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    Conoscere il Comunismo

    Dispense filosofico-formativeQuesto studio utilissimo per capire la situazione politica attuale, nonostante risalga al 1971.

    PARTE PRIMA

    LA DOTTRINA COMUNISTA

    Che cosa il marxismo dice di essere

    Il Materialismo

    Il materialismo dialettico

    Il materialismo storico

    Il comunismo nega: religione, famiglia e propriet

    La Rivoluzione Permanente

    PARTE SECONDA

    IL COMUNISMO IN AZIONE

    Il leninismo

    La strategia leninista

    La crisi teoretica del marxismo

    ConclusioneNote

    Che cosa il marxismo dice di essere

    "Il marxismo leninismo ( una) concezione unitaria del mondo"(1). Quale "concezione del

    mondo"? "Il materialismo dialettico la concezione del mondo propria del partito marxista

    leninista"(2). "Il marxismo, come concezione del mondo e preso in tutta la sua ampiezza, si chiama

    materialismo dialettico... Questa denominazione di materialismo dialettico si addice alla dottrina

    cos designata meglio del termine abituale di marxismo''(3). "Il marxismo non un'astratta teoria

    Filosofica n un semplice metodo storiografico, e neppure un limitato campo di dottrine

    economiche e politiche, ma una completa concezione del mondo poggiante sul materialismodialettico e storico - in cui tutti questi aspetti sono presenti organicamente fusi"(4). Il marxismo

    non una somma di dottrine giustapposte che possono essere giudicate separatamente, ma un

    tutto organico che deve essere considerato sempre nel suo insieme. Considerazioni del tipo

    "accetto l'analisi economica del Marxismo ma non la filosofia", "accetto questa singola parte e

    rifiuto quest'altra", denunciano una fondamentale incomprensione del carattere globale del

    marxismo.

    Il Materialismo

    "La filosofia del marxismo il materialismo... la filosofia di Marx il materialismo filosofico

    integrale"(5).

    Che cosa il materialismo?

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    Il materialismo la dottrina secondo cui la materia l'unica realt: non c' Dio, non c' anima,

    non ci sono valori e fini spirituali che trascendono l'uomo, ma tutto ci che esiste un prodotto

    della materia. "Il materialismo... considera come dato primordiale la materia e come dato

    secondario la coscienza, il pensiero, la sensazione"(6). Il marxismo distingue due soli tipi di

    filosofia: - il materialismo, secondo cui tutto ci che esiste proviene dalla materia: - l'idealismo,

    che ammette l'esistenza di qualcosa che non proviene dalla materia. Idealista, per i marxisti,

    dunque non solo Hegel, secondo il quale l'idea l'unica realt, ma chiunque affermi l'esistenza di

    realt non materiali (Dio, l'anima, ecc.). Che cos' la materia?

    Il marxismo evita per lo pi di impelagarsi in questioni scientifiche sull'essenza della materia

    (atomi o energia, corpuscoli o onde, ecc.). La materia una "categoria filosofica" (Lenin): in questo

    senso semplicemente definita "ci che agendo sugli organi dei nostri sensi produce la

    sensazione"(7). Le propriet della materia sono l'eternit e l'infinit: ''in ogni sua parte non ha n

    principio n fine"(8). "Eternit nel tempo ed infinit nello spazio consistono gi originariamente e

    secondo il semplice senso letterale delle parole nel non avere un termine, alcuna direzione, n su

    n gi, n a destra n a sinistra"(9). Lo spirito, il pensiero, la coscienza derivano dalla materia: non

    che il pensiero sia materiale, ma "la nostra coscienza, il nostro pensiero, per quanto appaianosovrasensibile, sono il prodotto di un organo materiale corporeo: il cervello. La materia non un

    prodotto dello spirito, ma lo spirito stesso, non altro che il prodotto pi alto della materia.

    Questo, naturalmente, materialismo puro"(10).

    Il materialismo dialettico

    Il materialismo marxista si distingue da tutti quei materialismi che hanno concepito la realt come

    oggetto: non invece come attivit sensibile, prassi"(11). Il materialismo illuministico (Helvetius,

    d'Holbach, Diderot), il materialismo positivistico (Moleschott, Buchner) sono materialismi statici,

    Marx aggiunge una nota dinamica, la dialettica. La materia non statica, ma in movimento: "il

    movimento il modo di esistere della materia" (12). Come la materia, il movimento infinito edeterno: "non si pu n creare n distruggere" (13) e "quando noi diciamo che materia e

    movimento sono increati e indistruttibili, noi diciamo che il mondo esiste come progresso infinito,

    e abbiamo con ci compreso tutto ci che c' da comprendere" (14). Non un qualunque

    movimento, ma il movimento dialettico, la dialettica. Per Hegel la dialettica era il movimento

    dell'unica realt che e l'Idea, lo Spirito, il Pensiero ("Panlogismo"; tutto Idea). Tale movimento

    avveniva attraverso la continua nascita, dalla totta di due termini che si urtano, di un terzo

    termine sintetico che supera gli altri due e che subito diventa il primo membro di una nuova

    triade. Il processo del reale sempre un processo triadico: il primo termine si chiama tesi, il

    secondo antitesi, il terro - che supera gli altri due - sintesi. Ogni sintesi diventa la tesi di una nuova

    triade, e cos via all'infinito.

    Il materialismo storico

    Il materialismo storico l'applicazione del materialismo dialettico alla storia della societ: "Il

    materialismo storico estende i principi del materialismo dialettico allo studio della vita sociale...

    allo studio della storia e della societ" (23). Non si tratta di un'altra componente dissociabile dal

    materialismo dialettico: la stessa evoluzione della materia, che ha prodotto l'uomo mediante il

    lavoro primordiale, prosegue, sempre avanzando dialetticamente, mediante il lavoro organizzato.

    Lavorando, l'uomo si trasforma, la natura si muta, l'evoluzione continua: "cambiare la societ"

    significa allora "cambiare l'uomo".

    La storia interpretata materialisticamente

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    L'elemento fondamentale dell'evoluzione storica l'elemento materiale, economico: "La forma

    fondamentale dell'attivit degli individui naturalmente quella materiale, dalla quale dipende

    ogni altra forma intellettuale, politica, religiosa, ecc." (24). "Le relazioni fondamentali di ogni

    societ umana sono quindi i rapporti di produzione" (25) che costituiscono la "struttura

    essenziale" la "infrastruttura" su cui si impianta la "sovrastruttura" ideologica (morale, diritto,

    arte, religione, ecc.) che non ne che il riflesso. "Non la coscienza dell'uomo che determina la

    sua maniera di essere, ma , al contrario, la sua maniera di essere sociale che determina la sua

    coscienza" (26). I rapporti di produzione determinano le classi sociali, che si presentano come dato

    costante della storia da quando esiste la propriet privata. La storia, dunque, storia di classi.

    La storia interpretata dialetticamente

    Le classi entrano necessariamente in conflitto fra di loro: "la lotta di classe... un fenomeno

    assolotamente necessario e inevitabile" (27). La conflittualit storica che si esprime nella lotta di

    classe diretta conseguenza della conflittualit filosofica della dialettica. Nella storia c' un

    necessario processo dialettico, che si fonda sulla contradditoriet del reale e sulla lotta degli

    opposti. Da questa lotta, attraverso il processo triadico tesi-antitesi-sintesi, scaturisce il progresso."La storia di ogni societ finora esistita storia di lotta di classe. Liberi e schiavi, patrizi e plebei,

    baroni e servi della gleba... in una parola, oppressori e oppressi sono sempre stati in contrasto fra

    di loro, hanno sostenuto una lotta ininterrotta... una lotta che fin sempre o con una

    trasformazione rivoluzionaria di tutta la societ o con la rovina comune delle classi in lotta" (28). E'

    la tesi mentale del "Manifesto del partito comunista". Allo stadio attuale in cui giunta, la lotta di

    classe si semplificata, al punto che non esistono pi che due classi: borghesi e proletari. "L'epoca

    nostra, l'epoca della borghesia, si distingue... perch ha semplificato i contrasti fra ie due classi. La

    societ intera si va sempre pi scindendo in due grandi campi nemici, in due grandi direttamente

