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Conoscere, prevenire e curare LA MALATTIA VARICOSA DEGLI ARTI INFERIORI

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Conoscere, prevenire e curare LA MALATTIA VARICOSA

DEGLI ARTI INFERIORI

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PREFAZIONE

Nell’evoluzione della specie, l’aver conquistato, per l’homo erectus, la posizione

su due gambe, lo ha messo nella condizione di doversi confrontare con la legge

di gravità, che opponendosi al ritorno venoso del sangue al cuore favorisce

la comparsa delle varici agli arti inferiori.

Secondo la leggenda, la stessa Eva fu condannata a partorire nel dolore e a soffrire

di vene varicose. La raffigurazione delle vene varicose su stele votive, come

ringraziamento agli dei da parte di un fedele guarito, risale all’antica Grecia e fin

dal III sec. a.C. la scuola di Ippocrate interveniva con successo sulla patologia

varicosa. Nel corso dei secoli la gestione terapeutica delle varici ha subito diversi

cambiamenti, passando dalla semplice legatura dei gavoccioli venosi all’iniezione

di sostanze sclerosanti (scleroterapia), con tecniche differenti a seconda delle

scuole, per giungere fino alla rimozione con uncini (flebectomie sec. Muller),

alla safenectomia per stripping e, in tempi più recenti, alle tecniche di chirurgia

mininvasiva con il LASER e la Radiofrequenza.

Tuttavia, va detto che solo negli ultimi anni è stato conferito alle varici un giusto

riconoscimento come entità nosologiche in quanto, nei tempi passati, la patologia

vascolare le aveva relegate al ruolo di semplice inestetismo cutaneo, ovvero una

testimonianza del tempo che passa.

Attualmente i medici hanno modificato questa mentalità considerando

la componente estetica e quella funzionale con equilibrio e obiettività, al fine

di soddisfare quel benessere fisico e psicologico del paziente, che rispecchia i

canoni della medicina moderna. Le diverse soluzioni terapeutiche che si hanno

oggi a disposizione sono tutte molto valide e danno risultati soddisfacenti, purché

attuate con rigoroso rispetto delle indicazioni. Alla domanda: “dottore è meglio

fare il laser o la safenectomia?” La risposta corretta è: “l’importante è curare le

varici”. Il tipo d’intervento è scelto in relazione alle caratteristiche funzionali e

anatomiche del caso in esame. Non tutte le varici possono essere trattate con la

stessa procedura, quel che conta è il risultato.

Si ricordi infine che le varici col tempo possono ricomparire (varici recidive),

qualunque sia il trattamento adottato, questo è in relazione alla predisposizione

naturale ad ammalare di varici e alla persistenza dei fattori favorenti. Va da sé

dunque che un’adeguata preparazione ed informazione del paziente siano uno

strumento indispensabile, al fine di prevenire le recidive varicose, ed è proprio su

queste premesse che nasce questo semplice opuscolo informativo, destinato a tutti

i pazienti con problemi di varici ma anche a coloro che desiderano avere qualche

informazione sulla profilassi di una patologia largamente diffusa nella popolazione.

Dott. Guglielmo EmanuelliSpecialista in Chirurgia Generale,Angiologia e Chirurgia Vascolare

Responsabile Unità Funzionale di Chirurgia Vascolare

Istituti Clinici Zucchi, Monza

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CONOSCERE

Cos’è la malattia varicosa?

Le malattia varicosa degli arti inferiori è parte di un quadro clinico multiforme

noto come insufficienza venosa cronica degli arti inferiori (IVC).

La manifestazione delle varici rappresenta una delle espressioni più evidenti

dell’IVC, sia per quanto riguarda la componente anatomo-funzionale che estetica.

Essa colpisce mediamente il 30% della popolazione generale ed il sesso femminile

viene più frequentemente coinvolto rispetto al maschile, con un rapporto di 2:1.

La definizione universalmente riconosciuta descrive le varici come una dilatazione

permanente e tortuosa delle vene.

