Losurdo - Antonio Gramsci Dal Liberalismo Al 'Comunismo Critico'

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  • 8/17/2019 Losurdo - Antonio Gramsci Dal Liberalismo Al 'Comunismo Critico'

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    Antonio Gramsc i

    ^da l l ibera l i smo a l

    « comun i smo c r i t i co»

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    Per Gramsci

    Testi, studi, documenti,

    per leggere la realtà

    attrav erso le lent i

    di un maestro che sapeva

    gu ard are e asco ltare. t;

    ° D m o n d o è g r a n d e

    e terr ibi le , e comp licato.

    Og ni azione che viene lanciata

    sulla sua complessità

    sveglia echi inaspettati .

    Antonio Gramsci

    No nostante i l p r ofo nd o legame s impatet ico con le

    classi subal terne, sul piano cu l turale Gra m sci inizia

    com e l ib e ra l e : f a r i f e r im en t o a C ro ce e G en t i l e e ,

    sul la lo ro scia, con dan na i l giacobinism o. L a presa

    di pos izione a fav or e del l iberalism o è la difesa della ^

    ^

      modernità e del soggetto capace di autbdetermina-

    • zione. M a pro pr io questa conquista viene l iquidata

    da l la I guerra m ond ia le e da l l ' i r regimen tazione d i

    massa che essa com porta . Nel salutare la rivoluzio ne

    d 'O t t ob re , s cop p ia t a su l l 'on d a d e l l a l o t t a con t ro

    l ' immane carnef ic ina , Gramsci sv i luppa la cr i t ica

    del l iberalismo e matu ra il passaggio ad un «com tmi-

    sm o crit ico» che vu ole essere ere de del le con quiste

    della modernità.

    I S B N 8 8 - 7 9 9 0 - 0 2 3 - 4

    D om enic o Los urd o è ordin ario di Storia deDa Filo-

    sof ia a l l 'Univ ersità di U rb ino . Tra i suoi lavo ri più

    recenti:

     Democrazia o honapdrtismo,

      1 9 9 3 ;

      Il revisio-

    nismo storico,19%.

    Lire 29 .000

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    Per Gramsc i

    collana diretta da

    Giorgio Baratta, Eric H obsbawm,

    Domenico Losurdo, Gerardo Maretta,

    Edoa rdo Sanguineti

    coordinamento a cura di

    Serena Di Giacinto, Fabio Frosini

    1

    In collaborazione

    con l'Istituto Italiano

    per gli Studi Filosofici

    © 1997, Gamberetti Editrice s.r . l .

    Via Faà di Bruno  28 , ROMA

    Prima ediz ione

    giugno 1997

    ISBN 88-7990-023-4

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    D o m e n i c o L o s u r d o

    Antonio Gramsci

    dal l iberal ism o al

    «comunismo cr i t i co»

    G a m b e r e t t i E d i t r i c e

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    Indice

    Parte pr im a .

    Pe r una biografia intellettuale

    Gap. I

    Tra

     Risorgimento e I guerra mondiale:

    gli inizi di Gramsci

    1. L'incontro con Croc e e Gen tile

    2. Positivismo e neoidealismo

    3. Liberalismo e antigiacobinismo

    4. La rivoluzione contro il Sillabo

    pagma

    17

    2 1

    25

    2 9

    Gap. II

    «Macello europeo», rivoluzione, fascismo:

    l'adesione di Gramsci al comunismo critico

    1.

    2

    3 .

    4.

    5.

    6

    7.

    9.

    Riforme, rivoluzione e guerra

    La gu erra, le élite  e la mo ltitudine bam bina

    Gu erra, ingegneria sociale e «socialismo di Stato »

    Ideologie-teologie della guerra e stereotipi nazionali

    Guerra e materialismo storico

    M orale, guerra e rivoluzione

    Dialettica, guerra e rivoluzione

    «Guerra rivoluzionaria» e lotta tra «nazioni proletarie»

    e «nazioni capitalistiche»

    Dal liberalismo al fascismo

    35

    37

    4 1

    4 6

    54

    5 8

    61

    65

    6 9

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    10. Rinnegati del liberalismo,

    comunismo ed eredità liberale

    1 1 .  G]il]sa,\aFood-Diplomacy

    e il «com plotto tedesco-bolscevico»

    12. Americanismo e antiamericanismo

    13. Liberalism o, socialismo e question e coloniale

    14. «Um anesimo integrale» e comunismo

    73

    75

    81

    86

    90

    Gap. Ili

    Con traddizione oggettiva e prassi umana:

    Gramsci e il neoidealismo italiano

    1

    2

    3.

    4 .

    5 .

    6 .

    7.

    Una categoria del tutto formale

    Fichte e le

     filosofie

     della prassi

    Centralità della categoria di contraddizione oggettiva

    Prassi, «autoprassi», intimismo

    Teoria/prassi e morale/p olitica: unità e distinzioni

    Marxismo, attualismo, pragmatismo

    Volontà di potenza, materialismo storico

    e critica della metafisica del soggetto

    «L e ideologie non creano ideologie»:

    Gram sci interprete di Gramsci

    95

    101

    105

    110

    114

    120

    125

    128

    Parte seconda.

    Il marxismo

    e il «comu nismo critico» di Gra ms ci

    10

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    Gap. IV

    Legittimità e crìtica del moderno:

    Gramsci,

     Marx

     e il marx ismo novecentesco

    1.

    2

    3.

    4.

    5.

    6

    Gram sci, Marx e la teoria della rivoluzione

    La complessità e i tempi lunghi della rivoluzio ne

    M arx, Engels e la «decadenza ideologica»

    Problemi di periodizzazione storica

    Decaden za ideologica o rivoluzione passiva?

    Decadenza ideologica, meccanicismo

    e impazienza rivoluzionaria

    Anarchism o e delegittimazione del mod erno

    Decaden za ideologica della borghesia e putrefa zione

    dell'imperialismo in L enin

    Gr am sci e la presa d i distanza dalla tesi

    della «p utrefazione»

    e del «crollo» dell'imperialismo

    10. Liquidazione della mo dernità, escatologismo

    e anarchismo nel marxismo novecentesco

    11. Gram sci e il marxismo novecentesco

    12. Da Fichte a Hegel, ovv ero dall'escatologismo

    al comunismo

    7,

    9.

    137

    140

    145

    147

    150

    155

    160

    162

    166

    171

    173

    176

    Gap. V

    Estinzione dello Stato?

    Il comun ismo fuori dell'utopia

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    1.

    2

    3 .

    4 .

    5 .

    6

    7 .

    M arx, Engels e lo Stato

    Po tere politico e amm inistrazione

    Len in e la faticosa presa di distanza

    dall'escatologismo e dall'anarchismo

    «Stato etico», «società regolata» e comunismo

    Critica del liberalismo e critica dell'anarchismo

    nell'evoluzione di Gramsci

    Anarchismo, meccanicismo

    e stato d'eccezione perm anente;

    la tragedia dell'Urss

    Stato, nazione, mercato, «nuovo uomo»;

    al di là de ll'utopia

    1 8 1

    1 8 5

    1 8 7

    1 9 0

    1 9 3

    1 9 8

    202

    Parte Terza .

    La difficile em ancipazione:

    Gramsci, l'elitismo italiano

    e il «ma rxismo occidentale»

    Gap. VI

    Eredità proletaria ed elisir borghese:

    un confronto dai tempi lunghi

    1. Critica dell'ideologia e problem a dell'eredità

    2. M arxism o «critico » e lotta pe r l'egemonia

    3. An tico regime borghese e doppiezza ideologica

    4. Proletariato, borghesia e reciproca influenza ideologica

    2 0 9

    2 1 2

    2 1 7

    2 2 1

    12

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    5. Una «dop pia revisione»

    6. La costruzione proletaria

    del «p rop rio grupp o di intellettuali indipende nti»

    7. G li intellettuali organici

    225

    227

    235

    Gap. VII

    Gram sci esponente d el «marx ismo occidentale»?

    1. Orien te e Occ idente in Lenin e Gram sci

    2. Dittatura ed egemonia tra Orien te e Occiden te

    3. Gramsci cantra  Nietzsche

    4. Gram sci come sfida e come elisir

    241

    244

    247

    251

    Indice dei nomi

    255

    13

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    Si presenta qui il testo rived uto d i lezioni tenu te presso l'Istituto Italiano p er gli Studi Filosofi-

    ci e di relazioni svolte in occasione di Convegni per lo piìi organizzati dall'Istituto.

    Elenco delle s igle

    cui si fa ricorso nel testo.

    In riferimento a Gramsci:

    C T  = Cronache Torinesi 1913-1917, a cu ra di S.

    Caprioglio, Torino, Einaudi, 1980.

    C F = La città futura 1917-191 8, ù   cura d i S .

    Caprioglio, Torino, Einaudi, 1982.

    N M  =  Il nostro Marx 1918, a  cura di S. Capr io-

    glio, Torino, Einaud i, 1984.

    O N  =  VOrdine Nuovo 1919-1920,  a cur a di V.

    Gerratana e A. A . Santucc i , Tor ino , Einaud i

    1987.

    SF  =

     Socialismo e fascismo.

      L 'Or d in e Nuo vo

    1921-1922, Torino, Einaudi, 1966.

    CVC = La costruzione del partito comunista

    1923-1926,  Torino, Einaudi, 1971.

    Q  = Quaderni del carcere,  ed. cr it ica a cura di

    V. Ge rratana, Torino, Eina udi, 1975.

    In riferimento a Marx e Engels:

    M E W   = K . M a r x - F . E n g e l s ,

      Werke,

      B e r l i n ,

    Dietz, 1955 sgg. (per quanto r iguard a la tradu-

    z io n e i t a l i an a u t i l i z z iamo l ib e r am en t e que l l a

    contenuta ne l l ' ed iz ione de l le   Opere complete

    d i M ar x e En ge l s in co r so d i p ub b l i c a z io n e

    presso gli Editori Riun iti) .

    M E G A = a n u o v a M E G A   {Marx-Engels

    Gesamtausgahe,  Be r l in , D ie t z , 1975 s gg . ) .

    Abb iam o in questo caso l iberam ente ut i l izzato

    la tr . i t . , condot ta d ire t t am ente su l l 'o r ig ina le

    inglese, con tenuta in K. Marx-F . Engels ,  ìndia

    Cina Russia. Le premesse per tre rivoluzioni,  a

    cura di B. Maff i , Milano, I l Saggiatore.

    Infine:

    L

     =

     V.I . Len in, (

    Riuniti, 1955.

