Considerazioni Sullo Yoga

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CONSIDERAZIONI SULLO YOGA Da una intervista a Leonardo Anfolsi tenuta da Natalia Castaldini nell’Ottobre 2008

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Poche pagine sul tema dello Yoga per mettere ordine e ridare il vero significato a questa antica, gioiosa Tradizione. Questo testo è una minima parte dell'insegnamento più ampio del M° Leonardo Anfolsi.

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CONSIDERAZIONI SULLO YOGA

Da una intervista a Leonardo Anfolsi tenuta da Natalia Castaldini nell’Ottobre 2008

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Per favore, non è il caso di definire cos’è davvero lo Yoga ? C’è molta confusione a riguardo e mi chiedo se tu, che sei discendente da protagonista di tradizioni yoghiche shivaite, buddiste e bon, potresti mettere dei paletti a riguardo dello Yoga… La Tradizione è molto importante. (lunga pausa di contemplazione). …Perché lo è ? La Tradizione è qualcosa di vivo, qualcosa che avrebbe a che fare con la realizzazione EFFETTIVA dell’Origine. La “Tradizione” non è un club di gentiluomini filosofi e nemmeno di faccendieri o avventurieri: la Tradizione è una forza che vive fra esseri umani che vivono in totale intensità ora. Nella Tradizione vissuta davvero è esoterica anche la quotidianità. Invece nella tradizione fatta di parole, timbri e attestati tutto sta nelle parole e nella “speranza”. Secondo la tradizione indiana dello Yoga la Tradizione è “Sishya Guru parampara”, cioè la continuità della comunione fra Maestro e Discepolo. Una comunione che risponde a quella universale. Ma lo Yoga in senso lato, in quanto Chiave di Riconversione, non esiste solo in India ma in tutta l’Asia. E poi le Chiavi di Riconversione esistono in tutto il mondo in modi forse meno articolati ma non meno sinceri. Il senso universale della parola “Yoga” giace quindi in quello già trattato pagine fa di “Chiave di Riconversione”, cioè di metodo utile a avvicinare la Meditazione e a meglio praticarla, cioè capendo più particolari di questa esperienza.

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Come si è già detto, in alcune culture lo Spirito e la Scienza non si sono mai divise. E lo Yoga che conosciamo noi ? Lo Hata Yoga non serve per allungare i muscoli al limite massimo, ma per allungarli solo quanto basta a quella certa persona in modo che le nadi, cioè i canali dell’energia pranica, siano aperte e equilibrate per facilitare la Meditazione. Se tu mi chiedi se quello Yoga che si pratica nelle palestre – ovvero lo Hata Yoga – di questo o quel Maestro sia vero o giustificabile io non posso risponderti perché non è bene dare giudizi parziali, e quelli definitivi sono esagerati, sanno di gossip. E poi anche il più scalcinato insegnante può dare qualcosa. Essendo lo Hata Yoga moderno vieppiù formulato per l’Occidente sarebbe importante capire se questa traduzione occidentale sia almeno lontanamente EFFICACE. O se almeno qualcuno capisca a cosa serve davvero. Ho messo apposta la foto di Trailanga Swami, probabilmente il più noto Yoghin del secolo passato, per fare intendere che lo Yoga – nel suo significato reale – è molto diverso dall’esercizio da palestra che conosciamo qui in Occidente. Forse leggere attentamente e criticamente i testi tradizionali non sarebbe una cosa da “topo di biblioteca” quanto piuttosto qualcosa di utile in modo da capirci qualcosa. Un mio amico tentò di piantare uno di quei chiodi svizzeri da alpinismo molto tecnologici, uno spit, martellandolo sulla punta e cercando di fare entrare la capocchia in una fessura della roccia.