Le vene varicose tendono ad allungarsi e a dilatarsi ovvero la parete della vena si

lascia distendere come un elastico sotto la spinta di diversi fattori, il principale dei

quali è la predisposizione familiare.

È scorretto parlare di malattia ereditaria per le varici in quanto un vero e proprio

fattore genetico ereditario non è stato scoperto.

Tuttavia, si è riscontrato che le varici hanno carattere di familiarità, ossia più

membri della stessa famiglia ne sono affetti.

Lo stare in piedi per lungo tempo, ad esempio, può causare la comparsa di varici

agli arti inferiori; va detto però che non tutte le persone che stanno in piedi per

molte ore hanno le varici.

Le varici degli arti inferiori interessano il sistema venoso safenico, principale

sistema venoso superficiale che drena il sangue dalle gambe verso il cuore.

Esso è composto dalla grande safena che decorre anteriormente lungo tutta la

gamba dalla caviglia all’inguine e dalla piccola safena che invece è localizzata

posteriormente, fra i muscoli del polpaccio, ha

un decorso longitudinale dalla caviglia al cavo

popliteo (dietro il ginocchio).

E quindi…quali sono le cause predisponenti

l’insorgenza di varici?

Certamente il reflusso venoso cronico

rappresenta una spinta significativa per la

dilatazione venosa e rappresenta il segno più

importante dell’IVC.

Per capire questo concetto si consideri che la

funzione principale delle vene, diversamente dalle

arterie, è di raccogliere il sangue venoso (ricco

di anidride carbonica e povero di ossigeno) dalla

periferia per portarlo ai polmoni e al cuore,

per essere ossigenato e distribuito.

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Quindi il sangue venoso deve vincere la forza di gravità per salire dai piedi ai

polmoni e questo è possibile grazie all’intervento di numerosi fattori che si possono

schematizzare in modo molto semplice come segue:

1. Fattore valvolare

Le valvole venose impediscono al sangue di ricadere verso il basso.

2. Fattore muscolare

La contrazione dei muscoli del polpaccio esercita una sorta

di spremitura delle vene.

3. Suola venosa plantare

Spugna venosa della pianta del piede che viene massaggiata durante

il cammino.

4. Vis a tergo

Forza aspirante del cuore.

5. Vis a fronte

Gradiente pressorio toraco-addominale.

6. Vis a latere

Compressione legata alla pulsazione arteriosa.

L’alterazione di questi fattori determina un ostacolo al ritorno venoso di sangue

al cuore ovvero un reflusso, un flusso che va dall’alto verso il basso, che produce

un aumento di pressione nelle vene (ipertensione venosa) che spinge sulla parete

venosa, dilatandola.

Inoltre…

Sono tutti fattori che ostacolano il ritorno venoso e quindi predispongono

all’insorgenza delle varici.

Infine si ricordi che

Gli alcoolici e le terapie ormonali (pillola anticoncezionale e terapie

ormonali sostitutive) riducono il tono della parete venosa che, anche a causa

dell’ipertensione venosa, si dilata.

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Obesità Gravidanza Stare in piedi per molte ore

Calzature non appropriate

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Dall’ipertensione venosa alle varici… il passo è breve

Dal punto di vista clinico esistono alcuni sintomi e segni tipici della malattia

varicosa che consentono di far diagnosi con una certa semplicità.

SENSO DI PESO

È quasi sempre presente, peggiora con la stazione eretta e nelle ore serali, si

giova della deambulazione e del sollevamento degli arti.

DOLORE

Si chiama flebodinia il dolore causato dalla distensione venosa.

È molto variabile per frequenza, durata ed intensità, è localizzato a livello

delle vene varicose e si accentua alla stazione eretta, nel periodo

pre-mestruale, in gravidanza.

Anche in questo caso il sollevamento dei piedi (arti in scarico) porta

ad un sollievo del dolore.

Nelle forme più avanzate, con presenza di macchie della pelle

(dermo-ipodermite) o ulcere, il dolore può essere continuo e urente

nella sede delle lesioni.

