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CONOSCERE LE PIANTE Breve guida alle meraviglie dei nostri prati a cura di Gianpaolo Michelutti

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CONOSCERE LE

PIANTE Breve guida alle meraviglie dei nostri prati

a cura di

Gianpaolo Michelutti

Il presente manuale ha uno scopo puramente divulgativo e di pubblica informazione gratuita. Il materiale utilizzato ed eventualmente coperto dal diritto d'autore rimane d'esclusiva proprietà dei proprietari che in qualsiasi momento potranno chiedere che venga rimosso, inviando una richiesta scritta alla Segreteria dell'Unitre di Sesto Calende ([email protected]).

Sesto Calende, giugno 2013

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 3

CONOSCERE LE PIANTE Breve guida alle meraviglie dei nostri prati

La sistematica Classificare è un’esigenza naturale nell’uomo e significa fare ordine all’interno di un insieme

eterogeneo, raggruppando gli elementi in categorie più o meno omogenee al loro interno. Così

procediamo anche quando facciamo ordine tra le carte della nostra scrivania.

Gli esseri viventi sono molto numerosi e diventa perciò necessario organizzarli in modo che si

possano trattare e studiare con maggior facilità.

La SISTEMATICA è la scienza che raggruppa gli esseri viventi in unità sistematiche in base alle

loro caratteristiche peculiari. Appare evidente come questi raggruppamenti siano opinabili e come

di fatto in natura non esistano divisioni nette.

Il primo passo: la specie

Il primo passo nell’ordinare un insieme caotico è quello di individuare l’unità elementare : in

botanica e in zoologia questa unità è la specie.

Secondo la definizione classica la specie è l’unità di base che indica l'insieme degli esseri

viventi con caratteri morfologici simili, in grado di accoppiarsi e generare prole feconda. I vegetali sfuggono però in parte a questa definizione, per la grande varietà dei loro meccanismi

riproduttivi che consentono l’ibridazione con progenie fertile non solo tra specie diverse dello

stesso genere (il genere è il livello superiore alla specie), ma addirittura tra specie di generi diversi.

L’approccio evoluzionistico, che è alla base della biologia attuale, ha messo in crisi il concetto di

specie come entità fissa: ogni gruppo di viventi non è più considerato un’entità fissa e immutabile,

ma è soggetto a continuo mutamento e viene osservato in una fase della sua evoluzione. Diventa

dunque importante evidenziare le relazioni di parentela evolutiva (affinità filogenetiche) fra gli

individui considerati.

Oggi sempre maggiore importanza rivestono le misurazioni di affinità degli acidi nucleici, in

particolare del DNA presente nel nucleo e negli organuli cellulari.

In definitiva, la specie rischia di essere una categoria astratta artificiale inventata dall’uomo per

schematizzare una realtà che è in continuo mutamento, sia nel tempo che nello spazio.

Tuttavia in una sistematica di tipo applicativo il concetto di specie morfologica (morfospecie) si

rivela nella maggior parte dei casi sufficientemente funzionale. Secondo questa interpretazione, la

specie viene definita sulla base delle caratteristiche morfologiche che la distinguono dalle

altre.

Dalla specie al Regno Individuare le unità elementari (le singole specie) non è sufficiente: è

necessario raggruppare le specie in un sistema coerente di categorie ordinate

gerarchicamente.

E così le specie che concordano nella maggior parte dei caratteri vengono

raggruppate in Generi, i Generi in Famiglie, queste in Ordini, poi in Classi, in

Divisioni (Phylum) e finalmente in Regni.

Linneo raggruppa gli organismi sulla base delle similitudini e delle differenze

delle caratteristiche morfologiche osservabili.

Con le teorie evoluzionistiche (Darwin, 1859) gli organismi viventi vengono

raggruppati tenendo conto del loro processo evolutivo (filogenesi), per cui

soltanto i gruppi che condividono un antenato comune recente (monofiletici)

possono costituire una categoria sistematica. Come già detto, in tempi più

recenti anche questo approccio potrebbe essere superato da quelli basati

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sull'analisi molecolare (DNA). Al di sopra del genere, ciascuna delle categorie indicate ha una sua

desinenza caratteristica:

-aceae per la famiglia

-ales per l'ordine

-opsida per la classe

-phyta per la divisione o phylum

Un esempio Il pisello a fiori bianchi e il pisello a fiori rossi sono quasi identici: appartengono entrambi al genere

Pisum, ma hanno nomi di specie differenti (sativum, arvense). Il fagiolo differisce dalle due specie

di pisello molto più che queste tra loro (foglie differenti, stipole piccole, fusto volubile, ma non

rampicante) e per questo appartiene ad un genere diverso : Phaseolus.

Ma entrambi hanno fiori ugualmente conformati ed anche i frutti sono dei legumi per entrambi:

allora appartengono alla stessa famiglia, quella delle Leguminose (Faboidee).

Un po’ di storia

Linneo

Tentativi di classificazione sono esistiti fin dall'antichità (Aristotele e

Plinio il Vecchio) ma è con il Systema Naturæ (1758) di Carl Nilsson

Linnaeus, divenuto Carl von Linné in seguito all'acquisizione di un titolo

nobiliare e noto ai più semplicemente come Linneo che la sistematica

acquista una forma scientifica.

Linneo prevedeva due suddivisioni principali (regni) per gli esseri

viventi: vegetali e animali (oltre ai minerali). I primi erano rappresentati

da organismi fissi sul terreno, in grado di compiere la fotosintesi ed altri

organismi unicellulari come batteri, alghe e funghi (organismi autotrofi);

degli animali (organismi eterotrofi), facevano parte organismi capaci di

movimento compresi anche i Protozoi.

Linneo propose anche la suddivisione tuttora adottata degli esseri viventi in categorie gerarchiche,

che partendo dal livello più basso (la specie) sono: Specie, Genere, Famiglia, Ordine, Classe,

Divisione (Phylum), Regno; in questo modo le Specie tra loro simile venivano raggruppate ad un

livello più alto in Generi, i Generi in Famiglie e così via.

Linneo raggruppa gli organismi sulla base delle similitudini e differenze delle caratteristiche

morfologiche osservabili (soprattutto la somiglianza degli organi sessuali) e non tiene conto dei

processi evolutivi (a lui sconosciuti).

E. H. Haeckel

Ernst Heinrich Haeckel ha mappato un albero genealogico relativo

a tutte le forme di vita (1866) e coniato molti termini in biologia,

come antropogenia, ecologia, phylum, filogenesi, cellule staminali,

e regno dei protisti.

Haeckel ha promosso e reso popolare l'opera di Charles Darwin,

che è alla base della filogenesi.

La filogenesi è il processo di ramificazione delle linee di

discendenza nell'evoluzione della vita. La sua ricostruzione è

fondamentale per la sistematica che si occupa di ricostruire le

relazioni di parentela evolutiva di gruppi e di organismi a

qualunque livello sistematico. Un albero filogenetico è un

diagramma che mostra le relazioni fondamentali di discendenza

comune di gruppi di organismi (in figura l'albero della vita).

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La nomenclatura binomia

Linneo dette importanza al genere come categoria sistematica superiore che raggruppa specie tra

loro simili e propose nell’opera “Species plantarum” (1753) di adottare i due nomi Genere e specie

uniti "solidalmente" (prima il genere e poi la specie) espressi in lingua latina, per identificare

l'individuo, dando inizio ufficialmente alla nomenclatura binomia, che viene tuttora usata in

botanica e in zoologia.

Il nome completo di una specie comprende quindi:

Al primo posto il nome del Genere in corsivo e con la maiuscola iniziale

al secondo posto il nome della specie in corsivo, infine

l’iniziale dell’ Autore che ha descritto per primo la specie.

Ad esempio, il nome scientifico del Lampone sarà : Rubus idaeus L.

dove Rubus è il nome del Genere, idaeus quello della specie, L. l'iniziale dell'autore.

Le proposte avanzate dagli studiosi

La suddivisione in categorie sistematiche degli esseri viventi è una costruzione umana e dunque

soggetta agli sviluppi dei metodi scientifici, oltre che alle opinioni personali dei vari studiosi e,

ovviamente, dipende dai caratteri che vengono ritenuti più importanti per definire i vari gruppi.

La tabella mostra alcune delle proposte avanzate per i Regni ed i Domini degli esseri viventi.

Qui consideriamo lo schema di Whittaker (1969) che prevede cinque regni.

MONERE. Organismi unicellulari privi di un nucleo morfologicamente definito. Il DNA, non

legato a proteine, risulta raccolto nel citoplasma in uno o più corpi cromatici o nucleoidi. (Batteri,

Alghe azzurre).

PROTISTI. Organismi unicellulari con un nucleo ben definito, possono essere considerati ai

confini tra i regni delle piante, degli animali e dei funghi. (Alghe Diatomee, Protozoi).

FUNGHI. Organismi pluricellulari eterotrofi (non in grado di sintetizzare autonomamente le

molecole organiche a partire da molecole inorganiche, devono far riferimento a composti organici

precedentemente sintetizzati da altri organismi, che sono invece detti autotrofi, come ad esempio

tutte le piante che posseggono clorofilla). In genere sono saprofiti (si nutrono di sostanze morte) e

simbionti, ma anche parassiti.