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A me piace capire da che parte ha la capocchia un chiodo se devo piantarlo, e dove va piantato (gli spit sono autopeforanti) altrimenti rischio di non riuscire a usarlo per come e per ciò che è. Ma chi ha cuore da seguace non ce la fa e pende dalle labbra di chi gli incute rispetto. Per chi sa qualcosa della Tradizione orientale posso aggiungere che lo Yoga ha due lignaggi storici di provenienza che scorrono paralleli - Quello derivante dalla Tradizione del Tantra - E quello derivante dalla Tradizione Shamkya

Quindi: lo Hata Yoga è solo una parte minima di ciò che è per la Tradizione lo Yoga che è composto da molte parti, Yama, Niyama, Prathyara ecc. oltre che dallo Hata.

I testi classici che trattano estesamente dello Hata Yoga, pur in mezzo ad altri aspetti dello Yoga, sono - Yogasutra - HataYogapradipika - Gheranda Samhita - Shiva Samhita

Per il resto abbiamo esercizi Hata Yoga sparsi qua e là, per esempio anche nel buddhismo del Tibet e nel tantrismo cashmiro. E che significato ha la parola Hata ? Significa volontà che unifica gli estremi. Hata vuole dire determinazione e le due sillabe che lo compongono – ha e ta – stanno per i due canali destro e sinistro, solare e lunare. Questi due canali vanno unificati nel Canale centrale in modo che la respirazione sia elettrificata e legata al prana e non soltanto fisiologicamente ancorata all’inspirazione e espirazione polmonari. La respirazione legata al prana è facilitata a cogliere, appunto, l’intensità della determinazione spirituale e gli influssi dello Spirito.

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Tu volevi chiedermi se ha senso fare uno Hata Yoga sportivo oppure in una sauna a 45° ? Forse queste cose “fanno bene”. Ma lo Yoga riguarderebbe la Meditazione o no che si produce. Perché lo Yoga, per la verità, non è contorsionismo né fitness e questo una persona matura, prima o poi, può capirlo smettendo di essere competitivo benché minimamente con gli insegnanti o con gli altri allievi. Che lo Yoga - anche lo Hata Yoga - riguardi come scopo finale la Meditazione lo si capisce sapendo l’importanza che chakra (centri d’energia), nadi (canali interni dell’energia) e bindu (cursori del’energia) hanno nella pratica dello Yoga. Come ho detto la apertura dei canali-nadi, che è la prima ragione dello Yoga, serve per facilitare la Meditazione. Per essere chiari: supponiamo che riesci a fare un movimento a pinza col corpo e toccarti i piedi tenendo le gambe diritte e la testa all’in giù; in questo caso giungi a stimolare una apertura ulteriore delle tue nadi dato che, tendendo il corpo quasi al massimo, faciliti la apertura delle nadi e quindi la Meditazione dato che questa, energeticamente, si attua anche attraverso le nadi. E ci riesci anche se non raggiungi la punta dei piedi. Facciamo un esempio: ti è capitato mai di avere uno spasmo e, spontaneamente, di distendere la parte contratta e inspirare trattenendo per un po’ il fiato ? Non solo blocchi con le corde vocali il fiato e spingi giù il diaframma per sentire meno dolore (uuuhn!) ma anche così fluidifichi i canali nadi in modo che la energia possa scorrere ancora bene. È una sorta di autoguarigione spontanea. Le nadi scorrono per tutto il corpo e veicolano dal piano sottile sia il livello psichico-visionario(che si muove per le nadi