EDEMA

Il paziente si lamenta per il gonfiore localizzato all’estremità distale

della gamba e alla caviglia con interessamento più spesso unilaterale.

Se il gonfiore è riferito come bilaterale e senza variazioni al cambio

di posizione, è più logico pensare ad un linfedema o lipedema, in ogni caso è

bene escludere una causa di altra natura.

CRAMPI

L’edema, soprattutto se imponente, può causare alterazioni metaboliche che

giustificano l’insorgenza di dolore crampiforme.

Anche le varici specie se voluminose e molto tese possono essere causa

di crampi dopo prolungata stazione eretta.

PRURITO

Sintomo frequente nella malattia varicosa e sovente complicata da

alterazioni dermatologiche quali eczema e/o dermo-ipodermite.

TUMEFAZIONI MOLLI DI COLORE BLUASTRO ALLE GAMBE

Si rendono particolarmente evidenti quando si sta in piedi sono, il dato

obiettivo tipico delle varici.

Tuttavia in alcuni soggetti robusti le varici possono anche non essere

evidenti, a causa del tessuto adiposo che le nasconde, quindi far diagnosi

può non essere così semplice.

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Complicanze delle varici

Eczema da stasi

VaricoTromboflebite o Trombosi Venosa Superficiale (VTF o TVS)

Ulcera varicosa

Trombosi Venosa Profonda (TVP)

Quindi, cosa fare?

Recarsi dal medico.

Una visita angiologica (l’angiologo è il medico specialista che cura i disturbi

causati da un’alterata circolazione del sangue) è senz’altro fondamentale per far

diagnosi di malattia varicosa ed inoltre, per pianificare le cure siano esse

medico-farmacologiche o chirurgiche, eseguire un esame eco-color-Doppler

venoso degli arti inferiori.

L’eco-color-Doppler è l’esame più usato nella diagnostica strumentale

per lo studio della malattia varicosa degli arti inferiori.

Esso non serve per far diagnosi di varici, poiché la clinica è sufficiente,

ma rappresenta uno strumento ormai imprescindibile nella programmazione

del trattamento e nel controllo dopo un intervento chirurgico.

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PREVENIRE…

Non vi è dubbio sul fatto che la predisposizione familiare sia un fattore favorente

non modificabile. Tuttavia, un adeguato stile di vita e la correzione dei quei fattori

che nel tempo possono rappresentare la causa scatenante per le varici, soprattutto

in soggetti predisposti, costituiscono un semplice ed utile strumento preventivo.

Non si dimentichi inoltre che le varici fanno parte dell’insufficienza venosa cronica,

ciò significa che anche dopo un intervento chirurgico di asportazione della safena

(safenectomia) o di obliterazione della safena, se si attuano tecniche di chirurgia

mininvasiva (vedi oltre), le varici vengono curate ma la malattia resta, ovvero la

predisposizione ad ammalare nuovamente di varici rimane.

Ed ecco quindi che la prevenzione va attuata sempre e comunque, sia prima che

compaiano le varici (prevenzione primaria), sia dopo l’intervento chirurgico, per

evitare le recidive varicose (prevenzione secondaria).

Adeguato stile di vita e norme comportamentali per attuare

un corretto programma preventivo

Basterebbe anche solo il buon senso per interpretare correttamente questo consiglio

eppure, sovente ci si sente chiedere dal paziente: “Cosa posso fare per evitare

che mi vengano le varici? Posso prendere il sole? Se metto i tacchi a spillo è un

problema? L’alimentazione è importante? E il peso?” E via discorrendo.