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PIANTE. Organismi pluricellulari autotrofi con pareti cellulari a base di cellulosa.

ANIMALI. Organismi pluricellulari eterotrofi, con cellule circondate da collagene e glicoproteine

elastiche e un corpo differenziato in quattro tessuti distinti: epiteliare, connettivo, muscolare e

nervoso ed un apparato digerente.

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Il regno delle piante Il regno delle piante viene suddiviso, secondo la maggior parte degli autori, nelle 15 divisioni dello

schema. Alcuni autori hanno considerato altri caratteri distintivi, che hanno dato vita a differenti

raggruppamenti. All'atto pratico, per chi è interessato al riconoscimento di una specie, il gruppo

sistematico nel quale essa è inquadrata a livello di divisione o classe non è tuttavia importante.

tessuti

conduttori riproduzione

Super-

Divisione DIVISIONE (PHYLUM) CLASSE

assenti

(Piante non

vascolari) Crittogame

(propagazione

per mezzo di

spore)

Alghe

ALGHE VERDI (Chlorophyta,

Charophyta)

ALGHE ROSSE (Rhodophyta)

Briofite

MUSCHI (Bryophyta)

EPATICHE (Hepatophyta)

ANTOCERI (Anthocerophyta1)

presenti

(Piante

vascolari)

Tracheofite

Pteridofite

PSILOFITE (Psilotophyta2)

EQUISETI (Equisetophyta)

LICOPODI (Lycophyta)

SELAGINELLE (Lycophyta)

FELCI (Pterophyta)

Fanerogame

Spermatofite

(producono

semi)

Gimnosperme

(semi nudi)

CICADOFITE Cycadophyta)

GINKGOFITE (Ginkgophyta)

CONIFERE (Coniferophyta)

GNETOFITE (Gnetophyta)

Angiosperme

(semi protetti

da un ovario)

MAGNOLIOFITE (Angiosperme)

(Magnoliophyta)

Monocotiledoni

Dicotiledoni

(1) simili alle epatiche

(2) piccole piante vascolari tropicali

Ecco un esempio di classificazione. Si tratta ancora del lampone, il cui nome completo è

Rubus idaeus L.

Regno : Plantae (Piante) Famiglia : Rosaceae

Divisione: Magnoliophyta (Angiosperme) Genere : Rubus

Classe : Magnoliopsida (Dicotiledoni ) specie : idaeus

Ordine : Rosales Autore : L. (Linneo )

Come osservare le piante

Che cosa serve per osservare i fiori:

una lente di ingrandimento (5-10x),

una pinzetta e degli aghi,

bustine di carta o tubetti per i frutti o i semi,

un quaderno di appunti ed una penna.

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Se si è alle prese con particolari molto piccoli (come i fiori delle graminacee) è consigliabile l’uso

di un microscopio binoculare a 10-40 ingrandimenti.

... E SERVE ANCHE UN BUON LIBRO CON LE CHIAVI DI DETERMINAZIONE E DELLE

BELLE FIGURE !

L’opera più importante sulla flora italiana è

“La flora d’Italia” coordinata da Sandro Pignatti. Sono oltre 2000 pagine in tre i volumi che raccolgono tutte le informazioni utili per riconoscere le

5599 specie (e sottospecie) che componevano la flora italiana fino al 1982.

L'opera si basa su chiavi dicotomiche che permettono l'individuazione della specie. Per ogni entità è

stata inserita una breve descrizione, corredata da un disegno e da altre informazioni, quali la quota e

l'ambiente in cui vive, il periodo di fioritura ed una cartina di distribuzione sul territorio italiano.

Questi tre libri, benché ormai datati, restano uno strumento indispensabile per lo studio della

botanica e della flora italiana.

L’erbario

Anticamente l'erbario era un libro che descriveva l'aspetto, le

proprietà medicinali e altre caratteristiche (semina, raccolta...) delle

piante usate in medicina (erbari figurati). Il primo erbario conosciuto

è quello di Dioscoride, un medico di origine greca del I secolo d.C.

Oggi indica :

una raccolta di piante essiccate (essiccata);

una struttura museale dedicata alla raccolta completa e

sistematica delle specie ordinate in modo da poter essere

conservate e consultate.

Realizzare un erbario

Raccolta dei campioni, che devono possedere tutte le parti

necessarie per la determinazione.

Essiccazione dei campioni tramite la compressione degli stessi

tra due fogli di carta assorbente. In figura è mostrata una pressa

per essicazione: gli esemplari sono inseriti fra due fogli di carta

assorbente e tra un campione e quello successivo vi è un cartone

corrugato (rigido).

Etichettatura dei campioni essiccanti. L'etichetta prevede

l'inserimento di varie informazioni tra cui:

la denominazione scientifica della specie, la data di raccolta,

il luogo di raccolta

il raccoglitore, il determinatore, altre informazioni (colore

delle foglie, dei ...).

Montaggio dei campioni su fogli di carta bianca (meglio se

cartoncino), poi collocati in una custodia protettiva.

Protezione periodica delle piante dagli insetti e dai

parassiti.

Alcuni gruppi di piante (morbidi, voluminosi) non sono

adatti all’essiccazione mediante pressatura e nemmeno alla

stesura su fogli. Per queste piante, possono essere utilizzati

altri metodi di preparazione e conservazione (ad esempio la

liofilizzazione).

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Fotografare le piante Fotografare le piante e specialmente i fiori è un’attività che

dà molte soddisfazioni e che ci fa scoprire spesso un mondo

che nemmeno immaginiamo.

Piante di dimensioni medio - grandi

non servono attrezzature particolari. Qualsiasi

fotocamera va bene.

Foto ambientate: è conveniente utilizzare un obiettivo

grandangolare, per la maggiore profondità di campo.

Piante piccole o particolari.

Serve un'attrezzatura per riprese macro:

obiettivo macro (1),

tubi di prolunga (2),

lenti addizionali (3),

anello d'inversione dell'ottica (4),

soffietto.

Le piante si nutrono: la fotosintesi clorofilliana

Le piante assorbono anidride carbonica dall’aria e acqua

dal terreno;

* utilizzano l’energia della luce solare e la clorofilla come catalizzatore;

* producono zuccheri per il nutrimento;

* liberano ossigeno in atmosfera .

La fotosintesi clorofilliana è un processo

chimico grazie al quale le piante verdi e altri

organismi producono sostanze organiche a

partire dall'anidride carbonica atmosferica e

dall’acqua, in presenza di luce solare. Durante la

fotosintesi, con la mediazione della clorofilla

(catalizzatore), la luce solare permette di

convertire sei molecole di CO2 e sei molecole di

H2O in una molecola di glucosio (C6H12O6) e

di liberare nell'atmosfera, attraverso gli stomi,

sei molecole di ossigeno.

La fotosintesi clorofilliana è il processo di

produzione primaria di composti organici da

sostanze inorganiche nettamente dominante sulla

Terra ed è l'unico processo biologicamente

importante in grado di raccogliere l'energia

solare, da cui, fondamentalmente, dipende la vita

sulla Terra. La quantità di energia solare

catturata dalla fotosintesi è immensa, ed

equivale a circa sei volte quanto consuma

attualmente la civiltà umana.

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Morfologia delle Angiosperme

La radice La radice è la parte inferiore della pianta che generalmente si sviluppa nel terreno.

Funzioni della radice

assorbimento di acqua e sali minerali, essenziali per

la vita della pianta, mediante i peli radicali;

conduzione dei sali minerali verso le altre zone

della pianta;

ancoraggio: sostiene e mantiene la pianta attaccata

al terreno;

riserva: formata in gran parte da tessuto di riserva, è

il principale organo di accumulo delle sostanze

prodotte dalla fotosintesi;

produzione di ormoni e sostanze tossiche che

sembrano inibire l'accrescimento di radici

secondarie ed ostacolare lo sviluppo di radici di

piante vicine, favorire la divisione cellulare delle gemme laterali;

respirazione: alcune radici modificate (pneumatofori) svolgono

anche questa funzione;

ecologica: imbrigliare il terreno, evitando smottamenti e frane.

Struttura della radice

(2) colletto : è il punto di inizio della radice.

(3) radice principale: l’asse da cui si diramano le radici secondarie

(4).

(5) zona dei peli radicali destinati all’assorbimento.

(6) cuffia o pileoriza: ha funzione protettiva.

Che cosa osservare per la determinazione

In genere si cerca di utilizzare altre parti della pianta per evitare di

strapparla. Se è necessario esaminare anche la radice, gli elementi da

osservare sono:

tipologia della radice: a fittone, fascicolata o modificata;

per la radice modificate: radici avventizie, tuberizzate e napiformi.

Tipologia della radice

(A) Radice a fittone: è la forma che di norma

assume la radice primaria, quando è preponderante

rispetto alle radici laterali. Funziona per tutta la vita

della pianta spingendosi verticalmente nel terreno

fino a profondità notevoli (dicotiledoni legnose e

gimnosperme).

(B) Radici fascicolate o affastellate: sono radici

secondarie che accrescendosi raggiungono o

superano la lunghezza ed il diametro della radice

principale, diventando tutte radici principali con possibilità di formare radici laterali.