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propriamente dette e i chakra), che quello elettrico-nervoso (che si muove sui meridiani), come anche quello fisico-sanguigno-tendineo. Da questo puoi anche capire che non può esistere una “ginnastica per i chakra”: è roba da americani. Puoi capire invece che respirazioni, posizioni, e concentrazione assieme possono, sì, condizionare la riscoperta attiva dei chakra. Ripeto: la apertura delle nadi, cioè dei canali energetici, è la prima ragione dello Yoga, questo accade ai fini della Meditazione e – tornando all’esempio della “pinza”, ciò funziona ugualmente sia che qualcuno riesca a tenere dritte completamente le gambe toccandosi i piedi oppure no. Il prodotto non sarebbe la elasticità fisica – equivoco coltivato anche da certi moderni contorsionisti indiani – ma una facilitazione per la Meditazione. Questo ripetono da migliaia di anni gli Yoghin veri… Gli altri non ho ben capito cosa fanno e non mi interessa, auguro loro buona fortuna e ai loro allievi occidentali di non finire, come accade spesso, frustrati e presi in giro. Del resto: che colpa hanno degli indiani che esportano lo Yoga in un mondo dove le persone sono spesso competitive, frustrate e salutiste ? Al di là del bisogno di vendere gadgets o seminari, l’approfondimento interiore non avviene perché sai fare bene una asana o un bhanda, ma perché perfezioni la tua Meditazione: e questo l’ha detto Patanjali nei suoi Yogasutra in modo molto chiaro e reciso. Ti cito il quarto capitolo degli Yogasutra relativo a “Kaivalya”; prima ti dico che questo termine implica molti significati traducibili assieme così: kaivalya = il superamento prezioso che è lo stato individuale di risveglio. In questo capitolo quarto si dice al verso sei:

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Solo con la Meditazione

si raggiunge l'intelligenza libera dai desideri.

Quindi credetemi, anche se ho la carnagione bianca e sono nato a Bologna (ride), lo ha detto Patanjali che con le asana o il pranayama o perfino i mudra non si raggiunge Kaivalya, cioè la liberazione ! Ma se vogliamo una idea più completa del discorso che abbiamo fatto citiamo allora il secondo capitolo degli Yogasutra relativo al Sentiero 41. Dalla purezza mentale sorge gioia, potere di concentrazione, controllo dei sensi, e capacità di realizzare il Sé. 42. Con l'appagamento si raggiunge la felicità suprema. 43. L'austerità distrugge le impurità, e con l'insorgere della perfezione nel corpo e nei sensi, si risvegliano i poteri fisici e mentali. 44. L'unione con il divino avviene attraverso l’investigazione del Sé. 45. E' possibile realizzare l'illuminazione totale, arrendendosi a Dio. 46. Le posture (asana) devo essere stabili e comode. 47. Si ha padronanza sulle asana rilassandosi dallo sforzo e meditando su ciò che è illimitato. 48. Allorché‚ si ha padronanza sulle asana, si ha un arresto dei disturbi prodotti dalle dualità. …E qui si parla del respiro che da duale, cioè polmonare e relativo alle due nadi solare e lunare, diventa unico, cioè elettrico/pranico incentrandosi nel canale centrale di Rahu. Se il senso della yoga è la meditazione non capisco perché, quindi, debba essere considerata una scuola rigorosa quella di chi insegna che SOLO tenendo bene le manine durante una certa posizione

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yoga si accederebbe a un più alto stato di coscienza: dal punto di vista della Tradizione Yoga è una palese menzogna. I miei Maestri – che non erano solo “insegnanti” – mi hanno sempre fatto capire di non menarla tanto con le asana, cioè di alzare il braccio e poi abbassare il braccio, senza darsi strane arie e senza tendersi come corde di violino. Alcune posizioni-asana necessitano di un preciso movimento all’inizio o alla fine del gesto, ma per lo più il clou della questione e il momento in cui si crea quella certa “tensione fisica” della asana che tuttavia Patanjali ci dice debba essere COMODA. Quindi massacrarsi con le asana non ha senso e, in genere, che una asana inizi così o cosà non ha senso per lo Yoga. Sono cose rigorose per chi non ha altro da fare e si vuole diplomare in Hata Yoga. Il che, celiando ma non troppo, equivarrebbe per un infermiere a diplomarsi solo per fare le iniezioni. Siccome la questione è giungere con lo Hata Yoga alla Meditazione non servono atteggiamenti “spirituali”, gadget particolari o particolari affiliazioni. Uno va da un Maestro o in una palestra perché gli piace questo o quella: dov’è in ciò il “rigore” ? Ma questo non sarebbe abbastanza scenico cioè, per gli anglosassoni, non apparirebbe “rigoroso”. Loro chiamano “rigoroso” ciò che evoca una precisa teatralità o, meglio ancora, qualcosa il più possibile simile a un movimento meccanico. Aveva ragione Gurdjieff a paragonare l’uomo a una macchina, come piace questo a chi beve integratori salini con la bottiglia simile a quella dell’olio per motori ! Gli piace eccome anche se non se lo vuole sentirselo dire. Ma il marketing è spietato e cambia, e quello che trenta anni fa erano gadgets e immagini “mistiche” oggi sarebbero percepite come paccottiglia esotica. Questo “rigore” è stato sempre considerato ridicolo da Baba Balnath come anche da Trailanga Swami e da tutti i Maestri.

