 1,25

Indice dei vuoti, e. Rapporto tra 1) volume dei vuoti e 2)volume della parte solida di un dato campione.

Indice di consistenza, Ic. Rapporto tra 1) differenza tralimite di liquidità e contenuto naturale d’acqua e 2)indice di plasticità. Ic = (wl – wn)/Ip.

Indice di liquidità, Il. Rapporto tra 1) differenza tra con-tenuto naturale d’acqua e limite di plasticità e 2) indi-ce di plasticità. Il = (wn – wn)/Ip.

Indice di plasticità, Ip. Differenza numerica tra i limiti diliquidità e di plasticità.

Indice di qualità (Rock Quality Designatiom o R.Q.D.).Parametro che designa il grado di continuità di unaroccia dalla misura della lunghezza delle carote di dia-metro intorno a 100mm, valutandone la % di carotag-gio nei vari tratti, accettando solamente le carote dilunghezza ≥ 10cm.

Indice di rigonfiamento, Cr. Pendenza del tratto di scari-co della curva pressione-indice dei vuoti su graficosemilogaritmico.

Indice di rimaneggiamento (remolding index) Ir. Rap-porto tra 1) modulo di deformazione (v.) di un terrenoindisturbato e 2) quello di un terreno rimaneggiato.

Indice di ritiro SI. Differenza numerica tra i limiti di plasti-cità e di ritiro.

Inelasticità. Deformazione nel campo della duttilità.

Input sismico. Moto sismico ipotizzato alla base dellastruttura geologico-morfologica di un sito e del quale siintendono valutare i possibili effetti di amplificazionesismica.

Intensità macrosismica. Valore numerico ordinaleassegnato in base alla descrizione degli effetti delterremoto sulle persone, sugli oggetti, sulle costru-zioni e sull’ambiente. In pratica corrisponde allascelta di uno scenario di effetti rappresentativo dellasituazione osservata. La scelta riguarda un numerofinito di possibili scenari (12 nelle scale moderne)caratterizzati da un livello crescente di severità. Nonsi tratta quindi di una misura in senso stretto, ma diuna classificazione fatta secondo una scala empiri-ca qualitativa. Esistono diverse collezioni di scenariciascuna delle quali rappresenta una diversa scalamacrosismica (Mercalli-Cancani-Sieberg o MCS ,Mercalli Modificata o MM, Medvedev-Karnik-Spon-heuer o MS K, European Macroseismic Scale oEMS, ecc.). Poiché nella sua definizione si prende inesame la percentuale di edifici danneggiati o distrut-ti e il comportamento di gruppi di persone, essa èsempre rappresentativa di un’area più o meno este-sa (un paese, una cittadina, un quartiere) e quindinon può essere un dato puntuale (ad esempio rela-tivo a una singola struttura). In alcune scale moder-ne (MS K, EMS) sono stati introdotti elementi infor-mativi che hanno lo scopo di rendere la stima diintensità macrosismica indipendente dal livello di

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Flessura. Discontinuità strutturale passante a faglia.

Fondazione compensata. Fondazione poggiante su unterreno che ha subito forti sbancamenti, ossia f. dipeso inferiore o uguale a quello del terreno asportatodallo scavo.

Forza efficace o effettiva (F). Forza trasmessa in unamassa di terreno direttamente attraverso i contattiintergranulari.

Fragilità. Tendenza di alcuni materiali come le rocce lapi-dee a rompersi bruscamente senza che avvenganoprecedentemente deformazioni e snervamenti.

Frana (o movimento di massa). Fenomeni di caduta emovimenti di masse rocciose o di materiali sciolticome effetto prevalente della forza di gravità vero ilbasso e verso l’esterno di un versante. Secondo laclassifica di Varnes le frane vengono distinte in crolli(in ammassi rocciosi), ribaltamenti, scorrimenti,rota-zionali e scorrimenti traslativi, espansioni laterali, cola-menti, frane complesse.

Frana di colamento. Colate di fango (mud flows) ecolate di detrito (debris flows) in terreni pococoerenti in rapida erosione dove l’acqua di ruscella-mento si mescola a fango e pietre. Ripetendosi ifenomeni e continuando l’accumulazione a valle pos-sono formarsi i coni di deiezione con superfici assaiinclinate.

Frequenza naturale (o fondamentale). Frequenza discre-ta a cui un particolare sistema elastico vibra quando èregolato nel movimento da un singolo impulso e non èinfluenzato da altre forze esterne o da smorzamento.Il reciproco del periodo fondamentale.

Full scale test areas. Campo di prova in vera grandezza.

GGeotessili (non tessuti, tessuti). Il “Geotessile” è un pro-

dotto dell’industria tessile caratterizzato da proprietàfisiche, meccaniche e idrauliche tali da poter essereimpiegato in opere di ingegneria civile, a contatto conil terreno.I “tessuti non tessuti” sono costituiti da fibre artificialilegate tra di loro ed in tutti i sensi tramite un proces-so meccanico denominato agugliatura. Sono prodottiassolutamente privi di leganti chimici e di conse-guenza possono essere considerati atossici e noninquinanti.I “tessuti” sono geosintetici a struttura regolare costi-tuiti dall’intreccio di due serie di fili (trama e ordito). Siutilizzano per applicazioni di rinforzo, filtrazione, sepa-razione e controllo dell’erosione.

GSI. Indice di Resistenza Geologica (Geological StrengthIndex) di Hoeck. Indice geologico in funzione dell’as-setto strutturale dell’ammasso, delle caratteristiche didiscontinuità che valuta i parametri di resistenza e dideformabilità dell’ammasso.

Giunto di stratificazione. Discontinuità litologica tra stra-ti sedimentari successivi

Gradiente idraulico. Perdita di carico idraulico per lun-ghezza unitaria di flusso: i = dH / dl.

HHardpan. Strato di terreno estremamente addensato.

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esposizione e dalla vulnerabilità delle strutture nel-l’area colpita.

Iperstatica (struttura). Indica che un generico corpo nellospazio possiede un numero di gradi di libertà inferiorial numero di gradi di vincoli.

Ipocentro. È il punto in cui si immagina che la rottura chegenera un terremoto abbia origine. Più verosimilmen-te l’ipocentro non è un punto ma una regione dellospazio di dimensioni finite. La sua posizione è determi-nata dai tempi di arrivo delle prime onde P e S.

Isobare. Linee di uguale pressione, bulbi di pressione.

Isostatica (struttura). Indica che un generico corpo nellospazio possiede un numero di gradi di vincoli pari alsuo numero di gradi di libertà.

Isotropia litologica. Costanza delle stesse caratteristi-che litologiche in tutte le direzioni.

LLeptoclasi (joints). Fratture di piccole dimensioni (dal cm

a metro). La roccia risulta suddivisa in frammenti, alminimo urto va in frantumi. Si distinguono le sinclasi(per contrazioni e dilatazioni termiche) e piezoclasi(da azione meccanica).

Limite di fatica. Punto sulla curva sforzo-deformazionesotto cui non può essere ottenuta fatica indipendente-mente dal numero di cicli di carico.

Limite di liquidità, wl. Contenuto d’acqua corrispondenteal limite arbitrario tra gli stati di consistenza liquido eplastico di una terra; ossia contenuto d’acqua al qualeun solco di dimensioni standard inciso un campione disuolo si chiude per la lunghezza di 0,5 in (12,7 mm)dopo 25 colpi dell’apparecchiatura standard del limitedi liquidità (cucchiaia di Casagrande).

Limite di plasticità, wp. Contenuto d’acqua corrispon-dente al limite arbitrario tra gli stati di consistenza pla-stico e semisolido di una terra; ossia contenuto d’ac-qua al quale un cilindretto di terra del diametro di circa3,2 mm inizia a screpolarsi se piegato.

Limite di ritiro ws. Contenuto d’acqua al disotto del qualeuna riduzione del contenuto d’acqua non causa alcu-na riduzione di volume.

Linea di flusso: traiettoria teorica seguita da una particel-la d’acqua in un flusso laminare.

Linea di rottura (inviluppo di rottura, inviluppo diMohr). L’inviluppo di una serie di cerchi di Mohr (v.),rappresentanti condizioni di sollecitazioni a rottura diun dato materiale. Luogo dei punti le sui coordinaterappresentano la combinazione di sforzi normali e ditaglio che causano rottura di un dato materiale.

Linea equipotenziale. Linea di eguale potenziale idrauli-co, assimilata ad una l. di uguale livello piezometrico(linea idroisoipsa).

Liquefazione. Improvviso forte decremento di resistenzaal taglio di un terreno granulare incoerente causato dalcollasso della struttura per vibrazione (sismica) o altrotipo di deformazione e associato ad un improvviso etemporaneo aumento delle pressioni interstiziali.

Lisciviazione. Rimozione, ad opera dell’acqua di perco-lazione, di colloidi e di materiale solubile del suolo. Cfr.dilavamento, asporto meccanico di particelle.