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Radici modificate.

Radici avventizie. Nascono su altri organi della

pianta (rami, foglie) e possono avere sia funzione

di sostegno che di assorbimento. Presenti nelle

Monocotiledoni, Pteridofite, stoloni, talee.

Radici aggrappanti dell’edera.

Radici colonnari sono radici avventizie che

partono da un ramo e scendono sul terreno

formando una specie di colonna di sostegno

(Ficus).

Radici aeree o pendenti . Alcune orchidee che vegetano su alberi

tropicali lasciano pendere ciuffi di radici aeree per assorbire

umidità.

Radici tuberizzate, rizotubero. Sono radici ingrossate (simili per

l'aspetto al tubero), contenenti importanti quantità di sostanze di

riserva (Dahlia, orchidee).

Radice napiforme con l'asse ingrossato rotondeggiante (Brassica

rapa) o fusiforme (Daucus carota).

Le radici delle piante bulbose (rizomi, tuberi, bulbi, bulbo-tuberi) simili per aspetto alle radici tuberizzate, sono tuttavia fusti ipogei, specializzati nell’accumulo di sostanze di riserva. Questi particolari fusti sono dotati di radici avventizie spesso fascicolate.

Dahlia e Brassica rapa

Radici respiratorie o pneumatofori, proprie dei terreni

fangosi e acquitrinosi, riforniscono di ossigeno la pianta.

Risalgono dal terreno verso l’alto (Taxodium - Mangrovie).

Radici tabulari a forma compressa che scendono lungo il fusto

come un contrafforte. (Ficus magnolioides).

Austori, sono le radici delle piante parassite che penetrano nei

tessuti conduttori della pianta ospite per succhiarne il contenuto

(Cuscuta).

Mangrovia

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Il fusto Il fusto o caule, erbaceo o legnoso, è la parte aerea delle piante vascolari. Nella maggior parte dei

fusti si distinguono nodi e internodi: i nodi sono i punti in cui sono inserite le foglie, mentre gli

internodi sono i segmenti compresi tra due nodi successivi. Quando il fusto è assente o molto

ridotto la pianta si dice acaule. Quando il fusto è privo di foglie si dice afillo. In questo caso la

funzione clorofilliana viene svolta da altri organi, quali i fusti e in qualche caso anche le radici.

Funzioni del fusto

meccanica: costituisce l’asse scheletrico della pianta; porta i rami le foglie, i fiori e i frutti.

fisiologica: collega radici e foglie mediante i tessuti conduttori che trasportano l’acqua e i sali

minerali dalle radici verso le foglie e la linfa da queste a tutta la pianta;

porta le gemme, all’apice dei rami (apicali), all’ascella delle foglie (ascellari) o su altre parti

della pianta (avventizie) che danno origine a

nuovi rami e foglie (foglifere) o ai fiori

(fiorifere).

accrescimento in lunghezza dovuto all’attività

delle gemme apicali (cellule meristematiche).

Nelle piante legnose (alcune Dicotiledoni e tutte

le Gimnosperme) l’ingrossamento dei fusti è

dovuto ad un particolare tessuto detto cambio,

assente nelle monocotiledoni.

organo di riserva (rizoma, bulbo, tubero).

Che cosa osservare per la determinazione La consistenza del fusto: erbaceo, legnoso;

la tipologia dei fusti erbacei: stelo, culmo, calamo, scapo;

la tipologia dei fusti legnosi: Albero, frutice, suffrutice, sarmento;

il portamento della pianta: eretto, prostrato, rampicante, volubile, nutante;

se necessario si può osservare la tipologia dei fusti ipogei: tubero, bulbo, rizoma;

la presenza di fusti modificati: stoloni, cladodi, fusti carnosi, spine, viticci.

Ramificazione del fusto Il fusto si sviluppa verso l'alto

(geotropismo negativo) ed in genere

presenta una ramificazione (altrimenti

viene detto monocaule), che può essere:

dicotomica: l'apice vegetativo si

divide in due dando luogo a due rami

terminali che a loro volta si dividono

in due e così via. È tipica delle pteridofite (Lycopodium) ed è molto rara nelle spermatofite.

laterale: dall'asse centrale si sviluppano i rami laterali è la più comune nelle spermatofite. Si

hanno i casi seguenti.

o ramificazione monopodiale quando il fusto centrale si sviluppa indefinitamente

emettendo i rami laterali che restano ad esso subordinati. È la forma a cono o piramidale

delle Conifere;

o ramificazione simpodiale che si verifica quando la gemma apicale cessa di funzionare e

l'accrescimento è regolato dalle gemme laterali (da due gemme opposte: a dicasio, da una

gemma: a monocasio); presente in molte dicotiledoni erbacee e in tutte le monocotiledoni.

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CONOSCERE LE PIANTE 13

Tipologia del fusto.

A seconda dello sviluppo e della consistenza dei suoi tessuti il fusto si diversifica in: erbaceo e

legnoso.

Il fusto erbaceo

Ha i tessuti non lignificati, è normalmente di colore verde.

stelo, gambo, peduncolo fiorale sono termini generici

che indicano un caule che porta foglie e fiori;

culmo, cavo all'interno a livello degli internodi, ma

pieno ai nodi (Triticum, bambù);

calamo, fusto erbaceo vuoto all'interno con nodi

soltanto alla base ed all’apice (Juncus, Carex);

scapo, fusto senza foglie e rami o con foglie solo alla

sua base, porta solo i fiori terminali (Tulipa, Leucojum);

Il fusto legnoso

Fusto rigido e solido per la presenza di lignina.

suffrutice, o cespuglio: ramificato dalla base, con rami basali lignificati, rami superiori

erbacei (rosa, timo);

arbusto, o frutice: ramificato sin dalla base, non raggiunge i 5 m in altezza, ma i suoi rami

sono tutti legnosi (biancospino);

albero: se le ramificazioni iniziano ad una certa altezza e supera normalmente i 5 m.

(betulla...);

stipite: fusto eretto non ramificato terminante all'apice con una corona di foglie (palma).

sarmento, un fusto legnoso molto sviluppato in lunghezza e perciò debole, bisognoso di

sostegno (vite).

Portamento del fusto

eretto: diretto verso l'alto;

prostrato o strisciante: disteso

sul terreno con tutti i suoi rami

senza produrre radici (Salix

reticulata);

reptante: adagiato al terreno,

ma con radici avventizie ai nodi

(Trifolium repens);

ascendente: cresce prima

prostrato e poi eretto (Saxifraga adscendens);

rampicanti: si attacca ai sostegni con rametti (o porzioni di foglia) trasformati in filamenti

detti cirri o viticci (Vitis, Lathyrus).

radicante: si aggrappa mediante radici avventizie (edera);

volubile: si avvolge attorno ad un supporto (Convolvulus);

nutante: inclinato prima della fioritura (Silene nutans).

Superficie del fusto

glabro: sprovvisto di peli;

tomentoso: completamente ricoperto da una morbida, esile e fitta

peluria, che maschera il colore sottostante;

pubescente: con peli corti e morbidi;

aculeato: munito di aculei (rosa);

spinoso: munito di spine (biancospino).

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Fusti ipogei

Si sviluppano nel terreno subendo particolari modificazioni.

tubero: ramo ipogeo che assume forma globosa e ingrossata ed ha funzioni di riserva (in

genere amido), dotato di gemme (occhi) capaci di originare fusti aerei (patata, ciclamino);

bulbo: composto da un corto asse di forma discoidale (girello) munito di radici nella parte

inferiore e avvolto da foglie trasformate in squame carnose (catafilli) ricche di sostanze di

riserva; Dalla gemma centrale del girello si sviluppano le foglie e le parti aeree della pianta.

bulbo tunicato: le squame avvolgono completamente il disco (cipolla);

bulbo squamoso: le squame sono embricate (giglio).

rizoma: fusto strisciante ipogeo, a decorso orizzontale con ai nodi gemme che svilupperanno

fusti erbacei (polloni), ed inferiormente radici avventizie fascicolate. Ha funzioni di accumulo

di sostanze di riserva (mughetto, felci).

bulbillo: è un piccolo bulbo che si forma alla base del bulbo principale, ma anche all'infiorescenza (Allium), o all'ascella delle foglie (Lilium bulbiferum subsp. bulbiferum); cadendo sul substrato danno origine a nuove piante.

Fusti modificati

Stoloni: fusti striscianti che partendo dal colletto della pianta si sviluppano orizzontalmente e

si radicano nel terreno, facendo nascere nuove piantine (riproduzione vegetativa: Fragaria ,

Potentilla).

Cladodi o fillocladi: fusti o rami compressi ed appiattiti di colore verde, capaci di attività

fotosintetica, presenti quando le vere foglie sono ridotte o trasformate in spine; possono

mantenere l'aspetto caulinare (ginestra) o assumere l'aspetto fogliare (Ruscus, Opuntia);

Fusti succulenti: adattamento al clima arido, sono costituiti da un tessuto capace di

immagazzinare molta acqua, e le foglie trasformate in spine per limitare l'evaporazione e

l'esposizione al sole della loro superficie. ("piante grasse“, Opunzia);

Spine: sono rami (Crategus) o foglie (stipole) modificati (Robinia pseudoacacia), che hanno

funzioni di difesa della pianta dagli animali erbivori.