    opposte l'una all'altra: borghesia e proletariato" (29). La borghesia la classe sfruttatrice, il

    proletariato la classe sfruttata. Lo sfruttamento consiste in questo: che il proletario con il suolavoro crea nella merce che produce un "valore" che solo parzialmente coperto dal salario che

    percepisce, mentre per il rimanente accumulato dal capitalista, il quale si arricchisce grazie a

    questo plusvalore ingiustamente sottratto al lavoratore. Di qui l'aggravarsi delle condizioni del

    proletariato, che necessariamente condurr alla rivoluzione e alla "dittatura del proletariato",

    insieme esito necessario e termine della lotta di classe in quanto ch, dopo la vittoria del

    proletariato, non si potr pi parlare di classi distinte. La lotta di classe, cio, "ha ora raggiunto un

    punto in cui la classe sfruttata e oppressa (il proletariato) non pu pi liberarsi dalla classe che la

    sfrutta e la opprime (la borghesia) senza liberare anche a un tempo, e per sempre, la societ tutta

    dallo sfruttamento, dall'oppressione e dalla lotta fra le classi" (30). Occorre notare che la teoria

    economica del valore-lavoro, che il nucleo del "Capitale" di Marx, non pu essere staccata dalquadro filosofico generale del marxismo. Non si pu "accettare l'analisi economica di Marx

    rifiutando la sua filosofia", come alcuni dicono: agli economisti che criticavano la nebulosa teoria

    del valore-lavoro, il marxista Rudolf Hilferding rispose nel 1904 (ne "La critica di Bohm-Bawerk a

    Marx") che "il problema non si pone a livello semplicemente economico". L'analisi materialista

    dell'economia non si pu giudicare indipendentemente dal materialismo dialettico, anzi

    l'applicazione del materialismo dialettico all'economia.

    La dittatura del proletariato e il deperimento dello Stato

    La dittatura del proletariato un momento di transizione verso la societ senza classi: e poich lo

    Stato la traduzione storica degli antagonismi di classe, macchina repressiva, strumento didominazione, la scomparsa delle classi porter con s la scomparsa dello Stato. Il fine analogo a

    quello anarchico. In termini giuridici si avranno:

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    1) - un periodo di super-diritto (la dittatura del proletariato) in cui il diritto regoler

    minuziosamente la vita dell'individuo in tutti i minimi particolari, cio di massimo potere possibile

    dello Stato sulla persona.

    2) - un periodo di non-diritto, in cui non ci sar pi bisogno di codici n di leggi perch te masse

    seguiranno spontaneamente il meglio. "Il proletariato non ha bisogno dello Stato che per un certo

    tempo. Non siamo affatto in disaccordo con gli anarchici quanto all'abolizione dello Stato, come

    fine. Affermiamo che, per respingere gli avversari e raggiungere questo scopo, necessario

    utilizzare provvisoriamente gli strumenti... del potere dello Stato contro gli sfruttatori, cos come,

    per la soppressione delle classi, indispensabile la dittatura provvisoria della classe oppressa"

    (31). Come finir la dittatura del proletariato, lo Stato proletario? Non in maniera violenta, come

    finito lo Stato borghese, ma, secondo Lenin, in modo naturale, per deperimento. Ci sar, cio, uno

    spontaneo passaggio dalla fase inferiore alla fase superiore della societ comunista. Allora "tutta

    la societ non sar pi che un grande ufficio ed una grande fabbrica con eguaglianza di lavoro ed

    eguaglianza di salario" (32). Dittatura degli operai armati che secondo Lenin determiner

    l'assuefazione al lavoro spontaneo: e, mentre il capitalismo borghese remunerava secondo illavoro effettuato, la societ senza classi remunerer ognuno secondo i suoi bisogni. "Da ognuno

    secondo le sue capacit, a ognuno secondo i suoi bisogni". Questo passaggio dal capitalismo alla

    fase inferiore del comunismo (dittatura del proletariato) in cui tutti sono coercitivamente uguali, e

    dalla fase inferiore a quella superiore (societ senza classi) in cui l'uguaglianza invece il risultato

    delle libere volont, secondo Lenin inevitabile, e dunque non utopistico, ma scientifico. Si

    ignorano i tempi dello sviluppo, ma abbiamo la certezza di questo "deperimento":

    l'evoluzione storica travolger la religione, la famiglia, la propriet.

    Queste grandi linee dell'ideologia marxista ci permettono di definire il marxismo una setta

    filosofica: non una scuola, non una corrente, non un movimento di pensiero, ma una setta per il

    suo carattere religioso: una religione evidentemente secolarizzata e trasposta sul piano temporale.Si tratta di una vera e propria utopia: e il carattere proprio di ogni utopia quello di falsare le leggi

    necessarie della natura, falsare quell'ordine che stato dato da Dio e a cui l'uomo deve

    conformarsi, entro cui deve realizzarsi. L'odio per Dio porta a negare la Sua creazione: la natura.

    Cos, mediante il processo dell'evoluzione storica, il marxismo cerca di dissolvere le realt naturali

    prime, facendone pure realt storiche in balia del trionfante divenire: cosi per la religione, la

    famiglia, la propriet.

    Il comunismo nega la religione, la famiglia, la propriet

    A) Religione

    Il marxismo, presentandosi come materialismo e negando quindi l'esistenza di Dio, nega diconseguenza la religione come rapporto necessario che lega, attraverso il rito, l'uomo a Dio. La

    religione una sovrastruttura: "L'uomo fa la religione e non la religione l'uomo... (la religione) la

    realizzazione fantastica dell'essenza umana", "essa l'oppio del popolo" (33). "La religione -

    aggiunge Lenin - una specie di acquavite spirituale, nella quale gli schiavi del capitale annegano

    la loro personalit umana e le loro rivendicazioni di una vita in qualche misura degna di uomini"

    (34). Secondo la Grande Enciclopedia Sovietica, la religione " antisocialista per definizione,

    costituendo il prodotto dell'impotenza e dell'ignoranza: l'oppio del popolo, secondo

    quell'affermazione di Marx che Lenin defin la base della dottrina marxista in materia"(35). La

    religione dunque un male sociale che la rivoluzione comunista deve combattere: "la nostra

    propaganda comprende necessariamente anche la propaganda dell'ateismo" (36). Secondo l'art.124 della Costituzione Sovietica: "La libert di culto e la libert di propaganda antireligiosa sono

    riconosciute per tutti i cittadini". Di fatto la propaganda religiosa e l'insegnamento religioso sono

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    proibiti, mentre favorita e incrementata la propaganda ateistica e antireligiosa. In realt, come

    ogni forma di pensiero rivoluzionario, il marxismo vuole sostituire il culto dell'uomo al culto di Dio:

    "La critica della religione disinganna l'uomo affinch egli consideri, plasmi e raffiguri la sua realt

    come un uomo disincantato, divenuto ragionevole, perch egli si muova intorno a s stesso e

    quindi al suo vero sole. La religione soltanto il sole illusorio che si muove attorno all'uomo,

    finch questi non si muove attorno a s stesso" (37). "La critica della religione porta alla dottrina

    secondo la quale l'uomo per l'uomo l'essere supremo" (38). L'uomo Dio dell'uomo, e l'utopia

    del paradiso che la Rivoluzione creer sulla terra sostituisce la fede nella vita eterna: "la lotta

    effettivamente rivoluzionaria della classe oppressa per creare il paradiso in terra per noi pi

    importante dell'unita delle idee dei proletari sul paradiso in cielo" (39). La religione per insieme

    "espressione della miseria e protesta contro di essa" (40). Marx, come poi Gramsci, distingue

    dunque:

    - una religione "progressiva" (la "protesta contro la miseria") che esprime utopisticamente, in

    forma confusa e mitica, l'ugualitarismo rivoluzionario che solo il marxismo esprimer

    scientificamente. Questa "religione" va dunque "demistificata" e "inverata": il credente

    progressista, seguendo la sua stessa linea di pensiero, va condotto coerentemente all'ateismomarxista;

    - una religione "tradizionale" ("espressione della miseria") che va totalmente sradicata e distrutta.

