CONSIDERAZIONI SUI CRITERI DI ALLESTIMENTO DEGLI IMPIANTI PER PASTE FRESCHE

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Ogni allestimento di impianto per la produzio- ne di paste fresche richie- de una valutazione preli- minare sul tipo di macchi- ne e di accessori da instal- lare. Questa valutazione deve ovviamente basarsi su una serie di considera- zioni relative alle caratteri- stiche funzionali dell’ impianto stesso, cioè alle sue prestazioni complessi- ve, caratteristiche che dipendono da variabili che possiamo riassumere come segue: il tipo di prodotto (paste all’uovo di sola sfoglia, farcite, paste regionali tipiche, paste estruse, ecc.) la quantità che si inten- de produrre (meglio se riferita alla produzio- ne complessiva gior- naliera ) lo spazio disponibile il tipo di lavorazione (manuale, semiauto- matico, ecc.) la shelf-life richiesta al prodotto ed il tipo di confezionamento la vendita diretta al con- sumatore e/o la com- mercializzazione di prodotto sfuso l’investimento comples- sivo sostenibile. Se l’azienda che intende procedere all’allestimento possiede già una adeguata base professionale ed esperienza di produzione, non sarà per essa un problema delineare uno schema di organizzazione preliminare dell’impianto e, quindi, interpellare i fornitori di propria fiducia per ottenere offerte in linea con le scelte di acqui- sto previste. Se invece l’azienda possiede una esperienza limitata, o non ne possiede affatto, deve necessariamente contatta- re uno o più fornitori, spie- gare ciò che intende produrre e lasciarsi guida- re nella impostazione dell’impianto e nell’ acqui- sto delle macchine neces- sarie. In questo caso la prepara- zione professionale e la serietà del fornitore sono il primo requisito da tenere in considerazione, prima ancora delle cifre indicate nel suo listino prezzi. Per quanto piccolo o piccolissi- mo debba essere un impianto, una scelta non ottimale delle macchine e delle attrezzature, non corrispondenti o corri- spondenti solo in parte alle effettive esigenze dell’azienda che le ha acquistate, comporta tutta una serie di inconvenienti difficilmente superabili, oppure disagi continui nella lavorazione e costi di produzione superiori a quelli che si sarebbero ottenuti con scelte più razionali. Chiunque sia l’esperto, pastaio o costruttore, è in ogni modo fondamentale che abbia una conoscenza tecnologica del processo produttivo, non importa quanto piccolo o grande sia l’impianto che dovrà concretamente attuarlo e gestirlo. Conoscenza tecnologica del processo produttivo significa, stan- do sul lato pratico del tema, avere una conoscen- za adeguata di: materie prime utilizza- te (semole, farine, uova, ingredienti, ecc.) modalità e tempi di preparazione dell’ im- pasto aspetti microbiologici generali, finalizzati non solo alla salva- guardia igienica del prodotto, ma anche e soprattutto al migliore risultato possibile per quanto riguarda le sue caratteristiche com- merciali (conservabili- tà, aspetto, colore, proprietà organoletti- che, ecc.) tecniche di trattamen- to termico (pastorizza- zione, raffreddamento, refrigerazione, ecc.) materiali e tecniche di confezionamento. Sono queste, per inciso, le conoscenze di base che contraddistinguono la professionalità di ogni buon pastaio. Quale tecnologia per le paste fresche? Le paste fresche sono, dal punto di vista della loro produzione a fini commer- ciali, un prodotto relativa- mente giovane. La crescita tumultuosa del comparto registratasi negli anni ‘70 e ’80 ha subìto i contraccolpi dovuti alla mancanza di una tecnologia standard di riferimento non solo consolidata, ma soprattut- to verificata nel medio e lungo periodo da parte dei produttori. I pastai che in questi anni (ed in quelli immediata- mente precedenti) si sono cimentati nella organizza- zione produttiva e nell’allestimento dei loro impianti hanno dovuto misurarsi, da questo punto di vista, con non pochi vuoti: le conoscenze e le esperienze esistenti riguardavano soprattutto le tecniche di formatura del prodotto, dalle materie prime (farina, semola, uova) alle unità per la preparazione e lavorazio- ne della sfoglia (impasta- trici, sfogliatrici manuali o semiautomatiche), a quel- le per il taglio o la farcitura (taglierine, raviolatrici, cappellettatrici, ecc.). Molto meno (o pratica- mente niente) si sapeva invece su come gestire la pasta fresca per garantirne l’igienicità e prolungarne la durata. Le tecniche di pastorizzazione della pasta fresca, avviate da alcuni pionieri a partire dagli anni ’50, sono rima- ste a lungo in sala d’attesa, aspettando che il mercato facesse “boom”. E quando il “boom” c’è stato, lo sviluppo dei pastorizzato- ri, anche da parte di costruttori che poco o niente sapevano di tratta- mento termico dei prodot- ti deperibili, non sempre Pasta & Pastai n.20/2000- pag.50 CONSIDERAZIONI SUI CRITERI DI ALLESTIMENTO DEGLI IMPIANTI PER PASTE FRESCHE a cura di Progetto Pasta Divisione Tecnica di Nuova Editrice S.r.l.