Livello piezometrico H. Quota, o elevazione al di sopradella quota 0, del livello dell’acqua nel sottosuolo.

MMagnitudo. Misura l’energia liberata sotto forma di onde

sismiche durante un terremoto. Viene calcolata a par-tire dall’ampiezza o dalla durata del sismogramma. Lamagnitudo è un valore logaritmo che venne definitooriginariamente da Richter nel 1935. Un incremento diuna unità di magnitudo (ad es. da 4,6 a 5,6) corrispon-de ad un incremento dell’ampiezza sul sismogrammadi 10 volte ed a circa un aumento di 30 volte dell’ener-gia rilasciata. Non esiste né un limite inferiore, né unlimite superiore del valore calcolato. Tranne che in casiparticolari, i terremoti di magnitudo inferiore a 2,5 nonsono avvertiti dalla popolazione.

Metodo osservazionale. Sistema di monitoraggio incorso d’opera basato su piani di controllo inseriti nellarelazione geotecnica, al fine di consentire l’adozionedi una delle soluzioni progettuali alternative previste,qualora siano raggiunti i limiti di non ammissibilità digrandezze rappresentative. Il metodo si applica quan-do per la particolare complessità geologica e geotec-nica e importanza dell’opera di progetto permangonodocumentate indeterminazioni e incertezze risolvibilisolamente in fase costruttiva, malgrado approfonditeindagini svolte (v. Relazione geologica).

Microtremori. Rumore sismico ambientale, caratterizzatoda oscillazioni di piccola ampiezza , provocate da sor-genti naturali o antropiche (onde di mare, vento, picco-li movimenti terrestri, traffico etc.). La maggior partedegli autori ritiene che i microtremori siano costituiti daonde di Raleygh.

Microzonazione. Complesso di studi che prevede qualeprodotto finale di sintesi una mappa del territorio nellaquale sono indicate: le zone dove il moto sismico vieneamplificato (e come) a causa delle caratteristiche lito-stratigrafiche del terreno e geomorfologiche del territo-rio; le zone in cui sono presenti o suscettibili di attiva-zione dissesti del suolo indotti dal sisma (frane, asse-stamenti, liquefazioni, fogliazioni superficiali).

Modello geologico concettuale. Il primo livello di inter-pretazione e di ricostruzione schematica fuori scaladelle caratteristiche litostratigrafiche e strutturali diun sito.

Modello geotecnico bidimensionale (2-D). Definita dastrati inclinati, litologia disuniforme e anisotropa,superficie del substrato ≠ T1, suolo a pendio, oppuresubstrato non orizzontale e suolo orizzontale.

Modello geotecnico monodimensionale (1-D). Definitadalla presenza di strati orizzontali e/o litologia unifor-me e superficie del terreno orizzontale, substrato T1,.

Modello matematico. Rappresentazione di un sistemafisico mediante espressioni matematiche dal qualepuò essere dedotta, con accuratezza conosciuta, icomportamento del sistema.

Modulo di Bulk. Modulo di elasticità cubica o modulo dicompressibilità. Esprime il rapporto tra la pressioneisotropa agente su un campione e la relativa diminu-zione di volume.

Modulo di rigidità al taglio (o di taglio) – (G). Rapportotra la tensione tangenziale e la relativa deformazionedi un geomateriale elastico, legato al modulo di Youngdalla relazione G = E / 2(1+ ν). Dal punto di vista dina-mico G=Vs

2 *ρ, dove Vs velocità di taglio e ρ densitàpari a γ/g (peso di volume / accelerazione di gravità).

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Modulo di Young (o modulo elastico o di elasticità) – (E).Rappresenta il rapporto degli sforzi rispetto alle defor-mazioni sotto determinate condizioni di carico; Pen-denza della tangente alla curva sforzi-deformazioni(modulo tangente) o della secante (modulo secante).L’impiego del termine modulo di elasticità è da usareper i geomateriali che si deformano in accordo allalegge di Hooke. Il termine modulo di deformazione èda usare per i corpi che si deformano secondo altrimodelli. F.L–2).

Modulo di Winkler (coefficiente di reazione del terre-no, costante di sottofondo o coefficiente di Win-kler). È normalmente indicato come K1 [daN/cmc]. Lacostante di sottofondo rappresenta una forza esercita-ta sul suolo elastico alla Winkler, su un’area di 1 cm2

che provoca l’abbassamento di 1 cm. Il Suolo alla Win-kler è un suolo ideale, paragonabile ad un letto dimolle, un terreno perfettamente elastico, che facilita icalcoli e presenta sufficienti attinenze alla maggioran-za dei casi reali. Tale metodologia consente un primoapproccio al problema o una soluzione rapida e sbri-gativa a casi che con altri approcci si rivelerebberomolto complessi ed onerosi. Detta costante non è unaproprietà intrinseca del terreno, ma dipende da formae dimensioni della fondazione, dalla distribuzione deicarichi agenti, dalla stratigrafia e dalle proprietà fisico-meccaniche del terreno.

Monitoraggio. Controllo di un fenomeno con misuresistematiche nel tempo. Il monitoraggio opera-terrenoconsiste nell’installazione di una adeguata strumenta-zione e nella misura delle grandezze fisiche rappre-sentative (spostamenti, cedimenti tensioni, forze,pressioni neutre, etc.) prima, durante e/o dopo lacostruzione dell’opera. Nelle NTC il monitoraggio halo scopo di verificare la corrispondenza delle previsio-ni progettuali e i comportamenti reali osservati e dicontrollare la funzionalità del manufatto nel tempo, eapportare così le necessarie modifiche e migliora-menti. Applicando il Metodo Osservazionale con iPiani di controllo il monitoraggio consente di sceglieretempestivamente in corso d’opera la soluzione proget-tuale alternativa prevista entro i limiti di accettabilità.Un’altra importante finalità del monitoraggio è lagestione del rischio geologico-geotecnico ai fini dellaProtezione civile.

Morfogenesi. L’insieme dei processi di modellamento delpaesaggio (ciclo morfogenetico)

Morfometriche (caratteristiche). Le caratteristiche morfo-metriche vengono definite dal punto di vista quantitati-vo per mezzo di opportuni parametri, che esprimono ledimensioni planimetriche, la forma, il rilievo, le pen-denze di un bacino, la struttura della rete idrografica ei tempi di percorrenza delle diverse aste fluviali di cuila rete è composta.

Morfostrutture. Assetto litostratigrafico-strutturale dovutoall’interazione di eventi paleo tettonici e neotettonici edall’insieme dei processi morfoevolutivi, consideratinell’ambito di un contesto geologico regionale.

Moto di risonanza (di uno strato di terreno superficiale).Il massimo del trasferimento di energia sismica all’ulti-mo strato. Affinché si verifichi la condizione di risonan-za del deposito in cui esso oscilla nel proprio modofondamentale di vibrazione (periodo proprio) occorreche la lunghezza dell’onda λ = Vt

s/f sia pari a 4 volte lospessore H del deposito. Si dimostra che l’ampiezza

del moto in superficie cresce all’aumentare del contra-sto di impedenza tra il substrato e il deposito di coper-tura. In sintesi: aumento nell’ampiezza della vibrazio-ne di un corpo quando la frequenza dell’impulso è vici-na alla frequenza naturale del corpo.

Moto non in risonanza. Effetto di variazione gradualedell’impedenza sismica. Vale per profili stratigrafici diterreno in cui l’impedenza sismica I = ρVs non sub-isce variazioni brusche, ma diminuisce gradualmenteda un valore alla base ad uno in superficie. In questocaso non si produce moto di risonanza, ma si registrauna amplificazione superficiale indipendente dallafrequenza che può essere espressa dall’algoritmo:A= √ ρrVr

s / ρtVts.

NNeotettonica. L’insieme delle deformazioni nella struttura

delle rocce di origine tettonica del terziario recente edel Pleistocene, talora ancora attive in alcune regioni..

Normalconsolidato. Terreno o sedimento che non è maistato soggetto a tensioni efficaci superiori a quelle esi-stenti o attuali.

Neutra (pressione). Vedi Pressione interstiziale.

OOlistolito. Porzione di terreno alloctono trasportato in

conseguenza di cause tettoniche o per franamentosub-marino.

Olistostroma. Accumulo caotico di materiali rocciosi perscivolamento gravitativo sottomarino.

Omogeneità litologica. Costanza delle proprietà minera-logiche in tutti i punti di un geomateriale.

Onde di Love. (vedi Onde di Rayleigh)

Onde di Rayleigh. Onde sismiche superficiali (come leonde di Love) che si propagano più lentamente dellealtre e il loro campo di vibrazione è la superficiedella crosta. La loro energia si disperde meno rapi-damente e quindi il loro effetto si risente su lunghedistanze

Onde di volume (onde di compressione, longitudinali, pri-marie -VP - e onde di taglio trasversali, secunde -VS).