    B) Famiglia

    - La famiglia una sovrastruttura

    La famiglia, come la religione e la propriet, per il comunismo una realt di storia e non di

    natura: quindi" che l'abolizione dell'economia separata sia inseparabile dall'abolizione della

    famiglia cosa che s'intenda da s" (41). Secondo Marx il comunismo finir per introdurre "una

    forma superiore del rapporto tra i due sessi" fondata sulla "composizione del personale operaiocombinato con individui d'ambo i sessi e delle et pi differenti" (42).

    - L'origine della famiglia

    Secondo Engels (nella nota opera "l'origine della famiglia, della propriet privata e dello Stato"

    (43), fondata peraltro sugli studi dell'etnologo americano Morgan, oggi caduti nel pi completo

    discredito) la famiglia monogamica nata con la propriet privata e col diritto del padre di

    trasmettere il capitale. Nell'epoca primitiva l'orda originaria viveva non solo nel comunismo

    primitivo, ma anche nella completa promiscuit sessuale. Soltanto successivamente nella societ

    di classi nata con la propriet privata, nasce la famiglia, dove la donna vittima e l'uomosfruttatore: anzi, c' un rapporto fra l'alienazione familiare e lo sfruttamento della classe oppressa,

    il proletariato. Il passaggio al comunismo comporter dunque la "liberazione della donna"

    mediante la soppressione della famiglia.

    - La soppressione della famiglia

    Secondo Engels il comunismo sopprimer "la duplice base dell'odierno matrimonio - la dipendenza

    della donna dall'uomo e dei figli dai genitori" (44). Le due soppressioni sono collegate: emancipare

    la donna per il marxismo vuol dire emanciparla dal lavoro domestico e toglierle l'educazione dei

    figli, che sar effettuata dallo Stato socialista: "Col passaggio dei mezzi di produzione in proprietcomune la famiglia singola cessa di essere l'unit economica della societ. L'amministrazione

    domestica privata si trasforma in una industria sociale. La cura e l'educazione dei fanciulli diventa

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    un fatto di pubblico interesse; e la societ ha cura in eguale modo di tutti i fanciulli" (45). Tutto

    questo dovrebbe portare all'abolizione del matrimonio e al libero amore: ''I rapporti dei due sessi

    diventeranno rapporti del tutto privati che riguardano soltanto le persone direttamente

    interessate e nei quali la societ non avr minimamente di che immischiarsi" (46). In pratica

    nell'Unione Sovietica ci sono stati atteggiamenti diversi:

    prima tappa:

    tentativo di distruggere il vecchio tipo di matrimonio: introduzione immediata del divorzio e, per la

    prima volta nella storia, dell'aborto (1 dicembre 1917), negazione della validit del matrimonio

    religioso (20 dicembre 1917), nuovo diritto di famiglia (settembre 1918);

    seconda tappa:

    Codice del 1926 (in vigore dal 1 gennaio 1927): viene riconosciuto il "matrimonio non registrato",

    cio l'unione libera, accanto al matrimonio registrato. E' il momento del libero amore: in Russia

    viene accolto con entusiasmo Wilhelm Reich, fondatore nel 1931 dell'organizzazione SEXPOL e

    teorica di un incontro tra Marx e Freud nella teoria della funzione rivoluzionaria del liberoorgasmo (molte sue teorie sono state riprese da H. Marcuse); la promiscuit sessuale viene

    incoraggiata;

    terza tappa:

    di fronte alle necessit, industriali e belliche poi, i capi dell'Unione Sovietica sentono il bisogno di

    una certa integrit psico-fisica della popolazione e decidono di arrestare il processo dissolutivo del

    "libero amore". Le "unioni libere" vengono scoraggiate; si viene - in un certo senso - a patti con la

    natura: ma ''l'abolizione del matrimonio", anche se non ancora tecnicamente possibile, resta il fine

    della societ conquista.

    C) propriet

    "I comunisti possono riassumere la loro dottrina in questa unica espressione: abolizione della

    propriet privata"(47). Anche la propriet privata per il marxismo una realt storica e non

    naturale; per Engels sono esistite diverse forme di propriet che corrispondono ai diversi stadi di

    sviluppo della divisione del lavoro: la propriet della trib, la propriet della citt antica, la

    propriet feudale, infine la propriet privata basata sul capitale e sull'industria moderna. La

    propriet privata per Marx conseguenza del lavoro alienato e, nello stesso tempo, mezzo in cui il

    lavoro si aliena.

    La propriet la tesi di cui la classe operaia l'antitesi: producendo il proletariato, la propriet ha

    segnato la sua fine. La Rivoluzione sar un atto di appropriazione, l'abolizione di ogni propriet."La propriet privata dovr essere abolita e sostituita dall'uso in comune di tutti i mezzi di

    produzione e dalla distribuzione di tutti i prodotti secondo un'intesa generale, cio dalla

    comunanza dei beni. L'abolizione della propriet privata anzi la pi significativa sintesi della

    trasformazione dell'intero ordinamento sociale, come necessariamente deriva dallo sviluppo

    dell'industria, ed quindi a ragione messa innanzi dai comunisti quale rivendicazione principale"

    (48). E' importante notare che secondo Engels l'abolizione della Propriet privata "non potr

    essere effettuata in un colpo solo" ma "solo gradatamente" (49), mediante varie tappe, tra cui:

    "limitazione della propriet privata per mezzo d'imposte progressive, imposte sull'eredit, ecc.

    graduale espropriazione della propriet fondiaria, dei proprietari di fabbriche e di ferrovie e degli

    armatori di navi, accentramento del credito nelle mani dello Stato per mezzo di una bancanazionale con capitale di stato e soppressione di tutte le banche private... concentrazione dei

    mezzi di trasporto sotto il controllo dello Stato. Queste misure non possono, naturalmente essere

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    adottate tutte in una volta. Ma l'una trarr con s l'altra. Appena dato il primo radicale assalto alla

    propriet privata, il proletariato si vedr costretto ad andare pi avanti ed a concentrare sempre di

    pi il capitale, tutta l'industria, tutti i mezzi di comunicazione e di scambio nelle mani dello Stato"

    (50). Nella prassi degli attuali partiti comunisti queste tappe non iniziano necessariamente nel

    momento in cui il comunismo va al potere ma gi prima, costringendo i governi non comunisti a

    una "politica di riforme" che attacchi la propriet con pressioni fiscali, nazionalizzazioni, ecc.

    Negando la religione, la famiglia e la propriet, il comunismo nega le istituzioni naturali. Il

    comunismo si definisce come negazione dell'ordine naturale, riflesso a sua volta di una legge

    naturale che ha in Dio il suo autore, e si qualifica dunque come una delle manifestazioni storiche di

    quel rifiuto che la societ moderna opera di Dio. Rifiuto che definiamo Rivoluzione, caricando

    questo termine di una valenza e non di affermazione. La negazione di Dio comporta

    immediatamente la negazione dell'essere, che il marxismo vorrebbe dissolvere nel movimento e

    nel divenire. Il comunismo, cos, si presenta necessariamente te come Rivoluzione permanente.

