CONSIDERAZIONI SULL'ARCHITETTURA DELL'ETIOPIA ANTICA

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CONSIDERAZIONI SULL'ARCHITETTURA DELL'ETIOPIA ANTICA Author(s): ANDREA MANZO Source: Rassegna di Studi Etiopici, Vol. 39 (1995), pp. 155-172 Published by: Istituto per l'Oriente C. A. Nallino Stable URL: http://www.jstor.org/stable/41299827 . Accessed: 16/08/2013 11:36 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Istituto per l'Oriente C. A. Nallino is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Rassegna di Studi Etiopici. http://www.jstor.org This content downloaded from 194.214.27.178 on Fri, 16 Aug 2013 11:36:41 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

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CONSIDERAZIONI SULL'ARCHITETTURA DELL'ETIOPIA ANTICAAuthor(s): ANDREA MANZOSource: Rassegna di Studi Etiopici, Vol. 39 (1995), pp. 155-172Published by: Istituto per l'Oriente C. A. NallinoStable URL: http://www.jstor.org/stable/41299827 .

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CONSIDERAZIONI SULL' ARCHITETTUR A DELL'ETIOPIA ANTICA

ANDREA MANZO

Secondo gli studi fino ad ora condotti, nell'architettura dell'Etiopia antica si possono nettamente distinguere, sulla base delle tecniche e de- gli stili impiegati nelle costruzioni, due grandi fasi corrispondenti alia cultura aksumita e a quella ad essa precedente

Riguardo quest' ultima fase, in particolare, si sono rilevate strin- genti somiglianze con l'architettura sudarabica 2. Tali analogie sono ben evidenti per quel che riguarda l'architettura templare, per cui si possono citare i noti esempi di Yeha3 e, probabilmente, quello, pur- troppo non ancora indagato adeguatamente, di Cascase4. Anche per quanto riguarda la tecnica e lo stile dell'unica opera idraulica attribui- bile a tale fase, la diga di Safra sull'altopiano del Cohaito 5, le corri-

1 Fr. Anfray, Les anciens Ethiopiens, Parigi 1990, pag. 104, Considerations sur quelques aspects archeologiques des relations de l'Ethiopie et l'Arabie antiques», in Y. Beyene, R. Fattovich, P. Marrassini e A. Triulzi ed., Etiopia e oltre. Studi in onore di Lanfranco Ricci, Napoli 1994, pp. 17-25.

2 Fr. Anfray, Les anciens cit., pp. 18-30, Considerations cit.». 3 Si veda D. Krencker, Deutsche Aksum-Expedition, Band II, Berlino, 1913, pp.

70-89, e, per edifici sudarabici simili, J. Schmidt, «Zur altsiidarabischen Tempelarchi- tecktur», in Deutsches Archaologisches Institut San 'a', Archaologische Berichte aus dem Yemen , Band /, Magonza 1982, pp. 161-169, «Ancient South Arabian Sacred Buil- dings^ in W. Daum ed., Yemen, Innsbruck e Francoforte 1988, pp. 78-98, G. Caton Thompson, The Tombs and the Moon Temple of Hureida (Hadramaut), The Society of Antiquaries of London, Oxford 1944, pp. 19-43. 4 G. Dainelli e O. Marinelli, Risultati scientifici di un viaggio nella Colonia Eri- trea, Firenze 1912, pp. 508-509, D. Krencker, Deutsche cit., pp. 143-144, per analoge strutture sudarabiche si veda J. Schmidt, «Bericht iiber die Yemen-Expedition 1977 des Deutschen Archaologischen Instituts», in Deutsches Archaologisches Institut San' a', Archaologische Berichte aus dem Yemen, Band I cit., pp. 123-128, « Ancient cit.».

5 G. Dainelli e O. Marinelli, Risultati cit., pag. 478, D. Krencker, Deutsche cit., pp. 148-164, per sbarramenti sudarabici assai simili si veda J. Schmidt, «Baugeschich- tliche Untersuchungen an den Bauanlagen des GroBen Dammes von Marib», in Deut- sches Archaologisches Institut San' a ', Archaologische Berichte aus dem Yemen, Band I

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spondenze con 1' Arabia meridionale erano gia state autorevolmente proposte 6.

Si noti per inciso che tali somiglianze ed analogie sono risultate confermate anche alia luce delle recenti indagini archeologiche condot- te sull'altra sponda del Mar Rosso7.

Solo gli edifici templari messi in luce ad Haulti e Melazo 8 sem- brano discostarsi dai prototipi sudarabici e potrebbero rappresentare de- gli sviluppi locali alia fine della fase di forte influenza sudarabica o, for- se, l'affermarsi di influenze provenienti dalla valle del Nilo9.

Per quanto riguarda l'architettura aksumita, si sono evidenziate si- milarity con svariate culture.

R. Paribeni ritenne la piattaforma su cui sorgeva un edifico da lui scavato ad Adulis e detto «ara del Sole» simile a quelle dei templi della Mesopotamia antica l0.

La planimetria a sporgenze e rientranze degli edifici aksumiti sug- geri analogie vicino-orientali anche agli Studiosi della Deutsche Ak- sum-Expedition 1 1 .

C. Conti Rossini sottolineo la similarita tra gli edifici a piu piani ri- prodotti dalle stele aksumite e i palazzi-torre dello Yemen e noto inoltre l'analogia della tecnica costruttiva a «teste di scimmia» etiopica con quella usata nell'Arabia meridionale in epoca medievale l2. Lo stesso studioso rilevo anche la somiglianza tra la struttura di alcune chiese ak- sumite etiopiche e quella delle chiese siriane della tarda antichita13.

Tale ipotesi fu poi confermata da U. Monneret de Villard che sot- tolineo egualmente l'esistenza di analogie con le chiese nubiane ,4.

cit., pp. 9-19, Taf. 1-10, «Die alteren Bauanlagen der Wasserwirtschaft im Wadi Dana», ibidem, pp. 20-24, Taf. 12 a.

6 C. Conti Rossini, Storia d'Etiopia, Bergamo 1928, pag. 243. 7 Cio e evidente dalla bibliografia riguardante 1' Arabia meridionale cui si e fatto

riferimento nelle precedenti note 3-5. 8 J. Leclant, «Haoulti-Melazo (1 955- 1956)», Annates d'Ethiopie, 3, 1959, pp.

83-100, H. de Contenson, «Les fouilles de Haoulti en 1959, rapport preliminaire», An- nates d'Ethiopie , 5, 1963, pp. 41-52.

9 R. Fattovich, «Remarks on the Pre-Aksumite Period in Northern Ethiopia», Journal of Ethiopian Studies, XXIII, 1990, pp. 1-33.

10 R. Paribeni, «Ricerche nel luogo dell' antica Adulis», Monumenti antichi, XVIII, 3, 1908, col. 437-572, particolarmente col. 465^74.

11 D. Krencker, Deutsche cit., pp. 100-101. 12 C. Conti Rossini, Storia cit., pp. 229-230, tale idea fu poi accettata, tra gli al-

tri, anche da E. Ullendorf, The Ethiopians, Londra 1960, pag. 160. 13 C. Conti Rossini, Storia cit., pp. 232-234. 14 U. Monneret de Villard, «L'origine dei piu antichi tipi di chiese abissine», in

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Piu recentemente Fr. Anfray ha evidenziato la sostanziale origi- nalita dell'architettura aksumita sottolineandone al contempo l'inseri- mento nel contesto del Mediterraneo tardo-antico 15. In particolare, lo studioso francese ha rilevato delle similarita riscontrate tra le tecniche costruttive di alcune parti del complesso noto come tomba di Kaleb e Gebra Masqal, l'articolazione della pianta degli edifici abitativi monu- mentali, la struttura delle chiese e analoghe tecniche e monumenti della Siria di epoca tardo romana e bizantina ,6.