Opere minori. S’intendono “opere minori” tutte quelleche, per dimensioni e funzioni non comportano peri-colo per la pubblica incolumità ai fini statici e sismici,ovvero che interessano la pubblica incolumità inmaniera non rilevante. Le cosiddette opere minori inquanto tali possono essere in generale esonerate dal-l’obbligo di deposito del progetto e del collaudo stati-co presso gli uffici del Genio Civile o uffici competen-ti, salvo l’obbligo da parte dei proprietari di far redige-re e conservare il progetto, o possono usufruire di unaprocedura semplificata, ad esempio sono soggetti alsolo deposito, non dall’adempimento del collaudo sta-tico. Viene da se che per le tipologie riportate neiregolamenti ed elenchii regionali, validati da appositedeliberazioni, esonerate dal deposito del progetto sipotranno omettere le verifiche geologiche, sismiche egeotecniche. Per le opere minori invece per le quali èprevista la procedura semplificata di deposito potran-no essere richieste caso per caso verifiche di fattibili-tà geologica e/o sismica o pareri (ad es. sempliciopere di stabilizzazione o consolidamento dei versan-

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ti con iniezioni, drenaggi oppure opere minori checomportano incrementi di carico sul terreno >20% suedifici esistenti).

Opere modeste. Si definiscono opere di modesta rilevan-za strutturale (o opere modeste) quelle da cui posso-no derivare ridotti pericoli per la vita delle persone elimitati danni alle cose.

Opere provvisorie e provvisionali. Per opera provvisio-nale (e provvisoria) in edilizia s’intende la realizzazio-ne di una struttura che ha una durata temporanea eche non fa parte dell’opera compiuta, perché verràsuccessivamente rimossa: impalcature, ponteggi, plin-ti di basamento per gru a torre, passerelle mobili,ragni, containers per uffici tecnici, per mense e serviziigienici, soppalchi, opere di sostegno provvisorie, pon-ticelli provvisori, palacolate provvisorie etc.Per le stes-se opere provvisorie, provvisionali e strutture infase costruttiva le NTC08 specificano che le verifichesismiche possono omettersi quando le relative duratedi vita nominale previste in progetto siano inferiori ai 2anni (VN < 2).

PPendio critico. Massimo angolo (rispetto all’orizzontale)

al quale un pendio artificiale è stabile senza sostegni.

Pericolosità sismica. Stima quantitativa dello scuoti-mento del terreno dovuto a un evento sismico, in unadeterminata area. La pericolosità sismica può essereanalizzata con metodi deterministici, assumendo undeterminato terremoto di riferimento, o con metodiprobabilistici, nei quali le incertezze dovute alla gran-dezza, alla localizzazione e al tempo di occorrenza delterremoto sono esplicitamente considerati. Tale stimainclude le analisi di pericolosità sismica di base e dipericolosità sismica locale.

Pericolosità sismica di base. Componente della perico-losità sismica dovuta alle caratteristiche sismologi-che dell’area (tipo, dimensioni e profondità delle sor-genti sismiche, energia e frequenza dei terremoti). Lapericolosità sismica di base calcola (generalmente inmaniera probabilistica), per una certa regione e in undeterminato periodo di tempo, i valori di parametri cor-rispondenti a prefissate probabilità di eccedenza. Taliparametri (velocità, accelerazione, intensità, ordinatespettrali) descrivono lo scuotimento prodotto dal terre-moto in condizioni di suolo rigido e senza irregolaritàmorfologiche (terremoto di riferimento). La scala distudio è solitamente regionale. Una delle finalità diquesti studi è la classificazione sismica a vasta scaladel territorio, finalizzata alla programmazione delleattività di prevenzione e alla pianificazione dell’emer-genza. Costituisce una base per la definizione del ter-remoto di riferimento per studi di microzonazionesismica.

Pericolosità sismica locale. Componente della perico-losità sismica dovuta alle caratteristiche locali (lito-stratigrafiche e morfologiche, v.anche effetti locali). Lostudio della pericolosità sismica locale è condotto ascala di dettaglio partendo dairisultati degli studi dipericolosità sismica di base (terremoto di riferimento)e analizzando i caratteri geologici, geomorfologicigeotecnici e geofisici del sito; permette di definire leamplificazioni locali e la possibilità di accadimento difenomeni di instabilità del terreno. Il prodotto più

importante di questo genere di studi è la carta dimicrozonazione sismica.

Periodo (o vita) di riferimento VR. Grandezza delleNTC08 che si ricava dal prodotto della vita nominaleVN per il coefficiente d’uso CU. VR = VN x CU

Periodo. È la durata di una oscillazione di un sistema sot-toposto a un moto periodico. È il reciproco della fre-quenza.

Periodo fondamentale. Inverso della Frequenza fonda-mentale.

Periodo proprio di vibrazione (o periodo naturale, o fon-damentale).

Peso di volume (peso specifico apparente, peso del-l’unità di volume totale), γ (F.L–3). Peso dell’unità divolume della massa composta dai granuli o particel-le, dal liquido e dal gas eventualmente contenuti.W/V o P/V.

Peso dell’unità di volume della parte solida, γs. Rap-porto tra il peso del terreno essiccato (Ps) ed il volumedella parte solida o dei granuli (Ps /Vs).

Peso di volume secco, γd. Rapporto tra il peso del terre-no essiccato e il suo volume allo stato naturale di umi-dità. Ps /V.

Peso di volume del terreno immerso (o alleggerito) γ’.Peso dell’unità di volume saturo diminuito del pesospecifico dell’acqua: γ’ = γ sat–γw.

Peso specifico dei granuli, Gs. Rapporto tra peso divolume della parte solida e peso di un uguale volumedi acqua distillata a t° stabilita. Gs = γs/γw.

Peso specifico totale, G. Rapporto tra peso dell’unità divolume totale e peso di un uguale volume di acquadistillata a t. stabilita. Gs = γ/γw.

PGA (Peak Ground Acceleration). Ampiezza massima diaccelerazione misurata (o prevista) per il moto del ter-reno in seguito ad un evento sismico.

Piezometro. Strumento di misura della quota piezome-trica o altezza del livello idrostatico della falda idricalibera.

Pittorico (schema). Rappresentazione grafica speditivadi una roccia con la sua struttura intercettata durantegli scavi.

Plasticità: Proprietà di una terra di deformarsi oltre il limi-te di elasticità, senza rotture o apprezzabile cambia-mento di volume.

Pocket penetrometer. Il penetrometro tascabile è unostrumento utilizzato per misurare approssimativa-mente, ma in modo semplice e rapido, la resistenzaalla rottura di un terreno coesivo e semicoesivo. Ivalori della resistenza misurati con il penetrometrotascabile costituiscono un valido ausilio per la classi-ficazione e la descrizione di una terra e fornisconoanche utili indicazioni preliminari sulla sua resistenzaal taglio.

Poisson. v. Coefficiente di (modulo di).

Porosità, n. Rapporto, di frequente espresso in percen-tuale, tra volume dei vuoti di una massa di terreno e ilvolume totale. n = (Vv/V)%.

Porosità efficace, ne. Rapporto tra il volume dei poriinterconnessi e il volume totale.

Preconsolidazione. v. Pressione di preconsolidazione.

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Pressione, p (F.L–2). Peso diviso per l’area sulla qualeagisce.

Pressione della terra (earth pressure). v. Spinta delleterre.

Pressione di contatto. v. Capacità portante.

Pressione di filtrazione. Incremento della pressione effi-cace dovuta alla filtrazione dell’acqua.

Pressione di preconsolidazione (prestress) σ’p (F.L–2).Massima tensione efficace alla quale una terra è statasottoposta. Preconsolidazione dovuta a deformazionidifferite nel tempo: deformazione per in condizioni dre-nate e a carico costante.

Pressione idrostatica, u0 (F.L–2). Pressione in un liquidoin condizioni statiche; prodotto del peso specifico delliquido e della differenza di elevazione tra un datopunto e la superficie piezometrica. Pressione idrostati-ca in eccesso, u, pressione interstiziale in eccessorispetto alla pressione idrostatica.

Pressione geostatica (o litostatica). È la pressioneesercitata su ogni granulo di roccia in profondità dalcarico di rocce sovrastanti. Essa si trasmette in ognidirezione e si misura con il peso della colonna di roc-cia che grava sull’unità di superficie (sinonimi: pressio-ne litostatica, di seppellimento o di confine).

Pressione idrostatica. Pressione in un liquido in condi-zioni statiche. Per la legge di Stevino è il prodotto γ*Hdel peso specifico del liquido per la differenza di quotatra un dato punto e la superficie piezometrica.

Pressione limite marginale critica, ultima. v. Capacitàportante.

Pressione neutra o interstiziale, u (F·L–2). Pressionedell’acqua nei pori: sforzo trasmesso attraverso l’ac-qua dei pori.