    La Rivoluzione PermanenteOccorre vincere un pregiudizio fondamentale che rischia di impedire qualunque considerazione

    adeguata del comunismo. Molti pensano che l'obiettivo del comunismo sia l'instaurazione di una

    societ perfetta, da cui tutte le ingiustizie siano eliminate: e la Rivoluzione sarebbe un mezzo per

    raggiungere questo fine. Nulla di meno marxista! Lo scopo fare la Rivoluzione: e i mezzi sono le

    contraddizioni che si incontrano (o che il Partito crea) nella societ. "Marx non si rifece... dal

    proletariato, dai suoi bisogni e dalle sue sofferenze, dalla necessit di liberarlo, per trovare poi,

    come unica via della salvezza del proletariato, la Rivoluzione. Al contrario, egli cammin proprio

    all'inverso... Nel cercare la possibilit della Rivoluzione, Marx trova il proletariato" (51). Il

    marxismo non ha come scopo l'eliminazione della miseria: "Il marxismo non arreca un

    umanitarismo sentimentale e piagnucoloso. Marx non si chinato sul proletariato perch esso oppresso, per lamentarsi della sua oppressione... Il marxismo non si interessa al Proletariato in

    quanto esso debole - come le persone "caritatevoli", certi utopisti, "paternalisti", sinceri o no -

    ma in quanto esso una forza... In una parola, il marxismo vede nel proletariato il suo avvenire e

    le sue possibilit" (52). "Lo scopo della riforma agraria non di dare delle terre ai contadini poveri

    n di alleviare le loro miserie: questo un ideale da filantropi, non da marxisti... Il vero scopo della

    riforma agraria la liberazione delle forze rivoluzionarie nel paese" (53). Anzi, il marxismo si serve

    della miseria come strumento: senza la miseria del proletariato non sarebbe possibile la

    rivoluzione; essa non dunque un male da eliminare, ma un mezzo da sfruttare per il fine. Al

    contrario, "la 'prosperit industriale' determina i tentativi di 'comprare gli operai' e di allontanarli

    dalla lotta: questa prospettiva in genere 'demoralizza' gli operai" (54).Cos, nei loro scritti sull'India e sulla Cina Marx ed Engels si rallegrano cinicamente della miseria

    generata dai tentativi inglesi di industrializzazione forzata dell'0riente: essa alimenter la

    Rivoluzione. "Per quanto sia sentimentalmente deprecabile lo spettacolo di queste miriadi di

    laboriose comunit sociali patriarcali e inoffensive, disorganizzate e dissolte nella loro unit,

    gettate in un mare di lutti e i loro membri singoli privati a un tempo della forma di civilt

    tradizionale e dei mezzi ereditari di esistenza" e anche se "la Gran Bretagna era animata dagli

    interessi pi vili" "non e questo il problema. Il problema : pu l'umanit compiere il suo destino

    senza una profonda rivoluzione nei rapporti sociali dell'Asia? Se la risposta negativa, qualunque

    sia il crimine perpetrato dall'Inghilterra, essa fu, nel provocare una simile rivoluzione, lo strumento

    inconscio della storia" (55). Anche dal sistema del libero scambio e degli eccessi del capitalismonascente Marx si rallegra per lo stesso motivo: "Ai nostri giorni il sistema di libero scambio dissolve

    le antiche nazionalit e spinge all'estremo l'antagonismo fra borghesia e proletariato: insomma, il

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    sistema della libert di commercio affretta la rivoluzione sociale. E' solo in questo senso

    rivoluzionario che io voto a favore del free-trade" (56). Concludendo, il marxismo non ha per fine

    la riforma, ma la rivoluzione: "per il riformista la riforma tutto... per il rivoluzionario, al contrario

    la cosa principale il lavoro rivoluzionario e non la riforma: per lui, la riforma non che il prodotto

    accessorio della Rivoluzione... Una riforma naturalmente uno strumento di rafforzamento della

    Rivoluzione, un punto d'appoggio per lo sviluppo continuo del movimento rivoluzionario" (57).

    Dunque la rivoluzione il fine.

    Ma quale Rivoluzione? Che cos' la Rivoluzione?

    Occorre ricordare che il marxismo consta anzitutto, come si detto, di due princpi fondamentali:

    1) - il mondo materia in evoluzione dialettica e in continua marcia verso il meglio;

    2) - esiste una "parte", o meglio, un'et della materia, l'uomo, che, a differenza degli altri esseri,

    in grado di comprendere (grazie al pensiero, che pure deriva dalla materia) legge dialettica

    dell'evoluzione. Egli pu (e quindi deve) collaborare al divenire evolutivo. Pu accelerare la

    Rivoluzione, la marcia verso il meglio. Questo aiuto che l'uomo d all'evoluzione detto appunto

    Rivoluzione. La Rivoluzione, cio la collaborazione dell'uomo al divenire evolutivo, si compie in duefasi:

    1) - una fase negativa: la distruzione di tutte quelle realt e quegli istituti che, essendo naturali,

    sono stabili, tendono a permanere nel proprio essere, a restare uguali a s stessi, e dunque sono

    colpevoli di "lesa evoluzione". Per questo la Rivoluzione deve abbattere la famiglia, la religione, la

    propriet, la stessa natura umana;

    2) - una fase positiva: dopo l'instaurazione della societ comunista, il lavoro collettivo, corale,

    incessante di tutti gli uomini per ottenere la propria auto-evoluzione attraverso la modificazione

    della natura esterna e interiore. La Rivoluzione perci non un semplice rivolgimento storico: "La

    nostra rivoluzione diversa dalle altre rivoluzioni della storia... per il proletariato, la liberazione ela vittoria politica sono soltanto l'inizio della Rivoluzione" (58). Ma il divenire incessante, la

    contraddizione come essenza della realt: "la vita consiste anzitutto precisamente nel fatto che un

    essere, in ogni istante, s stesso ed anche un altro. Quindi la vita del pari una contraddizione

    presente nelle cose e nei fenomeni stessi, contraddizione che continuamente si risolve; e non

    appena la contraddizione cessa, cessa anche la vita" (59). E' l'esito ultimo del primato del divenire

    sull'essere. La societ rivoluzionaria la societ della contraddizione incessante, la societ della

    negazione della natura, della negazione di Dio nella sua opera, e il marxismo l'adorazione

    filosofica del divenire. La futura "societ comunista", cos, non sar certo una societ senza

    contraddizioni (quasi che la dialettica potesse cessare!) n senza lotte (Mao Tze-Tung ha teorizzato

    la necessit di continue "rivoluzioni culturali" anche dopo l'avvento del socialismo) e del resto"Marx non ha mai detto che il comunismo possa essere il periodo terminale della storia umana.

    Anzi, al contrario. Solamente, di ci che verr in seguito noi non possiamo esattamente dir nulla"

    (60).

    Lo slogan che circolava tra i bolscevichi, la cui formulazione sembra paradossale, al contrario

    definisce rigorosamente il carattere della Rivoluzione comunista: "La mta nulla, il movimento

    tutto!".

    Il leninismo

    1) Il leninismo

    Il comunismo, come abbiamo visto, si definisce come negazione della natura, e negazione, nellanatura, del suo Autore, cio di Dio. Il comunismo, tuttavia, conosce la natura. Se non la

    conoscesse, del resto, non potrebbe negarla. Sa cio che esiste una natura, afferma la possibilit di

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    trasformarla - ma, per trasformarla, comincia col tenerne conto. Solo in questa prospettiva si pu

    capire Lenin e comprendere lo spartiacque tra quel filone di socialismo romantico che va da

    Blanqui a Sorel e che noto come blanquismo, e il marx-leninismo, il leninismo scientifico che non

    si accontenta dell'improvvisazione romantica, ma fa della Rivoluzione non solo uno slancio o una

    tensione ideale, ma una scienza. Si tratta di due linee metodologicamente contrapposte. Il

    blanquismo volontarismo rivoluzionario, la versione rivoluzionaria, cio, di quello che dalla parte

    opposta viene talvolta indicato come golpismo. La sua prospettiva si potrebbe riassumere in questi

    termini: bisogna trovare delle persone assolutamente disposte a fare la rivoluzione secondo la

    modalit operativa principale della cospirazione, fino al colpo di Stato. I dati naturali, lo stato della

    nazione, interessano marginalmente: e il blanquismo pi interessato al reclutamento di

    rivoluzionari che alla loro formazione, perch pensa, volontaristicamente, che basti la ferma

    volont di fare la Rivoluzione per assicurarne il successo. Il leninismo invece una prospettiva pi

    complessa che, senza negare la necessit del reclutamento del nucleo di militanti necessari

    all'operazione rivoluzionaria, si sforza di costruirli razionalmente tenendo conto dei dati naturali e

    della struttura naturale della societ. La natura conosce l'autorit, conosce la gerarchia, conosce

    legge secondo cui sono i pochi a guidare i molti: verit elementari che i teorici dell'litismo(Mosca, Pareto, Michels) riscopriranno in quegli anni e che lo stesso Lenin riaffermer, tanto da

    essere definito da parte dello storico social-democratico Borkenau, come l'"antidemocratico"

    fautore della "teoria fascista delle lites" (61). Si pu discutere sulla fedelt di Lenin a Marx, ma

    certamente, se vero che la prassi per il marxismo il metro di giudizio della dottrina, Lenin , pi

    di Marx, il vero Marxista e il vero rivoluzionario: Lenin ha fatto la Rivoluzione, mentre Marx si

    limitato a parlarne. Il marxismo, abbiamo detto, una setta filosofica: ma non soltanto questo,

    perch passa all'azione, azione, prassi rivoluzionaria. Esso si pu dunque ulteriormente definire

    come una setta filosofica che attraverso un'organizzazione sovversiva si propone la conquista del

    mondo.

    a) - una setta filosofica...

    non solo una filosofia, non solo una scuola di pensiero, ma una concezione del mondo che surroga

    la religione presentandosi in termini di certezza assoluta. Il filosofo non lo studioso delle leggi

    oggettive della natura ma l'apostolo intollerante di una nuova verit. Su questo piano evidente la

    filiazione dall'illuminismo, primo movimento culturale che abbia inteso fare del filosofo non un

    conoscitore della verit, ma un propagandista.

    b) - ...che attraverso un'organizzazione sovversiva...