Diversa origine hanno gli aculei della Rosa che sono

escrescenze di origine epidermica.

Viticci o cirri: sono rametti modificati, o porzioni di foglie

modificate, che si avvolgono ad un sostegno per sorreggere

la pianta (Vitis vinifera); talvolta sono muniti di piccole

ventose come la Vite americana (Parthenocissus

quinquefolia) e sono detti viticci adesivi.

Rizoma Bulbo Tubero

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CONOSCERE LE PIANTE 15

La foglia Le foglie normali (nomofilli) sono organi aerei, inseriti in corrispondenza

dei nodi del caule, a forma generalmente laminare, espansa e sottile, di

solito verde.

Funzioni della foglia

regolare gli scambi gassosi e il bilancio idrico della pianta

(traspirazione e respirazione);

svolgere il processo di assimilazione e fotosintesi clorofilliana,

necessari alla vita della pianta;

riserva nutritizia;

catturare piccoli animali nelle poche specie carnivore (Drosera).

Aspetto della foglia

aghiforme: a forma di ago (Pinus);

a sezione cilindrica o prismatica ;

laminare (caso tipico);

carnosa (Sedum).

Parti della foglia delle Angiosperme

picciolo: la parte che collega la foglia al ramo; se

manca, la foglia è sessile;

guaina: l’estremità per lo più allargata del picciolo,

con la quale esso si unisce al ramo;

lamina o lembo: la superficie della foglia,

generalmente estesa per favorire gli scambi di gas

con l'esterno e l'evaporazione dell'acqua; distinta in

pagina superiore ed inferiore.

stipole, espansioni laminari di aspetto fogliaceo o

membranaceo/scarioso, talvolta spinescenti alla base del picciolo, a

volte assenti o caduche. ligula: espansione della guaina fogliare delle Poaceae e Cyperaceae che

serve a proteggere la pianta dall’acqua. Può essere membranosa, una frangia di peli o assente (figura a lato).

Che cosa osservare per la determinazione

comportamento rispetto al fusto:

o l’ inserzione sul fusto;

o Il portamento rispetto al fusto;

o La disposizione delle foglie;

tipologia della foglia

o foglia semplice, composta;

o disposizione delle foglioline nella foglia composta:

caratteristiche della foglia

o nervature

o incisioni della lamina e del margine

o forma dell’apice, forma della lamina, forma della base

o Rapporto lunghezza / larghezza della lamina

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 16

Comportamento rispetto al fusto

Inserzione della foglia sul fusto

sessile: priva di picciolo;

picciolata: munita di picciolo;

guainante: la guaina si allarga alla base e abbraccia gran parte del caule;

amplessicaule: la foglia sessile abbraccia completamente il caule;

perfogliata: il fusto attraversa la lamina; sono foglie sessili le cui orecchiette si saldano alla

base;

connata : quando due foglie opposte hanno la base del lembo saldata (Lonicera);

peltata: quando il picciolo si inserisce nel centro del lembo;

decorrente: la lamina si prolunga sul fusto con due ali.

Portamento della foglia rispetto al fusto

appressate o erette: aderenti al fusto;

patenti: formano col fusto un angolo retto;

riflesse: incurvate verso il basso.

Disposizione sul fusto

in rosetta basale: le foglie sono raccolte alla base del caule;

alterne : una foglia per nodo.

distiche: disposte su un piano (Solanum dulcamara).

spiralate: disposte su piani diversi (Sedum sexangulare); è la disposizione più comune.

opposte: due foglie per nodo.

distiche: disposte su un piano (Lonicera nigra)

decussate: disposte su piani ortogonali (Euphorbia lathyris)

verticillate: 3 o più foglie per nodo.

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 17

Tipologia della foglia semplice: quando ha una sola lamina fogliare ;

composta: formata da molte foglioline inserite sul rachide , che

deriva dalla trasformazione della nervatura centrale.

Disposizione delle foglioline nelle foglie composte

pennate: foglioline disposte sul rachide come le barbe di una

penna;

imparipennate: in numero dispari e apice terminante con un

segmento;

paripennate: foglioline pari e apice senza

segmenti o terminante con un cirro o mucrone

(breve punta diritta).

bipennate/tripennate: le foglioline si dividono

ulteriormente in due/ tre parti risultando a loro

volte composte.

palmato-composta: foglioline inserite in un unico

punto, in corrispondenza del picciolo .

Caratteristiche della foglia

Nervature nelle foglie laminari

parallelinervie: non esiste una nervatura principale

e le nervature parallele tra loro e percorrono la

foglia confluendo all'apice;

penninervie: quando si distingue un nervo centrale

più grosso al quale confluiscono nervi laterali più

sottili;

palminervie: con diverse nervature principali

disposte a ventaglio, che partono tutte dal punto

d’inserzione del picciolo.

Durata della foglia

piante sempreverdi: quando le foglie cadono

gradualmente, dopo lo sviluppo delle nuove foglie

rivestendo la pianta per tutto l'anno (Conifere);

piante a foglie caduche, quando cadono prima o

immediatamente dopo la maturazione del

frutto.

Il margine e il contorno

nelle foglie laminari

margine: linea o insieme di linee chiuse,

comunque complesse, che costituiscono il bordo

fisico della foglia;

contorno: inviluppo del margine fogliare,

costituito da un’unica linea chiusa mai concava.

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 18

Incisioni della lamina

(SL= semilamina: distanza fra il margine e la nervatura centrale -)

intera: senza lobi o incisioni,

lobata o fessa: incisioni minori della metà della semilamina SL;

fida: incisioni pari a metà della semilamina SL;

partita: : incisioni ½ - 4/5 della semilamina SL;

setta:incisioni che raggiungono il nervo centrale o quasi.

Incisioni del margine

liscio: privo di incisioni;

sinuoso: incisioni poco profonde simili a onde;

dentato: con denti acuti perpendicolari al margine;

seghettato: con piccoli dentelli acuti inclinati verso l'apice;

crenato: se ha sporgenze a contorno arrotondato;

scabro: con dentelli molto piccoli;

spinoso: con peli o setole rigide e pungenti sul bordo

Forma della lamina fogliare

aghiforme: molto stretta ed allungata a sezione cilindrica o prismatica (Pinus);

lineare: molto allungata (oltre 6/10 volte la larghezza), stretta e piatta, con i margini paralleli;

lanceolata: a forma di punta di lancia, lunga 2-6 volte la larghezza, si allarga alla base ;

oblanceolata: a forma di lancia con la parte più stretta in basso;

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 19

spatolata: allargata all'apice e gradatamente ristretta alla base, come una spatola;

ovata / obovata: ha forma ovale con la parte più larga in basso/in alto, lunga meno di 2 volte

la larghezza;

ellittica / rotonda /triangolare /pentagonale: ha la forma di un ellisse / cerchio / triangolo /

pentagono;

cordata: a forma di cuore allungata ed appuntita all'apice;

reniforme: a forma di rene, arrotondata all’apice con un incavo alla base;

Forme della lamina particolari

roncinata: pennatopartita con lobi diseguali e

diretti verso la base;

lirata: pennatosetta con lobo apicale intero,

molto maggiore degli altri.

flabellata: a ventaglio leggermente bilobata e

percorsa da un numero elevato di nervature

dicotome (Ginkgo biloba)

Forma dell’apice della lamina fogliare

acuminato: l’apice si assottiglia gradatamente;

acuto / ottuso: termina con un angolo acuto / ottuso;

arrotondato: è arrotondato;

mucronato: termina con una punta breve e sottile (mucrone);

aristato: munita di resta (punta sottile e allungata);

retuso: con una piccola insenatura;

smarginato: con insenatura più profonda.

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 20

Forma della base della lamina fogliare

cuneata: a forma di cuneo, si restringe gradualmente;

acuta / ottusa: termina ad angolo acuto / ottuso;

arrotondata: è arrotondata;

tronca: termina bruscamente (l’angolo è di 180°);

asimmetrica: con un lobo basale più sviluppato dell'altro;

astata: a forma di lancia, con due appendici acute e divergenti alla base;

sagittata: base con due lobi appuntiti, somiglianti a una freccia;

cordata: a forma di cuore.

Caratteristiche della superficie della lamina

glabra o nuda: completamente priva di peli;

pelosa: ricoperta di peli in genere.

pubescente: ricoperta di peluria breve e fitta;

tomentosa, : ricoperta da una fitta peluria cotonosa, bianca e molle (tomento);

villosa, ricoperta di peli lunghi, morbidi e biancastri;

barbata, con peli lunghi e rigidi, poco folti;

cigliata, con peli lungo il margine del lembo;

lanuginosa: peli lunghi, morbidi e flessuosi come la lana;

ragnatelosa, con peli morbidi, lunghi e sottili come una ragnatela;

ispida, irsuta: ruvida e irta di peli duri, rigidi;

scabra: ruvida al tocco per peli corti, duri e rigidi;

spinosa: se ha peli o setole rigide e pungenti sulla lamina;

ghiandolosa, con ghiandole o peli ghiandolari (Menta);

pruinosa: ricoperta di pruina (piccoli granelli di cera con funzione protettiva);

tubercolata: ricoperta da escrescenze;

verrucosa: ricoperta da verruche;

rugosa: ricoperta da rughe.