    , Roma, Editori

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    Parte prima

    Per una

     biografia

     intellettuale

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    I

    Tra R i so rg im ento e

    I gue r ra m ond ia l e :

    g l i in iz i d i G ram sci

    1 . L ' i n c o n t r o c o n C r o c e e G e n t i l e

    Allorch é scoppia la I gue rra mo ndiale, m om ento di svolta nella sto-

    r ia del '900 , G ram sci ha ve nt i tré an ni . Se anc he è iscr i t to al part i to

    socialista - e la cosa non è certa - non si imp egn a con particolare inten-

    sità ne ll'attività p olitic a.' Tra tutti coloro che sono già o sono destina ti a

    diventare d irigenti di primo pian o del m ovimen to operaio internazio-

    nale, i l provinc iale venuto d alla Sard egn a si distingu e per il fatto di non

    aver in alcun mo do al le spal le i dib att it i teorici e po lit ici pro pri del la

    Sec ond a Inte rnaz iona le . Cer to , g ià ch iaro è i l l ega m e con le c lass i

    subalterne, saldato da l le m odeste origini social i , dal l 'esperienz a dolo-

    rosa delle privazioni q uotid iane, da un a sensibilità e serietà m orale ch e

    al imentano ulteriormente l 'atteggiam ento sim patetico nei confrond di

    coloro che sono costretti a sub ire una vita di stenti. Sono tanti in S arde -

    gna dove, assieme all 'analfab etism o, infurian o m alaria, tracom a, tuber-

    colosi e inedia.

    M a l 'attegg iam ento sim patetico di G ramsci nei confronti delle clas-

    si e dei pop oli tenuti in condizione su baltern a non resta certo confina-

    to alla sua isola d 'origine. I com piti scolastici testimo niano d i una p iena

    identificazion e con «q ue i popoli infelici delle colonie», b ollati e trattati

    1 Vedi G. Fiori ,

     Vita

     di Antonio Gramsci,

      Bari, Late rza, 1966, p, 96 e 107.

    17

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    come «b arb ari» e « inciv i l i » dal le per iodiche «cro ciate» del la «vec chia

    E uro pa» . Epp erò, su l p iano più prop r iamen te cu l tura le , a susc i tare

    l 'at tenzion e partecip e del lo studen te sardo sono soprattutto Croce e

    Salv em ini/ Ap pro da to a l l 'unive rsità, a Torino, la città che è o sta per

    diven ire il centro del mo vimen to operaio e socialista, il giov ane G ram-

    sci cont inua a freq uen tare professori di or ientam ento l iberale (Luigi

    Ein aud i , Frances co Ruff in i , Gioe le So lar i ) e che ta lvol ta r i sentono

    profondamen te de l l 'inf luenza de l

     filosofo

     l iberale Benedetto Cro ce. '

    Lo stesso Salvemini, cui abbiam o visto rivolgersi l 'attenzion e del giova-

    ne sardo, pur nu trend o qualch e s impat ia per il «m ovim ento proleta-

    r io» è imp egnato in una bat tagha d i t ipo fondam enta lmen te l ibera le

    contro il protezionismo e ogni forma di «intervenzionism o statale»; sul

    pian o teorico, s i con sidera d iscepolo di Smith ben più che di Marx."

    Assai rari sono invece, nel Gram sci di qu esti armi, i r iferime nti , dire tt i

    o indiretti, a Lab riola . '

    Co nco rdi sono le testimonianz e relative al l ' influ en za che sullo stu-

    dente sardo e sull 'universitario torinese esercita Croce e, successivamen-

    te, anch e Gentile. M a nulla sarebbe più errato di ridurr e questa influen-

    za ad una vicenda accad em ica o astrattamente c ulturale. L' incontro coi

    du e filosofi non è i l dato originario da cui dedurre, sia pure con qualche

    variazione, il successivo svolgimento del pen siero di Gra msc i; qu ell ' in-

    con tro è esso stesso un risultato, nel senso che costituisc e un a prim a

    risposta ad un p roblem a ch e non è accad emico b ensì r invia a real i lotte

    politiche e sociali.

    Croce e Genti le sono da G ramsci messi in rapp orto con l 'Ital ia sca-

    turita dal Risorgimento: ad osteggiarli sono gli amb ienti «clerica leggian -

    t i»

      {Cronache Torinesi 1913-1917 ,

      [ C T ] , 3 9 2 ) ,  che nella Sardegn a (ene l-

    ri ta l ia ) del tempo co stituiscono una forza decisiva della conservazione

    con la paura che essi stimolano nei confronti di ogni mutamen to sociale,

    2 I t ó , p . 6 6 e 7 8 .

    3

      Ihid.,P.&6-7.

    4   Vedi G, Salvemini ,  Liberalismo e socialismo (L'Unità   del 14 ottob re 1920 ), ora in Id. ,  Opere,   Mila-

    no, Feltr inel l i , 1964-1978, voi . V il i , p. 567 e 569.

    5 Vedi G, Fiori ,

      Vita di Antonio Gramsci,

      op. c it . , p. 108. Va però r idime nsio nata l 'afferm azio ne

    secondo cui «in tutti gli scritti giovanili, Gramsci cita Lskino\sLunasolavolta   (nei 191 8 )» .

    18

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    bol la to in ant ic ipo com e un pauroso sa l to ne l bu io . ' Qu est i am bient i

    vedon o in Hege l la loro «be st ia ne ra» (CT, 392) e, assieme alla sua  filoso-

    f ia, intend ono re spinge re i l mo derno . Senon ché, « nella lotta tra i l Sil la-

    bo e H ege l , è H egel che ha vinto » . E la vit tor ia non se m plicem ente di

    un filosofo ben sì di uno «svilu pp o storico » e di un mon do storico reale

    che nel s istema del pensatore tedesco ha trovato la sua espressione teo-

    rica. È la vittoria di un processo che, a part ire dalla R iform a, com porta

    la d is t ruz ione de l feud a les im o e de l l ' ant ico reg im e, l' a f ferm ars i d e l la

    secolarizzazio ne (con «i l bu on vecchio dio, che rientra nel regno delle

    la rve» ) , l ' em ergere de l la f igura de l l ' ind iv iduo mo derno che af ferma il

    « l ibero esam e» e la «filosofia pur a» non impacciata d a un'autorità ester-

    na (CT, 72). È sop rat tut to la vit tor ia d el la co scienz a stor ica che nel la

    s ituazione d ata r if iuta di vede re e di subire una natura im m odif icabi le .

    La pre sa di posizione a favore di Heg el (e di Cro ce e G entile) è du nq ue

    una pres a di posizione a favore del m ode rno e, per qu anto rig uard a l 'I-

    talia, a favore del Risorg imen to che ha signif icato i l rovesciamen to del-

    l 'ant ico reg ime, l 'avvento di un mo dern o Stato nazionale e la sconf it ta

    di uno Stato del la Ch iesa chiaram ente anco ra prem od erno (si pen si a l

    po tere tem po rale del pap a, al caratte re confessionale delle istituzion i, al

    ghetto per gli ebrei).

    Com e l ' inco ntro con Cro ce e Ge nt i le , così l 'ant ites i H ege l-Si l labo

    non è di or ig ine m eram ente sp eculat iva . Nel docum ento po nt if ic io, la

    cond anna de l la l iber tà d i cosc ienza e d 'espress ione , de l l ' egu ag l ianz a

    g iur id ica (con la soppress ione de l « for o ecc les ias t ico » ) , de l l 'o bb l igo

    scolast ico e della scuola pub blica, la cond anna in una parola del mo ndo

    e de l la l iber tà de i m od erni pro ced e d i pa r i passo con la den un c ia d i

    que lla visione ch e vede «l o S tato come origin e e fonte di tutti i diritti». Il

    S i l labo non fa nom i ; ma a d iss ipare ogni equivoco p rovved e qua lche

    anno dopo i l cardinale K ette ler : «Da mo lt i anni i l l ibera l ismo ci gr ida:

    tutto per opera de l po po lo. L'H egel ci dice : i l pop olo, com e Stato, è la

    potenza assoluta sopra la terra. Con questa massim a si combatté l 'auto-

    rità che prov iene d a Dio e si derise la nostra formu la: pe r grazia di D io» .

    L'em inente uom o di chiesa così proseg ue: «I l liberalism o fa dello Stato

    Ihid., p. 100.

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    un Dio in terr a», n el senso che «no n c 'è nessuna legge divina ed eterna

    sopra la legg e del lo Stato ». In m odo analogo, anc or prima d el Si l labo,

    a rgom enta in I t a l ia Anton io Rosmin i , secondo il qua le l a «m od ern a

    antropolatria»,  che trova la sua com piuta espressione in H egel , sfocia

    nel la «statolatr ia » , nel la pretesa di m odif icare l 'ordinam ento p ol it ico e

    sociale secondo l 'arbitrio dell 'uomo . ^

    Lo H egel da cui prend e le mo sse Gram sci è lo Heg el inviso alla con-

    servaz ione in quanto l ibera le e m oderno, in qu anto espress ione de l la

    coscienza storica, del la presa di coscienza del la possibi l i tà del muta-

    m ento e della possibile iniziativa trasformatrice del soggetto um ano. L a

    sua filosofia aveva svolto un ruolo importante n el la preparazione ideo-

    logica d ella rivoluzione del '48. In questo qua dro è altresì da collocare i l

    r i ch iam o a Cr oce e G ent i l e , d i scepo l i i t a l i an i de l f i losofo tedes co e

    imp egnati n ella difesa del Risorgim ento. M a ciò sta a significare i l carat-

    tere sin dal l ' inizio pro blem atico del rappo rto da Gram sci ist i tuito coi

    du e grand i intel lettu al i la ic i . Vien e loro accord ato un credito per così

    dire

      sub condicione\

      la lettu ra dei loro testi va alla ricerc a di un a risposta

    o di m ateria l i p er una r isposta a d un prob lem a reale ; e i l valore d i ta le

    risposta continuerà ad essere commisurato sul contributo che essa può

    fornire al la com prensione e soluzione dei problem i real i . Non stup isce

    allora i l fatto che la successiva evoluzione por terà G ram sci a ved ere nei

    du e grand i intel lettual i ne oide ahst i non già gl i a lf ier i del la lotta per la

    difesa del m oderno q uanto i com plici del l 'oscurantism o anti-moderno

    di P io X, im pegn at i , in nom e de l la d i fesa de l l 'ord inam ento soc ia le, a

    non intaccare l ' inf luenz a suUe m asse pop olari della cultura clericale p iù

    reazionaria

     {infra,

     cap. VI, 3 .

     D'altro canto, anche il giudizio sulla cultura

    cattolica è sempre storicam ente e politicamente concreto. Una significa-

    tiva testimo nianza riferisce che già i l giovane G ramsci cond anna vivace-

    m ente r«an tic ler ical ism o stu pido » di chi non comprend e la netta supe-

    riorità del pacifism o evange licamen te ispirato rispetto all 'interventism o

    di certi «a te i» d ichiarati . ®

    Pe r quanto r ig ua rd a i du e f i loso f i neo idea l i s t i , ess i vengo no le t t i

    7 Vedi D. Losu rdo,

     Dai fratelli Spaven ta a Gram sci. Per una storia politico-sociale della fortuna di

    Hege l in Italia,  Napo li, La Città del Sole, Istituto Italiano per gli Stud i Filosofici, 1997, cap. IV, 2.