Probabilistico (metodo). Con il metodo probabilistico lapronuncia della sicurezza viene fatta verificando che“la probabilità di collasso” cui è soggetta la struttura èminore di un certo numero ε (fissato dal legislatore)Pc <ε dove Pc è un funzionale che dipende da uncerto numero (discreto e/o elevato) di funzioni chesono variabili aleatorie. La differenza tra il metododeterministico e quello probabilistico nasce dal fattoche gli “ingredienti” che concorrono alla formazionedel giudizio sulla sicurezza nel metodo deterministicosono delle grandezze che hanno degli espressi valorinumerici, mentre nel m. probabilistico sono delle fun-zioni. Attualmente sono noti tre livelli di analisi proba-bilistica:

- Livello 1 (o livello Europeo) detto anche semipro-babilistico

- Livello 2 (o livello Americano)- Livello 3 (o livello Completo).

Nel livello 1 gli aspetti probabilistici vengono messi inconto mediante l’introduzione dei Valori caratteristicidelle Azioni e delle resistenze dei materiali.

Probabilità di superamento nella vita VR di riferimento(PVR). Parametro necessario per il calcolo del periododi ritorno dell’azione sismica TR (cfr. Allegato A).

Prova consolidata-drenata (prova lenta) (CD). Prova incui una consolidazione sostanzialmente completa allapressione di confinamento è seguita da uno sforzoassiale (o di taglio) addizionale, applicato in modo taleche anche un suolo saturo a bassa permeabilità può

adattarsi completamente (interamente consolidato)alle sollecitazioni dovute agli sforzi addizionali, assialio di taglio.

Prova di compattazione (prova umidità-densità).Prova di laboratorio, nella quale un materiale (natura-le o miscela artificiale di terre), a contenuto d’acquanoto, è posto secondo date procedure entro un cilin-dro di dimensioni specificate, è sottoposto ad un’azio-ne di compattamento di intensità controllata ed allasuccessiva determinazione del peso di volume (γ)risultante. La procedura è ripetuta per diversi conte-nuti d’acqua (w) in numero sufficiente da stabilire unarelazione tra w e γ.

Prova di compressione semplice (o a espansionelaterale libera, ELL). Prova nella quale un campionecilindrico o prismatico di terreno è sottoposto a com-pressione assiale, senza confinamento, per la deter-minazione della resistenza alla compressione sempli-ce (o non confinata, qu,v.).

Prova di consolidazione. Prova in cui un campione diterra, lateralmente confinato, viene compresso tra duepiastre porose che consentono l’espulsione dell’acquainterstiziale; la prova misura l’entità e la velocità dellaconsolidazione.

Prova di taglio diretto. Prova per la misura della resi-stenza al taglio, in cui un campione sottoposto a cari-co normale è sollecitato sino a rottura mediante ilmovimento relativo di una delle due sezioni della checontiene il campione.

Prova di taglio torsionale. Prova in cui un campionecilindrico di terreno, generalmente confinato tra anelli,è sottoposto a carico assiale e a un taglio torsionale(shear ring). (v. anche scissometro).

Prova di taglio triassiale. Prova in cui un campione cilin-drico di terreno, racchiuso in una membrana imper-meabile, è sottoposto a tensione di confinamento equindi a tensione assiale, sino a rottura.

Prova non consolidata non drenata (prova rapida)U.U.. Prova in cui il contenuto d’acqua del campionerimane praticamente immutato, ossia non si ha dissi-pazione della pressione neutra, durante l’applicazionedella pressione di confinamento e della forza addizio-nale, assiale o di taglio.

Qqu Resistenza alla compressione semplice. Carico per

unità di superficie che provoca la rottura di un campio-ne cilindrico o prismatico di terreno in una prova dicompressione semplice.

Quick condition. Condizione in cui l’acqua fluisce versol’alto con velocità sufficiente (gradiente idraulico criti-co, v.) da ridurre in modo significativo la capacità por-tante di un terreno incoerente, per la riduzione delletensioni intergranulari o efficaci.

Quiescente (frana). Frana attualmente non soggetta amovimento di rimobilitazione totale negli ultimi ciclistagionali.

RRaggio di influenza (di un pozzo). Distanza dal centro

del pozzo del più vicino punto in cui la superficie pie-zometrica non viene abbassata quando il pompaggio

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ha prodotto la massima portata costante; raggio delcono di depressione corrispondente alla massima por-tata costante del pozzo.

Regola dei filtri (o regola di Terzaghi). Il materiale iner-te di riempimento di una trincea drenante deve drena-re l’acqua senza trasportare il solido rispettando lacosiddetta “regola dei filtri” per evitare l’intasamentoprogressivo del materiale drenante. Deve essere sod-disfatta la disequazione: 5d15 ≤ D15 ≤ 5d85. Con D(materiale drenante), d (terreno in sito).

Regolite (eluvium). Terra residuale di copertura prodottadalla degradazione chimico-fisica della roccia. Il colo-re indica diversi gradi di degradazione.

Relazione geologica. La relazione geologica di progettodeve riportare i metodi e i risultati dell’indagine, esau-rientemente esposti e commentati, finalizzati alla rico-struzione del modello geologico di riferimento proget-tuale e dovrà essere corredata da adeguati elaboratigrafici (carte, mappe, sezioni geologiche, planimetrie,profili, logs, grafici, etc) per rappresentare nel maggiordettaglio gli specifici tematismi con gli aspetti significa-tivi di pericolosità geologica di sito e territoriale emer-si. I metodi e le tecniche di studio, l’approfondimento eil dettaglio delle analisi e delle indagini devono esserecommisurati alla complessità geologica del sito, allefinalità progettuali e alle peculiarità dello scenario ter-ritoriale ed ambientale in cui si opera. Il tutto finalizza-to all’analisi qualitativo-quantitativa delle fasi proget-tuali. Gli elaborati grafici saranno rappresentati inscala grafica conforme al dettaglio degli studi eseguitie al livello del progetto (preliminare, definitivo, esecu-tivo). Allo stesso modo la relazione sarà accompagna-ta dalla documentazione delle indagini appositamenteeffettuate e di quelle derivate dalla letteratura tecnico-scientifica e/o da precedenti lavori, programmati e cali-brati in funzione della complessità geologica e del tipodell’opera o intervento. Il capoverso 8 del paragrafoC6.2 introduce il nuovo concetto di “affidabilità” delmodello geologico di riferimento, sottolineando lanecessità di evidenziare eventuali incertezze e inde-terminazioni che possono risultare significative ai finidelle scelte progettuali. In funzione del livello di atten-dibilità raggiunto, congruamente con le risultanze dellamodellazione geotecnica, potrà essere necessarioprevedere un sistema di misure e controlli - Piano dimonitoraggio - del complesso opera-terreno durante edopo la costruzione al fine di verificare le previsioni edefinire eventuali varianti progettuali sulla base deinuovi riscontri. Il Piano dovrà essere definito e illustra-to nella relazione geotecnica. Quando malgrado l’ade-guatezza della campagna delle indagini geognostiche,il livello di affidabilità geologica e geotecnica emersadai corrispondenti modelli comporta notevoli incertez-ze sul comportamento di resistenza meccanica edeformazionale per la definitiva scelta delle soluzioniprogettuali, il “pool” dei progettisti (e il Committente)potranno prevedere in ultima “ratio” l’applicazione del“metodo osservazionale” (Observational Method) o didimensionamento interattivo. Questo prevede ancorapiù severi e specialistici sistemi di controllo e monito-raggio, soprattutto nella fase costruttiva iniziale (lavoridi scavo) dalle cui risultanze dovrà emergere l’adozio-ne di una delle soluzioni progettuali alternative previ-ste dai progettisti, qualora vengano raggiunti i fissatilimiti di accettabilità delle grandezze geotecniche rap-presentative.

Relazione geotecnica. La relazione geotecnica deveriportare in funzione del tipo di opera e/o d’interventoil programma delle indagini di secondo livello chedevono riguardare il volume significativo di terrenoinfluenzato direttamente o indirettamente dalla costru-zione del manufatto e che influenza il manufatto stes-so (3.2.2-comma 2) e che devono permettere la defi-nizione del modello geotecnico del sottosuolo neces-sario alla progettazione. Con tale modello s’intende laricostruzione di uno schema rappresentativo dellastratigrafia, del regime delle pressioni neutre e dellacaratterizzazione fisico-meccanica dei terreni e/orocce che costituiscono il volume significativo.

Resistenza alla compressione semplice. (v. qu).

Resistenza al taglio, T (F.L–2). La massima resistenza diun suolo a sforzi di taglio (v.); R. di picco: valore mas-simo di resistenza al t. ottenuto nel grafico sforzi-defor-mazioni per piccole deformazioni del campione; R.residua o ultima: valore di resistenza al taglio relativoa grandi deformazioni del campione.

Rete di flusso (o di deflusso). Rappresentazione grafi-ca di linee di flusso e linee equipotenziali (v.), utilizza-ta nello studio di fenomeni di filtrazione.