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Rigore per loro è fondersi nell’Assoluto. E se ne stanno seminudi in riva al Gange o nel Montefeltro: non perché fa “immagine” o per dimostrare qualcosa, ma perché non gliene frega niente del mondo fatto di scuse e di gadgets mentr gli importa e molto assaporare ciò che c’É come è. Quali sono, allora, le Chiavi di Riconversione fondanti dello Yoga … Cioè - scusa - dello Hata Yoga !? Non serve ora parlare delle chiavi superiori: il passaggio più importante è quello che ci porta da Simhasana a Uddhyana Bhanda, e da questo a Kumbhaka, al vaso. E come ho già detto si usano varie tecniche del pranayama, oppure solo quelle che ho detto se ci si siesce. E poi, dopo ciò, si dipartono varie strade che, comunque, vanno tutte capite. Riassumendo: nello Hata Yoga le asana (posizioni), e i bandha (legamenti), facilitano il pranayama (respirazioni) che è utile con i mudra (atti o sigilli dell’Esperienza) per giungere a Dharana (concentrazione continuata), poi a Dhyana (Meditazione) e quindi a Samadhi (Unione con l’Origine). E poi ci sono varie strade superiori come l’uso del suono che si percepisce nel chakra del Cuore o il Kechari Mudra, o il Vajroli Mudra, oppure altre strade che nei testi tradizionali dello Yoga sono evocate da frasi quali “forare il Sole”, parole che hanno un significato molto preciso eppure nascosto, che solo l’iniziato che giunge a quel punto o che ha un Maestro Autentico può capire. Hai aggiunto qualcosa, tu, allo Hata Yoga ? No. Però quando insegno lo integro in alcuni casi con qualche tecnica tibetana o cinese se mi servono per facilitare qualcuno.

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Nella tradizione zen questa raccolta di Chiavi di Riconversione viene definito Naikan, cioè “alchimia esterna”. Quando insegno Yoga ho una sensazione globale di cosa le persone mi chiedono, di cosa hanno singolarmente bisogno. Resto in contatto di respiro con loro, sono dentro al mio Vaso. Per me lo Hata Yoga serve per l’apertura delle nadi, si è già detto, e quindi la attenzione ginnica al respiro non mi interessa: tutto questo “iiiinnn-spiiira e eees-piiiira” tipico dello Yoga in Occidente posso capire che nei primi tempi sia utile. Ma a me e a chi pratica con me non serve. Praticando Hata Yoga, grazie alla facilitazione dell’apertura delle nadi, prima o poi accade che il respiro si sospende… e questo è molto, molto importante. Non è una “apnea” convenzionale ma, per così dire, è un galleggiamento del respiro un po’ simile alla rottura del fiato degli atleti, eppure più particolare dato che non si è creato dal concitato movimento fisico di uno sportivo ma da una “apertura” dell’energia. Infatti io insegno ai miei allievi i sintomi dell’equilibrio fra le due nadi principali, quella destra e quella sinistra, la concentrazione sulla nadi centrale che facilita la Meditazione, e la realizzazione di una particolare funzione superiore del respiro che è il “respiro dello spazio”. Allora possiamo iniziare a dire che qualcuno è uno “Yoghin” o una “Yoghini”. Ma per poterlo dire davvero dobbiamo constatare che questi abbia la Esperienza e poi la viva continuamente nell’Unione. Forse posso dire di avere aggiunto una “Scuola del Respiro” per aiutare le persone a conoscere meglio questa loro possibilità e so di avere aiutato così molte persone.