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Ogni al lest imento diimpianto per la produzio-ne di paste fresche richie-de una valutazione preli-minare sul tipo di macchi-ne e di accessori da instal-lare. Questa valutazionedeve ovviamente basarsisu una serie di considera-zioni relative alle caratteri-stiche funzionali dell’impianto stesso, cioè allesue prestazioni complessi-ve, caratteristiche chedipendono da variabiliche possiamo riassumerecome segue:

• il tipo di prodotto (pasteall’uovo di sola sfoglia,farcite, paste regionalitipiche, paste estruse,ecc.)

• la quantità che si inten-de produrre (meglio seriferita alla produzio-ne complessiva gior-naliera )

• lo spazio disponibile• il tipo di lavorazione

(manuale, semiauto-matico, ecc.)

• la shelf-life richiesta alprodotto ed il tipo diconfezionamento

• la vendita diretta al con-sumatore e/o la com-mercializzazione diprodotto sfuso

• l’investimento comples-sivo sostenibile.

Se l’azienda che intendeprocedere all’allestimentopossiede già una adeguatabase professionale edesperienza di produzione,non sarà per essa unproblema delineare unoschema di organizzazionepreliminare dell’impianto

e, quindi, interpellare ifornitori di propria fiduciaper ottenere offerte inlinea con le scelte di acqui-sto previste. Se invecel’azienda possiede unaesperienza limitata, o nonne possiede affatto, devenecessariamente contatta-re uno o più fornitori, spie-gare ciò che intendeprodurre e lasciarsi guida-re nella impostazionedell’impianto e nell’ acqui-sto delle macchine neces-sarie.In questo caso la prepara-zione professionale e laserietà del fornitore sono ilprimo requisito da tenerein considerazione, primaancora delle cifre indicatenel suo listino prezzi. Perquanto piccolo o piccolissi-mo debba essere unimpianto, una scelta nonottimale delle macchine edelle attrezzature, noncorrispondenti o corri-spondenti solo in partealle effettive esigenzedell’azienda che le haacquistate, comporta tuttauna serie di inconvenientidifficilmente superabili,oppure disagi continuinella lavorazione e costi diproduzione superiori aquelli che si sarebberoottenuti con scelte piùrazionali.Chiunque sia l’esperto,pastaio o costruttore, è inogni modo fondamentaleche abbia una conoscenzatecnologica del processoproduttivo, non importaquanto piccolo o grandesia l’impianto che dovrà

concretamente attuarlo egest ir lo. Conoscenzatecnologica del processoproduttivo significa, stan-do sul lato pratico deltema, avere una conoscen-za adeguata di:

• materie prime utilizza-te (semole, farine,uova, ingredienti, ecc.)

• modalità e tempi dipreparazione dell’ im-pasto

• aspetti microbiologicigenerali, finalizzatinon solo alla salva-guardia igienica delprodotto, ma anche esoprattutto al migliorerisultato possibile perquanto riguarda le suecaratteristiche com-merciali (conservabili-tà, aspetto, colore,proprietà organoletti-che, ecc.)

• tecniche di trattamen-to termico (pastorizza-zione, raffreddamento,refrigerazione, ecc.)

• materiali e tecniche diconfezionamento.

Sono queste, per inciso, leconoscenze di base checontraddistinguono laprofessionalità di ognibuon pastaio.

Quale tecnologia per lepaste fresche?

Le paste fresche sono, dalpunto di vista della loroproduzione a fini commer-ciali, un prodotto relativa-mente giovane. La crescitatumultuosa del compartoregistratasi negli anni ‘70 e’80 ha subìto i contraccolpidovuti alla mancanza di

una tecnologia standard diri ferimento non soloconsolidata, ma soprattut-to verificata nel medio elungo periodo da parte deiproduttori.I pastai che in questi anni(ed in quelli immediata-mente precedenti) si sonocimentati nella organizza-zione produtt iva enell’allestimento dei loroimpianti hanno dovutomisurarsi , da questopunto di vista, con nonpochi vuoti: le conoscenzee le esperienze esistentiriguardavano soprattuttole tecniche di formaturadel prodotto, dalle materieprime (farina, semola,uova) alle unità per lapreparazione e lavorazio-ne della sfoglia (impasta-trici, sfogliatrici manuali osemiautomatiche), a quel-le per il taglio o la farcitura(taglierine, raviolatrici,cappellettatrici, ecc.).Molto meno (o pratica-mente niente) si sapevainvece su come gestire lapasta fresca per garantirnel’igienicità e prolungarnela durata. Le tecniche dipastorizzazione dellapasta fresca, avviate daalcuni pionieri a partiredagli anni ’50, sono rima-ste a lungo in sala d’attesa,aspettando che il mercatofacesse “boom”. E quandoil “boom” c’è stato, losviluppo dei pastorizzato-r i , anche da parte dicostruttori che poco oniente sapevano di tratta-mento termico dei prodot-ti deperibili, non sempre