Tipi di peli

unicellulari: costituiti da una sola cellula;

pluricellulari: costituiti da più cellule; questi possono essere:

piumosi: con brevi ramificazioni laterali;

stellati: ramificati a forma di stella.

semplici: non ramificati. Tra questi:

uncinati all'apice;

urticanti: fragili e ripieni di una sostanza urticante;

ghiandolari: ghiandole portate da lunghi peduncoli simili a peli ingrossati all'apice a mo'

di spillo.

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 21

Eterofillia

È il fenomeno per cui una pianta produce

foglie di due o più forme diverse. Due

esempi.

Ranunculus aquatilis: le foglie

emerse sono reniformi-lobate,

quelle immerse sono filiformi.

Sagittaria sagittifolia: le foglie

emerse sono sagittate, le foglie

galleggianti sono ellittiche, quelle

immerse sono nastriformi.

Foglie modificate

cirri: organi di attacco prensili delle

specie rampicanti derivanti dalla

continuazione del rachide o dalla

trasformazione dell'intera foglia; in

questo caso le stipole sostituiscono la

foglia nelle sue funzioni.

spine: per difendersi dalla eccessiva

traspirazione e dalla predazione degli

erbivori

brattee, bratteole: foglie modificate

poste nella parte superiore del fusto

sugli assi fioriferi che accompagnano

il fiore o le infiorescenze.

squame: foglie metamorfosate, con

funzione protettiva e/o di riserva nei

bulbi, tuberi e rizomi, hanno consistenza carnosa o papiracea.

foglie carnose: immagazzinano acqua nei climi aridi (semprevivo);

cotiledoni : foglioline carnose (una o due) che si formano nel seme come organi di riserva

destinati a nutrire l’embrione;

ascidi: sono le foglie delle piante carnivore trasformate per catturare piccoli insetti ed

assorbirne lem parti molli

False foglie

cladodi (sono fusti).

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 22

Il fiore delle Angiosperme Il Fiore è un organo esclusivo delle Angiosperme che contiene e protegge l'apparato riproduttore

della pianta. Esso è formato da un ramo trasformato (peduncolo) sul quale sono inseriti alcuni

verticilli (almeno 4 nei fiori completi) di foglie variamente trasformate dette foglie fiorali (antofilli).

La conformazione del fiore riveste particolare importanza per la determinazione della pianta.

Funzioni del fiore

Produrre e proteggere il polline e gli ovuli;

Determinare mediante la propria struttura le strategie adottate per l'impollinazione;

Presiedere alla fecondazione e al successivo sviluppo dell’embrione;

Formare il frutto;

Diffondere il seme.

Parti del fiore

peduncolo o stelo: collega il fiore al

ramo; alla sua base del si trova spesso

una brattea; se il peduncolo manca il

fiore è sessile;

ricettacolo o talamo: è la parte

terminale allargata del peduncolo; su di

esso si inseriscono i verticilli che

compongono il fiore;

almeno quattro verticilli di foglie modificate (antofilli) nei fiori “completi”; alcuni verticilli

possono mancare nei fiori “incompleti”:

calice: formato dai sepali,

corolla: formato dai petali,

androceo: formato dagli stami,

gineceo o pistillo: formato da ovario, stilo e stigma.

Calice e corolla costituiscono l’involucro fiorale.

Fiore completo: sono presenti l’involucro fiorale , l’androceo e il gineceo; fiore incompleto:

mancano alcuni elementi.

Nomenclatura secondo il numero dei verticilli inseriti sul ricettacolo

Nella maggior parte delle Angiosperme gli antofilli sono disposti in verticilli (ricettacolo ciclico o

verticillato), mentre in quelli più primitivi hanno una conformazione a spirale (ricettacolo aciclico)

come Magnolia grandiflora, Nymphaea.

n ciclico indica il numero di verticilli del fiore ciclico

1ciclico (monociclico): un solo verticillo di antofilli fertili;

2ciclico (diciclico): calice e androceo, o calice e gineceo;

4ciclico (tetraciclico) la maggior parte delle Angiosperme ;

5ciclico (pentaciclico), 6ciclico (esaciclico).

secondo il numero degli elementi di ciascun verticillo

n mero indica il numero degli elementi per ciascun ciclo.

1mero (monomero): 1 solo elemento (Typha)

2mero (dimero): 2 elementi (Papaveraceae)

3mero (trimero), 4mero (tetramero), 5mero (pentamero).

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 23

Che cosa osservare per la determinazione

Tipologia dell’involucro fiorale Fiori con calice e corolla ben distinti (perianzio, petali)

Fiori senza distinzione fra calice e corolla (perigonio, tepali)

Fiori privi di calice e corolla

CALICE N° sepali

sepali liberi, saldati

simmetria: regolare, irregolare

forma del calice gamosepalo

COROLLA

N° petali/tepali

petali liberi, saldati

simmetria: regolare, irregolare

forma della corolla

ANDROCEO N° stami e posizione

stami liberi, saldati in vario modo

conformazione filamenti e antere

GINECEO POSIZIONE dell’OVARIO (supero, infero)!

numero di carpelli

carpelli liberi, saldati

numero dei loculi

struttura e forma stilo e stimma

Sessualità fiori ermafroditi, unisessuali

piante dioiche, monoiche

Infiorescenze tipologia e forma

infiorescenze cimose e racemose, semplici e composte

L’involucro fiorale

Tipologia dell’involucro fiorale :

Perianzio e Perigonio

Fiori con calice e corolla ben distinti (diclamidati):

l’insieme di calice e corolla è detto perianzio. Il

verticillo più esterno è detto calice e gli elementi che lo

compongono sepali, il verticillo più interno costituisce la

corolla e i singoli elementi sono detti petali.

Fiori senza distinzione fra calice e corolla

(monoclamidati): l’involucro fiorale è detto perigonio e

gli elementi che lo compongono sono detti tepali.

perigonio sepaloide : se i 2 verticilli sono verdi

perigonio petaloide : se i suoi verticilli sono colorati

(simili a petali).

Fiori privi di calice e corolla (aclamidati o nudi): fiore

ridotto ai soli organi sessuali.

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 24

Il calice

Durata e modificazioni

In genere è formato da una serie di sepali solitamente verdi che

proteggono la gemma fiorale prima che il fiore sbocci. Per la sua

durata può essere:

caduco se cade dopo la fecondazione,

persistente quando rimane anche alla fruttificazione (mela).

Può trasformarsi in pagliette in setole, pappo (ciuffo di peli piumosi), può diventare carnoso

(mela) e avvolgere il frutto per favorire la disseminazione ad opera degli animali.

Può diventare colorato (petaloideo) e assumere la funzione di richiamo (vessillifera) quando manca

la corolla.

Il calice può essere raddoppiato da un secondo involucro formato da brattee, detto calicetto o

epicalice.

Morfologia del calice

Se i sepali sono liberi fra loro, il calice si dice dialisepalo, se invece

sono uniti, anche per un breve tratto, il calice è gamosepalo.

Elementi del calice gamosepalo

il tubo, che è la parte dove i sepali restano uniti,

il lembo, che è la porzione superiore, libera e dilatata, che può

essere dentato se ha delle incisioni brevi, partito se le

incisioni si estendono fino alla sua metà o setto se giungono

quasi fino alla base, laciniato se è diviso in lacinie lunghe,

sottili e appuntite.

Tipologia del calice gamosepalo regolare (attinomorfo, cioè con simmetria radiale): le incisioni

sono tutti uguali e ugualmente distanziate tra loro;

irregolare: privo di piani di simmetria. se le incisioni formano due gruppi con caratteristiche

differenti, il calice è labiato (o bilabiato);

Forma del calice gamosepalo Campanulato: a forma di campana.

Urceolato: simile ad un orcio.

Tubuloso o cilindrico Clavato: tubuloso, ma allargato in alto.

Vescicoso o inflato: che ha forma rigonfia.

Compresso: che ha forma larga e schiacciata .

La nomenclatura utilizzata per descrivere la forma

del calice dialisepalo ricorda quella vista per la

forma della lamina fogliare.

La corolla In relazione al numero dei petali la corolla si dice: dimera (2mera), trimera, (3mera), tetramera

(4mera), pentamera (5mera).

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 25

I petali

Colorati a tinte quasi sempre vivaci, sono la parte più

vistosa del fiore e svolgono una funzione vessillifera

nei confronti degli insetti impollinatori, per questo

motivo circondano le parti riproduttive e sono anche

dotati di ghiandole che secernono nettare e altre

sostanze zuccherine.

lembo o lamina: ha forma laminare ed è la parte

più appariscente,

unghia (lunga, corta o sessile): posta alla base del lembo, fissa il petalo al ricettacolo.

Morfologia della corolla:

petali liberi o saldati

corolla dialipetala: i petali sono

liberi.

corolla gamopetala: i petali

sono concresciuti e saldati tra

loro almeno in parte; la porzione

saldata è detta tubo corollino, le

parti libere lobi.

secondo la Simmetria

attinomorfa o regolare : a simmetria radiale (rispetto a un punto o a un’asse) ;

zigomorfa o a simmetria bilaterale: simmetrica rispetto ad un piano;

asimmetrica o irregolare, se non ha alcun piano di simmetria.