Rigidezza del terreno (o rigidità). Rapporto tra sollecita-zione e deformazione. La rigidezza è la resistenzache oppone un corpo alla deformazione elastica pro-vocata da una forza applicata. Essa è una proprietàestensiva del materiale, e cioè dipende dalla quantitàdi materiale. In generale si dovrebbe usare il terminerigidezza quando si parla di una struttura, di rigiditàquando si parla di un materiale. Altra definizione chederiva dalla progettazione delle pavimentazioni: Resi-stenza che si oppone all’affondamento di una piastrao di una fondazione. Sin.: rigidità, incompressibilità.Per la determinazione della rigidezza di un terrenoper il dimensionamento delle fondazioni superficiali epavimentazioni per l’interazione struttura-terreno sipuò far riferimento alla determinazione del modulo direazione di sottofondo (coefficiente di Winkler) K =ΔP / Δδ o al del modulo di deformazione del sottofon-do Md che fa riferimento ad una prova su piastra didiametro D=300mm: Md = ΔP / Δδ X D. La rigidezzaa bassi livelli deformativi si può caratterizzare conprove sismiche. La rigidezza a medi livelli deformativia mezzo di prove in situ statiche (es. CPT, dilatome-triche etc). La rigidezza ad alti livelli deformativi inlaboratorio.

Rigidezza a bassi livelli deformativi. Si consideranoquelli provenienti da metodi dinamici geofisici, a bassilivelli di energia, che implicano conseguentementebassi livelli di deformazione γ < 5x10-3%.

Rigidezza a medi livelli deformativi. Si consideranoquelli provenienti da prove in situ, a medi livelli di ener-gia,che implicano medi livelli di deformazione 10-3 < γ< 10-1%.

Rigidezza ad alti livelli deformativi. Si considerano nor-malmente quelli provenienti da prove di laboratorio, avari livelli di energia,che implicano più ampi livelli dideformazione 10-2 < γ < 10+1%. Si ricorda che i terre-moti hanno livelli deformativi γ(%) compresi nel campo10-3÷10-0,5.

Rigidità di una fondazione. Caratteristica di una fonda-zione superficiale la cui base rimane piana quando siabbassa, cede.

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Rigonfiamento (heave). Movimento prevalentementediretto verso l’alto del suolo, causato da espansione, ospostamento risultante da fenomeni come assorbi-mento d’acqua, rimozione di carico, infissione di pali,gelo ecc.

Rilievi di geologia strutturale. I rilievi di geologia strut-turale, guidati nelle fasi iniziali dai risultati del telerile-vamento e dalla consultazione della bibliografia, sonofinalizzati alla ricostruzione della struttura e della atti-vità tettonica dei terreni esaminati. Il rilievo si propo-ne quindi di riconoscere e studiare tutti gli elementicostitutivi della struttura (pieghe, lineazioni, clivaggio,diaclasi, faglie etc) giungendo fino all’analisi geome-trica delle deformazioni duttili e non, riconoscendo leassociazioni di elementi strutturali e definendo la suc-cessione cronologica, relativa e/o assoluta dei variprocessi tettonici, con la produzione di una appositacartografia tematica che si esamina in sovrapposizio-ne a quella derivata dai rilievi litostratigrafici. Tale rilie-vo si applica nelle zone montuose ed eventualmentecollinari, dove comunque esistano affioramenti roc-ciosi rappresentativi ed è particolarmente necessarionel caso il progetto includa corpi sotterranei quali gal-lerie, ambienti commerciali, parcheggi sotterraneietc, sia agli effetti della previsione dei problemi e deimetodi di scavo in vanzamento che per la valutazio-ne degli aspetti idrogeologici negli ammassi rocciosi.Il rilievo è inoltre indispensabile per definire sullabase della cronologia dei vari eventi tettonici qualipossano risultare maggiormente pericolosi agli effettisismici, nell’ambito di una valutazione delle caratteri-stiche del grado di sismicità locale o di costruzione diuna carta di zonazione sismica. Agli effetti della pre-visione del comportamento sismico di una zona,assume particolare importanza il fatto che i rilievi digeologia strutturale considerino con attenzione gliaspetti di neotettonica.

Rilievi geologici di superficie (o rilevamento geologi-co). I rilievi geologici di superficie (rilevamento geolo-gico) rappresentano una delle primarie, peculiari especifiche caratteristiche della formazione professio-nale del geologo, essi devono supportare e precederele operazioni di campagna geognostiche e geotecni-che e, nei lavori di staff progettuale essere pianificatidal geologo responsabile del coordinamento tecnicodopo avere esaminato i risultati della consultazionebibliografica, d’archivio, di database, del telerileva-mento e delle foto aeree. I rilievi devono comprendereun areale significativamente esteso ai fini della perico-losità e instabilità di versante (sito geologico di proget-to), di ampiezza tale da includere tutti i fenomeni ditipo geologico in senso lato che possano condizionarela sicurezza della progettazione e dovranno in ognicaso essere integrati e completati da indagini in situ. Irilievi possono essere schematicamente suddivisinelle seguenti categorie geologiche: rilievi geologicis.s., rilievi geomorfologici, rilievi di geologia strutturale,rilievi idrogeologici, rilievi geomeccanici, rilievo delleproblematiche ambientali (eventuali cave abbandona-te, individuazione siti di discarica, e valutazione dellacontaminazione ai fini del reimpiego del materiale discavo, dello stoccaggio provvisorio dei materiali desti-nati ad essere riutilizzati.

Rilievi geologici s.s. I rilievi geologici e stratimetrici con-sentono il riconoscimento e la verifica diretta dei terre-ni affioranti attraverso l’esame del campionamento e la

successiva rappresentazione cartografica delle forma-zioni litostratigrafiche con la definizione dei rapportistratigrafici esistenti (successione stratigrafica) tra ivari corpi geologici, rilevamento e misura di spessori(apparenti e reali), direzione, immersione e pendenzadegli starti sedimentari), individuazione, classificazio-ne dei confini (limiti) tra le formazioni presenti e lororappresentazione in pianta. Seguono le operazioni dilaboratorio di interpolazione o estrapolazione geome-trica dei confini, misura e verifica delle costanti geo-metriche dei confini stessi riconducibili a superficipiane, sezioni geologiche, ricostruzione strutturale,rappresentazione 3D di situazioni schematizzate inpianta, ricerche specialistiche e rappresentazioneinformatizzata con l’uso di software dedicati. Rileva-mento di rocce magmatiche e metamorfiche.

Rilievi geomeccanici. I rilievi geomeccanici, vengonoubicati in corrispondenza di zone con specifici proble-mi di progettazione, come di stabilità di versanti o difronti di scavo in roccia, o comunque dove interessidefinire le caratteristiche dell’ammasso roccioso concriteri tali da permettere l’ingresso in sistemi di clas-sificazione geomeccanica (RMR, SMR, RMQ, “Q-System” SGI etc.). Il rilievo descrive le caratteristichedell’ammasso roccioso come somma dei contributidelle proprietà della roccia costituente e dei piani didivisibilità, alla scala dell’affioramento, valuatndo intermini semiquantitativi i parametri dei giunti (fre-quenza, spaziatura, apertura, riempimenti, rugosità,persistenza, forma, resistenza delle pareti etc) eintermini quantitativi quelli della roccia (resistenza acompressione, direttamente o indirettamente), consi-derando anche la presenza o meno di acqua.Saràinoltre prodotta apposita cartografia con caratterizza-zione litologico-tecnica delle formazioni affioranti,suddivise in: rocce rigide® suddivise in Massicce liti-che (R1), stratificate (R2) e fissili (R3); complessi acomportamento composito (S) a loro volta suddivisiin rocce semicoerenti (SS), alternanze di litotipi a dif-ferente comportamento meccanico (St) e complessistrutturalmente caotici (SC); terreni a comportamentogranulare (G) a loro volta suddivisi in depositi marini(GP), depositi alluvionali (GA), depositi morenici(GM) e depositi eterogenei di varia origine (GV); ter-reni coesivi, a comportamento plastico, (P); terreniorganici (T).

Rilievi geomorfologici. I rilievi geomorfologici da ese-guirsi contestualmente a quelli geologici, richiedonoun approfondito esame della superficie del terreno peril riconoscimento e la rappresentazione cartografica ditutti gli elementi. Con particolare attenzione all’analisidei processi geomorfologici che per entità, velocità disviluppo, evoluzione e pericolosità, possono essereclassificati come dissesti.. Il rilievo geomorfologico alpari di quello geologico di base è da considerarsi fon-damentale anche nelle zone diverse dalle collinari emontuose, in quanto anche zone pianeggiante posso-no essere interessate da processi geomorfici cheabbiano la capacità di influire sulle opere da progetta-re (ad es. problemi di erosione fluviale, di alluviona-mento, di esondazione, erosione sotterranea da carsi-smo e/o antropica etc. Principi e metodi di fotointerpre-tazione per il riconoscimento e misura delle grandez-ze geomorfologiche..