    8 V e d i G . Vion, Vita di Antonio Gramsci, Qp.   c i t . ,p. 123.

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    com e l'espressione teorica del Risorgim ento e di una rivoluz ione «b or-

    ghe se» ch e si tratta di co nd urr e a term ine (e anzi, seco ndo un a vision e

    che m atura progressivamente, di comp letare e superare) . Croce e G en-

    t i l e s o n o d u n q u e s o t t o p o s t i a d u n ' i n t e r p r e t a z i o n e in c u i e s si n o n

    po treb be ro riconoscersi. E cioè anche qu and o si sente a loro p iù vicino,

    Gramsci costruisce questo rapporto di vicinanza in modo tale che, agli

    occhi dei due autori da lui interpretati , esso appa rireb be soltanto com e

    la co nfer m a di una recipro ca radicale estraneità.

    2. Posit iv ismo e neoideal ismo

    M a perch é la lo t ta per la m ode rn i tà e cont ro l 'imm obi l i smo v iene

    cond otta face ndo r i fer im ento ai due grandi f i losof i neoideal is t i piut to-

    sto che alla cultura ufficia le del partito socialista? L 'interesse e l'amm ira-

    zione per i due gran di intel lettuali dell 'Italia post-risorgim entale non è

    in con traddizio ne co n l 'atteggiamen to s impatet ico nei con fron t i del le

    c lassi subal terne? Più tard i , Gr am sci r ico rderà «una f ra se d i Cam i l lo

    Pra m po lini: L'Italia si div ide in no rdici e sudici »  (La costruzione del

    partito comunista 1923-1926,  [CF C], 149). N on diversam ente la pensa

    Turati , i l quale, nell ' id en tif ica re anc he lui il Sud con l 'arre tratezz a e la

    barb arie, lame nta la presenza di «d ue nazioni nel la nazione, due Italie

    nell 'Italia» e cond anna quindi i l «for zato e antif isiologico accopp iamen-

    to del decrep ito mezzod ì coU'acerbo settentrione». ' La cu ltura del par-

    t i to social is ta del tem po non aiuta nonc hé a r isolvere, ne pp ure a com -

    pre nd ere la .questione meridio nale, di cui forn isce una lettura in chiave

    naturalistica e pers ino razziale:

    «Il mez zog iom o è la pal la di pio m bo che imp edisce più rapidi progressi al lo

    svi luppo civi le del l 'I ta l ia ; i meridional i sono biologicamente degl i esseri

    infer ior i , dei sem ibarbari o dei bar bari com plet i , per dest ino naturale ; se

     U

    9 Ved i R .Monte l eone ,F«/ jppoTamr i ,Tor ino ,UTET,1987 ,p .284 -5e   A.LepK, Italia addio? Unità

    e disunità dal 18 60 a oggi,  M ilan o, JVIondadori, 199 4, p. 83.

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    M ezzo gio rno è arretrato, la colpa non è del sistema capital ist ico o di qualsi-

    voglia altra causa storica, ma della natura che ha fatto i me ridionali poltro ni,

    incapaci, criminali, barb ari [ . ..] Il Partito socialista fu in gran p arte i l veico lo

    di questa ideologia bor ghe se nel pro letariato settentrionale; i l Pa rtito socia-

    lista die de il suo crisma a tutta la lette ratu ra m eridiona lista della cricca di

    scrittori del la cosidd etta scuola posit iva, co m e i Ferri, i Sergi, i N icefo ro, gli

    O ra no e i m ino ri seguaci, che in art icoli, in bozzetti, in nov elle, in rom anzi,

    in Hbri di im pressioni e di ricordi rip etevan o in diverse fo rm e lo stesso ritor-

    ne l lo ; anc ora una vol ta la sc ienza era r ivo l ta a schia cciare i m iser i e gl i

    sfruttati, m a questa volta essa si am ma ntava dei colori socialist i, p rete nd eva

    essere la scienza del pro letariato » ( CP C, 140).

    Q uesta ideolog ia v iene g ià respinta da l g iovane l icea le , p artec ip e

    delle sofferenze del suo popolo e degli a ltri «p op oli in felic i», che non

    accetta certo di essere bollato come barb aro e confinato tra i barb ari e

    che, g ià in un com pito scolast ico, osserva : « i p riv i leg i e le d ifferenze

    sociali, essendo prod otto d ella società e non della natura, possono esse-

    re sorpassate». A ragione G rams ci considera superiore, sul piano poli-

    tico oltre che

     filosofico,

     la cultura neoid ea l ista che , ne l l 'a f fro ntar e il

    problem a de l l ' a rre tra te zza de l M ezzog iorno , se anche non r inv ia a l

    sistema capitalistico, si rifiuta com unqu e di abb ando nare il terreno d el-

    la storia.

    La cu ltura neoidea l ist ica con tinua a d im ostrare la sua superio ri tà

    anche in occasione della prima gu erra mon diale. Esem plare può essere

    considerato il caso di Gug lielmo Ferrerò, co llaboratore di Critica sociale

    e positivista

     influenzato

     da Lom broso . A cavallo tra '800 e '900, critica il

    governo centrale per la pretesa che gli attribuisce di «fa r m antenere le

    regioni oziose a spese delle regioni lavoratrici». C ome la questione meri-

    dionale in Italia, così la qu estione irlandes e in G ran Bretagn a viene letta

    in chiave antropologica: a scontrarsi sono da un lato

     r

    «energia domina-

    tr ice » e le a l tre «r ar e energ ie de l la razza anglo-sassone» da l l 'a l tro un

    «cara ttere celtico» fatto di «leggerez za degli entusias m i», «im pazienz a

    collerica» e di «sp irito indisciplinato e repugnante alla o rganizzazione».

    Persino al carattere fanatico e m issionario attribuito a Crispi non sem-

    10 Vedi G. Fiori, Vita

     di Antonio Gramsci,

      op. cit., p. 78,

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    br a essere estraneo il «san gue alb anese» che si sussurra «sc orr a nelle sue

    vene».

    Neg li stessi term ini in cui legge la que stion e me ridio nale italiana e la

    quest ion e i rlandese Fe r rerò legge , negl i anni che pre ced on o i l pr im o

    con flitto m ond iale, il contrasto, a l ivello euro peo e m ond iale, tra i l pro-

    digioso sv i lupp o de l le « razze german iche» (i po po l i de lla G erm ania ,

    dell'Inghilterra e degli Usa) e l'imm obilism o o l'arretram ento delle «raz-

    ze latine [che] vivo no sulle ricchezze accum ulate del passato». Co n lo

    scop pio d ella guerra, la dicotom ia germ anesimo-latinità continua a sus-

    sistere m a viene rein terpre tata in chiave antitedesca ed e sclusivam ente

    a n t i t e d e s c a . E c i ò a l f i n e d i b o l l a r e , a s s i e m e a l S e c o n d o R e i c h d i

    G u g l i e l m o I I , a n c h e u n a s o r t a d i m i t i c a G e r m a n i a e t e r n a . L a s u a

    espressione con centrata è nella f i los ofia di Hegel, la cui diffus ion e sem-

    bra ev ocare le invasioni b arbariche.

    «Q ua nd o l 'hegel ianismo dei paesi set tentrional i , dove era ven uto al la luce,

    uscì per il m on do e ten tò di val icare i con fini del l 'ant ico Im pe ro di Rom a,

    suscitò al suo ap par ire una specie di orr ore . Qu esta sciagurata sofistica, che

    co nfo nd ev a tutti i criteri del ben e e del m ale a serviz io di tutti gli arrivisti -

    fos sero popo li, Stati, classi, partit i e singoli uomini - incutè ribre z2o agli spi-

    riti più alti, pili pr o fo nd i e piìi nobi li dei paesi latini».

    A farsi beffe di questi paradigm i antropologici sono C roce e Gen tile.

    Il liberalismo dei du e

     filosofi

     neoidealisti, tutto pe rm eato di cultura stori-

    ca, si rivela supe riore a nche a certe co rrenti del liberalismo anglosassone,

    inclini anch'esse a natura lizzare i l con flitto. Sorv olia m o p ur e sul social-

    darw inism o di Spencer. G li stereotipi cari a Fe rrer ò possiamo rinvenirli

    anche in un a utore co m e Jo hn Stu art Mil l . Agli anglosassoni il l ibera le

    inglese contrap po ne neg at ivamente no n solo, s 'intende, i barb ar i ferm i

    allo «stato selvaggio, o quasi» (che costituiscono la «g ran de mag gioranza

    della razza um ana»), ma anche i po po li del «mez zog iorno d'E urop a», la

    n G. Ferrerò,

     La reazione (1894),

      Torino, Olivett i , 1895 (II ed.) , p. 78 ,3 2 e3 4.

    12 G. Ferrerò, L'Europa giovane. Studi e viaggi nei paesi d el Nord, Wi&no,   Treves, 1903, p. 417.

    13 Ved i D. Losu rdo,   Vai fratelli Spaventa a Gramsci,   op. c i t . , cap. 2-4 . A questo l avoro r inviam o

    anch e per la successiva invo luzione di G enti le che porter à i l f i loso fo ad accetta re gl i stereotipi

    nazional i precedentem ente r if iutat i e ad aderire al fascismo.

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    cui « indole nza » e « invid ia» imp ediscono lo svi luppo del la società indu-

    str ia le , l'afferm arsi di un sol ido grup po dir igente e l 'ordin ato funziona-

    m ento d el le ist i tuzion i . Pe rsino nel confro nto con gl i a l tr i po po li che

    abi ta no il cuo re de l l 'E uro pa, g l i ang losassoni f in isco no col r ive lars i

    super ior i , pr iv i come sono d i que l le carat ter is t iche («sot tom iss ione» ,

    «rasseg nazio ne», statalismo) t ipiche dei francesi e del le «nazioni conti-

    nen ta l i » , tutte « incan creni te da l la burocra z ia» e da l l' inv id iosa smania

    egualitaria. "

    Del la g lor ia anglosassone non semb ra poter partec ipa re in queg l i

    anni l 'Irlan da, in condizioni di grave arretratezza e vittima de lla bru tale

    oppress ione br i tannica . Qu and o, a l la f ine de l l 'Ottocento, una perso-

    nalità di prim o piano de lla cultura l ibera le del tem po, lo storico Lecky,

    inv i ta il gove rno d i L on dra ad una po l i t ica d i con cihaz ion e ne i con-

    f ront i deg l i i r l ande s i , l a r acc om and a in base a l l ' a rgo m ento p er cu i ,

    dopo tutto, anche gli irlandesi fanno parte del la «gra nd e razza ar iana» "

    Non è questa pe rò la v is ione p iù d i f fu sa che ins is te invece su l l ' es t ra-

    neità dei celt i i r land esi a l la razza anglosassone ovvero «te ut on ica », la

    quale abbraccia anche Germania e Stat i Unit i . Nel 1860, Lord Robert

    Ceci l (fu turo m archese di Sal isbury e futuro prim o ministro del la G ran

    Bre t agna ) con t r appone « a i popo l i d e i c l im i mer id iona l i , que l l i d i

    ascendenza [ . . . ] teutonica»;  "" nel 1899, Jose ph C ham berlain (ministro

    del le colonie) chiama uff ic ia lm ente Stat i Un it i e G erm ania a str ingere,

    ass ieme a l suo paese , un 'a l leanza « teut on ica» . " E come Ferrerò , cos ì

    anche la cu ltura l ibera le o l iberal-posit ivist ica inglese non esita , con lo

    scopp io del la prim a guerra m ond iale , a r iposizionare in funzio ne anti-

    tedesca i prece den t i s tereot ip i . Non c 'è dubb io : prend end o le mo sse

    da Cro ce e G ent i le , G ram sci pre nd e le mosse da f i losof i che , in que l

    14 J. S. MiU, Considerations on Kepresentative Government   tr. it.,  Considerazioni sul Gover-

    no rappresentativo,

      a cura di  P. Crespi , Milano-Firenze-Roma, B ompian i , 1916, p. 61-4, passim.