S. Munro-Hay per parte sua ritiene che l'architettura aksumita sia una sintesi originale di elementi stilistici e tecnologici che proven- go dal mondo mediterraneo romano, dal Vicino Oriente, dall'Egitto, dall'India e dalla Persia 17 . Un esempio dell'ampiezza della diffusione di elementi architettonici comuni in tale vasto ambito geografico e culturale sarebbero le strutture ad archi in mattoni a ferro di cavallo rinvenute ad Aksum che trovano paragoni e riscontri dalla Spagna al- l'lndia18.

Tutte queste considerazioni erano naturalmente condizionate dalle conoscenze archeologiche dell' epoca in cui furono formulate. A tale proposito, credo che la recente esplorazione archeologica estensiva di alcuni siti dell' Arabia meridionale possa portare nuovi e rilevanti ele- menti utili alio studio della tecnologia muraria e di alcune tipologie mo- numentali aksumite, di cui e forse opportuno ricordare qui di seguito le principali caratteristiche.

Gli studi sull'architettura aksumita sono stati condotti principalmente avvalendosi della documentazione fornita da edifici di Aksum 19, Tokonda20,

Atti del 3° Congresso di studi Coloniali, vol. IV, Firenze 1937, pp. 137-151, per le so- miglianze con le chiese nubiane si veda anche W. Y. Adams, «Architectural Evolution of the Nubian Church, 500-1400 A.D.», Journal of the American Research Centre in Egypt, IV, 1965, pp. 87-139, particolarmente pp. 123-124.

15 Fr. Anfray, Les anciens cit ., pag. 104. 16 Fr. Anfray, «Deux villes axoumites: Adoulis et Matara», Quarto Congresso In-

ternazionale di studi Etiopici ( Roma 1972), Roma 1974, pp. 745-765, particolarmente pp. 761-765, Les anciens cit., pp. 95-105.

17 S.C. Munro-Hay, Excavations at Aksum, Memoir 10, British Institute in Ea- stern Africa, Londra 1989, pp. 159-167.

18 S.C. Munro-Hay, «Horse-shoe Arches in Ancient Ethiopia», Rassegna di Stu- di Etiopici, XXXIII, 1989, pp. 157-161.

19 Si veda sempre D. Krencker, Deutsche cit., pp. 107-131. 20 G. Dainelli e O. Marinelli, Risultati cit., pp. 503-504, D. Krencker, Deutsche

cit., pp. 144-148.

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Cohaito21, Matara22, Adulis23. Tali indagini hanno permesso di indaga- re principalmente edifici abitativi o di culto monumentali, mentre assai poco note sono le strutture domestiche comuni 24 .

Gli edifici monumentali sorgevano generalmente su un podio con gradoni costruiti in pietre non squadrate legate con argilla cui era confe- rita maggiore solidita da pietre angolari piu regolari. La planimetria di ta- li podii era caratterizzata da un andamento con rientranze ed aggetti, pre- senti in particolare presso gli angoli degli edifici ma anche lungo i lati25.

Riguardo la struttura generate degli edifici, si e notato come essi siano costituiti da un corpo centrale intorno a cui si dispongono altri am- bienti che in tal modo delimitano un cortile 26.

Le strutture dell'alzato degli edifici veri e propri che su tali podii dovevano ergersi non sono per il momento note da rinvenimenti archeo- logici. Delle fondate ipotesi ricostruttive sono state basate sulla decora-

21 G. Dainelli e O. Marinelli, Risultati cit., pp. 470-478, D. Krencker, Deutsche cit., pp. 148-152.

22 G. Dainelli e O. Marinelli, Risultati cit., pp. 51 1-517, D. Krencker, Deutsche cit., pp. 141-142, Fr. Anfray, «La premiere campagne de fouilles a Matara, pres de Se- nafe (novembre 1959-janvier 1960)», Annales d'Ethiopie, 5, 1963, pp. 87-112, «Mata- ra», Annales d'Ethiopie, 7, 1967, pp. 33-53, «Deux villes cit.», Fr. Anfray e G. Anne- quin, «Matara, deuxieme, troisieme et quatrieme campagnes de fouilles», Annales d'Ethiopie, 6, 1965, pp. 49-86.

23 G. Dainelli e O. Marinelli, Risultati cit., pp. 519-523, R. Panbeni, «Ricerche cit.», col. 437-572, E. Littmann (With contributions by R. Sundstrom), Preliminary Report of the Princeton University Expedition to Abyssinia», Zeitschrift fur Assyriolo- gie , XX, 1906, pp. 151-182, in particolare pp. 172-182, Fr. Anfray, «Deux villes cit.», «Chronique archeologique (1960-1964)», Annales d'Ethiopie, 6, 1965, pp. 3-26, in par- ticolare pag. 4.

24 Come nlevato da S.C. Munro-Hay, Excavations cit., pp. 161-162, tra l pochi esempi di architettura domestica umile noti si ricordano quelli di Matara, per cui si ve- da Fr. Anfray, «Deux villes cit.», pp. 754-755, Les anciens cit., pag. 121, ed Adulis, per cui si veda R. Paribeni, «Ricerche cit.», col. 511-529 e 542-546, Fr. Anfray, «Deux vil- les cit.», pp. 750-751.

25 Fr. Anfray, «Deux villes cit.», pag. 756, Les anciens cit., pp. 95-105, D. Bux- ton e D. Matthews, «The reconstruction of vanished Aksumite buildings», Rassegna di Studi Etiopici, XXV, 1971-1972, pp. 53-77, C. Conti Rossini, Storia cit., pp. 229-230, G. Dainelli e O. Marinelli, Risultati scientifici cit., pp. 529-537, D. Krencker, Deutsche cit., pp. 96-101, E. Littmann e D. Krencker, Vorbericht der Deutschen Aksumexpedi- tion, Berlino 1906, pp. 23-31.

26 Fr. Anfray, «Deux villes cit.», pag. 756, Les anciens cit., pp. 95-105, D. Krencker, Deutsche cit., pp. 107-121, E. Littmann e D. Krencker, Vorbericht cit., pp. 23-31.

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zione delle grandi stele di Aksum27 e sulle analogie con l'architettura di edifici di poco successivi all'epoca aksumita come la chiesa di Debra Damo e l'antica chiesa di Asmara28.

In relazione alle indicazioni delle stele si e ipotizzato che gli edifi- ci abitativi monumentali aksumiti potessero svilupparsi in altezza per piu di due piani. La tecnica costruttiva doveva essere quella ancora usa- ta in epoca medievale, detta «a teste di scimmia», in cui delle intelaia- ture lignee rafforzavano i muri e la testa delle travi, che attraversavano le pareti sporgendone, formava il caratteristico motivo riprodotto in pie- tra sulle grandi stele.

E verisimile che la pietra e il legno, usati non solo per l'alzato dei muri ma anche per i pilastri e le colonne che sorreggevano i piani supe- riori 29 , fossero i principali materiali utilizzati in tale tipo di strutture. Pa- re inoltre probabile che fossero impiegati anche i mattoni cotti, come quelli rinvenuti su alcuni siti aksumiti 30. La leggerezza di tale materiale doveva infatti essere apprezzata per la costruzione dei piani piu alti de- gli edifici.