    Il Marxismo introduce dunque un elemento ulteriore: il primato della prassi, elemento di radicale

    novit che fa del filosofo non solo un propagandista culturale, ma un uomo che agisce, che fa, unorganizzatore e propagandista della Rivoluzione. In questo senso non soltanto una setta

    filosofica, ma una vera organizzazione sovversiva. Lenin, che i socialdemocratici accusano di aver

    deformato il pensiero di Marx, l'autentico marxista, e la Rivoluzione Russa, pi che l'apparizione

    del Manifesto o del Capitale, l'avvenimento filosofico per eccellenza.

    c) - ...si propone la conquista del mondo.

    Il marxista e l'uomo che lotta per una verit (anche se di tipo tutto particolare): una verit che

    ha caratteri di universalit. Non una verit, metafisica, ma la "verit" che nasce dalla storia: il

    marxista non mosso da volont di potenza, ma da una fede cieca nella storia. Il mondo marcia

    verso il comunismo, verso il fenomeno universale e perpetuo della societ senza classi. Lecaratteristiche che il cristiano attribuisce all'Al d l vengono attribuite a questo al d qua nella loro

    totalit. Unica la Storia, unica l'attivit lavorativa mediante la quale l'uomo si autotrasforma:

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    unica, dunque, dovr essere infine la societ comunista, vero contro-Impero mondiale da cui

    nessun uomo dovr restare fuori.

    La strategia leninista

    La preoccupazione di fondo di Lenin quella di fare la Rivoluzione. E, per fare la Rivoluzione,

    occorre rispettare certe leggi naturali ineliminabili. Una di queste leggi dice che non sono le masse,

    ma le minoranze a fare la storia. Gli uomini non sono uguali, esiste una gerarchia naturale, sono i

    pochi a muovere i molti. Il profeta dell'ugualitarismo fare sua questa verit squisitamente

    reazionaria... cadendo cos, secondo alcuni, in un atteggiamento antimarxista o "fascista": ma

    stata proprio questa conoscenza della natura ad assicurare il successo dell'azione rivoluzionaria di

    Lenin. Lenin intuisce che le societ si fanno e si distruggono a partire dagli uomini: "c' una massa

    di individui, ma gli uomini mancano" e "gli uomini mancano perch non vi sono dirigenti, non vi

    sono capi politici, non vi sono intellettuali capaci di organizzare un lavoro vasto e nello stesso

    tempo coordinato, armonico che permetta l'utilizzazione di qualunque forza, anche della pi

    insignificante" (62). Occorrono invece "uomini che consacrino alla Rivoluzione non solo le sere

    libere, ma tutta la loro vita" (63).- una "organizzazione degli operai", "la pi vasta possibile e la meno clandestina possibile" (64). Si

    tratta di organizzazioni "molto larghe": "non nel nostro interesse esigere che solo i social-

    democratici (cio, nel linguaggio di Lenin, i marxisti convinti possano appartenere a queste

    associazioni... perch ci restringerebbe la nostra influenza sulla massa" (65).

    - una "organizzazione dei rivoluzionari", formata da "uomini la cui professione sia l'azione

    rivoluzionaria" che "necessariamente non deve essere molto estesa e deve essere quanto pi

    clandestina possibile" (66). Si tratter necessariamente di una minoranza anche perch "e molto

    pi difficile impadronirsi di una decina di teste forti che non di un centinaio d'imbecilli" (67); e di

    una minoranza rigorosamente formata: "per militanti del nostro movimento il solo principio

    organizzativo serio deve essere: segreto rigoroso, scelta minuziosa degli iscritti, preparazione dirivoluzionari professionali" (68). Come si vede, si tratta di un'organizzazione fondata su criteri

    tutt'altro che democratici o ugualitari: Lenin afferma che "non possibile sostituirla con il

    controllo democratico generale" e che i rivoluzionari "non hanno il tempo di pensare a1le forme

    esteriori della democrazia... ma sentono molto fortemente la propria responsabilit e sanno

    inoltre per esperienza che, per sbarazzarsi di un membro indegno, un'organizzazione di veri

    rivoluzionari non arretrer innanzi a nessun mezzo (69). Attraverso questa duplice struttura, sotto

    la guida segreta ma ferrea del piccolo gruppo dei rivoluzionari di professione, la setta filosofica

    diviene partito, che parola etimologicamente pertinente, quasi a indicare la divisione

    dell'umanit in due campi. E' un esercito speciale che conduce una guerra ben pi totale della

    "guerra totale", perch non circoscritta alle operazioni militari, anche se il partito ha unastruttura tipicamente militare. Questa rigorosa organizzazione considerata da Lenin essenziale al

    successo della Rivoluzione. Una dura polemica pertanto condotta contro i socialisti democratici,

    dall'altra contro gli "estremisti" dei gruppuscoli socialrivoluzionari. Ai democratici, ai menscevichi,

    ai "socialtraditori", allo stesso Kautsky che si limita ad una ortodossia formale nei confronti di

    Marx, Lenin ricorda che "una centralizzazione assoluta e la pi severa disciplina del proletariato

    sono condizioni essenziali per la vittoria sulla borghesia" (70). Occorre "un partito temprato nella

    lotta": "chi indebolisce, sia pure di poco, la disciplina ferrea del partito del proletariato

    (soprattutto durante la dittatura del proletariato) aiuta di fatto la borghesia" (71). Ai dottrinaristi

    di sinistra, ai socialrivoluzionari, agli anarchici, Lenin obietta che per vincere occorre "combinare le

    forme di lotta legali e illegali, parlamentari ed extraparlamentari" (72): "i rivoluzionari che nonsanno combinare le forme illegali di lotta con tutte le forme legali sono pessimi rivoluzionari" (73).

    I "bolscevichi di sinistra" che rifiutano di partecipare al "parlamento reazionario" hanno forse

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    compreso i principi teorici ma non la strategia del comunismo. "Tutta la storia del bolscevismo -

    risponde Lenin - prima e dopo la rivoluzione di ottobre piena di casi di destreggiamenti, di

    accordi, di compromessi con altri partiti, compresi i partiti borghesi. Condurre la guerra per il

    rovesciamento della borghesia internazionale, guerra cento volte pi lunga, pi difficile e pi

    complicata delle guerre abituali fra gli Stati, e rinunziare in anticipo a destreggiarsi, a sfruttare i

    contrasti di interessi (sia pure temporanei) tra i propri nemici, rinunziare agli accordi ed ai

    compromessi con eventuali alleati (sia pure temporanei, poco sicuri, esitanti, condizionati) non

    cosa infinitamente ridicola? Non come se nell'ardua scalata di un monte ancora inesplorato e

    inaccessibile si rinunciasse preventivamente a fare talora degli zig-zag, a ritornare qualche volta sui

    propri passi, a lasciare la direzione presa all'inizio per tentare direzioni diverse?" (74). Il "partito di

    ferro'' indispensabile alla strategia comunista, ma esso deve sempre essere disponibile al

    compromesso tattico. la "disciplina ferrea del partito" e il "destreggiarsi" sono due aspetti

    inscindibili di un'unica metodologia. Questa metodologia, applicata ai paesi occidentali e cristiani

    tramite la riflessione di Gramsci, si perfeziona proprio nei nostri anni, con il programma di

    compromesso culturale. Esso consiste nella ricerca della conquista dello Stato attraverso la

    conquista della societ, mediante una lenta e accorta penetrazione di tutte le sue strutture: lascuola, le societ economiche, la magistratura, lo stesso mondo cattolico sono lentamente

    infiltrati dall'interno. L'ala marciante della Rivoluzione si serve cos della tecnica di trasbordo

    ideologico e della complicit dei moderati per acquistare sulla societ quella egemonia che, sola,

    pu garantirne il successo. Per fare ci occorre un compromesso culturale, in cui il mondo non-

    comunista, e in particolare quello cattolico, rinuncino alla difesa del proprio modello di uomo e di

    societ; mentre il movimento comunista, per parte sua, essendo una ideologia della prassi, ed

    essendo vincolato solo al successo della Rivoluzione, mantenga, al di l delle concessioni verbali, il

    proprio progetto egemonico.