Forme della corolla

Corolla dialipetala attinomorfa

Rosacea: con 5 petali e unghia breve;

Cariofillacea: 5 petali patenti e unghia lunga;

Papaveracea: con 4 petali e unghia breve;

Cruciforme: con 4 petali opposti a due a due, come in una croce;

Corolla dialipetala zigomorfa

Papilionacea: con vessillo, ali e carena (Leguminose)

Speronata: con petalo inferiore prolungato in sperone (nettario).

Corolla gamopetala attinomorfa

Campanulata: a forma di campana;

Infundibuliforme: a forma di imbuto;

Tubolosa: petali concresciuti a tubo;

Rotata: con tubo molto breve e lobi patenti;

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 26

Ipocrateriforme tubo molto lungo e stretto e lobi patenti;

Urceolata: a forma di orcio con lembo rigonfiato nel mezzo e ristretto alla fauce.

Corolla gamopetala zigomorfa

Labiata o bilabiata: col lembo diviso

in due lobi detti labbri.

Personata: simile alla bilabiata, ma

con fauce chiusa da una prominenza

del labbro inferiore.

Ligulata: con tubo stretto e un solo

labbro a forma di linguetta.

L’androceo o stame È l'apparato sessuale maschile del fiore, formato dagli stami. Gli Stami sono

composti da:

filamento: parte non fertile, che trasporta i nutrienti al polline in via di

sviluppo, poi dopo l'antesi sostiene l'antera. In genere è filiforme, ma

può avere anche altre forme, assumere aspetto fogliaceo o petaloideo e

altro ancora. Se manca l’antera si dice sessile.

antera: parte fertile dello stame, generalmente formate da due teche (a

volte da una sola o tre). Le teche sono unite tra loro dal connettivo e

ognuna è formata da due sacchi pollinici (microsporangi) che

contengono il polline. Anche l'antera può presentarsi con diverse forme,

che prendono il nome dall'oggetto che imitano.

Il numero degli stami varia molto da 1 fino a oltre 30. Essi in genere hanno uguale lunghezza. Vi

sono anche i casi seguenti.

stami didinami: 4 stami di cui 2 più lunghi,

stami tetradinami: 6 stami di cui 4 più lunghi.

Gli stami sono di norma inseriti sul ricettacolo. Vi

sono anche i casi seguenti.

stami epicorollini: aderiscono alla corolla

(Primula)

stami epicalicini: aderiscono al calice (Rosa)

stami ginandri: aderiscono al gineceo (Orchis)

Tipologia degli stami

Gli stami possono essere

liberi : filamenti e antere sono liberi

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 27

saldati per i filamenti monadelfi: filamenti fusi in un sol fascio (Malva sylvestris, Oxalis acetosella);

diadelfi: filamenti saldati in due fasci (Wisteria sinensis, Coronilla valentina);

poliadelfi: filamenti saldati in più di due fasci (Hypericum perforatum);

saldati per le antere (sinanterici) : le antere si saldano insieme in una specie di tubo intorno

allo stilo (antere singenesiche) e i filamenti restano liberi, l'androceo è (Asteraceae ).

Il gineceo Il gineceo (o pistillo) è la parte femminile del fiore, costituito da una o più

foglie modificate chiamate carpelli o foglie carpellari, ripiegate e saldate a

delimitare una cavità chiusa detta ovario. Secondo il numero dei carpelli il

gineceo si dice monocarpellare, bicarpellare, ... Parti che formano il

pistillo:

ovario: è la parte inferiore rigonfia destinato a trasformarsi in frutto;

all'interno ci sono una o più cavità dette loculi che contengono gli

ovuli in attesa di essere fecondati e quindi di trasformarsi in semi;

stilo: la parte che sormonta l’ovario; ce ne può essere uno o più, può

anche mancare; al suo interno cresce il tubetto pollinico che collega lo

stimma all’ovario.

stimma o stigma: la parte superiore dilatata dello stilo; se manca lo

stilo è detto sessile; ha la funzione di accogliere il polline che feconderà gli ovuli.

Conformazione del gineceo

secondo il numero dei carpelli

• semplice (monocarpico): un solo carpello;

• apocarpico: carpelli separati e liberi tra loro;

ogni carpello forma un pistillo con ovario stilo e

stigma;

• sincarpico: formato da più carpelli saldati tra

loro che danno luogo ad un unico ovario

suddiviso al suo interno in uno (ovario

monoloculare) o più loculi (ovario pluriloculare).

Struttura dello stilo

semplice: un solo stilo, anche se l'ovario ha diversi carpelli,

bifido: si divide in due parti nella metà superiore, lasciando invariata l'altra metà,

multifido o multipartito: diviso, ma saldato soltanto alla base e libero nella metà superiore.

Lo Stimma

Lo stimma ha la superficie spugnosa ricoperta da un liquido vischioso prodotto dalle cellule

stigmatiche per trattenere i granuli di polline. Nello stigma il granello pollinico dopo esser stato

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 28

selezionato per attestarne la compatibilità, inizia a germinare e fa fuoriuscire

il tubetto pollinico, attraverso il quale i nuclei generativi raggiungeranno il

sacco embrionale.

Secondo la forma lo stimma può essere:

capitato: simile alla testa di uno spillo;

bifido, trifido, quadrifido, pentafido, cioè diviso in 2,3,4,5 parti;

piumoso, quando ha peli ai lati;

ed ancora può essere sfrangiato, stellato, clavato, uncinato,

decorrente ...

Tipologia dell'Ovario

secondo il numero dei loculi

uniloculare: uno o più carpelli che formano

un'unica cavità;

pluriloculare (biloculare, triloculare ...): la

cavità è divisa da setti in tante logge.

All'interno delle logge o loculi sono contenuti gli ovuli.

secondo la sua posizione rispetto agli altri verticilli fiorali

supero (fiore ipogino): collocato al

di sopra del punto di inserzione di

stami e perianzio;

infero (fiore epigino): collocato al

di sotto del punto di inserzione degli

altri elementi fiorali;

semi-infero (fiore perigino): quando

il ricettacolo, incavato a coppa, porta

l’ovario nel mezzo e stami e

perianzio sono inseriti sul suo orlo.

Sessualità del fiore

In relazione ai verticilli riproduttivi presenti nel fiore si distinguono:

Fiori asessuati, (agamici, neutri) senza alcun organo riproduttore, ma con funzione

vessillifera.

Fiori ermafroditi, con androceo e gineceo (75% delle

angiosperme).

Fiori unisessuali, con il solo androceo o il solo gineceo (il

10% delle angiosperme). In questo caso le piante si

distinguono in :

dioiche, (6% delle angiosperme) quando i fiori maschili e

quelli femminili si trovano su individui separati maschili e

femminili (Urtica dioica);

monoiche, (5% delle angiosperme): quando i fiori

femminili e maschili si trovano sulla stessa pianta (Corylus

avellana);

poligame, quando portano fiori ermafroditi misti a fiori unisessuali.

Diagramma fiorale Il Diagramma fiorale è la rappresentazione grafica della disposizione degli elementi fiorali in

sezione trasversale osservata dall' alto. Il gineceo è raffigurato con una sezione dell’ovario, gli stami

con una sezione dell’antera, l’involucro fiorale con la sezione dei petali e dei sepali.

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 29

Le sigle convenzionali adottate sono le seguenti:

K = calice (a cui viene fatto seguire il numero dei sepali)

C = corolla (numero dei petali)

P = perigonio (numero dei tepali)

A = androceo (numero degli stami)

G = gineceo (numero dei carpelli o ovari)

∞ = numero superiore a 10

( x ) = x elementi saldati tra loro

La formula può contenere anche altri simboli (posti all'inizio della

formula) relativi alla simmetria o al sesso del fiore :

* = actinomorfo (simmetria radiale)

↓ oppure X = zigomorfo (simmetria bilaterale)

$ = asimmetrico (nessuna simmetria di rilievo)

= maschile

= femminile

= ermafrodito

Le infiorescenze L’asse fiorifero può portare un unico fiore che si dice solitario,

ma generalmente ne produce molti, riuniti in gruppi variamente

disposti e portati da un unico asse, detti infiorescenze.

Tipi di infiorescenza

racemose (o indefinite): quando l'asse principale, che

termina con una gemma (e non con un fiore), si può

allungare indefinitamente, emettendo lateralmente fiori o

altri assi secondari.

cimose (o definite): quando l'asse principale termina con un

fiore, e non può quindi allungarsi ulteriormente.

di forma particolare, che non rientrano nei casi precedenti.

Infine e possono essere:

semplici: i singoli fiori sono inseriti sull'asse principale;

composte: sull'asse principale sono inserite altre infiorescenze.