Degli edifici di culto pagani nulla di certo possiamo purtroppo dire31. Le chiese aksumite condividevano con gli edifici monumentali abi-

tativi l'articolazione in aggetti e rientranze dei muri perimetrali, la fre- quente presenza del podio e, probabilmente, la tecnica muraria 32. La

27 Fr. Anfray, Les anciens cit., pp. 105-107, D. Buxton, «Athiopische Architektur im Mittelalter», in G. Gerster ed., Kirchen im Fels, Entdeckungen in Athiopien, Stoc- carda, Berlino, Colonia e Magonza 1968, pp. 51-60, D. Buxton e D. Matthews, «The re- construction cit.», D. Krencker, Deutsche cit., pp. 10-28, 107-121, E. Littmann e D. Krencker, Vorbericht cit., pp. 13-21, 23-31.

M D. Buxton, «Athiopische cit.», D. Buxton e D. Matthews, «lhe reconstruction cit.», D. Krencker, Deutsche cit., pp. 168-198, E. Littmann e D. Krencker, Vorbericht cit., pp. 31-33.

29 Fr. Anfray, «Deux villes cit.», pp. 751-756 passim, Les anciens cit., pp. 95-105, C. Conti Rossini, Storia cit., pp. 228-230, G. Dainelli e O. Marinelli, Risultati scientifici cit., pp. 532-535, D. Krencker, Deutsche cit., pp. 7-10, 101-105, E. Littmann e D. Krencker, Vorberichte cit., pp. 23-31.

30 Fr. Anfray, «Deux villes cit.», pag. 751, Les anciens cit., pp. 95-105, G. Dai- nelli e O. Marinelli, Risultati scientifici cit., pag. 532.

31 L «ara del sole» ad Adulis avrebbe potuto essere il podio di un santuano paga- no, si veda R. Paribeni, «Ricerche cit.», col. 466-472, Fr. Anfray, «Deux villes cit.», pag. 750, ma la struttura deiralzato ne resta comunque ignota, forse alcuni degli edifici con quattro colonne centrali segnalati sul Cohaito potrebbero essere templi pre-cristia- ni, si veda G. Dainelli e O. Marinelli, Risultati cit., pag. 536.

32 C. Conti Rossini, Storia cit., pp. 229-230, U. Monneret de Villard, «L'origine cit.», Fr. Anfray, «Deux villes cit.», pp. 750, 756-757, Les anciens cit., pag. 104.

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pianta di tali strutture era caratterizzata dal nartece, tre o, almeno nel ca- so della cattedrale di Aksum, dedicata a Santa Maria di Sion, cinque na- vate delimitate da pilastri o colonne, abside semicircolare o quadrato che non sporgeva dal corpo dell'edificio poiche era affiancato da altri locali o cappelle 33 .

Le caratteristiche delle tombe aksumite sono note principalmente dal sito di Aksum 34 e dalle necropoli recentemente indagate a Bieta Giyorgis 35. Naturalmente in questa sede non si prendono in considera- zione le tombe attribuibili a fasi piu antiche e riutilizzate in epoca aksu- mita, come quelle messe in luce a Matara 36.

Le tombe della fase piu antica della cultura aksumita sono sempli- ci pozzi costruiti alPinterno di strutture a piattaforma e, nella loro parte inferiore, scavati nella roccia 37. Altre tombe di fase successiva sono ca- mere cui si accedeva attraverso un pozzo verticale 38. Contemporanea- mente vennero costruite o scavate nella roccia tombe ipogee piu com- plesse 39, con numerose camere che si aprivano su corridoi disponendo- si talora in modo assai irregolare, come nella «tomba degli archi in mat- toni», o piu regolarmente, come nel ben noto «Mausoleo», sempre nel cimitero di Mai Heggia ad Aksum.

Tutte tali tombe, tranne quelle a pozzo semplice delle fasi piu an- tiche, erano adatte a inumazioni multiple di individui che probabilmen- te condividevano l'appartenenza a una famiglia o a una tribu.

Fin dalle epoche piu antiche della cultura aksumita le tombe erano

33 C. Conti Rossini, Storia cit., pp. 232-234, U. Monneret de Villard, «L'origine cit.», Fr. Anfray, «Deux villes cit.», pp. 763-764, Les anciens , pag. 104.

34 Fr. Anfray, Les anciens cit., pp. 94, 104-105, S.C. Munro-Hay, Excavations cit., pp. 55-157 passim.

35 R. Fattovich e K.A. Bard, «Scavi archeologici nella zona di Aksum. C. Ona En- da Aboi Zague (Bieta Giyorgis)», Rassegna di Studi Etiopici , XXXV, 1993, pp. 41-71, «Scavi archeologici nella zona di Aksum. E. Ona Enda Aboi Zeuge e Ona Nagast (Bie- ta Giyorgis», Rassegna di studi Etiopici, XXXVII, 1995, pp. 5-35.

36 Fr. Anfray, «Matara cit.», particolarmente pp. 33-42. 37 R. Fattovich e K.A. Bard, «Scavi archeologici nella zona di Aksum. C cit.»,

«Scavi archeologici nella zona di Aksum. E cit.». 38 Si veda ad esempio Tomba 1 a Ona Enda Aboi Zeuge, R. Fattovich e K.A.

Bard, «Scavi archeologici nella zona di Aksum. C cit.», e la tomba scavata nel campo di stele di Guedit ad Aksum, S.C. Munro-Hay, Excavations cit., pp. 142-146.

39 Per Tomba 2 a Ona Enda Aboi Zeuge si veda R. Fattovich e K.A. Bard, «Sca- vi archeologici nella zona di Aksum. E cit.», per le tombe del cimitero di Mai Heggia si veda S.C. Munro-Hay, Excavations cit., pp. 55-157, passim.

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associate a piattaforme dalle superfici o dai margini delle quali si apri- vano i pozzi o i corridoi di accesso alle strutture ipogee 40.

Sulle piattaforme, che formavano veri e propri terrazzamenti su de- clivi di rilievi naturali, erano infisse delle stele monolitiche che serviva- no da segnacolo funerario e che, ad un certo momento, assunsero carat- tere monumentale e decorazione imitante l'aspetto delle facciate dei pa- lazzi41, secondo una chiara simbologia della tomba come dimora.

Atipica appare la struttura funeraria detta Nefas Maucha42, ad Ak- sum, che consiste in una grande camera centrale costruita con un corri- doio intorno, coperta da una colossale lastra monolitica di pietra. Forse originariamente tutto tale complesso era ipogeo. La simbologia della tomba come casa e ancora evidente nella «tomba della falsa porta», for- se di poco successiva alle grandi stele, caratterizzata da una struttura ipogea con una singola camera funeraria e sovrastruttura simboleggian- te probabilmente una dimora signorile con tanto di porta d'ingresso scolpita in una lastra di pietra43.

Completamente diverse sono invece le tombe monumentali di epo- ca cristiana che erano costruite presumibilmente per un solo defunto sot- to delle piccole chiese 44.

Come per l'architettura abitativa, anche per le tombe non cono- sciamo quasi nulla delle strutture non monumentali 45.