    La crisi teoretica del marxismoA) - Due posizioni insuperabili.

    Da una parte: Stalin e Trotzsky

    Di fatto, l'esito storico-politico del marxismo la contrapposizione di due posizioni che si

    muovono a vicenda critiche insuperabili: lo stalinismo e il trozskismo. Queste due posizioni hanno

    un significato che va al di l della polemica fra Stalin e Trotsky (terminata con l'esilio del secondo e

    il suo assassinio in Messico nel 1940, preceduto dallo sterminio dei trotzskisti nei campi di

    concentramento staliniani): esse possono essere assunte come categorie, considerate come due

    atteggiamenti tipici all'interno del comunismo. In Italia ad esempio, con qualche differenza,

    Togliatti gioca il ruolo di Stalin, e Bordiga - il vecchio capo del PCI espulso dal partito - quello di

    Trotzsky, mentre Gramsci, che pure era alla ricerca di una filosofia che permettesse di evitare sialo stalinismo che il trotzskismo, messo nella necessit di scegliere si orienta di fatto verso lo

    stalinismo. Trotzsky introduce il concetto di "rivoluzione tradita", in Russia non si realizzato il

    vero comunismo, perch Stalin ha tradito la Rivoluzione. Con Stalin la Rivoluzione ha assunto e

    rafforzato le realt e gli istituti che avrebbe dovuto negare: lo Stato, l'autorit, la burocrazia, l'lite

    dirigente, l'apparato poliziesco, ecc. Soprattutto, la Rivoluzione si circoscritta a una sola nazione

    ("socialismo in un solo paese") tradendo cos il concetto marxista di "Rivoluzione permanente" che

    avrebbe postulato un tentativo immediato di estendersi al mondo intero. Stalin risponde: non

    esiste un "comunismo ideale"; la realizzazione sovietica, il "socialismo in un solo paese" l'unico

    modo per fare avanzare la Rivoluzione, e le critiche Trotzsky rappresentano una posizione

    utopistica, idealista, che in ultima analisi favorisce l'avversario. Chi ha ragione? Stalin o Trotzsky?Tutti e due. Ha ragione Trotzsky: perch il comunismo, come ogni Rivoluzione, ha inevitabilmente

    esiti totalitari. Ma ha ragione anche Stalin: perch la Rivoluzione non poteva riuscire che a

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    condizione di essere tradita, tanto che l'iniziatore del "tradimento" stato lo stesso Lenin. Egli,

    prima di Stalin, ha dato allo Stato sovietico i caratteri che Trotzsky denunciava. Ma nella stessa

    filosofia marx-leninista, di cui Trotzsky sottolinea l'importanza, erano insiti quegli sviluppi che egli

    combatte. Non esistono due comunismi: il comunismo ideale, mai realizzato, e il comunismo

    "tradito" degli stati socialisti; la costruzione ideale, per la sua stessa struttura, non pu dare altro

    esito, nella pratica, che lo Stato totalitario e oppressivo di cui l'Unione Sovietica il modello. Cos,

    la contrapposizione fra Stalin e Trotzsky rimane insuperabile: e l'irresolubile alternativa pu essere

    mascherata soltanto degradando la filosofia a ideologia, imponendo autoritariamente una strada,

    facendo dell'ideologia sovietica quel "cumulo di menzogne" sistematiche, oppressive, che

    Solzenicyn denuncia nel suo scritto "Vivere senza menzogna". Dall'altra: la materia e la dialettica.

    Oltre e sotto la prima contrapposizione (storico-politica) ve ne una seconda (teoretica),

    altrettanto insuperabile. Siamo abituati a dare per scontato il passaggio da Hegel a Marx: Marx

    avrebbe "raddrizzato" Hegel - il passaggio sarebbe filosoficamente ineccepibile. Ma lo davvero?

    E' il materialismo dialettico una filosofia coerente? Pu la materia essere il soggetto della

    dialettica? Certo: il marxismo un tutto inscindibile in cui il materialismo e la dialettica non

    possono essere separati. Ma se unire questi due elementi arbitrario, allora il marxismo un falsofilosofico: e il mettere l'accento sull'uno o sull'altro aspetto dovr portare a uscire dal marxismo.

    Di fatto, storicamente il marxismo ha sempre teso a una simile decomposizione:

    - sia in Russia: lotta fra Bucharin (accusato di materialismo positivista) e Trotzsky (accusato di

    idealismo), risolta in maniera autoritaria da Stalin con l'eliminazione di entrambi i contendenti;

    - sia nella storia generale del marxismo, dove il materialismo meno la dialettica porta a quel

    materialismo relativista che l'ideologia (almeno pratica) della moderna "societ dei consumi",

    mentre la dialettica meno il Materialismo porta ad un ritorno alla filosofia idealista, con un

    processo che il prof. Del Noce ha studiato in Gentile (la cui prima opera importante era dedicata a

    Marx). Anche qui, le critiche che le due parti si muovono sono ugualmente valide: perch vero

    che una pura "filosofia della prassi" non pu tollerare un substrato idealistico, mitico com' ladialettica, ma anche vero che, se tutto movimento, il movimento incessante della dialettica

    finisce per dissolvere, travolgere la materia. Anche a livello speculativo, dunque, siamo di fronte

    ad una impasse insuperabile, ad uno scacco del marxismo. Al tentativo di risolvere questa impasse

    si dedicano le varie scuole neo-marxiste occidentali, mentre l'ortodossia regna nei paesi socialisti.

    Si ricerca da parte di queste scuole l'accordo fra i postulati del materialismo dialettico e la realt

    naturale e sociale, che resiste caparbiamente alla popria evoluzione. D'altra parte, il progredire

    della Rivoluzione e la degenerazione accelerata del costume sembrerebbero quasi scavalcare la

    filosofia rivoluzionaria per eccellenza: ed ecco dunque la necessit di collegare il marxismo

    all'esistenzialismo (Sartre e Merleau-Ponty), allo strutturalismo (Althusser), alle varie forme di

    "filosofia della liberazione" (Bloch e Marcuse).

    B) - Di fronte a questa crisi, varieposizioni.

    La crisi del marxismo insieme la crisi della societ e della cultura occidentale, che il marxismo ha

    profondamente segnato: e da essa dipende 'attuale situazione di disorientamento generale, in cui

    tutti viviamo. Di fronte a questa crisi si possono assumere vari atteggiamenti:

    - la dissoluzione

    Il comunismo rivoluzionario, ma la Rivoluzione non si esaurisce nel comunismo. Portando avanti

    il processo rivoluzionario, si pu arrivare a una presentazione della Rivoluzione come pura

    dissoluzione che vada oltre lo stesso marxismo: il surrealismo, la rivoluzione sessuale, la riscoperta

    di Sade, la IV Rivoluzione.- la disperazione

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    Se si crede che il marxismo abbia esaurito il suo vigore ma che, insieme, ci che il marxismo ha

    negato (la filosofia dell'essere, i valori tradizionali), sia negato per sempre e non recuperabile,

    l'atteggiamento naturale sar la disperazione (ad esempio, Horkheimer). Esistono anche

    travestimenti della disperazione: l'utopia "cosciente di essere tale", la "parodia della rivoluzione"

    in Marcuse, il gioco e la burla generalizzati dei movimenti underground, l'esaltazione della droga

    come evasione dal mondo, ecc.