Di seguito si riportano una serie di punti salienti che soddisfano la maggior parte

dei quesiti ai quali quotidianamente si è sottoposti:

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Non stare in piedi fermi per molto tempo o in posizione seduta

Eseguire un moderato esercizio fisico (es. mezz’ora di cyclette al giorno o camminare per un’ora a passo sostenuto)

Evitare di esporsi al sole nelle ore di punta e di soggiornare in climi caldo-umidi

Moderare il consumo di alcolici

Evitare cibi piccanti poiché innescano e/o aumentano il prurito

Controllare il peso corporeo e contrastare l’obesità

Evitare i tacchi troppo alti o troppo bassi: il mezzo tacco è l’ideale per attivare la suola venosa plantare

Non indossare pantaloni troppo stretti, cinture strette, busti, guaine o giarrettiere che possono agire come un laccio ed ostacolare il ritorno venoso

Durante la stagione invernale evitare fonti di calore direttamente sulle gambe (riscaldamento ad aria, termosifone ecc.)

Correggere eventuali alterazioni osteo-articolari del piede consultando un ortopedico

Non assumere estroprogestinici (pillola anticoncezionale) se non in caso di patologia e comunque sempre e solo su consiglio dello specialista ginecologo

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NON SCAPPARE… CURATI

La cura delle varici prevede una corretta diagnosi

al fine di stabilire il trattamento più idoneo che può essere:

Conservativo Farmacologico Chirurgico.

Si è visto come la visita angiologica associata all’eco-color-Doppler siano

due momenti diagnostici fondamentali per un appropriato inquadramento

terapeutico. Tuttavia va detto, al fine di evitare inutili e pericolosi allarmismi,

che non tutte le varici sono da curare e ancor meno da operare; ossia solo

quando vi sono evidenti segni di scompenso e un reale rischio trombotico può

essere preso in considerazione il trattamento chirurgico. In tutti gli altri casi un

approccio conservativo, talvolta anche farmacologico, può essere sufficiente.

Terapia medica conservativa

La terapia dell’insufficienza venosa cronica degli arti inferiori è la calza elastica.

L’elastocompressione graduata, infatti, fornisce un sostegno al sistema venoso

dell’arto e potenzia la pompa muscolare favorendo in ultimo il ritorno venoso

verso il cuore.

La calza elastica dunque, opportunamente indicata (giusta misura, struttura

tollerabile dal paziente in quanto alcune calze sono in caucciù altre in

microfibra), rappresenta il cardine della terapia medica conservativa. Tuttavia,

non sempre viene accettata dal paziente con disinvoltura anzi spesso viene

rifiutata. In questi casi il lavoro psicologico del medico è fondamentale poiché la

calza elastica può essere tollerata da tutti, è sufficiente porre la giusta indicazione

ed istruire adeguatamente il paziente.

Quando indossare la calza elastica.

La calza elastica va indossata quando si sta in piedi, quindi durante il giorno e deve avere il giusto grado di compressione, in base all’entità della patologia e alla tollerabilità del paziente.

La calza elastica unitamente all’esercizio fisico rappresenta il trattamento di scelta dell’IVC, soprattutto in presenza di varici modeste o in pazienti anziani che, per la presenza di patologie concomitanti, non possono o non vogliono essere sottoposti all’intervento chirurgico. La calza elastica infatti fornisce un sostegno al sistema venoso tramitela compressione della muscolatura del polpaccio, favorendo il ritorno di sangue al cuore. Affinché una terapia elastocompressiva sia efficace è necessario che sia graduata, ossia la pressione esercitata deve essere decrescente dalla caviglia verso l’alto e che tale pressione sia adeguata alle diverse esigenze terapeutiche. La calza elastica va applicata sempre al mattino a gamba sgonfia e rimossa alla sera.

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Terapia farmacologica

I farmaci vengono ampiamente utilizzati nella pratica clinica, sotto varie

formulazioni commerciali: compresse, capsule, iniezioni intramuscolari, creme e

gel. I farmaci flebotonici vanno utilizzati in associazione agli altri presidi terapeutici,

quali l’elastocompressione, le corrette abitudini di vita e l’intervento chirurgico,

qualora ve ne sia l’indicazione.