Una tipologia monumentale probabilmente utilizzata a fini celebrati- vi ed assai diffusa nella cultura etiopica antica e senza dubbio quella dei troni, che furono eretti principalmente nella capitale del regno aksumita46.

40 R. Fattovich e K.A. Bard, «Scavi archeologici nella zona di Aksum. C cit.», «Scavi archeologici nella zona di Aksum. E cit.», S.C. Munro-Hay, Excavations cit., pp. 152-155.

41 D. Krencker, Deutsche cit., pp. 10-28, Fr. Anfray, Les anciens cit., pp. 105-107, D.W. Phillipson, «The Significance and Symbolism of Aksumite Stelae», Cambridge Archaeological Journal, IV, 2, 1994, pp. 189-210.

42 D. Krencker, Deutsche cit., pp. 94-96, Fr. Anfray, Les anciens cit., pp. 108-109, S.C. Munro-Hay, Excavations cit., pp. 116-120.

43 S.C. Munro-Hay, Excavations cit., pp. 104-113. 44 D. Krencker, Deutsche cit., pp. 127-131, Fr. Anfray, Les anciens cit., pp.

95-97, Fr. Anfray e G. Annequin, «Matara, cit.», particolarmente pp. 65-76. 45 Le sole strutture funerarie non monumentali sono forse quelle tombe «a forno»

ricordate da C. Conti Rossini, Storia cit., pag. 237, e la possibile tomba a nicchia tagliata nella roccia documentata ad Aksum da D. Krencker, Deutsche cit., pp. 69-70.

46 D. Krencker, Deutsche cit., pp. 45-64, E. Littmann e D. Krencker, Vorbericht cit., pp. 21-23.

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Che Aksum non fosse il solo centro dove esistevano troni e pero evi- dente dalla descrizione di un simile monumento da parte di Cosma Indi- copleuste nel corso della sua visita ad Adulis47. Lo schienale del trono di Adulis fungeva da supporto per un testo epigrafico in greco celebrante le vittorie di un re aksumita dei primi secoli dell'era volgare di cui purtrop- po resta lacunosa parte della titolatura insieme al nome del sovrano48.

Resti di un trono sono stati segnalati anche a Matara 49 . Non e inoltre escluso che dei troni o monumenti simili esistessero

anche nella regione di Rora Nacfa, a Die Die, in Acra, nel basso Lebca, nel Gheleb, dove sono stati descritti resti di specie di scranni in pietra50.

Un'iscrizione frammentaria in greco, eretta per volere di un sovra- no aksumita a Meroe, ricorda la costruzione di un trono, di cui forse fa- ceva parte anche l'epigrafe in questione, al termine di una vittoriosa campagna militare verso la valle del Nilo 51.

Secondo quanto desumibile dagli esempi meglio noti, quelli di Ak- sum, i troni si componevano di una base monolitica in pietra con degli appositi incavi in cui andavano inseriti lo schienale ed i braccioli even- tualmente iscritti 52. Purtroppo non sono stati condotti scavi nelle vici- nanze di simili monumenti e cio ha precluso la possibility di verificarne l'esatto contesto.

La finalita celebrativa di questi monumenti non pud essere messa in dubbio e non e escluso che fossero anche usati per cerimonie connes- se al potere regale o religiose, come accadde fino a epoca recente per i troni antistanti la cattedrale di Aksum 53.

47 Si veda il passo II, 54, W. Wolska-Conus, Cosmas Indicoplustes, Topographie Chretienne, Sources Chretiennes n° 141 , Parigi 1968, vol. I, pag. 364, la ricostruzione proposta da D. Krencker, Deutsche cit., pag. 45, e il piu recente studio di M. Della Val- le, «Una missione archeologica nel VI secolo: Cosma ad Aduli», in F. de' Maffei, C. Barsanti e A. Guiglia Guidobaldi ed., Milion. studi e ricerche d'arte bizantina, Roma 1990, pp. 343-362.

48 II testo e riportato in II, 60-63, W. Wolska-Conus, Cosmas cit., vol. I, pp. 372-378.

49 D Krencker, Deutsche cit., pag. 60. 50 C. Conti Rossini, Storia cit., pp. 242-243, G. Dainelli e O. Marinelli, Risultati

cit., pp. 527-529, D. Krencker, Deutsche cit., pag. 67. 51 T. Hagg, «A New Aksumite Inscription in Greek from Meroe», in F. Hintze ed.,

Meroitische Forschungen 1980, Meroitica 7, Berlino 1984, pp. 436-441, particolamen- te pag. 440.

52 D. Krencker, Deutsche cit., pp. 45-64. 53 C. Conti Rossini, Storia cit., pp. 242-243, U. Monneret de Villard, Aksum. Ri-

cerche di topografia generate, Analecta Orientalia 16, Roma 1938, pp. 63-68.

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CONSIDERAZIONI SULL' ARCHITETTURA DELL'ETIOPIA ANTICA 1 63

Descritti cosi i principali tipi di monumenti e le caratteristiche del- l'architettura aksumita, credo possa essere significativo confrontarli con quelli analoghi dell' Arabia meridionale.

Le nostre conoscenze sulParchitettura palaziale dell' Arabia meri- dionale sono state recentemente ampliate dagli scavi a Shabwa, antica capitale dello Hadramaut, dove si sono rinvenuti resti di palazzi presu- mibilmente di piu piani che si ergevano su podii 54. La presenza di edi- fici con piu piani nell' Arabia meridionale e attestata dalle iscrizioni 55 e trova riscontro in quanto ancora etnograficamente osservabile nello Ye- men attuale 56.

La tecnica costruttiva per l'alzato degli edifici di Shabwa vedeva l'impiego estensivo di mattoni e di intelaiature di legno con travi che at- traversavano i muri ed erano fissate ad altre travi disposte orizzontal- mente e verticalmente lungo la faccia dei muri 57 . Si noti pero che se nel- le strutture indagate a Shabwa si usava preferenzialmente il mattone, in altri esempi di edifici rinvenuti nell'area sabea si ha notizia dell'utiliz- zazione della pietra 58.

La planimetria di tali complessi era, almeno nel caso dei palazzi reali di Shabwa e Timna, caratterizzata da un ampio cortile circondato da altre costruzioni che si apriva dinnanzi alia casa-torre 59. Sempre nel-

54 J.F. Breton, «Le chateau royal de Shabwa: notes d'histoire», Syria, LXVIII, 1991, pp. 209-227, «Shabwa capitale antique du Hadramawt», Journal Asiatique, 275, 1987, pp. 13-30, C. Darles, «L' architecture civile & Shabwa», Syria, LXVIII, 1991, pp. 77-1 10, J. Seigne, «Le chateau royal de Shabwa, architecture, techniques de construc- tion et restitutions», Syria, LXVIII, 1991, pp. 111-164.

55 A. Avanzini, «Problemi storici della regione di al-Hada' nel periodo preislami- co e nuove iscrizioni», Studi Yemeniti , 1, 1985, pp. 85-109.

56 G.R.H. Wright, «Mud Building in Yemen», Deutsches Archaologisches Insti- tuts San(a' Archaologische Berichte aus dem Yemen , Band IV, Magonza 1987, pp. 203-217.