    13 W. E. H . Lec ky,

     A History ofEngland in the Eighteenth Century,

      London , Longm ans -G reen

    1883-18 88 (III ed), vo i II, p. 380.

    16 D. Cannadine ,  Il contesto, la rappresen tazione e il significato detrito: la monarch ia britannica e

    l'invenzione della tradizione,   i n E . J . H o b s b a w m e T . R a n g e r (a c u ra d i ),  Thelnven tion ofTradi-

    tion

      (1983 ); tr. it.

     L'invenz ione della tradizione,

      Torino, Eina udi, 1987, p. 99.

    17 Vedi H. Kissinger,  Viplomacy,  New York, Simo n & Schuster, 1994, p. 186.

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    mo men to, sono da annoverare tra gli autori che esprimono la più avan-

    zata cultura europ ea e mon diale.

    Si com prend e allora il duro giud izio sul positivismo, che in G ramsci

    assurge a sinonimo di naturalizzazione, in diverse forme, del processo

    storico. «Es senz ialme nte p ositivistic a» è la visione della storia dell 'ylc-

    tion Frangaise:

      «L a società è, pe r Dau det e M aurras, com e una pianta, la

    pian ta de i g ig l i d 'or o de l la d inas t ia m i l lenar ia de i re d i Fran c ia ; essa

    spro fon da le sue radici nella part icolare an ima de l po polo e della razza

    f r an ces e» . Ques t i « ca t to l i c i e po s i t iv i s t i » cos t ru i sco no tu t to i l loro

    discorso sugli «pse ud o-co nce tti di razza, di regione , di anim a, di ordine,

    di gerarchia , di ered ità» . Per loro « la "Rivoluzione" non è or iginar ia di

    Francia; essa dipen de d alla Riforma protestante»   {Il nostro Marx,  [NM] ,

    3 4 7 - 8 ) .  Se Jo hn Stuart M ill considera gli incessanti sconvo lgimenti r ivo-

    luzionari della Francia com e un a sorta di malattia ereditaria di un popo-

    lo roso da l l ' invid ia e anarc oide ,  l'Action Frangatse   den uncia in que gl i

    stessi sconvolgimenti un morb o provocato d a un agente patogeno ester-

    no. Ind ipen den tem ente dal diverso e contrapp osto giudizio di valore,

    com une alle du e posizioni è l 'evasione dal terreno della storia e il ricorso

    al parad igm a antropologico ovvero - sottolinea Gramsci con l ingu aggio

    crociano - a «pseudo -con cetti» .

    3. Libera l ismo e antigiacobinismo

    Allorc hé sco ppia la gue rra , lo stude nte sardo e tor inese non gu ar-

    da a Ber l ino o a l l ' a t tegg iam ento che avrebbero assunto i leade r de l la

    Secon da Internazion ale , ma co ntinua a lung o a r ivolgere in mo do pr i-

    v i l eg i a to l a sua a t tenz io ne a i du e f i losof i neo idea l i s t i : non s i e r ano

    sem pre oppo st i a ll a le t tura in chiave natu ra l i s t ica de i conf l i t t i ? Non

    avevano costantemente contrapposto la storia agli stereotipi nazionali

    e a l pa r ad ig m a ant rop olog ico? C osa avreb bero de t to d i una gue r ra

    pre sen ta ta da i go vern i e da i loro ide o lo g i come scontro t r a an im e

    nazionali irr iducibilmente osti l i? In effetti , dopo l 'articolo del 31  otto-

    bre 1914 in cui Gramsci cerca d i or ientars i ne l d ibat t i to in a t to ne l

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    part i to socialista , i successivi interventi g iorn al ist ic i sono pe r un bel

    po' di temp o polem iche, condo tte facen do tesoro del la lezione di Cro-

    ce e G ent i le , con tro g l i am bien t i p i ì i esa l ta tam ente sc iovin is t ic i che

    prete ndo no d i sub ordin are s ino in fond o la cultura al la totale m obil i -

    taz ione be l l ica e d i leg ge re e ce le bra re la gu erra co m e la cro c iata d i

    un a civi ltà superiore con tro una civi l tà inferiore o, add ir i t tura, contro

    la barbar ie  {infra,  cap. II,

     4).

    In conclusione. M uov end o dal Risorgim ento e dalle polem iche con-

    tro il Sil labo, rivendicand o la m ode rnità messa al ban do dal d ocum ento

    pontif ic io e prendend o le difese di H egel da esso condan nato in quanto

    m odern o e l iberale , face ndo costante r ifer imen to a Cro ce e G enti le ( in

    questo mom ento at tes tat i entram bi su pos iz ioni sa ldame nte l ibe ra l i ) ,

    assumendo tali atteggiamento, G ramsci inizia in qualche m odo da l ibe-

    rale . Ciò non è affatto con tradde tto d al vivo interesse per M arx , la cui

    interpretazio ne è m ediata d al la lettura dei du e filosofi neo ideal ist i . A d

    A chi l le Lor ia e a l suo fantas ioso «m arx ism o» d i s tam po po s i t iv is t ico

    vengono contrapposti contemporaneamente «A ntonio Lab riola e Fede-

    rico En gels e B. Cro ce» (CT, 33).

    All' in f lue nz a dei due grandi intellettuali i taliani, neoidea list i e l ibe-

    rali, si dev e anc he l'accezione negativa in cui G ram sci inizialm ente usa il

    termine di «giacobinismo». Du rissimo è il giudizio da lui formu lato, nel

    g iugno 19 18 , su questo m ovim ento pol i t ico carat terizzato da «incap a-

    cità a com pre nd ere la storia», da «u na visione messianica della sto ria»,

    da un discorso co struito tutto su «astrazion i», dalla «p retesa p olit ica di

    sopprimere violentemente ogni opposizione» (NM, 148-9).

    A lla Terza R epu bb lica, ch e pu re ha conseguito il suffrag io universa-

    18 Si tratta di una presa di posiz ione cautamente e problematicame nte favorevole al pronunciamen-

    to di Mussolini per i l passaggio del Parti to social ista dal la «neutral i tà assoluta» al la «neutral i tà

    att iva e ope rant e» (CT, 10-4). Le ade r del l 'a la r ivoluziona ria , Mussol ini s i appre sta a percorrere

    la strada del l ' interventism o. Si comp rende al lora la lettura, peraltro giustamente d ef inita «setta-

    r ia» , in chiave interventista de l l 'art icolo di Gram sci (G, Fiori ,

     Vita di Antonio Gramsci,

      op. cit.,

    p,113 ). Ma, a l la luce dei successivi interventi , e dei successivi s ilenzi , di Gram sci p roblem atica

    appar e anche la lettura in chiave leniniana del l 'art icolo in questione, come una sorta di oggett iva

    adesione al la parola d'ord ine del la trasforma zione del la guerra imperial ista in guerra c ivi le r ivo-

    luz ionar ia : vedi R , Giacomini ,   Gramsci e la formazione del Partito Comunista d'Italia,  Napol i ,

    Ediz ioni di Cultura Op eraia , 19 75, p. 15-9 e P. Taboni,

     ha gramscian a neutralità attiva e operante,

    in  Differenze,   n . 10 ,197 9 (Urbino), p. 119-187.

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    l e (ma schi le ) , il g iov ane G ramsc i semb ra prefe r i re non solo g l i Usa ,

    dove co ntinua a infu riare la discriminazio ne razziale dei diritti po litici (e

    talvolta an che di quell i civili) ma anche l 'Inghilterra, dove la persistente

    restr izione censitaria del suffrag io si salda con la presenza d i un a ntico

    regim e ancora soUdo e vigoroso e con l 'op press ion e del l ' Ir lan da. Elo-

    quen te è l'articolo p ubb licato

     svXi'Avanti

    del luglio 1918:

    «L a Francia che i dem ocratici amm irano è la Francia reazionaria, è la Francia

    che parla e non o pera , è la Fran cia dem agogica che distrugge la Bastiglia ma

    no n distrugge le condizioni dalle quali r isorgerà i l dispotism o [. ..] La Francia

    no n è di m olto sup eriore alla media altezza della Ge rm an ia e dell'Italia. È un

    paese a struttura econom ica ed amm inistrat iva dispotica. U n t i ranno impa-

    dron end osi di Parigi, dom inereb be la Francia; pe rch é la Francia tutta dipen-

    de da Par igi . Un t i ranno invece impa drone ndo si di Lo nd ra o di Washing ton

    non dom inereb be l ' Inghi l terra e gl i Stat i Unit i , perch é i l capi tal ismo anglo-

    sassone, nel suo svi lupp o orgiastico, si è garantito, col decentram ento, con la

    divisione netta dei po teri, da ogni tirann ia» (N M , 183).

    La co ndanna della guerra non sembra coinvolgere in pieno i l mondo

    libe rale e anglosasson e. In stato d'acc usa v iene messo, in una ser ie di

    interventi del 1916, soprattutto i l protezionismo, la «gu erra econ om ica»

    pre pa rata e a l im enta ta dal protez ionism o, i l qu ale ha così distru tto i l

    « l ibera l i sm o tra Sta to e Sta to» (CT, 446 . Nel r iprodu rre su l

     Grido del

    Popolo

      un articolo «on esto e serio » di Lu igi Ein aud i contro il protezioni-

    smo (CT,

     47l),

     Gram sci si dichiara d'acco rdo con lui e

     gU

     altri autori libe-

    rali, i quali «credon o che il libero scamb io oltre che un prob lema econo-

    mico s ia anche un problem a morale .

     E

     per questo lato la loro parola ha

    un significato imiversale, trascende i limiti di classe» (CT,

     497).

    Certo, a lmen o in par te , il «pro tez io nism o» è que l lo che più tard i

    diviene

     r

    «im pe rial is m o» . Ma a confermare la forte influenza della tradi-

    zione l iberale provvede, an cora nel l 'ottobre 1918, un giudizio entusia-

    sta sul liberalismo-liberism o d i Cob den :

    «La prop aga nda pe r il l ibero scam bio ebb e caratter i di al tissima no bi l tà e si

    coordinav a con una visione dei rappo rti intemaziona li essenzialmente pacifi-

    c i, tal i da creare alla pro du zion e e al com m ercio l 'am biente più op po rtu no

    ed adegu ato per i l massim o sviluppo, che avreb be o ffe rto all 'umanità i mezzi

    meccanici per il raggiung imento dei fini più pro pri della sua natura. Co bd en

    27

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    viaggiava l'Europ a pre dican do i l ver bo n uovo , e la sua scuola metteva nel la

    p r o p a g a n d a q u e l l ' e n t u s i a s m o p u r i t a n o c h e è l a b a s e m o r a l e d e i p o p o l i

    anglosassoni» (NM, 315).