Rilievi idrogeologici. I rilievi idrogeologici integrano i datidei rilievi litostratigrafici e, di geologia strutturale con la

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raccolta di tutte le informazioni relative ai punti diacqua, quali pozzi, sorgenti, fontanili e simili. I rilieviidrogeologici permettono anche di raccogliere infor-mazioni traducibili in elaborati che rappresentino ladistribuzione areale dei terreni in funzione delle lorocaratteristiche di permeabilità superficiale ed hanno loscopo di definire la presenza e le modalità della circo-lazione idrica sotterranea, anche in rapporto all’idro-grafia superficiale. Il rilievo idrogeologico assume par-ticolare importanza nel caso delle trincee profonde,delle gallerie, che hanno maggiori capacità d’interfe-renza potenziale con l’idrologia sotterranea.

Risalita capillare (hc). Altezza al di sopra della superficiepiezometrica, a cui l’acqua risale per l’azione dellacapillarità.

Risonanza. Fenomeno caratteristico della dinamica chesi verifica quando la frequenza fondamentale di uncorpo è prossima alle frequenze caratteristiche del-l’eccitazione a cui esso è sottoposto. In tali condizionie in assenza di smorzamento l’ampiezza del mototende a crescere indefinitamente.

Risposta sismica locale (RSL). Vedi amplificazionelocale.

Ritiro lineare, Ls. Diminuzione in una direzione di unamassa di terreno, espressa come percentuale delladimensione originale, quando il contenuto d’acqua èridotto da un dato valore al limite di ritiro. Ritiro volu-metrico Vs: diminuzione in volume, in percentuale delvolume secco, di un campione di terreno quando ilcontenuto d’acqua è ridotto da una data percentualesino al limite di ritiro.

Roccia (roccia in posto o ammasso roccioso). Aggre-gato naturale di granuli o minerali legati da elevatacoesione, che non viene perduta anche dopo essicca-mento e prolungata immersione in acqua; caratteriz-zata da valori elevati delle resistenze meccaniche edei moduli elastici.

Rottura progressiva. Rottura che si propaga gradual-mente in una zona localizzata sull’intera superficie dirottura (scorrimento) a seguito di una ridistribuzionedelle tensioni.

SScalzamento (delle fondazioni). Effetti di erosione su fon-

dazioni superficiali da parte di acque di scorrimentosuperficiale (6.4.2 NTC).

S.C.I.A.. Segnalazione Certificata Inizio Attività.

Scorrimento. Superamento della resistenza al taglio deiterreni (granulari e coesivi) lungo una o più superfici dineoformazione o preesistenti.

Sforzo (Sollecitazione, tensione, stress). Forza per unitàdi superficie che agisce su una superficie all’interno diun corpo. Per caratterizzare completamente lo stato disollecitazione in un punto sono richiesti sei valori: trecomponenti normali e tre componenti di taglio.

Sforzo di taglio (shear stress). Componente di sollecita-zione parallela ad una data superficie risultante dalleforze applicate parallelamente alla superficie o da forzeremote trasmesse attraverso le rocce circostanti.

Sifonamento. Instabilità idrodinamica in terre granulari,generalmente sabbie e limi, prodotta da pressione difiltrazione.

Silt (limo). Materiale passante al vaglio n. 200 U.S. Stan-dard (0,075 mm) e con dimensioni superiori a 0,002mm, non plastico o a moderata plasticità, con resisten-za alla compressione semplice ridotta o nulla se allostato secco (essiccazione all’aria).

Siting (studio di ). Processo per la scelta di un posto peruno specifico uso.

Snervamento plastico. Perdita di resistenza ultima tipicadei materiali duttili come il cemento armato.

Softening (Rammollimento). v. Ammollimento.

Soil creep (o reptazione). Minuti spostamenti delle parti-celle di suolo in direzioni varie che in definitiva si ritro-vano unificati secondo la pendenza e gravità. Dovutialle cicliche escursioni termiche, all’imbibizione e dis-seccamento, alla circolazione dell’acqua nel terrenocorticale, al gelo e disgelo, a bioturbazioni.

Soliflusso. Movimento lento e discontinuo di porzionisuperficiali di versante rese plastiche o molto viscose;il fenomeno si verifica anche con pendenze modestedel versante per spessori dell’ordine del metro.

Sollecitazione. Sforzo (forza normale, di taglio, momen-to) che si esercita per effetto di azioni su una sezionedel terreno.

Sovraconsolidato. Terreno che è stato sottoposto ad unapressione efficace maggiore del carico litostaticoattuale.

Spettro. Curva che mostra la risposta massima di uninsieme di oscillatori semplici armonici, smorzati difrequenze naturali differenti a una particolare registra-zione dell’accelerazione al suolo di un terremoto. Glispettri di risposta possono mostrare l’accelerazione, lapseudovelocità o lo spostamento relativo dell’oscilla-tore in funzione della frequenza (dell’oscillatore)propria per vari livelli di smorzamento. Nelle applica-zioni ingegneristiche frequentemente si rappresenta lospettro di pseudo accelerazione, che è abbastanzavicino a quello di accelerazione e consente di stimarecorrettamente gli spostamenti relativi della strutturarispetto alla base, quindi le sollecitazioni.

Spinta della terra. Pressione o forza esercitata da unaterra su ogni piano che la delimita; spinta attiva, pA: ilvalore minimo della spinta della terra; questa condizio-ne esiste quando si lascia dilatare la terra in modo chela resistenza al taglio lungo una superficie di rotturapotenziale sia interamente mobilitata (v. coefficiente dispinta attiva); spinta a riposo, p0: il valore della spintadella terra quando la massa di terreno è nel suo statonaturale, cioè senza dilatazione o compressione; spin-ta (resistenza) passiva, pp: il valore massimo dellaspinta della terra; questa condizione esiste quando sicomprime una massa di terra in modo che la resisten-za al taglio lungo una superficie di rottura potenzialesia interamente mobilitata (v. coefficiente di spintapassiva). Dimensione fisica: (F.L–2).

Spostamento orizzontale (dg). Il massimo valore dellospostamento previsto in progetto in funzione dellacategoria di sottosuolo, delle condizioni topografiche(soil factor) e dei periodi TC e TD (3.2.3.3).

Standard Penetration Test (SPT). Numero di colpi di unamassa battente di peso standard, cadente da una pre-fissata altezza, necessari per produrre una data pene-trazione nel terreno di un’asta con punta o di un cam-pionatore di dimensioni date.

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Stato limite di esercizio (SLE). Un qualsiasi stato, anchedi danneggiamento locale (ad es. eccessiva fessura-zione del calcestruzzo), di eccessive deformazioni o distato limite tensionale, che possa compromettere l’uti-lizzo della struttura, al di là del quale non sono più sod-disfatte le prestazioni necessarie per il corretto funzio-namento in esercizio della struttura, anche in termini didurabilità o aspetto.

Stato limite ultimo(SLU). Raggiungimento del meccani-smo di collasso nelle strutture.

Strato. Struttura primaria fondamentale delle rocce sedi-mentarie compresa tra due superfici approssimativa-mente parallele che corrispondono a discontinuitàsedimentarie o a bruschi cambiamenti delle condizio-ni ambientali locali.

Studio geologico. Viene definito nel capitolo 6.3 sullastabilità dei pendii naturali (NTC08). Si descrive l’origi-ne e la natura dei terreni e delle rocce, il loro assettostratigrafico e tettonico-strutturale, i caratteri e i feno-meni geomorfologici e la loro prevedibile evoluzionenel tempo, lo schema della circolazione idrica nel sot-tosuolo.. Tecniche di studio, rilievi e indagini devonoessere commisurati all’estensione dell’area, alle finali-tà progettuali e alle caratteristiche dello scenario terri-toriale ed ambientale in cui si realizza il progetto.

Substrato geologico (v. anche bedrock). Roccia gene-ralmente compatta, non alterata, che costituisce labase di rocce meno compatte o alterate o di sedimen-ti sciolti (terreni di copertura). Le rocce che formanola superficie terrestre sono continuamente sottopostea degradazione atmosferica, con modalità e rapiditàdiverse in funzione del clima, del tipo di roccia, del-l’acclività del terreno e così via. I prodotti dell’altera-zione possono essere asportati dall’erosione peraccumularsi altrove, cosicché la roccia affiora pratica-mente “allo stato originale”, ma spesso rimangono inposto e danno origine a una copertura (che, in condi-zioni opportune, si trasforma in suolo). Tale coperturaè ancora più rilevante dove si accumulano detriti emateriali di frana e di alluvioni, o anche prodotti del-l’attività antropica (agricola, edilizia, di smaltimento). Imateriali di copertura sono in genere poco consolida-ti (“sciolti”) e rispetto a essi le rocce non alterate, piùo meno in profondità, sono indicate come substratogeologico. Nel caso di problemi legati alla rispostasismica locale, si tratta di una roccia competente(solitamente del Meso-cenozoico, più raramente delQuaternario) che si sviluppa in profondità per moltimetri. Caratterizzazioni geotecniche e geofisiche pos-sono verificare se un substrato geologico sia ancheun bedrock sismico.