57 J.F. Breton, «Le chateau cit.», «Shabwa cit.», C. Darles, «L' architecture cit.», J. Seigne, «Le chateau cit.».

58 A. de Maigret, « Archaeological survey on the Wad! Yala antiquities», in A. de Maigret ed., The Sabean Archaeological Complex in the Wad! Yala ( Eastern Hawlan at-Tiyal, Yemen Arab Republic) a Preliminary Report, Istituto per il Medio e VEstremo Oriente, Roma, 1988, pp. 1-20, J. Schmidt, «Zweiter vorlaufiger Bericht tiber die Aus- grabungen und Forschungen des Deutschen Archaologischen Instituts San'a' in Marib und Umgebung» , Deutschen Archaologisches Instituts San' a', Archaologische Berich- te aus dem Yemen, Band III, Magonza 1986, pp. 1-95.

59 Si veda J.F. Breton, «Le chateau cit.», e J. Seigne, «Le chateau cit.», per Shabwa e J.F. Breton, «Le chateau cit.», pag. 224, fig. 8, B. Doe, Southern Arabia, Lon- dra 1971, pp. 218-219, fig. 36, per Timna.

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164 ANDREA MANZO

l'area sabea si sono documentati complessi costituiti da un edificio cen- trale circondato da un cortile che e delimitato da un recinto rettangolare movimentato da aggetti e rientranze e lungo cui si sono ricavati diversi ambienti 60. Talora anche le cinte murarie paiono essere state movimen- tate da parti aggettanti ad intervalli regolari61. D'altro canto gli aggetti e le rientranze lungo i muri perimetrali pare fossero caratteristica assai diffusa che e stata riscontrata anche nel palazzo reale62 e in edifici con- nessi alia necropoli 63 a Timna, capitale del Qataban.

II motivo ad aggetti e rientranze potrebbe essere riprodotto anche su altarini e lastre in pietra rinvenuti in contesti sudarabici: pur se si e verisimilmente ipotizzato che su tali oggetti siano rappresentate decora- zioni del mobilio 64 non si puo escludere che queste ultime fossero a lo- ro volta espressione di un gusto decorativo derivato dairarchitettura65.

L'analogia tra gli edifici riprodotti sulle grandi stele di Aksum e i

palazzi medievali e tradizionali yemeniti era gia stata notata66, come pu- re quella tra la tecnica «a teste di scimmia» e la tecnica costruttiva di al- cuni tratti della grande diga di Marib 67 o di altre strutture sudarabiche 68

o, ancora, la somiglianza tra gli edifici palaziali sudarabici antichi e quelli riprodotti dalle grandi stele aksumite 69 .

Nondimeno ora e possibile notare che tutte le principali caratteri- stiche considerate peculiari dell'architettura monumentale aksumita

(presenza di un alto podio, struttura con corpo centrale e cortile circon- dato da annessi, probabile presenza di palazzi a piu piani, muri perimQ-

60 J. Schmidt, «Ein quadratischer Bau auf der Siidoase», Deutsches Archaologi- sches Institut San' a', Archaologische Berichte aus dem Yemen, Band III cit., pp. 60-63.

61 A. de Maigret, «Archaeological cit.», pl. 7. 62 B. Doe, Southern cit., pp. 218-219, fig. 36. 63 R.L. Cleveland, An Ancient South Arabian Necropolis. Objects from the Second

Campaign (1951) in the Timna ' Cemetery, American Foundation for the Study of Man vol. IV, Baltimora 1965, particolarmente pp. 173-175, Plan 1.

64 G.W. Van Beek, «A New Interpretation of the So-called South Arabian House Model», American Journal of Archaeology, 63, 1959, pp. 269-273.

65 J. Pirenne, «Notes d'archeologie sud-arabe V. Le trone de Dar El-Beida (Ma- rib)», Syria, XLII, 1965, pp. 311-341., particolarmente pag. 314, A. Grohmann, Ara- bien , Monaco 1963, pag. 243.

66 Vedi nota 12. 67 G.W. Van Beek, «Monuments of Axum in the light of South Arabian Archaeo-

logy^ Journal of the American Oriental Society, 2, 1967, pp. 1 13-122. 68 Si veda S.C. Munro-Hay, Excavations cit., pag. 163, dove peraltro non si indi-

cano concretamente gli edifici sudarabici in questione. 69 J. Seigne, «Le chateau cit.», pp. 163-164, fig. 26.

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CONS1DERAZIONI SULL'ARCHITETTURA DELL'ETIOPIA ANTICA 165

trali con rientranze ed aggetti, tecnica di costruzione «a teste di scim- mia») trovano preciso riscontro nell'ambito dell'architettura sudarabica antica. Tale tipologia monumentale puo essere fatta risalire nell'Arabia del sud almeno a una data intorno al 500 a.C. 70, fu molto diffusa intor- no l'inizio dell' era volgare71 e verisimilmente si sviluppo direttamente nelle case-torri yemenite tradizionali 72 .

D'altro canto anche in Etiopia alcune tecniche poi caratteristiche di tali edifici appaiono fin dalla fase precedente il sorgere del regno di Ak- sum. Infatti, il podio, presente nel tempio di tipo sudarabico di Yeha e stato a piu riprese additato come l'unico elemento architettonico di tale fase attestato poi anche in epoca aksumita 73. Inoltre, l'utilizzazione estensiva del legno nella muratura potrebbe egualmente risalire alia fase che precede il sorgere del regno di Aksum in quanto e stata riscontrata nel cosiddetto «palazzo di Grat Beal Gebri» a Yeha 74 .

Riguardo il significato del palazzo nella cultura dell' Arabia meri- dionale, si noti che spesso nelle iscrizioni il nome del palazzo reale rim- piazza quello della capitale 75, compare anche nella titolatura reale 76 e sulle monete 77 . II palazzo era quindi probabilmente una sorta di simbo- lo e rappresentazione dell'autorita reale e della dinastia.

Ad Aksum, come visto, il palazzo e rappresentato sulle stele che segnalavano le tombe delle famiglie piu eminenti e, quindi, ne rappre- sentavano monumentalmente la potenza ed il prestigio. Inoltre, in un te- sto epigrafico rinvenuto nell'Arabia meridionale, il nome del palazzo del sovrano aksumita appare in pendant a quello del re di Saba come simbolo del potere reale 7li.

70 J.F. Breton, «Shabwa cit.», B. Doe, Southern cit., fig. 36 pp. 218-219. 71 J.F. Breton, «Le chateau cit.». 72 G.R.H. Wright, «Mud cit.». 73 Fr. Anfray, Les anciens cit., pag. 62, Considerations cit.». 74 Fr. Anfray, Les anciens cit., pp. 29, 62. 75 J. Ryckmans, U institution monarchique en Arabie meridionale avant 1' Islam

(M'atn et Saba), Bibliotheque du Museon, 28, Lovanio 1951, pag. 225. 76 J. Ryckmans, L'institution cit., pp. 160-161. 77 J. Ryckmans, L'institution cit., pp. 161-162, per lo Hadramaut si veda S. C.

Munro-Hay, «The Coinage of Shabwa (Hadramawt) and other Ancient South Arabian Coinage in the National Museum, Aden», Syria, LXVIII, 1991, pp. 393-418, A.V. Se- dov e U. Aydarus, «The Coinage of Ancient Hadramawt and the Pre-Islamic Coins in the al-Mukallaa Museum», Arabic Archaeology and Epigraphy, 6, 1995, pp. 15-60. 78 Se ne veda il testo in Corpus Inscriptionum Semiticarum. Pars Quarta Inscrip- tions Himiariticas et Sabaeas Continens, Parigi 1880-1932, n°. 308/14, e il commento in C. Robin, «La premiere intervention abyssine en Arabie meridionale», Preoceedings

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166 ANDREA MANZO

Anche dal punto di vista del significato simbolico che al palazzo era attribuito sembra quindi possibile riscontrare un'interessante somi- glianza tra Arabia meridionale ed Etiopia antiche.