Un primo gruppo di sostanze è costituito dai Bioflavonoidi, quali:

Diosmina, Esperidina, Tribenoside, Betaidrossietilrutoside ed Antacianoside

del Mirtillo, che agiscono sostanzialmente attraverso un potenziamento del sistema

venoso. Mentre un secondo gruppo rappresentato dall’Escina, dal Meliloto

e dalla Centella Asiatica, ha un’azione esclusivamente sulla modulazione

del metabolismo connettivale perivenoso.

Merita una menzione più dettagliata il Melilotus Officinalis

(Meliloto: mei = miele, lotos = trifoglio), pianta frequente ai margini

del bosco e dei prati. Essa appartiene alla famiglia delle Leguminose

ed ha piccoli fiori gialli con un profumo gradevolmente dolce che ricorda

il miele. Durante l’essiccazione la pianta, analogamente all’Asperula e

al Paleino odoroso (Anthoxanthum odoratum), sviluppa il tipico aroma

di cumarina, che è il componente principale dei fiori di fieno. È diffusa

in tutta l’Europa a clima temperato, nei luoghi incolti e semiassolati.

La parte usata in fitoterapia sono le foglie e le sommità fiorite. Dal punto di vista

della composizione chimica, contiene soprattutto cumarine, flavonoidi e tannini.

Tra le cumarine quella maggiormente rappresentata è il melilotoside il quale,

idrolizzandosi facilmente, conduce per lattonizzazione alla cumarina, il cui

effetto principale è quello sul drenaggio linfatico. Inoltre la cumarina riduce

significativamente il catabolismo delle catecolamine, in particolare l’adrenalina,

a livello vasale, con conseguente miglioramento della capacità contrattile dei vasi

e con riduzione dell’edema e del dolore. La riduzione degli edemi può essere

ottenuta somministrando questo fitoterapico sia per os che per via topica.

Interessante è poi il meccanismo d’azione di un gel crioflebotonico che unisce

all’azione di potenziamento della parete venosa, indotto dalla Centella Asiatica

(effetto antisfiancamento), all’effetto crioterapico, ossia di raffreddamento.

Il raffreddamento infatti induce due azioni congiunte e sinergiche:

Intervento sull’endotelio venoso con riduzione dei diametri

degli interstizi epiteliali e conseguente riduzione dell’edema;

Aumento del tono della muscolatura venosa, creando

una maggiore spremitura delle vene.

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Terapia chirurgica

La soluzione chirurgica resta ancora oggi il cardine terapeutico per le varici

caratterizzate da importante reflusso o sintomatiche. I punti di reflusso che aggravano

un’insufficienza venosa sono a livello inguinale (crosse safeno-femorale) e dietro il

ginocchio, nel cavo popliteo (crosse safeno-poplitea).

L’intervento chirurgico tradizionale o mininvasivo ha come obiettivo principale

l’eliminazione di tale reflusso. Diverse sono le metodiche a disposizione, alcune

ormai di vecchia data, come la safenectomia, altre di più recente acquisizione, come il

LASER e la Radiofrequenza.

Safenectomia per stripping: è l’intervento più utilizzato nel campo della malattia

varicosa e anche quello che permette di offrire maggiori garanzie di risultato, non tanto

perché più efficace rispetto agli altri ma poiché attuato da tutti i chirurghi vascolari per

diversi decenni; se ne conoscono maggiormente i risultati a lungo termine.

La safenectomia per stripping della grande safena prevede tre tempi: la fase inguinale

nella quale si pratica un’incisione all’inguine per isolare, legare e sezionare la grande

safena e tutti i collaterali affluenti alla crosse safeno-femorale (crossectomia), la fase

distale, che può essere al malleolo per lo stripping lungo oppure al terzo superiore

di gamba per lo stripping corto, in cui si isola la safena, la si seziona dopo legatura e

la fase dello stripping, ovvero, previo inserimento di una sonda metallica (stripper)

dall’inguine o dal basso, si estrae la sonda insieme alla vena.

Per lo stripping della piccola safena, i tempi

sono gli stessi ma le incisioni sono effettuate

al cavo popliteo, ossia dietro il ginocchio e al

malleolo lateralmente per lo stripping lungo,

a metà polpaccio per lo stripping corto.