Suffosione. (piping). Asporto di particelle granulari daparte di acqua di percolazione, che porta alla forma-zione canalicoli in ampliamento progressivo.

Superficie di faglia (o piano di faglia). Superficie di taglioche delimita ognuno dei due blocchi separati dal mani-festarsi di una faglia. Può essere totalmente levigatadall’attrito tra i due blocchi in movimento, tanto daessere chiamata “specchio di faglia”.Può conservare strie o solchi tra loro paralleli, in gene-re con profondità millimetrica, prodotti dal trascina-mento di minuscole particelle rocciose o di sporgenzee irregolarità sulle superfici dei due blocchi in movi-mento; la loro direzione geografica permette di risalirealla direzione del movimento relativo dei due blocchi

(che può essere stato orizzontale oppure più o menoobliquo, fino a coincidere con la massima pendenzadel piano di taglio), per cui strie e solchi vengonoannoverati tra gli “indicatori cinematici”.A partire dal piano di faglia e per spessori da centi-metrici a plurimetrici il blocco roccioso può risultareintensamente e minutamente fratturato, fino ad assu-mere le caratteristiche di una cataclasite o breccia difrizione.

Superficie di rottura. Superficie di taglio che si genera inun ammasso roccioso sottoposto a sforzo, quando sisuperi l’intervallo di deformazione elastica-plastica e siraggiunga il punto di rottura delle rocce coinvolte. Nelcaso di sforzi tettonici, si può avere frattura di terrenisenza spostamento delle due parti in precedenza acontatto (diaclasi), o con spostamento delle due parti(faglia). La superficie di rottura può arrivare ad affiora-re in superficie e manifestarsi come una scarpatamorfologica.

Superficie di rottura di una frana. Superficie lungo laquale si muove il corpo di una frana. La superficie puòessere un piano inclinato preesistente, quale per esem-pio una superficie di strato, o un piano neoformato.

Superficie di scorrimento (o di rottura). Luogo dei puntidel terreno nel quale il valore della risultante degli sfor-zi tangenziali agenti supera quello delle resistenze altaglio del terreno stesso.

Superficie piezometrica. Superficie dell’acqua di falda incorrispondenza della quale la pressione idrostatica èuguale a zero (o alla pressione atmosferica).

TTaglio torsionale ciclico (prova di). In questa prova si

realizzano condizioni di taglio semplice su provini cilin-drici imponendo, dopo una fase di consolidazione incondizioni isotrope o non isotrope, una coppia torcen-te variabile nel tempo con legge periodica.

Tempo di ritorno. In statistica il tempo di ritorno (TR)di un evento è il tempo medio di attesa tra il verificarsidi due eventi successivi. Il termine è utilizzato in inge-gneria idraulica, idrologia, geologia, in vulcanologiae in sismologia per valutare il grado di rarità di unevento, quindi la sua probabilità di verificarsi. Untempo di ritorno più lungo indica un evento più raro,meno probabile. Utilizzare una finestra temporalemolto ampia significa una maggiore severità e sicurez-za di calcolo, ma anche costi maggiori per le costru-zioni. L’allegato B delle NTC prevede per l’azionesismica la scelta, in funzione della verifica allo Statolimite considerato, tra nove periodi di ritorno in anni(30, 50, 72, 101, 140, 201, 475, 975, 2475) ed a ogniperiodo di ritorno corrisponde una accelerazione oriz-zontale di riferimento ag.

Tensione. Sforzo esercitato su un elemento unitario disuperficie per effetto di una sollecitazione (v. anchepressione). Tensione efficace (pressione efficace, p.intergranulare), σ’, f: forza normale media per unità disuperficie, trasmessa da granulo a granulo; è lo sforzoche è nella mobilizzazione dell’attrito interno. Tensioneneutra: v. pressione neutra. Tensione normale, σ, p:componente (dello sforzo) normale ad un dato piano.Tensione principale, σ1, σ2, σ3: sforzo agente normal-mente ai tre piani principali (v.); t. principale maggiore,intermedia, minore: rispettivamente la più grande, l’in-

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termedia e la più piccola, riguardo al segno, delle ten-sioni principali. Tensione di taglio, tangenziale, τ: com-ponente della tensione, tangenziale ad un dato piano.Tensione totale, σ: forza totale agente su un elementounitario di superficie, somma della tensione efficace eneutrale (σ + σ’ + u). Tensione di preconsolidazione:massima tensione efficace alla quale una terra è statasottoposta (v. pressione di preconsolidazione). Dimen-sione fisica: (F.L–2).

Terremoto di riferimento. In uno studio di microzona-zione sismica è il moto rispetto al quale si calcolanoi fattori di amplificazione.

Terreni di copertura. Coltre costituita da sedimenti sciol-ti o roccia alterata, di spessore in genere da pochimetri a decine di metri, che ricopre una roccia compat-ta non alterata (substrato).

Terreni sismicamente instabili. Quando gli sforzi ciclicigenerati da un sisma superano la resistenza al tagliodel terreno, si deformano permanentemente produ-cendo superfici di rottura e scorrimenti al suo interno.

Terreni sismicamente stabili. Quando gli sforzi cicliciindotti da un sisma restano inferiori alla resistenza altaglio del terreno.

Terreno di fondazione. Vedi “volume geotecnico signifi-cativo”. Nella precedente normativa (DM.11.03.88)veniva definito come: “Porzione del sottosuolo in cui sirisentono significativamente gli incrementi di tensioneindotti dalla fondazione”.

Tissotropia. La capacità di un materiale di liquefazionesotto scuotimento e di ricostituzione in quiete. Proprie-tà di un materiale di divenire relativamente consisten-te in tempo breve se indisturbato, e di assumere unaconsistenza molle o di fluido ad alta viscosità se agita-to o manipolato; tale processo è reversibile.

UUnità geologica. È un volume roccioso s.l. che viene

definito mediante le caratteristiche petrografiche, lito-logiche e/o paleontologiche distintive e dominanti(facies) che lo caratterizzano.

Unità geotecnica. Insieme di rocce con le stesse carat-teristiche fisiche e meccaniche e/o che si comportaomogeneamente rispetto ad un determinato problemageotecnico.

Unità idrogeologiche. Come definizione l’unità idrogeo-logica riferisce solo sulla presenza di acque sotterra-nee. Per unità idrogeologica si intende una porzione diterritorio delimitabile per caratteristiche morfologichenella quale sono presenti uno o più (normalmentesovrapposti) acquiferi che possono anche essereIdraulicamente interconnessi.

Unità litologica. Corpo geologico (insieme di roccia acaratteri litologici abbastanza costanti) a litologiacostante.

Unità litotecniche. Possono identificarsi con una forma-zione o comprenderne più di una, ovvero parte di unao parti di più formazioni. Vengono raggruppate in baseai differenti parametri di natura tecnica che maggior-mente condizionano il comportamento dei terreni (ades. rapporto sabbia/argilla, stratificazione, intercalazio-ne, origine dei frammenti, frazione granulometrica,compattazione, etc.).

VValidazione (dei codici). Nel caso di calcoli di particola-

re importanza essi devono essere eseguiti nuova-mente da un soggetto diverso con un altro program-ma di calcolo. Bisogna eseguire comunque un con-trollo dei calcoli elaborati al computer con i risultati disemplici calcoli anche di larga massima, con metoditradizionali (Giudizio motivato di accettabilità deirisultati - 10.2).

Validazione (di un progetto). Consiste nell’attestare laconformità del progetto al documento preliminare dellaprogettazione e alla normativa vigente a seguito delleverifiche effettuate e delle eventuali correzioni ed inte-grazioni ritenute necessarie dal RUP (ResponsabileUnico del Progetto).

Valore geotecnico caratteristico. Si definisce valorecaratteristico di un’azione variabile QK il valore corri-spondente ad un frattile pari al 95% della popolazionein relazione al periodo di riferimento.