    In questo mo men to, le pos iz ioni d i G ramsci non sem brano mo lto

    lontane da q uelle di Schum peter che, subito dopo la fine del prim o con-

    flitto mo ndiale, m ette i l suo scoppio, i l bell icismo e i l flagello della gu er-

    ra in quan to ta le su l conto esc lus ivo de l l ' ant ico reg im e che eg l i vede

    incarn ato nel la Germ ania e nel l 'Austr ia . In tal mo do, non solo sorvola

    suUa vitalità dell 'antico regim e nella stessa Inghilterra, m a non sussume

    sotto le categorie di guerra le sped izioni coloniali britanniche o i ripetu ti

    interventi militari statunitensi nell 'emisfero occidentale. "

    A Sch um peter (e, in parte, al giovane G ram sci) si po trebb e con trap-

    por r e p ropr io l a t e s t im on i an za d i Cob den , il qua l e t r a cc i a , a me t à

    dell'SOO, questo significativo bilancio della politica estera e militare del

    suo paese:

    «N oi siam o stati la com un ità piti aggressiva e com bat tiva c he sia ma i esistita

    dall 'epoca dell 'imp ero romano. D op o la rivoluzione del 16 88 , abbiamo speso

    oltre millecinq uecen to milioni [di sterline] in gu erre nessuna delle quali è sta-

    ta com battuta suUe nostre spiagge, o in difesa dei nostri foc olar i e delle nos tre

    case [ .. .] Qu esta prop en sion e battagliera è stata semp re riconosciuta, senza

    eccezione, da tutti coloro che hanno studiato il nostro carattere nazionale».

    O si potreb be c ontrap porre la teorizzazione espHcita del la po l i t ica

    del «grosso bas tone » da parte di un'A m erica che assume l 'eredità del la

    G ran Bretagn a nel la crociata per la «p or ta ap ert a» e i l l ibero scam bio,

    senza che questo le impe disca di impeg narsi in una serie di gue rre e di

    interventi militari , nell 'em isfero occide ntale, con la Spagn a, nelle Filip-

    pin e sottratte alla stessa Sp agn a...

    Do po i l rovesc iam ento in Ru ss i a de l l ' au toc raz ia za r i s t a , m ent re

    Ke renski, attirando si l ' iron ia di Le nin, si attegg ia a giacob ino che d irige

    la nazione rivoluzionaria in armi co ntro gli eserciti invasori degli Im peri

    19 Vedi D.

     luosnrào. Il revisionismo storico. Problemi e miti, ^omd i'^& n,

      Laterza, 1996, cap. IV, 3.

    20 Riportato in D. Pick,   War Machine. The Kationalisation ofSlaughter in the Modem Age   ( 1993 ), tr. it.,

    di G. Ferrara degli liber ti.

     La guerra nella cultura contemporanea,

      Roma-Bari, Laterza, 1994, p. 33.

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    Cen tral i , Gram sci si preo ccup a di difend ere la rivoluzione di febb raio

    dal l 'accusa di g iacobinismo, «fenom eno puram ente borghese» e quindi

    estraneo ad una r ivoluzione considerata , come vedrem o, «p ro leta r ia»

    (La città futura,

      [CF] ,  1 3 8 -9 ) .

    An cora dopo la rivoluzione d'O ttobre, G ramsci si esprime con calo-

    re su W ilson, posi t ivam ente con trapposto a Clemen ceau che non esi ta

    ne pp ure lui ad assum ere pose g iaco bine ma che in rea l tà , men tre non

    può essere confuso col presidente americano, « è vicino spiritualmen te a

    Bethmann-HoUweg» (NM,

     184).

     Il presiden te am ericano (il quale d irige

    un p opolo privo di im pacci feuda l i a lle spal le e che con l ' ind ipend enza

    ha conseguito le « l ibertà econ om iche e pol i t iche» e la « l iberaz ione del-

    l ' indiv idu o dai v incol i e da l le tute le patern e dei mono pol izzatori d e l la

    saggezza e della giusta m isu ra» ) è accostato al capo della Russia sovietica:

    «L en in e W ilson sono i due geni polit ici che la guerra ha messo in p rim a

    linea,

     suUa

     person a e sull 'op era dei quali si

     fissa

     l 'attenzione d ella miglior

    parte rispettivam ente del proletariato e della bo rgh esia» (NM ,

      157-8) .

    4. La r ivoluzione con tro i l Si l labo

    I pro fon di legam i con la p iù av anzata cu l tu ra l ibera le de l temp o

    non imp ediscon o a G ram sci di salutare la rivoluzione d'O ttob re. E ciò

    anche perché i l l ibera l i sm o da cu i pre nd e le mosse ha cara t ter i s t iche

    pe cu liari o singo lari . To rniamo a K etteler e al la cultura cattolica deg li

    anni del Si l labo e del la polem ica ant i -r isor gim enta le . D opo aver pro-

    nun ciato la condann a già vista della

     filosofia

     hegeliana e del l iberal ismo

    che , ne l resp ingere la form ula «p er graz ia d i D io» , non r iconoscono

    limite alcuno al l ' iniziativa trasformatrice e legiferatrice dell 'uomo, del

    pop olo e dello Stato, l'emin ente u om o di Chiesa così prosegue:

    «S e le prem esse s on o vere, se lo Sta to è Dio in terra, se la legge è assoluta,

    chi pu ò contestargli i l diritto di r i form are le leggi che regolan o la pr op rietà ?

    21 Vedi D. Losurd o,

      Il revisionismo storico,

      op. dt . , cap. 1,2-3.

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    Ciò che esso ha fa t to come Dio , pe r pa r la re i l l inguaggio de l l 'Hege l , pu ò

    anche rifarlo. Ciò ch e era giusto la prim a volta, deve esserlo una second a».

    A n c h e s e c o n d o R o s m i n i , è l a « m o d e r n a a n t r o p o l a t r i a » o « s t a t o l a -

    t r i a » a fon da re l a p r e t e s a soc ia l i s ta d i po te r l eg i t t im am ente p ro ced e re ad

    un a r e d i s t r i b uz i o n e d e l l a r i c c h e z z a e d e l r e d d i t o . ^̂  A s s un t o a s i n o n i m o

    d i un a mo de rn i t à che a l le e t e rne l egg i na tu r a l i e d i v ine p re t en de d i sos t i-

    tu i r e l ' i n i z ia t i v a s to r ic a de l l ' uom o, il l i be r a l i sm o con dan na t o da l l a cu l tu -

    ra ca t to l i ca de l tem po s i pre sen ta g rav ido s in dag l i in iz i de l soc ia l i smo .

    Ved iam o ora come argomenta Gram sci a caval lo del l 'o t tobre

      1917 .

    Po co piti di un a nno prim a, s'imp egna in una polem ica coi cattolici che pe r

    la pace prega no la M adorm a e «invo can o la buo na volon tà dei santi, quan-

    do sareb be pivi op po rtu no fare app ello a quella degli uom ini». Tale atteg-

    giame nto di rassegnazione sta a significare rifiuto o misconosc imen to della

    m od ernità : «S ol o ciò che è ope ra, conqu ista nostra , ha valo re per noi ,

    diventa p arte di noi stessi, non ciò che viene elargito da un po tere superio-

    re, sia esso lo Stato bo rghese , o sia la Ma do nn a d ella Con solata » (CT, 392-

    3). In q uesto senso «la no stra religione ritom a ad essere la storia, la n ostra

    fe d e ritom a ad essere l'uom o e la sua volo ntà attiva [...] E così che ci sentia-

    m o inevi tabi lme nte in ant ites i co l catto l ices imo e ci diciamo m od ern i»

    (CT, 514). Nel luglio d el

     1918 ,

     n el respingere la campagna scatenata con tro

    la rivoluzione d 'Ottob re, Gra m sci scrive che «chi trova Lenin utopista [...]

    è un c attolico, è imp alud ato n el sillabo » (NM , 208-9). Il m otto di due anni

    pr ima  Hegel cantra ilSillabo\  ha assunto ora una nu ova configuraz ione:

    Lenin  contra il Sillabo 

    P u r

      senza sfociare nella «statolatr ia», la m od erna

    «an tropo latria» legittima ora la rivoluzione scoppiata sull'onda della lotta

    cont ro

     la gu erra e il sistema

     soc ia l e

     ch e l'aveva provoc ata.

      S e c o n d o

      G r a m-

    sci, chi con tinua a racco m an da re la sottom issione d elle ma sse agli

      S ta t i

    borghesi c he le imm olano com e vittim e sacrificali sull'altare della guerra è

    anc ora imp regn ato d i m etaf is ica e di teo logism o (e di «s tato lat r ia») , è

    ancora al di qua della m od em ità n el suo senso più alto e più forte .

      A t t r a -

    verso tap pe successive, e attraverso im processo complesso e contradditto-

    rio, la m od em ità si con figura com e una gigantesca rivoluzione co ntro il Sil-

    labo. È una r ivoluz ione che ved e l'affe rm arsi della soggettività l ibera, e

    Vedi D. Losurd o,

     Dai fratelli Spaventa a Gramsà,

      op . cit., cap . IV, 2.

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    questa soggettività libera

     afferma

     pienam ente sé stessa nella lotta contro la

    presun ta fatalità della guerra e d el suo rito sacrificale.

    La rivoluzione bolscevica viene dunq ue vissuta come una conseguen-

    te applicaz ione d ei princ ipi l ibe ral i . Assiem e ad una rottura, essa com-

    porta anch e elem enti di cont inu i tà . I l m ede sim o art icolo de l l 'ottob re

    1918, che abbiamo visto celebrare Cobd en apo stolo del « l ibe ro scam-

    bio » , osserva che « l ' id ea de l l ' In ternazionale ma turò cr i t icam ente ne l

    pensiero di M ar x» per l 'appu nto « in q uel per iodo del la storia inglese» .

    L'elaborazione teorica e polit ica di Ma rx non è una creazione ex  nihilo\

    egli «ela bo rò criticamen te queste tend enze d ella civiltà capitalistica, rico-

    nob be che esse erano essenzial i nel la storia e costruì l ' ideolog ia del l 'In-

    ternaziona le ope raia» . Lo stesso W ilson esprime «u na civi ltà che per i

    socialisti rappresenta il presupposto del loro trionfo» (NM ,

     315).

    Non m ancano ingenu ità in questa visione che tend e a trasfigu rare la

    storia de l l iberalism o reale e sem bra sottovalutare l 'asprez za de llo scon-

    tro già in atto tra Russia sovietica e m ovim ento com unista da un lato e

    O ccide nte capital ista, com presa la sua compo nente l iberale, dal l 'al tro.