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Talvolta uso un po’ di reflessologia ma per la verità la usano anche gli Yoghin in India per prevenire, ad esempio disturbi alla prostata. Certo non si può insegnare a curarsi mangiando palettate di ghee come si fa in India fra gli Yoghin, qui il clima è differente e sono differenti le aspettative di durata della vita media… Però posso consigliare alcuni prodotti dell’alchimia Siddha. Quando formo degli allievi perché insegnino a loro volta non ho remore, quando sono pronti insegno loro tutto quello che so. Così hanno fatto con me i miei Maestri, così faccio io. È sciocco avere gelosie. Se fosse che i Maestri di Yoga e di Meditazione diventassero più numerosi dei tabaccai io sarei felice, vuole dire che questa coltivazione è entrata finalmente nella nostra cultura a beneficio di tutti. Se poi i cristiani volessero inventare il loro Yoga sarei felice: non ho nessuna preclusione. Spero il bene di tutti e lascio che lo perseguano nel modo che sentono più opportuno. Solo sarebbe bene anche preservare il vero senso delle cose, sempre a beneficio di tutti. Dato che ogni chiodo ha, comunque, la propria capocchia. Che cos’è l’Ojas – l’energia spermatico-ovarica/staminale/spirituale – che hai citato pagine or sono? È una forza interiore che va nutrita. La scienza-spirituale dello Yoga l’ha definita in modo utile: è simile al Jing del taoismo ma con una valenza un poco più spirituale. È una forza che si riesce a mantenere grazie a certi costumi e all’esercizio costante della Meditazione, e non solo alla continenza sessuale: al contempo questa forza si coltiva anche con una attività sessuale particolare in cui il piacere viene unificato alla

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beatitudine; meglio, viene rinvenuta la radice di ogni piacere nella beatitudine senza supporto. Se tu vivi la beatitudine-samadhi non hai motivo per essere felice, giusto ? Lo sei e basta, non hai bisogno di rincorrere nulla. A questo punto cosa fai ? Smetti di vivere ? No, a questo punto capisci la realtà del mondo: il tuo essere spirituale non costituisce più – assieme a altri come te – una casta, ma un momento di libertà per te e per tutti. Se ci soffermiamo sull’importanza dell’energia Kundalini dimenticando l’Ojas siamo fregati, siamo pronti per ogni equivoco possibile. Quando parliamo di energia-prana stiamo prima di tutto parlando di Ojas, perché se non la accumuliamo a sufficienza e non la facciamo vivere e scorrere in noi, l’unico prana di cui possiamo parlare è quello meramente “fisiologico”, quello che si oppone all’energia-apana componendo le due forze utili solo per respirare e espirare, inghiottire e espellere. Krishnamacharya, considerato da molti il principale fondatore dello Yoga moderno, definiva l’energia Kundalini come un fastidio: questo per dire non tutti sono d’accordo con Avalon/Woodroffe, Gopi Krishna o con Rajneesh, c’è discussione su questo punto. Ed è giusto che sia così. E la questione resta sempre l’esperienza: è inutile che ti dica che quella mia è quella vera. Vediamo piuttosto di confrontarci coi testi della Tradizione e di capire cosa accade a te, se di te stiamo trattando. Ci vuole l’occhio.

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..E so bene che tu ce l’hai. Che cosa è la maturazione dei corpi superiori di cui parlavano, per esempio, Gurdjieff e Aurobindo ? Non so se queste due persone possano essere gli esempi più calzanti, comunque la reintegrazione nella nostra matrice di luce è qualcosa di molti intimo che ci riporta nella luce originaria che sta nascosta in totale evidenza in questo nostro amato mondo. Questo è l’amore più grande. Chi si smarrisce in questa esperienza vuole raccontarla. Chi ci si libera ne tace.