Si noti per inciso che l'esistenza di stringenti analogie tra la tipo- logia e, forse, la simbologia del palazzo tra Arabia meridionale ed Etio- pia antica non significa che degli elementi stilistici e tecnologici osser- vati in tali due regioni non possano trovare riscontro anche in altre piu o meno prossime aree culturali. Ad esempio, la tecnica muraria della di- ga di Safra e di alcuni tratti di quella di Marib possono essere agevol- mente paragonate con tipi di muratura diffusi nel Vicino Oriente 79 . Ana- logamente, l'utilizzazione di intelaiature di legno per aumentare la ro- bustezza e la solidita delle costruzioni con risultati per molti aspetti si- mili alia tecnica etiopica e sudaraba sopra descritta e nota, come gia ri- levato 8(), in Egitto, dove fu assai diffusa in epoca tarda e, in particolare, ellenistico-romana81, e, in generale, nell'architettura del Mediterraneo romano 82. Sempre per quel che riguarda l'Egitto greco-romano, alcuni cenni in documenti papiracei attestano la presenza di case a piu piani 8' la cui muratura potrebbe essere stata rinforzata da intelaiature di legno, come parrebbe suggerire un modellino in pietra calcarea di una di que- ste abitazioni ora conservato al British Museum 84. Nondimeno pare chiaro come nell'Egitto greco-romano tali edifici a piu piani fossero de- stinati alia popolazione urbana 85 e che non si trattasse certo, contraria- mente a quanto evidenziato per l'Etiopia e l'Arabia meridionale, di par- ti di complessi a carattere palaziale.

of the Eighth International Conference of Ethiopian Studies, Addis Ababa 1984, vol. 2, Addis Abeba 1988, pp. 147-162, particolarmente pag. 153.

79 G.R.H. Wright, «Some Preliminary Observations on the Masonry Work at Ma- rib», in Deutsches Archaologisches Institut San'a', Archaologische Berichte aus dem Yemen , Band IV cit., pp. 63-78, «Masonry Constructions at Marib and the 'Interwoven Structure' (Emplecton) of Vitruvius», ibidem , pp. 79-96.

80 J.F. Breton, «Shabwa cit.». 81 Per la bibliografia di casi di utilizzazione di tale tecnica in Egitto si veda J. Le-

clant e G. Clerc, «Fouilles et travaux en Egypte et au Soudan, 1986- 1987», Orientalia, LVII, 1988, pp. 307-404, particolarmente pag. 394, A.J. Spencer, Brick Architecture in Ancient Egypt , Warminster 1979, pag. 78, fig. 42, pag. 90, figs. 50-53, pp. 131-132.

82 J.P. Adam, L'arte di costruire presso i Romani, materiali e tecniche, Milano 1988, pp. 132-135

83 Si veda, ad esempio, il passo del papiro tradotto da A.K. Bowman, Egypt after the Pharaohs , 332 BC-AD 642, Londra 1986, pp. 146-147.

84 E. Strouhal, Vivere al tempo dei Faraoni, Novara 1993, pag. 73. 85 A.K. Bowman, Egypt cit., pp. 147-148.

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CONSIDERAZIONI SULL'ARCHITETTURA DELL'ETIOPIA ANTICA 167

Riguardo all'architettura funeraria dell'Arabia meridionale, si di- spone purtroppo di dati ancora scarsi.

Dalle strutture funerarie scoperte a Shabwa 86 e a Hureida 87 nello Hadramaut risulta pero chiaro che le tombe erano localizzate presso i declivi di colline rocciose al cui interno erano scavate delle camere, si- milmente a quanto notato per le tombe aksumite. Si noti pero che, in ge- nerate, le tombe rupestri sudarabiche paiono piuttosto irregolari mentre in Etiopia sono note anche strutture dalla pianta abbastanza simmetrica.

Strutture con accesso alia camera sepolcrale attraverso un pozzo ver- ticale non hanno riscontro sull'altra sponda del Mar Rosso, come pure la struttura monolitica del Nefas Maucha di Aksum, nondimeno questa man- canza potrebbe essere dovuta anche alia limitatezza delle ricerche archeo- logiche fino ad ora condotte in cimiteri preislamici dell'Arabia meridionale.

II cimitero di Timna, nel Qataban, mostra una situazione parzial- mente diversa: la localizzazione e sempre ai piedi di una collina, nondi- meno qui le strutture funerarie non sono scavate nella roccia ma co- struite in muratura, il complesso e assai articolato ed b caratterizzato da diverse terrazze addossate ad un rilievo naturale su cui sorgeva anche una struttura monumentale, probabilmente templare 88. Su tali terrazze avvenivano verisimilmente cerimonie commemorative e di culto dei de- funti. La localizzazione del cimitero di Timna, la presenza di terrazza- menti artificiali, le tombe costruite in muratura, rivelano sorprendenti analogie con alcune necropoli aksumite e, in particolare, con quella di Mai Heggia ad Aksum.

Si noti inoltre che anche la planimetria delle tombe di Timna, il cui modulo e costituito da serie simmetriche di camere allungate che si aprono dal lato breve su un corridoio centrale 89, corrisponde precisa- mente a quella del «Mausoleo» della necropoli di Mai Heggia. Tale struttura con camere che si aprono sui due lati di un passaggio-corridoio centrale e stata osservata anche in un complesso cimiteriale parzialmen- te indagato a Marib 90 e in una tomba presso Hajar bin Humeid 91 .

86 J.-C. Roux, «La tombe-caverne 1 de Shabwa», Syria, LXVIII, 1991, pp. 331-363.

87 G. Caton Thompson, The Tombs cit., pp. 65-93. 88 R.L. Cleveland, An Ancient cit., pp. 173-175, plans 1-2, PI. 108-120. 89 R.L. Cleveland, An Ancient cit., plan 2. 1X1 F.P. Albright, «Excavations at Marib in Yemen», in R. LeBaron Bowen jr. e F.P.

Albright ed., Archaeological Discoveries in Southern Arabia, American Foundation for the Study of Man vol. II, Baltimora 1958, pp. 215-239, particolarmente pag. 238, pl. 189. 91 Si veda R. Le Baron Bowen, «Archaeological Survey of Beihan», in R. LeBa-

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168 ANDREA MANZO

Sempre a Marib si e rinvenuta una tomba con stanze ipogee sor- montate da una sovrastruttura in muratura contenente una camera fune- raria il cui soffitto era sostenuto da quattro pilastri monolitici con capi- tello 92. Tale tipologia, come pure le innumerevoli tombe a tumulo o piattaforma circolare documentate nell' Arabia meridionale 93 non trova- no alcun riscontro nell'Etiopia aksumita.

Riguardo al significato di tutti tali complessi tombali sudarabici, si pud ragionevolmente supporre che vi fossero deposti i resti di individui legati tra loro probabilmente da legami familiari o tribali, proprio come suggerito a proposito delle tombe aksumite.

Una tomba ipogea presso Shabwa e caratterizzata da un ingresso costruito con una porta a vista e con decorazioni ad aggetti e rientranze sulle due ante secondo modelli ascrivibili, alia luce di quanto sopra det- to, airarchitettura palaziale94.