    - il "progressismo" cristiano

    C' chi crede che il marxismo possa essere "salvato" giustapponendovi i valori religiosi: il

    "progressismo" cristiano. Ma la sua posizione deriva da una incomprensione del carattere totale

    del marxismo: e del resto i suoi tentativi non hanno mai "convertito" il marxismo al Cristianesimo,

    ma piuttosto molti cristiani al marxismo. Si dice che il filosofo marxista Ernst Bloch, pur rimanendo

    ateo, abbia lanciato un "ponte" fra marxismo e Cristianesimo. E' vero: ma questo ponte fatto per

    essere attraversato in un senso solo, sempre da cristiani che passano al marxismo, mai da marxisti

    che passano al Cristianesimo.

    - la Tradizione

    Un'ultima posizione consiste nel rifiutare il presupposto generale del marxismo, che preesiste aMarx: il primato del divenire, la negazione della Tradizione, la Rivoluzione. Esiste un seme, questo

    seme si sviluppato e ne nato un albero di errore e di morte. Piuttosto che cercare di salvare

    l'albero, non sar forse opportuno rifiutare il seme? Si tratta allora, di recuperare "per diametrum"

    tutto ci che fin dall'inizio il marxismo e i suoi precedenti storici avevano negato: il primato

    dell'essere, la Tradizione. E' il contrario della Rivoluzione: la Controrivoluzione. Per precisarne i

    contenuti, occorre esaminare ulteriormente il concetto di Rivoluzione.

    Conclusione

    Il marxismo, si detto, nega il primato dell'essere e nega, in particolare:

    1) - Il principio di identit e di non-contraddizione (A uguale ad A ed diverso da non-A; ci che

    , ci che non non ), che deriva immediatamente dal primato dell'essere sul divenire. Gi per

    Hegel, il maestro di Marx, la verit delle cose non nel loro essere, ma nel loro divenire, nel

    movimento, cio nella dialettica: la verit della tesi nella sua negazione, nell'antitesi, che

    permette il passaggio alla sintesi; di qui la formula: "ci che non , e ci che non ", che

    esprime il primato del divenire e la negazione del principio di non-contraddizione. "Et super hoc

    principio - dice San Tommaso - omnia alia fundantur" (su questo principio si fondano tutte le

    cose).

    2) - l'esistenza del peccato originale. Se vi fosse il peccato originale non sarebbe possibile lasalvezza totale in terra, la societ perfetta. Ma l'essere delle cose - come si visto - il loro non

    essere. L'essere della vita la negazione dialettica della vita: la morte. La finitezza dell'uomo (che

    evidente: gli uomini sono finiti, muoiono) non un limite indebito causato da qualcosa che

    segner per sempre gli uomini, ma anzi una condizione intrinseca positiva, una antitesi che

    permette il processo dialettico. Ora, il principio di non contraddizione (il primato dell'essere) e

    l'esistenza del peccato originale sono il fondamento dell'idea di Tradizione. Il primato dell'essere

    spiega l'esistenza di verit eterne e metastoriche, grazie alle quali si pu vivere l'eterno nel tempo

    e che, in quanto metastoriche - non in bala della storia, non dissolte dalla storia - possono essere

    consegnate (traditae) di generazione in generazione; mentre il peccato originale spiega che

    possono oscurarsi e possono essere dimenticate e perfino negate dagli uomini. Il marxismo,quindi, l'antitesi pi radicale dell'idea di Tradizione. Il primato dell'essere, poi, fonda la stabilit

    della natura e delle sue leggi: leggi permanenti, oggettive, universali, valide cio sempre e per tutti

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    gli uomini, cosicch si pu parlare di legge naturale, come legge morale che la ragione pu leggere

    nella umana. Legge naturale che fondamento di ogni legge positiva, anche se nessun

    ordinamento giuridico positivo potr mai realizzarla nella sua pienezza e perfezione. La negazione

    del primato dell'essere la negazione di Dio e della verit metafisica, la negazione della legge

    morale, del diritto naturale e quindi la negazione dei primi istituti naturali, derivabili cio dalla

    stessa natura dell'uomo e dalle sue inclinazioni, i quali sono la famiglia, la propriet, lo Stato:

    istituti di natura e non di storia e come tali ineliminabili, eliminabili solo attraverso il terrore e la

    repressione pi spietata. Ma se l'autore della natura Dio, e non l'uomo, la negazione degli istituti

    naturali anzitutto la negazione di Chi ha fatto le creature, la negazione del Creatore nella

    negazione del creato, il rifiuto di Dio nel rifiuto della famiglia e della propriet. Questa l'essenza

    rivoluzionaria del comunismo, caricando il termine Rivoluzione, considerato, al di l del suo

    significato di sommovimento episodico, come categoria filosofico-politica, di una valenza

    metafisica, e intendendolo nella sua realt pi profonda. Che cos' la Rivoluzione? E' la negazione

    dell'ordine naturale e cristiano e cio di una societ e di un mondo fondati sulla legge naturale e

    rivelata, la negazione in ultima analisi dell'Autore di questa legge, cio di Dio. In questo senso si

    pu stabilire un'essenza metafisica della Rivoluzione, che anche l'essenza del comunismo, senzacon questo dire che il comunismo esaurisca la Rivoluzione. Se unica infatti la verit, unica

    l'essenza del rifiuto di essa - il "non serviam" (di Lucifero) - la "liberazione" cio da ogni

    dipendenza politica e spirituale, ma infinite sono le possibili manifestazioni di questo rifiuto. La

    Rivoluzione unica nell'essenza, e molteplice nelle manifestazioni: manifestazioni che,

    storicamente diverse ed eterogenee, sono accomunate dall'unicit dell'essenza e del fine. Solo in

    questa prospettiva si potr poi intendere in che modo realmente la Riforma Protestante prefiguri

    la Rivoluzione Francese e questa prefiguri a sua volta, la Rivoluzione Bolscevica: avvenimenti che si

    presenterebbero altrimenti come blocchi storici a s stanti, quasi inesplicabili compartimenti

    stagni. La Rivoluzione invece ha una sua storia, la storia di una marcia verso societ sempre meno

    naturali, sempre meno fondate sul primato dell'essere, sempre pi palesi nella negazione di Dio.La Rivoluzione un blocco, e combatterne solo una parte significa essere sopraffatti dalle altre. E'

    necessario conoscere il comunismo, l'ala marciante della Rivoluzione, ma anche necessario

    imparare a identificare le altre componenti del blocco rivoluzionario che, anche se si presentano

    come diverse e perfino avversarie del comunismo, in realt ne facilitano l'avvento. Cos,

    necessario anche comprendere che la Rivoluzione un blocco non solo politico o ideologico, ma si

    sviluppa a partire da un insieme di tendenze, di atteggiamenti, di modi di vivere diffusi anche negli

    ambienti migliori, e da cui il comunismo nasce e si alimenta. Il comunismo non solo un partito

    politico o una setta filosofica: il comunismo un vizio intellettuale e morale di cui gran parte degli

    uomini moderni (e non soltanto i comunisti dichiarati) finiscono per essere preda. Un autentico

    anticomunismo dovr colpire il bersaglio nemico nella sua stessa essenza, nel suo cuore. Percolpire il male alle radici per sconfiggere il comunismo va colpita dunque al cuore la Rivoluzione

    nella sua essenza, prima ancora che nelle sue manifestazioni. La Rivoluzione appare come il drago

    a pi teste, che produce continuamente nuovi mostri. Il compito dell'anticomunista dunque

    quello di trasformarsi in controrivoluzionario, in combattente cio che non si limiti a tagliare teste

    che continuano fatalmente a riprodursi, ma che colpisca il drago al cuore, e la chiave per la vittoria

    la completa conversione a Ges Cristo Nostro Signore.