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ALLESTIMENTO

DEGLI IMPIANTI PER PASTE FRESCHE

a cura di Progetto PastaDivisione Tecnica di Nuova Editrice S.r.l.

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ha percorso vie maestre,ma carrarecce e sentieri.Fuor di metafora: lo svilup-po dei pastorizzatori per iltrattamento termico dellepaste fresche è avvenuto,nella maggioranza dei casi,in modo rozzo ed approssi-mativo.La carenza più negativa,comunque, è stata l’assenzadi una cultura tecnologicaspecifica per la pasta fresca.Le linee di produzione sisono perciò sviluppate informa ibrida, in parte attin-gendo alle conoscenze piùo meno consolidate relativealla formatura delle pastelaminate e/o farcite, in partecopiando dalle aree, ritenu-te compatibili, della tecno-logia (e della ingegneristica)delle paste secche.La vera svolta positiva, inquesto andazzo, è arrivatacon il confezionamentodelle paste fresche inatmosfera modificata (ora“atmosfera protettiva”),tecnica che ha consentito ildecollo del prodotto frescoe la sua consacrazionecommerciale. Purtroppo latecnologia MAP, concepi-ta per arrestare lo sviluppodei microrganismi aerobi,soprattutto muffe e lieviti,

non è stata (e non è tuttora)sempre interpretata inmodo corretto. Il suo prin-cipale punto di forza(prolungamento dellashelf-l ife del prodottoconfezionato) è quasi subi-to diventato un elementodistorcente a causa delle“deviazioni” subìte dallatecnologia MAP per allun-gare la vita commercialedel prodotto oltre il confinedello strettamente necessa-rio. La risorsa MAP, final-mente determinante pervincere l ’ insidia del lemuffe nel prodotto fresco, èstata innestata in una cultu-ra tecnologica e commer-ciale delle paste freschenon ancora cresciuta abba-stanza, finalizzata all’unicastrategia consideratapremiante, quella dellalongevità del prodotto. Epoiché su questa strada sisono tempestivamenteincamminati battaglioni diproduttori, la tecnologiaper la pasta fresca si è lesta-mente impadronita di unanuova fase di processo: ilcosiddetto secondo tratta-mento, noto anche come“sterilizzazione”, in praticauna appertizzazione delprodotto confezionato.

Si è discusso a lungo sullacorrispondenza delprodotto appertizzatoalla natura originaria delprodotto fresco, cosìcome del suo impoveri-mento organolettico; mala critica di natura tecno-logica a questa prassimolto diffusa, anzi diffu-siss ima, deve essereun’altra: il processo con ildoppio trattamento non èsempre indispensabileper garantire una lungavita commerciale alprodotto, in particolare aquello non farcito (adesempio orecchiette,trofie, cavatelli, pastelaminate in genere e pastefresche estruse), caratte-rizzato dall’impiego di unnumero molto limitato dimaterie prime ed ingre-dienti, dunque facilmentegestibile dal punto divista microbiologico.Attualmente molteproduzioni di queste tipo-logie di pasta fresca siavvalgono della tecnolo-gia del doppio trattamen-to per ottenere unashelf-life media di 90 gior-ni del prodotto confezio-nato in MAP. Questoprocesso richiede, media-

mente, circa 12-14 ore; unimpianto configurato conun gran numero di unitàdi linea e, conseguente-mente, una estesa superfi-c ie di ingombro dell ’impianto stesso. Eppure lamedesima shelf-life puòessere ottenuta, per questatipologia di prodotto confe-zionato in MAP, con unatecnologia di processoappropriata, molto menoesigente in fatto di unità, diingombri, di costi di produ-zione, basata essenzialmen-te sulla velocità del proces-so; processo che può esserecompletato, compreso ilconfezionamento e l’ incar-tonamento del prodotto edil suo stoccaggio in cellarefrigerata, in meno di 40minuti.Il caso citato è solo unesempio, proposto per farriflettere sulle scelte indi-cate all’inizio. Non sempree non necessariamente ècorretto ed opportunoseguire tal quali gli schemidi allestimento adottati daaltri produttori , dalmomento che non è dettosiano comunque ottimali econsoni alle esigenzespecifiche di chi si accingead un nuovo investimento.

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