Infiorescenze racemose semplici

racemo o grappolo: formato da fiori con pedicelli della stessa lunghezza, che sorgono lungo

l'asse principale allungato e non ramificato, all'ascella di ciascuna brattea;

spiga: simile al racemo, ma con fiori sessili ;

amento (o gattice) è una spiga generalmente pendula, che ha fiori unisessuali di norma

maschili, aderenti a brattee e inseriti direttamente nell'asse principale flessibile.

spadice: è una spiga con l'asse carnoso e ingrossato, densamente circondata da fiori

unisessuali, racchiusi o accompagnati alla base da una speciale brattea, detta "spata“;

ombrella: pedicelli di uguale lunghezza chiamati raggi, che si inseriscono tutti nel medesimo

punto e terminano ciascuno con un fiore;

corimbo: i pedicelli più interni sono progressivamente più corti, in modo che, i fiori risultano

disposti tutti più o meno sullo stesso piano;

capolino: fiori inseriti fittamente su un ingrossamento del peduncolo detto ricettacolo, spesso

accompagnati da una piccola brattea scariosa (paglietta) ; sovente i fiori interni (fiori del

disco) differiscono da quelli della periferia (fiori del raggio). L'intera infiorescenza simula un

unico fiore. La calatide è un grosso capolino, allargato a forma di disco (girasole).

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 30

Infiorescenze cimose semplici

monocasio o cima unipara: l'asse

principale termina con un fiore,

sotto il quale si sviluppa un asse

secondario che a sua volta termina

con un fiore e così di seguito. La

cima può essere

elicoide: i rami secondari sono

inseriti alternativamente a destra

ed a sinistra o intorno all’asse

principale; l’infiorescenza ha un

andamento a zig-zag;

scorpioide: e i rami secondari sono inseriti sempre dallo stesso lato e la cima si attorciglia

come la coda di uno scorpione.

dicasio o cima bipara: al di sotto del fiore terminale si sviluppano contemporaneamente due

assi fiorali secondari opposti, che continuano a crescere ed a dividersi.

Infiorescenze composte

Sono il risultato della combinazione di infiorescenze semplici.

pannocchia (grappolo o racemo composto): sull’asse principale sono inseriti racemi secondari,

meno sviluppati di quelli da cui derivano e sempre minori procedendo dalla base verso l’alto,

formando generalmente un figura piramidale ;

antela: pannocchia con rami laterali più sviluppati di quello principale che è bloccato da un fiore;

verticillastro: insieme di infiorescenze, caratteristico delle Lamiacee, che si sviluppano alla base di

due foglie o brattee opposte e si ripetono in verticilli ad ogni nodo dell’asse fiorale, l'infiorescenza

globale ha l'aspetto di un racemo di verticillastri.

Potremo avere ancora: la spiga composta, il corimbo composto (un corimbo formato da corimbi),

l'ombrella composta ....

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CONOSCERE LE PIANTE 31

Infiorescenze particolari

il sicono, infiorescenza tipica delle Moraceae formata da un

complesso di cime disposte all'interno di un ricettacolo

concavo piriforme (Ficus carica);

il ciazio, infiorescenza tipica del genere Euphorbia formata

da un fiore femminile con un solo pistillo circondato da 5

fiori maschili ridotti a stami, chiusa in un ricettacolo a

forma di coppa bordato da nettari con forme diverse

(ellittiche, a falce, a mezzaluna).

L’impollinazione Il granuli pollinici che l'antera matura ha liberato

raggiungono lo stimma di un fiore della stessa specie per

fecondare l'ovulo contenuto nell'ovario. Se il polline

raggiunge lo stimma dello stesso fiore si parla di

autoimpollinazione o autogamia, è invece impollinazione

incrociata o allogamia quando avviene tra due individui

distinti. Vari adattamenti strutturali (posizione degli organi sessuali) e fisiologici (maturazione in

tempi diversi) tendono a impedire l’autoimpollinazione. L’impollinazione si dice:

zoogama: è effettuata da animali detti pronubi

entomogama, dagli insetti che il fiore attrae con colori vistosi, profumi, nettare;

ornitogama, da piccoli uccelli (colibrì) attratti dai colori dei fiori;

malacogama, da lumache;

chirotterogama, da pipistrelli e roditori.

Anemogama: è affidata al vento. In questo caso la pianta produce grandi quantità di polline.

Idrogama: in alcune piante acquatiche (Vallisneria), il fiore maschile a maturazione si stacca

dalla pianta e galleggiando le sue antere raggiungono i fiori femminili che si trovano in

superficie.

Artificiale, effettuata dall'uomo.

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CONOSCERE LE PIANTE 32

Dal fiore al frutto

Impollinazione e fecondazione Un granulo pollinico giunge sullo stimma e, qui germina (impollinazione), emettendo un tubetto

che percorre tutto lo stilo. Esso arriva nell’ovario e fonde il proprio nucleo, contenente metà

cromosomi paterni, con quello della cellula uovo (con metà dei cromosomi materni) contenuta

nell’ovulo (fecondazione). Dopo la fecondazione, lo zigote, cioè la nuova cellula che si è

sviluppata dalla loro unione, tramite suddivisioni continue si trasforma in seme che, germinando,

darà origine alla nuova pianta, mentre in genere l’ovario (ma anche altre parti del fiore), che va via

via ingrossandosi, si trasforma in frutto.

La trasformazione degli elementi fiorali nella fruttificazione: petali : si separano rapidamente dal fiore sepali: spesso restano al loro posto, ma possono anche cadere. stami: appassiscono o cascano, ma possono anche persistere più o meno a lungo. ricettacolo: può diventare carnoso come nella fragola e nella mela. calice: può accompagnare il frutto nel suo sviluppo come in Physalis alkekengi dove accrescendo forma un involucro rigonfio. brattee involucrali : possono fondersi a formare parte del frutto (ghianda); pedicello fiorale: può diventare un frutto come succede nel commestibile pomo d'anacardio (Anacardium occidentale).

Il frutto

Composizione e struttura del frutto

In ogni frutto è possibile riconoscere le varie parti che lo compongono, ognuna delle quali ha

origine da una componente del gineceo, che essendo una foglia modificata, ha una struttura

anatomica a tre strati che corrispondono all'epidermide superiore, a quella inferiore e al mesofillo.

Così il frutto propriamente detto, che contiene i semi a prescindere dalle parti extracarpellari, può

essere così schematizzato:

pericarpo derivante dalla parete dell’ovario, distinto in:

epicarpo: ha origine dall'epidermide esterna dell'ovario e costituisce la parte esterna del

frutto, la cui superficie può assumere aspetti assai differenti (liscia, pruinosa, pelosa ...).

Quando la parte esterna del frutto non proviene dal pistillo ma da brattee, sepali o petali,

viene denominata esocarpo.

mesocarpo: deriva dalla parete mediana

dell'ovario, può essere duro e coriaceo come

nei frutti secchi o carnoso come nella pesca.

endocarpo: deriva dall'epidermide interna

dell’ovario, e può essere carnoso come

nell’uva, legnoso come nella pesca, carnoso

e succoso come nel limone.

seme che contiene l’embrione e le riserve, è

originato dalla maturazione dell’ovulo

fecondato

Dopo l'impollinazione e la fecondazione dell'ovulo, l'ovario matura e crescendo, si trasforma in

frutto. Il frutto ha la funzione di proteggere i semi nati dalla trasformazione degli ovuli, contribuire

alla loro dispersione e regolare i tempi della germinazione. Si dicono frutti completi quelli che

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CONOSCERE LE PIANTE 33

contengono il seme; esistono tuttavia frutti che possono svilupparsi senza contenere il seme

(banane).

Che cosa osservare per la determinazione

La consistenza:frutti secchi e carnosi.

La modalità di liberare i semi: frutti deiscenti e frutti indeiscenti.

La tipologia e i falsi frutti.

Classificazione dei frutti IN BASE ALLA CONSISTENZA: Frutti secchi: con pericarpo di consistenza membranosa o legnosa solitamente poco

sviluppato;

Frutti carnosi: con pericarpo o una sua parte polposa e succulenta.

IN BASE ALLA modalità DI LIBERARE I SEMI Frutti deiscenti: si aprono a maturità per liberare i semi;

Frutti indeiscenti: il pericarpo non si apre e quindi l’uscita del seme è tardiva o il frutto si

disperde col seme.

Fra le molte soluzioni esistenti ricordiamo che la deiscenza può essere:

Poricida: si formano piccoli pori che lasciano uscire i semi,

Loculicida: si produce una fessura nella nervatura mediana del carpello,

Setticida: si produce una fessura nella linea di saldatura del carpello.

Frutti secchi

Frutti deiscenti (generalmente plurispermi)

Follicolo: un solo carpello, che si fende

lungo la sutura ventrale.

Legume: un solo carpello, che si apre

secondo 2 linee (dorsale e ventrale).

Siliqua e siliquetta: due carpelli

separati da un setto membranoso sul

quale sono attaccati i semi .

Capsula: 2 o più carpelli : la deiscenza

può essere setticida, loculicida,

poricida (detta anche treto).

Pisside: si apre mediante un coperchio

(opercolo).

Frutti indeiscenti (generalm. monospermi)

Achenio: ha pericarpo coriaceo, che

racchiude una cavità in cui è contenuto

un unico seme. Spesso provvisti di

appendici che favoriscono la

disseminazione: il pappo delle

Asteracee, l’ala della samara degli

aceri.

Cariosside: ha il pericarpo intimamente

saldato col seme, così da costituire un

tutt’unico (frumento).