    Ch iaram ente, i l prob lem a dell 'ere dità ha bisogno di ulteriori precisazio-

    ni che aiutino a cogliere e inq ua dra re, assieme al le l inee di continu ità e

    di sv i lup po ne l l a cont inu i tà de l process o s tor ico di e m anc ipaz ion e,

    anche i dram m atici con fl itt i che lo scandiscono. Epperò, un pun to è già

    ferm o: i l com unism o può essere in teso so lo come com pim ento de l l a

    m ode rnità. È solo in questo senso che si pu ò par lare di «socialism o criti-

    co» (CT,

     392

    ovvero di «com unism o crit ico» (NM ,

     348).

    L'ade sione alla rivoluzione scop piata contro il Sil labo non co m porta

    un'im m ediata rottura con Cro ce e G enti le. G ram sci nu tre la speranza e

    l ' il lusione di poter proced ere con la loro

     filosofia

     allo stesso mod o in cu i

    M arx ed Enge ls hann o proced uto nei confront i del la

     filosofia

     classica

    tedesca: ereditarla

     e

     incorp orarla. Si tratta di realizzare xxa Aufhehung, un

    superam ento che, ben lung i dall 'essere sinonimo d i som maria liquidazio-

    ne, implica come mom ento essenziale anche l'assunzione di un'ered ità.

    L'Italia è il pae se in cui esercita più larga e piìì du ratu ra influe nza sul

    m ovim ento opera io e com unista la tesi (che attraversa in pro fond ità l'o-

    pera di M arx ed Eng els, anche se poi trova la sua formulazione più clas-

    sica, com 'è noto, nel Ludwig Feuerbach e il punto d'approdo della filoso-

    fia classica tedesca,  pub blicato da Engels nel 1888) secondo cui «i l prole-

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    tar lato è l ' ered e de l la

     filosofia

     c lass ica ted esc a»   {Werke,  [M E W ], XXI,

    307)

    . N el la Fran cia di f in e '800 , lo stesso gene ro di Ma rx , e c ioè P au l

    Lafar gue, addi ta in Kant un sempl ice «sofi sta borg hese» . Nel la Ger-

    m ania del 1870, W ilhelm Lieb kn ech t, uno dei dirigenti pi i i prestigiosi

    del la socialdem ocraz ia tedesca, nel pu bb l icar e su una rivista di parti to

    un articolo di Engels, imb attutosi ad un certo punto ne l nome di H egel ,

    c rede oppor tun o appo r re ques ta no ta r edaz iona l e : «no to a l g rande

    pub bl ico com e scopritore e celebratore d el l ' idea regio-prussiana di Sta-

    to» . È vero che Eng els reagisce con estrema violenza: «Q ue sto anim ale

    si pe rm ette d i stam pare , in calce al m io articolo e senza firm arle , note

    che sono de l l e ve re e p rop r i e s cemenze [ . . . ] . Q ues t ' i gnora n te h a l a

    sfrontatezza di voler l iquidar e un tipo come H egel con la parola  prussia-

    no».  E pur vero che la reazione di Engels è anche que l la di M arx, i l qua-

    l e ind i r i zza una dura l e t tera d i protes ta a L ieb kne cht . E tut tav i a le

    cose non sembrano cam biare sostanzia lmen te nel la socia ldem ocrazia

    tede sca. Anz i, nello stesso 1888 in cui Engels pub blica i l suo   Feuerbach,

    dal le colonne del la rivista

     Die neue Zeit,

      Kau tsky form ula un giudiz io

    assai severo, anzi di sostanziale liquid azio ne della

     filosofia

     classica tede-

    sca: «L a rivoluzione teoretica del l ' Ingh i l terra e del la Franc ia fu i l r isul-

    tato del bisogno co ntinuamen te crescente nel la borghesia d i una rivolu-

    zione econo mica e politica [ . . . ] . La rivoluzione teoretica della Ge rm ania

    fu i l prodo tto d i idee impo rta te» ; « teo r i e» che sono «esse nz ia lme nte

    m aterial ist iche» in Francia e in Inghi l terra, giunte in terra tedesca assu-

    mono la fo rma de i r « i d ea l i sm o

      filosofico».

      Co me s i vede , in questo

    qua dro , a que l la econo mica e pol i t ica corr i spond e pienam ente anche

    l 'arretratez za ideolo gica del la Germ ania: non c'è posto per la disug ua-

    glianza dello svilupp o, e l ' idealism o tedesc o diffici lmen te può costituire

    un punto di riferimento o un'ered ità da rivendicare.

    Pres sap poc o in quel lo stesso period o di temp o, tracc iando i l bi lan-

    cio

     filosofico

     e politico d ella sua vita, Anto nio La briola scrive in una let-

    23 F. Me hring ,

      Zurklassischen iàealistischen deutschenPhilosophie: Immanuel Kant

      (190 4), in Id.,

    GesammelteSchriften,

      Berlin, Dietz, 1961, voi. XIII, p. 39.

    24 ME W, XXX II, 501 e 503. Su ciò ha r ichiamato l ' a ttenzione E. We i l , Hegel et l'Etat  (1950), tr. it.

    in

     Hegel e lo Stato e altri scritti hegeliani,

      a cur a di A. Burgio , Milan o, Guerini, 1988, p. 67 nota.

    25 K. Kautsky ,

      Arthur Schopenhauer,mUe neueZeit,

      1888, VI ,p . 76 .

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    tera: «Fo rse - anzi senza forse - io sono diventato com unista per effetto

    della mia  educa zione ( r igorosamente) heg e l i ana» , graz ie a l l' incontro

    giovan ile col «rif io rire napo letano de l l 'hege l ism o» che ha per p rotago-

    nisti i fratell i Spaventa. Sign ificativam ente, destina tario di que sta lettera

    è Engels , e del l 'auto re del  Ludwig Feuerbach,  Antonio Lab riola dimo-

    stra di conoscere bene e di cond ividere pien am ente la tesi secon do cui i l

    proletariato è l 'ered e d el la

     filosofia

     classica tedesc a.

     ^̂

     Que sta tesi svolge

    un ruolo im portante nel la formazione del grup po d irigente

      dell'Ordine

    Nuovo.  Scr iv end o sul la r ivista diretta da G ram sci , To gl iat t i dich iara,

    du e anni dopo la r ivoluzione d'O ttobre , che «M a rx è f igl io diretto di

    H eg el». " E nel 1925: «A l marxismo si può giung ere per diverse

     vie.

     Noi

    vi giungem m o per la via seguita da C arlo Ma rx, cioè partendo dal la f i lo-

    sofia idealistica ted esca, da Heg el [. . .] Per conto nostro la via che abbia-

    m o segu ito è, r ispetto a qu alsiasi a ltra, la via m aestr a, ed ha tutt i i van-

    tagg i del l 'essere tale ». È la via - agg iun ge Togliatti - indic ata e per pri-

    mo segu i t a in I t a l i a da An ton io La br io l a , ma po i d i sg raz i a t a m ente

    abban dona ta per abb racc iare i l cos iddet to «pos i t iv i smo sc ient i f i co» ,

    che in real tà a l tro non è che un a volgare m etaf is ic a del la stor ia intesa

    come mera necessità naturale .

    G ram sci è forse ancora pi ìi radicale : « l a

     filosofia

     del la prassi è una

    r i forma e uno sv i luppo de l l 'heg e l i sm o»   {infra,  cap. Ili, 3 . Er edita re la

    filosofia

     classica tede sca cu lmina ta in H ege l significa per il mo vimen to

    operaio e com unista assum ere non già l 'ere dità di una sem plice stagione

    filosofica,

     e sia pu re d i un a stagione

     filosofica

     di straordinaria importan-

    za che ha com portato l 'e laboraz ione d i categorie teoriche (contradd i-

    zione ogg ett iva, sal to qu al i tat ivo, d ia let t ica, ec cete ra) decis ive per la

    com prensione del proce sso rivoluzionario; si tratta invec e di ereditare il

    m ondo storico del la m odernità.

    Risie de qui il fascino di un'ev oluzion e e di un a biogra fia intellettuale

    che, a par tire da dra m m atici avv enimenti storici (il prim o con flitto mon-

    26 Vedi D. Losurdo ,

     Dai ratelli Spaventa a Gramsci,

      op . cit., cap . V, 4.

    27 P. Togliatti ,

     Che cos'è il liberalismo? (L'Ordine Nuovo

      del 20-27 settembre 1919), in Id. ,

      Opere,

      a

    cura di E. Rag ionie ri, Roma , Editori Riun iti , 1973 sgg., voi. I , p. 66.

    28   P. Togliatti,  La nostra ideologia (L'Unità   del 23 settembre 192 5), in Id.  Opere,  op. cit., voi. I, p. 648.

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    diale, la rivoluzione e lo scopp io della prim a tapp a della guerra , fred da e

    calda, contro la Russia sovietica, il processo di radicalizzazione ideologi-

    ca e po litica del mo vimen to oper aio in Occ idente , i l risveglio dei pop oli

    coloniali e le persistenti am bizioni im perial i de lle gran di potenze l ibera-

    l i , l 'avven to del fascismo), appro fond isce e radicalizza la critica del l ibe-

    ral ismo e m atura, ad ogni l ivel lo, i l passaggio al com unismo. E pperò ad

    un comu nismo che nepp ure per un attimo smarrisce la con sapevolezza

    del problem a d el l 'eredità. In questo senso, si potr ebb e e dovrebb e scri-

    vere per G ram sci (e Tog l iatt i ) qualco sa di analogo ad un celebre l ibro

    dedicato a Marx ed Engels dal liberalismo al comunismo. ^

    Tanto p iù fasc inosa app are questa evo luz ione da l l ibera l i sm o a l

    «co m un ism o cri t ico » per il fatto che essa fa da oggettivo co ntrapp unto

    all 'evoluz ione di non poch i intellettuali che, sem pre sull 'onda dei mede-

    simi avvenimenti e a partire dal le medesim e sfide storiche, intraprend o-

    no una marc ia di avv ic inam ento a l fasc ism o, ta lvol ta ader end ovi (è i l

    caso di Ge nti le) , ta la l tra ferm and osi a ll a soglia del l ' adesion e, ta la l tra

    ancora partecipand o com unqu e a l l 'e laborazione di temi e motiv i ideo-

    logici successivamen te ereditati dal fascismo .

    29 A . Co m u,

     Karl Marx et Friedrich Engels. Lem vie et lem oeuvre (1818/1820-1844)

      (19 55) , tr. it.

    d i E Cagnet t i e M. Mo nt inar i , Marx e Engels dal liberalismo al comunismo,   Milan o, Feltr in el l i ,

    1962. Nel le pagine che seguono Gram sci e Togl iatt i verranno spesso accostat i . La loro con trap-

    posizione è un mito pol i t ico, pr im a ancora che stor iografic o, come dimostra in modo eff ica ce e

    bri l lante L. Canfo ra ,

     Palmiro Togliatti,

      Milano, Teti , 1997.