Pare quindi probabile che si volesse qui rinviare al concetto di tomba come casa. Tale concetto e diffuso, come visto, anche nell'ambi- to funerario aksumita, ed e particolarmente evidente nel caso della «tomba della falsa porta» ad Aksum e anche nelle stele a decorazione architettonica che rappresentano simbolicamente, appunto, delle dimore signorili.

Se, dunque, concettualmente (tomba come casa, tomba familiare) e, talora, strutturalmente (tombe costruite o scavate nella roccia sul de- clivio delle colline, terrazzamenti, piante con corridoio centrale e came- re simmetricamente disposte lungo di esso) si possono rilevare delle analogie anche tra le strutture funerarie aksumite e quelle dell'Arabia meridionale, non bisogna pero mancare di rilevare alcune differenzia- zioni. Molti tipi di tombe attestati nell'Etiopia aksumita non trovano ri- scontro sull'altro versante del Mar Rosso e vice versa, inoltre mancano in Arabia meridionale le stele funerarie che, insieme alle piattaforme su cui si ergevano, erano caratteristiche della cultura aksumita.

Proprio le stele sembrano rappresentare una peculiarity del versan- te africano del Mar Rosso, dove potrebbero essere connesse addirittura

ron Bowen jr. e F.P. Albright ed., Archaeological cit., pp. 3-13, particolarmente pp. 8-10.

92 F.P. Albright, «Excavations cit.», pp. 235-238, pl. 182-185. 93 R. Le Baron Bowen jr., «Burial Monuments in South Arabia», in R. LeBaron

Bowen jr. e F.P. Albright ed., Archaeological cit., pp. 133-136, per la tipologia tomba- le dell'Arabia meridionale si veda inoltre A. de Maigret, Arabia Felix, Milano 1996, pp. 305-308.

94 J.-C. Roux, «La tombe-caverne cit.», pp. 334-338, fig. 24.

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CONSIDER AZIONI SULL' ARCHITETTUR A DELL'ETIOPIA ANTICA 169

a tradizioni di epoca protostorica, quando gia pero si e ipotizzato fosse- ro utilizzate come segnacolo funerario di famiglia o di tribu 95, in accor- do con quanto si e in precedenza proposto per il periodo aksumita.

Le tombe dell'Arabia meridionale che sono state descritte sono ascrivibili alia fase della cultura sudarabica precedente alle prime in- fluenze greco-ellenistiche (Shabwa, Hureida) o agli ultimi secoli a.C. (Hajar bin Humeid, Timna)96, anche se e probabile che tali tipologie sia- no sopravvisute almeno fino all'inizio dell'era volgare 97 . Esse sono, quindi, anteriori o, tutt'al piu, coeve alle piu antiche tombe aksumite. Alcune di queste strutture sudarabiche potrebbero dunque essere con- temporanee alle tombe indagate a Yeha98, Cascase" e Matara l00, tutte della fase che precede il sorgere del regno di Aksum e che, quindi, esu- lano dai limiti cronologici di questo studio. Nondimeno, si noti per inci- so come queste strutture etiopiche sembrino differenziarsi notevolmente dalle coeve tombe sudarabiche.

Alcuni frammenti di lastre e blocchi rinvenuti a Timna presso la porta meridionale e nel tempio 101 , Dar el Beida l02, presso Marib ed altri conservati al museo di Istanbul 103 sono stati riconosciuti essere fram- menti di troni in pietra 1()4.

Secondo la ricostruzione proposta per questi monumenti, essi era- no costituiti da un basamento con scale su cui si ergeva il trono vero e

95 R. Fattovich, «Some Remarks on the Origins of the Aksumite Stelae», Annates d'Ethiopie , 14, 1987, pp. 43-69.

96 Si veda per Hureida G. Caton Thompson, The Tombs cit., pp. 65-93, per Shabwa J.-C. Roux, «La tombe-caverne cit.», per Timna e Hajar bin Humeid R. Le Ba- ron Bowen, «Archaeological cit.», pp. 810.

97 Si veda la datazione al I sec. d.C. per alcune tombe ipogee proposta in A. de Maigret, Arabia cit., pag. 306.

98 Fr. Anfray, «Une campagne de fouilles a Yeha», Annates d'Ethiopie , 5, 1963, pp. 171-192.

99 G. Tringali, «Necropoli di Cascase e oggetti sudarabici (?) dalla regione di Asmara (Eritrea)», Rassegna di Studi Etiopici, XXVI, 1973-1977, pp. 47-98.

100 Fr. Anfray, «Matara cit.», pp. 33-42. 101 G.W. Van Beek, «A New cit.», J. Pirenne, «Notes cit.». 102 A. Fakhry, An Archaeological Journey to Yemen (March-May 1947), Cairo

1952, vol. I, pp. 127, 129, C. Rathjens e H. Von Wissmann, Vorislamische Altertiimer, Amburgo 1932, pp. 51-53, fig. 22, J. Pirenne, «Notes cit.», pp. 314-317, 335-337.

103 C. Rathjens, Sabaeica, Mitteilungen aus dem Museum fur Volkerkunde in Hamburg, XXIV, 1955, vol. I, pag. 146, phot. 499, vol. II, pag. 120, phot. 427-428, J. Pirenne, «Notes cit.», pp. 329-333.

104 J. Pirenne, «Notes cit.», 31 1-314.

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170 ANDREA MANZO

proprio ,05. Sia parte del basamento che il seggio erano decorati con il motivo architettonico a sporgenze e rientranze, inoltre i piedi del trono erano zoomorfi 106.

Tali monumenti potevano essere parte di complessi architettonici piuttosto articolati e in uso per un lungo periodo, come suggerito dalle tracce di successive ricostruzioni individuate in un edificio contenente un trono, presso un tempio della regione di Marib l()7.

In ogni caso, la datazione proposta su base stilistica per tali monu- menti neir Arabia meridionale e tra il I sec. a.C. e il III sec. d.C. I()8.

E immediatamente evidente l'analogia, peraltro gia notata l()9, con i monumenti aksumiti che potrebbero essere grosso modo contemporanei.

Come gia rilevato per alcuni aspetti delle tecniche murarie, anche la tipologia monumentale del trono non fu esclusiva dell' Arabia meri- dionale e dell'Etiopia. Dei frammenti di troni in pietra databili tra il II sec. a.C. ed il XII sec. d.C. sono stati identificati anche in India ll(), do- ve furono forse edificati per influenza achemenide 1,1 . D'altro canto e gia stato evidenziato come anche i troni sudarabici e con essi quelli ak- sumiti si inseriscano in una secolare tradizione vicino-orientale, di cui i troni delle rappresentazioni achemenidi furono una delle manifesta- zioni 112 . Inoltre il trono come rappresentazione simbolica del potere reale e della sua sacralita godette di grande popolarita presso i succes- sori di Alessandro 1,3 e non e escluso che proprio in tale fase sia stato adottato anche dalle dinastie che regnavano sulle sponde del Mar Ros- so meridionale.

Alia luce delle numerose analogie sopra evidenziate, non credo che abbia piu senso distinguere nettamente l'architettura della fase prece-

105 J. Pirenne, «Notes cit.», figs. 6, 9, 10. 106 J. Pirenne, «Notes cit.», G.W. Van Beek, «A New cit.». 107 J. Schmidt, «Der Tempel des Waddum Du-Masma'im*», Deutsches Archao-

logisches Institut Sari 'a', Archaologische Berichte aus dem Yemen , Band IV, Magonza 1987, pp. 179-184.