Verifiche agli Stati limite (SL). Tale metodo viene indica-to come semiprobabilistico perché consente di effet-tuare una verifica che abbia valenza probabilistica masia eseguita seguendo la metodologia utilizzata neimetodi deterministici come quello delle tensioniammissibili. Indichiamo con:S il valore della sollecita-zione agente R il valore della sollecitazione resistente.Sia S che R sono da considerasi delle variabili aleato-rie a cui si può associare una densità di probabilità. Diqueste distribuzioni assumono particolare importanza,più che i valori medi, che rappresentano il frattile infe-riore 50% delle due funzioni di densità di probabilità, iseguenti valori che vengono indicati come valoricaratteristici e contrassegnati con il pedice k:per Sun valore che abbia una bassa probabilità di esseresuperato, in particolare il frattile inferiore 95% (valoreal disotto del quale ricade il 95% dei valori aleatori): Sk

per R un valore che abbia un'alta probabilità di esseresuperato: in particolare il frattile inferiore 5% (valore aldisotto del quale ricade il 5% dei valori aleatori): Rk. Ivalori caratteristici possono essere determinati esclu-sivamente utilizzando il valore medio xm e la varianzaδ delle distribuzioni di S e R secondo la relazione: xk =xm – kδ dove k è un valore funzione della probabilitàassunta per il frattile e della legge di distribuzione ipo-tizzata per R e S. Solitamente si fa riferimento alla dis-tribuzione normale Gaussiana e in questo caso k =1,64. Nei valori caratteristici si tiene conto della valen-za probabilistica del metodo. I valori caratteristici cosìottenuti vengono sostituiti dai valori di calcolo, indicaticon il pedice d (d per design) definiti come segue:Sd:valore di calcolo che si ottiene amplificando il valorecaratteristico moltiplicandolo per il coefficiente γfRd:valore di calcolo che si ottiene riducendo il valorecaratteristico moltiplicandolo per il coefficiente 1/γm.coefficienti γf e γm vengono chiamati coefficienti parzia-li di sicurezza e tengono in conto di tutte le aleatorietàed incertezze non riprese dai valori caratteristici (es.incertezze del modello e della geometria), e sono cali-brati dalle normative in relazione al tipo di rischio ed altipo di materiale utilizzato. Successivamente si proce-de alla verifica di sicurezza espressa dalla equazioneformale: Sd ≤ Rd. La suddetta verifica di sicurezza è neiriguardi degli stati limite ultimi; le verifiche di sicurezzanei riguardi degli stati limite di esercizio si esprimonocontrollando aspetti di funzionalità e stato tensionale.

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Pertanto per uno studio di una struttura con il metododegli stati limiti per prima cosa si deve definire ilmodello per lo schema geometrico e per i carichi.Dopo aver effettuato il predimensionamento degli ele-menti strutturali, mediante l’utilizzo di modelli estrema-mente semplificati, si procede ad esaminare il com-portamento della struttura mediante l’analisi struttura-le, considerando le varie combinazione di carico previ-ste dalla normativa vigente per lo stato limite inesame. I metodi di analisi consentiti dalla normativasono l’analisi lineare (anche con eventuale ridistribu-zione) e quello non lineare enormemente più onerosonei calcoli. I risulatati dell’analisi sono le sollecitazionicaratteristiche Sk che vanno moltiplicate per il relativocoefficiente per avere il valore di calcolo o di progetto.Separatamente, noto il legame costitutivo dei materia-li, si calcola il valore caratteristico della sollecitazioneresistente della sezione Rk che successivamente vamoltiplicato per il coefficiente 1/γm. Noti i due valori dicalcolo si può procedere alla verifica come sopradescritto. Detta verifica deve essere soddisfatta in ognisezione della struttura. In merito al legame costitutivoε-σ del calcestruzzo, la normativa vigente consideraun andamento non lineare (non linearità meccanica)discostandosi così da quello lineare elastico utilizzatodalla normativa precedente per il metodo delle tensio-ni ammissibili.

Verifiche alle Tensioni Ammissibili (TA). ll metodo dicalcolo alle tensioni ammissibili è un metodo di verifi-ca strutturale di tipo deterministico. Poiché si utilizzauna legge costitutiva σ-ε del materiale lineare, la veri-fica di una sezione viene eseguita sulle tensioni (piùimmediata) e non sulle deformazioni. Fissato il valorecaratteristico del materiale (Rck per il calcestruzzo e fyk

per l'acciaio), il D.M. 16 gennaio 1996 permette di cal-colare le tensioni ammissibili del materiale:σc,amm, Tc,0

e Tc,1 per il calcestruzzo; σs,amm per l'acciaio. Da un'a-nalisi strutturale di tipo lineare (ad es. utilizzando ilmetodo degli elementi finiti) si calcolano le forzeagenti sulla struttura, da cui è possibile individuare lesezioni più sollecitate e, di conseguenza, le massimetensioni agenti su di esse. Il passo finale consiste nelverificare che la tensione massima agente sullasezione più sollecitata sia inferiore alla tensioneammissibile prestabilita, secondo le seguenti dis-eguaglianze: σmax < σamm; Tmax < Tamm. Nel metodo delletensioni ammissibili il coefficiente di sicurezza è appli-cato tutto alla resistenza. C2.7 VERIFICHE ALLETENSIONI AMMISSIBILI. In generale le NTC impon-gono di adottare, per le verifiche, il metodo agli Statilimite SL di cui al § 2.6; a tale imposizione sonoammesse alcune eccezioni finalizzate a consentire,nel caso di ridotta pericolosità sismica del sito e dicostruzioni di minore importanza sia in termini di pro-gettazione che in termini di destinazione d’uso, la tra-dizionale verifica alle tensioni ammissibili. Fanno dun-que eccezione all’imposizione citata le costruzioni ditipo 1 (VN ≤ 10 anni) e tipo 2 (50 anni < VN < 100anni) e Classe d’uso I e II, purché localizzate in sitiricadenti in Zona 4; per esse è ammesso il metodo diverifica alle tensioni ammissibili, da applicare utiliz-zando i riferimenti normativi riportati nelle NTC. Per l’i-dentificazione della zona sismica in cui ricade ciascuncomune o porzione di esso, occorre fare riferimentoalle disposizioni emanate ai sensi dell’art. 83, comma3, del DPR 6.6.2001, n. 380”.

Dalla lettura sia del contenuto § 2.7 delle NTC soprariportate, sia della relativa circolare esplicativa, piùin generale si ammette la possibilità di operare conil metodo delle “Tensioni ammissibili” quando siverificano contemporaneamente le seguenti condi-zioni:1) Opera di Tipo 1 oppure 2; 2) Classe d’Uso Ioppure II; 3) Ricade in Zona sismica S4; Il § 2.7 sta-bilisce, inoltre, che per le verifiche con il metododelle tensioni ammissibili occorrerà fare riferimentoal D.M. LL. PP. 14.02.92 per le strutture in calce-struzzo e in acciaio, al D.M. LL. PP. 20.11.87 per lestrutture in muratura e al D.M. LL. PP. 11.03.88 perle opere e i sistemi geotecnici. Ai fini pertanto del-l’applicazione del metodo delle tensioni ammissibiliva dichiarato nei documenti del progetto la VitaNominale.

Vita nominale (o utile). Per vita nominale di un'operastrutturale VN s’intende il numero di anni durante ilquale la struttura, purché soggetta alla manutenzioneordinaria, deve potere essere usata per lo scopo alquale è destinata (Tab. 2.4.I NTC 2008 (D.M.14/01/2008) e deve essere precisata nei documenti diprogetto. Le verifiche sismiche si omettono quando ladurata della Vita nominale è < 2 anni.

Volume geologico significativo (o modello geologicodi riferimento, o sito geologico di progetto). È unaporzione di terreno di estensione e profondità varia-bile tali da accludere le caratteristiche geologicheintrinseche e le condizioni evolutive di pericolosità,mirate e rappresentative del sito al contorno in rap-porto al progetto. Esso rappresenta una basilare rico-struzione 3D di tipo concettuale dalla cui conoscen-za e affidabilità dipendono in buona parte le scelteprogettuali e i livelli di sicurezza da raggiungere inbase alle prestazioni attese dall’opera e da cui dipen-de inoltre la corretta programmazione delle indaginidi secondo livello, quelle geotecniche di verifica strut-turale e di sito.

Volume geotecnico significativo. S’intende “la porzio-ne di sottosuolo influenzata direttamente e indiretta-mente dalla costruzione del manufatto e che influen-za a sua volta il manufatto stesso”. Questa definizio-ne introdotta dalle NTC08 innova e sostituisce laprecedente citata dal vecchio DM88 come “il terrenodi fondazione” rappresentato dalla “porzione del sot-tosuolo in cui l’incremento delle pressioni indottedall’intervento è > del 10% della pressione litostati-ca efficace”. L’estensione ad un volume più ampio diterreno deriva dalla necessità di verifiche allo statolimite che comprendono oltre la sicurezza dellestrutture, la sicurezza del sito geologico d’influenzaprogettuale.

Volume sismico significativo. È fissato a 30 metri sottoil piano di posa di un edificio (o dalla testa di un murodi sostegno di terreni naturali) e rappresenta il percor-so delle onde sismiche dove si produce il maggiorincremento dell’energia elastica. Se il substrato rigido(vs>800m/s) è posto ad una profondità <30m allora ilvolume significativo sismico è limitato al suo raggiun-gimento.

WWeathering. Lenti processi di alterazione e degradazione

meteorica.

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