    34

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    diale, la rivoluzione e lo scoppio delia prima tappa della guerra, fredda e

    calda, contro la Russia sovietica, il processo di radicalizzazione ideologi-

    ca

     e

     politica del movimento operaio in Occidente , il risveglio dei popoli

    coloniali e le persistenti ambizioni imperiali delle grandi potenze libera-

    li, l'avvento  del fascismo), approfond isce e radicalizza la critica del libe-

    ralismo

     e

     matura, ad ogni livello, il passaggio al comunism o. Ep però ad

    un comunismo che nep pure per un attimo sm arrisce la consapevolezza

    del problema dell'eredità. In questo senso, si potrebb e e dovrebbe scri-

    vere per Gram sci (e Togliatti) qualcosa di analogo ad un celebre libro

    dedicato

     a

     Marx ed Engels dal liberalismo al comunismo. ®

    Tanto più fascinosa appare qu esta evoluzione d al liberalismo al

    «comunismo critico» per il fatto che essa fa da oggettivo contrappu nto

    all'evoluzione

     di

     non pochi intellettuali che, sempre sull'onda dei mede-

    simi avvenimenti e

     a

     partire dalle medesime sfide storiche, intraprendo-

    no una marcia di avvicinamento al fascismo, talvolta aderendovi (è il

    caso di Gentile), talaltra fermandosi alla soglia dell'adesione, talaltra

    ancora partecipando comun que all'elaborazione di temi e motivi ideo-

    l»gici successivamente ereditati dal fascismo.

    29 A. Cornu,   Karl Marx et Friedrich Engels. Lem vie et leur oeuvre (1818/1820-1844)   (19 55) , tr. it.

    di F. Cagnetti e M. Mo ntinari, Marx e Engels dal liberalismo al comunismo,  Milano, Feltrinelli ,

    1962 . Nelle pagine che seguono Gr am sci e Togliatti verranno spesso accostati. La loro contrap-

    posizione è un mito politico, prima ancora che storiografico, com e dimostra in modo efficace e

    brillante L. Canfora,  Palmiro Togliatti,  Milano, Tati, 1997.

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    IL «M acello europ eo», rivoluzione,

    fascismo : l'adesione di Gra m sci

    al «com unismo critico»

    1. Rifor m e, rivoluzione e guerra

    La I guerra mondiale costituisce

     un

     momento di

     svolta

     nell'evoluzio-

    ne di un'intera generazione. Essa - scriverà più tardi Gramsci su

     L Ordi-

    ne Nuovo - «ha imposto a tutti gli uomini degni di tal nome una revisio-

    ne completa di tutte le istituzioni, di tutti i programmi, di tutte le forme

    dell'attività politica ed econom ica mo derna»

      {L'Ordine Nuovo 1919-

    1920 [ON], 283-4). Particolarmente significativo è il dibattito che si svi-

    luppa nel Partito socialista (e negli ambienti culturali e politici ad esso

    pivi o meno vicini) e che s'intreccia con quello in atto già da un pezzo, a

    livello internazionale,

     sul

     tema delle riforme o della rivoluzione. La pro-

    fessione di fede riformista non imm unizza dalla tentazione bellicista o

    interventista. C 'è un momento in cui Turati sembra rendersi conto del

    carattere intimamente contraddittorio

     di tale

     atteggiamento. Replicando

    alle impazienze dei compagni di partito che esigono un inomediato inter-

    vento dell'Italia nel conflitto europeo, in una lettera alla Kuliscioff del 12

    marzo 1915, il dirigente socialista osserva: «Perché mai dovremmo appli-

    care alla politica estera criteri tanto diversi

     da

     quelli che abbiamo adotta-

    to

     per la

     politica interna,

     a

     proposito della rivoluzione e delle rivolte?». '

    Il problema qui sollevato sem bra invece essere del tutto ignorato da

    1 In

     F.

     Turati-A. Kuliscioff,  Carteggio,  Torino, Einaudi, 1977, voi. IV, 1, p. 62-3.

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    Salvemini. Ancora nel giugno del 19 14, egli condanna le violenze ch e

    hanno accom pagnato lo sciopero generale e invoca «qualche mese o

    magari anche qualche annetto

     di

     prigione» per coloro che

     se ne

     sono resi

    responsabili.

     ^

     Ma ecco che, alcune settimane dopo, chiama ad imporre

    con la forza delle armi «la fine dell'imperialismo germanico, cioè la liqui-

    dazione degli Hohenzollern e degli Asburgo e delle loro clientele feudali,

    e la democratizzazione dell'Austria e della Germ ania». '

    Alla

     presa

     di

     posizione interventista

     si

     accompagna im'esplicita teoriz-

    zazione del «diritto della violenza». " Un diritto che, al di là del piano dei

    rapporti internazionali, finisce con l'assumere anche una dimensione di

    politica intema, prendendo di mira i pacifisti. Deciso a por fine con ogni

    mezzo alla neutralità, Salvemini invita a «intensificare le d imostrazioni

    antigiolittiane sino alla rivolta, e minacciare il re» (lui stesso si dichiara

    pronto «per un comizio, per una dimostrazione, per qualche impresa»). '

    Do po le prime incertezze e titubanze, Gram sci prende invece netta

    posizione contro il «macello europeo » (NM , 489), il «sanguinoso dram-

    ma della gu erra» (CF, 409), e chiama i socialisti ad a ttenersi ai «principi

    generali di convivenza intem azionale pacifica» senza lasciarsi contagia-

    re dal clima bellicista e sciovinista (NM , 39-40), A questo appello rispon-

    de polemicam ente Salvemini: non bisogna in alcun mod o «con fonde re

    socialismo e pacifismo» e sono decisamente da condannare quei sociali-

    sti che «m inano la resistenza m orale del paese» e procedo no ad un

    «vero e proprio sabotaggio della guerra, promuovendo, per esempio, i

    tumulti di Torino dell'agosto 191 7, e contribuen do m eglio che hanno

    potu to [...] al disastro di Cap oretto» . ' La «tattica esclusivamente critica

    e negativa» del movimento operaio e socialista' è sinonimo  di tradimen-

    2 G. Salvemini, Dopo lo sciopero generale-Postilla,  su L'Unità  del 26 giugno 1914, ora in Id.,  Opere,

    op.cit., voi. Vili, p. 458-9.

    3 G. Salvemini, La guerra per la pace,  su L'Unità  del 28 agosto 1914, ora in Id.,  Opere,  op. cit., voi.

    I I I , l , p . 3 6 1 .

    4 G . Salvemini, Guerra a neutralità?  (2 gennaio 19 15), ora in Id,, Opere,  op. cit., voi. Il i, 1, p. 473.

    3 Lette ra a U. Oje tti del 13 maggio 191 5, in G. Salvemini,  Carteggio. 1914-1920,  a cura di E. Taglia-

    cozzo, Roma-Bari, Laterza, 1984, p. 152.

    6 G. Salvemini, Una strana affermazione,  su L'Unità  del 15 giugno 1918, ora in Id.,  Opere,  op. cit.,

    voi. Vil i , p. 502 .

    7 G . S a l v e m i n i ,L W m ^ ' o m V f f z o , s u d e l 3 luglio 1 9 1 4 ,o ra in I d .,O p e re ,o p.c it . ,v o i . V i l i ,p .4 6 1 .

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    to della patria e della causa della dem ocrazia internazionale. R ivolto ai

    socialisti, Salvemini esclama: «C on la vostra astensione, piìi o m eno

    coraggiosamente sabotatrice, dalla guerra italiana avete indubbiamente

    giovato alla guerra della Germ ania». '

    Al fine di stroncare questo oggettivo sabo taggio, pron to

     a

     varare

    misure terroristiche si dichiara Bissolati, il quale, in Parlam ento e dai

    ba nch i del governo cui è asceso grazie al suo fervente interventism o,

    non esita

     a

     minacciare i deputati considerati disfattisti o non sufficiente-

    mente b ellicosi: «P er la difesa del paese, io sarei pronto  a far fuoco su

    tutti vo i » (CF, 409, nota del curatore). I l socialista riformista e patriota

    irriducibile appare agli occhi di Gramsci com e

     il

     rappresentante di «una

    italianità piccina , pido cchiosa» che si fonda su una «autorità demagogi-

    ca [... ] bestiale e deprim ente». Bissolati è uno di quegli uomini che, pur

    di raggiungere un fine, peraltro «im m ediato, particolarissimo» , sono

    pronti a sacrificare «tutto, la verità, la giustizia, le leggi più profo nd e e

    piii intangibili dell'umanità. Per distruggere un avversario sacrifiche-

    rebbero tutte le garanzie di difesa

     di

     tutti i cittadini, le loro stesse garan-

    zie di difes a» (CF, 408-9). Un a cosa balza sub ito agli occh i. S i ama in

    genere contrapporre riformismo e comunismo come l'amore delle paci-

    fiche riforme da una parte e il culto della violenza d all'altra. M a l'ade-

    sione di Gramsci alla rivoluzione d 'Ottobre e al movimento politico che

    da essa scaturisce matura anche sull'onda dell'indignazione in lui susci-

    tata dal riformista Bissolati, che dopo aver contribuito

     a

     trascinare l'Ita-

    lia prima nella guerra libica e poi nella guerra mo ndiale è pron to ad

    imporre all'interno del paese un terrore sanguinario.

    2. L a guerra, le

     élite

      e la mo ltitudine bam bina

    Nel ce lebr are la guerra com e rivoluzione, gli interventisti di ogni

    t ipo elabo rano o fanno valere una loro teoria dell 'avanguardia, o

    G. Salvemini, Una strana affermazione,  op. ci t . ,p. 503.

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    meglio A é^élite.  Di codismo danno prova, secondo Salvemini, «i con-

    dottieri del socialismo italiano» i quali, «insuperabili» finch é si tratta di

    «criticare e demo lire», si lasciano eccessivamente condizionare da

    «masse» arretrate che «si muovono per istinti negativi e non per dottri-

    ne positive» e sono quindi portate a evitare «la sofferenza e il do lore»

    della guerra. ' E invece - incalza Guido Do rso sulle colonne del  Popolo

    d'Italia  - occo rre «una minoranza audace e geniale che trascinerà per

    la gola questa turb a di mu li e di vigliacchi

     a

     morire da eroi o

     a

     vincere

    da trionfatori».

    Più tardi, Salvemini riconosce che «le moltitudini operaie e contadi-

    ne» erano ostili alla guerra, nella loro ban ausicità e volgarità, «dom an-

    davano semplicemente di essere lasciate tranquille alla loro vita di ogni

    giorno». Tu tto ciò non poteva essere tollerato; le moltitudini «su birono

    per forza la guerra, perché c'era una spietata organizzazione am mini-

    strativa, che le afferrava e le buttava nella fornace». " M a tale constata-

    zione non assume alcun significato critico : ovvio e pacifico il diritto del-

    le  élite illuminate

     ad

     imporre

     la

     loro volontà

     alle

     masse riluttanti o ribelli

    al sacrificio e sorde ai valori spirituali del gigantesco rito sacrificale. Il

    liberale Croce si fa beffe degli obiettivi attribuiti alla guerra dagli inter-

    ventisti dem ocratici, ma su un punto

     è

     pienamente d'accordo con loro,

    come risulta da un'osservazione fatta nel 192 8: « I co ntrari alla guerra

    [...] erano certam ente molti (in Italia come altrove), e forse "m asse", ma

    non contavano, perché qui si discorre di coloro che politicamente pen-

    savano, parlavano e operavano»; quelle masse non meritavano rispetto

    alcuno , dato che erano costituite da uom ini attanagliati dalla «paura

    della guerra, chiusi nel loro com odo e nel loro egoismo». "

    Si comprende allora la risposta di Gram sci a Bissolati, bollato già nel

    titolo dell 'articolo citato come «la scimmia giacobina»: in questo

    momento i giacobini, nel senso deteriore del termine, sono gli interven-

    9 G , Salvemini, Postilla,  su L'Unità del 15 gennaio 1915, ora in Id.,  Opere,  op. cit., voi. III, 1, p. 448.

    10 Riportato in E. Forcella, Prefazione  a E. Forcella-A. Mon ticene, Plotone d'esecuzion e. Iprocessi

    della prima guerra mondiale,  Bari, Laterza, 1972, p. XII.