108 J. Pirenne, «Notes cit.», pag. 334, G.W. Van Beek, «A New cit.». 109 J. Pirenne, «Notes cit.», pp. 324-326. 110 J. Auboyer, Le trone et son symbolisme dans 1' Indie ancienne, Parigi 1949, pp.

39-45. 111 S. Piggott, «Throne-fragments from Pataliputra», Ancient India, 4, 1947-1948,

pp. 101-103, per le influenze occidentali su tali monumenti si veda inoltre J. Auboyer, Le trone cit., pp. 39^1-5, 65-66, 105-106.

112 Si veda J. Pirenne, «Notes cit.», pp. 318-322. 1,3 F. Canciani, «Trono», Enciclopedia dell' Arte Antica classica ed orientale, vol.

VII, Roma 1966, pp. 1011-1018.

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CONSIDERAZIONI SULL' ARCHITETTURA DELL'ETIOPIA ANTICA 171

dente il sorgere del regno di Aksum, fortemente caratterizzata dai mo- delli dell'altra riva del Mar Rosso, da quella aksumita, considerata ori- ginale e maggiormente legata all'ambiente mediterraneo. Piuttosto si e evidenziata l'esistenza di una serie di elementi che se da un lato posso- no attestare la continuity tra la cultura aksumita e quella della fase pre- cedente, dall'altro possono suggerire intensi contatti tra le due sponde del Mar Rosso nel corso della cultura aksumita.

Quanto le singole similarity riscontrate siano da attribuire all'uno o all'altro fenomeno dovra essere verificato quando si disporra di mag- giori dati e piu precise cronologie sia per 1' Arabia meridionale che per l'Etiopia.

Credo di poter comunque rilevare come, in ogni caso, le risultanze del nostro studio suggeriscano l'esistenza di profonde connessioni tra le due sponde del Mar Rosso anche dopo la fine dell'egemonia sabea e l'ascesa di Aksum.

Cid non esclude pero che sia 1' Arabia che l'Etiopia potessero in ta- le fase interagire anche con altre culture, come di fatto fecero e come si e sottolineato a proposito delle possibili somiglianze della tecnica «a te- ste di scimmia» con tipologie murarie mediterranee o per quanto riguar- da la diffusione dei monumenti a forma di trono dal Mediterraneo orien- tale all'India. A tale proposito, per quel che rigurda l'architettura aksu- mita, un fenomeno certamente assai significativo fu l'adozione di una ti- pologia basilicale cristiana di tipo siriano che, come e stato dovutamente evidenziato da numerosi studiosi, ebbe grande fortuna anche in Nubia.

6 in ogni caso doveroso notare che, dal punto di vista storico, la pochezza degli elementi archeologici attestanti contatti tra le due spon- de del Mar Rosso in epoca aksumita non aveva mancato di sollevare perplessita "4, soprattutto in relazione alle ben note attestazioni epigrafi- che di tali rapporti 115.

Solo il rinvenimento di pochi oggetti sudarabici in Etiopia"6, di po- che iscrizioni etiopiche 117 e monete aksumite databili tra la meta del IV

114 Fr. Anfray, Considerations cit.», pag. 24. 115 C. Conti Rossini, Storia cit., pp. 126-131, J. Ryckmans, L'institution cit., pp.

129-137 e 182-191, C. Robin, «La premiere cit.». 116 Fr. Anfray, Considerations cit.», pag. 24, facendo una rapida rassegna di tali

evidenze ricorda alcune monete e la ben nota lampada rinvenuta a Matara. 117 G. Igonetti, «Un frammento di iscrizione etiopica da Zafar (Yemen)», Annali

dell'Istituto Orientate di Napoli, XXXIII, 1973, pp. 77-80, A. Grohmann, «Eine Alaba- sterlampe mit einer ge'ez Inschrift», Wiener Zeitschrift fur die Kultur des Morgenlan- des, XXV, 191 1, pp. 410-422.

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e l'inizio del VI sec. d.C. 118 in Arabia e, piu recentemente, di monete e ceramica aksumite nello cavo dell'antico porto a Qana, sulla costa dello Hadramaut ll9, ha fornito ulteriori evidenze archeologiche di tali contatti.

A tali evidenze vanno ora aggiunte anche queste mie considerazio- ni sulla similarita tra Tarchitettura aksumita e quella sudarabica.

Vorrei infine sottolineare come sia in particolare la struttura e la ti- pologia delle residenze palaziali, dei troni e, almeno in parte, delle tom- be monumentali, cioe di edifici connessi alia celebrazione di famiglie principesche o reali di cui simboleggiavano evidentemente il potere e la gloria, ad essere condivisa dall' Arabia e dall'Etiopia antiche.

Pare quindi che fossero i governanti degli stati sulle due sponde del Mar Rosso ad attingere ad una cultura per molti versi omogenea la cui presenza non deve stupirci in ragione delle radici culturali comuni delle due regioni e dei prolungati rapporti pacifici o bellici che ne in- trecciarono ripetutamente i destini.

Post-scriptum. - Dopo aver consegnato questo articolo per la stampa, sono venu- to a conoscenza della scoperta di altri tre troni nell' Arabia meridionale recanti delle iscrizioni di tre principi di Nashan ,2(). Benche le circostanze del rinvenimento e il con- testo originario di tali oggetti siano quanto meno oscuri e dubbi, l'importanza di questi tre troni per la storia della tipologia monumentale in questione mi e parsa notevolissima e ho percio ritenuto di aggiungere all'articolo che precede queste poche righe.

Le caratteristiche stilistiche di questi oggetti, il ductus e gli aspetti paleografici delle iscrizioni sembrano suggerirne una datazione oscillante, in relazione al punto di vi- sta cronologico adottato, tra il VII ed il V sec. a.c., che renderebbe tali troni i piu anti- chi tra quelli fin'ora noti nell'Arabia meridionale m. Cio avvalorerebbe quindi l'ipotesi che la tipologia monumentale del trono sia stata adottata in Arabia meridionale per una piu antica influenza achemenide o vicino-orientale piuttosto che ellenistica, come era possibile finora ipotizzare.

Credo inoltre che tale scoperta sia rilevante anche riguardo alio studio dei troni ak- sumiti evidenziandone, quasi se ce ne fosse bisogno, un'ulteriore similarita con gli ana- loghi monumenti sudarabici. Sia in Arabia che in Etiopia questo tipo di monumenti pote- va infatti recare delle iscrizioni reali, come nel ben noto caso documentato da Cosma In- dicopleuste ad Adulis e in questi tre troni, certo piu antichi, eretti dai re di Nashan.

[A. Manzo]

118 S.C. Munro-Hay, The Coinage ofAksum, New Delhi 1984, pp. 27-30. 119 A.V. Sedov, «New Archaeological and Epigraphical Material from Qana

(South Arabia)», Arabian Archaeology and Epigraphy, 3, 1992, pp. 1 10-132. 120 G. Garbini e V.M. Francaviglia, «I troni dei re di Nashan», Accademia Nazio-

nale dei Lincei. Rendiconti della Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, serie IX, vol. VIII, fasc. 2, pp. 239-252.

121 Per la datazione di tali oggetti si vedano, nell' articolo citato, le considerazioni stilistiche del dott. Francaviglia alle pp. 241-244 e quelle storico-epigrafiche del prof. Garbini a pag. 251.

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