    Note

    (1) - Tesi politiche del IX Congresso del PCI, ed. Riuniti, Roma 1960.

    (2) - G. STALIN, Il materialismo dialettico e il materialismo storico, in: Questioni del Leninismo, ed.it., Mosca 1945, pag. 180.

    (3) - H. LEFEBVRE, Il marxismo, ed. it. Garzanti, Milano 1954, pag. 19.

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    (4) - TREVISANI, Piccola Enciclopedia del socialismo e comunismo, Milano, Calendario del popolo,

    1958, pag. 32.

    (5) - LENIN, Tre fonti e tre parti integranti del marxismo, in: Opere scelte, ed. Riuniti --Progress,

    Roma - Mosca, s.d., vol. I, p. 42-44.

    (6) - LENIN, Materialismo ed empirio-criticismo, in: Opere scelte, cit. vol. III, pag. 371.

    (7) - IDEM, cit. pag. 116.

    (8) - IDEM, pag. 141.

    (9) - ENGELS, Antiduring, in Marx - Engels, Opere complete, vol. XXV, Roma 1974, pag.48.

    (10) - ENGELS, Ludwig Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca, Rinascita,

    Roma 1950,pag. 18.

    (11) - MARX, I^ tesi su Feuerbach, op. cit., pag. 81.

    (12) - ENGELS, Antiduhring, cit., pag. 135.

    (13) - ENGELS, Dialettica della natura, in: Marx-Engels, Opere complete, vol. cit. pag. 365.

    (14) - IDEM, pag. 529.

    (15) - M. ALOISI, prefazione a S. Bernal e altri, L'origine della vita, Feltrinelli, Milano 1962, pag. IX.

    (16) - H. LEFEBVRE, Il marxismo, cit., pag. 37.(17) - ENGELS, Dialettica della natura,

    (18) - MARX-ENGELS, L'ideologia tedesca, ed. Riuniti, Roma 1958, pag. 17.

    (19) - MARX, VI Tesi su Feuerbach,in: ENGELS, L. Feuerbach, cit. pag. 84.

    (20) - MARX, Manoscritti economico-filosofici del 1844, in: Opere filosofiche giovanili, ed. Riuniti,

    Roma 1963, pag. 203.

    (21) - MARX, Critica al Programma di Gotha, in: Marx-Engels, Opere scelte, ed, Riuniti, Roma 1966,

    pag. 962.

    (22) - LENIN, in: Les principes du marxisme-leninisme, antologie, Progress, Mosca 1961, pagg. 875-

    876.

    (23) - STALIN, Materialismo dialettico e materialismo storico, Rinascita Roma 1954, pag. 9.(24) - MARX-ENGELS, L'ideologia tedesca, ed. Riuniti, Roma 1958, pag. 70.

    (25) - H. LEFEBRE, Il marxismo, cit. pag. 56.

    (26) - MARX, Per la critica dell'economia politica, prefazione, ed. Riuniti, Roma 1972, pag. 15.

    (27) - STALIN, Materialismo dialettico e materialismo storico, cit. pag. 20.

    (28) - MARX-ENGELS, Manifesto del partito comunista, ed. Riuniti, Roma 1974, pag. 55.

    (29) - MARX-ENGELS, Manifesto, cit. pag. 56.

    (30) - ENGELS, Prefazione all'edizione tedesca del Manifesto, in: Manifesto, ed. cit., pagg. 39-40.

    (31) - LENIN, Stato e Rivoluzione, in: Opere scelte, vol. II, Progress, Mosca 1947, pag. 168.

    (32) - LENIN, Stato e Rivoluzione, in opere scelte, vol. II, Progress, Mosca 1947, pag. 195.

    (33) - MARX, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel Introduzione, in: Marx-Engels, Operescelte ed. Riuniti, Roma 1966, pag. 58.

    (34) - LENIN, Socialismo e Religione, in: Opere scelte, cit.,vol. I, pag. 674.

    (35) - IDEM, La religione nell'URSS, Feltrinelli, Milano 1961, pag. 3.

    (36) - Lenin, Socialismo e Religione, cit. pag. 677.

    (37) - MARX, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, cit. pag. 58.

    (38) - IDEM, pag. 65.

    (39) - LENIN, Socialismo e Religione, cit. pag. 678.

    (40) - MARX, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, cit. introduzione, passim.

    (41) - MARX-ENGELS, L'ideologia tedesca, ed. Riuniti, Roma 1967, pag. 53.

    (42) - MARX, Il capitale, ed. Riuniti, vol. I, Roma 1967, pag. 536.(43) - ENGELS, L'origine della famiglia, della propriet privata e dello Stato, tr. it. Newton

    Compton, Roma 1974.

  • 7/29/2019 Conoscere Il Comunismo

    16/16

    (44) - ENGELS, Il catechismo dei comunisti, premesso all'ed. del Manifesto, Edizioni del Maquis,

    Milano 1971, pag. 31.

    (45) - ENGELS, L'origine della famiglia, della propriet privata e dello Stato, ed. Riuniti, Roma 1970,

    pag. 103.

    (46) - ENGELS, Il catechismo dei comunisti, cit. pag. 19.

    (47) - MARX - ENGELS, Manifesto del partito comunista, ed. Riuniti, Roma 1971, pag., 78.

    (48) - ENGELS. Il catechismo dei comunisti, cit. pag. 19.

    (49) - IDEM, pag. 23.

    (50) - IDEM, pagg. 24-26.

    (51) - ARTHUR ROSENBERG, ex-membro del comitato Esecutivo della Terza internazionale, Storia

    del Bolscevismo, ed, it. Sansoni, Firenze 1969, pag. 3.

    (52) - H. LEFEBVRE, Il marxismo, cit. pag. 49.

    (53) - LIU SCIAO-CHI, Rapporto del 14 giugno 1950 della segreteria generale del Partito Comunista

    Cinese.

    (54) - LENIN - K. MARX in: Opere scelte, cit. vol. I, pag. 31.

    (51) - ARTHUR ROSENBERG, ex-membro del comitato Esecutivo della Terza internazionale, Storiadel Bolscevismo, ed, it. Sansoni, Firenze 1969, pag. 3.

    (52) - H. LEFEBVRE, Il marxismo, cit. pag. 49.

    (53) - LIU SCIAO-CHI, Rapporto del 14 giugno 1950 della segreteria generale del Partito Comunista

    Cinese.

    (54) - LENIN - K. MARX in: Opere scelte, cit. vol. I, pag. 31.

    (55) - MARX, La dominazione britannica in India, in: Marx-Engels, India-Cina-Russia, il Saggiatore,

    Milano 1970, pagg. 76-77.

    (56) - MARX, Discorso sulla questione del libero scambio, cit. in India-Cina-Russia, cit. pag. 123.

    (57) - STALIN, Les principes du Lninisme, Editions Sociales, Paris 1947, pag. 100.

    (58) - LIU SCIAO-CHI, Pout etre un bon communiste, Editions sociales Paris 1955 pag. 49.(59) - ENGELS, Antiduhring, ed. it. Cit. pag. 115.

    (60) - H. LEFEBVRE, Il marxismo, cit. pag. 90.

    (61) - F. BORKENAU, Storia del comunismo europeo Neri Pozza, Vicenza 1963, pag. 21.

    (62) - LENIN, Che fare?, in: Opere scelte, Progress, Mosca 1947, vol. I, pag. 224.

    (63) - LENIN, I compiti urgenti del nostro movimento, in: Opere, vol. IV, ed. Riuniti, Roma 1957,

    pag. 406.

    (64) - LENIN, Che fare?, cit. pag. 213.

    (65) - LENIN, Che fare?, cit. pagg. 214-215.

    (66) - IDEM, pagg. 213-214.

    (67) - IDEM, pag. 221.(68) - IDEM, pag. 233.

    (69) - IDEM, pag. 233.

    (70) - LENIN, L'estremismo malattia infantile del comunismo, ed. Riuniti, Roma 1974, pag. 10.

    (71) - IDEM, pagg. 58-59.

    (72) - IDEM, pag. 38.

    (73) - IDEM, pag. 155 - la sottolineatura dello stesso Lenin.

    (74) - IDEM, pag. 105.