    11 G. Salvemini,  La diplomazia italiana nella grande guerra.  Introduzione premessa alla raccolta  Val

    Patto di Londra alla Pace di Roma  (1925), in Id.,  Opere,  op. cit., voi. Il i, 2 , p. 726-7,

    12 B. Croc e,

     Storia d'Italia dal 1871 al 191?

      (1927), Bari, Laterza, 1967, p. 266 .

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    tisti di ogni genere, uniti nel teorizzare tranquillamente il diritto di un'e-

    lite

     a sacrificare in massa un popo lo riotto so sull'altare della patria o,

    pili esattamente, della guerra imperialista. Successivamente, Gram sci

    muterà e approfondirà il suo giudizio storico sul giacobinismo francese,

    si renderà conto dei suoi profondi legami di massa. Ma, indipendente-

    mente da ciò, una prima conclusione emerge con chiarezza: il costante

    rifiuto di quello che più tardi i

      Quaderni del carcere

      definiranno come

    r

    «atteg giam ento "paternalistico" verso le classi strumentali» o subalter-

    ne, tradizionalmente assunto dagli intellettuali e dalle classi dom inanti

    dell'Italia prima liberale e poi fascista (Q uaderni del carcere, [Q ], 204i).

    V, élite

     interventista, liberale, nazionalista o riformista che sia, finisce

    col far valere, anche in occasione della guerra, il tema ideo logico della

    «m oltitudine bam bina» caro alla tradizione liberale e che ha

     a

     lungo

    legittimato il monopolio proprietario dei diritti politici. Una continuità

    ben evidente nell'evoluzione di Salvemini, che nella guerra e negli uffi-

    ciali esercitati

     al

     pericolo e alla direzione delle masse spera

     di

     trovare «le

    "guide" per quel popolo così difficile a tenere insieme», " ma che già nel

    1907, in una lettera a G entile, allora chiaramente attestato su posizioni

    liberali, aveva scritto :

    «B ad a bene ; io sono co n te nel ritenere c he non tutte le classi sociali sono

    fatte per tutte le idee; e la idea, che oggi con tribuisce a form are la struttura

    mo rale di un picco lo gru ppo di filosofi, non d iventerà cen tro di vita mo rale

    dei contadini ch e fra dieci secoli. Inoltre io mi avvicino mo lto a te, per ché

    detesto la man ia che han no certi novatori di distruggere senza edificare [...]

    O cc or re , dun que pruden za e ta t to [evi tando la d i f fus ione t ra le masse

    popolari dei temi d ell ' irreligione e dell 'ateismo] e rispetto in tutto.

      Summa

    debetur pueris reverentia-, e il popolo è bambino».

     "

    E come bam bino esso dev'essere trattato soprattutto in occasione

    delle grandi crisi storiche. Salvemini nota che le «moltitudini» vengono

    gettate loro malgrado nella «fornace» del conflitto mondiale per il fatto

    13 È ciò che Salvemini riconos ce ancora nel 1955 nella sua prefazion e agli

     Scritti sulla questione

    meridionale:  citiamo dalla raccolta G. Salvemini, Socialismo, riformismo, democrazia,  a cura di E.

    Tagliacozzo e S. Bucchi, Rom a-Bari, Laterza, 1990, p. 328 .

    14 Riportato in S. Rom ano,  Giovanni Gentile,  Milano, Bom piani, 1990 (nuova edizione integrata),

    p. 109-110.

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    che «non avevano un pensiero prop rio ed una volontà propria, né per

    rivoltarsi contro la guerra, né per fare una rivoluzione». " La constatazio-

    ne dell'impotenza delle forze politiche che pretendevano di rappresen-

    tarle assume toni di aperta irrisione nel nazionalista Maurizio Maraviglia:

    «L a ricerca d ei pretesti del socialismo rivoluzionario ed internazionalista e

    della democrazia radicale e pacifista, costretti a rinfoderare i loro fieri pro-

    positi e ad inchinarsi di fronte al grandioso fenomeno della guerra, è qualco-

    sa di ridicolo e di pietoso insieme [. . . ] C om e sem pre q uando i governi e gli

    eserciti fann o sul serio, i socialisti non d isturbano più. Bro nto lano appen a,

    ma in tono così basso, che nessuno li com prend e». "

    Assieme a quello dell'internazionalismo, mo rto e sepolto, appare il

    mito dell'emancipaz ione delle classi subalterne, che invano tentano di

    conseguire un'autonom a soggettività politica, come dimostra in mo do

    clamoroso la guerra mondiale. Prima della conflagrazione - osserva Vil-

    fredo Pareto nel 1920 - si diceva che «i proletari e specialmente i sociali-

    sti l'avrebbero impedita con lo sciopero generale o in altro modo. Do po

    sì bei d iscorsi, venne la guerra mon diale. Lo sciope ro generale non si

    vide; all'opposto nei vari parlamenti, i socialisti approvarono le spese per

    la guerra, o non fecero troppo opposizione ad esse», sicché «il precetto

    del maestro [Marx] : "Proletari di tutti i paesi unitevi " si trovò implicita-

    mente trasformato nell'altro: "Proletari di tutti i paesi uccidetevi"». "

    Pe r Gram sci si tratta per l'appu nto di evitare il ripetersi di una tale

    tragedia; si tratta di far sì che il «pop olo lavoratore» non rimanga nella

    condizione di «preda buona per tutti» e semplice «materiale umano» a

    disposizione delle élite  (CT, 175), di «materiale grezzo per la storia delle

    classi privilegiate» (ON, 520). Tale condizione risulta insuperabile fino a

    quando le classi subalterne si configurano come una «massa amorfa che

    ondeggia p erennem ente fuo ri di ogni organizzazione spirituale» (C T,

    175). Questa organizzazione autonoma difficilmente può essere cercata

    15 G . Salvemini,  La diplomazia italiana nella grande guerra, op. cit., p. 727.

    16 M . rvlaraviglia,   J belati del radico-socialism o  (6 agosto 1914) in A. d 'O rsi {a cura di ) , 7

    nazionalisti,   Milano, Feltrinelli, 1981, p, 217.

    17 V. Pare to,  Trasformazione della democrazia  (1920), in  Scritti sociologici,  a cura di G. Busino,

    Torino, UT ET, 1966, p, 940.

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    e conseguita nell'am bito dell'ideologia e del mondo politico liberale, ai

    quali rinvia il tema della «moltitudine bam bina».

    Sul versante opposto, dopo aver celebrato i suoi fasti sanguinosi nel

    corso della I guerra m ondiale, il motivo àé^élite  o minoranza eroica,

    carica di disprezzo nei confron ti delle masse filistee e banalmente e vil-

    m ente a ttaccate alla sicurezza e al com fort della vita quotidiana , viene

    poi ereditato e radicalizzato dal fascismo.

    3. Gu erra, ingegneria sociale e «socialismo di Stato»

    La guerra imposta alla «moltitudine bam bina» diviene un colossale

    esperimento di ingegneria sociale, che pretende di instaurare una nuova

    comunità intimam ente fusa e rimescolata dalle fondam enta sulla base

    dell'esperienza del dolore e del sacrificio. Abb iam o visto la m etafora

    della «for nace » in Salvemini. Qu esti, ancora nel 1955 , così descrive la

    funzione pedagog ica da lui a suo tempo attribuita alla partecipazione

    dell'Italia

     al

     primo conflitto mondiale: «Ec co un popolo - dicevo fra me

    e me - sradicato, per la prima volta nella storia, tutto insieme, dalla sua

    vita tradizionale, e rim escolato per anni col resto del popo lo italiano in

    una vita di perico lo e di sofferenza», durante la quale i cittadini e com -

    battenti, si vedono «m olte volte la morte innanzi agli occh i», e quindi,

    per poter conseguire la salvezza, sono portati e obbligati

     a

     «tenersi bene

    stretti

     ai

     loro compagni». Una «rigenerazione della presente vita socia-

    le» si attende dalla guerra appena scoppiata Bened etto Croce, " il quale

    fa ricorso anche lui alla metafora della «fornace di fusione», e vi  fa ricor-

    so ancora nel 1928 , quando pure ormai è chiaro che di questa retorica

    l'erede e il beneficiario è divenuto il fascismo.

    18 G . Salvemini, Socialismo, riformismo, democrazia,  op. cit., p. 328.

    19 B. Croc e,  Cultura tedesca e politica italiana  (dicembre 1914 ), ora in Id.,  Ultalia dal 1914 al 1918.

    Pagine sulla guerra,  Bari, Laterza, 1950 (IH ed. ), p. 22.

    20 B. Croce,   Storia d'Italia dal 1871 al 19V,  op. cit., p. 271 .

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    È una retorica non confinata all'Italia e neppure a ll'Europa. In tutti i

    paesi impegnati nel gigantesco conflitto, la mobilitazione corale che

    esso comporta viene celebrata come l'agognato superamento

     e

     la solu-

    zione alfine trovata dei precedenti conflitti e lacerazioni, «com e stru-

    mento per abolire la struttura di classe». " Si tratta di un motivo ideolo-

    gico che pu ò assumere toni palingenetici e che talvolta non am mutoli-

    sce neppure con la cessazione delle ostilità. Subito dopo la firma dell'ar-

    mistizio, Herber t Hoover, alto esponente dell'amministrazione ameri-

    cana e futuro presidente degli Usa, attribuisce al conflitto appena con-

    cluso una funzione di «purificazione degli uom ini» e quindi di prepara-

    zione di «una nuova epoca d'oro : siamo orgogliosi di aver preso parte a

    questa rinascita dell'umanità». ^

    Sferzante è invece l'ironia di Gram sci: «Cinqu e anni di purificazione,

    di

     rigenerazione

    di martirio, mezzo milione di giovani vite distrutte, un

    altro mezzo milione di giovani vite rovinate, il paese

     ridotto

     a un tumulto

    obbrob rioso di avventurieri, di trafficanti, di frenetici irresponsabili, il

    patrimonio nazionale ipotecato

     a

     perpetuità ...» (O N, 244-5). I

      Quaderni

    del carcere riconoscono

     naturalmente che «la guerra ha costretto i diversi

    strati sociali ad avvicinarsi, a conoscersi, ad apprezzarsi reciprocamente

    nella com une sofferenza e nella comu ne resistenza in forme  di vita ecce-

    zionali che determinavano una maggiore sincerità e un pi