Al trattamento chirurgico tradizionale

sopra descritto, si è aggiunto, negli ultimi

anni un approccio innovativo, che si basa

su un concetto nuovo, la conservazione

del patrimonio venoso: è il metodo ASVAL

(Ablation Sélective des Varices sous

Anesthésie Locale).

Nato storicamente dalla ricerca e dal lavoro di

un chirurgo vascolare francese, Paul Pittaluga,

questo approccio selettivo elimina solo le vene

varicose patologiche, preservando la principale

vena superficiale, la vena safena. Permette così

di salvaguardare il patrimonio venoso, lasciando le vene sane e/o recuperabili. Il metodo

ASVAL, da attuarsi obbligatoriamente in anestesia locale, si prefigge l’eliminazione

delle sole vene collaterali varicose, responsabili dell’origine della malattia e che sono

la causa dei disturbi funzionali ed estetici. Interessante è il riscontro che la vena

safena preservata, anche in presenza di un’insufficienza conclamata, spesso recupera

pienamente la propria funzione, per il solo fatto di asportare le vene collaterali malate.

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In entrambi gli interventi chirurgici sopra citati (stripping ed ASVAL),

l’asportazione dei rami varicosi collaterali, viene eseguita con la seguente

tecnica: Flebectomie sec. Muller ovvero un numero variabile di micro-

incisioni cutanee e la rimozione delle varici con l’utilizzo di un uncino,

in corrispondenza delle varici precedentemente disegnate con una penna

dermografica.

Fra le procedure mininvasive certamente il LASER detto EVLT (Endo Venous

Laser Treatment) e la Radiofrequenza (VNUS) hanno ottenuto negli ultimi

anni una posizione di tutto rispetto nell’ambito della chirurgia vascolare, sia

per la loro diffusione che per risultati finora ottenuti.

Entrambe le tecniche producono un’obliterazione della safena per

surriscaldamento, ma mentre il laser sfrutta la presenza dell’emoglobina dei

globuli rossi per ottenere una vaporizzazione del contenuto (sangue) e del

contenitore (parete venosa), la radiofrequenza surriscalda il rivestimento

interno della parete venosa (endotelio) fino a 85, 90°C, previo svuotamento

della vena stessa. Il risultato finale di entrambi i trattamenti è rappresentato

dalla trasformazione della vena in un cordone fibroso, che quindi rimane

nella propria sede anatomica ma viene esclusa dal circolo e dal punto di vista

emodinamico è come se venisse rimossa.

Quali sono le eventuali complicanze post-operatorie?

Negli interventi chirurgici tradizionali: ematomi ed ecchimosi sono quasi

sempre presenti ma di entità variabile. Le infezioni delle ferite chirurgiche sono

rare. Vi possono invece essere complicanze nervose, quali anestesie e disestesie

nel territorio dei nervi che decorrono a ridosso o molto vicino alle vene safene

(nervo safeno e surale). Infine sintomi quali gonfiori (edemi), dolore, senso

di tensione e prurito, se presenti, sono variabili nell’intensità e sono legati al

traumatismo locale dell’intervento chirurgico: tendono comunque a regredire

gradualmente fino a scomparire nel giro di un mese circa.

Nelle procedure endovascolari, l’infiammazione del tessuto

sottocutaneo/perivenoso lungo il territorio

safenico trattato col laser, può essere la

manifestazione post-operatoria più fastidiosa

ed evidente.

Tuttavia, al fine di evitare inutili allarmismi, si

consideri che questa è l’evoluzione naturale della

procedura che per meccanismo d’azione genera

una vera e propria flogosi della safena e del tessuto

circostante. Tale reattività è generalmente più

importante nella tecnica LASER rispetto alla

radiofrequenza inoltre, ogni individuo reagisce in

modo differente e con diversa intensità in base alle

caratteristiche anatomiche e reattive individuali.

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