Noce : ha il pericarpo coriaceo o legnoso

contenuto in una “coppa” legnosa detta cupola - ghianda (quercia)

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CONOSCERE LE PIANTE 34

avvolto da un involucro erbaceo - nocciola

racchiuso entro un guscio densamente spinoso - castagna

Frutti carnosi Drupa: ha epicarpo membranoso (buccia), mesocarpo carnoso, endocarpo legnoso (nocciolo).

Bacca: ha epicarpo membranoso, mesocarpo ed endocarpo carnosi e indistinti con parecchi semi

(uva). Dalla bacca derivano diversi frutti carnosi come:

- esperidio (agrumi) ha epicarpo sottile cosparso di ghiandole contenenti un’essenza odorosa e

quasi fuso col mesocarpo, bianco e spugnoso (buccia), endocarpo membranoso suddiviso in

spicchi, pieni di peli vescicolari ricchi di succo acido.

- peponide (Cucurbitaceae): ha epcarpo coriaceo, con mesocarpo ed endocarpo indistinti e

carnosi, in cui sono immersi numerosi semi.

Falsi frutti Sono quei frutti alla cui formazione concorrono anche altre parti del fiore oltre all’ovario.

sicono: tutte le parti dei singoli fiori divengono carnose, insieme al grosso ricettacolo che le

racchiude.

sorosio: frutto composto (sincarpo) formato da piccoli acheni racchiusi entro i calici dei fiori

diventati carnosi.

pomo: frutto composto da 5 carpelli racchiusi in una massa carnosa formata dall’ingrossamento del

ricettacolo e di parte dal calice

Il seme Struttura e composizione del seme

La comparsa del seme nella storia evolutiva delle piante ha segnato il momento determinante per la

diffusione delle Spermatofite, in tutti gli ambienti della

terra. Compongono il seme:

una parte esterna detta spermoderma derivato dai

tegumenti dell'ovulo;

l’embrione, che è l’abbozzo della futura pianta

derivata dallo sviluppo dello zigote. In esso sono

riconoscibili una radichetta che è il primordio

dell'apparato radicale, una piumetta (o plumula)

che è la gemma apicale del futuro fusto,

una (Monocotiledoni), due (Dicotiledoni) o

numerose (Gimnosperme) foglie embrionali o

cotiledoni con funzione di accumulo di sostanze di

riserva necessarie per la germinazione del seme.

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CONOSCERE LE PIANTE 35

Chiavi dicotomiche di determinazione

Per determinare il nome di una pianta si fa in genere uso di una chiave dicotomica di

identificazione, che si basa sulle definizioni dei caratteri morfologici, generalmente macroscopici o

comunque osservabili con una lente da 5-10 ingrandimenti.

Una dicotomia è una divisione in due gruppi tipicamente basati su una caratteristica presente

in un gruppo e assente nell'altro. Bisogna partire dal livello più alto considerato,

scegliere di volta in volta il gruppo al quale appartiene

la pianta che si sta esaminando e quindi procedere alla

chiave successiva.

Il processo si ripete fino ad arrivare al nome della pianta

in esame.

Un esempio: la determinazione di una piantina di

sanguisorba, che fa parte della famiglia delle Rosacee.

La chiave di determinazione delle Rosacee ha la

struttura riprodotta a lato, che ci permette (sapendo che

la sanguisorba è priva di petali) di individuare

facilmente il nome del Genere della pianta.

La chiave schematizzata in figura viene in effetti

impaginata in una delle due modalità seguenti:

La versione di sinistra è una chiave con rimandi numerici: la caratteristica individuata rimanda ad

una dicotomia seguente indicata dal numero alla destra della caratteristica stessa.

La versione di destra raggruppa invece al di sotto della caratteristica citata tutti gli individui che la

possiedono; le caratteristiche che compongono la dicotomia sono individuate dallo stesso numero

posto alla sinistra della caratteristica stessa. Questa versione è forse di comprensione più immediata.

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CONOSCERE LE PIANTE 36

INDICE

La sistematica Il primo passo: la specie ........................................................................................................ 3

Dalla specie al Regno ............................................................................................................ 3

Un po’ di storia: Linneo E. H. Haeckel ................................................................................ 4

La nomenclatura binomia ...................................................................................................... 5

Le proposte avanzate dagli studiosi ...................................................................................... 5

Il regno delle piante ....................................................................................................... 7

Come osservare le piante ....................................................................................................... 7

L’erbario ................................................................................................................................ 8

Fotografare le piante .............................................................................................................. 9

La fotosintesi clorofilliana ..................................................................................................... 9

Morfologia delle Angiosperme .............................................................................. 10

La radice ........................................................................................................................... 10 Funzioni della radice ...................................................................................................... 10

Struttura della radice ....................................................................................................... 10

Che cosa osservare per la determinazione ..................................................................... 10

Tipologia della radice ..................................................................................................... 10

Il fusto ................................................................................................................................ 12 Funzioni del fusto ........................................................................................................... 10

Che cosa osservare per la determinazione ..................................................................... 10

Ramificazione del fusto .................................................................................................. 10

Tipologia del fusto .......................................................................................................... 13

Portamento del fusto ....................................................................................................... 13

Superficie del fusto ......................................................................................................... 13

Fusti ipogei ..................................................................................................................... 14

Fusti modificati ............................................................................................................... 14

La foglia ............................................................................................................................ 15 Funzioni della foglia ....................................................................................................... 15

Aspetto della foglia ......................................................................................................... 15

Parti della foglia delle Angiosperme .............................................................................. 15

Che cosa osservare per la determinazione ..................................................................... 15

Comportamento rispetto al fusto ................................................................................ 16

Inserzione della foglia sul fusto ................................................................................. 16

Portamento della foglia rispetto al fusto .................................................................... 16

Disposizione sul fusto ................................................................................................ 16

Tipologia della foglia .................................................................................................... 17

Caratteristiche della foglia ........................................................................................... 17

Nervature nelle foglie laminari .................................................................................. 17

Durata della foglia ..................................................................................................... 17

Il margine e il contorno nelle foglie laminari ............................................................ 17

Incisioni della lamina ................................................................................................. 18

Incisioni del margine ................................................................................................. 18

Forma della lamina fogliare ....................................................................................... 18

Forma dell’apice della lamina fogliare ...................................................................... 19

Forma della base della lamina fogliare ...................................................................... 20

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Caratteristiche della superficie della lamina .............................................................. 20

Eterofillia ....................................................................................................................... 21

Foglie modificate ........................................................................................................... 21

False foglie ..................................................................................................................... 21

Il fiore delle Angiosperme ........................................................................................... 22 Funzioni del fiore ............................................................................................................ 22

Parti del fiore .................................................................................................................. 22

Nomenclatura secondo il numero dei verticilli inseriti sul ricettacolo .......................... 22

Nomenclatura secondo il numero degli elementi di ciascun verticillo ........................... 22

Che cosa osservare per la determinazione ..................................................................... 23

L’involucro fiorale ........................................................................................................ 23

Tipologia dell’involucro fiorale : Perianzio e Perigonio ........................................... 23

Il calice ...................................................................................................................... 24

Durata e modificazioni ......................................................................................... 24

Morfologia del calice ............................................................................................ 24

Elementi del calice gamosepalo ............................................................................ 24

Tipologia del calice gamosepalo ........................................................................... 24

Forma del calice gamosepalo ................................................................................ 24

La corolla .................................................................................................................. 24

I petali .................................................................................................................... 25

Morfologia della corolla ........................................................................................ 25

Forme della corolla ............................................................................................... 25

Androceo o stame ..................................................................................................... 26

Tipologia degli stami ............................................................................................. 26

Il gineceo ................................................................................................................... 27

Conformazione del gineceo ................................................................................... 27

Struttura dello stilo ................................................................................................ 27

Lo Stimma ............................................................................................................. 27

Tipologia dell'Ovario secondo il numero dei loculi .............................................. 28

" secondo la sua posizione rispetto agli altri verticilli fiorali ............................. 28

Sessualità del fiore ....................................................................................................... 28

Diagramma fiorale ........................................................................................................ 28

Le infiorescenze ............................................................................................................. 29

Tipi di infiorescenza .................................................................................................. 29

Infiorescenze racemose semplici ............................................................................... 29

Infiorescenze cimose semplici ................................................................................... 30

Infiorescenze composte .............................................................................................. 30

Infiorescenze particolari ............................................................................................ 30

L’impollinazione ........................................................................................................... 31

Dal fiore al frutto .......................................................................................................... 32

Impollinazione e fecondazione .................................................................................. 32

La trasformazione degli elementi fiorali nella fruttificazione ................................... 32

Il frutto ............................................................................................................................... 32 Composizione e struttura del frutto ................................................................................ 32

Che cosa osservare per la determinazione ..................................................................... 33

Classificazione dei frutti ................................................................................................. 33

Frutti secchi .................................................................................................................... 33

Frutti carnosi ................................................................................................................... 34

Falsi frutti ....................................................................................................................... 34

Il seme ............................................................................................................................... 34

UNITRE - SESTO CALENDE

CONOSCERE LE PIANTE 38

Struttura e composizione del seme ................................................................................. 34

Chiavi dicotomiche di determinazione ............................................................. 35